Destra di Popolo.net

LA SENATRICE LEGHISTA, TITOLARE DI UNA STORICA GIOIELLERIA IN CENTRO A TORINO E CON 100.000 EURO DI REDDITO, HA PRESO IL BONUS DI 1.500 EURO DELLA REGIONE PIEMONTE

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

DI FRONTE ALL’ENNESIMO CASO PER LA LEGA, SCATTA LA SOLITA RIDICOLA SOSPENSIONE (CHE NON VUOL DIRE NULLA)

La Lega ha sospeso la senatrice Marzia Casolati perchè, spiega lo stesso partito, ha percepito il bonus di 1.500 euro previsto dalla Regione Piemonte per le attività  imprenditoriali costrette alla chiusura a causa del lockdown. “Dopo aver ascoltato e verificato la posizione, come per i precedenti casi, è stato preso il provvedimento della sospensione”, dice il capogruppo del Carroccio al Senato, Massimiliano Romeo.
Il provvedimento, rende noto Romeo, è stato già  accettato e condiviso dalla parlamentare, eletta nel collegio uninominale di Moncalieri.
Militante leghista da decenni e senatrice dal 2018, Casolati è proprietaria di una storica gioielleria in Galleria Umberto I a Torino, in zona Porta Palazzo. Cinquant’anni, nata e sempre vissuta nel capoluogo piemontese, la parlamentare si avvicina alla politica da giovane: a 22 anni aderisce alla Lega nord, coprendo numerosi incarichi. Nel 1993 viene eletta al Consiglio comunale della sua città  e ci resta fino al 2001
Arriva al Senato due anni fa e fa parte della commissione Politiche europee, di quella straordinaria sui Diritti umani e della commissione d’inchiesta sul Femminicidio.
È sposata e come risulta dalla documentazione patrimoniale data al Senato, nel 2019 ha dichiarato un reddito complessivo di 101.314 euro. Dopo i colleghi Andrea Dara ed Elena Murelli, che avevano chiesto e ottenuto il bonus 600 euro, la senatrice è la terza parlamentare leghista “furbetta”.
Nei Consigli regionali erano poi emersi altri leghisti col bonus, tra cui i due piemontesi Matteo Gagliasso e Claudio Leone: numeri che rendono la Lega il partito con più eletti coinvolti nelle richieste.
Il bonus “Riparti Piemonte” chiesto, ottenuto da Casolati fa parte del piano di aiuti da 88 milioni di euro deciso e finanziato dalla giunta leghista guidata da Alberto Cirio per le imprese piemontesi. Un contributo regionale al quale la senatrice ha avuto accesso per far “ripartire” la sua gioielleria. Tutto regolare, ma “non opportuno” per gli stessi big della Lega: l’erogazione infatti non prevedeva limiti di reddito ed era destinato alle aziende, non ai titolari di partita Iva.
Quei 1.500 euro, circa un decimo del suo stipendio mensile da senatrice, sono costati a Casolati la sospensione dal partito e, se i vertici saranno di parola, un ostacolo in vista di future candidature.

(da agenzie)

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STEVE BANNON IN MANETTE, LE ACCUSE IN UN DOCUMENTO DI 24 PAGINE

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

HA SOTTRATTO UN MILIONE DI DOLLARI PER ALBERGHI, VIAGGI E CARTE DI CREDITO… UN SUO SOCIO PER RISTRUTTURARE CASA, ACQUISTO DI UNA BARCA E GIOIELLI, CHIRURGIA ESTETICA

