Destra di Popolo.net

ZAIA VUOLE SALVARE IL SUO VICE FORCOLIN

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

DOPO AVER DETTO CHE NESSUNO DEI TRE CONSIGLIERI LEGHISTI COINVOLTI NELLO SCANDALO BONUS SAREBBE STATO RICANDIDATO, ORA IL VOLTAFACCIA PER MANTENERE GLI EQUILIBRI INTERNI DELLA LEGA VENETA

Luca Zaia in difficoltà  medita di salvare almeno uno dei “furbetti del bonus”. Il governatore del Veneto si ritrova tra due fuochi, con il rischio che Matteo Salvini lo cucini a fuoco lento.
Da un lato, si è intestato da subito la linea della severità  contro i furbastri del bonus, lanciando il “Me Too al contrario” con l’effetto mediatico di apparire più “duro e puro” dell’insolitamente silente (e prudente) segretario del partito.
Dall’altro lato, è rimasto vittima della sua stessa intransigenza: dopo aver ventilato l’orientamento a non ricandidare i tre consiglieri regionali “colpevoli” di aver preso i 600 euro di sostegno anti-coronavirus alle partite Iva, orientamento poi confermato dal commissario leghista in Veneto Lorenzo Fontana, si ritrova con giunta e consiglio regionale in subbuglio a un mese di distanza dalle elezioni che dovrebbero sancire il suo trionfo.
Con il paradosso di un figurone davanti all’opinione pubblica versus un costo politico tutto da calcolare. E il sospetto che l’attendismo di Salvini faccia parte di una strategia per ridimensionare il competitor interno più ingombrante.
Così, per evitare di scottarsi, Zaia medita una exit strategy, pur consapevole che è stretta e impervia: sacrificare i due consiglieri Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli, ma salvare il suo vicepresidente Gianluca Forcolin.
Fatto sta che la notte ha portato il governatore veneto a più miti consigli. “Incontrerò i consiglieri e poi renderò note le decisioni” ha avvertito. Probabilmente domani.
La parola, insomma, alla difesa, prima della sentenza definitiva. Ma Zaia già  mette in campo una differenziazione di circostanze: i primi due hanno effettivamente preso il bonus per poi darlo in beneficenza – “Non è affatto illegale, bensì un tema di opportunità ” – mentre il terzo “è socio di minoranza di uno studio associato che ha presentato domande per i soci e i clienti”.
Colpa, dunque, di una socia dello studio legale. Una giustificazione di per sè debole, non troppo diversa da quella del Dem piemontese Diego Sarno (che comunque si è autosospeso dal Pd), secondo cui sarebbe stata la fidanzata consulente fiscale a inoltrare una serie di richieste per i propri clienti, infilando nel gruppo anche la sua.
Ovviamente la questione è tutta politica. Al rigore veneto non ha fatto da contrappunto un analogo pugno duro nella Lega nazionale.
Salvini, dopo due giorni di silenzio, si è espresso: “Ho dato indicazione che chiunque abbia chiesto o incassato il bonus venga sospeso e in caso di elezioni regionali imminenti non ricandidato”.
Oltre all’esclusione delle liste di tre fedelissimi, c’è un’altra prospettiva che turba il periodo pre-elettorale del Doge. Se si confermassero le indiscrezioni per cui via Bellerio imporrà  a consiglieri e assessori regionali di correre sotto le insegne della lista per Salvini premier anzichè, come accadde la prima volta, in quelle a sostegno diretto di Zaia, sarebbero punti percentuali persi.
Allora, inimicarseli del tutto, potrebbe rivelarsi un errore. Sono valutazioni da fare in fretta. Forse, guardandosi le spalle.

(da “Huffingtonpost”)

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DOPO DUE GIORNI DI MEDITAZIONE LA LEGA NON ESPELLE ELENA MURELLI E ANDREA DARA E NON FA IL NOME DEL TERZO DEPUTATO CHE HA FATTO RICHIESTA DEL BONUS DI 600 EURO

