Destra di Popolo.net

LO STUDIO SUGLI ASINTOMATICI DI CRISANTI PUBBLICATO SU NATURE

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

NON CI SONO DIFFERENZE DI CARICA VITALE TRA SINTOMATICI E ASINTOMATICI, RESTA LA PERICOLOSITA’

È stato pubblicato su Nature lo studio “Suppression of a Sars-CoV-2 outbreak in the Italian municipality of Vo’” a firma di Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina Molecolare dell’Università  di Padova e del laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Azienda Ospedale/Università  di Padova e la dott.ssa Ilaria Dorigatti, del Mrc Centre for Global Infectious Disease Analysis dell’Imperial College di Londra.
Lo studio ha ispirato le azioni di sorveglianza implementate nella Regione Veneto e si è concentrato su uno dei primi focolai in Italia, comune di residenza anche del primo deceduto italiano.
“La prima indagine, condotta all’inizio dell’isolamento della città  — spiega il professor Crisanti — rivela una prevalenza di infezione del 2,6% (intervallo di confidenza del 95% (CI) 2,1-3,3%). La seconda indagine, eseguita alla fine del blocco, evidenza una prevalenza dell’1,2% (95% CI 0,8-1,8%). In particolare, il 42,5% (95% CI 31,5-54,6%) delle infezioni confermate da Sars-CoV-2 ed identificate nelle due indagini sono asintomatiche, ovvero non presentano sintomi al momento del test con tampone, nè li hanno sviluppati in seguito. L’intervallo seriale medio è di 7,2 giorni (95% CI 5,9-9,6). Particolarmente interessante è ciò che emerge dallo studio sull’infezione da Covid-19 nei bambini. I bambini sembrano ammalarsi di meno e con pochi sintomi, dimostrando una certa resistenza al virus. A Vo’ su un campione di 234 bambini da 1 a 10 anni nessuno è risultato positivo al tampone, anche se spesso hanno convissuto con genitori infetti”.
Il lavoro, spiegano gli autori, “fa luce sulla frequenza dell’infezione asintomatica da Sars-CoV-2” e sulla “relativa infettività  (misurata dalla carica virale), e fornisce nuovi spunti sulla sua dinamica di trasmissione e sull’efficacia delle misure di controllo messe in atto nel cluster di Vo’: il monitoraggio dell’infezione con tamponi esteso a tutta la popolazione, l’isolamento domiciliare per i positivi (inclusi asintomatici o paucisintomatici), il distanziamento sociale e l’uso di dispositivi di protezione individuale — è la conclusione — sono risultati altamente efficaci nel sopprimere la trasmissione di Sars-CoV-2”.
Secondo lo studio non risultano differenze significative di carica virale tra sintomatici e asintomatici, suggerendo la potenziale contagiosità  anche di chi contrae il virus con scarsi sintomi o nessuno
Questo risultato implica che, potenzialmente, anche le infezioni asintomatiche o paucisintomatiche potrebbero contribuire alla trasmissione di SARS-CoV-2.
“Il dato sugli asintomatici è il risultato chiave dello studio — dice il prof Enrico Lavezzo, docente del Dipartimento di medicina Molecolare dell’Università  di Padova — Facendo una fotografia della popolazione di Vo’ abbiamo osservato che circa la metà  delle persone positive al tampone erano asintomatiche al momento del test, mentre una parte di esse avrebbe sviluppato i sintomi nei giorni successivi. Questo ci dice che se abbiamo un certo numero di persone sintomatiche che troviamo positive in un determinato momento, ce ne dobbiamo aspettare altrettante asintomatiche, piu’ difficili da individuare e isolare. E dato che la carica virale è comparabile nei due gruppi, è evidente come anche gli asintomatici possano contribuire alle catene di trasmissione, come abbiamo anche appreso da alcuni racconti di cittadini di Vo’”.
Il 21 febbraio 2020 — ricostruiscono i ricercatori — un residente del comune di Vo’, una piccola cittadina di circa 3.200 abitanti in provincia di Padova, muore di polmonite a causa di un’infezione da Sars-CoV-2. Si tratta del primo decesso di Covid-19 registrato in Italia dopo la comparsa del nuovo coronavirus nella megalopoli cinese di Wuhan, nella provincia di Hubei. Le autorità  regionali impongono prontamente l’isolamento dell’intero comune per 14 giorni. Informazioni sulla demografia, la presentazione clinica, il ricovero ospedaliero, la rete di contatti e la presenza dell’infezione vengono raccolte effettuando tamponi nasofaringei sull’85,9% e sul 71,5% della popolazione di Vo’ in due punti temporali consecutivi.
“La prima indagine, condotta all’inizio dell’isolamento della città  — spiega Crisanti — rivela una prevalenza di infezione del 2,6% (intervallo di confidenza-Ci del 95%, 2,1-3,3%). La seconda indagine, eseguita alla fine del blocco, evidenza una prevalenza dell’1,2% (95% Ci, 0,8-1,8%). In particolare, il 42,5% (95% Ci, 31,5-54,6%) delle infezioni confermate da Sars-CoV-2 e identificate nelle due indagini sono asintomatiche, ovvero non presentano sintomi al momento del test con tampone, nè li hanno sviluppati in seguito.

