Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile SAVERIO ROMANO: “A NOME DEGLI ELETTORI DI CENTRODESTRA MI SCUSO CON LA PRESIDENTE DEL TAR PER LE ACCUSE E GLI INSULTI RICEVUTI DALLA MIA PARTE POLITICA”… LAMORGESE: “GLI ARRIVI DALLA TUNISIA SI SONO DIMEZZATI AD AGOSTO GRAZIE AL GOVERNO DI TUNISI CHE HA BLOCCATO 4.500 MIGRANTI IN PARTENZA IN SEGUITO ALL’INTESA RAGGIUNTA”
La linea dura del governatore siciliano è apprezzata dal segretario del Carroccio Matteo Salvini, ma nel centrodestra il fronte che lo sostiene inizia a incrinarsi.
L’ex ministro Saverio Romano, leader di Cantiere popolare in Sicilia e affiliato a Forza Italia, si è scusato a nome “di gran parte di elettori, militanti e dirigenti del centrodestra” con il giudice del Tar Sicilia, Maria Cristina Quiligotti, “per le accuse e gli insulti che ha ricevuto da questa parte politica“.
Al coro avrebbe partecipato lo stesso Musumeci, che ieri in un video diffuso da alcune emittenti locali ha affermato che “secondo una ‘malalingua’”, Quiligotti “è stata consulente di Zingaretti“, cioè “il capo del partito più importante al governo” dimenticando (si fa per dire) che lo è stata anche di Calderoli e del governo Berlusconi.
“Il rispetto della magistratura e delle sue decisioni — scrive Romano su Facebook — è un architrave dello dello Stato di diritto, ed è anche un punto di riferimento per coloro che, impegnati in politica, hanno forte il senso delle istituzioni”.
Secondo l’ex ministro del governo Berlusconi, una vita nel centrodestra, “la politica tornerà ad essere autorevole quando darà fiducia e avrà fiducia per i comportamenti e per gli esempi, che sono molto più importanti di mille parole. Sono sicuro che Ella vorrà considerare l’accaduto come una brutta giornata da dimenticare, nella speranza che i rapporti tra la Sua istituzione e la Regione Siciliana possano tornare ad essere sereni e rispettosi”.
Il ministero dell’Interno rimanda al mittente.
In un’intervista a Repubblica, Lamorgese spiega che “sebbene ci sia una tendenza in aumento degli sbarchi autonomi rispetto al 2019, i numeri attuali non rappresentano un’emergenza: basta fare il raffronto con il 2011, l’anno delle primavere arabe, in cui arrivarono in Italia circa 30mila tunisini mentre ora ne sono giunti 8mila dall’inizio dell’anno”.
La situazione in Sicilia è comunque problematica, ma a suo parere “le difficoltà sono di carattere logistico legate alle misure di profilassi sanitaria stabilite per il Covid-19″.
Il capo del Viminale rivendica anche il successo delle missioni in Tunisia avvenute nelle scorse settimane. “Gli sbarchi sono passati da un totale di 4226 a luglio a 1976 di agosto. Sono ripresi i voli per un totale di 80 rimpatri a settimana: dall’inizio dell’anno sono stati 497 i tunisini rimpatriati, 261 solo ad agosto. Le autorità tunisine, dalla fine di luglio, hanno impedito la partenza via mare a circa 4500 migranti, effettuando anche 50 arresti tra i responsabili del traffico. È chiaro però che la Tunisia non può essere lasciata sola ad affrontare questa grave crisi sociale ed economica”.
Nel corso dell’intervista Lamorgese spiega anche che “a parte il caso di Lampedusa, nel quale si registra un effettivo sovraffollamento, in Sicilia i grandi centri per la quarantena vengono utilizzati per un numero di migranti inferiore alla capienza: i trasferimenti in altre regioni sono stati 4mila dall’inizio dell’estate”.