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

CONSEGNA DEL SILENZIO PER I REPROBI E SOLO UNA SOSPENSIONE FARSA DOVE NON SI PRECISA PER QUANTO TEMPO

“Dopo aver ascoltato e verificato le rispettive posizioni, si conferma il provvedimento della sospensione per i deputati Elena Murelli e Andrea Dara”. Lo rende noto il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari, in merito alla vicenda dei bonus partite Iva.
“Entrambi i deputati hanno percepito il bonus Inps di 600 euro previsto per i titolari di partita Iva, si legge in una nota. “Pur non avendo violato alcuna legge – sottolinea il capogruppo Molinari – è inopportuno che parlamentari abbiano aderito a tale misura e per questa ragione abbiamo deciso e condiviso con i diretti interessati il provvedimento della sospensione.
Un piccolo imprenditore del tessile e una consulente di finanziamenti europei, entrambi con un reddito dichiarato oltre i centomila euro.
Ecco chi sono i due deputati leghisti col bonus: Andrea Dara, 41 anni di Mantova, Elena Murelli, 45 anni di Piacenza.
Il loro nome circolava da giorni, senza che da loro giungessero smentite nè ammissioni. E’ una nota del capogruppo della Lega Riccardo Molinari, che ne comunica la sospensione, a dare la conferma: sì, sono Dara e Murelli due dei tre parlamentari (il terzo sarebbe un Cinque stelle) che hanno chiesto e ottenuto il bonus da 600 euro riconosciuto dal governo alle partite Iva per far fronte all’emergenza Coronavirus.
La Lega non dice però chi è il terzo deputato della Lega che ha avanzato la richiesta del bonus pur non ottenendolo,
Andre DARA, nato a Castel Goffredo in provincia di Mantova il 7 gennaio 1979, è un piccolo imprenditore nel settore tessile e abbigliamento. Eletto nella circoscrizione Lombardia 4 nelle file della Lega, nel 2019 ha dichiarato – come si legge nella dichiarazione consegnata alla Camera – redditi per 109.324 euro. E’ stato consigliere comunale a Castiglione delle Stiviere (dove ha anche otto immobili, sempre secondo la sua dichiarazione dei redditi) dal 2007 al 2011, poi vicesindaco nel 2016 fino alla sua elezione alla Camera.
Elena Murelli, piacentina, ha compiuto da poco 45 anni (è nata il 29 luglio 1975). Con una laurea in economia e commercio e un master in gestione dell’economia di rete, alterna l’attività  di consulente in finanziamenti europei a quella di docente a contratto all’Università  Cattolica della sua città . Nella Lega dal 2001, politicamente si divide tra il consiglio comunale di Podenzano, nella pianura piacentina, e lo scranno alla Camera (dal 2018). Lo scorso anno ha dichiarato un reddito totale di 106.309 euro, nel 2018 di circa 62 mila.

(da agenzie)

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CONTROLLI PER CHI TORNA DA SPAGNA, GRECIA, CROAZIA E MALTA: TEST E TAMPONI

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

IL CONTAGIO RISALE E SPERANZA FIRMA UNA NUOVA ORDINANZA

In piena estate e con i contagi in netta risalita, con diversi focolai dopo i rientri dalle vacanze e la movida ‘indisciplinata’, il governo tentata di arginare l’avanzata del Covid con nuove misure.
In un incontro con i governatori, il ministro Speranza presenta e poi firma un’ordinanza che prevede il test rapido o il tampone per chi torna da Grecia, Spagna, Croazia, Malta e il divieto di ingresso e transito dalla Colombia.
L’Italia infatti è ormai un paese accerchiato dal Covid. Solo oggi per esempio nel paese iberico si sono registrati 1.690 casi. E chi torna dalle vacanze da alcuni paesi sconta forti probabilità  di contrarre il virus.
Basti pensare che dalla Croazia sono rientrati a Brescia sette ragazzi bresciani, tra i 18 e i 25 anni, tutti risultati positivi al Coronavirus. E sempre dalla Croazia sono tornati positivi tre ragazzi lodigiani. Le cronache dei giornali locali sono un bollettino di guerra.
Così nel giorno in cui anche in Italia si registra un ulteriore aumento del numero di malati, Roberto Speranza torna a fare la faccia feroce alla riunione con i Governatori, ricordando che è necessario “continuare sulla linea della prudenza per difendere i risultati raggiunti negli ultimi mesi con il sacrificio di tutti”.
Tale inizia a essere l’allarme che il piano di controlli – che a sera diventa un’ordinanza – viene condiviso da tutti.
Tre le possibili soluzioni per chi rientra dai paesi a rischio: test antigene, quindi test rapidi il cui risultato è possibile avere in un un quarto d’ora, nei luoghi in cui i vacanzieri arrivano (nei porti o negli aeroporti, ad esempio); l’obbligo di presentare un certificato di test negativo fatto nelle 72 ore precedenti o, infine, la comunicazione di rientro alla Asl di appartenenza per effettuare un tampone nelle 48 ore successive.
Favorevoli al piano del governo anche tutte le regioni
Scontro invece tra governo e Regioni per quanto riguarda la stretta per contrastare gli assembramenti nelle discoteche e nei locali all’aperto dove non vengono rispettate le misure anti-Covid come il distanziamento.
Il governo preferirebbe la chiusura o provvedimenti severi nei confronti degli stabilimenti – che di fatto diventano discoteche e dove è difficile mantenere i distanziamento sociale – mentre almeno una metà  dei governatori sarebbe contrario ad ulteriori provvedimenti.
Finora non sarebbe stato trovato ancora alcun accordo. Un nuovo incontro è in programma domani. E il Comitato tecnico scientifico sta studiando soluzioni mentre qualche governatore, come il toscano Rossi, propone il distanziamento di due metri per chi balla.

