Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile NUOVO VERTICE A META’ LUGLIO, RIGIDE FINLANDIA, DANIMARCA E AUSTRIA, SPIRAGLI DA OLANDA E VISEGRAD… MERKEL: “RISORSE NON PRIMA DEL 2021″… GUALTIERI SPINGE PER IL MES
Come al solito, adesso si spera in lei: Angela Merkel.
I leader dei 27 Stati Ue escono da quattro ore scarse di confronto in videoconferenza sul recovery fund con la certificazione di quanto ci si aspettava: stallo, nessun progresso, ma nemmeno passi indietro.
A quest’ultimo fattore si aggrappa Giuseppe Conte, mostrandosi soddisfatto del primo scambio di vedute con i partner europei sulla proposta ‘Next Generation Eu’, presentata il 27 maggio da Ursula von der Leyen per aiutare i paesi meno dotati ad affrontare la crisi economica da covid.
Ma ora urge un’intesa a luglio: lo dice Conte, ma anche Merkel, von der Leyen, Macron e la maggioranza dei leader. E sarà lei, la cancelliera tedesca, a prendere le redini della situazione, con l’inizio del semestre di presidenza tedesco.
Trovare un compromesso tra gli interessi nazionali di 27 Stati intorno ad uno strumento inedito come il recovery fund è impresa da ‘titani politici’.
Oggi in Consiglio nessuno mette chiaramente in discussione le dimensioni totali del fondo stabilite dalla Commissione: quei 750mld di euro raccolti sul mercato con bond emessi dalla Commissione e la garanzia del bilancio pluriennale europeo.
Ma sulla proporzione tra sussidi (500) e prestiti (250), sulla ripartizione delle risorse tra gli Stati, sui ‘rebates’ (sconti ai contributi sul bilancio Ue per gli Stati che non usano molti fondi europei), sull’aumento del tetto delle risorse proprie, la discussione è aperta. E, si apprende da fonti europee, molti dubitano sulla capacità del presidente Charles Michel di tessere le fila del negoziato, anche se sarà lui formalmente a presentare la sintesi delle trattative prima del Consiglio di luglio.
Merkel, che dal primo luglio sarà presidente di turno dell’Ue per il semestre che tocca alla Germania, ha il peso politico per farcela. E già in questa fase, raccontano le stesse fonti, sta esercitando la sua influenza su Austria e Olanda, che finora hanno guidato la ‘rivolta’ dei frugali contro il recovery fund. Con quali risultati?
Timidi spiragli sul fronte olandese. Il premier olandese Mark Rutte cita Conte, apprezza lo sforzo italiano per le riforme, se la prende invece con la Polonia, che figura al terzo posto dopo Italia e Spagna nella ripartizione degli aiuti del recovery fund (64mld di euro), pur avendo avuto meno morti da covid dell’Olanda.
Però fosse per Rutte, farebbe con calma. “Non andrà terribilmente male se non avremo concluso entro metà luglio”, precisa. Va detto che in Olanda è iniziata la campagna elettorale in vista delle politiche 2021. Rutte è candidato contro il suo ministro dell’Economia Wopke Hoekstra: tensioni nazionali con ricadute sul negoziato europeo.
L’austriaco Sebastian Kurz chiede che “il Recovery Fund non apra la strada ad un’unione del debito”, che abbia “un limite di tempo” e “si deve discutere di chi paga quanto, di chi beneficia di più e di quali condizioni vincolano gli aiuti”.
L’Austria mantiene la linea dura, ma a Roma sono convinti che a Kurz basterà concedergli ancora i ‘rebates’, come con l’Olanda che però è molto interessata a ottenere la garanzia (gli olandesi dicono “condizionalità ”) che chi usa i fondi li spenda per investimenti e riforme.
Particolarmente duro l’intervento della premier finlandese, Sanna Marin, a capo di un governo di sole donne. “Non possiamo accettare la proposta della Commissione Ue così com’è — dice – sono necessari cambiamenti sotto molti aspetti. La discussione non è realmente progredita”.
Sulle barricate anche la Danimarca, malgrado abbia un governo socialista. La premier danese Mette Frederiksen non ha nemmeno partecipato al pre-vertice del Pse ieri e resta sulla posizione dei frugali, i meno convinti del recovery fund sebbene anche loro adesso non abbiano la forza per rovesciare il tavolo. Vorrebbe dire ‘rovesciare’ Merkel e nessuno ce la fa.
La Svezia invece, inizialmente schierata con Olanda, Austria e Danimarca, è passata ad un atteggiamento più morbido. Si faccia tutto quello che serve a rafforzare il mercato europeo, “la cosa più preziosa per le nostre economie”, sono le parole del premier svedese Stefan Là¶fven ieri al vertice del Pse.
Il blocco di Visegrad invece ha perso Polonia e Slovacchia, ora schierate a favore della proposta della Commissione. Ma lo stesso premier ungherese Viktor Orban ormai ha sposato la causa del recovery fund, interessato solo ad avere di più per il suo paese. Quanto a Varsavia, dicono a Bruxelles che è stata von der Leyen a tirarla in partita con l’amo dei 64mld di euro del recovery fund. Ma, certo, se altri Stati contestano gli aiuti destinati ai polacchi, siamo punto e a capo.
