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LA LOTTA INTESTINA M5S FA NAUFRAGARE L’INTESA CON IL PD SULLE COMMISSIONI

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

FARE ACCORDI CON UN PARTITO DOVE OGNUNO FA I CAZZI CHE VUOLE E’ TEMPO PERSO… HANNO PRESO I VOTI CONTRO LA CASTA E SI SCANNANO PER UNA POLTRONA

È scattata l’ora dei sospetti. L’accordo di maggioranza sulle presidenze di commissione, che in fondo accordo non è stato mai, è naufragato al primo impatto con la realtà  delle decisioni.
Dopo un mese di riunioni tra i capigruppo, oltre 70 ore di colloqui, contatti tra i capi partito Pd, M5s, Italia Viva e Leu, alla prova dei fatti la maggioranza è andata in ordine sparso tra ripicche e veleni. Due commissioni del Senato, Agricoltura e Giustizia, sono rimaste in mano alla Lega.
Gli occhi sono puntati sui 5Stelle che per tutto il giorno si sono ribellati all’intesa di massima raggiunta dai capigruppo e lo avrebbero certificato votando in maniera difforme rispetto alle indicazioni.
Votando quindi con gli ex colleghi di governo leghisti e ribellandosi all’accordo raggiunto con il Pd: “Stiamo cedendo tutto a loro”. Per evitare che lo stesso schema si ripetesse alla Camera i vertici grillini hanno cacciato in extremis dieci deputati dalla commissione Finanze, tutti coloro che nel segreto dell’urna si sarebbero potuti ribellati alla scelta di eleggere il renziano Luigi Marattin.
Nel Movimento scoppia il caos contro il direttivo: “L’unico trasferimento forzoso dei deputati da una commissione all’altra per ragioni di voti era stato quello ignominioso del governo Renzi nel 2015 per l’Italicum”, strillano i pentastellati contro i vertici che ora minacciano di sfiduciare.
Tutto inizia a Palazzo Madama. In commissione Agricoltura del Senato è stato riconfermato il leghista Gianpaolo Vallardi, che ha affondato il pentastellato designato Pietro Lorefice. La votazione è finita 12 a 10 ma sulla carta il centrodestra aveva a disposizione solo dieci voti. Ciò significa che due voti della maggioranza sono andati al candidato leghista. Fonti di maggioranza parlano di “agguato autoprocurato dal Movimento”, ma nel segreto dell’urna non è dato saperlo. Altre fonti sostengono che abbiano giocato un ruolo determinante i tre senatori del gruppo Misto.
Di certo per tutto il giorno i parlamentari grillini con tanto di mail hanno lanciato segnali di scontento nei riguardi dei vertici e di chi ha gestito la trattativa.
Per esempio i deputati della commissione Finanze della Camera si sono rifiutano di votare il renziano Luigi Marattin al grido di “vogliamo almeno una commissione economica di Montecitorio”. A stretto giro sono stati rimossi.
Nella commissione Esteri i deputati grillini hanno espresso il loro “unanime dissenso” sull’accordo che prevede la cessione della presidenza. In commissione Giustizia alla Camera è stato eletto Cateno Vitiello di Italia Viva, ma la presidenza era destinata ai 5Stelle. Ecco il tranello. I grillini dando la presidenza della Giustizia a Italia Viva sono convinti di poter eleggere uno loro alle Finanze al posto di Marattin. Ma il partito renziano fiuta l’aria, Vitiello si dimette e dice ‘no’ ai giochetti.
Non va meglio nella commissione Giustizia del Senato. Qui doveva essere eletto Pietro Grasso di Leu e invece è stato confermato il leghista uscente Andrea Ostellari. Per questa ragione il ministro della Salute Roberto Speranza ha lasciato il Consiglio dei ministri in segno di protesta.
Anche in questo caso gli occhi della maggioranza sono puntati sui 5Stelle in preda ai mal di pancia. Sotto accusa sono finiti i vertici e c’è chi invoca le dimissioni di Vito Crimi e dei capigruppo: “Almeno con Di Maio queste cose non succedevano”.

(da “Huffingtonpost”)

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PROCESSO OPEN ARMS, OGGI VEDIAMO CHI VOTA PER L’IMPUNITA’ DI UN SEQUESTRATORE DI PERSONA RECIDIVO CHE NON HA NEANCHE LE PALLE DI AFFRONTARE UN PROCESSO

