Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile TRA IL PERSONALE SANITARIO LA PERCENTUALE E’ DEL 30%… ALTRO CHE I DATI SUI NUOVI POSITIVI CHE CI DANNO OGNI GIORNO
Il 57% dei cittadini testati di Bergamo è risultato positivo al coronavirus, il 30% invece del personale
sanitario esaminato.
Dal 23 aprile al 3 giugno, 20.369 persone della città — la provincia conta più di un milione di abitanti — sono state sottoposte ai test sierologici: 9.965 cittadini e 10.404 sanitari.
Dai risultati, resi noti dall’Agenzia di tutela della salute (Ats) Bergamo, è emerso che più della metà dei cittadini sono risultati essere stati in contatto con il Covid-19, mentre questa percentuale scende al 30% tra il personale sanitario.
Dai dati di oggi, 8 giugno, della Protezione civile la provincia di Bergamo ha registrato fino ad ora 15.070 casi di contagio di Covid-19. In tutta la Lombardia, sono 194 positivi in più, pari al 69,2% dell’aumento odierno in Italia, e altre 32 persone sono morte per Covid, per un totale di 16.302 vittime.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile IN UN PAESE DI IRRESPONSABILI E POPULISTI URLATORI VESTIRE I PANNI DEL “PARTITO DELLA RESPONSABILITA'” NON PAGA
Alla fine, la sensazione che resta è quella di un immenso sforzo di Nicola Zingaretti per raddrizzare, detta in modo un po’ gergale, ciò che è nato storto. Generoso, sinceramente animato da quell’antico senso di responsabilità nazionale che, più volte nella storia del Pd, è diventato un cappio a cui il partito è rimasto appeso, dai tempi di Monti. E, proprio per questo rischioso, proprio nel momento in cui oggi, come allora, l’attuale assetto di governo può diventare l’incubatore di un’ondata populista di tipo nuovo nel paese.
C’è, nella relazione del segretario alla prima direzione del Pd post lockdown (a proposito: una cosa seria, d’altri tempi con cinque ore di dibattito) questo faticoso cimento, potenzialmente drammatico: la consapevolezza che, se si va avanti a colpi di “casalinate”, in autunno arriveranno i forconi, con la destra pronta a indirizzarli verso palazzo Chigi e, al tempo stesso, la consapevolezza che non ci sono alternative a questo governo, almeno per come si è messa finora. In quanto impraticabili: per le larghe intese manca una destra decente, per andare al voto manca una legge elettorale che non consegni il paese a Salvini, ma anche la disponibilità dei tacchini di questo Parlamento ad affrontare il Natale, e così via. È addirittura complicato financo cambiare qualche ministro, in un paese dove riaprono le balere ma poco si capisce sul ritorno a scuola, perchè anche se il Pd sarebbe favorevole, in queste delicate operazioni sai dove si comincia ma non si sa dove si va a finire.
Ecco, il sentiero stretto :“la destra è lì”, “rocciosa”, pronta a cavalcare “la paura”, trasformandola in rabbia e odio, ma l’unica alternativa a questo governo è farlo funzionare, renderlo, si sarebbe detto una volta, alternativo a se stesso quantomeno nel metodo seguito finora e nella consapevolezza della sfida. È questo il senso del titanico sforzo: rendere questo governo alternativo a se stesso.
Si capisce che, al fondo di ogni passaggio in cui Zingaretti chiede una “svolta”, c’è un giudizio severo, anche se non esplicitato, che non riguarda solo gli Stati Generali, ma più in generale le incertezze di un governo chiamato a ricostruire il Paese senza un’idea di paese.
Si capisce anche che sente l’urgenza di ri-addrizzare la rotta, rispetto ai mesi nel sostegno acritico, e di riacquisire margini di iniziativa politica, come avvenuto sul terreno della legge elettorale che ha prodotto l’innesco del dialogo con Forza Italia e una certa disarticolazione della destra. Con una certa solennità , rigorosa e demodè, il segretario del Pd, tornato in giacca e cravatta con i simboli del Pd alle spalle, sceglie la via della drammatizzazione retorica parlando a suocera (il suo partito) perchè nuora (il presidente del Consiglio) intenda.
È un discorso denso di consapevolezza sul momento “cruciale”, che investe il destino stesso del paese e della legislatura, perchè è chiaro che sbagliare la ricostruzione del paese, proprio nel momento in cui dall’Europa arrivano una valanga di soldi, significa fallire ed essere travolti.
Tuttavia, proprio perchè si muove sul piano dell’invito alla consapevolezza, che rifiuta polemiche e non turba l’esistente in nome di alcuni paletti non negoziabili, resta all’interno di una classica alternativa del diavolo. Nel senso che se la crisi sociale di ottobre, evocata in qualche intervento come quello di Cuperlo, dovesse risultare più forte della capacità del governo di evitarla, nell’assenza di alternative l’unica alternativa è il collasso.
Ecco il punto. Al netto dell’intimazione retorica, la questione politica resta squadernata: il partito della “responsabilità ” di governo riesce ad essere il “partito degli italiani”, capace di intercettare inquietudini, preoccupazioni, rabbie prima che si traducano in istinti antipolitici e di rivolta?
Finora, in questi mesi, il Pd si è limitato, con generosità , a sostenere l’azione di governo, rinunciando, in nome della stabilità , a un punto di vista autonomo, dall’immigrazione alla giustizia, alle stesse modalità di gestione della crisi virale, che hanno visto la chiusura del Parlamento e una operazione di costruzione della leadership del premier sullo stato di eccezione.
