Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile “MA IL SUO VIROLOGO DI FIDUCIA NON HA DETTO CHE IL VIRUS NON C’E’ PIU?”
È caustico il commento del virologo Andrea Crisanti all’annuncio del presidente del Veneto
Luca Zaia su nuove restrizioni a partire da lunedì.
Davanti al nuovo focolaio di Vicenza, il docente dell’Università di Padova ha detto a Radio Capital: «Zaia si avvale in questo momento di due esperti, uno che coordina tutti i laboratori di microbiologia del Veneto, e l’altro che è il suo virologo di fiducia. Entrambi hanno firmato la lettera di Zangrillo che dice che il virus non ci sta più, e ora improvvisamente lo riscopre?».
Nella conferenza stampa di oggi, 3 luglio, Zaia ha duramente criticato il ritorno di comportamenti sbagliati per il contenimento dei contagi, a cominciare dagli assembramenti sempre più frequenti. Ma il presidente si è scagliato anche contro chi si rifiuta di sottoporsi ai tamponi, per i quali ha detto che «ci vorrebbe il Tso».
Ma per Crisanti più che il pugno duro, ci vorrebbe l’applicazione delle regole che già ci sono: «Ci sono disposizioni ministeriali per chi disattende le misure di quarantena. Zaia dice che non basta la multa di mille euro? Sarebbe interessante cominciare a farle, le multe».
Contro il nuovo focolaio e la minaccia che altri possano nascere, Crisanti ribadisce la bontà del metodo che finora ha evitato al Veneto scenari peggiori: «Non si tratta di fare ordinanze più severe o meno, ma di capire l’origine dei focolai e applicare le misure per spegnerli. La ricetta ce l’abbiamo: fare il tampone a tutti i contatti, amici, parenti e vicini. Non si sono altre ipotesi».
(da agenzie)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile “DESTRA POPOLARE MA NON POPULISTA”… “LA POLITICA E’ L’ARCHITETTO CHE COSTRUISCE IL PALAZZO, NON L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO”… “IN TUTTO IL MONDO UNA DESTRA LIBERALE NON SI ALLEA CON I SOVRANISTI”… “IL RAZZISMO FA SCHIFO, I VALORI CONTANO”…”SI DEVE TORNARE ALLA MERITOCRAZIA E AL CORAGGIO DI DECIDERE”
Nasce un movimento politico da un libro. Una sorta di scialuppa di salvataggio che proponga la “democrazia del dovere”, cioè la scelta della cultura contrapposta alla forza, la libertà di scelta alla propaganda ingannevole, la volontà alla rassegnazione, la ragione al sovranismo.
E’ questa la sintesi del senso della conferenza stampa che ha visto oggi Filippo Rossi impegnato a presentare, nella cornice dell’Hotel Nazionale di Piazza Monte Citorio, la Buona destra: il nuovo movimento politico che guarda alla realtà sociale, ai fatti.
In un Paese in cui un italiano su quattro non si interessa di politica ed uno su tre non vota ha un problema democratico.
Dalla conferenza stampa è emerso un chiaro connotato di destra popolare ma non populista. Con la presentazione del manifesto della ”buona destra”, Rossi si prefigge di intaccare l’asse unico utilitaristicamente contrapposto di presunta destra-presunta sinistra.
Per la buona destra non di deve avere timore di cercare le proprie radici negli aristoi, i migliori, per proporre agli elettori una nuova guida culturale e politica, perchè in Italia c’è bisogno di una forza politica di destra moderata.
Per Filippo Rossi, “se la politica, soprattutto a destra, insegue e non guida il popolo, allora non c’è cultura di destra e rimane spazio solo per un deleterio populismo sovranista. Il presente non guarda più al domani, al futuro, e la politica se non pensa al futuro non è politica”.
E ancora, “la politica è il donarsi in modo eroico ai figli, ai nipoti, a quelli che verranno e che non conosceremo mai. Si è ciò che gli avi hanno donato a queste generazioni. Quindi ci si deve domandare, le attuale generazioni cosa lasceranno a quelle future? Se la destra non è capace di salvare un bambino che muore in mare, se non sa fare di Roma una grande capitale mondiale, non è utile e non è destra. La politica è l’architetto che costruisce il palazzo, non l’amministratore di condominio”.
