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L’AUTOPSIA COMMISSIONATA DALLA FAMIGLIA SMENTISCE QUELLA UFFICIALE: “GEORGE FLOYD MORTO PER ASFISSIA CAUSATA DA COMPRESSIONE AL COLLO E ALLA SCHIENA”

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

RINVIATA LA PRIMA UDIENZA DI OGGI PER TIMORE DI DISORDINI… IL CAPO DELLA POLIZIA CHIEDE CHE VENGANO INCRIMINATI ANCHE GLI ALTRI TRE AGENTI… L’ASSASSINO TRASFERITO IN ALTRO CARCERE

George Floyd è morto per “asfissia causata da compressione al collo e alla schiena“. Lo dice l’autopsia commissionata dalla famiglia sul corpo del 46enne afroamericano che il 25 maggio 2020 ha perso la vita durante un fermo di polizia, con l’agente Derek Chauvin che lo ha immobilizzato a terra facendo pressione col ginocchio sulla nuca fino a quando l’uomo ha smesso di respirare.
Un risultato, quello prodotto dall’analisi dei medici interpellati dai familiari, che contrasta con quello commissionato dall’ufficio legale della contea di Hennepin, secondo cui Floyd non sarebbe morto per soffocamento, schiacciato dal peso dell’agente che lo teneva immobilizzato a terra.
Secondo l’autopsia ufficiale, contestata dalla famiglia della vittima, “gli effetti combinati dell’essere bloccato dalla polizia, delle sue patologie pregresse (coronaropatia e ipertensione, ndr) e di qualche potenziale sostanza intossicante nel suo corpo hanno probabilmente contribuito alla sua morte”.
Un aspetto fondamentale che dovrà  essere chiarito nel corso del processo, la cui prima udienza è già  stata rinviata all’8 giugno.
Chauvin, 44 anni, licenziato insieme agli altri tre agenti che hanno preso parte al fermo di Floyd, è stato incriminato di omicidio di terzo grado e di omicidio colposo di secondo grado.
In base alla legge del Minnesota, si parla di omicidio di terzo grado quando viene provocata la morte di una persona “perpetrando un atto altamente pericoloso per altri e mettendo in luce una mente depravata”, senza alcun riguardo per la vita e senza l’intenzione di uccidere.
Per omicidio colposo di secondo grado, invece, il Minnesota intende quando una persona “rischia consapevolmente di causare la morte o un grave danno fisico a un’altra”.
Ma l’avvocato della famiglia di Floyd, Benjamin Crump, alla Cbs ha spiegato di non condividere l’accusa di omicidio colposo per l’agente Derek Chauvin e parla di “omicidio premeditato”.
Intanto per il capo della polizia di Minneapolis, Medaria Arradondo, tutti e 4 i poliziotti coinvolti nel caso Floyd hanno “le stesse responsabilità ”.
“Floyd è morto nelle nostre mani e questo lo considero essere complici“, ha detto alla Cnn rispondendo ai familiari della vittima. “Silenzio e mancanza di azione, è essere complici — ha aggiunto -. Se solo ci fosse stata una voce…è quello che speravo”.
I quattro poliziotti sono stati licenziati martedì. Per Arradondo il caso Floyd è una “violazione di umanità ”.
Il capo della polizia di Houston, Art Acevedo, manifestando solidarietà  ai familiari di Floyd, che sarà  sepolto a Houston, ha chiesto di scortare scortare il feretro di George nel suo ‘ritorno a casa’. “Vogliamo essere certi — ha detto — che la famiglia sia al sicuro, che il trasferimento sia sicuro e soprattutto vogliamo essere certi che la famiglia sappia che siamo qui per loro, per sostenerli”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL DISCORSO DI MATTARELLA E’ UN APPELLO ALL’UNITA’ MORALE DEL PAESE: “C’E’ QUALCOSA CHE VIENE PRIMA DELLA POLITICA”