(da “Huffingtonpost”)

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VENERDI ALLE 12 TRIDICO FARA’ I NOMI DURANTE L’AUDIZIONE IN COMMISSIONE LAVORO

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

LA DECISIONE DI FICO

Alla fine la decisione è arrivata. Fonti di Montecitorio fanno sapere che «nelle prossime ore» il presidente dell’Inps Pasquale Tridico sarà  convocato in commissione lavoro e lì «sarà  dunque possibile per i deputati fare tutte le domande che ritengono al presidente Tridico sull’erogazione dei bonus, e dunque anche eventualmente sui nomi dei parlamentari beneficiari». L’appuntamento è fissato per venerdì alle 12.
La decisione su come affrontare il bonus gate è arrivata dopo consultazioni durate tutta la giornata, interamente dedicate al caso dei nomi dei deputati che hanno beneficiato del bonus previsto dal governo in piena emergenza Coronavirus per i lavoratori autonomi. Nella mattinata di oggi, 12 agosto, era circolata l’indiscrezione secondo cui l’Inps era pronto a svelare i nomi già  in giornata direttamente al presidente della Camera Roberto Fico. Ma subito dopo Montecitorio ha frenato.
Le ipotesi al vaglio della Camera erano tre: la possibilità  di un’interlocuzione diretta tra presidenza della Camera e presidenza dell’Inps, la risposta dell’ente alle interrogazioni presentate oppure un’audizione in commissione Lavoro.
Secondo quanto riferito a Open da fonti interne alla Camera, la prima ipotesi anche se più rapida sarebbe stata la più difficile da gestire: «Una richiesta diretta del presidente della Camera all’Inps di dati in possesso dell’istituto non può avvenire motu proprio», spiegavano le fonti, «serve che il processo sia avviato da un altro organo dello Stato. Stiamo studiando attentamente l’ipotesi, dobbiamo muoverci con cautela perchè se decidessimo di seguire questa via andremmo a creare un precedente».
Le altre due ipotesi — la risposta alle interrogazioni parlamentari e l’audizione in commissione Lavoro — sono apparse da subito più facilmente percorribili. Finchè appunto è arrivata anche la data.
La situazione relativa alla pubblicazione dei nomi dei deputati coinvolti nel “Bonus gate” si è sbloccata dopo che il Garante per la Privacy — come era stato anticipato da Open — è intervenuto, dando il via libera, nel pomeriggio dell’11 agosto. L’intervento è arrivato a poche ore dalle dichiarazioni della vice presidente dell’Inps, Maria Luisa Gnecchi, che al Corriere della Sera aveva passato la palla all’Authority: «A pronunciarsi deve essere il Garante della privacy», aveva dichiarato. Ora, però, a fare la prossima mossa dovrà  essere il Parlamento.

(da Open)

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ANCHE IL SINDACO M5S DI CAMPOBASSO HA PRESO IL BONUS DI 600 EURO

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

LO STIPENDIO NETTO DA SINDACO E’ DI 3.600 EURO AL MESE

Anche il sindaco del MoVimento 5 Stelle di Campobasso Roberto Gravina ha percepito il bonus da 600 euro. A scriverlo oggi è stato ISNews, ricordando anche che da quando è alla guida del comune percepisce un’indennità  di 4700 euro lordi, ovvero 3600 netti.
Il sindaco ha detto di aver devoluto parte del bonus in beneficenza mentre un’altra tranche è stata devoluta al fondo per COVID-19 della città .
Il primo cittadino ha confermato poi all’ANSA: “Mi spiace che si sia ingenerato un problema che a mio avviso non è equiparabile a quello che è accaduto — ha spiegato — semplicemente perchè l’erogazione da parte della Cassa forense viene riconosciuta a chi ha dimostrato di aver avuto un calo del fatturato. Io non vivo di politica, faccio l’avvocato, ma quella erogazione l’ho immediatamente devoluta al fondo del Comune attraverso un bonifico. La seconda — ha aggiunto — sinceramente non me l’aspettavo, ma sottolineo di averle donate entrambe al Comune”.
Un altro che fa beneficienza con i soldi degli altri.

