Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
LA PORTAVOCE DI SEA WATCH: “GLI SBARCHI AUTONOMI NESSUNO LI VOLEVA VEDERE PRIMA, ERA PIU’ FACILE DIFFAMARE LE ONG”… “QUESTO GOVERNO NON E’ DIVERSO DAL PRECEDENTE, CI BLOCCANO IN PORTO CON PRETESTI AMMINISTRATIVI”…”18 INCHIESTE SULLE ONG SENZA ESITO”
Giorgia Linardi, portavoce della organizzazione non governativa Sea Watch, parla con HuffPost degli sbarchi sulle nostre coste ai tempi del Covid, sbarchi che dimostrano quanto l’accusa di essere dei “taxi del mare” fosse esclusivamente strumentale.
Quello dei migranti è al solito un tema che agita non poco il governo, che lei ritiene “non in discontinuità con quello precedente” sia sulla Libia che sul rapporto con le organizzazioni non governative.
Tra le misure in arrivo, certo, c’è lo stop alle multe amministrative per le Ong, percepito da alcuni osservatori come il segnale di un cambio di rotta. Ma da solo non basta: “Peccato che ad oggi ci siano ben quattro navi in fermo amministrativo”.
Ci aiuti a sfatare un mito. L’Ispi con un recente fact checking ha scoperto che il presunto ‘pull factor’ delle Ong non trova riscontro nei dati. In particolare sulle coste libiche, la presenza o meno delle navi di pronto soccorso al largo praticamente non influisce sul numero dei migranti partiti.
Ci sono anche altri studi, come quello effettuato dallo European Institute, che dimostrano che la correlazione non c’è. In realtà si tratta di un assunto piuttosto logico che però è diventato necessario dimostrare perchè la politica ha fatto della parola pull factor uno dei suoi motti di propaganda più forti negli ultimi anni.
Oggi infatti si parla più di arrivi con barchini. Tutto il clamore sollevato dal precedente governo, ad esempio sulla comandante della Sea Watch Carola Rackete, che un anno fa venne arrestata a Lampedusa per avere raggiunto il porto nonostante il divieto delle forze dell’ordine, era stato nient’altro che strumentale?
“Era propagandistico, perchè è chiaro che avere in mare la presenza di navi umanitarie che denunciano quella che è la situazione, è scomodo. È evidente che non è la presenza da anni di qualche nave tra l’Africa e l’Europa che può determinare i flussi migratori tra i due continenti. Solo dirlo fa capire come non sia assolutamente possibile. Detto questo, il clamore è servito per rafforzare il sentimento di diffidenza da parte dell’opinione pubblica nei confronti delle Ong e del loro lavoro nel voler contestualmente portare avanti una politica di contenimento in Libia che di fatto non propone nessuna soluzione alternativa sostenibile che tenga conto minimamente della salvaguardia della vita umana
E adesso com’è la situazione?
Gli investimenti che stiamo facendo come Italia e come Unione europea in Libia per ciò che riguarda la migrazione è rivolta solo al contenimento, ma senza focalizzarci sulla costruzione di alternative sicure e comunque al costo del sacrificio di queste persone perchè il contenimento avviene in un paese in guerra, dove da anni è noto il trattamento riservato alle persone migranti.
Rispetto al tema del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina o di altri reati, dei 18 filoni di inchiesta che sono stati aperti nei confronti di Ong dal 2017 a oggi, 5 sono stati archiviati, mentre dei 13 che restano, nessuno è ancora arrivato in tribunale, sono tutti ancora fermi alle indagini. Che significato gli dà ?
Non è normale che ci siano tredici indagini sulle Ong, questo fa capire come si sia voluto a tutti i costi indagare per dimostrare l’esistenza di una collusione con i trafficanti. Normalmente la giustizia non funziona così, è chiaro che tutta questa attenzione alla nostra attività è stato politicamente orientata. Clamorose erano state le dichiarazioni del Procuratore Zuccaro che parlava senza nemmeno avere alcun elemento in mano, cosa talmente grave che infatti era stato ripreso dal Csm. Il fatto che nessuna di queste indagini sia ancora arrivata alla fase di processo credo che si commenti da sè.
Restando nell’alveo dell’immigrazione clandestina, voi come operate?
Noi soccorriamo le persone in mare e la prima cosa che facciamo è informare le autorità . Siamo stati indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in casi in cui dopo aver informato le autorità siamo stati lasciati in mare per settimane senza poter approdare in un porto, e insistendo quotidianamente con le autorità perchè si assumessero la responsabilità della presa in carico della situazione. Come si fa a lanciare delle accuse a organizzazioni che per prima cosa non fanno altro che chiamare le autorità per informarle? È un controsenso, la magistratura dovrebbe indagare come mai le autorità ci negano l’aiuto, quando dovrebbero farlo per legge.
L’Unione come si è mossa nel coordinamento di lockdown e apertura/chiusura delle frontiere?
A livello europeo è evidente che il tema è stato utilizzato per incrementare il sentimento di diffidenza e chiusura nei confronti di chi arriva da fuori. Si vedano gli obblighi di quarantena per gli equipaggi delle navi Ong anche se non si sono riscontrati casi positivi.
E sulla determinazione delle condizioni di salute di chi arriva in maniera irregolare rispetto a chi arriva in maniera regolare?
C’è stata grande attenzione per i migranti, con test sistematici e quarantene, mentre tra coloro che arrivano come turisti o per lavoro, 4-5.000 persone ogni settimana, dai punti più colpiti in Italia da Covid, nessuno viene controllato. Questo denota un tipo di atteggiamento e di approccio diverso nei confronti di determinate categorie che arrivano per motivi differenti.
