Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile “TRAFFICO SOVRASTIMATO, E’ ANTIECONOMICO E INQUINA DI PIU’ FARLO”… LA VERITA’ COMINCIA A VENIRE A GALLA ANCHE DA PARTE DI ORGANISMO INDIPENDENTI
Il linguaggio è asettico, ma la sostanza è una stroncatura totale: il Tav Torino-Lione è antieconomico, non sarà ultimato nel 2030, l’inquinamento prodotto per la costruzione supera i benefici ambientali dell’opera, i cui costi sono lievitati enormemente negli anni così come i ritardi che da soli giustificano il dirottamento dei fondi Ue.
Due anni fa era già arrivata la bocciatura dell’Alta velocità ferroviaria europea, che però non menzionava direttamente il Torino-Lione.
Stavolta, invece, l’opera è una delle 8 analizzate dalla Corte dei conti europea (Eca) nel suo dossier di controllo “speciale”.
Il rapporto pubblicato ieri valuta 8 megaprogetti transfrontalieri inseriti nei “corridoi europei” (noti come Ten-T) di cui il Tav italiano è parte.
Ecco una sintesi delle critiche al nuovo tunnel del Moncenisio.
I costi
Col Tav Torino-Lione si intende soprattutto il tunnel transfrontaliero tra le stazioni di Bussoleno e Saint Jean de Maurienne: 57,5 km a doppia canna (114 km totali), per un costo di 9,6 miliardi, di cui l’Italia si accolla, in base ad accordi capestro risalenti al governo Berlusconi — il 78%, pur essendo per due terzi in territorio francese. L’Ue ne dovrebbe finanziare il 50%. Secondo il dossier, rispetto alla stima originaria (5,2 miliardi), i costi sono saliti dell’85%, a fronte del 45% che è la media per le altre opere.
I tempi
Bruxelles si dice sicura che il Tav sarà completato nel 2030. Secondo la Corte dei conti Ue, invece, “è probabile che il Lione-Torino non sarà pronto per quella data, poichè il termine ultimo attuale per il completamento lascia solo un piccolo margine per potenziali ritardi, mentre l’azione co-finanziata dall’Ue per quest’opera aveva già subìto ritardi di attuazione dopo che era stato fissato il termine ultimo”, e infatti la scadenza per usare i primi 800 milioni è stata posticipata al 2021.
Non solo, “la pianificazione della Francia — si legge — non è conforme al termine ultimo del 2030”. I tempi non saranno mai rispettati. Il dossier non lo dice, ma Parigi ha deciso che prima del 2030 non prenderà in considerazione di fare la tratta nazionale di collegamento al tunnel. Il rapporto ricorda che la costruzione doveva iniziare nel 2008 e finire nel 2015, data in cui i lavori sono invece partiti. Il “ritardo medio costruttivo” delle opere analizzate è di 11 anni, quello del Torino-lione è di 15 anni.
Inquinamento
Il Tav, hanno sempre sostenuto i suoi fan, serve a ridurre l’inquinamento. Il rapporto però spiega che non è così. “La costruzione di nuove grandi infrastrutture di trasporto è una fonte rilevante di emissioni di CO2 — si legge — mentre i vantaggi ambientali dipendono dal volume di traffico trasferito da altri modi di trasporto più inquinanti (come l’autostrada, ndr). Visto che il trasferimento modale è stato molto limitato in Europa negli ultimi 20 anni, vi è un forte rischio che gli effetti positivi siano sovrastimati”.
Nel 2012 la società costruttrice italo-francese Telt ha stimato che costruire il Tav genererà 10 milioni di tonnellate di CO2 e che “l’opera non produrrà un beneficio netto in termini di emissioni prima di 25 anni dopo l’inizio dei lavori”. Secondo gli esperti consultati dalla Corte dei conti Ue, invece, “le emissioni di CO2 saranno compensate solo 25 anni dopo l’entrata in servizio dell’infrastruttura. Per di più, la previsione dipende dai livelli di traffico: se raggiungono solo la metà di quelli previsti, occorreranno 50 anni dall’entrata in servizio prima che le emissioni di CO2 prodotte dalla sua costruzione siano compensate”. Mezzo secolo
Sostenibilità
Secondo il dossier le stime di traffico alla base dell’opera sono “troppo ottimistiche”: oggi viaggiano nel vecchio Frèjus ferroviario 3 milioni di tonnellate di merci, mentre le stime dell’Osservatorio Tav presieduto a lungo da Paolo Fojetta, l’uomo che da commissario di governo si batteva da vero lobbista dell’opera — parlano di 24 milioni di tonnellate nel 2035, “otto volte i flussi attuali”.