E’ in questo ginepraio che dovrà mettere le mani Merkel.
La Cancelliera definisce la proposta von der Leyen “appropriata”. “Lo sapete che io sto molto attenta quando si tratta di spendere soldi — dice rivolta ai rigoristi – ma la mia proposta con Macron è la via giusta stavolta”, sottolinea in riferimento al primo piano sul recovery fund elaborato col presidente francese. Però su una cosa Merkel è chiara: i fondi del piano di ricostruzione “non arriveranno prima del 2021” e “non è possibile versare prima il denaro a paesi come l’Italia”.
Significa che una ‘soluzione ponte’ per avere gli aiuti già a settembre non è all’orizzonte. I paesi frugali sono contrari. Il loro ragionamento è: se l’Italia ha bisogno di soldi subito, ci sono gli strumenti già varati, 540mld di euro, tra cui anche il Mes.
Conte invece spera ancora nella soluzione ponte, anche se si tratterebbe di un apporto “modesto”, ammette. Il premier difende la proposta della Commissione, “equa e ben bilanciata”. “Sarebbe un grave errore scendere al di sotto delle risorse finanziarie già indicate. E anche la combinazione tra prestiti e sussidi è ben costruita. Questa combinazione ci aiuterà a realizzare investimenti e riforme in modo da rafforzare la convergenza e la resilienza dell’intera Unione”.
“Anche i tempi sono molto importanti — continua il premier – Dobbiamo assolutamente chiudere l’accordo entro luglio”. E se sarà necessario riconoscere i ‘rebates’ ai nordici, che sia. “Dobbiamo mantenere distinti i criteri di allocazione del Quadro Finanziario Pluriennale e quelli del ‘Next Generation EU’ – continua – e, in ogni caso, considerare queste due proposte come componenti un unico pacchetto indivisibile. Questo consentirà all’Italia di avere un atteggiamento più flessibile su alcuni aspetti del QFP, ad esempio quelli che appaiono più anacronistici (come i ‘rebates’)”.
Per Roberto Gualtieri, l’intesa sul Recovery Fund si troverà entro luglio e alcune risorse “partiranno già dall’autunno 2020”, anche se il grosso sarà a disposizione dal 2021.
Il ministro dell’Economia spinge anche sugli altri strumenti: “I soldi del Mes e del Sure sono prestiti, non come quelli del Recovery fund che sono invece in parte a fondo perduto e quindi non aumentano il debito pubblico. Ma questi prestiti sono allo 0,08% di interessi, quindi più convenienti rispetto all′1,3% a cui siamo abituati” dice a ‘Otto e mezzo’, su La7. “L’unica condizione del Mes è che i soldi siano usati per le spese sanitarie, non ci sono altre condizionalità ”.
I leader cerchiano in rosso le date del 15, 16 e 17 luglio. Il consiglio europeo dell’intesa, riunito a Bruxelles, Covid permettendo, dovrebbe essere convocato in quei giorni. Sempre che nel frattempo Merkel riesca a mettere d’accordo tutti.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile UN CLIMA PESANTE AI LAVORI DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA SU NOMINA AL DAP E SCARCERAZIONI DEI BOSS DOPO L’AUDIZIONE DI NINO DI MATTEO
“Sono nervosi, queste audizioni non le volevano fare…”. È dal cuore del Movimento 5
stelle che arrivano segnali di disagio legati al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Raccontano di telefonate su telefonate di preoccupazione e pressioni sulla sfilza di audizioni che nella commissione Antimafia si stanno susseguendo per fare luce sulle eventuali zone d’ombra intorno alla rivolta nelle carceri e sul successivo ok ai domiciliari per centinaia di detenuti in regime di massima sicurezza.
Tra le molte verità di questa storia, è stato Nino Di Matteo a mettere le carte in tavola. “C’erano state delle rivolte che, dall’esterno, ho pensato che potessero essere organizzate a un livello più alto di quelli che salgono sui tetti. Poi sono conseguite le scarcerazioni”, ha detto in audizione.
Il passaggio logico è abbastanza chiaro, ma non serve andare per deduzioni perchè il magistrato di Palermo ha serenamente proseguito: “Mi preoccupava sostanzialmente il dato di una sostanziale analogia tra quanto avvenne nel 1993, quando ci furono stragi in contemporanea a Roma e Milano tanto da far ritenere al presidente del Consiglio che era in corso un colpo di Stato. Sappiamo che vennero fatte in funzione di un ricatto allo Stato per alleggerire il 41-bis e far piegare le ginocchia alle istituzioni”.
Le domande che alcuni fra i 5 stelle hanno iniziato a porsi dopo le parole di Di Matteo sono le seguenti: c’è stata una trattativa da parte dello Stato con pezzi di criminalità organizzata per ottenere le scarcerazioni in epoca di Covid-19?