Le accuse contro l’ex stratega del Presidente Donald Trump, Steve Bannon e altri tre coimputati di associazione per commettere una frode di centinaia di migliaia di dollari ai danni di cittadini americani che avevano fatto donazioni in favore della campagna “We build The Wall” ( per costruire il muro antimigranti al confine con il Messico) sono contenute in un documento di 24 pagine della Corte del Distretto Sud di New York, firmato da Audrey Strauss, acting US attorney.
Uno dei protagonisti dell’elezione di Donald Trump nel 2016 è stato arrestato e subito il presidente si è sfilato da ogni coinvolgimento, dichiarando di non aver più avuto nulla a che fare con Steve Bannon dai primi giorni del suo insediamento alla Casa Bianca: ”È una cosa molto triste per Bannon, non ho a che fare con lui da molto tempo. Non so nulla del progetto” ha detto rispondendo a una domanda, sottolineando come il progetto non gli piacesse: “Ho pensato fosse stato fatto per mettersi in mostra”.
Il Grand Jury ha accusato Bannon , Brian Kolfage, Andrew Badolato e Timothy Shea di aver utilizzato per spese personali che non avevano niente a che fare con lo scopo della raccolta fondi per il Muro, nonostante avessero pubblicamente affermato di organizzare la raccolta su base volontaria e senza distogliere un solo penny dei soldi raccolti dallo scopo di costruire il Muro.
In particolare Kolfage ha preso per uso personale in modo coperto più di 350 mila dollari, mentre Bannon, attraverso una sua organizzazione non profit (Non profit 1) e una compagnia ombra, ha ricevuto un milione di dollari da “We build the Wall”, per pagare Kolfage e per “coprire centinaia di migliaia di dollari di spese personali dello stesso Bannon. Per fare questo hanno utilizzato false fatturazioni per assicurarsi, come ha scritto Kolfage in un messaggio a Badolato che i pagamenti rimanessero confidenziali.
DAL 17 DICEMBRE 2018 ALLA FINE DI GENNAIO 2019
La campagna di raccolta fondi per la costruzione del Muro partì su iniziativa di Kolfage il 17 dicembre 2018 e fu un tale successo che nel corso della prima settimana raccolse su un apposito sito web 17 milioni di dollari da donare al governo federale di Trump per finanziare il Muro. Ma poi nacquero dubbi sul background di Kolfage e sulla possibilità  di trasferire i fondi al governo federale.
A fine dicembre, la raccolta (che aveva raggiunto i 20 milioni di dollari) fu sospesa in attesa di trovare un modo legittimo per raggiungere lo scopo, in quelle stesse settimane furono coinvolti nell’iniziativa, Bannon e gli altri due imputati, venne creata una nuova organizzazione (We build the wall Inc ) cui vennero trasferiti tutti i fondi raccolti che avrebbero dovuto a questo punto finanziare un Muro privato per chiudere il confine meridionale degli Stati Uniti. A cominciare dal gennaio 2019, secondo le accuse, Bannon e gli altri attraverso il website continuavano a indurre in errore i sottoscrittori, mentre si appropriavano di centinaia di migliaia di dollari per uso personale , nonostante pubblicamente, con dichiarazioni ed interviste i donatori venivano rassicurati che il 100 per cento dei soldi raccolti sarebbero serviti per costruire il Muro.
DA GENNAIO AD OTTOBRE 2019
Convinti dalla “ falsa narrativa” che tutti i nuovi soldi donati alla nuova società  (We bill the wall Inc) o trasferiti ad essa con opzione dei vecchi donatori, sarebbero serviti per costruire un Muro “privato” al confine con il Messico, fino all’ottobre 2019, la nuova società  gestita da Bannin e dagli altri coimputati raggiunse la cifra di 25 milioni di dollari di donazioni.
ARRICCHIMENTI PRIVATI
Secondo l’atto d’accusa del Gran Giurì, Kolfage avrebbe utilizzato il danaro per ristrutturare la sua casa, per pagare una barca, un Suv, una golf cart, gioielli, chirurgia estetica, pagamento di tasse e delle spese della carta di credito
Bannon e gli altri imputati, hanno usato i fondi per viaggi, alberghi, carte di credito, in ogni caso nulla che avesse a che fare con la costruzione del Muro.