La pandemia è stata utilizzata in maniera strumentale?
Sì. Basti vedere il decreto del 7 aprile, che proprio in concomitanza della partenza della nave Alan Kurdi verso la zona di soccorso si dichiarò porto non sicuro, travolgendo la normativa internazionale, di fatto equiparandosi a un paese come la Libia, che però davvero non è un porto sicuro. Noi siamo il paese che respinge le persone che arrivo da luoghi in cui vengono bombardati ospedali, quindi non preoccupandoci della loro salute, se vogliamo vedere la questione dal punto di vista sanitario. Il Covid non può essere la scusa per condannare a morte le persone, anche perchè si usano tutte le cautele, si fanno tamponi e quarantene, come abbiamo già detto.
Adesso in Italia si sta rialzando l’allerta sugli arrivi. L’esperienza di governo precedente era stata interrotta proprio a causa dei decreti sicurezza, visti come scempio. E adesso cosa sta accadendo?
L’attuale governo sta assumendo un atteggiamento contraddittorio, che è politico, nel senso che ha in sè una parte, rappresentata dai 5 stelle, che aveva al tempo approvato e voluto quei decreti. Ora il lavoro sui decreti è molto lento, compromissorio, che però non è sufficiente quando parliamo di norme che, per ciò che riguarda l’attività di soccorso in mare, stravolgono principio di diritto internazionale.
È sufficiente intervenire sui decreti sicurezza di Salvini?
Ci sono molti elementi, oltre i decreti sicurezza, che dimostrano che questo governo sul tema immigrazione non sta prendendo una direzione molto diversa dal precedente. I toni si sono abbassati, ma non è sufficiente.
Ci spiega meglio?
L’attuale governo ha rinnovato gli accordi con la Libia che prevedono il respingimento delle persone che da lì scappano per farli finire in lager, inoltre due settimane fa è stata rifinanziata la missione destinando milioni di euro alla guardia costiera libica per il respingimento forzato delle persone dove poi versano nelle condizioni che tutti conosciamo. È chiarissima la posizione di non discontinuità di questo governo da quello precedente nel rapporto con la Libia, ma anche nelle ispezioni accanite sulle navi delle Ong per ostacolarne la presenza in mare, tant’è che in questo momento ci sono quattro navi in stato di fermo amministrativo. Mi dica lei qual è la differenza.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
FINANZIAMO I CRIMINALI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA E NON SIAMO IN GRADO DI AIUTARE UN PAESE AMICO, ANZI GLI TOGLIAMO PURE GLI AIUTI FISSATI PER LA COOPERAZIONE
Che la Tunisia stia affrontando un crinale molto complicato della sua storia recente è innegabile. Che nelle ultime settimane si sia registrato un incremento sostanziale delle partenze — con un’evoluzione problematica della logistica di tali partenze — in particolar modo dalle aree intorno a Zarzis, Sfax, Sousse e Nabeul e dalle isole Kerkenna lo è altrettanto.
Che la Tunisia sia sull’orlo del collasso politico-economico sistemico che ha conosciuto l’Albania all’inizio degli anni Novanta, e che ha causato un’ ondata migratoria senza precedenti, quello è invece un tentativo alquanto maldestro di securitizzare ulteriormente una questione che dovrebbe essere invece gestita politicamente, e compresa nelle sue sfaccettature. Che sono molto più variegate di quanto gli italiani pensino.
Queste narrative non aiutano i rapporti bilaterali: essere dipinti come un paese in via di disfacimento non è apprezzato a Tunisi, anche perchè la Tunisia in effetti non è un paese in disfacimento.
È un paese che, nel 2020, affronterà la peggior recessione della sua storia indipendente a causa del Covid-19. È un paese che nel corso degli ultimi 10 anni ha visto (non) crescere il suo Pil, con media annuale dello 0%, come notato dall’ex governatore della banca centrale giusto qualche settimana fa. Ma non uno stato in via di fallimento.
È un paese dove le conquiste democratiche post-2011 sono a rischio per la prima volta, e dove l’impatto della crisi economica del Covid-19 può portare a un ritorno di un autoritarismo più o meno palese.
È un paese dove c’è un’ansia sociale marcata, che filtra e “esagera” le percezioni di paura e di instabilità . E questa ansia sta fomentando populismi vari: quello conservatore-sovranista, con vaghi richiami ad un pan-arabismo un po’ vetusto dell’attuale presidente Kais Saied, oppure i “populismi opposti” che stanno emergendo in questi mesi in Parlamento, con quegli attori politici nuovi estranei alla logica del consenso, che ha guidato le scelte di tutto il panorama politico tunisino nel corso degli ultimi dieci anni: il populismo nostalgico-modernista di Abir Moussi, la pasionaria benalista che sta emergendo sempre di più come idolo modernista contro gli islamismi vari ed eventuali che popolano il Bardo, e l’islamo-populismo dell’ambizioso e controverso avvocato Seiffedine Maklouf, passato dall’essere l’avvocato di molti membri di Ansar al-Sharia a leader di una nuova formazione islamista con venature radicali, la coalizione della Dignità .
Tutti questi tre attori, in un modo o nell’altro, rappresentano una sfida per l’attuale presidente del Parlamento, Rachid Ghannouchi, leader del partito islamista di EnNahda che della logica del consenso è stato uno dei pilastri. Certamente, la Tunisia rischia di vedere la propria transizione — o meglio, il proprio consolidamento democratico — sgretolarsi. Ma, nel corso degli ultimi anni, la Tunisia ha anche mostrato una resilienza fuori dal comune.
