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LA FOLGORANTE CARRIERA DI MARZIA CASOLATI, SENATRICE GIOIELLIERA MESSA DA SALVINI IN UN SEGGIO BLINDATO

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

HA INCASSATO IL BONUS DA 1.500 EURO, PUR ESSENDO TITOLARE DI UNA GIOIELLERIA, DI SEI IMMOBILI E DUE TERRENI, OLTRE A PERCEPIRE OGNI MESE 11.000 EURO DA PARLAMENTARE… DAL CONSIGLIO DI CIRCOSCRIZIONE A PALAZZO MADAMA

“Una miracolata della politica riuscita a farsi spostare all’ultimo nel collegio sicuro per andare a Roma” . Così viene definita la senatrice della Lega Marzia Casolati da diversi compagni di partito.
Giudizi non teneri, tipici anche di chi nutre un po’ di invidia per chi ha spiccato il volo. La gioielliera della Galleria Umberto I, che ha chiesto e ricevuto i 1500 euro a fondo perduto dei contributi “Riparti Piemonte” istituiti dalla Regione per le attività  economiche che hanno chiuso durante il lockdown, nel 2018 ha preso l’onda giusta, approfittando della mancanza di candidate donne nella Lega.
Cosa che gli ha permesso di fare il balzo passando dall’aula “pop” della Circoscrizione 1 di Torino a quella ben più blasonata (e ricca a livello di stipendio) di Palazzo Madama.
Un mensile da 11mila euro, un reddito imponibile denunciato nel 2019 di 101.314 euro, comproprietà  di sei immobili e due terreni agricoli.
Il bonus chiesto dalla senatrice è di poco superiore a un decimo dell’emolumento mensile che Casolati riceve dopo essere stata elette nel collegio di Moncalieri, dove, in realtà , la conoscono in pochi.
Per lei avevano riservato un collegio di Torino, quello vinto dall’esponente del Pd Mauro Laus, ma Casolati, 50 anni, è riuscita a convincere i massimi vertici della Lega a darle un posto sicuro.
Un inserimento garantito dallo stesso segretario regionale della Lega, Riccardo Molinari. La senatrice, che ora ha restituito la somma a Finpiemonte ed è stata sospesa dalla Lega, con diversi colleghi commercianti e amici vanta rapporti diretti con lo stesso Salvini.
Casolati è una militante di lungo corso. Un fatto che ha stupito diversi colleghi della Circoscrizione Centro quando l’hanno vista all’opera nel 2016. Ha mosso i primi passi in politica tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90, nella Lega Nord del Piemonte delle origini, quella guidata da Gipo Farassino e poi da Domenico Comino.
Si avvicina proprio a Comino, definito da Bossi lo ” Schwarzenegger” del Carroccio. Eletto deputato nel 1992, nel ’93 si candida a sindaco di Torino e sfiora il ballottaggio: elezione che vengono ricordate per la ” valanga verde” su Torino, quando il Carroccio supera il 20 per cento.
È la prima volta che Casolati si candida ed entra nel consiglio della Circoscrizione 8, quello di San Salvario. Incarico che terrà  fino al 2001, quando la sua carriera politica subisce un’interruzione.
Decide si seguire Comino dopo l’espulsione decisa da Bossi e finisce nell’Ape che, però, non prende il volo. La gioielliera di Porta Palazzo, sposata con il commercialista Fabrizio Capuzzo, nominato revisore unico dell’Atl Biella- Valsesia- Vercelli dalla giunta Cirio lo scorso settembre, dopo un periodo sabbatico, rientra nei ranghi del Carroccio, approfittando poi del cambio di pelle imposto al partito da Matteo Salvini e da Riccardo Molinari. È la sua seconda possibilità . Ora una battuta d’arresto. Ma c’è chi scommette che si riprenderà .
Non sono teneri nemmeno i commenti dei vicini di negozio in Galleria Umberto I. Si tratta di un’attività  storica per la zona di Porta Palazzo, aperta dal nonno nel 1911 ed ereditata dal padre nel 1995.
“Una gioielleria un po’ fanè” , dicono alcuni vicini. Non tutti vogliono parlare. Roberto Pesce, del negozio di materassi vicino, sottolinea che si tratta di “una collega e amica, siamo cresciuti insieme e la considero praticamente una cugina. Per questo la vicenda mi rattrista. È censurabile dal punto di vista etico e morale perchè sostiene ancora una volta l’idea che la politica sia distante dai cittadini, ma metterla alla gogna è troppo”
Non è dello stesso avviso l’erborista Paola Dosi: “E’ uno scandalo – dice- siamo stupiti perchè la conoscevamo da quarant’anni e non ce lo saremmo mai aspettati. Tutti noi abbiamo avuto difficoltà , noi siamo riusciti ad accedere al contributo Inps, un piccolo aiuto che ci ha permesso per mangiare, a fronte di oltre la metà  delle perdite di incassi. Trovo quello della senatrice un comportamento amorale, eticamente indecente”.