Adesso, proprio nel momento in cui si chiude la fase dell’emergenza sanitaria e si apre la fase dell’emergenza economica, il Pd chiede “un salto di qualità ” senza però ancorarlo a un perimetro di richieste vincolanti, a partire da quegli Stati Generali, di cui non si capisce ancora programma, calendario e funzione. Si capisce che saranno una fase di ascolto, più o meno lunga, più o meno breve. Lo sforzo è immenso, il risultato, come evidente, una grande incognita.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile SMART WORKING, COLMARE IL GAP DIGITALE, SANATORIA IMPRESE: CI VUOLE UN DISEGNO POLITICO NON IL COMPITINO DEGLI ESPERTI… L’UNICA COSA SAGGIA E’ IL CONTRIBUTO PUBBLICO ALLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA (PECCATO CHE NON C’ENTRI UNA MAZZA CON IL RILANCIO DELL’ITALIA)
Il Comitato di esperti guidato da Vittorio Colao ha consegnato stamattina, 8 giugno, alla
Presidenza del Consiglio, il rapporto finale sulla ripresa dell’Italia dall’emergenza Coronavirus. «Un’Italia più forte, resiliente ed equa» è l’obiettivo centrale del documento. Il piano propone obiettivi generali e 6 ambiti fondamentali per il rilancio. Si parla di imprese e lavoro come «motore dell’economia», di infrastrutture e ambiente come «volano del rilancio». Turismo arte e cultura come «brand del Paese», di una Pubblica amministrazione «alleata dei cittadini e imprese». L’istruzione, la ricerca e le competenze vengono definiti «fattori chiave per lo sviluppo». Individui e famiglie «in una società più inclusiva e equa».
Imprese e lavoro
Tra gli obiettivi più di rilievo c’è senza dubbio la volontà di escludere il ‘contagio da Covid-19’ dalla responsabilità penale del datore di lavoro per le imprese non sanitarie. In più, si parla di neutralizzare fiscalmente, in modo temporaneo, il costo di interventi organizzativi per l’adozione dei protocolli di sicurezza. C’è poi la questione smart-working, centrale nei mesi di pandemia, e per la quale ora la task force prevede una promozione — soprattutto dal punto di vista della Pubblica amministrazione, per la quale si chiede di definire e adottare un codice etico ad hoc. Si parla poi di consentire (in deroga temporanea) il rinnovo dei contratti a tempo determinato in scadenza almeno per tutto il 2020.
Nel capitolo imprese si trovano anche due proposte di sanatoria.
La prima riguarda l’emersione del lavoro nero che, sulla scorta del decreto Rilancio, preveda sia l’emersione del lavoro irregolare in alcuni settori, sia un mix di premialità (riduzione della contribuzione), paletti (dichiarazione di assenza di lavoro nero) e sanzioni (in caso di dichiarazioni del falso). Una seconda sanatoria dovrebbe riguardare invece l’emersione e la regolarizzazione del contate derivante da redditi non dichiarati attraverso da una parte il pagamento di un’imposta sostitutiva, e dall’altra l’obbligo di investimento di una porzione dell’ammontare (40-60%) — per 5 anni — in strumenti di supporto del Paese.
Istruzione e università
Il piano intende poi lanciare un programma didattico sperimentale per colmare il gap di competenze e skill critiche (capacità digitali, problem-solving, finanziarie di base) che vede l’Italia al 26/o posto in Europa su 28 Paesi per le competenze digitali della popolazione. Il sistema formativo tradizionale, si legge, «presenta lacune significative per quanto riguarda le competenze innovative». Ad esempio, solo il 20% degli insegnanti ha effettuato corsi formativi in materia di alfabetizzazione digitale e il 24 % delle scuole manca ancora di corsi di programmazione.
Il piano, poi, punta sulle università e la ricerca: «C’è una forte dispersione dei migliori ricercatori fra le università italiane — si legge — con conseguente buona qualità media delle università italiane, ma carenza di poli di eccellenza internazionalmente competitivi». Il Comitato invita quindi le istituzioni a «creare poli di eccellenza scientifica internazionale, differenziando le università al loro interno sulla base della pluralità di ‘missioni’ e del diverso grado di qualità della ricerca delle loro strutture interne».
Il ministero dell’Istruzione, secondo la task force, dovrebbe spingere «le università piccole o mono-disciplinari a specializzarsi in una particolare combinazione delle diverse funzioni oggi svolte: formazione di base, formazione specialistica e dottorale, ricerca pura, ricerca applicata e terza missione, partecipazione a network internazionali, contributo allo sviluppo territoriale, ecc». Ad essere premiate saranno così «solo quelle strutture (o quegli atenei, se piccoli o mono-disciplinari) che raggiungono risultati eccellenti nelle funzioni prescelte, anzichè risultati medi in tutte».
Individui e famiglie
La task force propone di ripartire dal «contributo di libertà », e cioè un contributo pubblico per le donne vittima di violenza, che sia sulla scia di «un reddito di Emergenza e/o Cittadinanza» e che possa garantire loro un supporto iniziale da destinare a spese di sussistenza, alloggio, mobilio, salute, educazione e socializzazione dei figli, corsi professionali, vita autonoma». Tra le altre misure utili sono individuate anche l’erogazione di «incentivi per l’assunzione» e «la creazione di una Rete di Imprese contro la Violenza, ad adesione volontaria, per un confronto sullo sviluppo di politiche ed azioni aziendali in favore sia delle donne inserite grazie al programma sia di ogni lavoratrice eventualmente esposta a forme di violenza in ambito domestico».