Molti decantavano il De Profundis della giovane democrazia tunisina già nel 2014, quando lo scontro tra EnNahda e il blocco modernista stava per far deragliare il paese, o nel 2015, quando la successione di attentati (Museo del Bardo, Sousse, Avenue Mohammed V a Tunisi) mise l’economia in ginocchio. Ma, nonostante ciò, la Tunisia è rimasta in piedi.
L’Italia dovrebbe capire che questo aspetto della sua narrativa sulla Tunisia è importante per avere relazioni proficue. A torto o ragione, i tunisini si sentono molto vicini agli italiani, non solo geograficamente. Per anni, i canali della Rai erano merce comune nelle case dei tunisini, la popolarità di personaggi come Raffaella Carrà o Pippo Baudo tra i tunisini di mezza età è sorprendente.
Ma, negli ultimi anni, in Tunisia, è cresciuta la percezione che l’Italia politica veda la Tunisia solo come barriera nella gestione delle migrazioni e non come un partner complessivo.
L’Italia ha mandato vari segnali non positivi, in questo senso: l’assenza di un rappresentante istituzionale di peso italiano ai funerali del presidente Beji Caid Essebsi giusto un anno fa — unico paese tra i paesi limitrofi che non mandò una delegazione di peso — ebbe un impatto devastante in questo senso, soprattutto se misurato rispetto alla risonanza del discorso che il presidente Macron fece in quella sede.
Le frecciate di Salvini da ministro degli Interni alla “Tunisia che ci manda i galeotti.”
Una certa passività , anche del nuovo esecutivo giallo-rosso, nel coinvolgere la Tunisia diplomaticamente, ad esempio sulla Libia.
Il problema di questa mancanza di attenzione, inoltre, è che svilisce anche il capitale di relazioni sociali ed economiche esistente, che è molto significativo: Eni, Terna, e tanti altri sono attori con un ruolo significativo, ed apprezzato, in Tunisia. Inoltre, c’è anche una contraddizione di fondo.
La Tunisia ha accordi per il rimpatrio con l’Italia sin dal 1998, rappresentando per anni paese modello da questo punto di vista. L’aumento delle partenze dimostra che la Tunisia ha difficoltà crescenti nel gestire il fenomeno.
Le cause sono tante: differenti priorità per le forze di sicurezza, dislocate in altri luoghi per gestire proteste crescenti; un quasi automatico “ritorno” delle partenze dopo mesi di confinamento; il tentativo di gruppi criminali di “sfruttare” a proprio vantaggio la crisi economica vendendo il sogno dell’eldorado europea.
In termini generali, che la Tunisia sia un paese (relativamente) sicuro, è abbastanza pacifico: basti vedere l’efficacia con cui la pandemia è stata gestita in Tunisia, con una prontezza che molti paesi europei non hanno avuto, ed è un paese dove i casi autoctoni di Covid-19 sono oramai ai minimi da mesi.
La narrativa standard si focalizza sulla presenza di giovani istruiti ma senza possibilità pronti ad affrontare il viaggio verso l’Europa — l’Italia — vedendo questa come unica alternativa. Questa è solo parte della verità . La realtà è molto più complessa e sfumata, e il fenomeno ha sfaccettature diverse.
Ad esempio, c’è la realtà della fuga dei cervelli, sentita come una vera e propria emergenza sociale di lungo periodo: è vero che i giovani tunisini istruiti hanno difficoltà ad accedere a buone opportunità lavorative in Tunisia, in particolar modo se non hanno legami di tipo familiare e personale con chi può aprire loro le porte di tali opportunità .
Ma queste giovani donne e uomini raramente si imbarcano. Essi emigrano con altri mezzi, andando principalmente in Francia, Germania e Canada.
Questa dinamica è sorprendente solo per chi non conosce bene la Tunisia: molti laureati tunisini parlano almeno tre lingue fluentemente, e il capitale umano è considerevole. In particolar modo gli ingegneri informatici tunisini sono figure professionali molto ricercate dalle aziende high-tech del mondo francofono. Tra le nuove generazioni, inoltre, l’inglese è sempre più utilizzato e la gioventù — in particolar modo urbana — tunisina è estremamente legata, e reattiva, alle tendenze culturali globali. L’Italia è però largamente esclusa da questi flussi.
Poi vi è la realtà della Tunisia sia come hub migratorio sia come paese di ricezione di migranti, in particolare dall’Africa saheliana e sub-sahariana. Questo è un fenomeno visibilmente in crescita. Molti di essi lavorano, spesso illegalmente, nel settore dei servizi e delle costruzioni. Alcuni si fermano in Tunisia, mentre altri utilizzano la Tunisia come tappa di passaggio per raccogliere i soldi per tentare l’approdo in Europa.
A vedere i numeri degli ultimi viaggi, essi però non rappresentano la maggioranza di coloro che stanno provando il viaggio dalla Tunisia
Vi è poi la realtà di coloro che provano il viaggio in mare, il popolo degli haraga — dal nome delle imbarcazioni — spesso di fortuna — utilizzate per la traversata. Questo mondo però è anche esso più variegato e diversificato di quello che si pensi, ed è in evoluzione. Molti sbarchi recenti sono avvenuti su piccole imbarcazioni private, relativamente nuove. La prossimità geografica permette viaggi del genere, soprattutto in condizioni climatiche buone.