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

I 18 SENATORI RENZIANI DETERMINANTI, LE PROVE SONO SCHIACCIANTI

Una partita a poker. E’ quella che, raccontano fonti Dem con un pizzico di irritazione, stanno giocando i renziani in vista del voto al Senato che potrebbe mandare Matteo Salvini sotto processo per la vicenda Open Arms.
Bocche cucite tra i 18 senatori di Italia Viva, il sipario lo svelerà  direttamente Matteo Renzi parlando nell’emiciclo.
La posta in gioco però non è solo il destino giudiziario del leader leghista. Intorno si agitano altri e più ampi scenari che vanno dal risiko delle commissioni parlamentari (che, guarda caso, dopo tanti rinvii ha avuto una brusca accelerazione) alla corsa molto aperta per le Regionali di settembre.
In mezzo, il dossier scottante dell’immigrazione tra sbarchi in aumento, i decreti sicurezza che non si riescono a toccare, la maggioranza che sembra preda di un incantesimo paralizzante.
“Processare Salvini in un’estate come questa rischia di farne un martire — ammette più d’uno tra i giallorossi — Ma non andare in quella direzione tradirebbe troppi dei nostri princìpi”.
La partita, insomma, non è esattamente garantisti versus giustizialisti. Dentro c’è tattica politica purissima.
Lo dice con chiarezza anche Giuseppe Cucca, avvocato sardo con fama di leggere a fondo le carte, vicepresidente renziano della giunta Elezioni e Immunità  Parlamentari: “E’ una vicenda che va approfondita, diversa dalle altre. Non basta la mera enunciazione delle norme applicabili: se badiamo solo a quelle non ci sono dubbi, indurrebbero verso la concessione dell’autorizzazione a procedere. Ma qui c’è una valutazione politica diversa da quella sull’atto amministrativo. Sono sfumature, ma bisogna ragionarci”.
Per la cronaca, le “carte” che i senatori reziani stanno (ancora) valutando inchioderebbero Salvini. Le foto scattate a bordo e allegate al dossier mostrano lo stato in cui vivevano i naufraghi durante quelle lunghe e torbide giornate: in una si vede il capitano dell’imbarcazione allestire un tendone per proteggerli dal forte caldo. Sulla Open Arms c’erano solo due bagni per i passeggeri e l’equipaggio, e i minori furono fatti sbarcare solo dopo giorni, su ordine del Tribunale.
Assai debole anche la solita difesa avanzata dall’ex ministro, ovvero il mantra “agivo per conto e su indicazione del Governo”: la maggioranza giallo-verde di fatto già  non c’era più e Giuseppe Conte aveva scritto una mail in cui prendeva le distanze dall’operato del Viminale.
Inoltre, era già  in vigore il secondo “decreto sicurezza”, che sulla materia in questione dava “pieni poteri” al titolare dell’Interno.
E dunque, si deciderà  nella riunione di gruppo: stasera o più probabilmente domani mattina. Perchè, spiega Cucca “oggi si farà  tardi con le commissioni”.
Già : Italia Viva spinge forte per Luigi Marattin, alla guida della commissione Finanze o ancora meglio della Bilancio, oggi in quota Lega. Sul piatto ci sono anche Trasporti e Giustizia, ma il mosaico è complicato da comporre.
Ecco perchè soltanto all’alba dell’ennesima “notte dei lunghi coltelli” le posizioni in campo saranno più chiare. Anche se, mugugnano nel Pd ricordando sia il precedente strappo di Italia Viva in giunta sia il no di Patrizia Baffi sulla mozione congiunta del centrosinistra contro il governatore lombardo Attilio Fontana, bisognerà  fare attenzione ai bluff fino all’ultimo minuto
Quello che è certo è che i 18 renziani sono l’ago della bilancia. Senza di loro, raggiungere quota 160 – ovvero la maggioranza qualificata necessaria per l’autorizzazione a procedere contro un ministro – resterebbe una chimera.
E difatti l’opposizione è di umore teso, mentre Salvini ostenta rassegnazione di fronte all’appuntamento.
Il centrodestra ha serrato i ranghi e diffidato dall’assentarsi. Lega, Forza Italia e FdI sono 135. Con la mini-componente “Idea e Cambiamo” appena uscita dal gruppo azzurro — Gaetano Quagliariello, Paolo Romani e Massimo Berutti — salgono a 138. Nel Misto, oltre a Gialuigi Paragone, anche Saverio De Bonis è orientato a votare contro l’autorizzazione: “Non si può processare Salvini”.
Quindi, 140 a cui dovrebbero aggiungersi almeno due esponenti delle Autonomie Locali – gli altoastesini Meinhard Durnwalder e Dieter Steger — che più i 18 di Italia Viva raggiungerebbero il fatidico numero di 160 senatori.
Al netto di altri voti “salviniani”, nel Misto, da parte di chi oggi appare ancora indeciso.
Mentre Julia Unterberger, anche lei della SVP, il valdostano Albert Laniece e Gianclaudio Bressa voteranno sì. “E’una vicenda molto grave — spiega Bressa — Esistono convenzioni internazionali e trattati che in situazioni di emergenza impongono di salvare vite umane e raggiungere un porto sicuro. L’ipotesi di sequestro di persona a carico di Salvini è plausibile”.
E l’ex sottosegretario a Palazzo Chigi ha ben presenti i rischi che la Lega possa crescere nei sondaggi, visto il malumore di fronte all’attuale gestione degli sbarchi, ma non cambia posizione: “Sarebbe sbagliato conettere le azioni politiche di un governo con le regole e le norme della Costituzione. Non si può lasciare passare un atto contra legem”.
A decidere, poi saranno comunque i giudici. “Il nostro comportamento è sempre ispirato a un approccio garantista — dichiara Andrea Marcucci, capogruppo del Pd a Palazzo Madama — Studiamo le carte e decidiamo in base a quelle. L’aula non vota per mandare in carcere Salvini ma per garantirgli o meno un processo. Il Pd voterà  affinchè il leader della Lega possa dimostrare la sua innocenza nell’aula di un tribunale”.