Per quanto riguarda l’assistenza alle famiglie e ai suoi componenti, il piano propone di «avviare la riforma dei congedi parentali indennizzandoli almeno al 60%, individuando forme di supporto pubblico». L’obiettivo è quello di incentivarne l’utilizzo, soprattutto da parte “maschile”, e di estendere i congedi di paternità a 15 giorni.
Inoltre, si propone di lanciare un piano nazionale per l’apertura di nidi, per estenderne l’offerta ed eliminare le differenze territoriali. Attualmente, specifica il testo della task force, la disponibilità di nidi è ancora bassa (25%) e varia notevolmente tra Nord, Sud e Centro. «Il nido — si legge — è un servizio educativo a cui devono poter accedere tutti i bambini senza differenze»
Turismo, Arte e Cultura
Tra gli — inevitabili — obiettivi della commissione c’è anche il rilancio del turismo. Per rilanciare la stagione 2020-2021, la task force di Colao propone una nuova governance e strategia per il turismo — e cioè la creazione di un presidio governativo speciale per coordinare il rilancio del settore nel prossimo triennio.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile LO STUDIO DELL’IMPERIAL COLLEGE DI LONDRA
Le misure di lockdown decise in buona parte dei Paesi europei hanno, senza dubbio, messo in crisi l’economia. Al tempo stesso, però, hanno salvato la vita a milioni di persone.
Lo studio dell’Imperial College di Londra ha stimato in circa 3,1 milioni le persone che — per via della chiusura delle attività e della limitazione di circolazione e spostamenti — si sono salvate dal Covid-19. Si tratta, ovviamente di un calcolo statistico che mette in relazione i numeri della pandemia, sottolineando l’alta cifra di morti evitate grazie al lockdown.
Lo studio inglese è stato pubblicato sulla rivista Nature fa riferimento ai dati raccolti in 11 Paesi Europei, tra cui anche l’Italia, e sfrutta un modello statistico-matematico che ha messo in relazione gli infetti, i potenziali contagiati, le vittime e i potenziali decessi in tutta Europa. Numeri che, alla fine, portano a un calcolo finale di 3,1 milioni di persone in più decedute solamente nel Vecchio Continente, qualora non fossero state prese misure simi-draconiane per limitare gli spostamenti.
Il calcolo delle morti evitate per il lockdown tiene conto di tutte le misure restrittive attuate in 11 Paesi Europei (tra cui Italia, Regno Unito, Spagna, Germania e Belgio) nel mese di marzo (tra il 2 e il 29) che, insieme alle cure farmacologiche all’interno delle strutture ospedaliere, hanno consentito — dopo un lungo percorso — di far scendere l’incide di trasmissibilità del virus (RT) sotto quota 1.
E proprio le misure di lockdown, secondo lo studio dell’Imperial College di Londra, questo indice è calato in modo molto importante, come visibile dai dati quotidiani che arrivano dal Vecchio Continente da qualche settimana. Il paragone, poi, non può che esser fatto con i numeri che arrivano dall’America Latina, dove l’attendismo politico ha provocato contagi fuori controllo che hanno trascinato con sè, verso l’alto, anche i decessi.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile IL “SECOLO XIX” HA AGGIORNATO OGNI DICHIARAZIONE, CON RELATIVA DATA: ECCO COSA EMERGE
Da «lo rifacciamo in 5 mesi» a «pronto in 16 mesi»: tutte le promesse sulla ricostruzione di
ponte Morandi
Si è passati da «lo rifacciamo in 5 mesi» a «dev’essere pronto in 15-16-18 mesi», ovviamente incominciando a “contare” dall’apertura del cantiere per la realizzazione del nuovo viadotto che attraversi il Polcevera.
Avvenuta, però, oltre 4 mesi dopo il crollo di ponte Morandi.
Già dal giorno successivo alla tragedia, che ha provocato 43 morti e lasciato circa 500 persone senza casa, è stato un susseguirsi di dichiarazioni, promesse e impegni da parte dei vertici di Autostrade per l’Italia, da rappresentanti delle istituzioni e della Protezione Civile.
Dalla mattina del 14 agosto, Il Secolo XIX ha seguito la cronaca di queste giornate terribili e difficilissime per Genova: di seguito, le dichiarazioni più importanti relative alla ricostruzione di quest’opera fondamentale non solo per la città ; in fondo ad alcune abbiamo riportato una “stima” di quando il nuovo ponte potrebbe essere pronto stando a quella specifica dichiarazione.
Il ponte è crollato il 14 agosto 2018, il commissario alla ricostruzione nominato dopo 51 giorni (4 ottobre 2018), i lavori (demolizione) al via dopo: 128 giorni (20 dicembre 2018). i lavori (ricostruzione) al via dopo: 244 giorni (15 aprile 2019)
22 maggio, PerGenova: il 27 luglio il concerto di inaugurazione
Le imprese hanno fatto sapere che si svolgerà il 27 luglio prossimo, il concerto-evento per celebrare il nuovo ponte di Genova, omaggio alla Liguria e all’Italia fatto da Webuild (Salini Impregilo) e Fincantieri: è immaginabile che per quella data il ponte possa essere pronto e percorribile.
— 13 maggio, la struttura commissariale: «Soletta pronta a inizio giugno» | NON MANTENUTA —
La “soletta” del nuovo ponte di Genova, quella che va a trovarsi direttamente sotto allo strato di asfalto, sarà pronta entro la prima settimana o al massimo i primi 10 giorni di giugno: lo ha detto Roberto Tedeschi, direttore della struttura commissariale che fa capo al sindaco Bucci.