E ricorda che non c’è alcun rischio contagio legato nello specifico ai migranti. “A Lampedusa tutti i migranti sono sottoposti al tampone: ne abbiamo fatti oltre 6500 in tutta la Sicilia. Per alleggerire la pressione sull’hotspot da settimane ci sono due navi traghetto adibite per la quarantena dei migranti che, con la conclusione del periodo di isolamento precedente, hanno potuto imbarcare circa 850 persone. In Sicilia operano a supporto delle forze di polizia 979 militari. I lampedusani e il sindaco Martello meritano il massimo dell’attenzione da parte di tutte le istituzioni perchè sopportano un situazione davvero difficile”.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile CON LA VITTORIA DEL SI’ AL REFERENDUM SI TROVERANNO DISOCCUPATI OPPURE DOVRANNO INIZIARE A COMBATTERE LE VERE CASTE ECONOMICHE-FINANZIARIE CHE IMPERVERSANO IN ITALIA
Cattive notizie per i professionisti dell’anti-Casta: se si dà retta ai sondaggi dalle urne
referendarie uscirà vittorioso il “Si”.
A quel punto loro, i campioni della cosiddetta anti-politica, che si sono ritagliati un ruolo fustigando il Palazzo e denunciandone gli abitanti, rischieranno di trovarsi disoccupati, oppure dovranno cambiare rapidamente registro.
Già , perchè il taglio dei parlamentari svuoterà quel poco rimasto in fondo al giacimento dei privilegi, al barile dei bonus, al forziere dei benefit e al pozzo delle prebende che un tempo alimentavano l’invidia sociale nei confronti degli “onorevoli”.
Ma oggi di “onorevole”, nel rappresentare il popolo, è rimasto ben poco.
Nell’ultimo ventennio siamo passati dal tracotante “lei non sa chi sono io” a un prudentissimo “che non si sappia in giro”, perchè far parte degli eletti può rappresentare un boomerang.
Confida Lucio Malan, senatore perbene, che quando fa i versamenti in banca gli impiegati lo guardano con sospetto, nemmeno fosse un rapinatore; un deputato piemontese racconta di quel negozio dove, invece di fargli lo sconto, hanno aumentato il prezzo seduta stante. Il prestigio dei politici è finito sotto i tacchi
E le loro famose prerogative? Sradicate l’una dopo l’altra.
Colpo di scure sullo stipendio che, rapportato alla media, rimane pur sempre di un altro pianeta: sono circa 6mila euro netti mensili, più altrettanti a titolo rimborso spese (che vanno giustificate con tanto di ricevute). Ai bei tempi andati, però, un parlamentare intascava sostanzialmente il doppio senza rendicontare nulla; la sua indennità era agganciata a quella dei magistrati e cresceva di pari passo con l’inflazione. Adesso non più.
Dal primo gennaio 2012, sono spariti i generosi vitalizi che permettevano di maturare 2mila euro al mese con 5 soli anni di mandato; al posto di questo orrore, che faceva il pari con i baby-pensionati del pubblico impiego, è stato introdotto un normalissimo sistema contributivo.
E poi ricalcolo retroattivo delle pensioni agli ex deputati e senatori, anche a costo di sfidare il sacro dogma dei “diritti acquisiti” tramite una forzatura che sta provocando prevedibili ricorsi e incertissime battaglie legali.
Barba e capelli in Parlamento erano un tempo gratis, adesso (giustamente) si pagano come dal barbiere e forse qualcosa in più. Il caffè alla buvette costa quanto al bar e il ristorante della Camera vale una buona mensa aziendale, cui del resto molto somiglia nei prezzi e nel menù.
Le poche auto blu se le litigano una massa di “peones”. Abolite (era ora) le agendine che per Natale venivano stampate a spese di Pantalone e regalate a pacchi. Spariti (evviva) quei tesserini che permettevano agli “ex” di viaggiare gratis, vita natural durante, su treni e autostrade: un privilegio riservato ai soli parlamentari in carica. Altrimenti come farebbe a pagarsi i viaggi Matteo Salvini, che scorrazza continuamente su e giù per l’Italia?
Eliminata perfino l’indennità funeraria da 2500 euro (ma veniva concessa “una tantum” e per richiederla non c’era la fila).
Otto anni fa ai partiti è stato tolto il finanziamento pubblico. Per coprire i costi della democrazia, lo Stato attualmente concede 2 per mille che, come il sigaro toscano e il titolo di Cavaliere (lo sosteneva Cavour), non viene negato a nessuno.
La politica è talmente in bolletta che pochi milioni di un Maduro qualsiasi, per dire, potrebbero bastare a comprarsela tutta, e non solo una parte rilevante. Chi rappresenta il popolo è sceso giù dal piedistallo.
Il 12 settembre sembra destinato a conquistare l’ultimo storico traguardo: il taglio netto della rappresentanza, considerata alla stregua di un costo da abbattere.