(da “Huffingtonpost”)

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FRANCIA E SPAGNA, OLTRE MILLE NUOVI CONTAGI IN UN GIORNO, 700 ANCHE IN GERMANIA, NEGLI USA 1600 MORTI IN 24 ORE, QUASI MILLE MORTI IN BRASILE

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

ORA PORTATE DI PESO I NEGAZIONISTI NELLE CORSIE DI OSPEDALE E SIGILLATE LE PORTE

Sono 16.7 milioni i casi di contagio nel mondo, i morti, 660mila, Gli Stati Uniti e Brasile si confermano i più colpiti. Gli Usa hanno ormai superato i 150mila decessi, a causa di una brusca impennata nelle ultime 24 ore.
La Johns Hopkins University segnala almeno 4,3 milioni di casi, in aumento di circa 60 mila unità  nell’ultima giornata.
Anche in Brasile l’epidemia non dà  segni di rallentamento, ci casi sono quasi 2.5 milioni. Il ministero della Sanità  di Brasilia ha inoltre comunicato altri 921 decessi che portano il bilancio a 88.539.
Francia, quasi 1400 casi, 15 decessi
Impennata di casi in Francia che registra 1392 nuovi contagi, il bilancio più alto in oltre un mese. Secondo i dati diffusi dalle autorità  sanitarie francesi, nelle ultime 24 ore ci sono stati 15 decessi portando il totale a 30.238. L’aumento dei casi ha fatto salire l’indice Rt a 1,3. Nel Paese si sono registrati nelle ultime 24 ore 22 nuovi focolai. cifra che probabilmente alimenterà  i timori di una seconda ondata della malattia, nonostante i funzionari minimizzino questo scenario.
L’aumento ha portato il numero totale di casi confermati in Francia a 185.196. Le autorità  sanitarie hanno affermato che, sebbene diminuiscano i ricoverati nelle unità  di terapia intensiva, tutti gli indicatori del Covid 19 hanno mostrato “un aumento della circolazione virale”.
Il ministro della sanità  francese Olivier Veran ha esortato a non abbassare la guardia, ma ha affermato che “non si sta affrontando una seconda ondata”. La Francia, per numero di decessi nel mondo,   è al settimo posto.
Preoccupa la Spagna. Positivi anche 3 calciatori
Record di contagi dal 2 maggio. La Spagna torna a registrare più di 1.000 casi di coronavirus giornalieri: sono 1.153 in più rispetto al giorno precedente. Il totale delle infezioni sale così a 282.641, tra cui si contano 28.441 vittime. Tra i postivi, tre calciatori in altrettante squadre.
“A Hong Kong ospedali quasi al collasso”
Hong Kong è alle prese con un focolaio di coronavirus che potrebbe portare a un sovraccarico delle strutture ospedaliere e costare molto in termini di vite umane. Lo ha sottolineato la leader dell’ex colonia britannica, Carrie Lam, in un video in cui ha affermato che c’è stata una “ripresa” delle infezioni a livello locale, dopo il record di 145 contagi in un giorno registrato la scorsa settimana. L’ondata di nuovi casi “potrebbe portare a un collasso del nostro sistema ospedaliero e costare molto in termini di vite, soprattutto tra i più anziani”, ha dichiarato Lam.
Cina, casi di nuovo in aumento: 101 in 24 ore
Le autorità  sanitarie locali sono preoccupate per la situazione nello Xinjang, la regione più colpita al momento, che ha visto un aumento di 89 contagi su 101 generali. A inizio mese gli esperti della Commissione Nazionale per la Salute della Cina avevano assicurato che l’epidemia dello Xinjang avrebbe “rallentato nei giorni successivi”. Allora nella regione si registravano 17 nuovi contagi al giorno. Nella regione di Liaoning, nel nord-est della Cina, dove è scoppiato un focolaio legato a un impianto ittico nella città  di Dalian, si contano otto nuovi contagi, due in più rispetto a ieri. Altri tre casi ‘importati’ si registrano a Shanghai e Guangdong.
Oms, giovani potrebbero provocare nuovi picchi in Europa
L’aumento dei casi di coronavirus tra i giovani potrebbe provocare i nuovi picchi in Europa. Lo ha detto il direttore dell’ufficio regionale dell’Oms, Hans Kluge, in un’intervista a Bbc Radio 4 sottolineando la necessità  che le autorità  comunichino meglio con i ragazzi e li coinvolgano di più nella prevenzione. “Da padre di due figlie capisco che i giovani non vogliano perdersi l’estate”, ha detto il capo di Oms Europa “ma hanno una responsabilità  verso loro stessi, i loro genitori, i loro nonni e le loro comunità “.
Germania, oltre 680 casi in un giorno
In Germania sono stati registrati 684 nuovi casi di coronavirus nelle ultime 24 ore. Lo rende noto il Robert Koch Institute, l’agenzia incaricata dal governo di Berlino di monitorare l’andamento della pandemia nel Paese. Viene così aggiornato a 206.926 il totale dei contagi, mentre sale a 9.128 il numero delle persone che hanno perso la vita per complicanze legate all’infezione, sei in più rispetto a ieri.
Giappone, superati mille casi in 24 ore: è la prima volta
In Giappone, per la prima volta dallo scoppio della pandemia, sono stati confermati più di mille nuovi contagi di coronavirus in 24 ore. Gli ultimi dati forniti dal ministero della Sanità  giapponese parlando di 1.002 casi, 250 solo a Tokyo, come riferisce l’emittente televisiva Nhk. Record anche nelle prefetture di Aichi e Osaka, dove in un solo giorno sono stati confermati rispettivamente 159 e 221 nuovi casi. Sono quasi 34mila i casi totali confermati oltre mille le persone che hanno perso la vita per complicanze, riporta la Nhk.

