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L’ELETTORATO CONSERVATORE STA ABBANDONANDO TRUMP

Giugno 28th, 2020 Riccardo Fucile

L’ANALISI DEI POLITOLOGI USA

La stagione nera di Donald Trump — sancita dal flop del primo comizio di Tulsa, dove ad attendere il presidente c’erano molte meno persone del milione annunciato — è ormai l’argomento tabù tra le pareti della Casa Bianca.
Se, come sembra oggi, il voto di novembre si tradurrà  in un referendum sul presidente, è molto probabile che non ci sarà  un secondo mandato per Trump.
Il consenso degli americani vacilla, mentre cresce quello per il non entusiasmante ma pur sempre equilibrato avversario democratico Joe Biden.
Gli ultimi sondaggi nazionali parlano di un distacco che supera il 14 per cento, con il presidente fermo tra il 35 e il 37 per cento. Come ha ricordato Giuseppe Sarcina sulla newsletter America- Cina, i presidenti che in passato hanno registrato un tale declino a questo punto del mandato — Jimmy Carter e George H. Bush — non sono stati rieletti.
Mal consigliato dal genero Jared Kushner e dal suo campaign manager Brad Parscale — l’uomo che condivide con il presidente simpatie cospirazioniste e la passione per il trolling -, Trump ha scelto di affrontare il peggior momento della storia americana nell’unico modo che conosce: attaccando malamente gli avversari e reprimendo il dissenso.
D’altronde, dentro l’abito da presidente c’è ancora il tycoon che in una famosa intervista a Playboy del 1990 disse che il Partito comunista cinese aveva fatto bene a reprimere gli studenti in piazza Tienanmen e a mostrare il “potere della forza” (al contrario degli Stati Uniti venivano percepiti come un impero debole).
Lo slogan “Legge e ordine”
Così — mentre si trova a mal gestire contemporaneamente una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti — Trump continua a parlare l’unica lingua che conosce: insulti ai democratici, minacce ai manifestanti, stop ai visti per gli stranieri e al programma per i figli degli immigrati, comizi dedicati ad attaccare giornali e potenze straniere, arresto e carcere per chi rimuove le statue.
«Sono il vostro presidente di Legge e Ordine», ha detto nel suo primo discorso ufficiale sulle proteste seguite alla morte di George Floyd — «Dove non c’è giustizia, non c’è libertà ; dove non c’è sicurezza, non c’è futuro”.
La definizione Law and Order proviene dalla famosa campagna di Nixon del 1968: «È un approccio classico repubblicano, nulla di nuovo — , spiega a Open uno dei sondaggisti più famosi d’America Larry Sabato, direttore del Center for Politics dell’Università  della Virginia. Trump la usa in contrasto allo slogan nato nella sinistra radicale che si è diffuso tra i manifestanti, Defund the police: una stupida scelta lessicale che di sicuro verrà  rifiutata dalla maggior parte degli elettori. E infatti Biden ha immediatamente respinto questo approccio».
L’elettorato conservatore
Di certo, l’elettorato americano oggi è molto diverso da quello dei tempi di Nixon: nel 1968 quasi il 90% degli elettori era bianco, una percentuale che nel 2020 è crollata al 66%. A una maggiore diversità  della popolazione, si aggiunge un cambiamento sostanziale verso i temi che riguardano la giustizia civile.
Un sondaggio della Monmouth University ha confermato che quasi il 60% degli americani ritiene che la rabbia che ha portato alle proteste sia “completamente giustificata”. Un dato che raggiunge Il 65% dei consensi tra gli elettori repubblicani.
Uno dei più famosi commentatori politici conservatori, Michael Barone, sottolinea lo spostamento a Open: «L’elettorato repubblicano condannano i saccheggi ma hanno reagito con empatia rispetto alle proteste pacifiche. Di sicuro la maggior parte dei cittadini non vuole vivere in una società  che consente attacchi violenti, saccheggi e dove i ladri non sono puniti, ma linea Law and order suona molto dura a tante persone».