Dopodichè non rimarrà più nulla.
L’osso del risentimento sarà completamente spolpato. E per molti anti-Casta già si annuncia lo stesso travaglio degli anti-berlusconiani che, quando il Cav finì ai margini, un po’ festeggiarono e un po’ lo rivolevano indietro per non restare a girarsi i pollici. La guerra contro i privilegi, in futuro, sarà costretta a darsi nuovi bersagli.
Anzichè inferire sul fantasma della politica, invece di prendersela con le anime morte sedute in Parlamento, dovrà combattere le vere caste che imperversano indisturbate: dagli squali della finanza ai padroni del vapore, dalle lobby affaristiche alle combriccole di potere, dai super-burocrati alle toghe intrallazzone.
E sarà tutta un’altra storia.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile SONDAGGIO: LA MAGGIOR PARTE DEGLI STUDENTI E’ A FAVORE DELLA DIDATTICA MISTA
Secondo un sondaggio di Skuola.net c’è preoccupazione tra gli studenti per il ritorno della scuola in presenza, anche data l’assenza di notizie certe sui protocolli anti-Covid. E 1 studente su 3 dice che non indosserebbe la mascherina in aula
Si avvicina il momento del ritorno a scuola in presenza. Un ritorno ai tempi del Coronavirus che ancora non convince tutti. Il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca mette in dubbio che potrebbe accadere davvero e l’associazione del trasporto pubblico locale Astra lancia l’allarme sulle difficoltà e i disagi causati della riduzione nell’offerta di trasporto.
Un’altra incognita riguarda poi il comportamento che gli studenti adotteranno in classe rispetto alle norme anti-contagio del ministero. Una domanda a cui ha cercato di rispondere Skuola.net con un sondaggio fatto su un campione di circa 5mila studenti.
Le mascherine
In media 2 su 3 studenti si dicono disposti ad accettare la mascherina per tutta la giornata e la separazione dettata dai banchi monoposto, mentre soltanto 1 studente su 2 sarebbe vorrebbe indossarla durante la ricreazione. Circa un terzo degli studenti interpellati infatti sostengono quindi di non essere disposti a sopportarla per tutto il tempo. Una percentuale simile (27%) vede di cattivo occhio anche la separazione delle classi in gruppo più piccoli così da permettere la ripresa delle lezioni mantenendo il distanziamento fisico.
La misurazione della temperatura
Circa un quinto degli studenti racconta che non abbracciare i propri compagni sarebbe una vera e propria tragedia. Ma la maggioranza (relativa) è chiaramente disposta a sopportare le misure restrittive per evitare di trasformare la propria scuola in un focolaio. Lo stesso vale per i banchi singoli: il 41% infatti si dice a favore dell’eliminazione del banco doppio. C’è però scetticismo riguardo all’autodisciplina dei propri compagni: circa 8 su 10 infatti sostengono che qualcuno non rispetterà le norme e non si misurerà la temperatura prima di andare a scuola.
Didattica a distanza e didattica mista
Tra la maggior parte degli studenti intervistati si muove anche una certa preoccupazione vista la mancanza di certezze sul ritorno a scuola. Circa la metà si dice moderatamente preoccupato e c’è anche chi — un terzo — preferirebbe continuare con la didattica a distanza, nonostante le tante difficoltà che comporta. Un altro terzo invece crede che la strada da seguire sia quella della didattica mista. C’è anche chi propone un periodo di prova: una o due settimane per «valutare l’organizzazione degli spazi, degli studenti» per poi decidere se riaprire o meno.
(da Open)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile EMILIO BORRELLI DA TEMPO SI BATTE CONTRO I TAGLIEGGIATORI DEI PARCHEGGI: HA RIPORTATO LA FRATTURA DEL SETTO NASALE, SDEGNO IN CITTA’
Un attacco in piena regola, con schiaffi e pugni. Alla fine, il consigliere regionale cade a
terra, chiedendo disperatamente di chiamare la polizia. Ha il setto nasale rotto. È stato aggredito questa mattina Francesco Emilio Borrelli, rappresentante dei Verdi a Palazzo Santa Lucia (e candidato anche per questa tornata elettorale).
Il consigliere, da anni impegnato nella lotta ai parcheggiatori abusivi, è stato picchiato da due donne e due uomini fuori l’ospedale San Giovanni Bosco. Era lì proprio per documentarne l’allontamento, con una diretta Facebook.