E’ stato chiarito che l’evento di presentazione del manifesto è solo la prima tappa di un processo che proseguirà in autunno con un appuntamento ufficiale che inizi a dare anche forme organizzative prima di un Congresso fondativo di quello che aspira a diventare un vero e proprio partito. Perchè c’è bisogno di partito di destra liberale, come accade in tutto il mondo dove le destre sovraniste e populiste sono distinte dalle destre liberali, tranne in Italia.
Questo percorso si concluderà con la partecipazione alle elezioni politiche e solo eccezionalmente, se ce ne sarà occasione, alle elezioni amministrative. Il risultato finale sarà la costituzione di un nuovo percorso politico per competere in alternativa alla destra populista e sovranista esistente, che per Rossi non è destra.
Ad esempio in Francia i Gollisti non votano Le Pen ma Macron. Per questo la Buona destra ha fatto una scelta di normalità , non è un partito leaderistico perchè si fonda prima sulle idee, vuole occupare uno spazio ideale. La destra “di pancia” esistente troverà nella “Buona destra” la rappresentazione della destra di cuore, che non sarà mai una “destra di testa”, tecnocratica.
Se la politica è scelta, allora per Rossi in Italia serve “una destra che dica la verità , con coraggio, dichiarandosi favorevole all’UE, al MES, respingendo invece politiche passate fondate sul clientelismo spicciolo fatto di 80 euro di mancia o di pensioni a quota 100”.
Poi Rossi sorprende, in tempi in cui si diffonde la vulgata in base alla quale uno varrebbe uno affermando in modo netto che “la destra non è orizzontalità , è verticalità . Il razzismo fa schifo ma i valori contano, e con responsabilità non si deve cavalcare la rabbia sociale, si deve governare”.
Serve quindi una destra che sappia decidere, che abbia il coraggio e non si vergogni di comandare perchè senza scelte non c’è politica. “Senza scelte si abdica alle decisioni, non le scelte della magistratura e della burocrazia, che non sono, per definizione, democratiche”.
Abbiamo chiesto, nel giro di domande della stampa presente, come la Buona destra supererà il blocco del sistema mediatico informativo
Per Rossi il modo è complicato ma non impossibile. Usa una citazione popolare. “La buona destra deve fare come l’ultimo Harry Potter, il quale dopo 19 anni di saga spiega al figlio che anche se il cappello magico sembra decidere in autonomia, in verità rispetta la persona che lo indossa, e in fondo lo porta esattamente dove c’è la volontà di andare. Non si sostituisce alla persona ma aiuta a realizzare le proprie convinzioni ed ambizioni. Torna il concetto di merito, dei migliori che guidino la politica per il bene comune, diffuso, condiviso tra tutti. E’ un Re Artù che guida e migliora il popolo perchè serve educazione che guidi le scelte con ragione, coscienza e passione. La comunicazione e i suoi blocchi si superano proponendo i migliori valori contrapponendoli alle fake news. Usare il coraggio per cacciare la paura, cattiva maestra e pessima consigliera. Si deve tornare al merito”.
Si cita persino la verità , che in politica è rivoluzionaria, liberatrice delle migliori energie.
Abbiamo quindi domandato, rifacendosi alla destra del passato, pre-democratica, quale tra Pareto e la sua circolazione delle elites e Michel con la sua legge ferrea delle oligarchie ispiri di più la Buona destra
Per Rossi “sono fondamentali i corpi intermedi, ridare centralità a questi per dare punti di riferimento alle persone. Sono le elites che costituiscono un’avanguardia. Specificando che per avanguardia intende quelle persone che sappiano tracciare il percorso politico da proporre alle persone per migliorare la vita associata, politica, senza lasciare indietro nessuno. L’avanguardia e quella che segna la strada, avanza in modo solitario per evitare il pericolo per tutti. Ritorna il concetto di migliori. Non si può essere radical chic, non si deve essere autoreferenziali”.
Torna il concetto di scelta, decisione conseguente e coerente, assunzione di responsabilità , e ciò è realizzabile grazie ai corpi intermedi e le elites, perchè “se una elites non sceglie, allora non è elites. Una scelta laica, avanguardista che si assuma il diritto dovere della decisione politica, cioè, in una democrazia rappresentativa che rappresenti e valga per tutti”.
(da “EcodaiPalazzi”)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile IL GOVERNATORE DEL VENETO: “COSI’ ANDIAMO ALLO SCHIANTO”… VUOLE IL CARCERE PER CHI VIOLA LE NORME SU MASCHERINE E DISTANZIAMENTO? ALLORA LO DICA A SALVINI
“Io non so a chi fare i complimenti” esordisce in conferenza stampa il governatore del Veneto
Luca Zaia. “Sta accadendo quello che vi avevo preannunciato: siamo passati dal rischio basso al rischio elevato. In Veneto abbiamo oggi un Rt di 1,63 mentre eravamo a 0,43”.