(da “Huffingtonpost”)

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RUSSIA AVVELENATA, ALEXEY NAVALNY IN COMA

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

CHI SI OPPONE AL REGIME FINISCE AVVELENATO: I CINQUE CASI PRECEDENTI

Navalny, 44 anni, è in coma, ventilato artificialmente, presso l’ospedale di Omsk, sud-ovest della Siberia. È in pericolo di vita, ma le sue condizioni sono definite “stabili” e i medici assicurano che “faremo di tutto per salvargli la vita”. Il suo staff sta cercando di portarlo all’estero, la Germania potrebbe essere una destinazione.
Il Cremlino mostra il volto buono, augura “pronta guarigione” all’oppositore “come per ogni altro cittadino della Federazione russa”, promette che se sarà  confermato l’avvelenamento aprirà  un’inchiesta, non vede alcun ostacolo a un trasferimento per curarlo all’estero se dovesse essere richiesto.
Alle parole del portavoce di Putin, fanno da contraltare quelle del direttore della Fondazione anticorruzione creata da Navalny, Ivan Zhadanov, il quale denuncia che alla moglie non sarebbe stato permesso per ore di vederlo, mentre il primario dell’ospedale si sarebbe rifiutato di fornire i documenti, indispensabili per trasferire l’attivista in un’altra struttura più adeguata all’estero.
“Pensiamo che sia stato avvelenato con qualcosa di mescolato nel suo tè, quella era l’unica cosa che ha bevuto la mattina” ha affermato la portavoce Kyra Yarmysh, “i medici dicono che il veleno è stato rapidamente assorbito dal suo organismo mediante la bevanda calda”. Su Twitter viene postato un video, girato a bordo dell’aereo su cui viaggiava.
Nel tragitto Navalny ha cominciato a sudare freddo, poi ha chiesto alla portavoce che era con lui di parlargli in modo da potersi concentrare sul suono di una voce. Frastornato, è andato in bagno e lì ha perso conoscenza. L’aereo su cui era a bordo ha effettuato un atterraggio di emergenza a Omsk. Navalny era in Siberia per la campagna in vista delle elezioni locali del 13 settembre per sostenere i candidati anti-Putin.
Media russi parlano però di avvelenamento da “ossibutirrato di sodio”, un neurodepressore del sistema nervoso centrale che può causare problemi respiratori gravi, è incolore e insapore e dà  effetti repentini, per cui se non si interviene rapidamente può sopraggiungere il coma e la morte. Viene utilizzato anche come sostanza stupefacente nota come “droga dello stupro”.
La Russia ha vissuto anche nel passato recente una lunga scia di episodi simili contro gli oppositori del regime.
Navalny stesso nel 2017 fu aggredito con uno spray tossico, che gli ha danneggiato un occhio. Lo scorso anno poi, fu portato d’urgenza in ospedale dal carcere dove era detenuto per un reato amministrativo per un sospetto avvelenamento, ma i medici dissero che si trattava di un forte attacco allergico e lo rispedirono subito in cella.
Ben più eclatanti altri casi degli ultimi decenni.
Alexander Litvinenko, agente dei servizi segreti russi, lasciò l’incarico accusando Putin di essere il mandante di omicidi e attentati compiuti dall’intelligence per consolidare il suo potere. Rifugiatosi a Londra, morì in agonia nel novembre 2006 tre settimane dopo aver bevuto un tè trattato con polonio-210 altamente radioattivo in un hotel di Londra.
Le autorità  britanniche hanno accusato formalmente Mosca, ma i russi hanno sempre negato. Litvinenko stesso, dal letto di morte, accusò il Cremlino.
Il veleno colpì anche in Ucraina, nel 2004, Viktor Yushenko, che stava conducendo una campagna contro il candidato alla presidenza sostenuto dalla Russia, e si ammalò gravemente dopo aver ingerito una quantità  enorme di diossina, rimanendo sfigurato in volto.
E ancora il caso della giornalista investigativa Anna Politkovskaja, che nel 2004 si ammalò gravemente e perse conoscenza dopo aver bevuto una tazza di tè, due anni prima di essere uccisa a colpi d’arma da fuoco a Mosca.
Nello stesso modo viene ucciso Boris Nemtsov, la sera del 27 febbraio 2015. In un agguato per strada, nei pressi del Cremlino. Cinque ceceni vengono condannati, ma resta il mistero sul mandante. Nemtsov, vicepremier negli anni ’90 durante la presidenza Eltsin, di estrazione liberale, era diventato uno dei principali sfidanti di Putin in Parlamento.
Ancora, nel 2018 l’ex spia Sergei Skripal e la figlia Yulia vengono ritrovati privi di sensi in una panchina nella città  britannica di Salisbury, avvelenati con l’agente nervino Novichok, e guarirono solo dopo un lungo ricovero. Anche in quella occasione Londra accusò Mosca, che negò.

