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CARCERATI, ODIATORI ONLINE E PERSONAGGI DA CIRCO: I CANDIDATI “PRESENTABILI” CHE TROVERETE NELLE LISTE

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

DAL VENETO ALLA PUGLIA UNA SELEZIONE DI PERSONAGGI NOTI ALLE CRONACHE E ALLE FORZE DELL’ORDINE

Nei giorni scorsi il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra aveva presentato gli ormai immancabili — a ogni elezione — “impresentabili“. Nove in Campania, tre in Puglia e uno in Valle d’Aosta.
Oltre a chi risulta tecnicamente impresentabile, però, come sempre accade, le liste sono popolate da personaggi e storie di variegato colore.
Eccone alcuni:
Campania
La Campania ha le liste più inquinate d’Italia con 13 candidati “impresentabili”, e il “primato” se lo contendono centrosinistra e centrodestra: cinque sono candidati che appoggiano il governatore uscente Vincenzo De Luca, quattro il suo sfidante Stefano Caldoro. I reati da un lato sono riciclaggio, associazione mafiosa, peculato ed estorsione. Dall’altro concussione ma anche lo scambio politico-mafioso.
Tra le candidature — ma non tra i nove nomi snocciolati dalla commissione guidata da Morra — c’è per esempio Marco Nonno, già  vicepresidente del consiglio comunale di Napoli ed esponente di Fratelli d’Italia cui nel 2014 era stata inflitta in primo grado una pena di otto anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per gli scontri noti come la “rivolta” di Pianura, quartiere messo a ferro e fuoco quando, nel gennaio del 2008, fu valutato il piano di riaprire la discarica.
Già  ricandidato nel 2016 nelle liste di Gianni Lettieri, imprenditore, presidente di Atitech che allora correva come sindaco di Napoli, diceva allora di sentirsi tutt’altro che impresentabile perchè aveva difeso il suo territorio
Toscana
Nella regione per cui il centrosinistra ha, di fatto, più apprensione per il risultato non ci sono impresentabili secondo la commissione di Morra. Ma ci sono certamente personaggi.
C’è a Livorno il candidato sindaco leghista, Lorenzo Gasperini. Giovanissimo, oggi 29enne, non si può dire che non si sia già  fatto conoscere. Tre anni fa, da consigliere comunale a Cecina, è stato condannato per diffamazione a mezzo stampa (Facebook, nel suo caso), con due mesi di reclusione e il risarcimento per danni morali.
Nel corso di una campagna elettorale del 2014 aveva infatti diffamato alcuni operai comunali, pubblicando sul social una foto con quattro di loro vicino a dei pannelli per l’affissione dei manifesti elettorali. L’inefficienza del sistema di lavoro pubblico, scriveva Gasperini, dando così — e per il giudice — dei fannulloni ai quattro lavoratori.
Non solo. «Finalmente ciucciare piselli guadagnandone un riconoscimento istituzionale non sarà  più un privilegio di Ministri e Sottosegretari», aveva scritto qualche tempo dopo, sempre su Facebook. Il riferimento era all’allora ministra Maria Elena Boschi — che aveva appena annunciato le unioni civili.
Veneto
Neppure il Veneto ha impresentabili. Ma opinabili sì: come quel Gabriele Michieletto, già  noto alle cronache per avere, nel 2013, usato sempre i social per insultare l’allora ministra Cecile Kyenge. Ha postato la foto di un orango commentata da una didascalia in cui il primate si paragona al ministro per l’integrazione Cecile Kyenge, aggiungendo ‘ma io sono più bella e simpatica’, spiegava allora il consigliere Bruno Pigozzo del Pd.
L’anno scorso se l’è presa con Giuseppe Garibaldi, reo di avere unito l’Italia: «Eliminerei i riferimenti toponomastici al criminale Giuseppe Garibaldi, noto mercenario, bandito, razziatore assurdamente reso eroe da qualche buontempone»
Marche
Andrea Antonini, candidato oggi Responsabile Regionale Enti Locali presso Lega Marche, fece parlare di sè nel 2014 quando ad Ascoli Piceno, assessore alla Cultura, Identità  e Pubblica Istruzione presso la Provincia, governata dal centrodestra, venne fotografato con una grossa croce celtica al collo allo stadio Cino e Lillo Del Duca.
Liguria
Tra i candidati in Liguria alla carica di presidente della Regione c’è anche Carlo Carpi, 37 anni, attualmente in carcere dove sta scontando 1 anno e 10 mesi con le accuse di diffamazione, calunnia e stalking contro un magistrato genovese e calunnia contro un avvocato. La sua candidatura è possibile perchè sconta una pena inferiore ai due anni: resterà  dentro fino a gennaio 2021. Si era costituito lui stesso a luglio dello scorso anno.
Nei giorni scorsi ha inviato dal carcere un messaggio vocale. «Voglio denunciare pubblicamente il permanere di condizioni manifestatamente contrarie alle leggi per impedirmi di svolgere la campagna elettorale come obbligatoriamente e costituzionalmente previsto dalla legge italiana».
Puglia
Qui gli impresentabili (secondo Commissione) sono tre Ma, fa notare oggi il Fatto Quotidiano, le liste di aspiranti consiglieri regionali pugliesi a sostegno di tutti e tre i candidati — Raffaele Fitto, Emiliano e il renziano Ivan Scalfarotto — raccontando di cambi di casacca e incroci improbabili.
Come il caso di Chiara Montefrancesco, candidata con il centrosinistra e nuora dell’ex ministra di Alleanza Nazionale Adriana Poli Bortone. E poi c’è Patrizio Mazza, oggi candidato con Fitto, ieri vendoliano. E Angelo Di Lena, già  leghista, oggi di fede renziana.