“Alcune previsioni sono state molto semplicistiche, con tassi di crescita che rimangono costanti nel tempo — spiega l’Eca —. Le previsioni non sono sempre state aggiornate, e di solito non sono state riviste per tener conto dei ritardi verificatisi”. Questo pregiudica la sostenibilità economica.
Secondo i tecnici Ue, per stare in piedi l’opera deve poter trasportare 9 milioni di passeggeri l’anno, ma “il bacino di utenza è troppo poco numeroso per assicurare una sostenibilità a lungo termine”. Parole della Corte dei conti Ue, (che accusa di immobilismo e impotenza la Commissione) non dei no Tav della Valsusa.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile REGISTRAZIONI AUDIO E FILMATI… IL RESPINGIMENTO E’ ILLEGALE SIA PER LA GIURISPRUDENZA ITALIANA CHE INTERNAZIONALE… CI SONO PROCEDIMENTI IN CORSO CHE POTREBBERO COINVOLGERE ANCHE L’ITALIA
In almeno tre casi recenti l’Italia e l’Europa hanno collaborato con la Guardia costiera
libica nei respingimenti dei barconi dei migranti provenienti dalla Libia.
È questa l’accusa durissima – il respingimento in mare è una pratica illegale, secondo la giurisprudenza italiana e internazionale – formalizzata oggi pomeriggio a Berlino dalle Ong Sea-Watch, Alarm Phone, Borderline-Europe e dalla piattaforma civica italiana Mediterranea,
L’Unione Europea e i suoi stati membri coordinano le operazioni di intercettazione dei rifugiati realizzate dalla cosiddetta «Guardia costiera libica» (Gcl). Non solo formano e finanziano le milizie cui hanno subappaltato il contrasto dei flussi migratori, ma indirizzano operativamente localizzazione e recupero di chi riesce a fuggire dalle coste nordafricane.
Un sistema ben oliato — che coinvolge i centri di coordinamento e soccorso di Roma e La Valletta, gli aerei di Frontex, navi militari e imbarcazioni civili — che ha riportato nei campi di tortura libici migliaia di persone.
Lo dimostra un rapporto redatto da Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, Alarm Phone e Borderline Europe dopo aver raccolto informazioni per mare, terra e aria. Le organizzazioni hanno così accertato l’esistenza dei «respingimenti per procura», uno stratagemma con cui le istituzioni europee bypassano i loro obblighi internazionali nei confronti di naufraghi e rifugiati.
Sono documentati, spiegati e contestualizzati tre avvenimenti Sar, cioè di ricerca e soccorso di imbarcazioni in difficoltà , che le organizzazioni ritengono emblematici della forma che la cooperazione tra Ue e Libia ha assunto dopo la sentenza «Hirsi Jama e altri c. Italia».
Il 23 febbraio 2012 la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò l’Italia per aver riportato in Libia un gruppo di cittadini somali ed eritrei dopo averli presi a bordo di una nave militare italiana. «In risposta a questa sentenza decisiva, la Ue e i suoi Stati Membri hanno sviluppato maniere di gestire le migrazioni via mare che implicassero zero contatto fisico con le persone», si legge nel rapporto.
Tutti e tre i casi ricostruiti risalgono alla primavera 2019. Il primo è del 10 aprile.
Ci sono 20 persone su una barca in difficoltà partita dalla costa libica di Zuwara. Otto sono già state inghiottite dal mare. Sul posto ci sono due aerei della missione militare europea Eunavfor Med: il Falcon 50 (francese) e il Cotos 45 (spagnolo). Per 12 ore l’imbarcazione non riceve aiuto. Alle imbarcazioni civili nei dintorni non è ordinato di intervenire.