Zaia si riferisce al tasso di contagiosità del coronavirus: al numero medio di persone infettate da ciascun positivo.
L’indice è aumentato nell’ultima settimana nella regione, anche se l’epidemia resta nel complesso sotto controllo. Nelle ultime 24 ore il Veneto ha registrato 1 nuovi contagi. Nell’ultima settimana sono stati 31, in leggero aumento rispetto alla settimana precedente. Per la prossima settimana, Zaia annuncia un’ordinanza con provvedimenti più severi.
“Se restiamo senza mascherina a fare gli assembramenti – ha tuonato Zaia in conferenza stampa – e pensiamo che i complottisti abbiano ragione, stiamo preparando la culla per il neonato. Perchè quando tornerà il virus sarà forte e qui non ce ne sarà più per nessuno”.
Se continuiamo di questo passo non domandatevi neanche più se il virus torna in ottobre, perchè è già qui. Ora il caldo probabilmente ci dà una mano ma con le prime brezze autunnali…”.
Il governatore ha spiegato che “siamo in presenza di gente che sa di essere positiva, che rifiuta ricoveri e tamponi, che fa feste e va a funerali, che omette di dire in quanti erano in auto, di contatti stretti che si lamentano perchè non vogliono l’isolamento… morale siamo al rischio elevato”.
Tra le nuove norme, Zaia auspica il trattamento sanitario obbligatorio per chi rifiuta isolamento e cure: “Noi lunedì presentiamo una nuova ordinanza per inasprire le regole, ma abbiamo le armi spuntate. Se fosse per me prevederei la carcerazione. Non esiste che un positivo vada in giro. Penso che a livello nazionale sia necessario prendere in mano questo dossier. È fondamentale che ci sia un ricovero coatto, deve esserci un T.s.o., non possiamo stare li a discutere con chi non si vuole farsi curare. Se uno commette un reato così grande come l’andare ad infettare delle persone e mettere a rischio la loro vita deve pagare solo una multa di mille euro? Così andiamo allo schianto”.
(da agenzie)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile CI PIGLIANO PER IL CULO E NON RITIRIAMO NEMMENO L’AMBASCIATORE… SEMPRE AL SERVIZIO DELLE LOBBY, DA DESTRA A SINISTRA INCAPACI DI FARSI RISPETTARE
Ecco la reazione della Farnesina al fallimento del vertice tra i magistrati del Cairo e la Procura
di Roma che indaga sulla morte di Giulio Regeni: in queste ore il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha attivato i massimi vertici del ministero per sentire l’ambasciatore egiziano a Roma e chiedere ulteriori approfondimenti circa la vicenda del ricercatore ucciso.
I contatti, che di norma sono affidati alla Segreteria generale del ministero degli Esteri, sono già avvenuti questa mattina.
Lo riferiscono fonti diplomatiche a Repubblica, a pochi giorni dall’incontro tra le due procure, sul cui esito il dicastero aveva espresso la propria “delusione”.
“Comprendiamo la rabbia della famiglia Regeni e il loro dolore, ma proprio per arrivare alla verità su Giulio riteniamo fondamentale mantenere i rapporti diplomatici con il Cairo”, aggiungono le stesse fonti, lasciando intendere che non si procederà al ritiro dell’ambasciatore italiano in Egitto.
Intanto a Montecitorio c’è stato un lungo incontro tra il premier Conte e il presidente della Camera Roberto Fico proprio sul caso del ricercatore ucciso. Ieri Fico aveva espresso critiche durissime accusando l’Egitto di aver dato un “cazzotto” all’Italia. Il caso Regeni – ha detto – “è una questione di Stato”.
(da agenzie)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile IL 26,6% DEI FIGLI RISCHIA UN DOWNGRADE RISPETTO AI GENITORI, COLPITI DI PIU’ I POVERI E MENO ISTRUITI
Per descrivere con un’immagine la situazione italiana, l’Istat spiega che per l’ascensore sociale in Italia è molto più probabile scendere che salire.
Una cosa mai accaduta prima. È quanto emerge dal Rapporto annuale 2020. Disuguaglianze “significative” solcano il nostro Paese.
E il Covid rischia di accentuarle, allargando i divari esistenti, con una ‘scala sociale’ nella quale è più facile scendere che salire.