Il mondo è cambiato ma Trump non sembra essersene accorto. «Fino al 2010, la maggior parte delle persone non aveva idea dei problemi che interessano le comunità », ha detto a Vox la docente di Georgetown Christy Lopez, ex consulente del Dipartimento di Giustizia.
«Le riprese fatte con gli smartphone, la campagna del movimento di Black Lives Matter insieme con l’azione del governo federale che ha finalmente cominciato a indagare la violenza della polizia hanno fatto luce su una situazione che non si può più ignorare». Eppure, come ha dichiarato Levar Stoney, il sindaco di Richmond, la città  dove è stata abbattuta la statua di Cristoforo Colombo: «Trump continua a parlare al Paese come fosse il 1950 e non il 2020».
La “strategia del Sud”
A un certo punto, il presidente aveva provato a cambiare strategia. A maggio aveva smesso di attaccare i governatori dei singoli Stati, sui quali ama rovesciare la responsabilità  della cattiva gestione della pandemia, e aveva cominciato ad accettare le loro telefonate. Dopo un esordio molto aggressivo, si era addirittura mostrato più aperto alle ragioni dei manifestanti, annunciando una riforma della polizia attenta alle vittime della brutalità  delle forze dell’ordine, e alle problematiche della comunità  afroamericana.
Tuttavia il miraggio del cambiamento è durato poco: il pugno duro è tornata a farla da padrone. «La base di Trump continua ad amare questo atteggiamento — spiega Sabato -, il Sud (eccetto per la Virginia e in parte per la Florida) ce l’ha in tasca. Un giorno i Repubblicani si pentiranno di come Trump ha posizionato il partito. L’elettorato si identifica sempre meno come la coalizione del presidente, eppure il GOP non ha fatto altro che abilitare Trump».
Anche la famigerata “Strategia del Sud” — quella da sempre usata dal partito per far credere di essere l’unico capace di combattere il crimine e i disordini — non appare più vincente in un Paese con 150 mila morti e 4 milioni di disoccupati.
Perchè, come diceva Nixon, in fondo per un cittadino la vittoria delle elezioni sta nella risposta a una semplice domanda: «Stai meglio di come stavi 4 anni fa?».
La ribellione delle forze armate
«Trump fa appello alla sua fedele base cercando di dipingersi come un duro e in controllo della situazione — racconta a Open Charles Kupchan, ex consulente di Obama sulla politica estera -. Ha dovuto però cedere sull’uso dei militari contro i manifestanti, anche perchè si è trovato davanti le critiche del mondo militare».
La ribellione di generali e comandanti è stato uno dei momenti topici della stagione nera di Trump: «Una larga percentuale dell’esercito americano è composta da afroamericani. I leader militari — sottolinea il politologo — sono molto sensibili alle opinioni provenienti dalla comunità  nera. Sanno quanto Trump sia impopolare tra loro e tra le donne, e quanto offensivo sia l’uso della bandiera confederata e l’utilizzo dei nomi di generali confederati per i neri americani».
Gli interrogativi della fase finale della campagna
Il sondaggista Sabato conferma: «Molti leader americani, così come tanti membri repubblicani del congresso, sono molto più avanti di Trump”. Sono passati 155 anni da quando il Sud ha perso la guerra civile. Nessun altro Paese onora i traditori come facciamo noi negli Stati Uniti. I confederati erano traditori: hanno impugnato le armi contro il loro stesso paese».
La risposta del presidente è stata, anche su questo, molto chiara: il nemico non è il leader confederato, quando piuttosto chi cerca di rimuoverlo.
«Adesso che stiamo entrando nella parte finale della campagna elettorale — continua Kupchan, che insegna alla Georgetown University — Trump diffonderà  regolarmente la sua immagine di “duro” e alimenterà  la sottocorrente del nazionalismo bianco che fa parte del suo marchio politico».
Nel 2016 ha funzionato, ma allora l’occupazione galoppava, la sinistra discuteva di bagni transgender, e il concorrente era una donna molto invisa all’elettorato americano: Hillary Clinton.
Sbagliato pensare che possa funzionare ancora.