(da agenzie)

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QUANTO GUADAGNA IL NORD CON I PAZIENTI CHE ARRIVANO DAL SUD

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

LA MOBILITA’ SANITARIA PORTA 1,4 MILIARDI DI EURO ALLE REGIONI DEL NORD… CHI CI GUADAGNA E CHI CI PERDE

Una delle argomentazioni che sono state usate da Giulio Gallera durante l’emergenza coronavirus per rispondere alle accuse sulla gestione dell’epidemia in Lombardia è stata “I cittadini della Campania stanno prenotando nei nostri ospedali per venire a farsi curare nonostante la campagna d’odio”.
Quello che non ha aggiunto Gallera è che non si tratta di generosità  lombarda che apre gli ospedali ai meridionali ma di un giro d’affari che grazie ai pazienti che arrivano dal Sud ogni anno porta alle regioni del Nord un incasso di 1,4 miliardi di euro, come spiegato oggi dal Messaggero:
Si chiama “mobilità  sanitaria interregionale”, ma al di là  della definizione burocratica racconta la storia dei viaggi della speranza, l’angoscia di tante persone che per curarsi sono costrette a viaggiare, anche per molte ore, per raggiungere alcune regioni del Nord, l’ospedale di Milano dove c’è il professionista affermato, quello di Bologna dove c’è il miglior reparto del Paese. Dove magari incontreranno specialisti di fama internazionale proveniente, come loro dal meridione di Italia, che hanno dovuto lasciare la loro terra per lavorare. Nel sistema sanitario, la Regione Y paga la Regione X se un cittadino della prima va a curarsi in un ospedale della seconda.
Ecco, l’altra faccia della medaglia: vi sono alcuni servizi sanitari regionali che guadagnano in questa storia, a partire dalla Lombardia, con un effetto perverso. Negli ultimi due decenni la spesa per investimenti sanitari è stata concentrata soprattutto in Settentrione. In particolare alle regioni del Sud è andato un terzo di quello finito nel Nord. Secondo una ricerca pubblicata sul sito di Eticaeconomia, dei 47 miliardi totali stanziati, 27,4 sono stati investiti nelle regioni del Nord, 11,5 in quelle del Centro e 10,5 nel Mezzogiorno
Cinque regioni del Centro-Sud perdono in questa partita 1,4 miliardi. Il saldo è negativo per 210 milioni di euro per la Puglia, 236,9 per la Sicilia, 281,1 per la Calabria, 318 per la Campania e 239,4 per il Lazio. Va detto che la Regione Lazio, su questi dati, precisa sempre che comunque nel saldo mancano alcune strutture religiose convenzionate come il Bambino Gesù e dunque il conto finale è differente e più favorevole. Ciò che resta è la sproporzione tra Nord e Sud.