(da “La Repubblica”)

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LA SENATRICE LEGHISTA CHE HA INCASSATO IL BONUS DI 1.500 EURO AVEVA DETTO “NON PRENDEREI MAI SOLDI PUBBLICI, LI TOGLIEREI A CHI NE HA PIU’ BISOGNO”

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

E NON PUO’ DARE NEANCHE LA COLPA AL COMMERCIALISTA, VISTO CHE E’ SUO MARITO

Ieri la Lega ha sospeso la senatrice Marzia Casolati perchè la parlamentare ha percepito il contributo di 1500 euro dalla Regione Piemonte come previsto per le attività  imprenditoriale costrette alla chiusura per il lockdown.
Il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, ieri motivando il provvedimento spiegava che si è trattato di un comportamento non opportuno.
La senatrice, che possiede un’attività  commerciale, la gioielleria Casolati, un negozio storico in Galleria Umberto I a Porta Palazzo, a Torino, fin dal giorno in cui è stato varato il bonus regionale, il 14 maggio, si è subito mostrata entusiasta e molto informata, come dimostra un suo post su Facebook dell’epoca in cui spiega chi ne aveva diritto
Spiega Lo Spiffero, che ha raccontato per primo la storia, che nel caso della Casolati sarà  difficile puntare il dito sul commercialista, visto che ce l’ha in casa ed è suo marito, ovvero quel Fabrizio Capuzzo che la giunta regionale, tra i suoi primi atti, a settembre dello scorso anno, su proposta degli assessori leghisti Vittoria Poggio e Fabrizio Ricca ha nominato revisore unico dell’Atl Biella-Valsesia-Vercelli.
Non solo: la cosa più divertente è che il Fatto Quotidiano oggi racconta che appena quattro giorni fa la Casolati commentava la vicenda dei bonus 600 euro spiegando “La valutazione è stata: se li chiedo io, pur avendone diritto, magari rimane senza qualcun altro. E considerato che quello era un aiuto per i titolari di partita Iva, e io grazie al cielo non ne avevo bisogno, non li avrei chiesti mai”.
Il bonus INPS no, quello della Regione sì. Tutto chiaro no?

(da “NextQuotidiano“)

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SANSA: “TOTI HA DIETRO I GRANDI GRUPPI INDUSTRIALI E FINANZIARI”