Sui social italiani ha fatto molta specie la foto di un barboncino sbarcato insieme a tunisini che sembravano più turisti che altro. Caso limite, che ha scatenato le fantasie e ironie — spesso becere — degli internauti su come i migranti prendano “in giro” l’Italia.
In realtà , la giustificazione data dalla proprietaria del cane — “ho vissuto qui e volevo tornare” — si lega a un problema che chiunque è stato in Tunisia può misurare da sè: la frustrazione esistente tra tanti tunisini per la scarsità di opzioni legali per raggiungere l’Europa.
Ottenere un visto per un tunisino, anche solo temporaneo, è impresa molto ardua. Molti, quindi, provano direttamente la fortuna illegalmente. Ci sono poi varie tipologie di giovani, in genere tra i 18 e i 25 anni, che provano questi viaggi e le cui motivazioni sono varie. Adottare un modello unico è fuorviante.
Per alcuni, il viaggio non è necessariamente un tentativo di andare in Italia per stabilirsi, ma viene visto come una sorta di passaggio dall’adolescenza alla maturità , perchè in famiglia ci sono storie di parenti che hanno fatto viaggi simili in passato, quando era più facile e parte di una mobilità mediterranea di lungo periodo data quasi per scontata.
Vi è poi la realtà dei migranti economici, e quella esiste ed è destinata a rimanere un elemento costante, a meno che non vi sia un cambiamento radicale nell’economia politica tunisina.
Per le giovani e i giovani tunisini del sud e delle zone interne, spesso, tentare il viaggio di fortuna verso l’Europa è vista come un’opzione migliore che non cercare la fortuna a Tunisi o nei centri urbani del Sahel tunisino.
In Tunisia i sentimenti regionalisti sono particolarmente forti, sebbene vi sia una certa ritrosia nel parlarne pubblicamente. Il regionalismo ha un impatto sulla mobilità sociale. I tunisini del sud si sentono discriminati, sia socialmente sia dalle scelte di politica economica che, nei decenni, hanno penalizzato aree come Kasserine, Gafsa, Sidi Bouzid. Non è un caso che la miccia della rivoluzione nel dicembre 2010 sia esplosa in quest’ultima realtà .
I tunisini della capitale, invece, spesso si lamentano dell’arrivo in massa di gente dal sud e dalle zone rurali dopo la rivoluzione del 2011. Chi parla il dialetto del sud spesso è discriminato, e vi è la percezione che in Europa sia più facile partire da zero.
Poi vi è la realtà dei giovani che vengono dalle periferie disfunzionali di Tunisi, luoghi difficili come Hay Ibn Khaldoun, Ben Arous, Ettadhamen, Bahr Lazrag e via discorrendo. L’Houmani — appellativo in dialetto tunisino traducibile in italiano come “ragazzo di quartiere”, figura popolarizzata dall’hip-hop tunisino post-rivoluzione — è quel giovane che campa alla giornata, senza prospettive, non istruito: molti di essi, data la mancanza di prospettive, decidono di provare la traversata.
Cosa può fare l’Italia rispetto alla Tunisia?
L’idea di fermare completamente le partenze è irrealistica. Che la Tunisia possa fare di più e meglio per controllare i propri confini è vero. Però, il contesto attuale per la Tunisia è complicato. Il paese non è al collasso, ma al tempo stesso ha seri problemi economici e di ordine pubblico che lo rendo meno efficiente. Inoltre, come già detto, il messaggio che l’Italia ha mandato negli ultimi anni di visione della Tunisia esclusivamente come bastione contro i migranti riduce la capacità di Roma di influenzarne le scelte.
In tal senso, l’Italia può fare due cose.
In primis, lavorare per mandare il messaggio che la Tunisia non sia solo migrazioni e ricalibrare la narrativa sulla Tunisia in disfacimento: la Tunisia ha problemi, ma sono gestibili, in particolar se vi è una cooperazione intelligente e funzionale, in particolare con l’Italia.
E qui vi è la seconda opzione: l’Italia può lavorare con la Tunisia per alleviarne i problemi economici.
Il debito tunisino sta schizzando alle stelle, e nel 2021 la Tunisia avrà seri problemi a finanziarsi, soprattutto qualora non vi sia un nuovo accordo col Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che però avrà con un costo sociale elevatissimo se attuato.
L’Italia, essendo uno dei principali creditori tunisini, potrebbe muoversi per guidare un fronte lanciando una proposta di rinegoziazione dei termini di pagamenti del debito tunisino, cosi da dare respiro alle finanze pubbliche.
Inoltre, la Tunisia è impegnata in un negoziato con l’Unione europea sul cosiddetto “Deep and Comprehensive Free Trade Area (Dcfta)”, accordo che però ha ricevuto svariate critiche da parte tunisina. L’Italia potrebbe guidare un fronte per accogliere alcune delle istanze tunisine, cosi da dimostrare che l’interesse di Roma per Tunisi non si limita a controlli e rimpatri di migranti.
In tal senso, se il ministro degli Interni Lamorgese fosse stata accompagnata, nella sua toccata e fuga tunisina, dai ministri dell’Economia Gualtieri o dal ministro degli Affari Europei Amendola — con quest’ultimo che è probabilmente l’attore politico dell’attuale esecutivo con una percezione più chiara e sensibilità ‘ più marcata rispetto a problemi mediterranei che l’Italia deve affrontare — questa missione sarebbe stata più effettiva, e avrebbe mandato un messaggio diverso.