(da agenzie)

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LE DISCOTECHE PIANGONO MISERIA MA QUALCOSA NON TORNA

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

PARLANO DI 4 MILIARDI DI FATTURATO A RISCHIO, MA DENUNCIANO SOLO UN MILIARDO QUANDO SI TRATTA DI PAGARE LE TASSE… AL TWIGA PAGANO ALLO STATO SOLO 3 EURO E 3 CENTESIMI L’ANNO A METRO QUADRO

Piangono miseria ma i fatturati non tornano: oggi il sindacato nazionale dei locali da ballo parla di 4 miliardi di fatturato a rischio con almeno il 10% dei locali che da febbraio non ha mai riaperto.
Peccato che lo stesso sindacato, sempre ad agosto, ma dell’anno scorso, parlasse di un miliardo di fatturato.
Quando c’è da chiedere soldi allo Stato, il fatturato perso è di 4 miliardi, quando c’era da versare soldi allo Stato, il fatturato guadagnato era di un solo miliardo.
Intanto è polemica sui giornali, e i soci in affari Briatore e Santanchè accusano il “Governo di incapaci” di avere preso di mira i “discotecari”, ma per il Twiga, il loro lido a Marina di Pietrasanta con lettini a 1.000 euro al giorno e pista da ballo, pagano allo Stato 3 euro e 3 centesimi all’anno per metro quadro di concessioni, di nuovo prorogate, con la scusa del Coronavirus.
È dai ruggenti anni Ottanta, con i suoi Gianni De Michelis al centro pista e Silvio Berlusconi nei party privati, che il mercato italiano dell’intrattenimento vive tra luci e ombre, dichiarato e sommerso, legale e abusivo, il tutto con una certa nonchalance.
Infatti nell’intervista del 4 agosto rilasciata al Messaggero, il Presidente del Silb, Maurizio Pasca, non ha avuto problemi ad ammettere che “in Italia ci sono 2.400 discoteche con un volume di affari di circa un miliardo di euro, parallelamente c’è un mercato abusivo, quasi equivalente”.
E però, anche addizionando il miliardo di fatturato ufficiale al miliardo di fatturato ufficioso, si arriva a 2 miliardi, non quattro. Davvero curiosa la matematica, alle volte.
Tutti i governi hanno prorogato le concessioni, nessun escluso. Lo hanno fatto Berlusconi, Renzi e Gentiloni, lo ha fatto il Governo Conte I, quando l’allora Ministro dell’Agricoltura e del Turismo, il leghista Gian Marco Centinaio, consapevole di violare la direttiva Bolkestein (“al 99,9% andremo in infrazione comunitaria”) non solo regalò ai vecchi concessionari una maxi proroga di 15 anni, fino al 2034, ma con Maurizio Gasparri fece un emendamento che in sostanza mette tra i beni dello Stato sdemanializzabili, cioè vendibili ai privati, circa 52.619 spiagge destinate ad attività  turistico ricreative, con un’operazione di cartolarizzazione che permette di incassare subito e poi svolgere con calma le aste.
Chi compra? Dato che la legge prevede l’opzione d’acquisto per i concessionari delle spiagge, il gioco è fatto.
E poichè, nonostante i canoni bassissimi di pochi centesimi al metro quadro, l’evasione fiscale nel settore è altissima, prima che cadesse il Governo, l’allora Ministro del Turismo pensò di aggiungere un condono tombale al 30% sulle concessioni.
Il Twiga di Marina di Pietrasanta di Briatore&Santanchè ha un fatturato dichiarato di 4 milioni e 1 di Editba (cioè di margine operativo lordo) all’anno. In totale occupa una superficie di 4.485 metri quadri, per un canone di poco più di 17.619 euro all’anno, vale a dire 3 euro e 3 centesimi a metro quadro all’anno.
Una cifra così irrisoria da risultare tale anche arrotondata e in lettere: quattro euro all’anno per metro quadro. Detto altrimenti: l’affitto dell’area pesa un 227esimo sul fatturato
La domanda a questo punto nasce spontanea: questo “Governo di incapaci”, come lo ha definito Flavio Briatore, terrà  conto della disparità  tra le condizioni di locazione di chi fatica a pagare l’affitto mensile a 5 cifre del proprio locale e chi, al mare, paga l’affitto del proprio locale al costo di un caffè?