(da “NextQuotidiano”)

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CASTEL VOLTURNO IGNORA SALVINI, ALTRO FLOP DOPO MONDRAGONE

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

PARTITO MALE E FINITO PEGGIO IL TOUR IN CAMPANIA: TRENTA PERSONE IN PIAZZA… E SI CONCLUDE CON “ERAVAMO QUATTRO AMICI AL BAR”, ALMENO IL CAFFE’ E’ PAGATO

È proprio il caso di dirlo: Salvini in Campania è partito male ed è finito peggio. Oltre le immagini dell’animata contestazione di Mondragone, ciò che è emerso dal tour campano del “Capitano” è stato un sostegno flaccido, che mostra i limiti (storici e programmatici) della Lega al Sud.
Uno scenario ripetuto stamattina a Castel Volturno, in Piazza VIII Ottobre 1943, dove il leader del Carroccio si è trovato davanti a trenta sostenitori, raccolti dietro i microfoni e le telecamere della stampa.
Per avere successo in questi territori serve credibilità , un requisito fondamentale per cittadini che nella politica non credono quasi più e che vedono le Istituzioni morire nei diversi ghetti che sorgono sul litorale.
Castel Volturno ha deciso di non credere neanche stavolta a Salvini e di destinare a lui una disattenzione straordinaria; un menefreghismo militante che forse farà  ancor più male al “Capitano”, dato che sulla disattenzione dei cittadini non si può lucrare come sulle contestazioni.
I mondragonesi e i castellani hanno le strade consumate a furia di passerelle politiche che, nei fatti, non portano ad alcun risultato e cambiamento concreto per il territorio. Terre che tra l’altro i leader politici non s’impegnano a conoscere approfonditamente per le loro strutturali difficoltà , alcune volte in netto contrasto con lo Stato di diritto.
Il discorso di Salvini nei fatti è un mix di lamentele e promesse: “Sarò a Mondragone ogni settimana“, “Contestatori violenti“, “Ho il sospetto che dietro di loro ci sia la camorra“, “Per Castel Volturno non ci sono soluzioni di un quarto d’ora, ma lavoro lavoro lavoro“, “Non può essere ricordata come la città  con il più alto numero di immigrati“.
Insomma, dallo scorso agosto sembra che non siano cambiate nemmeno le “frasi-titolo”. Unica gioia potrebbe essere il format “caffè con Salvini“, attraverso il quale il sindaco Petrella e i responsabili della Lega — Castel Volturno hanno avuto l’opportunità  di scambiare due chiacchiere con il Matteo nazionale.
E chissà  che magari non vi siano stati anche aggiornamenti sulla situazione della Giunta comunale e sugli screzi interni al centrodestra castellano che vedrebbero proprio la Lega coinvolta in prima persona.
Magari, in questo caso, la visita a Castel Volturno non sarebbe stata del tutto inutile.