Il mercato del lavoro si restringe – il 12% delle imprese pensa di tagliare – proprio per le fasce più deboli, giovani e donne.
La didattica a distanza vede in svantaggio bambini e ragazzi del Mezzogiorno che vivono in famiglie con un basso livello di istruzione. La natalità potrebbe scendere ancora, eppure gli italiani i figli li desiderano, due l’ideale.
Ma l’Istat sottolinea anche come il Paese abbia reagito. “Il segno distintivo” nel lockdown è stato di “forte coesione”. L’Istituto invita a guardare alla criticità strutturali del Paese come “leve della ripresa”.
Covid ha colpito di più poveri e meno istruiti.
“L’epidemia ha colpito maggiormente le persone più vulnerabili, acuendo al contempo le significative disuguaglianze che affliggono il nostro paese, come testimoniano i differenziali sociali riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal covid-19. Sono infatti le persone con titolo di studio più basso a sperimentare livelli di mortalità più elevati” si legge nel rapporto annuale 2020 dell’Istat.
“Nel marzo 2020 e, in particolare, nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia, oltre a un generalizzato aumento della mortalità totale, si osservano maggiori incrementi dei tassi di mortalità , in termini tanto di variazione assoluta quanto relativa, nelle fasce di popolazione più svantaggiate, quelle che già sperimentavano, anche prima della epidemia, i livelli di mortalità più elevati.
Uno scarso livello di istruzione, povertà , disoccupazione e lavori precari influiscono negativamente sulla salute e sono correlati al rischio di insorgenza di molte malattie (ad esempio quelle cardiovascolari, il diabete, le malattie croniche delle basse vie respiratorie e alcuni tumori), che potrebbero aumentare il rischio di contrarre il covid e il relativo rischio di morte”.
L’istat spiega che “le persone con un basso livello di istruzione presentano un livello di mortalità sempre più elevato”. L’epidemia “ha dunque acuito le diseguaglianze preesistenti, con un maggiore impatto sulle persone con basso titolo di studio, non necessariamente anziane. A questo proposito, merita particolare attenzione il caso delle donne di 35-64 anni meno istruite, presso le quali si osserva un aumento del 28 per cento del ‘rm’ rispetto alle altre”, ossia del rapporto standardizzato di mortalità che misura l’eccesso di morte dei meno istruiti rispetto ai più istruiti.
Un downgrading di massa.
La “classe” di origine influisce meno sulla collocazione sociale che si raggiunge all’età di 30 anni rispetto al passato, ma pesa ancora in misura rilevante. Per l’ultima generazione (1972-1986), la probabilità di accedere a posizioni più vantaggiose invece che salire è scesa. Il 26,6% dei figli rischia un ‘downgrading’ rispetto ai genitori. Una percentuale, praticamente più di 1 su 4, superiore rispetto alle generazioni precedenti. E anche più alta di quella in salita (24,9%). Cosa che non era mai accaduta prima.
Ripresa nel secondo semestre.
Il Pil “dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre” si prevede che possa registrare “un aumento nel secondo semestre dell’anno”. L’Istituto di statistica ricorda che la prospettiva per la media del 2020 è di una caduta del Prodotto interno lordo dell′8,3%. “Il percorso di ripresa è previsto rafforzarsi nella parte finale dell’anno, producendo un effetto di trascinamento positivo sui risultati del 2021 che, in media d’anno, segnerebbero un ritorno a una crescita significativa del Pil (+4,6%)”.
Ondata di licenziamenti.
“Il problema del reperimento della liquidità è molto diffuso, i contraccolpi sugli investimenti, segnalati da una impresa su otto, rischiano di costituire un ulteriore freno ed è anche preoccupante che il 12% delle imprese sia propensa a ridurre l’input di lavoro” scrive l’Istat, in base a un’indagine condotta a maggio. Tuttavia “si intravedono fattori di reazione positiva e di trasformazione strutturale in una componente non marginale del sistema produttivo”. Dai dati provvisori sulle forze di lavoro emerge inoltre che i lavoratori in Cig ad aprile – nella settimana di intervista – sono stati quasi 3,5 milioni. E, sempre ad aprile, quasi un terzo degli occupati (7,9 milioni) non ha lavorato. Cresciuti anche i lavoratori in ferie.
Si stima che a fine aprile quasi due terzi delle circa 800mila società di capitale italiane avessero liquidità sufficiente a operare almeno fino a fine 2020 mentre oltre un terzo sarebbe risultato illiquido o in condizioni di liquidità precarie”.