Dopo 15 minuti, il pestaggio. Gli aggressori, trattenuti a stento dalle guardie giurate, si sono scagliati anche contro l’autore del video, che ha ripreso la scena dal suo telefonino. Borrelli si è poi recato al pronto soccorso, dove gli è stata diagnisitcata la rottura del setto nasale
Poco più tardi, tre persone sono state fermate dalla polizia. Sono state identificate dagli agenti dell’Ufficio Prevenzione Generale e trasferite in Questura. La loro posizione è al vaglio degli investigatori.
Immediata la solidarietà della città . Il sindaco de Magistris in una nota “esprime a nome dell’amministrazione comunale piena solidarietà e vicinanza al consigliere regionale Francesco Borrelli per l’inaudita, violenta aggressione di cui è stato vittima”.
Interviene anche Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dei Verdi: “L’azione dei Verdi e in particolare di Borrelli in questi anni è stata quella fare una battaglia per la legalità a Napoli e proprio stamattina mentre documentava l’azione svolta di ripristino della legalità davanti al plesso ospedaliero, è stato rincorso da una macchina da cui è sceso un balordo che l’ha preso a pugni e buttato a terra. Ho chiesto al Ministro degli Interni Lamorgese di garantire l’incolumità dello stesso consigliere regionale Borrelli. Il ministro mi ha assicurato telefonicamente che prenderà provvedimenti e che ha già attivato il Prefetto di Napoli”.
“Il consigliere regionale Francesco Borrelli, è stato brutalmente aggredito al San Giovanni Bosco di Napoli. Una violenza senza precedenti che hanno costretto l’esponente di Europa Verde a ricorrere alle cure del pronto soccorso. Un atto indegno che sporca l’immagine di una città che non si riconosce in un simile vergognoso episodio”, così in una nota Rinaldo Sidoli, portavoce di Alleanza Popolare Ecologista. “Esprimiamo solidarietà e vicinanza a Borrelli. È arrivato il momento – spiega- che si apra una vera battaglia per il rispetto della legalità . Questi atti indegni danneggiano l’immagine del capoluogo partenopeo. La lotta all’abusivismo deve diventare una battaglia comune. Non devono esistere zone franche per ogni tipo di criminalità ”.
“Siamo certi che questo gesto infame non scalfirà minimamente il quotidiano impegno di Borrelli a promuovere politiche per la legalità e per il decoro del territorio. Purtroppo oggi si è superato il segno. Auspichiamo che venga fatta luce sull’accaduto e che siano individuati i responsabili dell’azione violenta”, ha concluso Sidoli.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile POST POI RIMOSSO CON TANTO DI SCUSE: “INIZIATIVA PERSONALE, IL PARTITO NON C’ENTRA”
“Donna, di bella presenza, bionda“. Sono questi i primi requisiti che servono per essere assunti come segretaria amministrativa nella sede di Forza Italia a Taranto.
È quanto si legge in un post-annuncio pubblicato sulla pagina Facebook della sede del partito berlusconiano nel capoluogo ionico, in viale Virgilio.
Per poter avere un posto di lavoro, quindi, bisogna essere una donna di bella presenza, poi è importante avere i capelli biondi. Solo al terzo posto l’ottima conoscenza del pacchetto office, quindi la disponibilità di una automobile (‘automunita’) e la residenza a Taranto.
Il post è stato rimosso e dopo un po’ ne è apparso un altro, verosimilmente dell’amministratore della pagina (che però non si firma), dove si spiega che è stato pubblicato un post “con un annuncio di offerta di lavoro discriminatorio e sessista. Vorrei scusarmi — continua — con tutte le persone che hanno letto il post perchè non ero al corrente di questa manipolazione del profilo da parte di qualche persona che lavorava al computer”.
Si trattava, almeno stando all’annuncio, di un lavoro part time da svolgere nella sede politica, che prevedeva una paga di 10 euro all’ora.
Il Movimento 5 Stelle pugliese stigmatizza il fatto che l’annuncio pubblicato sulla pagina è stato “rimosso solo oggi dal 18 agosto a seguito dei commenti negativi degli utenti. Una vergogna per cui ci aspettiamo le scuse immediate da parte del partito e di tutta la coalizione, in cui lo ricordiamo è candidata anche la presidente della commissione pari opportunità Patrizia Del Giudice. Non basta aver rimosso il post, serve una presa di posizione forte delle candidate di centrodestra e del candidato presidente Raffaele Fitto”, affermano i pentastellati pugliesi.