(da Open)

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IL SINDACO EUROPEISTA DI VARSAVIA PUO’ PRENDERSI LA POLONIA SOVRANISTA E OSCURANTISTA

Giugno 28th, 2020 Riccardo Fucile

OGGI IL PRIMO TURNO DOVE E’ FAVORITO IL FILO-GOVERNATIVO DUDA, MA LA SORPRESA PUO’ ESSERCI AL SECONDO TURNO CON TRZAKOWSKI… LA TV DI STATO DA 15 GIORNI FA PROPAGANDA A SENSO UNICO, UNO SCONCIO TIPICO DEI REGIMI MILITARI

È passato un anno da quando, in Polonia, hanno iniziato a diffondersi le Strefa wolna od lgbt. Sono delle aree franche all’interno delle quali i diritti non sono uguali per tutti. Letteralmente “zone libere da lgbt”: gli amministratori locali che le governano si impegnano a emanare norme e risoluzioni omofobe, tra cui la KartÄ™ Rodziny, la “carta della famiglia”, un documento che, con il pretesto di tutelare i valori tradizionali, ribadisce il divieto alle adozioni per le coppie omosessuali e al trattare l’argomento nelle scuole.
La storia delle elezioni presidenziali del 28 giugno e dei due candidati favoriti, il presidente uscente Andrzej Duda e il suo avversario Rafał Trzaskowski, gravita attorno a questi argomenti.
Duda è l’uomo di Diritto e Giustizia (PiS), il partito conservatore di JarosÅ‚aw KaczyÅ„ski che ha definito i diritti Lgbt «un’importazione che minaccia la Polonia».
Trzaskowski è il candidato per la coalizione Piattaforma Civica — Moderno — Iniziativa Polacca — Partito Verde. Ed è lui che, in qualità  di sindaco di Varsavia, nel febbraio 2019, ha firmato la “Dichiarazione Lgbt+” per la lotta alle discriminazioni.
La cosiddetta “Dichiarazione di Varsavia” ha generato le risposte reazionarie dei territori: le autorità  locali e provinciali, soprattutto nella parte sud-orientale del Paese, da quel momento hanno iniziato a costituire le “zone libere da lgbt”. Circa il 30% del territorio polacco, oggi, comprende enti locali che hanno emanato risoluzioni omofobe.
Nonostante ciò Trzaskowski ha annunciato di voler osservare le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità , includendo argomenti lgbt nei programmi di educazione sessuale delle scuole di Varsavia.
La sfida da primo cittadino di Trzaskowski, per una serie di congiunture, è diventata una sfida nazionale: il 6 maggio, a causa del rinvio delle consultazioni per il Coronavirus, il partito principale della coalizione ha provveduto a sostituire la candidata MaÅ‚gorzata Kidawa-BÅ‚oÅ„ska con il sindaco. Una mossa che si sta rivelando vincente: Duda, qualche settimana fa sicuro di essere rieletto, sta vedendo il suo consenso scemare mentre Trzaskowski cerca di farsi conoscere anche nelle aree meno urbanizzate della Polonia.
È quasi certo che, nel primo round elettorale, nessuno dei due candidati otterrà  la metà  dei voti e la partita sarà  posticipata a luglio.
Il presidente polacco ha più o meno gli stessi poteri dell’omologo italiano. Può bloccare le leggi considerate antidemocratiche, ad esempio, e sarà  una figura chiave per il futuro prossimo della Polonia: l’ultimo governo, nazionalista e conservatore di cui Duda è espressione, ha inferto pesanti colpi all’indipendenza del sistema giudiziario e alla libertà  di espressione, aumentando le ingerenze nei mezzi di informazione.
Ne è una manifestazione il palinsesto della tv di Stato nei giorni che hanno preceduto le elezioni presidenziali. Un report sul monitoraggio dei media polacchi ha evidenziato che, tra il 3 e il 16 giugno, quasi il 97% delle notizie di TVP News in cui veniva citato Duda erano positive, mentre quasi l’87% di quelle su Trzaskowski erano negative.
Non solo, il volume di contenuti cari al nazionalismo, in cui il cittadino polacco viene rappresentato in maniera eroica ma minacciato dalle lobby internazionali tedesche-ebraiche-lgbt, è aumentato a dismisura.
Negli ultimi tempi, alcuni analisti interni descrivono Duda come nervoso e collegano al recente calo nei sondaggi il suo inasprimento sulle tematiche relative ai diritti lgbt. Il 12 giugno, il candidato presidente di Diritto e Giustizia ha firmato la sopraccitata “Carta della famiglia”, impegnandosi pubblicamente a «difendere i bambini dall’ideologia lgbt», «un’ideologia peggiore del comunismo».
È evidente, dall’esterno, che si tratta di un modo per fomentare l’elettorato più conservatore. Anche lo sforzo di presentare Trzaskowski come un radicale anti-polacco è diventato incessante.
Il settimanale filogovernativo Sieci, la prima settimana di giugno, mostrava in copertina Trzaskowski, mentre indossava una felpa con cappuccio nera e una fascia color arcobaleno al braccio. Sotto il fotomontaggio, a caratteri cubitali, la scritta “Il candidato estremista”. Sembra che la questione dei diritti civili sia il tema centrale di questa campagna elettorale, apparendo più come un tentativo di polarizzare l’elettorato
Gli argomenti relativi ai diritti civili, di fatto, sono particolarmente ostici per la Polonia. Stando alla classifica pubblicata dall’Ilga, l’International Lesbian and Gay Association, la Polonia è l’ultimo Paese in Europa per i diritti delle persone lgbt. Nel Paese, contro gli omosessuali, imperversa «una retorica di odio da parte del governo e della chiesa», si legge nel report. Per questo la comunità  lgbt e l’area progressista della Polonia ripongono le speranze nella vittoria di Trzaskowski.