(da agenzie)

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VICESINDACO LEGHISTA E ASSESSORE FORZISTA DI BIELLA NELLA BUFERA PER AVER INCASSATO IL BONUS DI 600 EURO

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

“NON VIVIAMO DI POLITICA”: MA AVEVANO DETTO LORO CHE AVREBBERO LAVORATO 24h PER LA CITTA’… E UNO STIPENDIO DI 2.800 EURO AL MESE

Il vicesindaco e un assessore della giunta di centrodestra che governa Biella hanno preso il “bonus” per le partite Iva ed è bufera.
Massimo Gaggino e Giacomo Moscarola sono finiti nel mirino dei social da messaggi di disapprovazione per i soldi chiesti e ottenuti dallo Stato per l’emergenza “Covid”.
Gaggino (Forza Italia) ha spiegato che facendo il parrucchiere e avendo tenuto chiuso il negozio per tre mesi, non ha percepito alcun reddito e quindi non trova niente di scandaloso nel avere chiesto l’aiuto statale messo in campo per lavoratori in difficoltà  economiche per l’emergenza sanitaria.
Moscarola, vicesindaco in quota Lega, come il sindaco Corradino, ha chiesto il bonus perchè ha la partita Iva in qualità  di perito assicurativo.
“Non vivo di politica e durante il lockdown non ho fatturato, dovendo però pagare i contributi” ha spiegato il leghista che ha un reddito di 2800 euro lordi come amministratore comunale in risposta a chi lo accusava.
Marta Bruschi, consigliera del Pd, rincara la dose: “Si sono aumentati lo stipendio a inizio mandato, perchè avevano detto che lavoravano h24 per la città . Invece abbiamo scoperto, con spiegazioni tipiche di chi si arrampica sui vetri, che si sono presi bonus destinati a persone davvero bisognose”.

(da agenzie)

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PARLA IL GIORNALISTA ITALIANO ARRESTATO IN BIELORUSSIA: “TRE GIORNI IN CELLA SENZA MANGIARE”

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

STAVA FILMANDO LA PROTESTA POPOLARE CONTRO IL REGIME CON IL CELLULARE

Claudio Locatelli, giornalista freelance italiano, è stato arrestato e rilasciato dopo tre giorni in Bielorussia, dove sono in corso dure proteste di piazza per il contestato esito delle elezioni presidenziali, che hanno visto prevalere per la sesta volta consecutiva Aleksandr Lukashenko.
Locatelli è stato arrestato nella notte tra domenica 9 e lunedì 10 agosto e rilasciato oggi, mercoledì 12 agosto, per l’intervento dell’Ambasciata italiana a Minsk. A darne notizia è stato lui stesso, sulla sua pagina Facebook.
“In carcere non mi hanno dato da mangiare per tre giorni, ora sto bene, sono nella sede dell’Ambasciata e dovrei fare rientro in Italia domani”, racconta Locatelli a TPI. “Ero in Bielorussia insieme ad altri tre italiani per una gara sportiva di Ocr, corsa a ostacoli estremi. Siamo arrivati martedì 4 agosto. La notte tra domenica e lunedì (quella dello spoglio elettorale e dell’inizio delle proteste, ndr) sono uscito per verificare cosa stava accadendo. Stavo filmando con il cellulare di lavoro, quando la polizia militare mi ha preso di mira e ha distrutto il telefono”.
Poi l’arresto: “Per ragioni di riservatezza per ora non posso dire molto”, spiega, aggiungendo che fornirà  maggiori dettagli sul fermo e sulla detenzione una volta rientrato in Italia. “L’Ambasciata ha fatto un gran lavoro per il rilascio”, si limita a dire.
Trentadue anni, bergamasco residente a Padova, Locatelli ha un passato da combattente anti-Isis in Siria al fianco dei curdi nella regione del Rojava (dove nel marzo 2019 perse la vita l’italiano Lorenzo Orsetti): “In Siria ne ho viste di cose strane, e posso dire che questa è stata paragonabile. Anche qui all’Ambasciata italiana mi hanno detto che da 10 anni almeno non si trovavano davanti una situazione così particolare come la mia”.
Locatelli è atteso in Italia per la giornata di domani: lo attende un periodo di quarantena precauzionale di 14 giorni per escludere che sia positivo al Coronavirus.