(da agenzia locale)

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RENZI E IL DIRITTO DI SALVINI DI PARLARE A MONDRAGONE

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

QUELLO CHE RENZI FINGE DI DIMENTICARE

Renzi:   ” Deve essere chiaro che impedire a Matteo Salvini di parlare è un errore per la democrazia. Noi non condividiamo ciò che dice, ma in un Paese democratico il leader del primo partito italiano ha il diritto di parlare sempre e ovunque».
Renzi dovrebbe ricordare:
1) Salvini a Mondragone ha iniziato a parlare, nessuno glielo ha impedito. Poi si è bloccato l’impianto audio e ha smesso di parlare. Si è rotto da solo? E stato danneggiato dai contestatori? Difficile, visto che erano davanti al palco . O è stato staccato dai leghisti per togliersi dall’impiccio? Tutte ipotesi, nessuna certezza.
2) Salvini si fornisca di un servizio d’ordine padano per i suoi comizi itineranti. Con le migliaia di fans sovranisti sui social siamo certi che accorreranno a centinaia per offrirsi a scortarlo, tralasciando per un giorno gli apericena nei locali alla moda.
Immolarsi per il Capitone vuole dire entrare nella storia, sfruttate l’occasione. In altri tempi (quelli della destra sociale) erano i militanti a garantire la sicurezza dei leader nei comizi e nessuno piagnucolava (e volavano sassi e molotov, non acqua)
3) Concordiamo con Renzi che in democrazia tutti hanno diritto di fare comizi nelle forme previste dalla Costituzione e dalla legge.
Salvo chi istiga all’odio razziale violando le leggi, per i quali è previsto lo scioglimento del partito e la denuncia.
Se poi non si applica e si preferisce mettere la democrazia in pericolo non lamentatevi che ci sia il liberi tutti.
4) Se la Lega, ancora per poco, è il primo partito in Italia è grazie a governi come quelli di sedicente centrosinistra che hanno permesso che i sovranisti seminassero liberamente odio razziale, religioso e sociale in Italia senza muovere un dito e senza far applicare la legge vigente.
Troppe connivenze e convenienze nei confronti di seminatori d’odio, troppi interessi comuni, troppa tolleranza.
Fatevi un esame di coscienza, se riuscite a trovarla, ed evitateci lezioni di democrazia.
A destra la libertà  di espressione l’abbiamo difesa a suo tempo con il sangue, quando qualcuno era ancora a riempire i pitali al Monviso o militava in Democrazia proletaria.
Quindi passi lunghi e ben distesi.