(da Open)

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COMUNALI IN FRANCIA, OCCHI PUNTATI SU PARIGI, FAVORITISSIMA ANNE HIDALGO PER UN SECONDO MANDATO A GUIDA DELLA CAPITALE

Giugno 28th, 2020 Riccardo Fucile

INCOGNITA AFFLUENZA SUL SECONDO TURNO DELLE AMMINISTRATIVE

)Gli elettori francesi hanno cominciato a votare alle 8 questa mattina per il 2/o turno delle Comunali, fra precauzione inedite per l’epidemia di Coronavirus.
Il primo turno si era svolto fra mille polemiche il 15 marzo, per la determinazione del Governo – consigliato dal comitato scientifico – a rispettare il calendario elettorale.
Si sarebbe dovuto votare per il ballottaggio il 22 marzo ma la Francia cominciò proprio in quella settimana il suo lockdown anti-Covid.
La partecipazione fece segnare un minimo storico, con il 44,3% di elettori ai seggi. Questo dato resta la principale incognita del ballottaggio, al quale si presentano in grande difficoltà  i candidati de La Republique en Marche, il partito di Emmanuel Macron, che rischiano di perdere in tutte le grandi città 
Sono 4.820 i Comuni in cui si vota. Occhi puntati su Parigi, dove appare certa la conferma di Anne Hidalgo, su Le Havre, dove è molto probabile la vittoria del premier Edouard Philippe, Lille (rischia di concludersi la lunga stagione della socialista Martine Aubry come prima cittadina) e Perpignan (vantaggio dell’estrema destra del Rassemblement National).

(da agenzie)

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