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

IL TESTO INTEGRALE DEL SUO INTERVENTO… DOMANI LA VISITA A CODOGNO

“La malattia non sia brandita gli uni contro gli altri”. Sono queste le parole del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in occasione del “Concerto dedicato alle vittime del coronavirus” nel 74° anniversario della Festa della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica fa appello all’unità  morale: “C’è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite – spiega -. Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l’unità  morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo”.
Il discorso integrale del Presidente della Repubblica
Il 2 giugno, domani, si celebra l’anniversario della nascita della nostra Repubblica. Lo faremo in una atmosfera in cui proviamo nello stesso tempo sentimenti di incertezza e motivi di speranza. Stretti tra il dolore per la tragedia che improvvisamente ci è toccato vivere e la volontà  di un nuovo inizio. Di una stagione nuova, nella quale sia possibile uscire al più presto da questa sorta di incubo globale.
Tanti fra di noi avvertono il ricordo struggente delle persone scomparse a causa del coronavirus: familiari, amici, colleghi. Sovente senza l’ultimo saluto.
A tutte le vittime, a chi è morto solo, al ricordo dei tanti affetti spezzati è dedicato questo concerto, con il maestro Daniele Gatti e l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, che ringrazio per la loro partecipazione.
Accanto al dolore per le perdite e per le sofferenze patite avvertiamo, giorno dopo giorno, una crescente volontà  di ripresa e di rinascita, civile ed economica.
La nascita della Repubblica, nel 1946, segnava anch’essa un nuovo inizio. Superando divisioni che avevano lacerato il Paese, per fare della Repubblica la casa di tutti, sulla base dei valori di libertà , pace e democrazia.
Forze politiche, che erano divise, distanti e contrapposte su molti punti, trovavano il modo di collaborare nella redazione della nostra Costituzione, convergendo nella condivisione di valori e principi su cui fondare la nostra democrazia.
Quello spirito costituente rappresentò il principale motore della rinascita dell’Italia. Seppe unire gli italiani, al di là  delle appartenenze, nella convinzione che soltanto insieme si sarebbe potuta affrontare la condizione di estrema difficoltà  nella quale il Paese era precipitato.
Questa sostanziale unità  morale è stata il vero cemento che ha fatto nascere e ha tenuto insieme la Repubblica. E’ quel che ci fa riconoscere, ancora oggi, legati da un comune destino.
Allora si reagiva ai lutti, alle sofferenze e alle distruzioni della guerra. Oggi dobbiamo contrastare un nemico invisibile, per molti aspetti sconosciuto, imprevedibile, che ha sconvolto le nostre esistenze e abitudini consolidate. Ha costretto a interrompere relazioni sociali, a chiudere le scuole. Ha messo a rischio tanti progetti di vita e di lavoro. Ha posto a durissima prova la struttura produttiva del nostro Paese.
Possiamo assumere questa giornata come emblematica per l’inizio della nostra ripartenza.
Ho ricevuto e letto, in questi tre mesi, centinaia di messaggi di preoccupazione ma anche di vicinanza, di fiducia, di speranza.
Dobbiamo avere piena consapevolezza delle difficoltà  che abbiamo di fronte. La risalita non sarà  veloce, la ricostruzione sarà  impegnativa, per qualche aspetto sofferta. Serviranno coraggio e prudenza. Il coraggio di guardare oltre i limiti dell’emergenza, pensando al futuro e a ciò che deve cambiare. E la prudenza per tenere sotto controllo un possibile ritorno del virus, imparando a conviverci in sicurezza per il tempo che sarà  necessario alla scienza per sconfiggerlo definitivamente.
Serviranno tempestività  e lungimiranza. Per offrire sostegno e risposte a chi è stato colpito più duramente. E per pianificare investimenti e interventi di medio e lungo periodo, che consentano di dare prospettive solide alla ripresa del Paese.
Abbiamo detto tante volte che noi italiani abbiamo le qualità  e la forza d’animo per riuscire a superare anche questa prova. Così come abbiamo ricostruito il Paese settant’anni fa.
Lo abbiamo visto nelle settimane che abbiamo alle spalle.
Abbiamo toccato con mano la solidarietà , la generosità , la professionalità , la pazienza, il rispetto delle regole. Abbiamo riscoperto, in tante occasioni, giorno per giorno, doti che, a taluno, sembravano nascoste o appannate, come il senso dello Stato e l’altruismo.
Abbiamo ritrovato, nel momento più difficile, il vero volto della Repubblica.
Ora sarebbe inaccettabile e imperdonabile disperdere questo patrimonio, fatto del sacrificio, del dolore, della speranza e del bisogno di fiducia che c’è nella nostra gente. Ce lo chiede, anzitutto, il ricordo dei medici, degli infermieri, degli operatori caduti vittime del virus nelle settimane passate.
Siamo orgogliosi di quanto hanno fatto tutti gli operatori della sanità  e dei servizi essenziali, che — spesso rischiando la propria salute — hanno consentito all’intera nostra comunità  nazionale di respirare mentre la gran parte delle attività  era ferma. Siamo grati agli insegnanti per la didattica a distanza, agli imprenditori che hanno riconvertito in pochi giorni la produzione per fornire i beni che mancavano per la sicurezza sanitaria, alle donne e agli uomini delle Forze dell’Ordine, nazionali e locali, alla Protezione Civile, ai tanti volontari, che hanno garantito la sicurezza nell’emergenza.
Sono consapevole che a questi comportamenti se ne sono, talvolta, contrapposti altri ad opera di chi ha cercato e cerca di sfruttare l’emergenza. Comportamenti simili vanno accertati con rigore e repressi con severità  ma sono, per fortuna, di una piccola minoranza della nostra società .
Questo 2 giugno ci invita a riflettere tutti su cosa è, su cosa vuole essere la Repubblica oggi.
Questo giorno interpella tutti coloro che hanno una responsabilità  istituzionale – a partire da me naturalmente – circa il dovere di essere all’altezza di quel dolore, di quella speranza, di quel bisogno di fiducia.
Non si tratta di immaginare di sospendere o annullare la normale dialettica politica. La democrazia vive e si alimenta di confronto fra posizioni diverse.
Ma c’è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite.
Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l’unità  morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo.
Mi permetto di invitare, ancora una volta, a trovare le tante ragioni di uno sforzo comune, che non attenua le differenze di posizione politica nè la diversità  dei ruoli istituzionali.
Siamo tutti chiamati a un impegno comune contro un gravissimo pericolo che ha investito la nostra Italia sul piano della salute, economico e sociale.
Le sofferenze provocate dalla malattia non vanno brandite gli uni contro gli altri.
Questo sentimento profondo, che avverto nei nostri concittadini, esige rispetto, serietà , rigore, senso della misura e attaccamento alle istituzioni. E lo richiede a tutti, tanto più a chi ha maggiori responsabilità . Non soltanto a livello politico.
Siamo chiamati a scelte impegnative.
Non siamo soli. L’Italia non è sola in questa difficile risalita. L’Europa manifesta di aver ritrovato l’autentico spirito della sua integrazione. Si va affermando, sempre più forte, la consapevolezza che la solidarietà  tra i paesi dell’Unione non è una scelta tra le tante ma la sola via possibile per affrontare con successo la crisi più grave che le nostre generazioni abbiano vissuto. Nessun paese avrà  un futuro accettabile senza l’Unione Europea. Neppure il più forte. Neppure il meno colpito dal virus
Adesso dipende anche da noi: dalla nostra intelligenza, dalla nostra coesione, dalla nostra capacità  di decisioni efficaci.
Sono convinto che insieme ce la faremo. Che il legame che ci tiene uniti sarà  più forte delle tensioni e delle difficoltà .
Ma so anche che la condizione perchè ciò avvenga sarà  legata al fatto che ciascuno, partecipando alla ricostruzione che ci attende, ricerchi, come unico scopo, il perseguimento del bene della Repubblica come bene di tutti. Nessuno escluso.
Domani mi recherò a Codogno, luogo simbolo dell’inizio di questo drammatico periodo, per rendere omaggio a tutte le vittime e per attestare il coraggio di tutte le italiane e tutti gli italiani, che hanno affrontato in prima linea, spesso in condizioni estreme, con coraggio e abnegazione, la lotta contro il coronavirus.
Desidero ringraziarli tutti e ciascuno. L’Italia — in questa emergenza — ha mostrato il suo volto migliore.
Sono fiero del mio Paese.