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IL GRANDE RITORNO DELLE AUTO BLU: IN DUE ANNI AUMENTATE DEL 30%

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

IL CENSIMENTO DEL MINISTERO: VERSO 4.000 VETTURE CON AUTISTA… DI MAIO E IL BANDO PER 8.000 AUTO NUOVE

Sono oltre trentamila le auto di Stato ancora in circolazione, una su dieci è una supercar, ovvero 3.366.
Ma il numero delle auto blu, racconta oggi il Messaggero, continua ad aumentare e presto potrebbe sfiorare la soglia delle 4 mila unità .
È in arrivo il nuovo censimento delle autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni condotto dal dipartimento della Funzione Pubblica: dal ministero della pentastellata Fabiana Dadone fanno già  sapere che, complice l’aumento degli enti rispondenti all’indagine, pure quest’anno la quota delle supercar non arretrerà , anzi. Risultato?
Ci si aspetta che le auto blu censite aumentino del 30 per cento rispetto al 2018, quando erano 3.068. Circa una su due si trova nei garage degli enti locali.
La pubblicazione del report di quest’anno era attesa per aprile, ma a causa del lockdown viaggia con tre mesi di ritardo. A meno di sorprese il nuovo censimento sarà  pronto entro la fine del mese di luglio.
Si parte dalle 33.527 auto blu e grigie rilevate un anno fa, ma si prevede che l’asticella salga ancora, per attestarsi questa volta tra le 35 mila e le 40 mila vetture.
Nel 2017 erano 29 mila circa, molte meno quindi. Proprio il Movimento 5Stelle aveva promesso in passato di azzerare le auto blu, per poi cambiare idea.
Un anno fa, ai tempi in cui era vicepremier, l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio era persino finito nel mirino per due bandi targati Consip, del valore complessivo di oltre 160 milioni, per il noleggio e l’acquisto di oltre 8 mila macchine, tra vetture protette, ovvero blindate, auto grigie e blu, motociclette e mini-van.
Un’autentica abbuffata, insomma, che fece scalpore anche perchè si stava consumando sotto il naso degli anti-casta.
Nel 2019 i dati sulle auto blu sono stati forniti da 8.366 enti (si erano fatti avanti in 6.884 l’anno precedente) su un totale di 10.164 amministrazioni coinvolte dall’indagine. Come detto sono soprattutto sindaci, governatori, assessori comunali e regionali a fare uso oggi delle auto blu.
Sono circa 160 le vetture di Stato parcheggiate nei cortili dei ministeri e della presidenza del Consiglio, di cui 70 blu. Nei garage dei Comuni se ne contano invece più di 16 mila: il Comune di Roma, con oltre 100 mezzi, figura tra quelli più forniti.
Le Regioni dispongono di almeno 1.500 autovetture, di cui un terzo sono blu. Proliferano in Campania (una cinquantina in tutto tra giunta e Consiglio regionale) e Calabria (sopra quota cinquanta), ma anche in Molise (dove sono circa venti).
Come mai? La quasi totalità  delle amministrazioni centrali ha un parco auto in uso esclusivo e non esclusivo con autista pari a o inferiore a 5 autovetture, tetto fissato nel 2014 ma che vale, appunto, solo per le amministrazioni centrali.
Ecco perchè nei Comuni di Milano, Napoli e Palermo la Funzione Pubblica nel 2019 ha contato 17 auto blu

(da “NextQuotidiano”)

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GIA’ A DICEMBRE 2019 ALMENO 110 CASI DI COVID-19 IN VAL SERIANA

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

E’ QUANTO EMERGE DALL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI BERGAMO… NELL’OSPEDALE DI ALZANO LO SCORSO INVERNO POLMONITI “STRANE”