(da Open)

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BONAFEDE INTERVENGA SULL’ARRESTO IN CARCERE DELLA PORTAVOCE NO TAV LAURIOLA, NON SIAMO IN UN REGIME MILITARE

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

UNA PENA DI DUE ANNI SI SCONTA AI DOMICILIARI, VISTO ANCHE IL PARERE FAVOREVOLE DELLE ASSISTENTI SOCIALI MINISTERIALI… HANNO LASCIATO A CASA CANI E PORCI PER REATI BEN   PIU’ GRAVI E SE LA PRENDONO CON UNA   GIOVANE CHE HA SOLO FATTO PASSARE GLI AUTOMOBILISTI SENZA PAGARE IL PEDAGGIO

Pochi giorni fa a Torino è stata arrestata e reclusa in carcere la portavoce No Tav Dana Lauriola, dovrà  scontare una condanna definitiva a 2 anni per una protesta del marzo 2012. Il reato: avere occupato il casello autostradale di Avigliana (To) facendo passare gli automobilisti senza pagare il pedaggio.
Indipendentemente dalle idee che Lauriola esprime nel caso specifico mi chiedo e chiedo: è accettabile che le venga riservato un trattamento diverso da qualunque altro accusato e condannato?
Davvero per una condanna a 2 anni per un reato come quello commesso da Lauriola, aver bloccato le sbarre di un casello facendo passare gli automobilisti senza pagare, è legittimo rigettare qualsiasi misura alternativa al carcere?
Richiesta di misure alternative per cui, peraltro, avevano dato parere favorevole anche gli assistenti sociali ministeriali e che sono state respinte.
Davvero una donna di 38 anni non può scontare la pena per un reato del genere ai domiciliari o comunque in forma diversa dal carcere?
La storia di questa donna condannata a due anni di carcere per una manifestazione di protesta fatta quando aveva 32 anni mi ha portato a ricordare un evento differente ma simile in cui mi imbattei appena eletto nel 2013.
La storia di Artic Sunrise, la nave di Greenpeace che fu sequestrata militarmente dall’esercito russo perchè tentò un abbordaggio a una piattaforma petrolifera nel Mar Artico.
Una delle famose manifestazioni pacifiche di Greenpeace di grande effetto comunicativo per protestare contro le estrazioni indiscriminate di petrolio in quello che è l’ultimo santuario ambientale come il Mare artico.
Ma ieri, come oggi, la reazione fu esagerata: i 30 ragazzi di Greenpeace di 18 nazionalità  furono abbordati dei militari con elicotteri, a mano armata, rinchiusi in carcere con l’accusa di pirateria e il rischio concreto di una condanna a 15 anni.
In tanti si mobilitarono e tra questi Paul McCartney che scrisse una bella e toccante lettera che vi invito a cercare e leggere.
Mi sembrava incredibile, ingiustificato, sproporzionato che delle persone che manifestavano pacificamente rischiassero 15 anni di carcere durissimo e pensavo che tutti quelli che potevano dovevano manifestare il loro disaccordo.