In serata arrivano i libici. Le ong accusano il Centro nazionale di coordinamento marittimo (Mrcc) di Roma di aver rifiutato di assumere la responsabilità dell’evento e, in cooperazione con Eunavfor Med, aver invece coordinato la cosiddetta Gcl.
Il secondo caso risale al 2 maggio. Due natanti di migranti rischiano di affondare. Si trovano nella controversa Sar libica, le autorità europee lo sanno, due aerei sorvolano la scena (Beech B200 maltese; Seagull 19 di Eunavfor Med battente bandiera del Lussemburgo).
C’è anche Colibrì, velivolo dell’organizzazione Pilotes Volontaires che riesce ad ascoltare la comunicazione tra Seagull 19 e i libici. Questi intervengono con la motovedetta Sabratha 654, ricevuta dall’Italia, e catturano i migranti.
Al 23 maggio risale il terzo evento. Un gommone in difficoltà con a bordo 90 migranti è localizzato da Colibrì. Nelle vicinanze c’è la nave militare italiana Comandante Bettica, che invece di intervenire si sta allontanando. I militari rispondono al pilota del velivolo che avrebbero usato l’elicottero di bordo per indirizzare la Gcl.
Quando arriva la motovedetta libica Fezzan 658 i migranti si gettano in acqua nel disperato tentativo di evitare la cattura. Non si può avere certezza che tutti siano stati salvati.
Un episodio simile a quelli elencati era stato denunciato il 12 marzo 2020 da un’inchiesta pubblicata su The Guardian, El Diario e Mediapart da Daniel Howde, Apostolis Fotiadis e Zeach Campbell.
Attraverso l’intercettazione delle comunicazioni radio tra il Seagull 75 e i libici, i giornalisti hanno ricostruito nel dettaglio il coordinamento dell’intervento di una motovedetta di Tripoli del 26 marzo 2019.
I casi documentati rappresentano una piccola parte di ciò che accade nel Mediterraneo, dove la presenza della società civile e lo spazio di azione delle ong sono sempre più limitati.
Per questo, scrivono le organizzazioni, «le pratiche riportate sono paradigmatiche di un modello molto più pervasivo di comportamento criminale di Stato portato avanti dalle autorità europee».
Queste prassi, infatti, violano diversi trattati che regolano il diritto del mare e la stessa Convenzione di Ginevra, con il suo principio di non-refoulement.
Le istituzioni europee ritengono che la delega ai libici sia sufficiente a sollevarle da ogni responsabilità , ma in tanti la pensano diversamente.
«La responsabilità politica è evidente, quella giuridica potrebbe essere accertata presto — afferma Lucia Gennari, avvocata e attivista di Mediterranea — Ci sono diversi procedimenti aperti, davanti a tribunali nazionali e internazionali, che hanno l’obiettivo di far emergere la connessione causale tra l’esternalizzazione del controllo dei flussi migratori e le violazioni del diritto internazionale per dimostrare le responsabilità europee».
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile I CENTRI DELL’IMPIEGO SONO FERMI, I NAVIGATOR IN SMART WORKING, L’APP CHE DOVEVA INCROCIARE DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO NON E’ ANCORA OPERATIVA
I percettori del reddito di cittadinanza che hanno ottenuto un contratto, stando agli ultimi dati forniti dall’Anpal, sono circa 65 mila.
Come scrive oggi Il Messaggero, meno del 20 per cento dei contratti è a tempo indeterminato, circa il 60 per cento risulta essere a tempo determinato,mentre il restante 20 per cento è composto da altri contratti, tra cui somministrazioni e collaborazioni.
Sono circa un milione i beneficiari del reddito di cittadinanza che devono ancora trovare un impiego.
I percettori attivabili che hanno sottoscritto i famosi patti per il lavoro sono solo uno su tre. Poco più di diecimila sussidiati, su oltre 2,5 milioni di persone coinvolte, hanno ottenuto finora un contratto a tempo indeterminato.