Chi è stato l’interlocutore alla cui porta è stato bussato? Le reazioni dei boss sulla sua nomina hanno portato a quello stop? È la stessa dinamica intercorsa per le scarcerazioni?
Dallo scranno della presidenza dell’Antimafia, Nicola Morra va avanti imperterrito nel cercare di appurare quanto successo. Sul senatore filosofo si sono addensate critiche e nervosismi. Un suo collega la mette giù così: “Nicola è tanto bravo quanto ostinato, e adesso lo hanno totalmente isolato, perchè rischia di venire giù tutto”.
Un clima pesantissimo aleggia sul Palazzo e sui lavori della commissione Antimafia, mentre si stanno preparando altre due convocazioni di peso: quella di Francesco Basentini e quella del Guardasigilli, un ritorno a chiudere il cerchio.
Occorre fare un passo indietro e ricostruire i fatti che interessano Bonafede, e su cui si fonda una teoria tanto indimostrata quanto sulfurea.
E infatti, vale la pena dirlo, carsicamente riscuote un certo seguito nel Movimento 5 stelle, che pubblicamente invece ha lavorato per far scemare il clamore nel più breve tempo possibile.
Ecco, questa teoria vuole che ci sia un collegamento tra un papello redatto dai rivoltosi del “carcere zero”, quello di Salerno, e la circolare che ha dato il via libera alle pene alternative anche per i reati di mafia.
Un papello nel quale si ponevano alcune condizioni per lo stop alle sommosse, tra cui proprio quello della sospensione della pena e della detenzione domiciliare per motivi di salute.
Era il 7 marzo, l’Italia viveva con il fiato sospeso per il crollo della Borsa e l’imminente lockdown. Il collegamento si sarebbe concretizzato solamente due settimane dopo, il 21 marzo, con la famosa circolare che ha dato il via alle scarcerazioni. Bonafede ha sempre parlato di strumentalizzazioni: “Ricordo che le scarcerazioni sono state determinate da decisioni prese in piena autonomia e indipendenza dai magistrati competenti (nella maggior parte dei casi per motivi di salute), sui quali, ovviamente, non c’è stato alcun condizionamento da parte del ministero o del governo”, ha detto alla Camera il 12 maggio scorso.
Il tassello che ha fatto balzare sulla sedia coloro che, nei 5 stelle e più in generale in maggioranza temono (o si augurano) che la vicenda abbia ulteriori sviluppi, è stata l’audizione di Giulio Romano, ex direttore generale della direzione detenuti e trattamento del Dap, dimessosi insieme a Basentini senza che, per sua ammissione, il passo indietro fosse mai stato sollecitato dal ministro.
Romano anzitutto ammette che “si può ipotizzare che le rivolte nelle carceri siano state in qualche modo pilotate”, ma soprattutto dice che “il ministro espresse apprezzamento” per la circolare.
Spiegando anche che la scarcerazione del boss Pasquale Zagaria sia stata “un grave errore, una svista”, senza che questo abbia prodotto alcuna conseguenza sul suo ufficio.
Apriti cielo. La fronda M5s interna a Bonafede ha iniziato a ribollire. Morra, esterrefatto per le dichiarazioni di Romano, ha richiesto un secondo round di audizione, andato in corso mercoledì, nella quale l’ex dirigente del Dap ha tenuto a sottolineare che dal ministro non ha “avuto nessun parere positivo prima dell’emanazione della circolare”, ma solo successivamente, in una videoconferenza del 24 marzo.
Giovedì l’audizione di Di Matteo, oggi un senatore pentastellato attacca: “Abbiamo voluto buttare la polvere sotto il tappeto, ma questo non è il Movimento. Le pressioni perchè ci si fermi sono tante, ma fa bene Nicola (Morra, n.d.r.) ad andare avanti”.
Cibo per alimentare la teoria complottista ce n’è a sufficienza, con tanto di strascico sgangherato che coinvolge lo stesso Di Matteo, Napolitano, Palamara e Ingroia. Per provare che sotto il tappeto sia nascosta polvere tossica serviranno prove ben più corpose, ma tanto basta ad alimentare l’assedio a Bonafede che, da par suo, si tiene prudentemente alla larga dall’intervenire nella faccenda.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile IL NUOVO CORSO DI BONOMI: SOGGETTO “POLITICO” MA NON “PARTITICO”… IL PRESIDENTE CHE NON SOPPORTA SALVINI E I SOVRANISTI: “UN PAESE NON SI GOVERNA DALLA SPIAGGIA”
Anche l’infallibile Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, ha inserito nelle rilevazioni della prossima settimana il nome Carlo e il cognome Bonomi. E lo ha fatto dopo i fuochi di artificio del numero di uno di Confindustria agli “Stati generali per l’economia” davanti a Giuseppe Conte e ai suoi ministri.
Obiettivo: testarne la popolarità , comprendere se sta o meno per prendere forma una leadership di un qualche tipo. Diciamolo subito: non è all’ordine del giorno il partito di Bonomi, il partito degli industriali, il partito dei capitalisti.