Nel fatto specifico negare le pene alternative, proposte anche dagli assistenti sociali del ministero, ed infliggere una detenzione di due anni a una donna di 38 anni è un procedimento inspiegabile a tanti ma soprattutto ai nostri giovani.
Mi piace ricordare una delle lettere per chiedere aiuto per i giovani di Artic ed in particolare quella all’allora Amministratore Eni Scaroni, si citava un passaggio di una lettera che Don Milani del febbraio 1965 inviò ai cappellani militari.
Allora gli attivisti erano gli obiettori di coscienza: “Aspettate ad insultarli: domani forse scoprirete che sono profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione ma non è bello star dalla parte di chi c’è li tiene”.
Due anni dopo nel 2015 il Tribunale dell’Aja sentenziò che il sequestro dell’Artic Sunrise era illegale. Mosca violoò il diritto internazionale e doveva risarcire il Governo Olandese (la nave batteva bandiera olandese).
Quella scritta “la legge è uguale per tutti” non deve essere mai dimenticata o peggio sparire e ricomparire a secondo dei casi.

(da “Huffingtonpost”)

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BIELORUSSIA, MIGLIAIA IN CORTEO A MINSK, CENTINAIA DI ARRESTI

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

ERA IL CORTEO DELLE DONNE, GLI AGENTI DEL GOVERNO PRELEVANO DECINE DI PATRIOTE … SONO QUESTI GLI AMICI DEI SOVRANISTI ITALIANI, COMPLICI DI UN REGIME CRIMINALE

A migliaia, soprattutto donne, sono tornati a marciare in Bielorussia, in particolar modo nelle strade di Minsk.
Il portale Tut.by ha postato alcuni video in cui si vedono i manifestanti camminare per una delle arterie del centro della capitale bielorussa.
Secondo il racconto di alcuni testimoni la polizia bielorussa avrebbe arrestato centinaia di persone e ci sarebbero stati brevi scontri con gli agenti che poi “ci hanno bloccato la strada e iniziato a prelevare le persone una per una dalla folla”.
Tra le persone fermate, anche l’attivista dell’opposizione Nina Baginskaja, 73 anni, diventata un’icona del movimento di protesta durante le manifestazioni del mese scorso.
Come sempre accade, gli automobilisti suonano il clacson per segnalare il proprio sostegno. Tra gli slogan, “libertà  per i giornalisti”.
Le donne hanno anche esposto dei cartelli in cui si può leggere, a caratteri latini, SOS. I manifestanti chiedono da più di un mese le dimissioni del presidente Aleksandr Lukashenko.

(da agenzie)

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AUMENTANO I CONTAGI E PENSANO A RIAPRIRE GLI STADI A MILLE SPETTATORI, UN DELIRIO DI DEMAGOGIA

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

SU PRESSIONE DEI GOVERNATORI REGIONALI E DEGLI INTERESSI DELL’AZIENZA CALCIO,   IL GOVERNO PERMETTE DA DOMANI ULTERIORI ASSEMBRAMENTI

