Destra di Popolo.net

“NON MI RICORDAVO DI AVER PRESO IL BONUS”: IL CONSIGLIERE REGIONALE LEGHISTA DELLA LOMBARDIA GALIZZI HA LA MEMORIA CORTA

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

SI DICE PER NULLA PENTITO: “IN FONDO E’ UNO SCONTO DI QUANTO VERSO ALL’INPS”… “SONOI VITTIMA DI UNA MENTALITA’ DISCRIMINATORIA”

Alex Galizzi, consigliere regionale della Lombardia della Lega ammette di aver ricevuto il bonus di 600 euro stanziato dal governo per aiutare le partite Iva cadute in difficoltà  per il Covid-19.
“Il mio socio mi ha appena confermato che anche noi come società  abbiamo ricevuto il bonus a cui io stesso avevo dato l’ok per richiederlo. Sinceramente era una cosa che avevo accantonato dalla mia mente, ma ripensando a vari momenti ho ricordato quale fosse il motivo per cui avevo dato il mio benestare e non mi sento in colpa di aver ricevuto uno sconto dall’Inps sui soldi che ogni anno verso. Credo che non ci si possa accorgere solo oggi che le cose in questo Paese non sono giuste; bastava mettere un limite sul reddito dell’anno precedente e problemi non ce ne sarebbero stati”.
Con la conferma dell’esponente leghista della Val Brembana, anche in Lombardia un consigliere regionale del partito di Matteo Salvini ammette di aver chiesto e ottenuto il bonus.
Ora si attendono le decisioni del partito.
Nella sua lunga arringa difensiva, Galizzi, che era stato eletto al Pirellone nel 2018 quando Attilio Fontana diventò governatore della Lombardia prova a giustificarsi così. “In prima battuta avevo detto di non procedere con la pratica e in un’altra occasione alla scadenza – ad ulteriore richiesta – avevo dato conferma per inoltrare l’istanza mentre salivo di corsa in auto”.
Poi aggiunge: “Da sempre tutti ci lamentiamo che nei palazzi non si producono norme adeguate e poi proprio chi le ha congeniate vuole rinnegare chi le utilizza… Assurdo”.
Per nulla pentito nè intimorito il consigliere e regionale lombardo della Lega – che in passato era già  finito nel mirino di Matteo Salvini per una foto che era stata pubblicata su un profilo Facebook di un altro leghista, che ad alcuni aveva fatto sospettare un suo coinvolgimento nella prematura caduta del sindaco ad Almè — rincara la dose: “Questa mentalità  accusatrice e discriminatoria anzichè costruttiva e lungimirante ci sta rovinando e se si continua così il pericolo è che chi lavora non meriterà  più nulla, mentre chi dorme sotto una pianta verrà  mantenuto da queste menti eccelse che probabilmente non hanno fatto in vita loro una singola giornata di lavoro” (che si riferisca a Salvini?)
“Indegno che un consigliere regionale abbia fatto richiesta del bonus Covid, e ancora più vergognoso usare la scusa del “non ricordavo”. Un vero affronto all’intelligenza delle persone”, commenta la segretaria del Pd Milano Metropolitana Silvia Roggiani. “Mi chiedo — aggiunge – dove sia l’etica di questi personaggi che, invece di chiedere scusa, fanno benaltrismo, pur ben sapendo che il non aver messo un tetto da parte del governo era nell’unico interesse di permettere a chi aveva estrema necessità  di accedere ai soldi in tempi brevi. Il suo capo politico, Matteo Salvini, non ha niente da dire? Infine, voglio ribadire che noi crediamo sia profondamente sbagliato mettere sullo stesso piano eletti nelle assemblee legislative (Parlamento e Consigli regionali) con amministratori locali. Se nel primo caso è assolutamente inaccettabile e vergognosa la richiesta del bonus, non lo è per tanti consiglieri comunali o Sindaci di piccole realtà , una maggioranza silenziosa che opera con grandi responsabilità  e spesso bassi compensi”.
Dura anche la presa di posizione del Movimento Cinque Stelle con il consigliere regionale Dario Violi: “La Lega aveva attaccato il bonus, ma poi visto quello che sta emergendo anche in Lombardia, i leghisto quando   ci sono soldi da prendere li prendono.