Chi lo conosce e lo frequenta esclude che tutto questo sia prodromico a una discesa in campo. “Il nostro mestiere è quello di stare lontani dalla politica”, assicurano.
Però è altresì evidente che quello si chiamava il “quarto partito” ai tempi dell’Avvocato ha prodotto una dinamica, una scossa nel mondo della politica.
Il tutto mentre il destracentro a trazione salviniana appare unfit, non credibile, e litiga sulla partita delle regionali (“Fitto a me, Caldoro a te, Ceccardi a lui”).
Ecco, mentre l’opposizione parlamentare si divide su “pizza e fichi” – ironizzano in Transatlantico – qualcosa sta accadendo.
Non a caso il pezzo di Lega pensante e moderata, europeista e non urlata, che fa riferimento a Giancarlo Giorgetti ne apprezza le mosse. In più occasioni il numero due di via Bellerio davanti ad alcuni amici e consiglieri si è espresso in questi termini: “Quella di Bonomi è una operazione politica, ha rotto un muro”.
E fatta questa premessa il passo successivo di Giorgetti rimanda allo spazio politico lasciato libero dal duo sovranista che cavalca la paura ma offre una proposta sgangherata: “Matteo, dopo che ha offerto collaborazione e Conte non l’ha accettata, ha scelto la via della protesta, e ci si vede fra due anni. Bonomi invece è la rappresentanza del mondo produttivo del Nord”.
Anche il vecchio Silvio Berlusconi pare cogliere: “Sottoscrivo parola per parola quello che ha detto il presidente Bonomi. Ha ragione, per far ripartire il Paese occorre uno sforzo che coinvolga tutti, dalla politica, maggioranza e opposizione, all’impresa, dalla cultura alle banche, dall’università alla scienza. […] Noi di Forza Italia siamo i soli nella politica italiana a parlare il linguaggio dell’impresa e quindi del lavoro”.
A qualcuno è parso un endorsement, ma ovviamente per il Cavaliere all’infuori di sè non c’è nessuno: “L’ultimo leader carismatico che io conosco è un signore che ha trascorso gli ultimi tempi in Provenza ma sarà presto in Italia”.
Dunque, no Bonomi. “Le cose che dice sono sacrosante”, spiega Renato Brunetta, economista e parlamentare degli azzurri. “Ma la politica è una cosa, la rappresentanza degli industriale è un’altra. Il suo programma è il nostro. Ben arrivato”.
Proprio questo elemento di rappresentanza del malessere del Nord è certo contro il governo, ma anche contro Salvini che detiene la golden share dell’opposizione. Raccontano dentro Confindustria che “Salvini è forse l’unico cui l’ha giurata perchè a Carlo non piacciono i sovranisti e i nazionalisti”. In parecchi ricordano le parole dell’allora presidente di Assolombarda nei giorni famosi del Papeete: “Un Paese non si governa da una spiaggia”.
Chissà se è un caso se Salvini, da par suo, non cita mai l’establishment industriale.
In queste settimane nessuno dei leghisti ha espresso un pensiero sulle posizioni di Confindustria. Come se ci fosse un veto ad personam o un ordine di scuderia.
Di fatto rappresentano due visioni politiche diverse, da un lato appunto il sovranismo, dall’altro il nord operoso, da un lato l’euroscetticismo, dall’ altro il partito del Pil, le partite Iva.
Bonomi non ha alcun contatto con il mondo via Bellerio. Sì, è vero c’è una interlocuzione aperta con Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, ma è ascrivibile alla “relazioni istituzionali obbligate”. Ed è in sostanza la stessa cosa che è successo in questi anni da presidente di Assolombarda. “Lui incontrava regolarmente tutti i parlamentari eletti in Regione. Punto. Ma per ragioni rigorosamente istituzionali”. E con Zaia e con Giorgetti? “Non occhieggia alle fazioni interne ai partiti”.
Ecco, ha rotto un certo rituale, molto romano, i pranzi, le cene, i salotti. “E’ schivo”, ammettono. Se fa gli incontri sono semi-pubblici con il direttivo. Come se volesse tenersi a distanza dalla Capitale salottiera e cafonal. E con essa una certa pax governativa che c’è stata con Vincenzo Boccia.
Un elemento importante nel suo prendere a picconate “le chiacchiere della politica” è che non ha mai attaccato i sindacati.
Nella narrazione di Bonomi è la politica ad essere messa in discussione, ad esempio “mai attaccare con la stessa veemenza”, Il rischio, dicono i suoi critici dentro viale dell’Astronomia, “è di diventare un professionista di Confindustria, un Boccia del Nord, e di sgonfiarsi pian piano”.
Poi certo bisognerà vede i risultati. Ma questa è un’altra storia.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile LA STRATEGIA POLITICA DELLA LEADER DI RN NON CONVINCE IL SUO ELETTORATO… IL NUOVO ASTRO DELLA POLITICA FRANCESE E’ IL PRIMO MINISTRO DI MACRON, EDOUARD PHILIPPE
Marine Le Pen comincia a perdere la presa. La leader del Rassemblement National è in
difficoltà e sempre più isolata in un contesto politico segnato da una profonda incertezza, con il presidente Emmanuel Macron che cerca di ricucire uno strappo con un elettorato diffidente nei confronti della sua classe politica.