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

PARLA IL CANDIDATO UNITARIO DI PD E M5S IN LIGURIA

Elezioni regionali, parla il candidato progressista in Liguria: «I democratici pensavano solo a conservare il potere, alcuni cinquestelle erano in ginocchio da Salvini. Ma ora sta nascendo qualcosa di nuovo»
Nella sede del Comitato dei lavoratori portuali di Genova che ospita Ferruccio Sansa e la sua squadra, il momento è concitato. Le voci si sovrappongono: «Marco (Preve, ndr), Marco!», dice Sansa allontanando per un istante il telefono, «la nostra posizione è chiara: vogliamo votare, siamo pronti a votare, ma la salute dei cittadini viene prima di tutto. Ah, e specifica che ci fidiamo delle istituzioni. Ci fidiamo del governo nazionale e delle decisioni che prenderà ».
L’ipotesi di un rinvio delle elezioni regionali del 20 e 21 settembre rimbalza da Roma a Genova. Sansa, candidato di Partito democratico (Pd) e Movimento 5 stelle (M5s) in Liguria, garantisce di non volere un rinvio, al pari dello sfidante di centrodestra e governatore uscente Giovanni Toti, nonostante i sondaggi non sembrino lasciare spazio a un ribaltone, almeno per il momento.
La corsa di Sansa, ex giornalista di 51 anni, candidato civico sostenuto da progressisti e populisti, ha suscitato interesse anche oltre confine.
Ieri, 20 agosto, l’autorevole settimanale britannico The Economist — in un articolo dal titolo «Italy’s populist Five Star Movement is becoming a more normal party» — ha parlato del laboratorio giallorosso ligure, e del suo volto di copertina, come dell’emblema della metamorfosi del Movimento 5 stelle.
«Mi hanno contattato loro», racconta Sansa a Open, «e mi hanno detto: “Abbiamo sensazione che in Liguria possa nascere un progetto politico innovativo per l’Italia, ma con ricadute anche a livello europeo”. Io sono d’accordo».
Quale sarebbe l’aspetto innovativo della sua candidatura?
«Il fatto che io sia un candidato civico che è riuscito a mettere insieme una forza progressista come il Pd e una populista, o meglio ex populista, come il Movimento 5 stelle».
In realtà , non si tratta di una prima volta in assoluto: Pd e M5s hanno corso fianco a fianco già  in Umbria, peraltro con risultati non esattamente lusinghieri. E poi a Roma dem e cinquestelle già  governano assieme.
«In Umbria quell’alleanza fu determinata dalla disperazione e dalla mancanza di tempo. Quanto al governo nazionale — che pure credo stia facendo bene — è una coalizione nata dai numeri, mancano però la carne e il sangue».
Ovvero?
«La carne e il sangue siamo noi. Le vere alleanze politiche nascono sul territorio, a livello locale. Se mi permette una metafora, l’alleanza di governo è la testa, noi metteremmo il cuore. E una vittoria qui in Liguria avrebbe l’effetto di rafforzare il legame tra Pd e M5s, e di riflesso l’esecutivo».
Come candidato civico, non crede che il suo nome sarebbe dovuto uscire da un percorso che coinvolgesse il territorio, attraverso le primarie per esempio? La sua candidatura, al contrario, è stata definita a tavolino dai partiti.
«Sul mio nome hanno votato la direzione regionale e tutte le sezioni del Partito democratico. Pd e M5s fatto un confronto che è stato apertissimo ed è durato mesi. Sono stati fatti nomi di persone anche più vicine ai vari partiti. Alla fine, hanno preferito una figura esterna. Ha prevalso il desiderio di cambiare».
I sondaggi, però, non sembrano premiare questa scelta. Secondo le rilevazioni commissionate da Cambiamo!, Toti è al 57% e lei al 40%. Non è una distanza facile da colmare.
«Sono sondaggi commissionati da Toti, lasciano il tempo che trovano. Da ambienti del Pd mi dicono che la forbice è inferiore al 10%. In ogni caso, sapevamo che non sarebbe stata una campagna elettorale facile, di estate, con la gente in vacanza e con tutte le limitazioni del caso dovute al Coronavirus. E poi c’è la differenza di budget…».
A quanto ammonta il vostro?
«Per ora siamo intorno ai 45mila euro. Parliamo di un ventesimo della cifra stanziata da Toti alle ultime elezioni regionali, quando raccolse i soldi di grandi gruppi attivi nel settore autostradale, come Gavio, da grandi petrolieri che hanno impianti in Liguria, e che devono contrattare con la Regione, da grandi soci di Carige».
Le elezioni, però, si vincono anche così, con finanziamenti importanti.
«Io, se sarò eletto, non voglio rispondere al grande socio di Carige o al grande imprenditore delle autostrade. Voglio poter dire — e fare — quello che penso. La mia mancanza di denaro è libertà ».
Da dove vengono i 45mila euro che ha raccolto finora?
«Una parte, circa 10mila euro, l’ho messa io. Poi, circa 5mila euro li ho raccolti da amici personali o conoscenti, ci sono medici, ex compagni di classe. Infine, circa 20mila euro dal Pd, 5mila dalla sinistra e 5mila in arrivo dal Movimento 5 stelle».
I soldi dei grandi gruppi che sostengono Toti non li avete voluti o sono loro che non vi hanno cercato?
«Quei soldi non li abbiamo voluti. Abbiamo avuto contatti con alcuni imprenditori, questo sì. Ma parliamo di contatti legati alle mie idee, al mio programma».
Mi faccia un esempio.