(da agenzie)

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FONDI LEGA, LA PISTA CHE CONDUCE ALLA BANCA DELLA BERGAMASCA: “DUE MILIONI DI EURO NELLA FILIALE DELL’AMICO DEL COMMERCIALISTA DELLA LEGA”

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

UNA GROSSA SOMMA DI DENARO FINITA NEI CONTI DELLA FILIALE DELL’UBI DI SERIATE APERTI DA UNA SERIE DI SOCIETA’ RIFERIBILI AI COMMERCIALISTI DELLA LEGA

Circa due milioni di euro sono passati dai “fondi dalla Lega Nord e da soggetti collegati a tale partito” a una “una filiale della Bergamasca” della banca Ubi, l’ex Popolare di Bergamo, diretta da “un amico di vecchia data” di Alberto Di Rubba, ex revisore legale del gruppo del Carroccio al Senato.
Lo racconta un’inchiesta del settimanale Espresso, che documenta come una consistente somma di denaro sia finita — attraverso una serie di rivoli — a personaggi legati al partito di Matteo Salvini.
Un complesso risiko di “bonifici, decine e decine di operazioni nell’arco degli ultimi sei anni” su “conti correnti intestati a società  riconducibili ad Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, i commercialisti di fiducia” del Carroccio.
Al centro c’è la piccola filiale dell’Ubi di Seriate, in provincia di Bergamo. L’inchiesta dell’Espresso conferma il complesso risiko di professionisti e società  attivi nella provincia orobica e legati a vario titolo a personaggi vicini al Carroccio, scoperto nel 2019 dal Fatto Quotidiano.
Di Rubba e Manzoni, assieme all’altro commercialista Michele Scillieri, sono indagati nell’inchiesta della Procura di Milano sulla presunta “vendita gonfiata” per 800 mila euro alla Lombardia Film Commission di un capannone nel milanese. Un immobile acquistato un anno prima alla metà  di quel prezzo pagato dall società  partecipata dalla Regione Lombardia, all’epoca guidata da Di Rubba. E proprio nell’ambito di quest’indagine il 23 luglio scorso il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi hanno sentito come teste il direttore della filiale di Seriate, dove sarebbero stati “parcheggiati” anche i fondi di quella vendita, poi dispersi in più rivoli.
Il direttore della filiale si chiama Marco Ghilardi, come scrive l’Espresso, è “amico di vecchia data” di Di Rubba, ex presidente della Lombardia film commission.
E quella filiale, secondo il settimanale, è “diventata una sorta di porta girevole per i soldi della Lega“.
Dalle “carte ufficiali — scrive ancora l’Espresso — si scopre che a gennaio del 2016 la fondazione a controllo regionale ha aperto un conto, il 6224, proprio all’Ubi di Seriate. Una scelta che a prima vista appare inspiegabile”. Perchè inspiegabile? “Perchè mai l’ente guidato dal commercialista della Lega decise di rivolgersi proprio a quell’agenzia distante una sessantina di chilometri dalla propria sede di Milano, la capitale finanziaria del Paese?”, annota il giornalista Vittorio Malagutti. Che poi ricostruisce i mille bonifici su cui hanno viaggiato quei milioni.
“Studio Dea Consulting, Cld srl, Nsa srl, Sdc srl: ecco i nomi — si legge ancora nell’articolo — delle società , tutte con il conto all’Ubi di Seriate, che hanno ricevuto i pagamenti con il marchio del Carroccio”.
Sono le stesse società  in cui si è imbattuto Il Fatto quando ha ricostruito la rete segreta dei professionisti vicini al Carroccio.
“Queste sigle — continua Malagutti — nei mesi scorsi sono finite nei rapporti dell’Uif, l’Unità  di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Gli analisti hanno ricostruito la girandola di bonifici bancari che collegano le casse della Lega con i più svariati destinatari”. Proprio l’Uif annota come quelle operazioni sembrino “finalizzate alla ricezione di consistenti fondi dalla Lega Nord e da soggetti collegati a tale partito sotto forma di pagamenti di prestazioni professionali”, di cui però, si legge nelle carte dell’indagine, appare “dubbia l’effettività ”. In altre parole, c’è il fondato sospetto che quei bonifici siano in realtà  serviti ad arricchire pochi fortunati attingendo alle case del partito.
Il 10 dicembre 2017, cioè 5 giorni dopo aver incassato il prezzo della vendita del palazzo di Cormano alla Lombardia Film commission, l’Immobiliare Andromeda — società  che aveva venduto l’immobile e che aveva come unico azionista la società  Futuro Partecipazioni, amministrata da Michele Scillieri — versa 178.500 euro sul conto corrente 6460 dell’Ubi di Seriate intestato alla Sdc srl, una società  costituita nel 2016 con capitali provenienti dallo studio Dea Consulting di Di Rubba e Manzoni.
“I quali, come rivela l’esame della documentazione bancaria, tra il 2016 e il 2018 hanno ricevuto in totale quasi 370 mila euro (198 mila per Di Rubba, 171 mila per Manzoni) provenienti da quello stesso conto alimentato anche da versamenti di Radio Padania , che fa capo al partito di Salvini.
Altri 62 mila euro sono invece andati dalla Sdc al tesoriere della Lega, il deputato Giulio Centemero, da sempre in ottimi rapporti, anche d’affari, con i due commercialisti”, ricorda sempre il settimanale.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA RIVOLTA DEI COMMERCIALISTI: “BASTA SCUSE, NON POTEVAMO CHIEDERE NOI IL BONUS DI 600 EURO A INSAPUTA DEI POLITICI”