Lavori antisociali anche per le donne.
“Tra le donne è alta, anche se non maggioritaria, la diffusione dei cosiddetti orari antisociali: serali, notturni, nel fine settimana, turni. Con tutto ciò che ne consegue in termini di qualità del lavoro e la conciliazione con la vita privata”. Nel Rapporto annuale, l’Istat scrive che “più di due milioni e mezzo di occupati, di cui 767mila donne, dichiarano infatti di lavorare di notte; quasi cinque milioni, di cui 2 milioni donne, prestano servizio la domenica; e oltre 3,8 milioni, 1 milione e 600mila donne, sono soggetti a turni”.
Un milione di famiglie vive di lavoro irregolare.
“Nella difficile situazione economica generata dalle misure di contrasto alla pandemia, la presenza di una consistente porzione di occupazione non regolare rappresenta un ulteriore fattore di fragilità per un numero elevato di famiglie”. L’Istat scrive che “nella media del triennio 2015-2017 circa 2,1 milioni di famiglie (per oltre 6 milioni di individui) hanno almeno un occupato irregolare; la metà , poco più di un milione, ha – sottolinea – esclusivamente occupati non regolari”.
Paura del Covid, meno figli.
“La rapida caduta della natalità potrebbe subire un’ulteriore accelerazione nel periodo post-Covid”. L’Istat spiega che “recenti simulazioni, che tengono conto del clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021″. E La prospettiva peggiora se si tiene conto dello shock sull’occupazione. I nati scenderebbero a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021″.
Il sogno? Una famiglia con due figli.
“A fronte di una fecondità reale in costante calo dal 2010 e che ci riporta agli stessi livelli di 15 anni fa, il numero di figli desiderato resta sempre fermo a due, evidenziando un significativo scarto tra quanto si desidera e quanto si riesce a realizzare”. L’Istat rileva che “sono solo 500 mila gli individui tra i 18 e i 49 anni che affermano che fare figli non rientra nel proprio progetto di vita: una componente tutto sommato marginale e che include, nella metà dei casi, persone che hanno superato i 40 anni e che prendono atto delle difficoltà di avere figli in età avanzata. Altri 2 milioni 200 mila (più della metà ha superato i 40 anni) non ha figli e non intende averne per ragioni di età o perchè non ha un partner, o per problemi di salute. Per circa la metà delle persone che non hanno figli e non intendono averne le motivazioni addotte evidenziano più che una scelta una sorta di rassegnazione a fronte di oggettive difficoltà ”. Ben il 46 per cento degli italiani “desidera avere due figli.
Il 21,9% tre o più. Solo il 5,5% ne desidera uno”.
Si fa presto a dire Dad.
“L’Italia presenta livelli di scolarizzazione tra i più bassi dell’Unione europea, anche con riferimento alle classi di età più giovani”. Quanto all’impatto del Covid, l’Istat sottolinea che “il 45,4% degli studenti di 6-17 anni (pari a 3 milioni 100mila) ha difficoltà nella didattica a distanza per la carenza di strumenti informatici in famiglia, che risultano assenti o da condividere con altri fratelli o comunque in numero inferiore al necessario”.
(da agenzie)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile LA VERSIONE DI UNA VENDITA DIVENTATA DONAZIONE DOPO L’INCHIESTA DI REPORT NON CONVINCE LA PROCURA
La procura di Milano indaga per turbativa d’asta sulla fornitura di camici a Regione Lombardia
da parte Dama SPA di proprietà della moglie e del cognato del governatore Attilio Fontana.
Come abbiamo raccontato, la storia comincia quando Regione Lombardia chiede ad ARIA, azienda regionale che si occupa di acquisti, di comprare dispositivi di protezione individuale.
Nel registro online degli acquisti ne manca uno, ovvero proprio quello di DAMA che attraverso una procedura negoziata (niente gara, aggiudicazione diretta), ha portato a casa una fornitura di camici per 513mila euro.
L’affidamento diretto di denaro pubblico viene firmato da Aria, la centrale acquisiti della Regione, creata circa un anno fa su input dell’assessore al Bilancio, il leghista Davide Caparini. Negli elenchi dei fornitori presenti sul sito di Aria con molta difficoltà si trova la ditta Dama Spa
Dama SPA è la ditta della famiglia Dini, che produce il marchio Paul & Shark: Roberta e Andrea Dini sono proprietari. La fornitura non compare nel registro ma in una pagina interna c’è un elenco di affidamenti diretti, anche se non si specifica cosa è stato venduto e a che prezzo. Compare il nome, ma non si comprende bene cosa si venda e a che prezzo.