(da agenzie)

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LA PIAZZA DEL RILANCIO DI SALVINI E MELONI SI RIDUCE A UN FLASHMOB, NON PIU’ DI 200 PERSONE

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

ALL’INTERNO DELLA LEGA CRESCONO LE CRITICHE A SALVINI: “REGALIAMO VOTI A FRATELLI D’ITALIA”

“Siamo pronti alla raccolta firme” ha detto oggi Matteo Salvini, provando a dare una spallata alla sanatoria dei braccianti voluta dal governo e insieme a rinfrescare la propaganda anti migranti che nel periodo del lockdown è stata poco più che un’arma spuntata. Non potrà  iniziare domani.
A piazza del Popolo la manifestazione del centrodestra sarà  poco più di un flashmob, attese tra le due e le trecento persone e un lungo bandierone dell’Italia, mezz’oretta, un’ora e poi via, tutti a casa.
â€³È un mese e mezzo che ci tengono a discutere sul computer – tuonava il leghista lo scorso 26 aprile – Torniamo nelle nostre strade e nelle nostre piazze rispettando limiti e regole, ma c’è di mezzo il futuro e la libertà ”.
Era appena finita la conferenza di Giuseppe Conte sulla fase due, e Salvini si materializzò un instante dopo in diretta Facebook per dire che “non ci ascoltano o non vi ascoltano ci faremo anche vedere e sentire, compostamente, fuori dai social”.
Nata come una grande manifestazione per mandare a casa il governo, un po’ le note vicissitudini interne al centrodestra e un po’ il cambiamento di mood politico lo hanno reso poco più che un sit-in al quale parteciperanno parlamentari e dirigenti di partito, uno schema che verrà  replicato in tutti i capoluoghi di Regione.
“La verità  è che non potevamo scegliere non solo un modo, ma anche un momento più sbagliato” spiega ad Huffpost un colonnello leghista.
La spiegazione ha una sua logica: “E’ festa e c’è il ponte. Non hai la gente in piazza nè nessuno che ci aspetta come i salvatori della patria. Ma ci rendiamo conto che il giorno dopo l’Italia riapre? Stanno pensando tutti a questo, e il sentimento verso il governo non sarà  stabile, ma il 2 giugno tutta Italia sarà  inconsciamente euforica perchè l’indomani si potrà  tornare a fare quello che non si faceva da tre mesi”.
E’ un grande cruccio quello del segretario del Carroccio, la perdita delle parole chiave che lo avevano reso un punto di riferimento per un italiano su tre, l’incapacità  di interpretare una fase in cui alla paura del diverso e del ladro che nottetempo si intrufola in casa è subentrata l’ansia terribile da Covid-19.
Uno smarrimento che è costato quasi dieci punti percentuali nei sondaggi. “Anche lì se vedi – continua il dirigente leghista – la preoccupazione è che quei voti non li perdiamo in favore di Conte o del Pd, ma è un travaso che gioca tutto in favore della Meloni”. La leader di Fratelli d’Italia sarà  in piazza insieme ad Antonio Tajani, luogotenente di Silvio Berlusconi che ha deciso di rimanere nel suo buen retiro francese, per dare l’immagine di un centrodestra unito.
Ma senza palchi e senza comizi, perchè non si può. In compenso, spiegano dalla Lega, “sarà  garantita la diretta social per agevolare il ruolo dei media” e “sarà  allestita una zona ad hoc per le dichiarazioni”, ovviamente “transennata, per evitare assembramenti”. Niente passeggiata lungo via del Corso per andare a deporre una corona di fiori all’Altare della patria, vista l’evidente sgrammaticatura istituzionale e il pacato suggerimento quirinalizio di soprassedere.
Basta tornare al 26 aprile e lo iato è evidente: “Tantissimi cittadini ci chiedono di organizzarci, non solo in rete, per farci vedere e sentire”, diceva allora Salvini, che promette che la grande kermesse è solo rimandata di un mese, e che a luglio veramente la si farà .
Nella Lega attribuiscono il travaso di voti (virtuali al momento) verso l’alleato destrorso alla subentrata incapacità  del leader di mescolare il sovranismo di sapore bagnaiano al pragmatismo di rito giorgettiano, e di trovare una sintesi efficace. Insomma, Salvini ha perso la bussola, e i suoi detrattori interni inquadrano la piazza del 2 giugno come un ulteriore tassello di questo smarrimento che non il primo passo per uscire dal guado.
Dopo le notizie sul massiccio piano del recovery fund, al flashmob non è rimasto che veicolare un confuso messaggio anti-governativo (con buona pace di Forza Italia, che tra i parlamentari leghisti viene ormai definita “più governativa del Pd”), attingendo qua e là  ai tanti problemi di natura sociale ed economica che pur stanno estenuando il paese, ma senza per ora riuscire a interpretare con efficiacia il malessere che pervade il paese.
I seguaci del generale Pappalardo promettono (o minacciano) di tornare in segno di protesta proprio piazza del Popolo, ma nel pomeriggio, in una sghemba staffetta che ha del surreale.
Nel frattempo c’è la piazza di Roma, domani, previsione di 20/22 gradi e un garbato ponentino a rinfrescare il sole primaverile.