(da agenzie)

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INTERVISTA ALLA VICEDIRETTRICE DI INDEX, L’ULTIMO GIORNALE INDIPENDENTE CHE ORBAN HA DI FATTO MESSO A TACERE

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

DOVE VINCONO I SOVRANISTI ARRIVA IL REGIME

“È stato un momento orribile, abbiamo sempre lavorato per informare come un gruppo e sentendoci famiglia”. Veronika Munk è la vicedirettrice del giornale indipendente online Index.hu, una delle ultime voci libere in Ungheria di fatto messa a tacere con il licenziamento in tronco del direttore Szabolcs Dull da parte della proprietà  maggioritaria, oligarchi che secondo ogni fonte esterna hanno eseguito un ordine del premier Viktor Orbà¡n. Scossa e triste, narra l’orrore quotidiano subà­to dai giornalisti che vogliono fare informazione libera oggi in Ungheria.
Come è accaduto e qual è la situazione ora?
“Index è un giornale online che ha vent’anni ed è leader del mercato editoriale. Ci lavoro dal 2003. Mercoledà­ scorso abbiamo improvvisamente appreso che Szabolcs Dull, il nostro direttore, era stato licenziato. Ci siamo subito riuniti tutti e venerdà­ sui 90 presenti in 80 abbiamo deciso di dare le dimissioni. Per la legge ungherese, se lasci il posto di lavoro, devi restare a disposizione per altri 30 giorni”.
Quindi siete ancora una redazione?
“Non lo sappiamo. Il datore di lavoro può dirci se il nostro lavoro non serve più o se invece possiamo e dobbiamo tornare a lavorare. Ma venerdì è stato il nostro ultimo giorno, abbiamo lasciato l’edificio dove abbiamo lavorato insieme per anni per informare, non per far politica”.
Quanto è drammatica la situazione della libertà  dei media in Ungheria?
“Negli ultimi dieci anni (da quando Orbà¡n è al potere, ndr) è davvero peggiorata. Molte aziende editoriali hanno cambiato proprietà  e oggi hanno forti legami col governo. Molte fondazioni filogovernative controllano i maggiori giornali, le principali tv, molte stazioni radio. Index era il principale giornale online, era letto da tutti, offriva notizie 24 ore su 24, video, live. Una piattaforma multimediale di successo”.
E la proprietà  perchè ha deciso il licenziamento e la stretta?
“Nelle ultime settimane in diverse riunioni ho percepito influenze esterne sulla fattura delle notizie. Inaccettabile. L’indipendenza dell’informazione nel nostro modo di vedere è indispensabile. E col licenziamento del direttore non è più consentita”.
Come avete reagito e come reagirete?
“Due anni fa avevamo rilasciato una dichiarazione pubblica per sottolineare che l’indipendenza dei media può significare molto per molte personalità  e persone differenti. Avevamo posto due condizioni: nessuna interferenza sulla produzione delle notizie e sulla struttura della redazione. È cambiato tutto col licenziamento del direttore e, già  mesi fa, con l’arrivo di consiglieri esterni nel board editoriale che davano indicazioni sulla redazione e sulla possibile esternalizzazione della produzione di notizie”.
Qual è l’atmosfera in redazione?
“Orribile, veramente orribile. Il mio sogno era lavorare fino alla pensione in questa comunità  straordinaria di persone unite dalla voglia di dare notizie indipendenti. Ci siamo sempre sentiti come una famiglia. È stato il momento più duro. Non voglio lavorare in condizioni in cui l’indipendenza del mio lavoro è in pericolo. Index aveva un grande ruolo nella società  civile ungherese. Ripeto, è orribile”.
Avete ancora speranza per la libertà  dei media o temete che il governo voglia il controllo totale?
“Non so che cosa voglia il governo, sono una giornalista indipendente e voglio continuare a esserlo. Ripeto, il mio sogno è farlo fino alla pensione. Vedo che ci sono sempre meno compagnie editoriali indipendenti in Ungheria. E che secondo Reporters sans frontières siamo il secondo peggior Paese in Europa per libertà  dei media”.
Che cosa spera per il futuro?
“Il mio contratto è ancora valido, non posso parlare del futuro”.
Pensate come gruppo di creare un nuovo media? Index indipendente aveva anche un bilancio in attivo…
“Vorremmo restare insieme e continuare a lavorare insieme. Il presidente dell’azienda che controlla Index ha detto che il licenziamento del nostro direttore era dovuto a motivi personali, ma non penso proprio che sia vero”.

(da agenzie)

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GHERARDO COLOMBO LANCIA RESQ: “ANDREMO A SALVARE LA GENTE IN MEZZO AL MARE”

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

LA NUOVA ONLUS SI DOTERA’ DI UNA IMBARCAZIONE: “NON POSSIAMO LASCIARE CHE LE PERSONE AFFOGHINO, CE LO CHIEDE LA COSTITUZIONE”