La Dama, però, è una società nota che detiene il famoso marchio Paul&Shark. Il suo ceo è Andrea Dini, fratello di Roberta, moglie di Attilio Fontana. La first lady regionale è poi parte attiva dell’impresa in quanto vi partecipa come socia al 10% attraverso la Divadue Srl. La Diva Spa, invece, detiene il 90% di Dama Spa. La Diva Spa inoltre ha come socio al 90% una fiduciaria del Credit Suisse che amministra un trust denominato “Trust Diva”.
Per questo Mottola va a chiedere a Dini dell’appalto, ma lui parla subito di una donazione: “Sono un’azienda lombarda, devo fare il mio dovere”. E Dini per una prima volta si eclissa dal citofono di casa sua, dove stava rispondendo. La fornitura è di 75mila camici e 7mila tra cappellini e calzari per 513mila euro. Si specifica che il pagamento avverrà tramite bonifico a sessanta giorni dalla data di fatturazione.
Il quadro così ricostruito viene presentato dall’inviato ad Andrea Dini, che al citofono risponde: “Non è un appalto, è una donazione. Chieda pure ad Aria, ci sono tutti i documenti”. Davanti all’ordine di forniture, Dini mette giù.
Poi è costretto ad ammettere: “Effettivamente, i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, chi se ne è occupato ha male interpretato, ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato tutto perchè avevo detto ai miei che doveva essere una donazione”.
Ma quando Mottola parla della documentazione, la sua versione cambia rispetto a quella iniziale che parlava di una semplice donazione: “Chi se ne è occupato ha male interpretato la cosa, io ho detto ai miei che doveva essere una donazione, abbiamo fatto note di credito e non avremo mai un euro da Area. Io non ero in azienda. I miei l’hanno fatto a mia insaputa, appena l’ho saputo…”.
Le note di credito arrivano però tra 22 e 28 maggio, quando Report comincia a occuparsi della storia, e ammontano a 359mila euro, ne mancano quindi 153mila euro. La volontà di donare però si è manifestata solo in un secondo momento: solo il 20 maggio arriva la decisione di donare tutto, prima aveva anche emesso fattura per ricevere i soldi. La restituzione coincide con le prime domande mandate da Report sulla vicenda.
Spiega oggi Repubblica Milano che la versione dell’errore non convince la procura di Milano:
Per Andrea Dini, si è trattato solo di un errore. «È una donazione, effettivamente i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, hanno male interpretato la cosa, ma poi dopo io sono tornato, me ne sono accorto e ho immediatamente rettificato tutto, perchè avevo detto ai miei che doveva essere una donazione – aveva spiegato Dini in tv – . Le carte ad Aria ci sono tutte. Abbiamo fatto note di credito, abbiamo fatto tutto. Mai preso un euro e non ne avremo mai neanche uno». Ma la versione di un errore, di una donazione computata in vendita per la disattenzione di un dipendente, non convince la procura.
Tra i tanti fascicoli su gare e commesse nelle settimane dell’emergenza coronavirus – come anche quello sull’affidamento diretto da parte del sistema sanitario lombardo a Diasorin per i test sierologici – anche per Dama era stato aperto un fascicolo senza ipotesi di reato. Poi per i camici è arrivato in procura anche un esposto dell’associazione dei consumatori.
Ora la svolta con un’indagine per turbativa d’asta. Nelle ore successive alla trasmissione, il governatore Attilio Fontana aveva continuato a difendere la scelta del Pirellone. E respinto ogni accusa di conflitto di interessi. «Nessun equivoco – aveva detto – . Sono stati comprati tutti i camici da tutti quelli che li producevano perchè noi ne avevamo bisogno».
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile COME GIORNALISTA DEL “SECOLO D’ITALIA” GODE DELLA PENSIONE ANCHE SE E’ STATO IN ASPETTATIVA PER 28 ANNI
Maurizio Gasparri va in pensione dopo nove anni di lavoro su 37. Lorenzo Giarelli sul Fatto Quotidiano racconta che il senatore di Forza Italia ha regolarmente ottenuto la quiescenza e il relativo trattamento previdenziale a partire dal primo giugno dopo il suo lavoro al Secolo d’Italia:
Già , perchè Maurizio Gasparri ha appena concluso il suo rapporto di lavoro con il Secolo d’Italia, storico giornale di destra diventato organo di partito del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale, prima della nascita del Pdl e della sua seconda vita online, edito dalla Fondazione An.