«Nel mio programma c’è una proposta sullo zero consumo del territorio, sul recupero della periferia e dei borghi storici. Sullo stop alla costruzione di nuovi insediamenti e sul riutilizzo delle aree industriali dismesse. Ebbene, ho avuto buoni riscontri da imprenditori dell’edilizia, anche stranieri. Un gruppo di imprenditori olandesi attivi nel settore delle case ecologiche mi ha contattato perchè è interessato a mettere un hub in Italia: era indirizzato verso il Trentino, ma dopo avere visto il mio programma ha deciso di aspettare i risultati delle elezioni in Liguria. Il rapporto con i miei sostenitori è basato sulle idee: chi vuole aiutarmi, lo fa».
In che modo?
«Stiamo lanciando in questi giorni un sistema di crowdfunding, messo a punto da un’associazione no-profit statunitense che in passato ha lavorato con Barack Obama, Bernie Sanders e Jeremy Corbyn. Hanno visto la mia campagna e si sono proposti di aiutare».
A proposito di aiuto: come valuta quello di Pd e M5s? Osservando da fuori, non sembra che si stiano spendendo particolarmente per lei: nessuna conferenza stampa congiunta, nessuna iniziativa comune…
«Con Pd e M5s ho un rapporto molto libero. Loro ci sono, ci credono, ma non mi hanno chiesto niente, nè poltrone nè altro. Abbiamo fatto riunioni assieme per la definizione del programma e quando vado in giro vengo accompagnato da esponenti di tutti i partiti che mi sostengono. Vedo persone di diverso colore politico che si siedono allo stesso tavolo, che costruiscono un rapporto: vedo anche da queste piccole cose che sta nascendo un’alleanza profonda».
Resta il fatto che entrambe le leadership, al momento, sembrano piuttosto defilate. Non è forse una strategia per evitare di legare eccessivamente il suo nome a quello dei partiti?
«La mia è e resta una candidatura civica. È quello che la gente chiede da tempo e, adesso che succede, sento dire: “Eh ma i partiti non ti danno fiducia”. È un equilibrio difficile. Quello che posso dire è che il contributo di Pd e M5s nel programma c’è stato ed è stato importantissimo».
Mi dica un punto del programma che è stato inserito su input del Pd.
«In generale, mi ha colpito una profonda unità  di intenti, è venuto fuori qualcosa che c’era già  prima, c’è molto in comune tra M5s, Pd, sinistra, Verdi. Tutte queste forze si rivedono in un modello di sviluppo che comprenda tutti i cittadini e che rispetti la terra in cui vivono. Quanto alle singole proposte, per esempio, il Pd ha sottolineato la questione dell’importanza delle opere da realizzare: ci sono 21 opere che realizzeremo, dal raddoppio della ferrovia di Ponente a quello della strada Aurelia di Ponente e Levante, passando per il tunnel di collegamento tra costa ed entroterra e per la “Gronda” di Genova».
E qual è stata la reazione dei cinquestelle? Con le nuove opere il Movimento ha un rapporto quantomeno conflittuale.
«Il Movimento ha avuto funzione di contrappeso. Il Pd ha detto: “Servono nuove opere”? Il Movimento ha risposto: “Ok, ma facciamo quelle veramente utili e che non rappresentino uno spreco di denaro”».
Una proposta inserita nel programma su input del Movimento, invece?
«I cinquestelle hanno avuto voce nella questione dello zero consumo del territorio come nella proposta di valorizzazione della sanità  pubblica, su cui vogliamo puntare tantissimo. Il modello Toti, totalmente piegato ai privati e ricalcato in maniera scientifica su quello lombardo, s’è rivelato un disastro: abbiamo assistito a una calata di dirigenti e gruppi privati lombardi che si sono presi la sanità  ligure. Serve un’inversione di rotta, e serve adesso».
È sicuro che in questa inversione di rotta, sulla sanità  ma non solo, Pd e M5s siano realmente i suoi compagni di viaggio ideali? In passato lei è stato molto duro nei confronti sia dei dem, additati come responsabili della cementificazione delle coste liguri e di una gestione controversa degli appalti, sia dei cinquestelle, criticati nei mesi del governo gialloverde.
«In entrambi i casi, io ho criticato i comportamenti, non l’essenza di quei partiti. Nel caso del Pd, ce l’avevo con un sistema che si era fatto potere: nei luoghi dove il centrosinistra governava da tanto tempo, la priorità  era diventata la preservazione del potere. Quanto al M5s, sono stato durissimo quando alcuni di loro sono diventati gregari di Matteo Salvini, ma riconosco che il Movimento ha scosso il nostro sistema politico, mettendo tutto in discussione».
Il Movimento che governava con Salvini non è forse lo stesso che s’è alleato con il Pd e che, a livello locale, sta sostenendo la sua candidatura?
«A livello locale ho l’impressione che i cinquestelle come i dem siano tornati quello che erano. Il Pd ha sempre avuto nella propria vocazione un elemento ambientalista, lo stesso vale per il Movimento se si parla di sanità  pubblica. Quello che chiedo a questi partiti è di guardare alle loro origini, alla loro vocazione. Può essere un’occasione per tirare fuori il meglio l’uno dall’altro. Rispetto a quanto accaduto in Umbria, vorrei che venisse percepita l’occasione enorme che abbiamo: l’opportunità  di diventare laboratorio per qualcosa che duri nel tempo».