A un anno e mezzo dal varo della misura dei Cinquestelle, figlia della prima e unica manovra del governo legastellato, nata per contrastare la povertà ma anche per inserire nel mondo del lavoro gli aventi diritto al sostegno, il bilancio è drammatico.
Complice il Covid-19 cresce da un lato la platea dei beneficiari del reddito e della pensione di cittadinanza, con l’ingresso da gennaio di altri duecentomila nuclei, mentre si riduce la percentuale di quelli che hanno trovato un lavoro sul totale dei percettori considerati attivabili: gli occupabili durante il lockdown hanno toccato quota un milione, ma finora meno del dieci per cento ha sottoscritto un contratto di qualche tipo.
Il cavallo di battaglia pentastellato in compenso è già costato 7 miliardi di euro circa, tra le erogazioni ai beneficiari, il rafforzamento dei centri per l’impiego e gli stipendi dei navigator.
Insomma, il reddito di cittadinanza non fa rima con lavoro. I centri per l’impiego sono fermi, i navigator sono in smart working, l’app che doveva incrociare domanda e offerta di lavoro promessa dal presidente dell’Anpal Domenico Parisi non è ancora operativa e a causa dell’emergenza economica le proposte di assunzione arrivano con il contagocce.
E i navigator? I numeri che ne fotografano il contributo sono impietosi. Calcolatrice alla mano, i tremila tutor assunti ormai quasi un anno fa per trentamila euro lordi l’anno di stipendio (sono stati stanziati 250 milioni di euro per inserirli nel meccanismo) hanno trovato lavoro in media a una ventina di beneficiari a testa.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile IL 41,2% DELLE VITTIME PROBABILI INFETTATI
L’Istituto Superiore di Sanità ha presentato i risultati dell’indagine svolta insieme al
Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale sulle morti degli anziani nelle RSA.
Al questionario hanno risposto 1356 strutture pari al 41,3% di quelle contattate.
E su 9154 soggetti deceduti, 680 erano risultati positivi al tampone e 3092 avevano presentato sintomi simil-influenzali pari a circa il 41,2%, con il 7,4% del totale dei decessi con riscontro di infezione da SARS-CoV-2 e il 33,8% con sintomi simil-influenzali a cui non è stato effettuato il tampone. Il picco dei decessi è stato riscontrato nel periodo 16-31 marzo.
I dati riferiti dalle strutture residenziali e sociosanitarie (Rsa) sono relativi al periodo primo febbraio — 30 aprile.
In merito alle caratteristiche delle strutture in media sono risultati presenti 2,5 medici, 8,5 infermieri e 31,7 operatori socio-sanitari per struttura.
Circa l’11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici in attività nella struttura fra le figure professionali coinvolte nell’assistenza.
Complessivamente, considerando le tre figure professionali, sono presenti mediamente 42,4 operatori per struttura. Mediamente sono stati riportati 74,8 posti letto per struttura, con un range da 8 a 667 posti letto.
Le 1356 strutture hanno riportato un totale di 97521 residenti alla data del 1/o febbraio 2020, con una media di 72 residenti per struttura (range 7-632). I decessi totali sono stati 9154, di questi 680 positivi al tampone e 3092 con manifestazioni simil-influenzali senza tampone.
L’indagine Iss-Garante ha anche preso in considerazione le difficoltà riscontrate: nelle 1259 strutture che hanno risposto alla domanda, 972 (77,2%) hanno riportato al momento del completamento del questionario la mancanza di dispositivi di protezione individuale, mentre 263 (20,9%) hanno riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione.
Inoltre, 123 (9,8%) strutture segnalano una mancanza di farmaci, 425 (33,8%) l’assenza di personale sanitario e 157 (12,5%) difficoltà nel trasferire i residenti affetti da COVID-19 in strutture ospedaliere. Infine, 330 strutture (26,2%) dichiarano di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da COVID-19 e 282 hanno indicato l’impossibilità nel far eseguire i tamponi.