Ma si può ancora rimediare.
(da TPI)
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
MA LEGGA LE DICHIARAZIONI DEL PROCURATORE AGGIUNTO DI AGRIGENTO SALVATORE VELLA, ALMENO CAPISCE QUALCOSA DI COSA STA ACCADENDO
Pescatori tunisini che si trasformano in scafisti. Usando un sistema che sembrava abbandonato: quello della “nave madre’ che trasporta i migranti fino a poche miglia dalla costa e poi fa completare il viaggio su un barchino.
In un’intervista alla Stampa, il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella commenta l’aumento degli sbarchi di migranti provenienti dalla Tunisia.
Vella, insieme al capo dell’ufficio Luigi Patronaggio, ha coordinato l’ultima indagine che ha portato all’arresto di 23 tunisini durante un blitz della Guardia di finanza e della Guardia costiera di Lampedusa.
“Quell’operazione ci ha aperto un mondo” commenta, riferendosi al motopesca sequestrato: oltre al regolare equipaggio c’erano altre undici persone (forse a bordo per lavorare in cambio di un ‘passaggio’ per l’Italia) e cinque migranti che avevano pagato 1250 euro per fare la traversata.
Il sistema dei pescherecci, commenta, sembrava in disuso, ma forse potrebbe spiegare i nuovi sbarchi. “Sembra di essere tornati a dieci anni fa — dice Vella — con una differenza degna di nota. Prima i pescherecci viaggiavano senza reti o attrezzature proprio perchè in realtà dovevano solo trasportare i migranti, ora fanno sia i pescatori che gli scafisti. Abbiamo trovato a bordo reti, anche se asciutte, e un po’ di pesce”. Sono centinaia i barchini di piccole dimensioni arrivati in queste settimane a Lampedusa.
“Ogni giorno sequestriamo una trentina di barche — dice Vella alla Stampa — e trattiamo una ventina di arresti in flagranza, perchè si tratta di persone già espulse che provano a tornare in Italia prima del tempo”.
Arrivano quasi sempre tunisini, precisa Vella “quindi migranti economici che quasi mai possono avere protezione umanitaria anche se c’è chi prova a fare il furbo con stratagemmi”.
Il procuratore spiega che è difficile individuare i pescherecci con i migranti a bordo mentre attraversano il canale di Sicilia, confondendosi con le altre imbarcazioni. Non si notano nè dall’alto nè dalle altre barche, perchè i barchini a bordo dei pescherecci servono in ogni caso a stendere le enormi reti da pesca.
Sono ripresi il 16 luglio scorso – dopo lo stop dovuto al Covid – i voli di rimpatrio dall’Italia verso la Tunisia. Tre finora i charter: il 16, il 23 ed il 27 luglio; un altro è in programma domani. Complessivamente – si apprende da fonti del Viminale – un’ottantina i migranti tunisini rimandati in Patria.
La “macchina” si è quindi rimessa in moto, anche se per aumentare i numeri – visto l’imponente flusso migratorio in atto dal Paese nordafricano verso l’Italia – servirebbe un nuovo accordo con Tunisi
Quello a cui sta lavorando Lamorgese e che Di Maio sta affossando conla su incompetenza.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
DI MAIO IN OVERDOSE SOVRANISTA: INVECE CHE TROVARE UN ACCORDO CON LA TUNISIA PER LIMITARE GLI ARRIVI DEI MIGRANTI ECONOMICI E AUMENTARE I RIMPATRI, BLOCCA 9 MILIONI DI AIUTI PER LA COOPERAZIONE COSI’ LI FA PURE INCAZZARE… IL TUTTO MENTRE LAMORGESE STA TRATTANDO CON IL GOVERNO DI TUNISI
Un delirio. “Affondare, sequestrare, distruggere”. Luigi Di Maio sembra uno sceriffo quando appare in diretta Facebook a tarda sera per lanciare la sua nuova crociata contro l’immigrazione, contro i barconi, soprattutto quelli che in questi giorni stanno arrivando dalla Tunisia.
Una svolta securitaria di salviniana memoria per ritagliarsi nel governo uno spazio reazionario, quello che lui è ed è sempre stato
Anche chi come il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese pochi giorni fa è volata a Tunisi per aprire un canale di dialogo con il presidente Kais Saied e ottenendo l’impegno ad affrontare insieme l’emergenza, programmando aiuti per appoggiare un Paese in preda a una crisi economica mai vissuta prima.
Il ministro degli Esteri invece si muove nel verso opposto. chiude i rubinetti e chiede di tagliare i fondi della cooperazione internazionale destinati alla Tunisia, cosi sfascia tutto (è quelo che vuole da sempre)
Di Maio invia una lettera al comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo della Farnesina chiedendo di rimandare la discussione sullo stanziamento di fondi della cooperazione in favore di Tunisi: “Vi chiedo di sospendere questo stanziamento di 6,5 mln”
Mentre continua il silenzio di Giuseppe Conte sul tema, il ministro degli Esteri cavalca un tema divisivo anche dentro i 5Stelle. Tema che spacca letteralmente in due il partito, tra chi vorrebbe lavorare sull’accoglienza e riscrivere i decreti sicurezza secondo l’intesa raggiunta in maggioranza giovedì sera, e chi invece quell’intesa l’ha già sconfessata perchè troppo morbida con le Ong.
In pratica verrebbero abolite le multe amministrative e si tornerebbe alla situazione pre Salvini, ovvero con le multe solo in seguito a un processo penale, come ogni persona legalitaria e con un minimo di cervello e preparazione giuridica auspicherebbe.