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

SMONTANO LE SCUSE DEI CONSIGLIERI: “NOI CI MUOVIAMO SOLO SU MANDATO DEL CLIENTE”

“Siamo a qui a lavorare fino al 20 agosto per portare soldi nelle casse dello Stato, mentre loro sono in ferie! E ci danno pure la colpa di questo”.
Giorgio Luchetta, vicepresidente del Consiglio nazionale dei commercialisti ed esperti contabili, è di pessimo umore.
Mentre Matteo De Lise, presidente dell’Unione giovani commercialisti, prima la butta sul ridere (“certo, c’è un piano della nostra categoria che punta a danneggiare tutta la classe politica”) ma poi attacca: “Se hanno avuto il coraggio di chiedere quei soldi, cosa che non è illegale, non scarichino la colpa su di noi usandoci come capro espiatorio“.
Il fatto è che alcuni consiglieri regionali stanno raccontando di aver ricevuto il famigerato bonus di 600 euro a loro insaputa, perchè “l’ha chiesto il commercialista”.
Problema: i commercialisti non sono mai stati abilitati a inviare all’istituto la domanda per conto dei clienti.
“Gli ho detto di non farlo mai più” — “Quando ho visto il bonus ho detto al commercialista: ‘Per carità  di Dio, non farlo mai più’. Lui mi ha risposto: ‘Io faccio il mio lavoro’”, è stata la ricostruzione di Riccardo Barbisan, consigliere regionale leghista in Veneto.
Tutta colpa del consulente fiscale, ha detto ad Antenna 3 quando è scoppiato il caso. Giustificazione simile per Gianluca Forcolin, vicepresidente della Regione, anche lui del Carroccio: “Dal mio studio associato sono state inoltrate richieste di bonus a favore di tutti noi soci”.
Mentre Ubaldo Bocci, fino a ieri coordinatore del centrodestra in Consiglio comunale a Firenze, ha detto di “non ricordare” se il commercialista l’avesse avvertito.
Quando ha letto quelle frasi, Luchetta è saltato sulla sedia. “Il 2 aprile, dopo il crash del sito Inps nel primo giorno utile per chiedere i 600 euro, ci assicurarono che saremmo stati abilitati all’invio delle richieste in blocco, cosa che avrebbe agevolato molto la procedura evitando che ci fossero troppi utenti singoli collegati”, ricorda. “Ma l’8 aprile il direttore centrale Inps Rocco Lauria scrisse via pec al nostro Ordine che non bastava una delibera interna: serviva un decreto ministeriale. Che non è mai arrivato. Insomma, ci ripensarono”.
“Ci muoviamo solo su mandato del cliente”
Risultato: “Il bonus poteva chiederlo solo il cliente con lo Spid o il pin personale. Noi non eravamo autorizzati a farlo (a differenza dei patronati, ndr). Certo, è possibile che il cliente sia andato dal commercialista con il pin e gli abbia chiesto di farlo: così come se mi dai la tua carta di credito e il codice segreto posso prelevare per te…”.
In ogni caso è escluso che un professionista possa aver fatto la richiesta all’insaputa del cliente. Perchè, aggiunge De Lise, “quando si utilizza il pin sull’utenza telefonica del titolare del codice arriva un sms di conferma della seconda parte del codice stesso”. Insomma: impossibile che il beneficiario non abbia traccia dell’avvio della procedura per chiedere l’indennità . “Del resto noi ci muoviamo solo su mandato del cliente, non prendiamo decisioni autonome. E’ inutile che ci chiamino in causa in maniera strumentale“.