(da Fanpage)

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LA BALLA DI SALVINI SULLA SVIZZERA DOVE NON CI SAREBBE L’OBBLIGO DELLA MASCHERINA

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

NEL PAESE ELVETICO DECIDONO I SINGOLI CANTONI E IN QUASI TUTTI E’ OBBLIGATORIA, COSI’ COME LE REGOLE SUL DISTANZAMENTO NEI LOCALI, COME IN ITALIA… NELLE SCUOLE CHI PROPENDE PER IL DISTANZIAMENTO E CHI PER LE MASCHERINE IN BASE ALL’ETA DEGLI STUDENTI

La Svizzera è uno di quei paesi che a Matteo Salvini piace tanto, uno di quelli che nomina spesso come esempio di virtù.
L’ultima volta è accaduto a Rosignano Solvay, in provincia di Livorno. Il leader della Lega ha chiamato in causa la Svizzera per parlare dell’obbligo di indossare le mascherine in generale e, in particolar modo, nelle scuole: «Quando ho sentito dell’obbligo di mascherina e di distanza anche per i bimbi dai sei anni…no. In Svizzera non c’è per nessuno. O sono scemi gli svizzeri o il ministro è incapace e incompetente. Sono due mesi che va in giro a cercare i banchi con le rotelle…».
Secondo Salvini in Svizzera non c’è l’obbligo delle mascherine ma in realtà  le sue affermazioni sono imprecise.
In Svizzera l’obbligo di mascherina si decide a livello dei singoli cantoni e sono in molti ad averla resa obbligatoria adottando più o meno le stesse modalità  e regole dell’Italia.
Non solo le mascherine, anche l’obbligo per locali e bar di raccogliere le generalità  dei clienti per effettuare un rapido ed efficace tracciamento.
Salvini parlava nello specifico della scuola. Digitando “mascherine scuola Svizzera” emerge come anche nel paese elvetico sia aperto il dibattito con alcuni cantoni che prediligono la distanza di sicurezza e altri che vogliono rendere la mascherina obbligatoria a scuola.
La situazione viene valutata diversamente dai cantoni sulla base dell’età  degli alunni, con alcuno presidi che stanno facendo appello perchè i Dpi vengano indossati almeno dagli studenti delle scuole medie in quelle regioni dove non è stato ancora deciso.

(da agenzie)

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L’ULTIMO CHE PUO’ PARLARE DI “FIGLI DI PAPA'” E’ QUELLO CHE FA FARE AL FIGLIO UN GIRO SULLA MOTO D’ACQUA DELLA POLIZIA

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

INVECE DEL DISCO ROTTO RIVOLTO A CHI LO CONTESTA, IL FIGHETTO PADANO SI GUARDI ALLO SPECCHIO

Le ultime cronache raccontano delle contestazione de La Spezia, dove all’ultimo comizio di Salvini il caciotta c’erano circa 200 persone che, distanziate dal cordone di polizia dalla piazza del comizio, hanno contestato lo xenofobo padano e ora finto nazionalista.
Molti i cartelli esposti: “Sei solo un foodblogger” e ancora “Mojito e Papeete salvatori del Paese”
La replica livorosa di Salvini e stata la solita, visto che non hanno argomenti: “Se volete i clandestini portateli a casa vostra, figli di papà  che non siete altro, andate a lavorare. Siete a protestare con il Rolex al polso, andatevi ad ascoltare Fedez e la Mannoia”.
Premesso che chi contesta Salvini non è un figlio di papà , ma magari gente che difende i diritti e vuole un’Italia antirazzista dove non ci siano delinquenti che alimentano paure, discriminazioni e odio, c’è da dire che in questo paese l’ultimo che può parlare dei figli di papà  è proprio Matteo Salvini.
La vicenda del papà  ministro dell’Interno che ha fatto scarrozzare il figlio con la moto d’acqua (pagata con soldi pubblici e che serviva per la sicurezza e non per far fare le gitarelle) e guidata da personale che è pagato per garantire la sicurezza e non per fare da giuda turistica, basta e avanza una volta per tutte.
Sul resto si può essere d’accordo
Fa bene anche andare a lavorare, attività  che al capo della Lega è quasi sconosciuta.