Qui Gasparri era arrivato nel 1983 da praticante e qui si è consegnato alla pensione, adesso che di anni ne ha quasi 64
Piccolo dettaglio: ricoprendo ininterrottamente la carica di parlamentare dal 1992, il senatore forzista era in aspettativa da quella data, ovvero ventotto anni, avendo perciò continuato a versare i contributi all’Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti, attraverso il proprio stipendio da onorevole.
Nove anni di lavoro e 28 di aspettativa valgon bene la pensione, che adesso potrebbe essere ridotta perchè Gasparri percepisce altro reddito ma che comunque è fieno in cascina per il futuro, tenendo conto che l’ex ministro nel frattempo continuerà a maturare la pensione da parlamentare.
Tutte circostanze che il senatore minimizza: “A una certa età e con una certa anzianità si va in pensione, non è una notizia. Tutto è accaduto in base alle norme e alle regole, non c’è nulla di strano”.
Per capire come, allora, serve un passo indietro. Gasparri è giornalista professionista dal 1985 e come tale è iscritto all’Ordine dei giornalisti del Lazio, ma già dal 1983, all’epoca ventisettenne e già vice di Gianfranco Fini nel Fronte della Gioventù, entra al Secolo d’Italia come praticante.
Le cose vanno bene, tanto che nel 1991 Gasparri diventa condirettore del giornale, anche se dopo appena un anno decide di candidarsi al Senato con il Msi riuscendo a essere eletto. A quel punto si mette in aspettativa, ma fino al 1994 continua a dirigere il Secolo: “Non prendevo una lira e anzi — rivendica oggi — ho mantenuto la carica di caposervizio pur facendo il lavoro del direttore, come testimoniava la gerenza. Questo per non gravare sui conti del giornale”.
E così prima dell’addio Gasparri ha potuto rimpinguare il proprio curriculum giornalistico, che adesso si conclude (a meno di collaborazioni post-pensione) dopo 37 anni — e qualche mese — di cui 28 passati in Parlamento, in ben altre faccende affaccendato.
Tutto sommato, Gasparri ha dunque motivo per ritenersi soddisfatto.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile RISPETTO ALLE EUROPEE 2019 LA LEGA PERDE IL 7%, IL CENTRODESTRA NEL SUO COMPLESSO 1L 10%
È a favore del presidente uscente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il sondaggio per le
elezioni regionali in Puglia realizzato da Euromedia research per l’associazione “Piazze italiane” e pubblicato sul sito del ministero dell’Interno.
Su mille intervistati, maggiorenni e residenti in Puglia, il 38,2% ritiene che Emiliano potrà “ricoprire nella maniera migliore la carica di governatore per i prossimi 5 anni”. Seguono il candidato del centrodestra, Raffaele Fitto con il 28%, la pentastellata Antonella Laricchia con l’11,7%, Ivan Scalfarotto (Italia viva — Azione, + Europa) con il 2,2% e infine il “civico” Mario Conca con l’1,8″. Il 18% non ha risposto al quesito.
A poco più di metà del campione, il 50,6%, Emiliano ispira fiducia contro il 34,5% di Fitto, il 29,3% di Laricchia, il 10,5% di Scalfarotto e il 12,9% di Conca.
La coalizione che secondo il sondaggio prenderebbe più voti è quella che sostiene Emiliano con il 38,6% (dato più basso di quello legato al solo nome del governatore). Nel centrosinistra il partito più suffragato dal campione resta il Pd con il 20,1%. Il centrodestra raggiunge il 37,8% con la Lega a poco più del 18% e Fratelli di Italia all’8,5% e Forza Italia all’8,3%.
Alla domanda secca “chi vincerà le prossime elezioni”, il 38% indica Michele Emiliano, il 27,1% Raffaele Fitto, il 4,1% Antonella Laricchia, l’1,6% Ivan Scalfarotto e lo 0,3% Mario Conca. Non sa o non risponde il 28,9%.