(da TPI)

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ANCORA RAZZISMO A MARSALA: IL BRANCO DI CRIMINALI CHE CACCIA I RAGAZZI NERI DAL CENTRO STORICO AL GRIDO DI “PRIMA GLI ITALIANI”

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

DEGNI FIGLI DELLA FOGNA SOVRANISTA AGGREDISCONO I GIOVANI DI COLORE… SUI MURI SVASTICHE E FRASI RAZZISTE

Vivere a Marsala, nel Trapanese, in Sicilia, se hai la pelle nera, deve essere diventato un incubo. L’ultimo episodio di razzismo, l’ennesimo, è stato registrato tra sabato e domenica, intorno alle 4 di notte.
Un ragazzo africano, stando a una prima ricostruzione, sarebbe stato accerchiato da un gruppo di giovani italiani: uno di loro lo avrebbe preso a calci e pugni, lasciandolo a terra in una pozza di sangue. Un pestaggio violentissimo che la vittima non ha trovato il coraggio di denunciare: attorno a lui si sarebbe formato persino un “cordone” di sicurezza per evitare che qualcuno potesse intervenire a sua difesa. «Così imparate a rispettare gli italiani», gli avrebbero detto.
Un clima di terrore e razzismo — ci confidano più fonti — che adesso la presidente provinciale del Pd di Trapani, Valentina Villabuona, ha deciso di denunciare pubblicamente insieme all’avvocato penalista Marco Campagna.
Anche perchè di episodi di razzismo, nel Trapanese, ce ne sono già  stati parecchi. E il clima che si respira non è dei migliori. «C’è un gruppo organizzato di estrema destra che prova ad allontanare i ragazzi neri dal centro storico, soprattutto durante le serate della movida», ci dice Valentina Villabuona. «Ci hanno raccontato che vengono spesso provocati e infastiditi. “Ve ne dovete andare, prima gli italiani” hanno detto loro in più occasioni. C’è paura».
E, come denunciato da Open, non è la prima volta che accade.
Succede all’Antico mercato di Marsala, quando è stato negato l’accesso a un gruppo di ragazzi africani con un “no, non potete entrare in discoteca” nonostante i giovani avessero già  pagato il ticket.
Si passa poi dalle svastiche alle croci celtiche, dalle scritte sui muri “No Floyd, no party” (il 46enne afroamericano ucciso dalla polizia negli Usa) a quelle inneggianti Luca Traini, l’estremista di destra che ha sparato contro un gruppo di immigrati a Macerata.
Ma ci sono anche le frasi sui muri contro la ministra Teresa Bellanova e persino gli insulti pubblicati su Facebook: «Caccia ai neg*i di merda, recuperiamoli, diamogli una zattera e abbandoniamoli nel canale di Sicilia».
«Ci sono delle responsabilità  politiche precise. I mandanti dei tanti, troppi, episodi di razzismo che si ripetono quotidianamente in Italia hanno nomi e cognomi precisi, ha scritto l’europarlamentare Pietro Bartolo, meglio conosciuto come il medico di Lampedusa che ha soccorso migliaia di migranti sbarcati sulla piccola isola siciliana. «Bisogna fermare questa semina di odio che porta solo acqua a certi mulini elettorali».

(da Open)

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LA “POLIZIOTTA” CHE SFIDA LE BANCHE