(da “Huffingtonpost“)

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PONTE DI GENOVA: LA PETIZIONE DEI FAMILIARI DELLE VITTIME PER DIRE NO ALL’INAUGURAZIONE SHOW DELLA GIUNTA LEGHISTA DI TOTI E BUCCI

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

“BASTA PASSERELLE, ESIGIAMO SOBRIETA’, TENETE FUORI LA VOSTRA IRREFRENABILE VOGLIA DI APPARIRE”

Si allarga il fronte del no alla spettacolarizzazione per l’inaugurazione del nuovo ponte di Genova.
Da qualche giorno è stata lanciata una petizione che oggi, rilanciata su facebook dal comitato dei parenti delle vittime di ponte Morandi, ha iniziato a correre veloce sul web. “Davanti all’eventualità  di celebrare il completamento del nuovo ponte sul Polcevera con un concerto- si legge nel testo della petizione indirizzata al sindaco e commissario Marco Bucci e al governatore ligure, Giovanni Toti- vorrei che ci si ricordasse che quel ponte non doveva cadere. Ricordo inoltre, a rischio retorica, i morti e le ripercussioni varie su tutta la città “.
Niente show, meglio il silenzio, come invocato anche dal presidente della fondazione cultura di palazzo ducale, Luca Bizzarri. “I liguri sono persone riservate, persone a cui il silenzio in questa circostanza meglio si addice- si legge ancora nella petizione, che ha quasi raggiunto le mille firme- tenete fuori da ciò la vostra voglia irrefrenabile di apparire e di fare propaganda elettorale. Che sia un’inaugurazione sobria, senza passerelle, con discrezione e con un enorme rispetto per le vittime e per chi è rimasto”.

(da agenzie)

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CASO DAVIGO: “GIUSTIZIALISMO BARBARO” E GARANTISMO IPOCRITA

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

DAVIGO NON SI RIFERIVA ALLA GIUSTIZIA MA ALLA POLITICA E ALLE FURBATE SEMPRE TOLLERATE …LE SENTENZE VALGONO PER I REATI, I FATTI ACCERTATI DOVREBBERO PRODURRE CONSEGUENZE IN UN PAESE CIVILE ANCHE SENZA ASPETTARE LA SENTENZA… LE STESSE COSE LE DICEVA BORSELLINO, MA A DESTRA LO RICORDANO SOLO QUANDO FA COMODO