Una nuova nave solcherà  presto il Mediterraneo per rintracciare e salvare chi rischia di morire in mezzo al mare: 40 metri di lunghezza con 10 persone di equipaggio e 9 tra medici, infermieri, soccorritori, mediatori, giornalisti e fotografi.
Due gommoni veloci in appoggio assicureranno gli avvicinamenti alle imbarcazioni in difficoltà  e il salvataggio.
La nave batterà  bandiera “ResQ-People Saving People”: associazione nata negli ultimi giorni e pronta a rinforzare il fronte del salvataggio dei migranti sulle pericolose rotte via mare.
Nata dall’idea di pochi amici, oggi la neonata onlus già  può vantare oltre 130 soci, tutti uniti nel «dire basta allo stillicidio di vite umane nel Mediterraneo, sia di coloro che muoiono affogati, sia di coloro che vengono riportati nei lager libici».
«Quando si è ventilata l’ipotesi di mettere in mare una nave per salvare le persone che affogano mi sono chiesto: se stessi annegando vorrei che qualcuno venisse a salvarmi? Ho risposto sì, sia alla domanda sia alla nave — ha spiegato oggi, nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’associazione, Gherardo Colombo, presidente onorario di ResQ — oltretutto ce lo chiede la nostra Costituzione, che bandisce ogni discriminazione e tutela la salute di tutti».
Il progetto prevede di fare rete con chi già  opera nel Mediterraneo ed entro 18 mesi essere in mare con una propria nave, oltre a diversi gruppi di lavoro a terra. Costo stimato di tutta l’operazione: 2 milioni e 100mila di euro. Fondi da reperire attraverso una campagna di crowdfunding, avviata da oggi sul sito resq.it.
«Saremo gli ultimi arrivati — afferma Luciano Scalettari, presidente della onlus — per questo siamo in contatto con i “cugini” di Mediterranea e con le altre navi già  impegnate in mare, prima di tutto per imparare. Perchè una nave in più? Perchè crediamo che ci sia bisogno di 10, 100 navi in più a presiedere quel tratto di mare, dove troppo spesso gli sos cadono nel vuoto».
Ad applaudire l’iniziativa è l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi: «Oggi su 80 milioni di persone in fuga nel mondo, il 90% si trova fuori dall’Europa. Un esempio? L’Uganda in questo periodo ha aperto le frontiere a migliaia di rifugiati dal Congo. I flussi verso l’Europa sono più che gestibili. È immorale che si discuta ancora se sia giusto o meno salvare le persone in mare. È un obbligo. E visto che gli Stati non sono all’altezza delle loro responsabilità , serve la società  civile. Per questo applaudo all’arrivo di ResQ».

(da agenzie)

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TORTURATORI E ASSASSINI DI INNOCENTI: ECCO CHI L’ITALIA HA RIFINANZIATO IN LIBIA

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

LA GUARDIA COSTIERA LIBICA E’ UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE ISTITUZIONALIZZATA

Assassini. Torturatori. Carnefici del mare. Ecco chi il Parlamento italiano ha deciso di rifinanziare. Assassini in divisa, arruolati nella cosiddetta Guardia costiera libica, un’associazione a delinquere istituzionalizzata. Non chiamatelo incidente. Non uccideteli per la seconda volta.
Quella che è avvenuta la notte scorsa a Khum, est di Tripoli, è stata una vera e propria esecuzione. Tre migranti sudanesi sono stati uccisi, e altri quattro feriti, in una sparatoria avvenuta la scorsa notte a Khums, est di Tripoli, durante le operazioni di sbarco.
“Le sofferenze patite dai migranti in Libia sono intollerabili”, ha affermato Federico Soda, capo missione Oim in Libia. “L’utilizzo di una violenza eccessiva ha causato ancora una volta delle morti senza senso, in un contesto caratterizzato da una mancanza di iniziative pratiche volte a cambiare un sistema che spesso non è in grado di assicurare alcun tipo di protezione”.
“Questo incidente sottolinea con forza che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco”, gli fa eco l’inviato speciale dell’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, per la situazione del Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel. “E’ necessario aumentare la capacità  di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, includendo le navi delle Ong al fine di aumentare la probabilità  che le operazioni di salvataggio conducano allo sbarco in porti sicuri al di fuori della Libia. C’è anche bisogno di maggiore solidarietà  tra gli Stati costieri del Mediterraneo”
Solidarietà , porti aperti, inclusione, sostegno al meritorio lavoro delle Ong: sono parole e concetti che non hanno cittadinanza nell’azione politica del governo Conte II, che sulle questioni libiche e dei migranti è una fotocopia in peggio del governo Conte I. In peggio perchè più ipocrita
“Gli autori degli ‘orrori indicibili’, già  denunciati dal segretario generale Onu e ribaditi dalla Corte penale dell’Aja, non dovranno spegnere la macchina istituzionale della tortura. Da governi diversi, il voto ha riunito tutti i protagonisti di questi anni, da destra a sinistra, riuscendo nel ‘miracolo libico’ di creare una maggioranza trasversale nelle stesse ore in cui 65 esseri umani rischiano di perdere la vita mentre nessuno interviene: nè le motovedette di Tripoli, nè Malta e meno che mai l’Italia, ormai autorelegata all’interno delle acque territoriali…”. Così su Avvenire Nello Scavo, profondo conoscitore dell’inferno libico.
Torturatori, stupratori, assassini cambiano casacca e indossano la divisa. Partono con le loro imbarcazioni, che noi finanziamo, e riportano i migranti nei lager, dove tutto ricomincia da capo.
Non è un mistero che i boss del traffico di esseri umani e i comandanti della Guardia costiera che dovrebbero stroncarlo siano spesso le stesse persone. Questa ricostruzione è confermata da oltre duemila testimonianze di migranti che sono agli atti di numerose inchieste giudiziarie, anche italiane, come quelle delle Procure di Trapani e di Catania.
“Da tre anni denunciamo, insieme ad altre organizzazioni umanitarie, gli orrori dei lager libici che avvengono con la connivenza e il finanziamento italiano — afferma in una nota Oxfam – Eppure il governo continua ad aumentare le risorse a favore delle autorità  libiche e della Guardia costiera che da molte inchieste risulta direttamente collegata al traffico di esseri umani. Una vergogna che si ripete”.
Di tutto ciò il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, il segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, sono a conoscenza. Non possono dire: “Non sapevamo”.
Che la Guardia costiera libica sia una accolita di criminali e trafficanti riciclati lo sanno bene. Eppure li hanno rifinanziati.
E con loro i parlamentari, di maggioranza e opposizione – tranne 23 che hanno avuto il coraggio politico e l’onestà  intellettuale di votare “no”- che hanno dato luce verde al rifinanziamento della vergogna. Ed ora non versate lacrime su questa esecuzione di innocenti. Abbiate almeno questo sussulto di decenza.