A dicembre 2019 la Val Seriana era già  impestata dal coronavirus. Senza saperlo. O meglio: senza conoscere il nome del nemico invisibile. Che stava già  picchiando sui polmoni come pure accadeva a Wuhan in Cina: dove però il nemico, Sars Covid 19, era già  stato battezzato dalla medicina e dalle autorità  (inizialmente restìe nel comunicarlo al mondo).
E l’epicentro dei contagi era proprio Alzano Lombardo con il suo ospedale Pesenti-Fenaroli, dove alla fine dello scorso anno c’erano già  40 persone ricoverate per virus non riconosciuti. Che inizieranno a essere identificati e chiamati con il loro nome solo dal 23 febbraio. Più di due mesi dopo.
L’inchiesta
È la novità , clamorosa, che sta emergendo dall’inchiesta della procura di Bergamo che indaga sulla mancata istituzione della zona rossa proprio in Val Seriana, sulle Rsa, sulla chiusura-riapertura lampo dell’ospedale di Alzano e sui mancati dispositivi di protezione per gli operatori sanitari e i medici di base.
Il pool di magistrati guidati dalla pm Maria Cristina Rota in tutti questi giorni non ha mai smesso di sentire medici, dirigenti ospedalieri e di aziende sanitarie, farmacisti (oltre ovviamente ai politici e ai vertici di Confindustria Bergamo e Lombardia). E di acquisire documenti.
Dall’incrocio tra le carte – in particolare dai dati forniti dall’Ats -, e le testimonianze raccolte, prende forma l’ipotesi, fondata, che quello che è andato storto in Lombardia – in particolare nel secondo e più violento focolaio del coronavirus (la bergamasca Val Seriana), ha a che fare con una sottovalutazione nemmeno breve del virus.
Che aveva iniziato a aggredire ben prima di quanto Regione Lombardia e governo centrale abbiano comunicato (fino ad ora sapevamo soltanto che un mese prima di Codogno, Roma aveva avvertito la Regione del pericolo, ma la Lombardia non informò i dottori).
La ricostruzione
Proviamo a spiegare cosa (non) è successo. L'”illuminazione” ai magistrati è venuta concentrandosi su tutte quelle polmoniti sospette che – nell’ospedale di Alzano, lo attestano ora i referti forniti dall’ Ats, acquisiti dalla procura – sono state diagnosticate tra novembre 2019 e gennaio 2020. Almeno 110.
Polmoniti che, però, per le circolari ministeriali non erano da “tamponare”. Il motivo lo ha raccontato Repubblica: la discrepanza tra le circolari diffuse dal ministero della Salute sui “Covid sospetti”.
Circolari acquisite dalla pm Rota quando si reca a Roma per interrogare il premier Conte e i ministri Lamorgese e Speranza. Le linee guida, tra la prima versione del 22 gennaio, e quella del 27 gennaio, cambiano: inizialmente si raccomandava di considerare un caso sospetto anche “una persona che manifesta un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un’altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica”.
Poi, il 27, il criterio protocollare viene rivisto con l’introduzione di una variabile fondamentale: i casi sospetti, oltre ad avere sintomi, devono anche avere “una storia di viaggi nella città  di Wuhan (e nella provincia di Hubei), Cina, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia” oppure aver “visitato o ha lavorato in un mercato di animali vivi a Wuhan e/o nella provincia di Hubei, Cina”.
I dati
Gli effetti di questo “cambio di passo” sull’impatto del Covid nella bergamasca (6mila morti, 670 solo a Bergamo) si capiranno solo dopo. Ma a “parlare”, adesso, sono i numeri. Dai dati forniti agli inquirenti dall’Ats di Bergamo si evince che già  a fine 2019 una quarantina di persone erano ricoverate in ospedale ad Alzano per virus sconosciuti. Nessuno lo sapeva, ma molti erano, quasi certamente, casi Covid. Si riveleranno più tardi. Sessanta giorni dopo. E però: le linee guida emanate poi da Roma prevederanno, appunto, che i “sospetti” non dovessero essere trattati come potenziali Sars Covid. In Val Seriana i medici (soprattutto di base) un forte dubbio ce lo avevano. Ma anche loro erano evidentemente disorientati. Adesso i primi tasselli vanno al loro posto. Dai dati di Ats Bergamo e Asst Bergamo Est (ne è entrato in possesso anche il consigliere regionale Niccolò Carretta) emerge con forza il picco di polmoniti “atipiche” o “non classificabili” già  a dicembre. Ad Alzano.*
Tra gennaio e febbraio l’impennata aumenta. Fino ad arrivare al 23 febbraio: quando il coronavirus viene individuato ufficialmente nella Bergamasca (due giorni dopo l’emersione del Paziente 1 a Codogno). Quanti ricoveri ci sono stati, nei mesi precedenti a quel 23 febbraio, con diagnosi in codice 486 (“polmonite, agente non specificato”)? Centodieci, a partire da novembre 2019. Un altro elemento importante finito sul tavolo della procura: il racconto dei farmacisti (soprattutto comunali).
Le polmoniti anomale
A partire da dicembre fino a fine febbraio – hanno riferito – , c’è stata una massiccia, abnorme uscita di farmaci prescritti dai medici per polmoniti anomale (anche per bambini). A tal punto che a fine febbraio le farmacie non ne avevano più. Si tratta degli stessi farmaci poi inseriti nel protocollo farmacologico per la cura del coronavirus. In sostanza: l’ipotesi fondata dei pm (al di là  della questione della chiusura-riapertura lampo dell’ospedale di Alzano il 23 febbraio) è che già  alla fine di dicembre 2019 il cuore della val Seriana fosse già  infettato dal Covid (in forma, è vero, ancora “anonima”). Che lo sapessero i medici, l’Ats, e dunque Regione Lombardia. Ma che, nonostante la situazione richiedesse adeguati e mirati interventi, queste misure siano state differite.
Fino all’inizio del disastro (fine febbraio). A cui ha poi contribuito la mancata istituzione della zona rossa. “Ricordare i morti è riflettere sugli errori commessi”, ha detto Sergio Mattarella domenica sera prima della commemorazione per le vittime Covid al cimitero di Bergamo. Un monito che a molti è suonato come un forte impulso alle attività  di accertamento della verità  da parte della magistratura.