Il reggente Vito Crimi, in questi giorni finito nel mirino per l’accordo stretto con il Pd sulle presidenze di commissione, prova a riconquistare terreno e va a Lampedusa. È viceministro dell’Interno e cerca di ritagliarsi un ruolo da protagonista sposando anche lui una linea dura: “Chi non ha diritto non può restare in Italia” (chissà che novità )
Su questo è d’accordo anche il ministro Lamorgese, per la quale è giusto che i migranti economici, come quelli tunisini, tornino nel loro Paese.
In attesa che Tunisi faccia il proprio dovere sui rimpatri, il ministro Lamorgese sta mettendo in atto tutte le misure per gestire sbarchi e accoglienza, in una fase resa ancora più complessa dall’emergenza Covid. Un primo passo è stato fatto: dopo 3 gare andate deserte è stato assegnato il bando con cui il Viminale puntava a reperire una nave dove far svolgere la quarantena ai migranti.
Davanti a Lampedusa, probabilmente già all’inizio della settimana prossima, sarà ancorata una nave della società Grandi navi veloci con mille posti: tolti quelli che dovranno essere riservati a personale di bordo, forze di polizia e croce rossa, ci saranno tra i 600 e i 700 posti per i migranti. I primi saranno quelli che sono nell’hotspot di Lampedusa e nel centro di accoglienza di Porto Empedocle, entrambi al collasso.
Il Viminale, inoltre, è alla ricerca di un’altra imbarcazione, di dimensioni minori, che sarà trasferita in Calabria. Sembra invece essere caduta l’ipotesi di una grande tendopoli da realizzare tra Mizzini e Militello, in Sicilia.
Sul fronte politico, come si è detto, l’intesa trovata ieri sera sulle modifiche ai decreti sicurezza (cancellazione delle sanzioni amministrative per le Ong, allargamento della possibilità di accedere alla protezione umanitaria, revisione del sistema di accoglienza Siproimi, possibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe comunale) è naufragata dodici ore dopo. Lo dimostrano la decisione di rinviare la questione al consiglio dei ministri a settembre ma soprattutto la presa di posizione di una parte del Pd e di una parte del Movimento 5 Stelle.
Tra i due fuochi c’è la ministra Lamorgese, che sta tentando di riallacciare il discorso con l’Europa. Va letto in quest’ottica l’incontro di oggi con il collega francese, il neo ministro Ge’rald Darmanin.
Una riunione “molto proficua” in cui Italia e Francia hanno avuto “piena condivisione” sulle proposte da portare a Bruxelles, quali: ripartire dall’accordo di Malta sulle redistribuzioni, dice Lamorgese, “che finora ha prodotto risultati importanti” e arrivare al vero nodo, una politica comune sui rimpatri. Presto il ministro tornerà a Tunisi con la commissaria europea Johansson. Nell’ottica di dialogo che lei sta cercando di intraprendere.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
75 FIRMATARI CRITICANO LA SCENEGGIATA DEL MODELLO GENOVA E SI SCHIERANO CON LE FAMIGLIE CHE HANNO PERSO I LORO CARI… UNO SHOW DI NANI E BALLERINI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE DI TOTI
“Solidarietà ai parenti delle vittime del crollo del Ponte Morandi. Non c’è nulla da celebrare“. Inizia così la lettera inviata oggi da 75 vigili del fuoco ai parenti delle vittime della strage autostradale del 14 agosto 2018.
“Noi vigili del fuoco genovesi e liguri firmatari di questa lettera esprimiamo la nostra solidarietà e condividiamo la vostra scelta di non partecipare alla cerimonia di inaugurazione del nuovo ponte. Non c’è nulla da celebrare, tanto meno da festeggiare”.
A firmare la lettera, molti pompieri che passarono ore sotto le macerie nella disperata ricerca di salvare delle vite e recuperare i corpi rimasti intrappolati nelle auto o sospesi nel vuoto
Oltre alla solidarietà con i parenti delle vittime, i vigili del fuoco firmatari entrano nel merito del dibattito sul cosiddetto ‘Modello Genova’: “Ciò che si apprestano a celebrare in pieno spirito di unità nazionale — si legge nella lettera — non è solo la ricostruzione di un ponte indegnamente crollato ma è il cosiddetto “modello Genova”, che vogliono estendere a tutta Italia con la scusa della crisi economica, cioè la costruzione di grandi opere infrastrutturali con ancora meno controlli, causa stessa dei disastri”.
Per chi sottoscrive la lettera, “nel settore delle costruzioni è molto più profittevole costruire nuove grandi opere che fare la manutenzione di quelle già esistenti e del territorio.Il ‘modello Genova’ è l’emblema del costruire e non manutenere”
“Noi vigili del fuoco vi salutiamo con un grande abbraccio — concludono i firmatari rispondendo rivolgendosi direttamente ai parenti delle vittime, che non parteciperanno alla celebrazione di inaugurazione prevista per lunedì — e sosteniamo la vostra scelta“.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
ESPERTI E SCIENZIATI SONO CONTRARI: UNA FOLLIA MENTRE I CONTAGI MARCIANO A 390 AL GIORNO
Da oggi i treni ad alta velocità ricominciano a viaggiare al 100% dei posti: niente più distanziamento sociale a bordo, ma mascherine (con obbligo di sostituzione dopo 4 ore), misurazione della temperatura e dichiarazione di non essere stati a contatto con persone positive al Coronavirus.