(da agenzie)

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IL TERZO DEPUTATO CHE HA INTASCATO IL BONUS E’ MARCO RIZZONE DEL M5S

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

IL PARTITO L’HA DEFERITO AI PROBIVIRI PER CHIEDERNE L’ESPULSIONE

Alla vigilia del “processo” alla Camera sui politici che hanno chiesto il bonus covid, spunta anche l’ultimo nome che mancava all’appello dei ‘furbetti’ sospettati (mancano il leghista e il renziano che avrebbero però fatto la richiesta senza ottenerlo)
Si tratta del pentastellato Marco Rizzone deputato e membro della Commissione Attività  produttive e di quella di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
“In relazione alla vicenda del bonus da 600 euro, destinato a partite Iva, lavoratori autonomi e professionisti, ho deferito il deputato Marco Rizzone al Collegio dei Probiviri chiedendone la sospensione immediata e massima severita’ nella sanzione”. Lo dichiara in una nota il capo politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi.
Nato a Genova, 37 anni, una laurea in finanza e dottorato alla Scuola Sant’Anna di Pisa, Rizzone è un imprenditore nel settore delle tecnologie e del turismo. Ha creato l’App Zonzo Fox, una guida turistica nelle città  italiane. Eletto con il Movimento 5 stelle nel 2018 nel collegio uninominale di Genova ma non militante della prima ora, Rizzone al suo primo mandato in parlamento è ora componente della commissione attività  produttive della Camera e della commissione d’inchiesta sulle Banche. Nel 2019 ha dichiarato un reddito di 74.995 euro e il possesso di diverse azioni, da Enel a Leonardo, Pirelli ed Eni.
Il 1° aprile, nel primo giorno in cui lavoratori autonomi e partite Iva potevano fare richiesta all’Inps per ottenere il bonus da 600 euro previsto per aiutare chi è stato colpito dalla crisi dovuta al coronavirus, Rizzone in un post su Facebook aveva presentato la misura: “Incredibile: non è un pesce d’aprile“, aveva scritto. Per poi elencare i beneficiari della misura e spiegare qual era la procedura da seguire: “È velocissimo. In pochi semplici passaggi ti verrà  chiesto di inserire numero di telefono, email e IBAN del conto su cui accreditare la somma”

(da agenzie)

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IL SINDACO LEGHISTA DI TREVIGLIO CON STIPENDIO DI 3.300 EURO HA PRESO IL BONUS DA 600 EURO

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

UN LAVORO DA CONSULENTE GLI HA PERMESSO DI FARE LA RICHIESTA

Il “mai più ricandidati” nelle liste della Lega non vale per il sindaco di Treviglio, Juri Imeri. Anche il numero uno dell’amministrazione che guida la città  da 30mila abitanti in provincia di Bergamo ha chiesto e ottenuto il bonus da 600 euro messo a punto dal governo per partite Iva e autonomi per i mesi di marzo e aprile.
Ma Lega, a differenza di quanto fatto coi deputati Elena Murelli e Andrea Dara, che sono stati sospesi, ha già  fatto quadrato intorno al proprio esponente: Imeri è un amministratore locale, nulla ha a che vedere con parlamentari o consiglieri regionali che portano a casa, ogni mese, stipendi da cinque cifre.
Eppure nella cittadina della Bergamasca non si parla d’altro.
Le opposizioni hanno firmato un documento comune per condannare il gesto del sindaco “Non si può far finta di nulla, la sua scelta è stata inopportuna, ci sono state persone che hanno faticato veramente, persone a reddito zero. Il caso del sindaco è molto diverso, per questo valuteremo azioni in via ufficiale quando torneremo in Consiglio comunale a settembre”.
Le opposizioni, in particolare, puntano sulla situazione reddituale di Imeri.
Come primo cittadino di Treviglio, infatti, incassa un’indennità  da 3.346 euro lordi al mese. Sul sito del Comune, nel documento sul suo stato patrimoniale relativo al 2018, il sindaco dichiara di avere un “reddito complessivo pari a 43.962 euro“.
Imeri, al di là  dell’attività  da sindaco, si occupa dal 2011 (stando al suo curriculum vitae) di “incarichi di prevenzione e protezione” sui luoghi di lavoro in qualità  di “consulente con partita Iva“.
Per questo Imeri — o meglio, il suo commercialista — avrebbe fatto domanda per il bonus da 600 euro “nella consapevolezza dei gravi danni che il lockdown avrebbe comportato alla mia attività ”.
“Se all’anno dichiara quasi 44mila euro, e da sindaco guadagna più di 3300 euro al mese, con la sua attività  da consulente già  a partire dal 2018 porta a casa meno di 4mila euro“. Insomma, è il ragionamento, la sua entrata principale è quella da amministratore e quella da partita Iva risulta, sostanzialmente, irrilevante.
Secondo il sindaco è “una follia” che “chi ricopre un incarico pubblico non possa avere anche un ruolo privato. Sono stato vittima di un attacco vergognoso, e le opposizioni ne risponderanno”.
Per Imeri, infatti, l’accusa sulla sua attività  di consulente è una fake news: “Il mio reddito relativo al 2018”, precisa, “è di poco più di 43mila euro così ripartiti: 29mila euro da sindaco e 14mila con la mia attività  con partita Iva. Questi sono tutti importi netti“. Quindi, stando alla sua spiegazione, i 43.962 euro denunciati lo scorso anno, con relativo documento pubblicato sul sito del Comune, sarebbero al netto delle tasse
Il quesito resterebbe: è opportuno chiedere i 600 euro quando si guadagnano, a questo punto, quasi 44mila euro netti all’anno?