(da agenzie)

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LA SCUOLA DEI LEGHISTI NEL CLUB DEGLI “AMICI” DEI BOSS CALABRESI

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

IL CORSO DI FORMAZIONE POLITICA DELLA LEGA IDEATA DA ARMANDO SIRI SI E’ TENUTO DOMENICA ALLO SPORTING CLUB DI BASIGLIO, GESTITO DALLA FAMIGLIA STILO, IN RAPPORTO CON LA COSCA DEI MANCUSO

Davide Milosa sul Fatto Quotidiano di oggi parla della Lega di Matteo Salvini, che due giorni fa ha tenuto l’ultimo atto della propria scuola di formazione politica nei locali dello Sporting Club di Milano 3, struttura costruita negli anni 80 da Silvio Berlusconi e gestita oggi dalla famiglia calabrese degli Stilo, i cui rapporti con personaggi legati alla cosca Mancuso sono illustrati dalle annotazioni del Ros.
Gli atti fanno parte di un fascicolo della Procura di Milano chiuso nel settembre scorso con diversi arresti in relazione a fatti corruttivi in alcuni Comuni dell’hinterland. Tra le varie informative ve ne sono alcune che spiegano i contatti tra Francesco Giuseppe Stilo, detto Pino, con l’entourage di uno dei clan più potenti della Calabria. Per questo lo stesso Stilo sarà  indagato per mafia dalla Dda di Milano e successivamente archiviato. Nonostante ciò, restano nero su bianco i suoi rapporti con personaggi del clan di Limbadi, in particolare con l’ala che fa riferimento al boss Pantaleone Mancuso detto Scarpuni.
All’ultimo atto della scuola di formazione nei locali dello Sporting affittati e regolarmente pagati dal partito, c’erano quasi tutti i big della Lega.
A partire dal segretario Matteo Salvini, salito sul palco per salutare i corsisti arrivati da tutta Italia pagando un gettone di 500 euro l’uno.
Ci risiamo, dunque. Perchè dopo l’abbraccio al capo della curva del Milan Luca Lucci (era il 2018) che aveva appena patteggiato una condanna per droga, ora il Capitano presenzia a un evento del suo partito organizzato in un luogo da anni nel mirino dell ‘Antimafia di Milano.
Oltre a lui, c’era l’ex sottosegretario leghista del ministero Infrastrutture e Trasporti, già  indagato a Milano per autoriciclaggio, Armando Siri, ideatore della scuola di formazione promossa da Salvini.
Stilo, intercettato, elenca i locali gestiti dalla cosca. “In questo modo —scrive il Ros —dimostra di essere aggiornato su questioni riservatissime e illegali riguardanti i Mancuso a cui, di norma, hanno accesso esclusivo solo i membri del sodalizio ‘ndranghe tistico”. Contatti con persone vicine ai boss, ma anche amicizie nel mondo dell ‘imprenditoria e della politica lombarda. Certificati i rapporti tra Stilo e Norberto Achille, ex presidente di Ferrovie nord già  condannato per peculato in un’altra indagine. Il Ros definirà  Achille (mai indagato) “socio occulto” dello Sporting.

(da agenzie)

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A MONDRAGONE SALVINI HA PARLATO SENZA MASCHERINA CON UN UOMO IN QUARANTENA