Il commissario regionale di Forza Italia, Mauro D’Attis, e il vice commissario, Dario Damiani. Spiegano che il partito “non c’entra nulla con l’annuncio di lavoro, sessista e di pessimo gusto, che sta girando sui social sulla ricerca di una segretaria a Taranto. Il soggetto che ha pubblicato l’annuncio non ha alcun ruolo nel nostro partito e, dunque, non ha alcun titolo per usare il nome di Forza Italia. Peraltro, anche la sede di lavoro indicata non è una sede di Fi. Verificheremo con i nostri legali la possibilità di agire legalmente anche per il danno di immagine eventualmente procurato”, assicurano.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile LA STORIA DI ANGELO, 26 ANNI, POSITIVO AL COVID-19
Territorio del Nord-Barese. Angelo ha 26 anni ed è fidanzato da due con Ursula. Entrambi i
nomi sono di fantasia. Lui aveva appena trovato un lavoro tramite un’agenzia interinale — che ha deciso di non fargli firmare più il contratto dopo che è risultato positivo al Coronavirus — e lei è una studentessa di Medicina.
Per le vacanze, quest’anno, hanno scelto di partire per la Grecia. Prenotazione e partenza sono avvenuti prima che il presidente della Regione, Michele Emiliano, e il ministro della Salute, Roberto Speranza, firmassero le ordinanze contenenti le restrizioni verso questo Paese.
«I primi giorni di agosto ho prenotato un volo da Bari verso Creta per me e per la mia fidanzata», racconta Angelo a Open. «Sono partito il 10 agosto e sarei dovuto tornare il 17. Poi, il terzo giorno di viaggio, dall’Italia ci è arrivata la notizia che al rientro avremmo dovuto fare 14 giorni di quarantena».
Questa notizia ha compromesso il viaggio?
«Ormai eravamo già partiti: cosa avremmo potuto fare? Abbiamo continuato il tour dell’isola, sempre rispettando le precauzioni e, arrivato il 17 agosto, ci siamo imbarcati all’aeroporto di Heraklion, a Creta».
Come sono stati i controlli all’aeroporto?
«Non ci sono stati controlli all’aeroporto: nessuno ci ha misurato la temperatura, nè all’ingresso dell’aeroporto, nè al gate. Non abbiamo compilato nessun modulo».
Ti avranno controllato al rientro in Italia.
«Nemmeno: una volta arrivato a Bari, c’erano degli addetti con i termometri a pistola in mano. Siamo passati in fila, davanti a loro: ma nessuno ci ha misurato la temperatura. Addirittura, visto che eravamo spaventati, abbiamo chiesto come funzionasse la procedura, sia per l’isolamento sia per fare il tampone. Nessuno di loro sapeva risponderci, nè gli assistenti di terra nè le forze dell’ordine. Ho chiesto a uno di quegli addetti dell’aeroporto: “Come mai non ci misurate la febbre, come mai non prendete i nominativi?”. Giuro, non sapevano cosa rispondere».
Cosa hai fatto a quel punto?
«Sono tornato a casa, è venuto a prendermi mio padre. Seguendo le disposizioni del ministero, ho compilato un’autosegnalazione online. Alla fine della procedura, il sistema crea un pdf da inviare al proprio medico di base. Sia io che la mia fidanzata l’abbiamo inviata ai nostri medici i quali, però, ci hanno chiesto di procedere autonomamente. Abbiamo dovuto inviare noi la mail con l’autosegnalazione alla casella di posta elettronica del dipartimento di salute regionale».
E sono scattate le restrizioni.
«A partire da quel momento, sono stato obbligato a rimanere in isolamento domiciliare per 72 ore. In questo lasso di tempo, l’Asl competente avrebbe dovuto contattarmi tramite mail per fissare un appuntamento e sottopormi al tampone».
Cosa c’era scritto nella mail quando l’hai letta?
«Questa mail non è mai arrivata: ed è stata solo la prima di tante comunicazioni per posta elettronica che non ho mai ricevuto durante questa quarantena».
Nessun tampone, quindi, nelle 72 ore previste. Quali erano invece le tue condizioni di salute?