(da Open)

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IN UN MESE I CONTAGIATI SONO AUMENTATI DEL 141%

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

LA FONDAZIONE GIMBE: “NON E’ POSSIBILE SOTTOVALUTARE L’INCREMENTO DEI CASI”

Nell’ultimo mese in Italia i contagi da Coronavirus sono aumentati del 141 per cento. Il calcolo è stato fatto dalla Fondazione Gimbe, che per bocca del suo presidente, Nino Cartabellotta, avverte: “La risalita nella curva dei contagi desta non poche preoccupazioni sia perchè l’incremento inizia a riflettersi progressivamente sull’aumento delle ospedalizzazioni, sia perchè solo negli ultimi due giorni, peraltro non inclusi nella nostra analisi settimanale, sono stati riportati quasi 1.500 nuovi casi”.
“Dopo quattro settimane di crescita costante siamo davanti a segnali che invitano a mantenere l’attenzione molto alta sull’andamento dell’epidemia nel nostro Paese”, sottolinea Cartabellotta.
In particolare, secondo la Fondazione Gimbe, tra il 12 e il 18 agosto i nuovi casi di contagio da Coronavirus in Italia sono cresciuti del 20,6 per cento rispetto alla settimana precedente (a fronte di un lieve aumento dei casi testati, 180.300 contro 174.671).
Sono aumentati del 18,4 per cento i pazienti in terapia intensiva e del 5,2 per cento quelli ricoverati con sintomi. Rispetto alla settimana 15-21 luglio l’aumento dei contagi registrati è del 141 per cento.
“Nell’ambito di un quadro di circolazione endemica del virus si conferma il trend in progressivo aumento dei nuovi casi, siano essi autoctoni, di importazione (stranieri) o da rientro di italiani andati in vacanza all’estero”, avverte Cartabellotta. “Se da un lato bisogna evitare inutili allarmismi, dall’altro non è ammissibile sottovalutare il costante aumento dei nuovi casi, anche in vista di appuntamenti cruciali per il Paese, quali riapertura di scuole e università  e consultazioni elettorali”.
“L’arma migliore per una serena convivenza con il virus — conclude il presidente della Fondazione Gimbe — rimane la massima aderenza ai comportamenti raccomandati: dal frequente lavaggio delle mani alle misure di igiene respiratoria, dal distanziamento sociale all’uso della mascherina negli ambienti pubblici al chiuso e all’aperto dove non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, al rigoroso rispetto del divieto di assembramenti. Dal canto loro, le autorità  sanitarie devono potenziare la sorveglianza epidemiologica, sia per identificare e circoscrivere i focolai, sia per individuare tempestivamente casi di importazione e di rientro”.

(da agenzie)

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AL BILLIONAIRE DI BRIATORE CI SONO SEI POSITIVI AL COVID-19

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

IN COSTA SMERALDA IL SINDACO SPEGNE LA MUSICA A MEZZANOTTE

Passata mezzanotte a Porto Cervo si spegne la musica, pure nei locali più esclusivi. Prima si può suonare, ma a volume moderato.
E così i divieti di fine estate portano polemiche social, con rinforzi politici. Succede in Gallura, ad Arzachena – comune di riferimento della Costa Smeralda – dove un’ordinanza del sindaco, Roberto Ragnedda impone le restrizioni alle serate.
Le ragioni della misura smorza-movida sono i recenti casi di Covid 19, tra i ragazzi romani passati nella costa gallurese (alcuni di rientro da Ibiza). Ma non solo: sono 13 gli ultimi accertati.
E così l’imprenditore Flavio Briatore, patron del noto Billionaire chiude in anticipo e attacca duramente l’amministrazione: “Impossibile lavorare e offrire il servizio richiesto dai nostri clienti”. Poi le scuse a pubblico, lavoratori e artisti. Tutto spento dopo nemmeno un mese tondo dall’apertura.
Ma ora spunta una grana più grossa attorno al ristorante-discoteca: secondo quanto riportato da Il Messaggero ci sono sei dipendenti positivi nel suo staff e oltre cento sono già  in isolamento.
Nel frattempo il sindaco non si era lasciato intimidire e aveva risposto a stretto giro, con lo stesso mezzo: un video postato su Facebook. In primo piano, seduto alla scrivania difende la scelta, definendola di buonsenso. E tra una battuta e l’altra attacca a sua volta Briatore. “Pensavo fosse una parodia di Crozza – dice – invece poi ho visto che era l’originale”.
Dice di aver incontrato gli altri operatori coinvolti, ma non lui: “Anche se avrei preferito andare a Monte Carlo e incontrarlo lì”.
Ribadisce di essere dalla parte degli imprenditori: “Il 23 agosto forse finisce il business non la stagione: noi lo invitiamo ad innalzare il livello dell’offerta, magari aprendo ad aprile e chiudendo ad ottobre. Questa è la sfida che posso proporre per il prossimo anno”.
Un passaggio pure sugli attacchi personali: “Mi spiace se Briatore dice che non ho mai lavorato: s’immagini che sono venuto anche a scaricare le bibite del suo locale, vent’anni fa, e mi rendevo conto anche di come venivamo trattati dai suoi direttori, però è acqua passata”.
E la chiusura: “Questa ordinanza in realtà  va a tutelare la salute di tutti ma soprattutto dei più anziani, come lei, che è giusto che si proteggano”.