Per più del 40% del campione Emiliano “ha fatto il possibile” nella gestione dell’emergenza sanitaria.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 3rd, 2020 Riccardo Fucile “CASA EREDITATA DAI NONNI”, MA LE CARTE DIMOSTRANO CHE I LAVORI SONO STATI SUCCESSIVI… LA DEMOLIZIONE DI CORSA E LE CERTIFICAZIONI CATASTALI
C’è una storia che circola dopo l’annuncio della candidatura di Susanna Ceccardi alla presidenza della Regione Toscana che riguarda una lettera anonima che la accusava di un abuso edilizio. L’ex sindaca spiegò all’epoca che si trattava solamente di una tettoia ma l’assessore che indagava sulla questione venne cacciato.
Il primo a parlarne in tempi recenti è stato il professor Riccardo Puglisi su Twitter, ma oggi la storia viene ripresa dal Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Tommaso Rodano e Giacomo Salvini.
La storia comincia alla fine di febbraio 2018, quando arriva in comune una denuncia anonima su presunti abusi edilizi nella villetta a Zambra, frazione di Cascina in provincia di Pisa.
La lettera all’inizio non viene nemmeno protocollata. A parlarne, pubblicando la lettera, è
Cascina Notizie — Punto Radio. La vicenda è ricostruita nell’esposto presentato dall’allora assessore comunale all’urbanistica di Forza Italia Gino Logli alla Procura di Pisa (una denuncia che peraltro è rimasta senza risposta).
Il 22 febbraio 2018 la lettera del “corvo” — con la notizia di tre presunti abusi edilizi nell’abitazione del sindaco — finisce tra le mani di un architetto del servizio edilizia privata del Comune di Cascina, il quale a sua volta la consegna subito al suo diretto superiore, il responsabile della macrostruttura che accorpa i servizi tecnici comunali. Di tutto questo, curiosamente, viene lasciato all’oscuro l’assessore all’Urbanistica, malgrado sia il vertice degli uffici interessati.
Quando Logli viene finalmente informato dei fatti, il 14 marzo, l’agile macchina del piccolo Comune di Cascina si è già presa cura dell’incidente.
I dipendenti comunali hanno provveduto a un sopralluogo in casa della Ceccardi, e il 12 marzo hanno presentato in fretta e furia una Cila (comunicazione inizio lavori) intestata proprio alla sindaca.
Un documento incompleto, che non può essere protocollato: dietro al frontespizio non c’è nulla, manca il materiale tecnico richiesto dalla procedura
Nel frattempo la sindaca Ceccardi aveva già provveduto ad abbatterla: «Un mese prima che quella lettera anonima arrivasse in Comune, ne avevo ricevuta una simile a casa mia. Si diceva che avevo un abuso edilizio, cioè una tettoia. La casa l’ho ereditata dai nonni e la tettoia era già esistente. A quel punto mi sono informata e l’ho fatta demolire. Nel frattempo ho presentato una richiesta per poterne realizzare una nuova, regolarmente autorizzata. In seguito è arrivata anche la lettera anonima in Comune. Il segretario generale sostiene che vadano protocollate anche le lettere anonime. La missiva è stata protocollata e non c’è stata alcuna omissione. L’assessore Logli ha aspettato il giorno della mia partenza per una breve vacanza per far scoppiare il caso. Difendo il lavoro di Recaldin, il mio capo di gabinetto. La verifica è stata fatta e non sono stati trovati abusi. Non vorrei che questa storia fosse una rappresaglia contro Recaldin da chi si sente commissariato».
Logli nel frattempo si era messo a indagare sui fatti, fa sapere il quotidiano, verificando tra le altre cose, le irregolarità addebitate alla sindaca: i presunti abusi dichiarati nella lettera anonima sarebbero tre, avvenuti tra il 2014 e il 2017
Le foto aeree scattate sopra la casa della candidata governatrice ne confermano almeno due, come scrive Logli nel suo esposto. Entrambi realizzati dopo il 2009, anno in cui il sindaco entra in possesso della casa secondo le visure catastali. Se l’abuso c’è stato, insomma, la colpa non può essere dei nonni.
Dalle carte emerge un’altra circostanza opaca: la situazione immobiliare della Ceccardi sarebbe diversa dalla dichiarazione patrimoniale della sindaca.
Al catasto l’edificio con il fabbricato abusivo è articolato in due distinte abitazioni civili di 5 vani ciascuna, mentre la Ceccardi dichiara di essere proprietaria di un solo immobile
A quel punto a Logli vengono ritirate le deleghe dopo uno scontro su un’altra questione: le case abusive di via San Donato a Badia, un quartiere di Cascina.
Ieri ha detto di essere troppo impegnata per rispondere alle domande del Fatto sulla vicenda.
(da “NextQuotidiano”)
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