22 aprile, le imprese: l’inaugurazione a luglio
Dalla «fine della primavera» di Bucci alla metà dell’estate: è stato messo nero su bianco sul contratto, lo slittamento a luglio della fine dei lavori di ricostruzione del ponte sul Polcevera; il nuovo aggiustamento sarebbe legato principalmente all’impatto del coronavirus.
— 16 aprile, le imprese: la struttura del nuovo ponte pronta il 25 aprile | NON MANTENUTA —
Dopo il sollevamento, nella zona di levante del cantiere, di una “campatina”, secondo le stime doverebbe partire il rush finale per completare la struttura del nuovo ponte, che dovrebbe concludersi il 24-25 aprile.
— 6 aprile, Bucci: «La struttura del nuovo ponte pronta il 21 aprile» | NON MANTENUTA —
Il sindaco e commissario ha detto che «entro il 21 aprile» la struttura di acciaiodel nuovo ponte di Genova, quello che sostituirà il viadotto Morandi, crollato il 14 agosto 2018 provocando la morte di 43 persone, «sarà completata».
— 23 marzo, PerGenova: la struttura del nuovo ponte pronta il 15 aprile | NON MANTENUTA —
Le imprese impegnate nella ricostruzione hanno ribadito l’impegno a onorare le scadenze annunciate, nonostante le complicazioni provocate dall’emergenza coronavirus: entro il 15 aprile si dovrebbero concludere le operazioni “in quota”; dopo il 10 maggio dovrebbe iniziare l’asfaltatura.
— 3 febbraio, PerGenova: la struttura del nuovo ponte pronta il 19 marzo | NON MANTENUTA —
Il nuovo termine fissato dai costruttori certifica uno slittamento di oltre 3 mesi sulla scadenza indicata dal commissario Bucci: tutta la struttura dovrebbe essere completata il 19 marzo. Di conseguenza, si sposta più in là anche il giorno in cui il ponte sarà percorribile: il taglio del nastro dovrebbe arrivare alla fine della primavera.
19 gennaio 2020, Bucci: «L’inaugurazione a primavera. Che finisce il 21 giugno»
Parlando da Imperia, il sindaco di Genova ha ribadito che «l’inaugurazione del (nuovo, ndr) ponte sul Polcevera sarà in primavera», sottolineando che «la primavera finisce il 21 giugno».
— 14 gennaio 2020, Bucci: «Il viadotto visibile il 20 marzo» | NON MANTENUTA
Correggendo di nuovo alcune delle sue previsioni più recenti, il sindaco e commissario ha fornito nuove date indicative sulla realizzazione del ponte che sostituirà il Morandi: entro fine gennaio (2020) saranno varate altre 3 campate, mentre a febbraio ne dovrebbero seguire altre 7, permettendo di disegnare tutto lo scheletro della nuova infrastruttura intorno al 20 marzo (fonte: Il Secolo XIX del 15 gennaio 2020, pagina 15). A giugno dovrebbe avvenire il collaudo statico.
— 24 dicembre, Bucci: «A metà maggio passerà la prima auto» | NON MANTENUTA —
Alla vigilia del Natale 2019, il sindaco di Genova ha spostato in avanti la data di consegna dell’infrastruttura che sostituirà ponte Morandi, spiegando che «tutti i lavori edilizi saranno terminati entro fine gennaio, questo consentirà di vedere a metà marzo il ponte completo con tutte le infrastrutture d’acciaio montate; pensiamo che a metà maggio potrà passare la prima macchina».
— 17 dicembre, Bucci: «Lavoriamo per tornare alla data del contratto» | NON MANTENUTA —
A proposito dei tempi per riavere il nuovo ponte, il sindaco e commissario per la ricostruzione ha ammesso che «abbiamo circa 4 settimane di ritardo, ma stiamo lavorando per recuperare», ribadendo che «lavoriamo per tornare alla data del contratto, aprile. Ora è più difficile, ma lo dobbiamo fare per la città ».
— 5 dicembre, i costruttori: 8 campate su entro fine 2019 | NON MANTENUTA —
La nuova “road map” delle imprese impegnate nella ricostruzione del viadotto prevederebbe che siano soltanto 8, sulle 19 totali, le campate del viadotto che sostituirà il ponte Morandi montate entro il 31 dicembre 2019; l’inaugurazione del ponte (collaudato e pronto) resterebbe confermata per aprile 2020.
— 17 novembre, Bucci: lunedì 18 il varo del terzo impalcato | NON MANTENUTA
Il sindaco di Genova e commissario alla ricostruzione ha detto che a causa del maltempo è stata rinviata di un giorno l’elevazione del terzo impalcato del viadotto che sostituirà il ponte Morandi, originariamente in programma entro domenica 17 novembre.
— 25 ottobre, Bucci: «Gli ultimi 2 impalcati montati a gennaio 2020» | NON MANTENUTA —
Il sindaco e commissario ha spiegato che gli ultimi 2 impalcati (i pezzi di strada, insomma) del nuovo viadotto «saranno montati all’inizio di gennaio 2020», però dicendosi comunque «convinto che a fine aprile (2020, ndr) faremo l’inaugurazione».
— 16 settembre, Bucci: il 30 settembre su la prima campata | NON MANTENUTA —
In occasione della riapertura di via Fillak, il sindaco ha leggermente corretto la previsione sulla data in cui sarà tirato su il primo impalcato del nuovo ponte: «Il 30 settembre o il primo di ottobre sarà il giorno in cui tireranno su l’impalcato del ponte», ha detto.