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL SINDACO LEGHISTA DI VIGGIANO INTASCA IL SUSSIDIO DA LUI STESSO DELIBERATO

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

HA PRESO IL BONUS FINANZIATO CON LE ROYALTY DEL PETROLIO… 3.000 EURO DI BONUS A TUTTE LE PARTITA IVA (COME LUI)

Amedeo Cicala, sindaco leghista di Viggiano — comune in provincia di Potenza noto perchè ospita il più grande impianto di estrazione di petrolio d’Europa — ha chiesto un bonus che lui stesso aveva approvato.
Un’indennità  generosa, 3mila euro (contro i 600 dell’Inps) finanziati appunto con le royalty pagate dalle compagnie.
La vicenda, raccontata dalla stampa locale, è stata chiarita da Cicala stesso in un’intervista a Basilicata24. A maggio, subito dopo il picco dell’emergenza Covid, “il Comune di Viggiano ha emanato un bando per l’assegnazione di un bonus a tutte le partite iva ricadenti nel territorio, tutte“.
Il bando era finanziato con le royalty del petrolio e piuttosto generoso: l’indennità  prevista era di 3mila euro contro i 600 del bonus Inps.
“Hanno fatto domanda circa 370 partite iva e tutte hanno ricevuto il bonus. Tra questa anche la mia. Qual è il problema?”, ha commentato Cicala, fratello di Carmine che è presidente del Consiglio regionale.
Secondo il senatore lucano del Movimento 5 Stelle Arnaldo Lomuti l’indennità  è andata anche ad assessore al bilancio e capogruppo di maggioranza. Gli stessi che, insieme al sindaco, hanno votato la delibera in giunta facendola passare.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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L’ESPERTO DI PENSIONI: “IL FLOP DI QUOTA 100 ERA AMPIAMENTO PREVISTO”

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

“UN TIPICO CASO DI ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA”… “IL 54% DI CHI HA INIZIATO A LAVORARE DOPO IL 1995 AVRA’ UN PENSIONE INFERIORE ALLA SOGLIA DI POVERTA’ (780 EURO)”