Devo premettere che ho una consolidata antipatia per Davigo. Mi ritengo, giusto per usare le solite usurate etichette, un “garantista” e considero Davigo un impenitente “giustizialista”. Tendo quindi a essere regolarmente in disaccordo con i contenuti e i toni delle sue dichiarazioni.
Tuttavia la levata di scudi sui media e sui social che è seguita alle sue dichiarazioni mi ha lasciato un po’ freddino: mi pare evidente che non si riferisse all’iter giudiziario ed è strumentale intenderla così.
L’Italia ha certamente degli aspetti che si possono ricondurre, continuo a usare etichette, a un eccesso di giustizialismo. Basterebbe ricordare l’eccessivo uso del carcere preventivo, il numero spropositato di inchieste che finiscono nel nulla, l’intollerabile durata dei processi che sono di per sè una lesione ai diritti dell’imputato, la tendenza culturale dei media dei cittadini a creare il “mostro” e la fastidiosa attitudine dei politici a cavalcare i fatti di cronaca nera per mostrarsi dalla parte del popolo, invitando la magistratura a dare pene esemplari o invocando leggi più dure. Ma l’Italia è anche (le due cose vanno insieme e non sono in contraddizione) il paese del “garantismo” peloso e ipocrita e delle furbate ampiamente tollerate.
In questo senso Davigo ha ragione quando specifica: “Se l’opinione pubblica e soprattutto la politica decidesse autonomamente sulla base degli elementi non controversi… “.
Parla della politica e cosa significa? Significa che un conto sono le sentenze che qualificano come reati determinati fatti e da questo fanno derivare determinate conseguenze, altro conto sono dei fatti accertati (se lo sono ovviamente) che dovrebbero di per sè produrre conseguenze in una società  civile sana, indipendentemente se verranno qualificati come reati da un tribunale.
Facciamo un esempio abbastanza estremo per capirci: immaginate che vengano alla luce foto e testimonianze che attestino che il ministro dell’interno partecipa a cene e ritrovi con noti mafiosi. Questo costituisce un reato? Non necessariamente, anzi direi che questo solo fatto non lo costituisce affatto. Capitasse a un normale cittadino non potremmo fare altro che aspettare la fine di un eventuale processo.
Tuttavia immagino che saremo tutti d’accordo nel ritenere che quel ministro dell’interno dovrebbe dimettersi per il fatto in sè, indipendentemente se poi costituirà  o no un reato. Anzi, indipendentemente dal fatto che un processo venga celebrato.
È il fatto in sè a rendere inopportuna ed equivoca la sua permanenza in quel ruolo.
Vi ricordate la vecchia è sciocca questione se un politico (o altro servitore dello stato con ruolo di prestigio) dovesse dimettersi dopo l’avviso di garanzia, la condanna di primo grado o la condanna definitiva? Tutte sciocchezze, appunto, una società  civile sana deve saper riconoscere i casi in cui i fatti accertati (indipendentemente dalla qualifica che ne darà  un tribunale) sono sufficienti a rendere inappropriato, indesiderabile e non consono che una persona ricopra un determinato ruolo.
Per questo in alcuni stati il fatto (manifesto) di aver copiato una tesi di laurea, di dottorato o di aver barato per ottenere un ruolo in un’università , è di per sè motivo di dimissioni per un politico.
Lo è anche in assenza di procedimenti penali o civili che qualificano il fatto come meritevole di sanzioni per l’ordinamento giuridico.
Per questo nel nostro paese falsificare curriculum è una birichinata perdonabile (se non c’è nessun tipo di procedimento in corso perchè dovrei dimettermi?).
Per questo in Italia abbiamo avuto storicamente una lista impressionante di politici indagati o condannati per reati gravi ma difesi dai propri partiti e dai propri elettori con la scusa della presunzione di innocenza, anche se i fatti accertati erano già  idonei a suggerire le dimissioni per questioni di opportunità .
Arrivo a dire qualcosa, sempre per esemplificare, che sicuramente mi attirerà  molte antipatie nonostante io mi consideri un liberale circa i costumi sessuali.
Per me era irrilevante (dal punto di vista politico) sapere se Berlusconi fosse stato o no condannato per prostituzioni minorile e concussione per costrizione (il noto caso Ruby).
I fatti che erano emersi oltre ogni ragionevole dubbio (sempre indipendentemente dalla loro qualifica di reati) erano per me sufficienti a giudicare assolutamente inopportuna la permanenza di Silvio Berlusconi come presidente del consiglio. I festini reiterati con numerose giovani prostitute, il pagamento di queste per “risarcirle” dallo stress dei processi, la telefonata personale alla questura di Milano per fare liberare Ruby, la ridicola scusa di averlo fatto per evitare incidenti diplomatici con l’Egitto (ricordate? Credeva fosse la nipote di Mubarak) e altri particolari che probabilmente non varcarono mai il limite della legalità , erano di per sè idonei a rendere sommamente inappropriato che l’Italia fosse rappresentata da Silvio Berlusconi (il mondo si faceva delle grasse risate alle nostre spalle).
Se Berlusconi non fosse stato padre-padrone del suo partito, sarebbero stati gli stessi notabili di Forza Italia a spingerlo o a obbligarlo a passo indietro per questioni di opportunità  politica e per il bene dello stato.
Per questo penso che sia vero che in determinate circostanze un paese serio non debba aspettare necessariamente la fine dei processi.
Per questo penso che in Italia convivano un giustizialismo barbaro e un garantismo ipocrita, entrambi praticati a giorni alterni a seconda della parte politica interessata.