I fischi raccolti da Le Pen mercoledì sera durante le commemorazioni dell’Appello del 18 giugno del generale Charles de Gaulle sull’isola di Sein, in Bretagna, sono risuonati come il preludio a un requiem che dovrebbe intonare la sera del 28 giugno con il secondo turno delle elezioni municipali, dove il Rassemblement National si prepara a una sonora disfatta. In questi ultimi mesi, mentre il paese si trovava nel mezzo di una crisi sanitaria senza precedenti, la rappresentante dell’estrema destra francese non è riuscita ad incarnare un’opposizione convincente rimanendo all’angolo.
Le Pen ha provato più volte a reinventare il suo partito, arrivando addirittura ad imporgli una maldestra svolta “gollista” in questo periodo di commemorazioni del generale francese, mai amato dal vecchio Front National del padre Jean-Marie a causa della ferita aperta nel 1962 con l’indipendenza algerina e mai rimarginata.
Una strategia che per il momento sembra essergli costata solo critiche, soprattutto dal suo campo. La più dura è arrivata da Robert Mènard, il sindaco “sceriffo” di Beziers, eletto da indipendente nel 2014 con il sostegno dell’allora Front National.
Le Pen “non sarà capo dello Stato”, ha profetizzato ieri il primo cittadino ai microfoni di “Bfm tv”. Una posizione “realista”, secondo Mènard, che ha comunque definito la sua ormai ex alleata come “coraggiosa” e “realista”, qualità valide ma insufficienti per arrivare all’Eliseo.
Attacchi anche da Nadine Morano, eurodeputata dell’area più radicale dei Repubblicani, secondo la quale “Le Pen non ha alcuna chance di essere eletta presidente della Repubblica” nel 2022.
Eppure, in un sondaggio pubblicato dall’istituto Elabe il sette maggio scorso, a quattro giorni dall’inizio dell’uscita dalla quarantena, Le Pen risultava essere l’unico leader politico insieme a Jean-Luc Mèlenchon della France Insoumise a risalire nei sondaggi, arrivando al 26%, 3 punti in più in un mese.
Un dato comunque basso, così come quello di Macron, che in quel momento era al 34%, due punti in meno.
Ma la presidente del Rassemblement National cerca comunque di guardare verso le prossime elezioni del 2022, nella speranza che la nipote Marion Marechal non decida di scendere nuovamente in campo. Dopo aver abbandonato la politica al termine del mandato da deputata, la trentenne Le Pen si è dedicata interamente alla sua scuola di Scienze politiche a Lione, continuando però a mantenere stretti i rapporti con alcuni ambienti della destra radicale e conservatrice.
Un suo eventuale ritorno prima del 2022 sarebbe fatale per la zia, che spera di ricompattare il suo schieramento nei prossimi mesi, quando gli effetti della crisi del coronavirus cominceranno a farsi sentire sull’economia nazionale.
Intanto, il primo ministro Edouard Philippe continua dritto sulla sua strada macinando consensi. Secondo un sondaggio pubblicato oggi dal centro studi Bva, il capo del governo nell’ultimo mese avrebbe guadagnato 13 punti nell’opinione pubblica portando il suo indice di gradimento al 54%. Il premier sorpassa così il suo presidente, rimasto dietro al 38 per cento, con un solo punto in più negli ultimi 30 giorni.
Ma la popolarità di Philippe mette in difficoltà Macron, che si prepara ad affrontare l’ultima fase del suo mandato con un rimpasto di governo. Secondo l’emittente Bfm Tv, l’annuncio dovrebbe arrivare tra il 28 giugno e il 14 luglio.
L’inquilino dell’Eliseo vuole lasciarsi alle spalle i gilet gialli, le proteste contro la riforma delle pensioni (per il momento bloccata) e la crisi del coronavirus per ripartire verso le prossime elezioni con una linea incentrata sull’ambiente e il rilancio economico.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile IL REPORT: LE ORE DI CIG SFONDANO QUOTA 1,6 MILIARDI… RUSH FINALE PER LA CASSA INTEGRAZIONE A 134.000
Ma quanti soldi ha dato il Governo agli italiani per fronteggiare l’emergenza coronavirus?
La domanda può apparire banale perchè basterebbe mettere in fila tutte le prestazioni messe in campo – dalla cassa integrazione ai prestiti alle imprese – e fare un fact checking con chi i soldi li deve erogare, l’Inps come il Fondo di garanzia per le pmi. Poi esce un report del Centro studi di Confindustria che dice che l’Italia è “lenta”, con appena 2,4 miliardi di sussidi concessi a marzo.
E poche ore dopo arriva una smentita del Tesoro e dello Sviluppo economico, che parlano di numeri “superati” e indicano altri importi.
Chi eroga la quasi totalità dei soldi è l’Istituto di previdenza. I numeri contenuti in un report, di cui Huffpost è in possesso, dicono che sono stati dati 15 miliardi a 11 milioni di italiani.