(da agenzie)

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SI CANDIDA ALLE REGIONALI PER IL PD, INSULTI SESSISTI E RAZZISTI CONTRO L’AVVOCATA ITALO-COLOMBIANA

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

“MI HA FERITO DI PIU’ IL SILENZIO DELLE PERSONE PERBENE”

“Vattene a casa tua”. “Tornatene in Colombia”. E poi allusioni e riferimenti sessuali. Oltre 200 commenti, in poche ore, pieni di insulti sessisti, razzisti e xenofobi, sono apparsi sotto il video con cui Monica Patià±o Gomez, 43 anni, avvocata italo-colombiana da 19 anni a Firenze, un marito e un figlio di tre anni e mezzo, ha annunciato tre giorni fa la sua candidatura al consiglio regionale tra le fila del Pd, nella circoscrizione Firenze 1, alle prossime elezioni in programma il 20 e il 21 settembre.
“Ero consapevole del clima politico e sapevo che sarebbe stato difficile, che mi sarei esposta a questo pericolo. Ma vivere queste cose in prima persona fa tutt’altro effetto” racconta Gomez, esperta in diritto internazionale, dell’immigrazione e della famiglia. Arrivata in Italia per amore, con in tasca una laurea in Giurisprudenza, l’11 settembre 2001, nel giorno dell’attentato alle Torri Gemelle, prima di lavorare come avvocato Gomez ha fatto l’operaia in una ditta di bigiotteria e poi è stata contabile in un’azienda del fiorentino.
Una volta ottenuta l’abilitazione anche in Italia, però, ha scelto di impegnarsi attivamente nel supporto ai migranti sudamericani come lei fondando l’associazione ‘Colombianos en Toscana’ e sostenendo le donne immigrate nel loro percorso di indipendenza e autodeterminazione con il progetto ‘Mujeres Migrantes’.
“Sono molto dispiaciuta di avere visibilità  per questo episodio – ci tiene a mettere in chiaro lei   – Avrei voluto farmi conoscere per le mie idee, i miei progetti e la mia visione di futuro”.
Ma a farle male non sono stati solo i commenti e le offese, in gran parte ricevuti da uomini e che sono stati poi cancellati, ma anche e soprattutto “il silenzio, l’indifferenza e la rassegnazione delle persone perbene”.
“Come se per una donna che sceglie di impegnarsi in politica fosse naturale dover sopportare offese e insulti. Mi sembra triste che il prezzo da pagare debba essere questo – aggiunge – Anche perchè oggi tocca a me. Ma una volta spenti i riflettori della campagna elettorale toccherà  a qualcun’altra”.
“I commenti razzisti e xenofobi – non ha dubbi Gomez – sono figli del pregiudizio e di una propaganda politica che soffia sul fuoco di temi sensibili come l’immigrazione. E di cui queste persone, che lasciano commenti feroci, sono prima di tutto vittime”. Ed è per questo motivo che, nei prossimi giorni, capirà  come procedere: “Farò le mie valutazioni e deciderò cosa fare”.
Ma di una cosa è certa: “E’ proprio contro questo tipo di preconcetti sugli immigrati che continuerò a dar battaglia” spiega Gomez. “Vorrei che non si dicesse più che se un immigrato sbaglia, a differenza di un italiano, non paga per le proprie colpe. Ed è per questo che lavoro. Affinchè tutte le persone che arrivino in Italia rispettino le regole del Paese che li ha accolti. L’integrazione passa anche attraverso l’insegnamento e il rispetto della legalità “.

(da “La Repubblica”)