(da “NextQuotidiano”)

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LA DENUNCIA DEL CODACONS: “VACANZE E SERVIZI AUMENTATI DEL 20%”

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

I DATI ELABORATI: AUMENTANO COSTI DI TRAGHETTI, AEREI, ALBERGHI E RISTORANTI… E ALLA FINE PAGA IL CONSUMATORE

Una vacanza di 10 giorni potrebbe «arrivare a costare fino al 20 per cento in più rispetto allo scorso anno, passando da una spesa a testa da 736 euro a 883 euro». Rincari che non risparmiano nessuna voce: si va da un rialzo medio del 9 per cento per la ristorazione, dell’8 per cento delle strutture ricettive, del 15 per cento del trasporto aereo e del 12 per cento di traghetti e navi.
Sono dati elaborati dal Codacons e ripresi oggi da Repubblica. Perchè sanificare e distanziare ha il suo costo. Per non parlare dei turisti che non arriveranno. Così, una parte degli operatori potrebbe essere tentata di rifarsi sulla clientela per recuperare le spese sostenute per rispettare le regole sanitarie e il giro d’affari perduto.
Agli aumenti si aggiungono costi collaterali, a cominciare dalla benzina. Come segnala l’Unione Consumatori è già  aumentata anche se solo di pochi centesimo al litro: «Troppo comodo far scendere i prezzi mentre gli italiani erano costretti a restare a casa, ma non appena si può riprendere a circolare si inverte subito la tendenza», afferma il presidente, Massimiliano Dona.
Per il presidente del Sindacato Balneari (Sib) Antonio Capacchione gli aumenti sono inevitabili: «Noi calcoliamo che solo il 20 per cento degli italiani andrà  in vacanza e non sappiamo ancora quanti stranieri arriveranno.
E cosa succederà ? Le strutture che godono di ampi spazi, come quelle venete o romagnole, pur avendo i costi di sanificazione, potranno permettersi di non ritoccare le tariffe. Mentre là  dove le spiagge non sono molto profonde, in Salento, Liguria, sulla costa tirrenica, le postazioni si ridurranno del 50%, e per forza ci saranno aumenti. Ma contenuti al 10 per cento ritengo: non ci si può permettere di perdere la clientela».
Al carovacanze si aggiungono gli aumenti per chi rimarrà  in città : sono degli ultimi giorni le polemiche su rialzi da parte di parrucchieri ed estetisti (del 20-25 per cento sia per il Codacons che per il Centro Consumatori Italia).
«Mi sono stati addebitati 10 euro in più per kimono e ciabattine», denuncia al Codacons una associata di Catania. «Ho preso l’appuntamento dall’estetista e c’era un aumento di 10 euro per il kit usa e getta», denunciano nel modenese.
Confartigianato ha lanciato un appello perchè gli esercenti non aumentino le tariffe per recuperare quanto perso nel lockdown: «Consolidate la fidelizzazione dei clienti».
C’è poi il carovita legato ai beni di prima necessità : tra febbraio e maggio, calcola l’Unione Consumatori, il prezzo della frutta fresca è aumentato del 12,8%, quello dei vegetali surgelati di quasi il 5%, quello delle patate del 4,4%, quello dei piatti pronti del 3,1%, prodotti per la pulizia della casa più 3,4%.
A fronte di un’inflazione quasi ferma, che tra febbraio e maggio ha segnato un rialzo quasi impercettibile dello 0,1%, il carrello della spesa si è invece messo a correre.

(da agenzie)

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ZANGRILLO NON E’ UN VIROLOGO, NON E’ UN EPIDEMIOLOGO, E’ UN ANESTESISTA: PARLI DI QUELLO CHE CONOSCE