— 7 settembre, Bucci: il 25 settembre su la prima campata | NON MANTENUTA —
Il sindaco-commissario ha detto che «il varo del primo impalcato è un’altra milestone della costruzione del nuovo ponte e per questo ci sarà un’altra cerimonia», fissando il 25 settembre come «best option» per quando questo accadrà .
— 30 giugno, Bucci: «Il primo pilone pronto il 14 agosto» | NON MANTENUTA —
In una lunga intervista al Secolo XIX, il sindaco di Genova ha detto che «il primo pilone (del nuovo ponte, ndr) sarà pronto il 14 agosto (2019, ndr)», anche confermando che ad aprile 2020 il nuovo viadotto sarà percorribile, e però spostando un po’ più in là (al 15 agosto 2019) la fine dei lavori di demolizione, prima annunciata per il 15 luglio.
— 13 giugno, Bucci conferma l’esplosione il 24 giugno | NON MANTENUTA —
La data più probabile per la demolizione con esplosivo delle “pile” 10 e 11 del moncone Est dell’ex viadotto Morandi resta quella del 24 giugno: è la «best option», come ha ribadito il sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione, Marco Bucci.
— 24 maggio, Bucci: possibile esplosione il 22-24 giugno | NON MANTENUTA —
Il sindaco e commissario ha ricordato che «a giugno c’è un weekend di 3 giorni: molti genovesi potrebbero andare via per il “ponte” del santo patrono e tornare e non vedere più il ponte», “suggerendo” il 22, 23 e 24 giugno prossimi come probabili date per la demolizione delle torri del moncone Est
— 13 maggio, sì all’esplosivo per il moncone Est: si parte il 10 giugno | NON MANTENUTA —
Il sindaco (e commissario) Bucci ha fatto sapere che «l’orientamento che emerge è demolire le torri 10 e 11 con esplosioni separate, incominciando dalla 11, che ha un impatto minore»; c’è anche una data ipotetica per la prima esplosione: il 10 giugno, ovviamente soggetta a modifiche.
— 10 maggio, Bucci: speriamo di salutare i demolitori a metà luglio | NON MANTENUTA —
Dopo avere visionato il progetto per l’abbattimento del moncone Est di quel che resta del Morandi, il sindaco-commissario ha annunciato che la sua speranza è quella di «dare il nostro “arrivederci e grazie” ai demolitori intorno alla metà di luglio».
— 15 aprile, Bucci: «Sarà percorribile il 15 aprile 2020» | NON MANTENUTA —
Nonostante i ritardi nei lavori, il sindaco di Genova e commissario alla ricostruzione, Marco Bucci, si è detto che convinto che «riusciremo a farcela» e «potremo rispettare i tempi che ci siamo prefissati, e quindi rendere il nuovo ponte percorribile il 15 aprile 2020».
— 13 aprile, Icop (PerGenova): «Dal 16 aprile» i lavori sul “lotto Est” | NON MANTENUTA —
L’azienda friulana che parteciperà alla ricostruzione del nuovo viadotto nel lato sopra alla abitazioni di via Porro ha spiegato che i lavori «inizieranno il 16 aprile e le opere fondazionali dovranno essere completate entro la metà di settembre (2019, ndr)».
— 12 aprile, Toninelli: «Non tollererò un minuto di ritardo» | NON MANTENUTA —
Ospite di una trasmissione televisiva, il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha ribadito che «la ricostruzione sarà compiuta a primavera del 2020», promettendo ai familiari delle vittime che «non accetterò mai un solo minuto di ritardo».
— 6 aprile, Bucci: «La “pila” 5” demolita in 10-15 giorni» | NON MANTENUTA —
Nel giorno della firma del decreto per l’approvazione del progetto esecutivo di primo livello per la ricostruzione del viadotto che sostituirà il Morandi, il sindaco-commissario ha detto fra l’altro che «questa notte inizierà il taglio della “pila” 5», che questo lavoro «durerà 10-15 giorni» e anche che «entro i primi di maggio vogliamo avere il progetto per la demolizione delle “pile” 10 e 11»; il lavoro poi è effettivamente incominciato il 16 aprile 2019.
— 6 aprile, Toninelli: «Nuovo ponte a primavera 2020» | NON MANTENUTA —
Nel giorno del via libera del ministro Costa al progetto per la ricostruzione del viadotto, il “collega” dei Trasporti ha spiegato che «i lavori inizieranno e andranno avanti» e che «nella primavera del 2020 riusciremo a ripartire con il nuovo ponte e a ricollegare Genova».
— 19 marzo, Bucci: viadotto percorribile il 15 aprile 2020 | NON MANTENUTA —
Nonostante gli esposti e la presenza di amianto nei resti del ponte Morandi, il sindaco-commissario ha confermato la tempistica di realizzazione del nuovo viadotto, perchè «per ora non ho nessuna variazione significativa» e «sono il campione del “bicchiere mezzo pieno”».
— 11 marzo, Salini: ricostruzione al via dal 20 marzo | NON MANTENUTA —
Pietro Salini, Ad di Salini Impregilo, in occasione del taglio della prima lamiera destinata al nuovo viadotto, ha detto che «con Fincantieri siamo pronti a iniziare le sottofondazioni del ponte con 10 giorni di anticipo sulla data del 31 marzo»; questo, combinato con le precedenti parole del sindaco Bucci (ponte «percorribile entro metà aprile 2020»), fa sì che la data stimata di chiusura dei lavori sia anticipata a fine marzo 2020.
— 4 marzo, la Prefettura: «“Pila 8” giù con l’esplosivo il 9 marzo» | NON MANTENUTA —
Confermata la demolizione con gli esplosivi della torre 8 dei resti del ponte Morandi: dovrebbe avvenire sabato 9 marzo tra le 10.50 e le 11.15, con 250 “microcariche”.