Non ci saranno più sedili vuoti di distanziamento a bordo dei convogli AV di Trenitalia e Italo. E questo nonostante la curva dei contagi stia crescendo ormai da qualche giorno e nonostante l’indice di trasmissibilità a livello nazionale sia pericolosamente vicino alla soglia di rischio da considerare elevata, ovvero 1.
Non solo: chi aveva già prenotato — raccontano anche molte testimonianze sui social — non avrebbe ricevuto nessuna comunicazione diretta rispetto al biglietto già acquistato.
«Una scelta che desta molta preoccupazione», commentano dal Comitato tecnico scientifico del governo secondo quanto riportato dall’Ansa. Una scelta presa senza avere ricevuto il parere del Cts.
Nessuna distanza neppure in Lombardia: da sabato fino al 10 settembre una nuova ordinanza regionale prevede che su treni, bus, tram e metropolitane locali e regionali sia consentita l’occupazione del 100% dei posti a sedere e del 50% dei posti in piedi, sempre con l’obbligo della mascherina.
Le condizioni previste — la misurazione della temperatura prima di salire a bordo dei treni, con termoscanner e termometri che ormai si trovano in ogni stazione dell’alta velocità , l’autodichiarazione di non essere stati in contatto con persone contagiate (un nuovo modello come gli ormai celebri dell’era del lockdown) e l’obbligo di indossare la mascherina a bordo cambiandola ogni 4 ore — erano già contenute in un decreto del presidente del consiglio firmato da Giuseppe Conte il 14 luglio.
Ma esperti e scienziati restano decisamente contrari” alla fine del distanziamento. Un nuovo Dpcm, che potrebbe contenere indicazioni — una armonizzazione, si dice dal governo — sul tema, non arriverà prima del 7 agosto.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
OGNUNO FA LE SCELTE CHE RITIENE GIUSTO FARE, MA PER COERENZA “CHI VIVE NEL PECCATO” ABBIA IL BUON GUSTO DI NON GIUDICARE GLI ALTRI, NON NE HA TITOLO… UN BUON PRINCIPIO E’ GUARDARE A CASA PROPRIA, “PRIMA I COERENTI”
Giorgia Meloni oggi pensa di essere divertente e di sfottere i diritti Lgbt con un tweet in inglese indirizzato alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che stamattina ha twittato: “I nostri trattati assicurano che ogni persona in Europa sia libera di essere quello che è, di vivere dove vuole, di amare chi vuole e di mirare in alto quanto vuole. Continuerò a spingere per un’Union Of Equality”, aggiungendo l’hashatg #Lgbti.
Replica, in inglese, la leader di Fratelli d’Italia: “Cara signora Von der Leyen, scrivendo #LGBTI ha discriminato diverse persone come Queer, Asessuali, Cisgender, Pansessuali e tutte quelle persone sensibili che si identificano con il simbolo +. È imperdonabile, mia cara bigotta!”.
Ammesso che i suoi elettori abbiano capito il senso del presunto humor, non ci risulta che la Meloni abbia mai avuto a cuore “la sensibilità ” e i diritti delle categorie che a suo parere sarebbero state escluse nel post della Von der Leyen.
Quanto al termine “bigotta” forse si riferisce all’elettorato che la Meloni cerca di intercettare appoggiando il peggiore ultraconservatorismo sedicente cattolico.
Ma per rappresentarlo, al di là del giudizio specifico, si richiederebbe un piccolo requisito; la coerenza.
E chi non è sposata e ha una figlia fuori dal matrimonio non ha titoli per giudicare le scelte degli altri e certamente non è un modello per gli ultra’ cattolici.
Lungi da noi discutere le sue scelte, ognuno è giusto che faccia quello che si sente, ma abbia il decoro di non giudicare gli altri.
La sintesi: farsi i cazzi propri è un ottimo rimedio per gli incoerenti.
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
“DA UE RISPOSTA STRAORDINARIA, ORA PROGRAMMA TEMPESTIVO E CONCRETO”
“Non entro nel dibattito politico, come è dovere di chi ricopre ruoli di garanzia”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella spiegando ai giornalisti di non poter rispondere a tutte le loro domande durante la cerimonia del Ventaglio.
La cautela sulla pandemia è un “richiamo prezioso e opportuno. C’è infatti la tendenza a dimenticare e a rimuovere esperienze sgradevoli. Forse non era immaginabile che la rimozione affiorasse cosi presto mente nel nostro Paese continuano a morire persone per il virus. E’ un motivo per non abbassare le difese”. “C’è un pericolo ancora attuale – ha ammonito – ci sono contagi e vittime”
“Esattamente 4 mesi fa – ha ricordato il Capo dello Stato – sono morti in un solo giorno oltre 800 concittadini. Non possiamo e dobbiamo rimuovere tutto questo, per rispetto dei morti, dei sacrifici affrontati dai nostri concittadini, con comportamenti che oggi ci permettono di guardare con maggiore fiducia. Altrove il rifiuto o l’impossibilità di quei comportamenti ha provocato o sta provocando drammatiche conseguenze”.
Mattarella è poi intervenuto sul delicato tema dell’istruzione. Uno “sforzo”, ha detto, per approntare “tutte le misure e le attrezzature” destinate alla scuola tenendo conto della non uniformita’ territoriale “dovrà essere fatto da tanti protagonisti della società e della politica”. “Ne va- aggiunge- della possibilità per le giovani generazioni di avere un futuro migliore e contribuire a futuro migliore”.