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

UNA DICHIARAZIONE SGANGHERATA PUO’ CONTRIBUIRE A FAR ABBASSARE LA GUARDIA E PROVOCARE NUOVI CONTAGI

Se c’è una cosa che il Coronavirus dovrebbe averci insegnato è l’importanza di usare bene le parole. Il contenimento verbale può contribuire a quello del virus. L’emorragia verbale, la parola storta, la dichiarazione sgangherata possono contribuire se non alla diffusione, senz’altro alla confusione.
È in questo contesto che va inserita la dichiarazione del primario del San Raffaele Alberto Zangrillo (“Il Coronavirus clinicamente non esiste più”), noto anche per essere il medico personale del Cavaliere.
Cavaliere di cui, tra le altre cose, ha romanticamente detto: “Stargli accanto è un privilegio pazzesco: apprezzo il coraggio, le intuizioni, la forza di volontà ”. Insomma, Zangrillo è uno che la comunicazione la mastica da tempo, col problema che gli rimane spesso qualcosa tra i denti.
Come quella volta in cui fece ricoverare d’urgenza Berlusconi al San Raffaele per un’operazione urgente e improrogabile (l’uveite, un’infiammazione agli occhi). Proprio nei giorni in cui Berlusconi avrebbe dovuto deporre al processo Ruby.
La Boccassini però mandò la visita fiscale per accertarsi dell’urgenza.
“Si tratta di una patologia che se trascurata può produrre alterazioni alla visione che possono cronicizzarsi e invalidare la normale funzione dell’occhio!”, tuonò Zangrillo alla stampa.
I medici fiscali lo smentirono: “Ha una congiuntivite non grave, può presentarsi in aula”. Zangrillo si infuriò: “Perfino un paziente in coma può essere trasportato dappertutto!”, disse. Insomma, quando serve qualcuno che affronti la stampa con piglio Zangrillo c’è. Al di là  dei risultati.
E a proposito dei risultati, Zangrillo, ai tempi, fu duramente attaccato anche sui social. A un utente che faceva ironia sulla congiuntivite del Cavaliere e gli scriveva “Il nano vede delle strane sbarre davanti agli occhi?”, lui rispose: “Lei deve andare a farsi fottere con tutta la sua famiglia”. Un signore. Anzi, un cavaliere.
I risultati della comunicazione zangrillesca, come abbiamo visto, non sono sempre strabilianti. E quindi veniamo alla sua ultima, criticata dichiarazione in tv e cioè: “Il virus clinicamente non esiste più”.
Che poi, testuale, è: “Lo dico a tutti gli italiani ufficialmente così che se ne facciano una ragione. Un mese fa gli epidemiologi dicevano di dover temere giugno per via di una seconda ondata. In realtà  il virus praticamente da un punto di vista clinico non esiste più. Questo lo dicono l’Università  di San Raffaele, il professor Clementi, il professor Silvestri. I tamponi hanno una carica virale infinitesimale rispetto a pazienti di mesi fa. Continuare a portare l’attenzione in modo ridicolo come sta facendo la Grecia, sulla base di un terreno di ridicolaggine…”.
Dunque, è evidente che il problema di Zangrillo è ancora una volta la comunicazione. E per due ragioni: di toni e contenuto.
La prima, quella di toni, è che non si comprende l’aggressività  del suo registro. “Gli italiani se ne facciano una ragione!”, proclama, come se agli italiani dispiacesse l’idea — eventuale- di liberarsi di una epidemia mortale.
Con chi sta parlando, il professor Zangrillo? Sicuro che stia parlando proprio ai cittadini? O forse sta parlando a chi, in altri ruoli, suggerisce di rimandare aperture totali? È un discorso medico o politico?
Sorvolando poi sul passaggio relativo alla “ridicolaggine” della Grecia, un paese con pochi mezzi per contrastare un’emergenza sanitaria che ha avuto la fortuna di risparmiarsi la strage a cui si è assistito in Italia e Spagna.
Per non parlare poi della battutina sarcastica su medici che avevano sbagliato, a suo dire, prevedendo una seconda ondata a giugno.
Battutina che potrebbe fare chiunque a Zangrillo citando il suo tweet del 27 febbraio in cui scriveva: “Stiamo ai numeri, fidiamoci del servizio sanitario. Niente panico: i medici curano la malattia, certi giornali devono vendere. Le mascherine per strada non servono. Qualcuno muore ma per fortuna ad oggi non è colpa del Coronavirus in Italia”.
Insomma, un profeta tra i tanti.
“Il virus clinicamente non esiste più”- la frase più criticata-   significa che il virus ha perso la sua carica virale più virulenta e i pazienti si ammalano senza aggravarsi troppo. In realtà  Zangrillo non ha detto nulla di folle, ma di incompleto, di scarsamente decifrabile per la maggior parte dei non addetti ai lavori e di scivoloso. Cosa non da poco, nel mezzo di un’epidemia.
In tv non parlava ai suoi pari, ma ai cittadini. E un medico non può fare una dichiarazione del genere senza essere consapevole di poter essere male interpretato.
Ne va della vita delle persone. Perchè il virus esiste, ancora.
“Non mi pento di quello che ho detto, se andiamo a vedere i parametri io sono molto più scienziato di tanti autoproclamatosi scienziati, anche facenti parte del comitato tecnico”, si è difeso. Insomma, io so’ io e voi etc.
Eppure Zangrillo non è un virologo, non è un epidemiologo. È un anestesista rianimatore. E qui, forse, è il punto.
Il primario dell’ospedale di Lodi Stefano Paglia esprime un suo parere molto interessante sulle affermazioni di Zangrillo: “Alcune manifestazioni cliniche del Covid non le vediamo più, ha ragione Zangrillo. Stiamo vedendo quello a cui assistevamo nel mese precedente lo scoppio dell’epidemia, pazienti simili a quelli che curavamo attorno al 25 gennaio. Polmoniti e tamponi positivi ne vediamo ancora, ma non sono quelli della terapia intensiva.
Se Zangrillo si limitasse a dire che non vediamo più quei malati direbbe la verità , il problema è che essendo lui rianimatore parla di quello che conosce e cioè i malati critici che vengono intubati, omette di parlare degli altri, quelli con diversi livelli di insufficienza respiratoria che ci sono ancora”.
Prosegue:   “Quello che sta avvenendo oggi può esser la coda di una epidemia che sta finendo, sarebbe una bella notizia. La mia opinione è che quello che stiamo vedendo però assomiglia moltissimo anche alla fase iniziale dell’epidemia, quella con poche polmoniti, qualche anziano con polmoniti brutte e pochi giovani con insufficienza respiratoria ma non da intubare. Solo il futuro ci dirà  se siamo nella fase della coda o in quella del ritorno alla fase pre-epidemica. Se facciamo errori in questi momenti, se confondiamo la fase post- epidemica con quella pre-epidemica facciamo un bel danno, serve prudenza. Abbassare la guardia ora è folle, anche i malati lievi sono malati Covid, non va dimenticato”.