Alla domanda se fosse possibile isolare i residenti qualora sia confermata o sospetta l’infezione da Covid-19, hanno risposto 1.351 strutture. Un totale di 650 Rsa (48,1%) ha dichiarato di poter disporre di una stanza singola per i residenti con infezione confermata o sospetta. Il 30,7% (145) può isolare i pazienti raggruppandoli. Solo il 5,3% ha la possibilità di isolare i pazienti in una struttura dedicata.
L’8,1% adotta una forma di isolamento differente dalle opzioni specificate (che erano stanza singola, stanza con raggruppamento pazienti, trasferimento in struttura dedicata, altro), ma per il 3,1% si tratta di combinazioni delle modalità indicate. Circa l’8%, ovvero 104 strutture, dichiara di non avere la possibilità di isolare i pazienti. I
nfine, il 21,1% delle Rsa ha avuto casi di positività per Sars-CoV-2 tra il personale della struttura. In 278 (21,1%) hanno dichiarato casi di contagio tra il personale.
Le regioni che presentano una frequenza più alta di strutture con personale riscontrato positivo sono: le Province autonoma di Bolzano (50,0%) e di Trento (46,7%), seguite da Lombardia (40%), Piemonte (25%), Marche (23,5%), Emilia Romagna (18,1%), Veneto (16,6%), Liguria (15,8%) Friuli Venezia Giulia (12,8%), Toscana (12,4%).
Valori inferiori al 10% o uguali a zero per le altre regioni. Questa variabile — osserva l’Iss — risente delle politiche adottate da ciascuna Regione, e a volte da ciascuna Asl o distretto sanitario, sull’indicazione a eseguire i tamponi.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile QUANDO ERA SINDACO DI VISCO, AVREBBE DIROTTATO LE DONAZIONI AI TERREMOTATI A DUE IMPRESE DI SUA PROPRIETA’
Giuliano Pazzaglini, senatore della Lega, dovrà affrontare un processo a gennaio con l’accusa di peculato e di abuso d’ufficio.
In passato, era stato anche sindaco di Visso, un comune in provincia di Macerata che era stato colpito dal terremoto del Centro Italia del 2016-2017. La prima udienza è stata fissata per il prossimo 25 gennaio 2021.
Pazzaglini è stato eletto in senato con la Lega nel 2018, alle ultime elezioni politiche. Per lui, le accuse sono relative a una storia relativa ad alcune donazioni destinate ai terremotati. Per i magistrati marchigiani, il senatore della Lega avrebbe chiesto a chi effettuava le donazioni di girarle a due imprese di sua proprietà .
Il gup del Tribunale di Macerata Domenico Potetti ha fissato la prima udienza per il 25 gennaio.
A giudizio con Pazzaglini, ma solo per abuso d’ufficio, l’ex presidente della Croce Rossa vissana Giovanni Casoni. Le indagini, condotte dalla Guardia di finanza con il coordinamento del procuratore di Macerata Giovanni Giorgio, riguardano una serie di donazioni per i terremotati, che, secondo l’accusa, sarebbero state dirottate su due società gestite da Pazzaglini e Casoni.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile INTERVIENE DOPO AVER ASSISTITO ALLA SCENA DI NOVE POLIZIOTTI CHE MALTRATTAVANO DUE GIOVANI DI COLORE E VIENE SPINTA CONTRO IL MURO E PLACCATA… SPORTA DENUNCIA E ORA INTERVIENE ANCHE IL PARLAMENTO EUROPEO
Pierrette Herzberger-Fofana, eurodeputata dei Verdi tedeschi, ha denunciato al
Parlamento Europeo di essere stata vittima di violenze “estremamente traumatiche” da parte della polizia fuori da una stazione ferroviaria di Bruxelles e ha presentato una denuncia contro la polizia belga
Herzberger-Fofana, nata a Bamako, in Mali, ha raccontato che ieri, fuori dalla Gare du Nord a Bruxelles, ha visto “nove poliziotti belgi maltrattare” due giovani di colore. Quando ha fotografato l’accaduto con il suo cellulare, cosa che “è legale, 4 dei 9 poliziotti mi hanno spinto violentemente contro il muro, mi hanno placcata, un poliziotto voleva tastarmi per perquisirmi. Mi hanno trattata in modo umiliante”.