“E’ in gioco il futuro, un futuro che richiede determinazione. I nostri ragazzi hanno patito un anno di disagio. Il sistema Italia non può permettersi di dissipare altre energie in questo campo. Lo sviluppo della nostra società subirebbe un danno incalcolabile. L’apertura regolare delle scuole è un obiettivo primario. L’Italia deve raccogliere la sfida e deve essere fatto ogni sforzo”.
“Il mondo dell’informazione è stato interpellato dal virus e ha dato prova di esser stato al servizio dell’interesse generale e dei cittadini. Un ruolo di grande rilievo nel contrastare la pandemia. Un’opportunità forse inattesa che rilancia il ruolo del giornalismo. Ruolo opposto alle fabbriche della cattiva informazione, delle fake news. L’informazione professionale e di qualità è stata riconosciuta dai cittadini”.
“Chiusi nelle nostre case – ha ricordato il presidente della Repubblica – abbiamo pensato spesso che il dopo avrebbe dovuto essere necessariamente diverso. E’ una consapevolezza del bisogno di cambiamento che non riguarda solo la sfera personale ma che si registra nei rapporti tra Paesi diversi. Tutti esposti alla medesima fragilità . La risposta si è tradotta in esperienze di preziosa, reciproca solidarietà , e desidero ringraziare quei Paesi che hanno dimostrato amicizia all’Italia, così come ha fatto l’Italia”.
“L’ambito europeo – ha aggiunto – è la cornice entro cui collocare la sapiente difesa degli interessi dei nostri concittadini. In questo ambito noi italiani siamo chiamati a fare la nostra parte e a utilizzare le risorse nell’ambito di un programma tempestivo, concreto e efficace”.
“Le scelte del Consiglio europeo – ha sottolineato – hanno una portata straordinaria e manifestano un’ambizione di portata storica. Manifestano una consapevolezza: nessuno si salva da solo”. “E’ importante che questa nuova strada che l’Europa ha aperto non si richiuda in una visione miope” centrata “sugli aspetti piu’ contingenti ma che guardi al futuro . Vi è un’aspettativa ricca di fiducia”.
Le risorse, ma soprattutto “la qualità e le formule profondamente innovative” messe in campo dalle istituzioni comunitarie hanno una “portata straordinaria” e “hanno aperto la possibiità di una strada nuova alla integrazione europea”.
“Ora è importante che l’Europa non si rinchiuda in una visione miope che consideri solo gli effetti più contingenti della crisi ma guardi al futuro”. A sua volta, l’Italia è chiamata a varare un “programma tempestivo, concreto ed efficace di innovazione per recuperare le conseguenze negative della pandemia sul tessuto economico e sociale e avviare un consistente processo di crescita del nostro Paese. In questo è in gioco il futuro”.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2020 Riccardo Fucile
ANCHE DOPO CHE SALVINI HA RIPRESO A GIRARE LA LEGA CONTINUA A SPROFONDARE, ALTRO CHE COLPA DEL LOCKDOWN
Vi ricordate? Durante il lockdown dalle parti della Lega si giustificava il calo nei sondaggi del Carroccio con l’impossibilità da parte di Matteo Salvini di continuare i suoi tour in giro per l’Italia, sostenendo che una volta passata l’emergenza ci sarebbe stata una ripresa. Finora la ripresa non si è vista. Anzi.
Il trend dei sondaggi dice ancora una volta Lega in calo e Fratelli d’Italia in crescita. E nell’ultimo sondaggio di Cartabianca il Carroccio sprofonda.
Il Fatto Quotidiano dice che da quelle parti cominciano a preoccuparsi:
A preoccupare è soprattutto l’ascesa arrembante di Giorgia Meloni, che ormai si è messa in scia del Capitano. Pronta a mettere la freccia e via: sorpasso.
“Se succede prima delle Regionali, è la fine… ”, si dice in via Bellerio. I numeri, del resto, sono implacabili.
Sabato scorso Nando Pagnoncelli sul Corriere ha fotografato il Carroccio al 23,1%, contro il 34,3 delle Europee del 2019 e il 35,9 del luglio di un anno fa.
Fdi, invece, è passata dal 6,5% delle Europee al 18%. A soli 5 punti dagli ex lumbard . Significativi anche quelli di Youtrend, che fa la media di tutti sondaggi: la Lega per la prima volta dal 2018 è data sotto il 25, ovvero al 24,8%.
Il salto all’indietro più grosso per Salvini è stato tra marzo e aprile, in pieno lockdown, proprio quando cresceva la popolarità di Giuseppe Conte. Segno che la strategia politica della Lega sull’emergenza Covid non ha funzionato.
A terrorizzare Salvini, dicono, è l’effetto-Renzi: perdere tutto in pochi mesi, com’è accaduto al leader di Italia Viva.
In realtà non ci vuole un genio per capire che una leadership può anche nascere estremista, ma poi per sopravvivere deve moderarsi.
Il Capitano che va in giro a sfidare l’emergenza senza mascherina, a criticare l’Unione Europea mentre per una volta si firma un accordo in cui ci guadagniamo, a mettere i bonghi in sottofondo ai video degli sbarchi è un leader, sì, ma piccolo piccolo.
Mentre se si ripete la cantilena di Berlusconi perseguitato dalla magistratura ogni volta che un proprio esponente viene beccato con il sorcio in bocca si comincia ad annoiare. Il problema di Salvini, paradossalmente, è proprio Salvini. Chissà quando se ne accorgeranno a via Bellerio.
(da “NextQuotidiano”)
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