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

ALLA FINE ANCHE UNA STRETTA DI MANO, IN BARBA ALLE NORME ANTI-COVID

Assembramenti, mascherine abbassate e distanze sociali poco rispettate: è stato un pomeriggio molto intenso quello vissuto quest’oggi a Mondragone per l’arrivo del leader della Lega Matteo Salvini, per il primo dei due giorni dedicati al territorio casertano (domani sarà  infatti atteso a Castel Volturno).
Ma è polemica anche per qualche stretta di mano di troppo e per un lungo dialogo con un uomo in quarantena che proprio Salvini non ha temuto di avere, davanti alle palazzine ex Cirio.
Il pomeriggio di Mondragone è iniziato subito in maniera “movimentata”, quando cioè sono iniziate le prime contestazioni in vista dell’arrivo del leader della Lega. La situazione era sembrata tutto sommato sotto controllo, poi all’arrivo di Matteo Salvini gli animi si sono resi subito incandescenti, tanto che la polizia ha dovuto effettuare alcune cariche di alleggerimento per allontanare i manifestanti.
Poi lo stesso comizio di Salvini è saltato (“hanno tagliato i cavi elettrici”, ha poi spiegato lo stesso ex ministro dell’Interno), ma la situazione è peggiorata ulteriormente, e si sono registrati ulteriori scontri, con manganellate che hanno raggiunto anche i cronisti presenti. Poco prima, invece, Salvini si era fermato per parlare con alcune persone, tra cui un uomo che si trova in quarantena da quando è stato scoperto il mini-focolaio di Mondragone (che oggi ha fatto registrare altri 23 casi, che si aggiungono ai 43 già  scoperti nei giorni scorsi). Nel discorso con l’uomo, Salvini ha ascoltato le sue ragione di “recluso” in casa, aggiungendo poi che “il motivo per cui sono venuto è questo, dare voce ai cittadini per bene”. Alla fine c’è stata anche una stretta di mano tra i due, prima che Salvini si allontanasse verso il comizio che poi sarebbe saltato poco dopo.

(da “Fanpage“)

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CACIOSCIACALLO

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

LA FUGA DI SALVINI DA MONDRAGONE E’ IL FRUTTO DELL’ODIO CHE SPARGE, SI ABITUI A ESSERE CONTRACCAMBIATO, SIAMO SOLO ALL’INIZIO

I centri sociali li paragona ai clan, perchè “evidentemente alla camorra dà  fastidio che qualcuno parli di legalità ”: parole di un imputato per un reato aberrante come il sequestro di persona aggravato.
Da anni (da sempre?) Salvini porta avanti campagne di odio nei confronti di gruppi sociali per lucrare politicamente e quando siede al ministero dell’Interno “dimentica” di sgomberare i palazzi Cirio, così come ha “dimenticato” che poteva fare la flat tax mentre faceva cadere il suo governo tra un mojito e l’altro al Papeete.
Davvero è così strano che ieri non l’abbiano fatto parlare e gli abbiano tirato dell’acqua?
Matteo Salvini ieri a Mondragone si è ripreso indietro l’odio che sparge come era prevedibile dall’accoglienza che gli stavano preparando già  dal mattino e come in fondo prevedeva anche lui, visto che da qualche tempo è impegnato nella strategia della vittima.
Racconta oggi Dario Del Porto su Repubblica che quando il cronista di Repubblica gli ha chiesto dell’opportunità  di organizzare un appuntamento del genere in queste condizioni, in questo luogo e in questo momento, Salvini aveva già  preparato la risposta: «E perchè? Siamo in democrazia, c’è diritto di parlare. Mi sembra una domanda mal posta onestamente».
Quando gli domandano se, da ministro dell’Interno, abbia affrontato il dramma del rione dormitorio della ex Cirio, Salvini dice: «La Campania è stata la regione che ha avuto più soldi e più uomini delle forze dell’ordine. Situazioni come questa le abbiamo risolte in altre regioni d’Italia».
Traduzione più sintetica. No, non lo ha fatto. Però oggi ci specula perchè accusa qualcun altro di doverlo fare.
Sì, è violento togliere il diritto di parola a qualcuno.
Come è violento andare a citofonare a un poveraccio accusandolo di essere uno spacciatore durante la campagna elettorale (e sarebbe violento anche se fosse davvero uno spacciatore).
Così come è violento inventare fregnacce sul Coronavirus creato in laboratorio per sfruttare l’edgerank di Facebook e conquistare visualizzazioni e poi non rettificare alcunchè di fronte alle smentite unanimi di tutti quelli che ne capiscono un po’ più di niente.
Così come è violento e criminale inventare che il ministro dell’Economia “ha firmato il MES” e gettarlo in pasto al popolo ben sapendo che non solo non è vero, ma è proprio impossibile.
O inventare che i bambini andranno a scuola nel plexiglas terrorizzando i genitori anche se è falso.
Da anni (da sempre?) Salvini porta avanti campagne di odio nei confronti di gruppi sociali per lucrare politicamente e quando siede al ministero dell’Interno “dimentica” di sgomberare i palazzi Cirio, così come ha “dimenticato” che poteva fare la flat tax mentre faceva cadere il suo governo tra un mojito e l’altro al Papeete.
Da anni il Capitano utilizza qualsiasi metodo per guadagnare voti e scappa davanti alle responsabilità  di un politico, tra le quali ci sarebbe anche quella di evitare di farsi vedere senza mascherina in un momento in cui, come dice il governatore della Lombardia Attilio Fontana, è necessario essere responsabili.
Un’altra scena in cui c’è tutto Salvini l’ha raccontata stamattina Repubblica:
Salvini cammina con la mascherina tricolore abbassata al di là  del confine della zona rossa delimitata dopo la scoperta dei focolaio. Quando glielo fanno notare, il Capitano se la ride e scavalca una fioriera, portandosi al di qua dell’area a rischio. «Così lui è contento», dice.
Ecco, Salvini è questo qui. Davvero è strano che ieri non l’abbiano fatto parlare e gli abbiano tirato dell’acqua?