“La fuga da Quota 100 non sorprende, anzi un calo di questa portata era stato ampiamente previsto. Di fronte a una crisi economica è scontato che il contribuente tenda a proteggere il suo reddito”.
Secondo Felice Roberto Pizzuti, docente di Politica Economica e di Economia e Politica del Welfare State presso l’Università  “Sapienza” di Roma, il drastico calo di domande per l’uscita anticipata dal lavoro era largamente prevedibile.
Un dato su tutti, riportato oggi dal Sole 24 Ore, fotografa il flop della misura approvata dal Governo Conte I: nei primi sei mesi dell’anno le domande presentate sono meno di un terzo di quelle accolte nell’intero 2019.
Professore, come si spiega?
Tutti sanno che quando si va in pensione si subisce una diminuzione, maggiore o minore a seconda dei casi, del proprio reddito. Ma se si va via anticipatamente il calo è superiore. Perciò se un cittadino, per fare un esempio, anticipa di cinque anni la sua uscita dal lavoro, vorrà  dire che per cinque anni in più dovrà  fare affidamento sul suo reddito da pensione, quindi inferiore. Di fronte a una crisi economica e all’incertezza che ne deriva è abbastanza ovvio che le persone preferiscano avere un reddito maggiore anche a costo di dover lavorare di più.
Non è possibile che, trattandosi di una misura a tempo e in scadenza nel 2021, le persone aspettino l’ultimo momento utile per fare richiesta?
Può darsi, c’è tutto il 2021, ma vale anche il ragionamento opposto. Visto che spesso si parla dell’intenzione di eliminare anticipatamente Quota 100, le persone possono anche essere spinte a ricorrervi prima. Il comportamento di fondo comunque è molto simile a quello visto con gli 80 euro del Governo Renzi.
In che senso?
I dati mostrano come in molti casi, in una situazione di precarietà  di reddito, chi ha goduto del bonus fiscale invece di consumarlo lo abbia risparmiato. E questa tendenza è stata riscontrata nei redditi medio e medio-bassi. Per lo stesso motivo molte persone preferiscono non andare in pensione con un tasso di sostituzione del reddito penalizzante, un calo fino al 15% rispetto allo stipendio per quel che riguarda Quota 100.
Insomma, troppo clamore politico su questa misura.
Si tratta di una misura largamente sopravvalutata sia in termini di costo che sotto il profilo degli effetti positivi sulle assunzioni. Ripeto, era tutto ampiamente previsto. Di più, Quota 100 è stata soltanto un’arma di distrazione di massa da quella che è la vera bomba sociale che esploderà  nel prossimo futuro.
Quale?
Oggi sappiamo che il 54% delle persone che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995 avrà  una pensione inferiore alla soglia di povertà  (780 euro).
Queste sono stime?
No, sono certezze. Se l’attuale assetto pensionistico non subisce modifiche, questo è ciò a cui vanno incontro milioni di persone. Inutile pensare che non sia vero, non si tratta di ipotesi o di stime. Perciò le dico che Quota 100 è soltanto un diversivo, e il fatto che ci sia questa frenata delle domande ne è solo l’ennesima riprova.
Un quadro sconfortante.
Altro che Quota 100, qui dobbiamo iniziare a occuparci seriamente delle pensioni di chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. Sono più della metà  e si tratta di persone che hanno già  pagato una volta perchè lavoratori o lavoratrici con contratti spesso precari. Si rischia di accanirsi due volte sulla stessa generazione e i numeri confermano che non si è ancora colto il problema. Il fatto che il premier olandese Rutte per sbloccare la trattativa del Recovery Fund chieda tagli al nostro sistema pensionistico dimostra ancora una volta come il dibattito politico abbia preso una strada sbagliata e ben lontana dai reali problemi.
Quale soluzione suggerisce?
La nostra proposta, che portiamo avanti da anni nel Rapporto sullo Stato Sociale della Sapienza di cui sono curatore, è di versare contributi sia ai lavoratori presenti sul mercato del lavoro sia agli assenti. Sia a chi lavora, sia ai disoccupati.
È un sistema sostenibile?
Certo. Perchè non comporta alcuna spesa immediata per lo Stato. Al disoccupato si versa un contributo figurativo, come se fosse un pezzo di carta. Il contribuente non paga nulla, nè ci sono uscite dal bilancio pubblico. In questo modo, inoltre, si dice alla persona senza lavoro di non preoccuparsi per la sua pensione. Mario Rossi, per dire, non penserà  a risparmiare o quantomeno risparmierà  di meno, perchè l’incertezza per il futuro è minore. È anche un espediente per sostenere la domanda interna, e in questi giorni di crisi Covid ci si sta rendendo conto di quanto sia importante la vitalità  della domanda interna, soprattutto in presenza di una crisi economica. Basta vedere le enormi spese in deficit che i Governi europei stanno autorizzando.

(da agenzie)

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EROI PER QUALCHE MESE, DIMENTICATI IN FRETTA

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

GLI INFERMIERI TRA TURNI MASSACRANTI E STIPENDI BASSI… PERSONALE INSUFFICIENTE, SENSO DI SFIDUCIA E PRECARIETA’