(da Globalist)

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ADESSO L’ITALIA HA SCOPERTO LA “BOMBA TUNISINA”

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

MIGLIAIA DI GIOVANI CERCANO UNA SPERANZA DI VITA MIGLIORE IN UN PAESE AL COLLASSO

L’Italia scopre che esiste una “bomba tunisina”. E prova a disinnescarla. Ma quella “bomba” che rischia di far deflagrare il Paese nordafricano si chiama malessere sociale, assenza di futuro per migliaia di giovani che pur di ritrovare una speranza di una vita migliore, si fanno migranti e affollano i barconi che provano a raggiungere le coste italiane. Per l’Italia è allarme rosso.
La titolare del Viminale è volata a Tunisi dove ha fatto presente al presidente della Repubblica, Kais Said, i “seri problemi” causati all’Italia dai “flussi incontrollati”, invitandolo ad agire per rafforzare la vigilanza ed impedire le partenze.
Roma, da parte sua, è pronta a sostenere gli sforzi del Paese che versa in una grave crisi economica e politica, con un Governo dimissionario.
I tunisini chiedono all’Italia radar, manutenzione delle motovedette donate, addestramento delle forze di sicurezza.
Roma è pronta a sostenere il Paese e vorrebbe un aumento della quota settimanale di rimpatri, ma prima servirà  un Governo regolarmente in carica.   Proprio dalla Tunisia proviene oltre un terzo dei 12mila migranti giunti in Italia quest’anno.
Il Covid però ha ulteriormente aggravato le condizioni del Paese, privando la popolazione della principale fonte di reddito: il turismo. Così in tanti, quasi tutti giovani, scelgono la via della fuga.
“Da Paese di transito, la Tunisia si sta trasformando sempre più in un Paese di origine dei flussi migratori — dice a Globalist Abdessatar Ben Moussa, avvocato, presidente della Lega per i diritti umani, uno dei membri del Quartetto per il dialogo nazionale tunisino, insignito, nel 2015, del Premio Nobel per la Pace – Una cosa è certa: quello dei migranti non può essere ridotto a un problema di sicurezza e di attività  di polizia. La difesa dei diritti umani è importante ma lo è altrettanto il rafforzamento dei diritti sociali. La democrazia si rafforza se si coniuga alla crescita economica, alla giustizia sociale, a realizzare prospettive di lavoro per i giovani”
Arrivano nelle aree di Porto Empedocle, Sciacca, Licata, nell’Agrigentino, su barconi di legno di 10-12 metri, che spesso vengono anche abbandonati.
Più a ovest, verso Trapani o Mazzara, gli immigrati sbarcano, invece, da gommoni che portano dalle 20 alle 40 persone alla volta.
E’ la rotta tunisina, che attraversa il confine tra Tunisia e Libia.
Annota Paolo Howard ,in un documentato report su Affari Italiani: “Considerare la rotta tunisina quale mera alternativa a quella libica appare riduttivo. Sono i migranti tunisini a imbarcarsi dai porti di Sfax e Kerkenna, raramente gli stranieri…I protagonisti della rotta restano i giovani tunisini che, stretti nella morsa di una economia impoverita e di un clima politico asfissiante, fuggono a bordo dei social media prima ancora che delle imbarcazioni di fortuna”.
A Sud, le nostre frontiere esterne sono composte da Paesi che non sono solo più di transito, per migranti e rifugiati, ma di origine. E’ il caso, per l’appunto, della Tunisia. Sono i migranti tunisini a imbarcarsi dai porti di Sfax e Kerkenna, raramente gli stranieri (secondo il Forum tunisino dei diritti economici e sociali, tra il 2011 e il 2016 il 74,6% delle persone che hanno lasciato il Parse sono cittadini tunisini).
Sebbene negli ultimi mesi il flusso di migranti sub sahariani lungo il confine tunisino-libico sia cresciuto (migranti che vengono in Tunisia per trovare lavoro e raccogliere i soldi per pagare i passeur), ad oggi i protagonisti della rotta restano i giovani tunisini che, stretti nella morsa di una economia impoverita e di un clima politico asfissiante, fuggono a bordo dei social media prima ancora che delle imbarcazioni di fortuna.
I “gelsomini” non bastano per sfamare un popolo. I diritti non si mangiano. Una “rivoluzione” non si consolida se non riesce a dare un tetto, un lavoro, un futuro ad un popolo giovane. A nove anni dalla revolution yasmine, la Tunisia si riscopre inquieta, pervasa da un malessere sociale che investe tutti i settori della popolazione. Diplomati, laureati, professionisti: la protesta parte da lì. E dai ragazzi: un popolo sotto i 35 anni che si trova governato da una classe politica di ottuagenari.   La loro è anche una rivolta generazionale.
Nell’ultimo anno il Pil è cresciuto meno dell’1 per cento, la disoccupazione è schizzata invece al 15% (anche se secondo chi protesta la percentuale è almeno il doppio). I disoccupati sono oltre 600 mila, di cui più di un terzo in possesso di diploma di istruzione superiore .
Le conquiste democratiche, avviate dopo la fuga dell’ex presidente Zine El Abidine Ben Ali, il 14 gennaio 2011, non sono state accompagnate da una crescita economica in cui tutti speravano. Secondo l’ex ministro dell’Economia, Houcine Dimassi, “tutti i numeri indicano un netto peggioramento della situazione economica rispetto al 2010-2011”, quando Tunisi registrava un aumento del Pil tra il 4 e il 5 per cento. Una crisi economica drammatica, che non risparmia i beni primari: tutto è caro, la carne rossa costa 25 dinari al chilo, in tavola arriva se va bene una volta al mese. Senza contare che bisogna pagare l’affitto, le bollette, l’assistenza sanitaria, che non è più gratuita per nessuno, neanche per chi ne avrebbe diritto. Un dramma per un Paese che ha la disoccupazione al 30% e ben poche speranze di mobilità  sociale.
Secondo Ispi, si stima che approssimativamente 95.000 persone abbiano lasciato la Tunisia dall’inizio delle proteste a oggi, l’84% delle quali con un alto livello di educazione.