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LE FOTO CON BANNON CHE IMBARAZZANO I SOVRANISTI ITALIANI

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

DA SALVINI A MELONI: TANTI I SOVRANISTI IMMORTALATI A FIANCO DELL’ARRESTATO PER TRUFFA

L’arresto per frode di Steve Bannon ha fatto scalpore in tutto il mondo. Bannon in Italia però per tanto tempo è stato visto come un punto di riferimento importante dai sovranisti. Invitato a feste di partito e convegni per discutere le sue controverse teorie politiche o magari a dibattiti che proponevano lo scontro ideologico fra uno degli alfieri del sovranismo trumpista e i politici che gli si contrapponevano.
Tanti i politici italiani che si sono fatti fotografare con Bannon in Italia, che continua . Da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, che nel 2018 lo invitò ad Atreju regalandosi anche un famoso selfie con l’ex stratega politico della Casa Bianca, passando per l’ex ministro Carlo Calenda e Mario Adinolfi.
Se però Calenda ha risposto per le rime ai tanti che postavano la sua foto con Bannon, ricordando di essere stato protagonista di un dibattito con l’ex direttore di Breitbart nel quale, l’ex mente della campagna elettorale di Trump sarebbe uscito “con le ossa rotte”, c’è anche chi, come il fondatore del Popolo della famiglia ha ribadito la sua stima e amicizia a Bannon.
Steve Bannon in Italia però non veniva solo per farsi foto con i politici della destra sovranista o per dibattiti con ex ministri.
Tramite l’associazione Dignitatis Humanae Institute infatti l’ex stratega politico del trumpismo ha ottenuto la duecentesca Certosa di Trisulti con l’obiettivo di trasformarla nell’Accademia dell’Occidente cristiano-giudaico, ovvero l’università  dei sovranisti. Una questione ancora aperta dopo che il Tar di Latina, ha bocciato la richiesta di sfratto del ministero dei Beni Culturali lasciando il monumento nazionale in provincia di Frosinone nelle mani dell’associazione fondamentalista cattolica, che in moltoi considerano il braccio politico italiano di Bannon.
E se tra i sovranisti italiani c’è chi lo scarica vedendo nel suo arresto una mossa di Trump per rivincere le elezioni, tra chi le ragioni di chi lo sostiene spunta fuori anche QAnon, come dimostra il tweet di sostegno dello psichiatra Alessandro Meluzzi, che vede nelle accuse contro l’ex stratega politico della Casa Bianca il “fuoco di sbarramento Dem (sic) Deep State sadopedofilo contro Trump e i popoli sovrani”.

(da agenzie)

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LO SCONCIO DEL TG1 E TG2 CHE CENSURANO I RAPPORTI DI BANNON CON I SOVRANISTI ITALIANI

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

ANCHE L’ARCHIVIAZIONE DEL PADRE DELLA BOSCHI LIQUIDATA IN POCHI SECONDI

Era il guru celebrato e intervistato ma adesso tutti fanno finta di niente: “Ecco l’informazione Rai per la quale gli italiani pagano il canone, edizioni serali di giovedì 20 agosto: 1. Tg1 e Tg2 censurano totalmente i rapporti di Bannon (arrestato ieri), con la destra italiana. Ricordate quanti servizi del Tg2 su Trisulti e il sostegno di Bannon a Lega e Fdi? Oggi neanche un riferimento agli incontri con Salvini e Meloni. 2. Tg1-Tg2-Tg3 liquidano l’archiviazione del padre di Maria Elena Boschi in pochi secondi, senza neanche dare conto del commento dell’ex ministra, dopo che all’epoca furono fatti servizi su servizi e titoloni di apertura sul caso Etruria”.
Lo ha denunciato il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai.
“Ennesima pagina vergognosa – prosegue Anzaldi – di disinformazione, mentre la commissione di Vigilanza è in vacanza, la nuova Agcom deve ancora insediarsi e la Rai continua ad essere priva di un presidente di garanzia, in totale violazione della legge”

(da agenzie)

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STEVE BANNON: CHI E’ L’EX CAPO DEI SOVRANISTI IDOLATRATO DA MELONI E SALVINI

Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile

GLI INCONTRI CON SALVINI AL VIMINALE E L’INTERVENTO AD ATREJU CON GIORGIA MELONI

Steve Bannon ieri si è dichiarato non colpevole nell’udienza in video nel tribunale di New York che ha fissato per lui una cauzione da cinque milioni di dollari e il divieto di usare aerei e barche per viaggiare senza un permesso del giudice in attesa dell’udienza che si svolgerà  il 31 agosto.
Ieri l’ex boss di Breibart era stato fermato da agenti federali delle Poste a bordo di uno yacht in Connecticut e arrestato con l’accusa di frode e riciclaggio perchè dai fondi raccolti online per l’associazione «We build the Wall» (Costruiamo noi il Muro), che avrebbe dovuto in teoria aiutare il presidente Donald Trump a edificare la barriera davanti al Messico su una serie di terreni privati Bannon avrebbe trasferito almeno un milione di dollari di donazioni a un’altra società  da lui controllata, usandone centinaia di migliaia per spese personali.
Il gruppo non-profit indagato, di cui Bannon figurava presidente del comitato consultivo, era arrivato a raccogliere 25 milioni di dollari online.
La procuratrice del distretto di Southern New York, Audrey Strauss, ha dichiarato che gli arrestati (con Bannon sono stati fermati Brian Kolfage, veterano della guerra in Iraq, dove ha perso le gambe e il braccio destro, Andrew Badolato e Timothy Shea) «hanno truffato centinaia di migliaia di donatori». E proprio ieri Donald Trump lo ha scaricato dichiarando di non sapere nulla del progetto. «Da anni non ho a che fare con Bannon».
Secondo l’accusa Bannon avrebbe trasferito almeno un milione di dollari ad un’altra società  da lui controllata, usandone centinaia di migliaia per spese personali ed emettendo fatture false per nascondere le tracce. Kolfage, volto pubblico di «We Build the Wall», assicurava che non avrebbe intascato un penny ma si sarebbe appropriato di 350 mila dollari. Bannon e soci si dicevano impegnati a costruire 4 chilometri di barriera su terreni privati in New Mexico e in Texas.
Ma alcuni di quei terreni erano a rischio erosione, secondo gli esperti, perchè troppo vicini al Rio Grande. Giusto per non smentire la sua fama, ieri Bannon è stato arrestato a bordo di uno yacht da 28 milioni di dollari, il Lady May, di proprietà  del miliardario cinese Guo Wengui, uno degli uomini più ricercati da Pechino per frodi e tangenti.
Con lui salgono a sei le persone associate alla campagna 2016 di Trump accusate di reati a livello federale. Oltre all’ex stratega ci sono infatti Roger Stone, Michael Flynn, Rick Gates, Michael Cohen e Paul Manafort.
Quando Bannon era il consigliere preferito di TheDonald
Bannon e Trump si incontrarono nel 2010 e il futuro presidente rimase talmente colpito dalle sue opinioni sulla Cina e sulle politiche commerciali da chiedergli di far parte della sua campagna elettorale. Un compito che Bannon ha svolto con un successo portando Trump alla Casa Bianca, dove si è affermato come una delle voci più importanti, come il ‘padre del Trumpismo’ economico. C’era lui dietro al discorso sulla “carneficina americana” di Trump durante il giuramento, e c’era sempre Bannon dietro alcune delle politiche più controverse del presidente, dal travel ban per i musulmani all’addio all’accordo sul clima di Parigi.
Poi l’idillio si ruppe: nel 2017 fu defenestrato su suggerimento di Ivanka Trump e Jared Kushner.
Come ricorda Il Fatto, secondo la Cnn, Trump era furioso per una recente intervista rilasciata da Bannon a un giornale progressista, The American Prospect. L’ormai ex consigliere strategico aveva contraddetto il suo presidente sulla questione della Corea del Nord, affermando che “non c’è nessuna soluzione militare“.
Ad accelerare l’uscita di scena c’erano anche gli incidenti di Charlottesville, in Virginia, per i legami tra Bannon e i suprematisti bianchi protagonisti degli scontri. A mettere a rischio lo stratega c’erano poi i sospetti del presidente sul fatto che ci fosse proprio Bannon dietro la fuga di notizie dalla Casa Bianca. Tutti tasselli che hanno portato il più stretto collaboratore di Trump a dover fare le valigie, complici anche le pressioni di Ivanka e Jared Kushner, a cui Bannon non è mai andato giù.
Steve Bannon e l’Italia
Nel frattempo però lo stratega aveva trovato terreno fertile in un altro paese dove quelli come lui sono generalmente apprezzatissimi: l’Italia.
Come ricorda oggi Viviana Mazza sul Corriere della Sera, nel marzo 2018, alla vigilia delle elezioni italiane, nell’attico dell’Hotel Raphael a Roma (quello dove Craxi fu contestato sotto una pioggia di monetine per Tangentopoli), davanti ad una tavolata di dolci per nulla toccati, Bannon profetizzò le nozze tra Lega e Cinque Stelle, salvo poi un anno dopo benedirne il divorzio.
In Italia voleva aprire una scuola di populismo nel monastero di Trisulti, ispirato da quella di Armando Siri. Soprattutto pensava alle elezioni europee del 2019. «Sarà  un anno straordinario per i populisti», diceva. Il suo progetto era The Movement, una fondazione per connettere i sovranisti europei (e non solo).
Report dedicò all’incontro tra Salvini e Bannon un servizio in cui si raccontava della presenza di   Federico Arata, figlio di Paolo, accusato di aver pagato una mazzetta di 30mila euro al sottosegretario leghista Armando Siri.
Nel video i due sono diretti al ministero degli Interni, dove Bannon incontrerà  Matteo Salvini per farne il punto di riferimento italiano del suo “The Movement”.
Nel servizio, mentre si fa accompagnare al Viminale, l’ex consigliere di Trump istruisce Arata jr: «Intendiamo fornire inchieste, analisi di dati, messaggi dal centro di comando». «Possiamo diventare il partito numero uno in Italia — gli risponde il giovane Federico — E poi dovrete dir loro che dobbiamo pianificare… Pianificare è la parola chiara… la vittoria per le Europee».
E poi c’è Giorgia Meloni, ritratta con Steve in occasione dell’intervento dell’ex stratega di Donald Trump ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, nel 2018, in quella circostanza la leader di Fdi annunciò l’adesione del suo partito a “The Movement”, il “movimento populista mondiale” di Bannon.
Oggi entrambi non hanno dedicato nemmeno una parola di incoraggiamento nei confronti di Bannon dopo l’arresto. Chissà  perchè.

(da “NextQuotidiano”)

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