Quando ha spiegato agli agenti di essere un’eurodeputata, “non mi hanno creduta”, malgrado abbia mostrato il badge e le credenziali.
“Oggi ho sporto denuncia, perchè non si possono lasciar passare queste violenze poliziesche”. Il presidente Sassoli ha ringraziato Herzberger-Fofana, il cui intervento è stato molto applaudito, e l’ha invitata a passare nel suo ufficio per raccontare “nei dettagli” l’accaduto, in modo da poter chiedere “chiarimenti alle autorità belghe. Credo che dovranno dare delle spiegazioni”, ha concluso Sassoli.
“Quattro di quei poliziotti armati mi hanno spinto brutalmente contro il muro, mi hanno strappato la borsetta, mi hanno allargato le gambe e un agente di polizia mi ha trattato in modo molto umiliante”, ha detto durante il suo discorso. “Considero questo come un atto discriminatorio a tendenza razzista”, ha concluso.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile L’ASSOCIAZIONE DEGLI INDUSTRIALI E’ ANCHE L’EDITORE CHE LA PROPOSTO DI APPLICARE AI GIORNALISTI LA CASSA INTEGRAZIONE COVID, CON UN TAGLIO DEGLI STIPENDI DEL 25% NONOSTANTE IL GIORNALE ABBIA AUMENTATO GLI UTILI
“Chiediamo la restituzione delle accise sull’energia, il pagamento dei debiti della Pa e maggiore liquidità ”. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi si è presentato all’appuntamento con il premier Giuseppe Conte agli Stati Generali di Villa Pamphilj con una corposa lista di richieste, buona parte delle quali di soldi pubblici arretrati che la pubblica amministrazione deve alle imprese.
Ma si è presentato anche con il peso di un ennesimo sciopero dei giornalisti del Sole 24 Ore che il comitato di redazione ha annunciato per oggi sul sito e domani per il quotidiano.
La ragione delle braccia incrociate è la richiesta di cassa integrazione Covid per i giornalisti del quotidiano, nonostante non ci sia un calo di produzione legato all’epidemia e anzi siano stati registrati numeri record per vendite in edicola e per contatti online.
I giornalisti del quotidiano finanziario edito dall’associazione sono entrati in sciopero perchè ritengono “inaccettabile” la proposta dell’editore di applicare a tutti la cassa integrazione Covid, con un taglio dello stipendio del 25% per il secondo semestre 2020.
Una decisione che desta “sconcerto” tra i redattori per due ragioni su tutte: i risultati brillanti della carta (+6,3% nelle vendite a marzo) e dell’online (+145%) ottenuti grazie al lavoro di gruppo durante il lockdown, e la decisione dell’azienda di riconoscere dei premi all’amministratore delegato e ai dirigenti con responsabilità strategiche (90mila euro per l’ad, e 180mila complessivi per gli altri secondo i numeri forniti dal giornalista Gianni Dragoni).
Non è un bel biglietto di presentazione per chi, da quando si è insediato al vertice di Viale dell’Astronomia, non ha esitato un minuto per tirare bordate sul Governo “che fa più danni del Covid”, additandone la malsana gestione durante l’epidemia.
“L’Italia sta scegliendo di favorire l’assistenza invece di liberare l’energia del settore privato. Mi aspettavo dal Governo un piano ben dettagliato con un calendario e obiettivi specifici. Questo piano non si è visto, noi abbiamo portato il nostro”, aveva detto alla vigilia.
Istanze più che legittime quelle avanzate da Bonomi in un momento di grave difficoltà per tutto il tessuto economico, ma che stridono non poco con la richiesta dal sapore assistenzialista di cassa integrazione per la redazione del Sole in un contesto di crescita sia in edicola che online. Una decisione che rischia, a detta dei giornalisti, anche di mettere a serio rischio la realizzazione di diversi prodotti dal momento che la cassa integrazione prevede la riduzione dell’orario di lavoro.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile “E’ LA COSA GIUSTA DA FARE, NON VOGLIAMO APPROFITTARNE”… UNA LEZIONE A TANTI INDUSTRIALI STRACCIONI ITALIANI CHE SANNO SOLO SUCCHIARE SOLDI ALLO STATO
Sussidi pubblici restituiti allo Stato a fronte di un calo delle vendite meno marcato di
quanto atteso.