(da TPI)

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GLI AMICI SOVRANISTI DI SALVINI BOCCIANO IL RECOVERY PLAN: DOPO ORBAN ANCHE IL COMPAGNO DI MERENDE DELLA REPUBBLICA CECA NON VUOLE PAGARE PER AIUTARE I “PAESI INDEBITATI” COME L’ITALIA

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

PER BABIS E’ “INAMMISSIBILE” AIUTARE L’ITALIA

La proposta della commissione Ue per la ripresa dalla crisi del coronavirus è per il premier ceco Andrej Babis “inammissibile”. Secondo il primo ministro, il piano di rilancio non dovrà  servire a versare denaro a Paesi gravemente indebitati i cui problemi sono stati aggravati dall’epidemia. E detta così sembra proprio che si parli dell’Italia. “Dovrebbero innanzitutto garantire che la loro situazione migliorerà  in futuro”, ha affermato sottolineando che “i Paesi dalle economie sane soffrono ugualmente e in particolare soffrono le economie piccole dipendenti dall’export, come quella della Repubblica ceca”.
Ma chi è Andrej Babis? Ne abbiamo già  parlato all’epoca della partita di mascherine per l’Italia rimaste bloccate proprio in Repubblica Ceca (un vero e proprio furto, visto che erano indirizzate al nostro Paese)
La Repubblica Ceca fa parte insieme a Ungheria, Polonia e Slovacchia del Patto di Visegrad, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte quando era al governo con la Lega incontrò Andrej Babis — quello che definì come “strada per l’inferno” la richiesta italiana di accogliere i migranti e che ancora pochi giorni fa è tornato sul punto — mentre Salvini si preparava al summit dei sovranisti col premier ungherese Viktor Orbà n.
Sempre in tema di Visegrad, si può aggiungere che anche Orbà n ha bocciato il piano:
Il Recovery Fund proposto dalla Commissione europea è “assurdo e perverso”: lo ha detto il primo ministro ungherese Viktor Orban, per il quale “finanziare i ricchi con i soldi dei poveri non è una buona idea”.
Il premier parlava con l’emittente statale Kossuth Rà¡dià³.

(da agenzie)

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“CI AVETE UMILIATI, ORA BASTA: ARRESTATE I POLIZIOTTI CRIMINALI O NON CI FERMEREMO”: IL DISCORSO SIMBOLO DELLE PROTESTE NEGLI USA

Giugno 1st, 2020 Riccardo Fucile

SUI SOCIAL IL DISCORSO DELLA GIOVANE TAMIKA MALLORY INFIAMMA LE GIOVANI GENERAZIONI: “QUANDO E’ TROPPO, E’ TROPPO, SIETE VOI I SACCHEGGIATORI, LA VIOLENZA L’ABBIAMO IMPARATA DA VOI”

Negli Usa lo indicano già  come uno dei discorsi più significativi di una generazione: a pronunciarlo è stata Tamika Mallery, una giovanissima attivista di Black Lives Matter, a Minneapolis, la città  dove è stato ucciso George Floyd e che è diventata la polveriera degli scontri che stanno devastando gli Stati Uniti.
“Non possiamo considerarlo un incidente isolato. La ragione per cui i palazzi stanno bruciando non è solo la morte del nostro fratello George Floyd. Stanno bruciando perchè le persone qui nel Minnesota stanno dicendo alle persone a New York, in California, a Menphis, a tutta la nazione, che quando è troppo è troppo”.
“Non possiamo essere responsabili per la malattia mentale che è stata inflitta sulle persone dal governo americano, dalle istituzioni, da chi si trova in una posizione di potere. Non me ne frega nulla se i palazzi bruciano. Non me ne frega nulla se bruciano i negozi di Target, perchè Target dovrebbe essere in strada con noi, chiedendo giustizia che la nostra gente merita. Dove era AutoZone quando Philando Castile è stato ucciso in una delle loro auto?”
“Se non vieni in difeda del popolo, non sfidarci quando siamo frustrati: siete voi che avete pagato coloro che ci istigano, siete voi che avete voluto tutto questo”.
“C’è un modo semplice per fermarlo: arrestate i poliziotti. Indagateli. Indagateli tutti. Non solo qualcuno. Tutti, in ogni città  americana dove i neri sono stati uccisi. Questo non è mai stato un paese libero per i neri. E ora i neri sono stanchi. Non parlateci di saccheggi. Voi siete i saccheggiatori: la violenza l’abbiamo imparata da voi. Avete saccheggiato i neri, i nativi americani, il saccheggio è la vostra specialità . Se volete che ci comportiamo bene allora cazzo, cominciate a farlo voi”.

(da Globalist)

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