— 27 febbraio, le imprese: «Dal 21 marzo l’abbattimento delle case» | NON MANTENUTA —
Il consorzio d’imprese per la demolizione dei resti del viadotto ha presentato il cronoprogramma delle operazioni, che prevede: la demolizione della “pila 8” il 9 marzo (non mantenuta); l’abbattimento delle case a partire dal 21 marzo (non mantenuta); le esplosioni delle “pile” 11 e 10 sabato 23 marzo (non mantenuta) e lunedì 6 maggio (non mantenuta). Secondo quanto annunciato, la fase di demolizione del lato ovest si protrarrà sino al 25 maggio, quella del lato est sino al 25 giugno.
— 26 febbraio, Bucci: «Fra 3 e 4 marzo, giù un’altra trave» | NON MANTENUTA —
In consiglio Comunale, il sindaco-commissario ha detto che fra il 3 e il 4 marzo (e «probabilmente la sera del 4») dovrebbe essere abbattuta la terza trave di quel che resta del viadotto Morandi e che il 9 marzo dovrebbe essere demolita con l’esplosivo la “pila 8”, anche confermando che «prevediamo di partire il 31 marzo con i lavori di costruzione».
— 11 febbraio, i “tecnici”: «Il 2 marzo giù la “torre 8”» | NON MANTENUTA —
In una riunione in Prefettura è stato annunciato che la “torre 8” del ponte Morandi, rimasta “orfana” dopo il taglio della sezione di impalcato che la univa alla 7, dovrebbe essere fatta “saltare” con l’esplosivo la mattina del 2 marzo; la data, è stato anticipato, potrebbe essere suscettibile a variazioni. E in effetti, il 20 febbraio, la commissione tecnica riunita in Prefettura ha rinviato la definizione dei dettagli dell’operazione al 4 marzo, rendendola dunque impossibile prima di quella data.
— 11 febbraio, Bucci: «Settimana prossima, giù un’altra trave» | NON MANTENUTA —
Il sindaco-commissario ha detto che «la prossima settimana (18-24 febbraio 2019, ndr) sarà smontata la trave fra le “pile 6” e “7”», anche se ancora non si sa in quale giorno: «Questa volta non me lo dicono…», ha spiegato sorridendo.
— 8 febbraio, il programma: il 15 aprile via alla demolizione del “moncone” Est | NON MANTENUTA —
Nel giorno in cui sarebbe dovuto scendere a terra il primo pezzo del viadotto, sono anche state fissate le date per la demolizione del “moncone” Est: si partirà il 15 aprile, quando a cadere sotto l’esplosivo sarà la “pila 11”, il tratto più vicino al centro; l’ultima data prevista è quella del 28 maggio, quando sarà abbattuta la parte che incombe sulle case di via Porro.
— 2 febbraio, Bucci: l’8 febbraio giù il primo pezzo | NON MANTENUTA —
Il sindaco-commissario ha fissato la data dell’8 febbraio come quella in cui devono incominciare le fasi operative della demolizione (quelle propedeutiche sono state avviate dal 15 dicembre 2018) dei “monconi”: «Tireremo giù una “trave gerber” (un elemento di sostegno dell’impalcato, ndr) di circa 40 metri», ha annunciato Bucci.
— 28 gennaio, Bucci: fra 6 e 8 febbraio, giù i primi pezzi | NON MANTENUTA —
Marco Bucci, sindaco e commissario per la ricostruzione, ha dato la nuova data in dovrebbe entrare nel vivo la demolizione dei resti del viadotto: «Siamo pronti a tirare giù il “moncone”, e il primo pezzo dovrebbe scendere tra il 6 e l’8 febbraio, anche se dobbiamo ancora vedere con precisione quando sarà ».
— 23 gennaio, Bucci: fra 25 e 28 gennaio, giù i primi pezzi | NON MANTENUTA —
Giovedì 24 gennaio (2019) «inizierà il primo “taglio” per la demolizione del ponte Morandi, ma probabilmente le aziende incaricate lo tireranno giù forse venerdì o lunedì»: così ha detto il sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione del ponte, Marco Bucci.
— 18 gennaio, Bucci: «Percorribile entro metà aprile 2020» | NON MANTENUTA —
In occasione della firma del contratto per la demolizione e ricostruzione del nuovo viadotto, il sindaco-commissario ha rivelato la nuova tempistica dei lavori, spiegando che l’impalcato del ponte sarà sì «pronto entro la fine del 2019», ma che «nel contratto, come consegna ultima dei lavori, abbiamo indicato il 15 aprile 2020»: è questa la data entro la quale il nuovo ponte sarà percorribile.
— 8 gennaio 2019, Bucci: «Tra 21 e 24 gennaio via allo smontaggio della “pila 8”» | NON MANTENUTA —
Il sindaco e commissario ha annunciato che tra il 21 e il 24 gennaio incomincerà lo smontaggio della “pila 8” del ponte Morandi: «Oggi è stata fatta una prova di evacuazione per capire quanto tempo occorre, perchè dobbiamo anche fare il piano sicurezza; entro il fine settimana dovrebbero incominciare tutti i lavori di “scarificazione” dell’asfalto e smontaggio dei new jersey» e «il primo taglio dovrebbe essere fatto intorno al 21 o 24 gennaio».