E’ quanto ha intenzione di fare Ikea, il gigante svedese dell’arredamento. “Ikea è in contatto con i governi di nove paesi per restituire gli aiuti governativi che abbiamo ricevuto per coprire gli stipendi dei colleghi durante il culmine della pandemia”, ha detto all’Afp un portavoce di Ingka Group, che gestisce la maggior parte delle operazioni di vendita al dettaglio di Ikea.
Nove i Paesi da cui la società avrebbe ricevuto sostegni pubblici in questi mesi: Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Irlanda, Portogallo, Romania, Serbia, Spagna e Stati Uniti.
“Anche se nessuno sa come le cose continueranno a svilupparsi, ora abbiamo una migliore comprensione dell’impatto della crisi sulla nostra attività e abbiamo quindi deciso di ripagarla, perchè è la cosa giusta da fare”, ha detto Tolga Oncu, responsabile delle operazioni di vendita al dettaglio
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2020 Riccardo Fucile CONDANNATI A 5 ANNI PER IL ROGO CHE UCCISE SETTE OPERAI A TORINO NEL 2007, IN PRATICA ANDRANNO IN CARCERE SOLO PER DORMIRE… LA RABBIA DEI PARENTI DELLE VITTIME
In carcere di notte, di giorno invece liberi di uscire per lavorare. La procura tedesca di Essen ha autorizzato un regime di semilibertà per Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager di Thyssenkrupp ritenuti corresponsabili dell’incendio che causò il 6 dicembre 2007 la morte di 7 operai a Torino, e condannati a 5 anni di carcere per omicidio e incendio colposo.
Una condanna fino ad ora rimasta sulla carta, peraltro, visto che l’esecuzione della pena per i responsabili del rogo di Torino non è ancora stata disposta e dovrebbe iniziare entro un mese. La comunicazione sulla concessione della semilibertà per Espenhahn e Priegnitz è arrivata oggi alla procura generale di Torino.
“Ci incateneremo a Roma. Andremo a Essen. Qualcosa faremo. Devono dirci come è possibile questa cosa”.
E’ il primo commento di Rosina Platì, mamma di una delle sette vittime del rogo alla Thyssenkrupp di Torino del 2007, alla notizia della semilibertà per i due manager tedeschi. “Stasera – prosegue la donna – volevamo festeggiare, ma in qualche modo sentivamo che sarebbe arrivata una notizia di questo genere. Adesso basta: ci devono spiegare cosa è successo”. “Hanno giocato troppo con noi – conclude – e non ci fidiamo più di nessuno”.
A darne notizia per prima è stata Radio Colonia, un’emittente in lingua italiana che ha fatto parlare la procuratrice di Essen, Anette Milk. “È previsto che i due condannati scontino la pena con il cosiddetto ‘offener Vollzug’ ” – ha dichiarato la magistrata – “Il che significa che saranno detenuti in un penitenziario, ma potranno lasciarlo ogni giorno per andare a lavorare e dovranno tornare la sera”.
“Sono basito. Devono ancora inventare un aggettivo per esprimere le sensazioni che sto provando ora. La notizia è inattesa quanto vergognosa”. E’ il primo commento di Antonio Boccuzzi, l’operaio della Thyssenkrupp sopravvissuto all’incendio che nel 2007 uccise sette colleghi, alla concessione della semilibertà in Germania per i due manager tedeschi condannati in Italia per omicidio colposo.
Boccuzzi osserva che “cinque anni (il massimo della pena prevista in Germania per l’omicidio colposo – ndr) erano pochi, ma almeno erano qualcosa” mentre “questa concessione, invece, è pazzesca, incredibile, discutibile”.
“Mi hanno insegnato – aggiunge – che le sentenze e le decisioni del tribunale non si discutono. Credo però che sia arrivato il momento di iniziare a discuterle, altrimenti non vale più niente. In questo processo – conclude – non c’è più nulla di normale”.
(da agenzie)
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