(da Globalist)

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LA REGIONE SICILIA E I 600.000 EURO DI SOLDI PUBBLICI A DOLCE & GABBANA

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

I MANAGER MUSICALI DELL’ISOLA CONTESTANO LA MANCANZA DI UN BANDO PUBBLICO

Giuseppe Lobianco racconta oggi sul Fatto che i manager musicali dell’isola raccolti in Assomusica hanno contestato in una nota la somma, oltre 579 mila euro, elargita dalla Regione Sicilia senza un bando, per ragioni “di esclusività  e infungibilità ” con un decreto dell’assessore alle attività  produttive Mimmo Turano (Udc), alla società  dei due stilisti, accusandola di avere subappaltato i servizi a maestranze locali, “dando vita a un circuito di denaro non compatibile con la legislazione attuale”.
Un linguaggio involuto per definire l’attivazione di un giro di pagamenti in nero; e se i manager considerano il ricorso alle maestranze “una mancanza di fiducia nei loro confronti’ ‘, quell’accenno all’evasione fiscale suona imbarazzante per la giunta regionale, che sull’effetto stardust, “Tornatore —Dolce & Gabbana’ ‘, ha scommesso per rilanciare il turismo in tempi di Covid.
Per Musumeci le sei serate griffate D&G, organizzate nelle prime due settimane di agosto nelle principali località  turistiche, da Taormina a Siracusa, dovevano servire infatti a promuovere l’immagine dell’isola: “Abbiamo fatto la scelta più naturale — ha detto il governatore — perchè Dolce e Gabbana sono da sempre i migliori ambasciatori della nostra Isola nel mondo. Li ringrazio per quanto hanno fatto e per quello che faranno per aiutarci a fare della Sicilia la tappa preferita nel Mediterraneo’

(da agenzie)

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ZOOMARINE CHIUSO PER NON AVER RISPETTATO LE NORME ANTI-COVID

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

IL COMUNE DI POMEZIA HA EMANATO IL PROVVEDIMENTO PER IL MANCATO DISTANZIAMENTO DURANTE LO SPETTACOLO DEI DELFINI

Il comune di Pomezia ha provveduto a emanare l’ordinanza che dispone la chiusura per 5 giorni, dal 24 al 28 agosto, del parco divertimento Zoomarine per mancato rispetto delle norme anti-Covid.
Nell’area destinata allo spettacolo dei delfini — si legge nel testo dell’ordinanza — non venivano adottate misure di riorganizzazione degli spazi sufficienti ad evitare l’assembramento di persone, non assicurando altresi’ il mantenimento di almeno un metro di separazione tra gli spettatori.
La Polizia Locale ha provveduto a notificare il provvedimento alla struttura, che si occupera’ di dare adeguata pubblicità  dei giorni di chiusura all’utenza. Era stata l’associazione Earth a segnalare il mancato rispetto delle misure spiegando che erano arrivate “molteplici segnalazioni circa la situazione senza controllo che si è venuta a creare durante gli spettacoli di Zoomarine durante i quali gli spettatori sono seduti vicinissimi l’uno all’altro e senza mascherina in barba ad ogni precauzione e ai DPCM emanati dal Governo”.
L’associazione aveva segnalato le presunte violazioni alla polizia locale di Pomezia chiedendo controlli.
L’amministratore delegato di Zoomarine, Renato Lenzi era convinto di non aver violato alcuna norma: “Come parco acquatico all’aperto non c’è obbligo di mascherina che invece imponiamo al ristorante, al bar e nelle toilette. Tuttavia da lunedì scorso raccomandiamo ai nostri ospiti di indossarla”. Il comune di Pomezia non era evidentemente d’accordo.