«Passano più di 72 ore e comincio a preoccuparmi, anche perchè vivo con la mia famiglia e il secondo giorno di isolamento avevo avvertito che qualcosa non andava: stavo mangiando un piatto di spaghetti con le vongole e, a un certo punto, mi sono reso conto che non sentivo nessun sapore. Sono corso in bagno e, spruzzando il profumo per aria, mi sono accorto che avevo perso anche il senso dell’olfatto».
Sintomi che hanno avuto tante persone affette da Coronavirus, ma tu non potevi saperlo con certezza perchè del tampone, nonostante la Grecia fosse uno dei Paesi considerati a rischio, non c’era nessuna traccia.
«Al quarto giorno dal mio rientro ho iniziato a chiamare tutti i numeri che ho trovato su internet. All’Asl del centro di Bari non rispondeva nessuno, al numero verde allestito dalla Regione per l’emergenza Covid altrettanto. Allora ho chiamato l’Asl del mio paese. Mi dicono: “Per le questioni legate al Coronavirus deve chiamare il dipartimento di prevenzione”. Ho chiesto gentilmente di passarmi il numero e mi hanno risposto: “Non ce l’abbiamo, cercalo su internet”».
Sei riuscito a recuperarlo?
«Sì, anche se è incredibile che un’Asl non ce l’avesse. Comunque, dopo minuti di attesa, mi hanno risposto da tale dipartimento di prevenzione. Ho raccontato la mia situazione e mi hanno detto che avrei dovuto rivolgermi all’Asl di competenza che ho scoperto essere stata individuata in un’altra cittadina ancora per l’emergenza Covid. Dal dipartimento, ad ogni modo, hanno decisp di controllare a che punto fosse la mia pratica. Con molta sorpresa, mia e anche del personale all’altro capo del telefono, hanno realizzato che il mio caso, nel database, non esisteva».
Com’è possibile? Il tuo medico di base lo sapeva e anche tu avevi inviato personalmente la segnalazione all’indirizzo di posta indicato.
«C’è solo una spiegazione plausibile: il medico curante non ha comunicato all’Asl o la stessa azienda sanitaria ha ignorato la sua segnalazione. Ma non solo: anche le mail, perchè ne ho scritte più di una per chiedere informazioni, che ho inviato al dipartimento di sorveglianza Coronavirus della Regione Puglia non sono mai state aperte».
A quel punto, riavviano tutta la pratica, dopo ben quattro giorni dal tuo arrivo dalla Grecia?
«Sì, dal dipartimento mi richiedono tutti i dati e, una volta completata la pratica, la girano all’Asl Bari Nord, quella di Giovinazzo per intenderci».
Cosa succede allora?
«Dopo qualche ora, era pranzo, mi hanno chiamato dall’Asl di Giovinazzo e mi hanno detto che si era liberato uno slot per fare un tampone al drive-in. Ormai erano passate circa 90 ore dal mio arrivo in Puglia».
Nel frattempo, tu eri isolato. E i tuoi familiari?
«Nessuno mi ha mai detto che i miei genitori e mio fratello avrebbero dovuto restare in isolamento. Infatti, per la prima settimana dal mio arrivo, loro sono usciti di casa: nessuno aveva dato indicazioni a riguardo benchè avessi comunicato la mia situazione abitativa».
Cosa ti hanno detto all’Asl Bari Nord dopo aver fatto il tampone?
«Mi hanno detto che avrei ricevuto i risultati del tampone entro 48 ore. Ovviamente, passati due giorni esatti, quell’esito non era ancora arrivato. Avrò fatto almeno 30 chiamate ai soliti numeri di telefono, ma non rispondeva nessuno. Allora è andato mio padre, l’ennesimo spostamento che si poteva evitare, a chiedere di persona il risultato del test. Due giorni dopo sarei dovuto andare al lavoro, avevo bisogno di sapere se fosse tutto a posto».
E tutto a posto non era.
“Mio padre ha bussato alla porta e ha spiegato la situazione all’operatore. Gli hanno detto: “Non possiamo dare questo tipo di informazione perchè spetta al laboratorio di analisi comunicarla”. Allora mio padre ha chiesto di avere un numero o di intercedere, vista l’urgenza e dato che un sintomo l’avevo sviluppato. In un primo momento, il dipendente della Asl gli ha risposto che era probabile che il tampone non fosse stato ancora processato. “Ci sono altre persone che l’hanno fatto 5 giorni fa e non hanno ricevuto il risultato”, sostiene. Dopo molte insistenze, alla fine, ha fatto una chiamata al laboratorio».