Bonus a 4 milioni di lavoratori autonomi, congedi e bonus baby sitter per 400mila
Il report fotografa la situazione al 18 giugno. Il bonus da 600 euro per i lavoratori autonomi è stato concesso a poco più di 4 milioni, per la precisione 4.060.941.
Le tre misure che più impattano sulle famiglie e cioè i congedi parentali, il bonus baby sitter e i permessi per la legge 104, hanno coinvolto più di un milione di persone: 464mila i congedi, 451mila i bonus baby sitter (ora utilizzabili anche per i centri estivi) e 87mila la legge 104 (l’ultimo dato ha come riferimento il conguaglio di aprile).
Pagati anche oltre 146mila lavoratori tra stagionali diversi dal turismo, intermittenti, occasionali e venditori a domicilio.
Il bonus è andato anche a diecimila lavoratori dello spettacolo e a 7.500 del turismo.
Quasi 600mila domande tra reddito di emergenza e bonus per colf e badanti
Il reddito di emergenza per sostenere le famiglie più in difficoltà e l’indennità per i lavoratori domestici sono stati previsti dal decreto Rilancio, approvato dal Governo il 13 maggio. Le richieste pervenute e in corso di pagamento per il reddito di emergenza sono pari a 387.363 mentre quelle per colf e badanti ammontano a 208.422.
Il boom della cassa integrazione: 1,6 miliardi di ore autorizzate in due mesi
La cifra è impressionante: più di 1,6 miliardi. Precisamente 1.681.524.510. Sono le ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps.
Quelle che sono servite e servono a garantire i soldi in tasca ai lavoratori perchè il Covid ha imposto chiusure, ridimensionamenti occupazionali, sospensioni dal posto di lavoro. Quelle di cui le imprese hanno fatto incetta. Circa 832mila ore ad aprile e circa 849mila a maggio.
La cassa integrazione. Mancano all’appello gli ultimi 134mila (pagamento in corso)
Circa 134mila lavoratori (134.358) non hanno ricevuto ancora nulla. La maggior parte di loro, più di 108mila, fanno riferimento a domande che le rispettive aziende hanno inviato a giugno.
Sono in corso di pagamento e il numero e i relativi versamenti si aggiornano di ora in ora in linea con l’arrivo delle nuove domande.
Sulla base di domande regolarmente presentate dopo il 31 maggio sono in attesa di essere pagati altri 356.939 lavoratori. Non sono però da considerare come completamente esclusi dalla cassa integrazione perchè hanno ricevuto almeno un pagamento, cioè quanto gli spettava per il mese di marzo.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile QUANDO UN MEDICO GLIELO FA NOTARE RISPONDE CON ARROGANZA: “QUANDO TU SAPRAI LA META’ DELLE COSE SULLA SANITA’ CHE CONOSCO IO POTRAI PARLARE”… MA CHI METTE LA MELONI COME CAPOGRUPPO IN COMMISSIONE?
Essere capogruppo in commissione Sanità al Senato ma non conoscere la differenza tra la
Ru486 (pillola abortiva) e la pillola del giorno dopo.
È quanto emerso nel corso di una diretta Facebook del sito di informazione Umbria24, che ha ospitato alcuni politici per discutere di un tema delicato come l’aborto.
Una ‘tavola rotonda’ online che segue la controversa scelta della Regione, guidata dalla leghista Donatella Tesei, di eliminare la possibilità di sottoporsi all’aborto farmacologico in day hospital.
In un dialogo surreale il senatore di Fratelli d’Italia Francesco Zaffini confonde le due pillole, la Ru486, che si prende entro la settima settimana dall’inizio della gestazione e serve per abortire, e la pillola del giorno dopo, che impedisce che il concepimento avvenga e va presa entro 72 o 120 ore a seconda del farmaco.
Quando gli viene fatto notare che sta commettendo un errore, non solo non si scusa, ma arriva ad attaccare Tommaso Bori, consigliere regionale Dem e medico, presente anche lui nel dibattito in videochat sul giornale online Umbria 24.
«Sono due cose diverse. Stare in commissione sanità vuol dire anche conoscere le cose e studiare. queste sono cose gravi che bisogna conoscere».
Cosa farebbe una persona sensata? Riconoscerebbe l’errore. Zaffini invece va avanti: «Quando tu conoscerai la metà in sanità la metà delle cose che conosco io potrai brindare».
Mentre Zaffini continua a parlare e ad attaccare Bori, il giovane fa presente di essere anche un medico. Zaffini alla fine conclude dicendo che la sua era una battuta. L’arroganza nell’atteggiamento di Zaffini è palese ed è doverosa una riflessione.
La commissione sanità — come tutte le altre — svolge «funzioni legislative, conoscitive, di indirizzo e di controllo».
In mano a chi viene messo il potere di discussione e decisionale?
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile UNA GIOVANE VITA DEDICATA AL DIRITTO PER LE RAGAZZE AD AVERE UN’ISTRUZIONE
Malala Yousafzai ha conseguito la sua laurea all’università di Oxford, otto anni dopo essere stata vittima di un’aggressione da parte di un talebano.