Eroi per qualche mese, dimenticati a fine emergenza. La parabola degli infermieri ha seguito la narrazione enfatica della fase di lockdown: tanta gloria nel momento del bisogno, ma appena è diminuita l’attenzione, con il ritorno alla normalità , la categoria non ha ricevuto risposte adeguate.
Gli “eroi delle corsie” hanno ottenuto un bonus una tantum, con una cifra che è variata su base regionale. Ai più fortunati sono arrivati un migliaio di euro aggiuntivi. Meglio di niente, certo. Ma non c’è stato un intervento strutturale sia da un punto di vista economico che sotto il profilo del rafforzamento degli organici, salvo un ritocco introdotto dal decreto Rilancio.
Tanto che all’appello, secondo le stime degli esperti aggiornate con “l’effetto quota 100”, potrebbero mancare in totale 76mila infermieri nei prossimi mesi. Un punto di partenza non proprio incoraggiante in caso di seconda ondata di epidemia.
Già  oggi, secondo le stime della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), servirebbero 53.860 infermieri in tutta Italia per garantire un rapporto equilibrato con i pazienti.
«La carenza complessiva è di oltre 20mila unità  per poter fare fronte alle necessità  legate al rispetto della normativa europea su turni e orari di lavoro nelle strutture del Sistema sanitario nazionale e oltre 30mila unità  per rendere efficiente l’assistenza sul territorio», riferisce un dossier della Fnopi. Per capire la dimensione del fenomeno: in Lombardia, la regione flagellata dall’epidemia di Covid-19, sarebbero necessari oltre 8mila infermieri (5.231 sul territorio, 2.863 direttamente in ospedale). Non va meglio per il Lazio, secondo nella graduatoria, con un buco di 5.806 infermieri (2.999 sul territorio, 2.807 nei reparti ospedalieri), e per la Campania, che completa questo speciale podio, con la mancanza di 5.279 infermieri (suddivisi in 2.887 sul territorio e 2.399 in ospedale).
A questa carenza si è aggiunto il sovraccarico di lavoro determinato dallo tsunami dell’epidemia.
Con le conseguenze, anche personali, del caso. Il tributo di sangue, pagato al virus, è stato elevato con la morte di quaranta infermieri (compresi i casi di suicidio) durante la fase più acuta dell’emergenza Covid-19.
E soprattutto c’è un dato che fa impallidire: su circa 29mila operatori sanitari (tra medici, Oss e altro personale) infettati dal Coronavirus, ci sono stati almeno 14mila infermieri contagiati, circa il 47% di chi era impegnato in prima linea.
Anche per questo motivo, il 15 ottobre gli “eroi in camice” hanno deciso di manifestare davanti alla Camera dei deputati per chiedere misure strutturali e non bonus.
Suona poi come una beffa la mancata attuazione di misura prevista dal decreto Cura Italia: l’istituzione del «fondo, per il 2020, per l’adozione di misure di solidarietà  per i familiari del personale medico, infermieristico e socio-sanitario, che abbiano contratto, in conseguenza dell’attività  di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per Covid-19». Palazzo Chigi non ha emanato il dpcm necessario a rendere esecutivo il provvedimento.
Il governo ha fatto qualcosa, come promesso dal ministro della Salute, Roberto Speranza: il decreto Rilancio ha previsto l’assunzione di 9.658 unità  da impiegare nel ruolo dell’infermiere di comunità , la figura ideata per potenziare l’assistenza territoriale.
Lo scopo del servizio è quello di diminuire gli accessi ai Pronto soccorso e abbattere il numero di ricoveri, grazie a risposte sanitarie tempestive.
Ma, nonostante la buona volontà  di Speranza, l’intervento non è all’altezza delle necessità . «Basti pensare che solo con l’aumento dei posti in terapia intensiva, servirebbero almeno 17mila infermieri in più», spiega a Fanpage Andrea Bottega, segretario nazionale di Nursind, il sindacato delle Professioni infermieristiche. I calcoli non sono lusinghieri. Solo in riferimento all’infermiere di comunità  servirebbe più del doppio rispetto a quanto previsto.
Il Centro studi della Fnopi ha stimato che per avere un servizio efficiente occorrerebbero oltre 21mila unità  (a fronte dei 9.600 previsti dal governo), di cui almeno 3.500 solo in Lombardia. Altre 2mila servirebbero nel Lazio, e 1.925 in Campania.
Ma anche Sicilia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna avrebbero bisogno di un incremento di personale di almeno 1.500 unità  per offrire prestazioni adeguate sull’infermiere di comunità .
«Si tratta — osserva Bottega — della classica coperta corta. Anche nella fase di emergenza sono state fatte delle assunzioni in fretta, ma spesso sono stati contratti a tempo determinato. Poi c’è stato uno spostamento di personale dal privato al pubblico, con il rischio di indebolire alcune strutture, in particolare le case di riposo».
Le responsabilità  sono comunque spalmate su più anni e su governi di vario colore. Dal 2009 il Sistema sanitario nazionale ha perso almeno 12mila unità  di personale infermieristico, in gran parte nel Mezzogiorno, a causa dei piani di rientro delle Regioni. La riduzione è stata certificata anche dall’Istat con un indicatore chiaro sulla carenza di organico: il 40% degli infermieri del Ssn è costretto a svolgere ore di straordinario. Altrimenti salta tutto il sistema.
Eppure l’aumento di infermieri garantirebbe un’assistenza migliore. Salvando migliaia di vite. Spiega ancora un dossier redatto dalla Fnopi: «Se ogni infermiere assistesse al massimo 6 pazienti, sarebbero evitabili almeno 3.500 morti all’anno». Gli studi pubblicati sulle riviste internazionali, Jama e British Medical Journal, confermano infatti che la presenza maggiore del 10% di infermieri abbatte il tasso di mortalità  del 7%. E qual è la situazione in Italia? Ben lontana dal quadro ottimale: in media ogni infermiere assiste 11 pazienti. Nelle Regioni messe meglio il rapporto scende a 8, ma in quelle più colpite dai piani di rientro sanitari, c’è addirittura un infermiere ogni 18 pazienti. Il burnout in corsia è praticamente una certezza. La conseguenza è un potenziale incremento di mortalità  che può raggiungere il +30%, indipendentemente dalla buona volontà  del singolo operatore.
Come se non bastasse, da un punto di vista economico, non si è registrato alcun miglioramento.
La busta paga base resta di circa 1.500 euro, compresi turni serali e giorni festivi. Il raffronto con i colleghi europei è amaro: in Germania, quasi la stessa cifra (1.400 euro) viene percepita per un monte di 28 ore di lavoro. La retribuzione lievita con gli avanzamenti di carriera e un maggior numero di ore, arrivando intorno ai 1.900-2.000 euro più altri benefit.
Anche in Spagna la situazione è migliore con uno stipendio più alto di circa 400 euro in più rispetto all’Italia.
Svezia e Belgio garantiscono un salario che nella Penisola è un miraggio, valicando la soglia dei 2mila euro. L’unico Paese con cifre più vicine a quelle italiane è la Francia, dove lo stipendio oscilla tra i 1.600 e i 1.800 euro.
Resta il fatto che gli infermieri d’Oltralpe se la cavino leggermente meglio in confronto ai colleghi italiani. Nella fase di emergenza Covid-19, c’è stato qualche aumento un busta paga. Ma per un motivo semplice: molti infermieri sono stati spostati in terapia intensiva per assistere i malati gravi e hanno percepito l’indennità  aggiuntiva, prevista dal contratto, di 4 euro al giorno.
Di fronte a questo scenario, a poco servono gli elogi del governo, a cominciare dal suo numero uno, Giuseppe Conte. «Abbiamo apprezzato tantissimo il vostro coraggio. Abbiamo capito che c’era una resilienza, una volontà  di non lasciarsi sopraffare da un nemico invisibile», ha scandito, a giugno, il presidente del Consiglio durante la cerimonia di ringraziamento del personale sanitario. Belle parole, certo, che non cambiano la situazione. «Siamo pagati — sintetizza il numero uno di Nursind Bottega — come diplomati e non come laureati».