(da agenzie)

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GLI PIACEVANO I MURI, ORA SI E’ CAPITO PERCHE’: BANNON SI E’ RUBATO I SOLDI PER QUELLO AL CONFINE CON IL MESSICO

Agosto 20th, 2020 Riccardo Fucile

DEI 25 MILIONI RACCOLTI DALLA SUA FONDAZIONE PER FINANZIARE IL MURO, UN MILIONE DI DOLLARI SONO FINITI NELLE SUE TASCHE PER SPESE PERSONALI

Steve Bannon è stato arrestato per truffa e riciclaggio di denaro
L’ex consigliere e stratega di Trump è accusato di aver raccolto donazioni per costruire un pezzo del muro al confine con il Messico, ma di avere usato i soldi per spese personali
Steve Bannon, ex consigliere e stratega di Donald Trump e noto attivista di estrema destra, è stato arrestato con l’accusa di truffa e riciclaggio di denaro per essersi appropriato delle donazioni che aveva raccolto per contribuire alla costruzione di un muro in un tratto del confine tra Messico e Stati Uniti, allo scopo di fermare i migranti. Bannon è stato arrestato a New York insieme ad altre tre persone, tutte accusate di aver partecipato alla truffa. Secondo la procuratrice di New York, Audrey Strauss, avevano raccolto 25 milioni di dollari da privati cittadini, anche online, promettendo che li avrebbero usati esclusivamente per finanziare la costruzione di un tratto di muro: invece avevano usato parte di quel denaro, centinaia di migliaia di dollari, per spese personali.
La costruzione di un muro tra il Messico e gli Stati Uniti era stata una delle principali promesse elettorali di Donald Trump ed era stata molto sostenuta dai movimenti di estrema destra che Bannon rappresentava nel comitato elettorale e poi nell’amministrazione Trump (di cui Bannon aveva fatto parte per 8 mesi, fino al luglio 2017). Nel 2019, insieme all’ex soldato Brian Kolfage, Bannon aveva contribuito a fondare We Build The Wall, un’associazione senza scopo di lucro per raccogliere fondi e finanziare la costruzione di una parte del muro. Bannon era diventato consigliere e presidente del consiglio di amministrazione di We Build The Wall, di cui erano entrati a fare parte anche altri politici e personaggi conservatori noti per le loro posizioni contro l’immigrazione.
Kolfage, Bannon e gli altri esponenti di We Build The Wall avevano ripetutamente detto che la loro era un’organizzazione di volontari, che nessuno sarebbe stato pagato e che tutti i soldi raccolti sarebbero stati usati per finanziare la costruzione del muro. Secondo la procura di New York e secondo quanto sostenuto dalla stessa organizzazione, We Build The Wall aveva raccolto 25 milioni di dollari (21 milioni di euro), ricevendo donazioni online, anche da molti privati. La procura sostiene però che parte di quei soldi siano stati usati per spese personali di Kolfage e Bannon, oltre che di Andrew Badolato e Timothy Shea, le altre due persone arrestate oggi.
Facendo passare il denaro tramite altre ONG controllate da Bannon e Shea con dei versamenti con causali inventate, secondo la procura sono stati sottratti a We Build The Wall fondi per centinaia di migliaia di dollari. Kolfage, secondo l’accusa, avrebbe ottenuto circa 350.000 dollari; Bannon avrebbe ottenuto circa 1 milione di dollari. Tutti e quattro gli arrestati sono stati accusati di truffa e riciclaggio e rischiano fino a 20 anni di carcere.
In parte, i soldi raccolti sono comunque stati usati per finanziare la costruzione di tratti del muro sul confine in Texas e in Nuovo Messico. A inizio luglio, un’indagine di ProPubblica aveva però mostrato che i fondi impiegati per il muro erano stati molto modesti (1,5 milioni di dollari) e che i brevi tratti di muro che erano stati già  costruiti avevano grossi problemi strutturali e carenze progettuali.

(da “il Post”)

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