Ventidue anni, Malala ha condiviso la notizia sul suo profilo Twitter, insieme a due foto con la famiglia. «Difficile esprimere la mia gioia e gratitudine in questo momento mentre ho completato la mia laurea in filosofia, politica ed economia a Oxford», ha scritto. «Non so cosa mi aspetta. Per ora sarà Netflix, leggere e dormire».
Nata in Pakistan, Malala è diventata a 16 anni la più giovane attivista ad aver vinto il Nobel per la Pace dopo la sue campagne per l’emancipazione femminile e il diritto per le ragazze ad avere un’istruzione.
Ed è proprio nella via di ritorno da scuola che Malala nel 2012 viene aggredita e colpita alla testa da un proiettile sparato da un estremista.
L’atto era stato rivendicato da Ihsanullah Ihsan, ex portavoce del movimento talebano Tehrek-e-Taliban Pakistan (Ttp)
“Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è l’istruzione. E non ho paura di nessuno», aveva detto in un’intervista.
Nel 2013 si era presentata alle Nazioni unite con la sciarpa indossata dall’ex prima ministra Benazir Bhutto, assassinata nel 2007
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile SE ORA POTESSE SENTIRE L’AFFETTO TRAVOLGENTE DELL’INTERO PAESE IN ANSIA PER LUI DIREBBE: “TUTTO QUESTO PER ME?…MA VOI SIETE MATTI”
Alex Zanardi trasmette gioia, serenità , voglia di vivere. Lo guardi negli occhi e capisci che
dentro quel mezzo corpo da macho c’è un cuore infinito.
Un cuore che aveva già provato a smettere di battere il 15 settembre 2001 al Lausitzring, quando un incidente terribile lo tagliò quasi a metà , come diceva sempre lui scherzando sulle gambe che non c’erano più.
Quel cuore d’oro, ma anche d’acciaio che poi, rimasto con pochi litri di sangue, ha ripreso a battere ancora più forte di prima.
Alex è il simbolo di questi giorni post quarantena, incarna la ripartenza come nessun altro e non lo fa solo per compiacere lo sponsor, lo fa perchè lui è proprio così, dare agli altri lo arricchisce dentro.
Ha sempre una parola di incoraggiamento, una parola di conforto. “Se ce l’ho fatta io…!”, dice sempre.
Prendendosi in giro come in una delle barzellette che amava raccontare quando ancora frequentava il paddock della Formula 1, un mondo da cui ha ricevuto poco, pochissimo, soprattutto se lo si paragona a quanto ha dato e ricevuto nelle corse americane e soprattutto nel mondo del ciclismo paraolimpico.
Quel mondo che gli ha tirato l’ultimo “sgambetto” (“sgambetto del destino” era il modo in cui Zanardi descriveva l’incidente del 2001 ndr) mandandolo contro un camion mentre stava correndo per una causa benefica, magari esagerando come faceva sempre in ogni sua attivit
Quando Alex comincia a parlare è difficile farlo smettere. Ti travolge con i suoi racconti profondi, con le sue riflessioni che non sono mai banali, tutto al più sono ironiche soprattutto auto ironiche.
Ti abbraccia con le sue parole e con il suo sguardo. La sua voglia di vivere ti resta addosso. Basta anche solo uno sguardo. Lui è solo Zanardi da Castelmaggiore. Gli piace descriversi così, come nel titolo del suo primo libro. Ma in realtà è un gigante. Una figurina che i bambini a scuola incollavano di fianco a quella del Papa e di Madre Teresa.
Lo guardi gonfiare i muscoli dei bicipiti per trascinare la sua handbike verso le imprese più assurde e difficili. Dalle medaglie olimpiche (4 ori e 2 argenti) all’Iron man delle Hawaii, dalla maratona di New York a quella di Roma, fino alla maratona televisiva che ha condotto sulle reti Rai il due giugno per festeggiare l’azzurro, quella maglia che lui, arrivato dalle tute colorate degli autodromi, ha imparato a indossare e ad amare come una seconda pelle.
Se credi in quello che fai e ti impegni al massimo delle tue possibilità , vedrai che i risultati arriveranno. Alex ha trasformato la sua seconda vita in un master sulla vita.
Ha insegnato a vivere agli altri. Insegnato a gioire per la fatica, a scherzare su un problema. Lezioni che dà con un sorriso, uno sguardo. A nonni e nipoti. A uomini e donne.
La vita gli ha dato tanto dopo avergli tolto quasi tutto. Gli ha fatto quasi vedere cosa c’è dall’altra parte, ma poi lo ha lasciato qui ad insegnare agli altri come superare le difficoltà , come vedere sempre il bicchiere mezzo pieno.
Alex è un uomo fortunato perchè ha un cuore gigante e una famiglia straordinaria a cominciare da sua moglie Daniela, il suo angelo. Lo sa e per questo non si è mai lamentato per quello che gli è successo.