Tuo padre si è preoccupato?
«Certo, l’esito era positivo. Hanno detto a mio padre di tornare subito a casa per avvisarmi e che, a breve, avrei ricevuto una chiamata per fornire la lista dei contatti stretti che avevo avuto dal giorno dell’atterraggio fino a quel momento».
Questa chiamata è arrivata o è successo come con le altre comunicazioni, non pervenute?
«No, questa volta sono stati abbastanza rapidi, almeno in un primo momento. Ho comunicato la lista dei contatti stretti, con i relativi numeri di telefono. E qui c’è stato un altro buco nel sistema: sai dopo quanto tempo hanno cominciato a fare le telefonate ai contatti stretti? Dopo cinque ore. Cinque! Alcuni di loro, per esempio mio fratello, era al lavoro, a contatto con tanti clienti».
Cosa comunicavano al telefono?
«Hanno detto loro che sarebbero rientrati in una lista di attesa con priorità . Per esempio, ai miei familiari, hanno promesso che sarebbero venuti entro due giorni a fare il tampone, direttamente a casa. Avrebbero mandato una mail con le spiegazioni e le norme da seguire».
Fammi indovinare, la mail non è arrivata?
«Ovviamente. Nessuna mail, nemmeno questa volta».
E l’ambulanza, invece, è arrivata dopo le 48 ore?
«Sono passati i due giorni, senza comunicazioni, e senza che quest’ambulanza arrivasse. Il terzo giorno, nel pomeriggio, ho fatto l’ennesimo giro di chiamate: al dipartimento di prevenzione non sapevano nulla, al numero verde della Regione non rispondeva nessuno, all’Asl di Bari, e l’avrò chiamata decine e decine di volte durante l’isolamento, non rispondeva mai nessuno. Solo a un tale “centralino di emergenza”, altro numero trovato online, mi danno finalmente il numero giusto per parlare con l’Asl di riferimento».
A che punto era la pratica per i tuoi familiari?
«Hanno risposto e mi hanno detto, per la seconda volta, che avevano smarrito tutti i miei dati. Non sapevano che io esistessi, che ero risultato positivo, che i miei familiari stavano aspettando ancora il tampone e orami erano passati nove giorni da quando ero rientrato dalla Grecia. Questa volta un’operatrice ha preso in carico la situazione: è stata la prima volta che mi è sembrato veder funzionare le cose».
Perchè lo dici?
«Mi ha richiamato nel giro di un’ora una dottoressa che mi ha spiegato tutto l’iter che avrei dovuto seguire, scusandosi perchè, invece, non era stato rispettato niente di quanto prescrivevano le norme. Ha preso in carico il mio caso e, dopo qualche ora, mi ha fatto sapere che i miei genitori e mio fratello sarebbero stati raggiunti a casa, in ambulanza, per il tampone, venerdì 28 agosto: 11 giorni dopo il mio ritorno dalla Grecia».
Ma ti è mai stato consegnato un documento, qualcosa, con le regole da seguire?
«Zero. Ufficialmente io non avevo mai ricevuto comunicazione sulla mia positività , avevo saputo di aver contratto il virus solo tramite passaparola tra il dipendente della Asl e mio padre. Grazie a questa dottoressa, invece, dopo 12 giorni, ho ricevuto le prime mail di questa brutta storia: ufficialmente ero un malato Covid e avevo l’obbligo di restare in casa. Sempre in quel momento, è arrivata una seconda mail in cui spiegano che quest’obbligo non valeva anche per i miei familiari. Per 12 giorni, mamma, papà e mio fratello sarebbero potuti uscire di casa se avessero voluto».
Loro, i tuoi genitori, come stanno?
«Adesso stiamo aspettando l’esito del tampone che hanno fatto il pomeriggio del 28 agosto. Io non so, invece, quando farò il secondo tampone: teoricamente dovrei farlo il 14esimo giorno dalla scoperta della positività ».
Tu, invece, come ti senti?