(da Fanpage)

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FONDAZIONE GIMBE: “NETTO AUMENTO DEI NUOVI CASI NONOSTANTE LA CONSISTENTE DIMINUZIONE DEI TAMPONI, IN UNA SETTIMANA INCREMENTO DEL 46%”

Agosto 13th, 2020 Riccardo Fucile

L’ANALISI DEI DATI: AUMENTANO I RICOVERI IN TERAPIA INTENSIVA

Il monitoraggio dei dati che riguardano la settimana 4-11 agosto parla chiaro: c’è un forte aumento dei nuovi casi rilevati nonostante la forte diminuzione di tamponi diagnostici. A questo si abbina anche — per la prima volta da inizio aprile — l’incremento di ricoveri in terapia intensiva.
Vale la pena ricordare che il lockdown di cui si parla in questi ultimi giorni potrà  avvenire su base locale a causa dell’aumento di ricoveri in terapia intensiva. Questo aumento si potrebbe verificare, ovviamente, qualora fosse più altro il numero di persone che contraggono il Covid — proprio come sta succedendo in quest’ultimo periodo -.
I nuovi casi di coronavirus sono saliti del 46% nell’ultima settimana: +2.818 contro il +1.931 della settimana precedente.
Oltre a questo dato sono aumentati anche quello dei ricoverati con sintomi — passati da 761 a 801 — e quello dei ricoverati in intensiva — da 41 a 49 -.
Proprio su quest’ultimo dato si basa l’eventualità  di nuovi lockdown per la popolazione, considerato che l’andamento dell’epidemia si sta iniziando a rivelare preoccupante. Rispetto alla scuola Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha espresso preoccupazione «sull’avvio dell’anno scolastico», sul quale «incombe lo spettro di nuovi lockdown».
Più positivi nonostante i tamponi siano calati
A preoccupare rispetto alla presenza del Covid nel nostro paese dovrebbe essere anche la questione numero di tamponi. Il dato sui contagi, infatti, non ha valenza se letto da solo e non in relazione al numero di tamponi effettuati. 400 nuovi casi vogliono dire una cosa se i tamponi sono 60 mila e un’altra se i tamponi sono 20 mila proprio perchè il rapporto tra i due dati è diversissimo.
La diminuzione dei tamponi da una settimana all’altra è consistente, come segnalano i dati: da 187.316 della settimana precedente a 174.671 effettuati tra il 4 e l’11 agosto, ovvero il 6,8% in meno pari a una diminuzione di 12.645 test.
«Se nelle prime tre settimane di luglio i nuovi casi erano stabili (circa 1.400 per settimana), nelle ultime due sono progressivamente aumentati da: 1.736 nella settimana 22-28 luglio a 1.931 nella settimana 29 luglio—4 agosto e a 2.818 nella settimana 5—11 agosto», ha detto il presidente di Gimbe.

(da agenzie)

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