In fondo sa anche lui che senza quell’incidente sarebbe rimasto solo un grande pilota. Dopo quell’incidente che lo ha lasciato a metà è diventato un dio. Anche se, sentendo tutto l’affetto che lo ha accompagnato da quando è stato ricoverato all’ospedale di Siena, sarebbe il primo a dire: “Tutto questo per me? Ma no… Voi siete matti”.
(da “il Foglio”)
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Giugno 19th, 2020 Riccardo Fucile LA PASSIONE PER I MOTORI, IL DEBUTTO CON LA JORDAN, LE VITTORIE NEGLI STATI UNITI E POI IL GRANDE CAMBIAMENTO CHE LO HA PORTATO A DIVENTARE NUMERO UNO MONDIALE ANCHE NELL’HANDBIKE
Appena due settimane fa su Rai uno presentava gli azzurri e non solo nella trasmissione “Non mollare mai”, per lanciare all’Italia un messaggio di rinascita e speranza dopo il coronavirus.
Perchè lui, Alex Zanardi, è per tutti l’esempio di chi riesce a tirare fuori il meglio dalle difficoltà , di chi non si arrende nonostante tutto.
Per questo l’incidente di cui è stato vittima oggi mentre correva con la sua handbike lungo una statale nei pressi di Pienza, fa male a tutta l’Italia.
La formula 1 e la Cart
Nato a Bologna il 23 ottobre del ’66, figlio di una sarta e un idraulico, da bambino si trasferisce a Castel Maggiore dove si innamora dei motori e della Formula 1. Qui l’inizio sui kart, poi le serie minori, una scalata fino al debutto in Formula 1 con la Jordan nel 1991, quindi il passaggio alla Lotus.
Nel ’94 perde il posto a vantaggio di Lamy, ma resta collaudatore nel team inglese. Quando il portoghese fu vittima di un incidente nei test a Silverstone, si ritrova alla guida di una monoposto, ma l’anno seguente è di nuovo senza un volante. Passa alla Formula Cart, dove dopo una prima stagione di ambientamento ottiene i primi successi, diventando uno dei favoriti e vincendo nel ’97 a Laguna Seca. Torna alla Formula 1, gareggia nella stagione ’99 con la Williams. Le cose non vanno come vorrebbe e nel 2000 torna negli Stati Uniti: nel 2001 riprende a gareggiare in Formula Cart, non senza fatica.
L’incidente nel 2001
Il 15 settembre 2001 Zanardi sul circuito del Lausitzring, in Germania, perde improvvisamente il controllo del sua Reynard Honda che viene poi centrata da Alex Tagliani. Lo schianto gli provoca l’istantanea amputazione di entrambi gli arti inferiori. Zanardi, dopo aver ricevuto l’estrema unzione dal cappellano, viene caricato sull’elicottero e condotto all’ospedale di Berlino, dove rimane in coma farmacologico per circa quattro giorni. Dopo sei settimane di ricovero e una quindicina di operazioni subite Zanardi lascia l’ospedale. È la sua rinascita.
L’handbike
Il suo coraggio si trasforma in agonismo nel paraciclismo, dove corre in handbike nelle categorie H4 e successivamente H5. La sua prima gara è la maratona di New York del 2007, dove ottiene un sorprendente 4 º posto. Nel 2010 vince i campionati italiani di ciclismo su strada di Treviso, nel 2011 l’argento ai campionati mondiali di Roskilde, in Danimarca. Il 6 novembre 2011 trionfa nella maratona newyorkese, stabilendo anche il nuovo record della categoria handbike. Il 18 marzo 2012 vince anche la maratona di Roma con annesso record del percorso.
Nel 2012 prende parte ai Giochi di Londra vincendo l’oro paralimpico sia a cronometro sia su strada e un argento nella staffetta a squadre mista H1-4. Verrà poi eletto “Atleta del mese” da un sondaggio online del Cio.
L’anno successivo, Zanardi vince la Coppa del mondo e nei campionati mondiali su strada di Baie-Comeau prende tre medaglie d’oro. Si ripete l’anno successivo ai mondiali statunitensi di Greenville; nel 2015, ai campionati mondiali su strada di Nottwil in Svizzera, si aggiudica due titoli della categoria H5, a cronometro e in linea, e la staffetta mista.
E alle Olimpiadi di Rio continua a vincere: due ori e un argento. Ai mondiali conquisterà ancora medaglie: 4 ori, 3 argenti e un bronzo
Sempre un sorriso
Ma importantissimo è stato anche il suo impegno per mostrare a tutti gli italiani quanto un disabile abbia in realtà davvero poco di diverso da chi non lo è e soprattutto quanto anche una tragedia come quella da lui vissuta possa essere fonte di nuove ispirazioni. Lo ha fatto esponendosi, come conduttore per la Rai prima con “E se domani” e poi con “Sfide”.
Lo ha fatto scrivendo tre libri, sulle seconde vite e le opportunità da cogliere. Lo ha fatto intervenendo a programmi tv e conferenze, sempre con il sorriso, sempre con la sua infinita energia positiva.
(da “Gazzetta dello Sport”)
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