«Ho avuto una dottoressa competente con cui comunicare solo dopo dieci giorni. Per fortuna, inizio a sentire gli odori e un po’ di gusto sta tornando. Non mi è mai venuta la febbre in questo periodo. Certo, il carico di stress è enorme perchè non so mai se risponderanno alle chiamate, se arriveranno le mail, se rispetteranno i tempi per i vari test: la parte più dura di tutta questa storia è stata sentirsi abbandonati dal sistema sanitario. E, nella completa noncuranza delle autorità sanitarie, anche tutti i miei contatti stretti sono stati esposti a un pericolo».
E la tua ragazza, anche lei è positiva?
«La sua storia è ancora più complicata, lei è stata vittima di negligenze ancora più gravi. Ma è meglio che vi racconti direttamente lei come è stata messa a rischio la sua salute e quella delle persone a lei intorno».
(da Open)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile DIFFONDEVA FAKE NEWS SUI SOCIAL E INCITAVA ALLA VIOLENZA CONTRO MEDICI E GIORNALISTI… SOLO IN ITALIA LI INVITANO PURE IN TV A SPARARE CAZZATE
Anche lì ci sono stati tanti morti e c’è chi si è abbastanza rotto dei negazionisti: la polizia spagnola ha annunciato oggi di aver arrestato un uomo che ha affermato che la pandemia di Covid-19 era una bugia inventata e ha incitato sui social media ad attaccare politici e istituzioni denunciando “la pagliacciata del Covid”.
L’uomo, un 38enne, ha incoraggiato i suoi seguaci ad attaccare i responsabili, compreso il primo ministro, spiega in un comunicato del ministero dell’Interno che lo qualifica come “negazionista del Covid”.
“Tutto questo potrebbe essere risolto sparando a Pedro Sanchez alla nuca”, ha scritto l’uomo riferendosi al primo ministro in uno dei suoi post sui social media.
In altri messaggi ha chiesto di “bruciare” un gruppo di medici spagnoli e minacciato di appiccare il fuoco ai locali di un giornale in Aragona (nord) o addirittura ha chiesto ai suoi seguaci di aiutarlo a trovare gli indirizzi di giornalisti che voleva “spaventare a morte”.
(da Globalist)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile 18.000 UNTORI SENZA RISPETTARE DISTANZE E SENZA MASCHERINE NON HANNO MANTENUTO L’IMPEGNO CON LE AUTORITA’
La polizia di Berlino ha sciolto il corteo contro le misure restrittive imposte per il Covid-19 a
causa del mancato rispetto del distanziamento sociale. Lo ha reso noto la polizia sul suo profilo Twitter. I manifestanti non hanno rispettato le norme nonostante “le nostre continue richieste” e nonostante ci fosse la possibilità di rimanere distanziati, si legge nel tweet.
La manifestazione, alla quale prendono parte almeno 18mila persone, era stata autorizzata dopo una battaglia in tribunale.
Il governo regionale di Berlino aveva cercato di vietare la protesta, citando le manifestazioni che si sono tenute all’inizio del mese in cui non sono state rispettate le regole del distanziamento sociale. Gli organizzatori del corteo hanno fatto appello contro la decisione, e hanno ottenuto il via libera dal tribunale che ha chiesto però di garantire il rispetto del distanziamento sociale.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2020 Riccardo Fucile ARRESTATI ANCHE REPORTER LOCALI INDIPENDENTI, IN ATTO LA REPRESSIONE DEL DISSENSO
Le autorità bielorusse hanno ritirato gli accrediti giornalistici a diversi reporter di media stranieri, tra cui la Bbc, l’agenzia France Presse e Radio Liberty. Lo riferiscono i media russi e internazionali.
Secondo il portavoce della diplomazia bielorussa, Anatoly Glaz, la decisione è stata presa in base a una raccomandazione della Commissione interministeriale per la lotta all’estremismo e al terrorismo, senza precisare quanti giornalisti siano interessati da questa misura.
Le autorità bielorusse hanno posto in stato di arresto Aleksandr Vasilievich, co-fondatore delle testate online Kyky.org e The Village Belarus: lo riferisce la moglie di Vasilievich, Nadezhda Zelenkova, ripresa dall’agenzia Interfax.
“La misura restrittiva è l’arresto, fino a due mesi durante le indagini preliminari, che può essere esteso fino a 18 mesi”, ha detto la donna. Secondo l’ong per la difesa dei diritti umani Viasna, gli uffici di Kyky.org e The Village Belarus sono stati perquisiti giovedì.
(da agenzie)
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