— 30 dicembre, Toninelli: «Il nuovo ponte operativo nel 2020» | NON MANTENUTA —
In una lunga intervista alla Stampa-Il Secolo XIX, il ministro Toninelli ha assicurato che l’inaugurazione del nuovo ponte di Genova si farà «di qui a un anno», e che la struttura sarà pienamente utilizzabile «a inizio 2020»
— 28 dicembre, Bucci: «Smontaggio da metà gennaio» | NON MANTENUTA —
Parlando della fase di demolizione del ponte Morandi, e riferendosi allo smontaggio del “moncone” ovest, il sindaco-commissario Bucci ha detto che «penso che tra la seconda e terza settimana di gennaio inizieremo a vedere pezzi di ponte venire giù. Per ora i lavori stanno procedendo senza ostacoli».
— 28 dicembre, Autostrade: «Con noi era pronto in 9 mesi» | NON VERIFICABILE —
Nel ricorso al Tar della Liguria, la società Autostrade ha ricordato di avere lavorato da subito a un progetto dettagliato, di demolizione e ricostruzione, che prevedeva 9 mesi per ricostruire, ripristinare la funzionalità dell’autostrada e «restituire Genova alla normalità », con una penale di 10 milioni di euro al mese per eventuali ritardi, rivendicando di essere «il soggetto più qualificato e celere» per la ricostruzione.
— 24 dicembre, Toti: «Ponte pronto a fine 2019» | NON MANTENUTA —
Durante la tradizionale cerimonia per gli auguri natalizi, smentendo in qualche modo quanto dichiarato da lui stesso un paio di giorni prima, il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ha ricordato che «il ponte è stato appaltato e si vedrà entro la fine dell’anno, settimana più o settimana meno».
— 18 dicembre, Bucci: «Il ponte lo avremo in 12 mesi» | NON MANTENUTA —
Svelando i nomi delle ditte che si occuperanno della ricostruzione, il sindaco-commissario ha promesso che «il ponte lo avremo in 12 mesi», spiegando che «ci sarà alla fine del 2019», ma per la prima volta ammettendo esplicitamente che «non sarà accessibile per quella data». Continua »
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Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile “NON C’ERA NESSUN MOTIVO PER CHIUDERE I PROGETTI DI ACCOGLIENZA DI RIACE, MODELLO ENCOMIABILE NEGLI INTENTI E NEGLI ESITI”… UN PRECISO DISEGNO POLITICO PER SCREDITARE UN’ESPERIENZA VIRTUOSA INVISA AI RAZZISTI
Il ministero dell’Interno, nel 2018, iniziò a smontare pezzo per pezzo il modello di accoglienza che l’allora sindaco di Riace Mimmo Lucano aveva costruito nel paese calabrese.
Con un’ordinanza di 21 pagine, nell’ottobre del 2018, il Viminale — che allora vedeva in sella Matteo Salvini, all’inizio della sua attività al dicastero — aveva deciso di chiudere le strutture e di interrompere i progetti di accoglienza per oltre 60 persone a Riace, con tutte le conseguenze sull’indotto che quel ‘modello’ aveva creato per i due mandati del sindaco Mimmo Lucano.
Dopo una prima sentenza del Tar, anche il Consiglio di Stato — il secondo grado della giustizia amministrativa — ha dato ragione all’ex sindaco della cittadina calabrese. Anche dai più critici monitoraggi compiuti, si evince dalla sentenza del Consiglio di Stato, come il modello fosse encomiabile. Dopo la vicenda dell’arresto e delle indagini su Mimmo Lucano, la cittadina è stata al centro della cronaca nazionale.
Nei mesi successivi, le accuse a carico di Mimmo Lucano furono chiaramente ridimensionate, così come le decisioni sulle misure cautelari da parte del tribunale del Riesame.
Adesso arriva anche la prova della giustizia amministrativa, che non ha avuto nulla da eccepire sulla gestione del modello Riace, dando torto non solo agli atti, ma anche alle dichiarazioni dell’allora ministro dell’Interno.
Il primo a commentare la notizia è stato il deputato di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni che ha affermato:
«Un’altra sconfitta politica per Salvini, un altro riconoscimento per Mimmo Lucano. Il Consiglio di Stato, dopo il Tar di Reggio Calabria, ha stabilito che il Ministero dell’Interno non aveva alcuna ragione per chiudere i progetti di accoglienza di Riace. Lo scrive a chiare lettere: ‘che il “modello Riace” fosse assolutamente encomiabile negli intenti ed anche negli esiti del processo di integrazione è circostanza che traspare anche dai più critici tra i monitoraggi compiuti’.
È evidente, quindi, che in quell’occasione il ministero dell’Interno ha agito su basi esclusivamente politiche, con l’obiettivo di demolire un’esperienza virtuosa e screditare il principale attore».
(da agenzie)
argomento: Razzismo | Commenta »
Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile DOPO CHE OGGI IL TAR HA ANNULLATO L’APPALTO, STASERA LA PROCURA DI MILANO HA APERTO UN FASCICOLO E CONVOCATO L’AZIENDA ESCLUSA SENZA UN MOTIVO… LA REGIONE SAPEVA CHE LA TECHNOGENETICS AVREBBE FATTO UN’OFFERTA PIU’ BASSA MA GALLERA HA DETTO CHE NON ERA INTERESSATO ALLA LORO OFFERTA
Oggi il Tar della Lombardia ha annullato l’appalto per i test sierologici sul Coronavirus che
l’ospedale San Matteo di Pavia aveva affidato in trattativa diretta, quindi senza gara, all’azienda Diasorin.
Il tribunale amministrativo ha usato parole durissime, scrivendo nero su bianco che l’ospedale di Pavia, che si trova in una delle zone più colpite dalla pandemia, ha messo a disposizione di un’azienda privata la propria struttura e la ricerca pagata dallo Stato. La stessa, quella sui test sierologici, che dovrebbe essere fondamentale ora per procedere allo screening più ampio possibile nella popolazione, lombarda e non solo.