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

COSI’ KAMALA HARRIS PUO’ DARE IL COLPO DI GRAZIA A TRUMP

“Ho il grande onore di annunciare che ho scelto Kamala Harris — una combattente senza paura e uno dei migliori funzionari pubblici del Paese — come mia compagna di corsa”: con un messaggio su Twitter, il candidato alle prossime elezioni presidenziali Usa Joe Biden ha ufficializzato la scelta di aver individuato in Kamala Harris la vicepresidente in caso di vittoria.
La senatrice della California dal 2017 rappresenta già  un primato: è la prima candidata afroamericana alla vicepresidenza nella storia degli Stati Uniti.
Madre indiana, padre giamaicano, californiana, ex procuratore distrettuale a San Francisco, era la candidata nera più conosciuta dagli americani, tra le “finaliste” della selezione di Biden. Più famosa di Karen Bass, di Susan Rice, di Val Demings, nomi forti dei democratici ma non con un impatto mediatico a livello nazionale come lei, che conta su più di 4 milioni di follower su Twitter.
Harris ha 55 anni ed è nata a Oakland, vicino a San Francisco. Sua madre era un’endocrinologa emigrata dall’India negli anni Sessanta, mentre suo padre era un professore di economia emigrato nello stesso periodo dalla Giamaica. Le sue origini non sono quindi strettamente afroamericane, anche se è così che viene normalmente definita.
“Ai tempi in cui Kamala era procuratore generale, lavorava a stretto contatto con Beau. Li ho visti sfidare le grandi banche, sollevare i lavoratori e proteggere donne e bambini dagli abusi. Allora ero orgoglioso e ora sono orgoglioso di averla come mia partner in questa campagna”, ha aggiunto lo sfidante di Trump.
“Joe Biden può unire il popolo americano perchè ha passato la vita a combattere per noi. E come presidente, costruirà  un’America all’altezza dei nostri ideali. Sono onorata di unirmi a lui come candidato vicepresidente del nostro partito e di fare quello che serve per farlo diventare il nostro comandante in capo”, la risposta della senatrice californiana.
Harris, che prima di essere senatrice era stata procuratrice distrettuale di San Francisco e poi procuratrice generale della California, è una delle persone più note e popolari del Partito Democratico, e aveva sfidato Biden nelle primarie.
Nonostante avesse tenuto posizioni progressiste su temi come il matrimonio gay e la pena di morte, l’ala più a sinistra del Partito Democratico l’ha spesso accusata di aver ostacolato o di non aver sostenuto a sufficienza riforme su temi come la polizia e le pene per lo spaccio di droga. à 
La sua candidatura era partita molto bene, ed era stata considerata per un po’ una delle favorite: ma col tempo si era sgonfiata, principalmente per alcuni grossi errori organizzativi e di strategia. Harris si era ritirata lo scorso dicembre, dando poi il proprio sostegno a Biden a marzo.
Nonostante le tensioni di inizio primarie con Biden, quando contestò all’ex vicepresidente la sua freddezza nell’appoggiare iniziative che combattevano la discriminazione razziale, Harris ha mantenuto buoni rapporti con lui. È amica di casa da tempo, essendo stata procuratrice federale, come il figlio Beau: lei in California, lui nel Delaware. La senatrice è rimasta in contatto con Beau fino agli ultimi giorni di vita del figlio di Biden, morto nel 2015 per un cancro al cervello.
“Lo ha sempre sostenuto”, disse Biden quando fece l’endorsement della senatrice per le elezioni del 2016. E quattro anni dopo, ha chiuso il cerchio, chiamandola al suo fianco nella sfida a Donald Trump, che sul suo account ha dedicato un video alla fresca candidata vicepresidente, in cui la descrive come “radicale”, la donna delle “migliaia di miliardi di dollari di tasse”.
Kamala è cresciuta a Berkeley, ma dopo il divorzio dei suoi genitori si è trasferita a Montreal, in Canada, dove ha completato gli studi alla Westmount High School. Poi si è laureata in Economia e in Scienze Politiche alla Howard University e ha preso un dottorato in Giurisprudenza presso l’Hastings College of the Law, a San Francisco.
Per quanto riguarda la sua carriera, Kamala ha lavorato per anni come viceprocuratore distrettuale della Contea di Alameda e poi a San Francisco. Qui è stata eletta procuratore distrettuale, rimanendo in carica fino al 2011.
Da quell’anno al 2017 è stata la prima donna e la prima persona asioamericana a ricoprire l’incarico di procuratore generale della California. Kamala si è poi candidata come senatrice, e nel 2019 ha annunciato la sua candidatura per le primarie democratiche — che ha poi ritirato alcuni mesi dopo. Ha però deciso di appoggiare il candidato Joe Biden.
Da tempo sentimentalmente legata all’avvocato Douglas Emhoff, con il quale è convolata a nozze nel 2014. Sul suo profilo Instagram ci sono diverse foto che la ritraggono in compagnia dell’uomo.
La Harris non ha figli, ma ha un buon rapporto con Cole ed Ella, i ragazzi nati dal precedente matrimonio di suo marito. Oggi vive con la sua famiglia a San Francisco, anche se per lavoro si sposta spesso a Washington. Secondo Forbes, nel 2019 lei e suo marito avevano un patrimonio netto stimato di circa 5,8 milioni di dollari

(da agenzie)

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