(da “NextQuotidiano”)

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DECRETI SICUREZZA, TRIZZINO (M5S): “ANTICIPARE LA RIFORMA SI PUO'”

Giugno 30th, 2020 Riccardo Fucile

” I TEMPI SONO STRETTI”… IN CAMBIO DEL NO AL MES IL M5S APRE ALLE MODIFICHE AI DECRETI SICUREZZA

Giorgio Trizzino, deputato del M5S, oggi al Viminale c’è un nuovo vertice di maggioranza sui decreti sicurezza. Lei sarebbe favorevole ad anticipare le modifiche a prima dell’estate come propone il Pd?
“Se c’è spazio perchè no? Ci sono però dei provvedimenti urgenti e molto voluminosi come il decreto rilancio che ci porteranno via parecchio tempo, quindi sarà  molto difficile inserire anche le modifiche ai decreti sicurezza. Sulla necessità  di riscriverli, seguendo anche le indicazioni del presidente Mattarella, ne sono stato convinto dal primo momento: all’epoca non li votai e uscii dall’aula, alcune parti erano impossibili da digerire in un contesto democratico”.
La posizione della maggioranza del Movimento è però di rinviare a settembre.
“Ripeto, c’è un problema oggettivo di tempi. Se pure i provvedimenti uscissero oggi dal governo e approdassero in commissione e poi in aula, passerebbero non meno di due mesi. Non ce la faremmo prima di settembre”
Non sarebbe meglio anticipare proprio perchè l’estate è il periodo in cui gli sbarchi si intesificano
“L’estate non è il vero tema della questione”.
Nella richiesta di rinvio non c’è nessun calcolo elettorale?
“No, se non ci fosse stata l’emergenza Covid avremmo già  concluso l’iter”.
Da un lato c’è il no di Conte al Pd sul Mes, dall’altro il via libera del M5s alle modifiche ai decreti sicurezza. Si può parlare di un baratto?  
“Questo termine in politica esiste ma non può essere la strada su cui costruire cose buone. La sicurezza del Paese è un aspetto che va tutelato nel modo corretto. D’altro canto attingere a risorse economiche che non siano onerose per il Paese è altrettanto importante. Non metterei le due questioni sullo stesso piano, sono temi che viaggiano in parallelo”.
Lei è favorevole al Mes?
“Sul Mes non ne faccio una questione ideologica: se questi fondi sono indirizzati a una ricostruzione della Sanità  e viene scritto chiaramente dall’Europa che gli interessi saranno bassissimi, non vedo per quale ragione non dobbiamo accettarli”.
Nel merito dei contenuti, è soddisfatto delle modifiche ai decreti sicurezza?
“Da un lato bisogna incidere sul sistema carcerario, l’altro aspetto è quello dei migranti, per i quali bisogna ripristinare centri di accoglienza che garantiscano formazione e vera integrazione”.

(da agenzie)

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