La puntata di Report, la trasmissione di giornalismo investigativo condotta da Sigfrido Ranucci e in onda questa sera su Rai Tre alle 21, spiega però un particolare importante.
Quando la Regione Lombardia ha deciso di non fare alcuna gara, sapeva benissimo che c’era sul mercato un concorrente che avrebbe potuto presentare un’offerta.
Anzi, sapeva che c’era il rischio che quella offerta fosse migliore di quella di Diasorin. E l’assessore alla Sanità lombarda, Giulio Gallera, lo sapeva perchè ha ricevuto più messaggi, senza mai rispondere, e ha infine telefonato dicendo che non era interessato.
Come spiega l’inviato di Report, Emanuele Bellano, mentre Diasorin incassa 2 milioni di euro per aver venduto alla Regione 500mila test, nei messaggi, l’ad di Technogenetics Salvatore Ceccotti propone a Gallera che, se sarà la sua azienda a produrre il test, regalerà alla Regione i primi 20mila test.
Ceccotti, il 21 marzo, scrive «Abbiamo pensato di donare 20mila test che potreste dare al personale medico e agli ausiliari del sistema sanitario».
Due giorni dopo, scrive ancora che «destinerà i test rapidi ad altre istituzioni». A quel punto, ma di quella conversazione non c’è registrazione, Gallera chiama per dire che non è interessato all’accordo e di lì a poco viene siglato l’accordo con Diasorin.
La vicenda è talmente sospetta che la procura di Milano, dopo la decisione del Tar di oggi 8 giugno di annullare la gara, ha deciso di aprire un fascicolo.
In serata convocherà Ceccotti per capire la vicenda dal punto di vista della concorrenza, ma la polemica è già rovente.
Del resto, le parole della sentenza del Tar lombardo sono a dir poco esplicite. La Fondazione San Matteo di Pavia «ha attribuito direttamente a Diasorin una particolare utilità , di rilevanza economica, che si traduce in un’occasione di guadagno», si legge.
E ancora: «Ha potuto contare su mezzi, strutture, laboratori, professionalità e tecnologie messe a sua esclusiva disposizione dall’ospedale di Pavia».
Non è la prima volta che la Regione Lombardia si trova a rispondere ad accuse che riguardano gare e affidamenti, pochi giorni fa sempre Report ha sollevato il caso di una donazione di camici ospedalieri fatta da un’azienda in cui la moglie di Attilio Fontana è socia di minoranza.
(da Open)
argomento: Giustizia | Commenta »
Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile TRUMP TRAVOLTO DA PESSIMA GESTIONE DEL COVID, RAZZISMO E AFFERMAZIONI DEMENZIALI
I sondaggi americani hanno dato scarsa prova di sè nella lettura del consenso di Donald Trump, ma adesso convergono su un elemento: il presidente sta pagando a caro prezzo gli ultimi mesi di gestione, tra Covid-19, razzismo, violenze e disordini.
Nell’ultimo sondaggio della Cnn sulla corsa presidenziale, Joe Biden stacca Donald Trump di 14 punti, un margine che non aveva mai avuto: 55% a 41%, rispettivamente il livello più alto e più basso nelle rilevazioni della tv.
Per il candidato dem un risultato insperato, visto che fino a ora ha mostrato davvero poco di sè e del suo programma per gli Usa.
Il 38% approva l’operato presidenziale del tycoon mentre il 57% lo boccia: è il peggior rating dal gennaio 2019, analogo a quello di Jimmy Carter e George H.W.Bush nello stesso momento negli anni in cui non riuscirono ad essere rieletti.
La Cnn sottolinea che l’ex vicepresidente ha raggiunto un livello mai toccato da Hillary Clinton, arrivando ad almeno il 50% in tre sondaggi dell’ultima settimana (Abc News/Washington Post, Monmouth University and Npr/Pbs NewsHour/Marist College). La media dell’ex candidata presidenziale dem nel giugno 2016 (quando era in corsa anche la libertaria Gary Johnson) era del 42% e in nessun sondaggio aveva toccato il 50%.
(da agenzie)
argomento: elezioni | Commenta »
Giugno 8th, 2020 Riccardo Fucile STASERA IN ONDA IL SERVIZIO DI REPORT
La Procura di Milano ha un fascicolo aperto sulla fornitura di camici e altro materiale medico
alla Regione Lombardia durante l’emergenza coronavirus.
La vicenda era stata raccontata domenica 7 giugno dal Fatto quotidiano, anticipando una inchiesta giornalistica di Giorgio Mottola che andrà in onda stasera, 8 giugno nel programma Report di Rai3.
Riguarda un affidamento diretto, per un importo di 513mila euro, avviato nell’aprile 2020 dalla Regione Lombardia alla azienda Dama spa, controllata da Andrea Dini e da sua sorella Roberta, moglie del presidente della Regione Attilio Fontana.
Secondo quanto risulta al Fatto, su questa vicenda la Procura della Repubblica di Milano ha aperto un fascicolo d’indagine, per ora a modello 45, cioè senza indagati e ipotesi di reato.
Alla fornitura era seguita regolare fattura, datata 30 aprile. Il presidente Fontana ha poi sostenuto che si trattasse non di una fornitura commerciale, ma di una donazione, in forza di documenti di storno delle fatture inviati da Dama spa a Regione Lombardia a partire dal 22 maggio.
Ora sarà la Procura milanese a realizzare i controlli sull’operazione.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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