(da Globalist)

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LA FESTA DEL NEGAZIONISTA CHE FA AMMALARE TUTTA LA SUA FAMIGLIA E MORIRE LA SUOCERA

Luglio 29th, 2020 Riccardo Fucile

TUTTI I PARTECIPANTI ALLA FESTA SI SONO AMMALATI… ADESSO HA CAMBIATO IDEA

Tony Green, 43 anni di Dallas, e il suo compagno hanno organizzato una festa il 13 giugno per una dozzina di membri della famiglia tra cui il suocero Rafael Ceja, la nonna e le sorelle del suo compagno perchè consideravano l’emergenza Coronavirus una “scamdemic” e COVID-19 una bufala.
In pochi giorni tutti i partecipanti alla festa si sono ammalati, lui è stato ricoverato in ospedale e la nonna è morta.
La storia l’ha raccontata lui stesso a Dallas Voice: nei mesi dell’emergenza l’uomo, che è un seguace di Trump, ha violato tutte le regole del lockdown: “Credevo che il virus fosse una bufala. Credevo che i media mainstream e i democratici lo usassero per creare il panico, mandare in crash l’economia e distruggere le possibilità  di Trump di farsi rieleggere”.
Per questo ha organizzato la festa del 13 giugno e il giorno dopo si è svegliato con i sintomi di SARS-COV-2. Nei giorni successivi si sono ammalati i suoi cari e quelli del suo partner, inclusa la suocera che è morta il primo luglio.
Adesso però ha cambiato idea: “Non potete immaginare quanto mi senta in colpa per aver ospitato il raduno che ha provocato tanta sofferenza”, ha scritto nella newsletter di cui è regolare contributor.
“Ho preso in giro quelli che indossavano le maschere e rispettavano le distanze sociali”. “A coloro che negano l’esistenza del virus voglio dire che il Coronavirus è reale ed estremamente contagioso, e che puoi passarlo ai tuoi amici, famigliari, colleghi e vicini prima di scoprire di essere malato”, ha aggiunto.

(da agenzie)

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