Il governo dà  il via libera alla riapertura degli stadi: da domenica, in ogni partita di serie A potranno essere ammessi mille spettatori.
La decisione, provvisoria quanto a forme e cifre, è stata presa nel corso di un incontro convocato dal ministro Boccia con le Regioni, dopo che Veneto e Lombardia avevano seguito l’esempio dell’Emilia Romagna dopo il via libera del ministro dello sport, Vincenzo Spadafora, all’ingresso dei tifosi al Foro Italico dalle semiifinali degli Internazionali di tennis. La Juventus ha annunciato che domani allo Stadio saranno presenti mille spettatori “invitati”.
Da oggi al 7 ottobre si lavorerà  per trovare un piano condiviso tra governo e regioni in vista del prossimo Dpcm, anche in base alle valutazioni di Salute e Cts della curva epidemiologica, per definire una percentuale di ingresso che tenga conto della capienza degli impianti per ogni disciplina sportiva.
Le ordinanze firmate dai presidenti delle Regioni Veneto e Lombardia, ad esempio, prevedono l’accesso di 1.000 persone negli impianti all’aperto e 700 in quelli al chiuso, nei quali sia possibile la preassegnazione dei posti a sedere.
La decisione delle regioni ha scatenato ulteriori polemiche e che ha convinto Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali, a convocare per le 17:30 una riunione d’urgenza con il ministri Spadafora (sport) e Speranza (salute) che poi ha portato alla decisione. “Una sperimentazione per le prossime aperture”, ha detto al termine dell’incontro il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. “Al fine di non fare disparità  tra le squadre e come sperimentazione in vista delle prossime aperture ho chiesto che la decisione dell’apertura al pubblico da parte di alcune Regioni venisse estesa a tutto il territorio nazionale”. L’obiettivo, ispirato in ogni caso alla cautela, è “definire un protocollo unico che preveda una percentuale di spettatori in base alla capienza reale degli impianti” per tutti gli sport.
Nonostante l’ordinanza di Zaia, lo stadio Bentegodi di Verona, che stasera ospiterà  Hellas-Roma valida per la prima giornata di campionato, resterà  chiuso al pubblico. Tempi troppo stretti per organizzare un’eventuale vendita di biglietti e l’assistenza interna con steward sugli spalti.
Gli spettatori devono indossare la mascherina per tutta la durata dell’evento, se al chiuso; all’aperto la mascherina va indossata dall’ingresso fino al raggiungimento del posto e ogni volta ci si allontani, incluso il momento del deflusso. L’ordinanza inoltre indica “l’utilizzo di tecnologie digitali” per automatizzare l’organizzazione degli ingressi, evitare “prevedibili assembramenti” e per consentire la registrazione degli spettatori; impone varchi per l’accesso del pubblico per evitare assembramenti nel momento del controllo temperatura e biglietti. Vieta l’ingresso di striscioni e bandiere; dispone il deflusso a gruppi degli spettatori al termine della manifestazione; deve essere attivato un servizio di steward con il compito di assistere il pubblico e controllare il rispetto delle misure. L’ordinanza è stata emessa “in attesa delle linee guida di competenza statale relative ai campionati nazionali e internazionali”. Alla luce del Dpcm del 7 agosto scorso, prorogato fino all’8 ottobre, “sussistono i presupposti – si legge nel testo – per autorizzare lo svolgimento delle partite dei campionati nazionali alla presenza del pubblico nel rispetto delle disposizioni specificate nel dispositivo”.

(da agenzie)

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CRISANTI: “VERGOGNOSO CANDIDARE LA LOMBARDIA A OSPITARE IL G20 DELLA SALUTE”

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

“HANNO SBAGLIATO TUTTO QUELLO CHE SI POTEVA SBAGLIARE”

Un attacco durissimo: “Durante l’emergenza in Lombardia a livello sanitario è stato sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare e chiederne ora la candidatura a ospitare il G20 Salute 2021 significa avere sprezzo della decenza, sarebbe una vergogna”.
Così Andrea Crisanti, professore di Microbiologia all’università  di Padova, in un’intervista rilasciata al quotidiano ‘Il Messaggero’.
“Riconoscere i meriti di chi ha lavorato meglio forse sarebbe una scelta più azzeccata- prosegue Crisanti- a meno che non si abbia l’intenzione di trasformare l’incontro in una commemorazione, a quel punto nulla da dire. Se l’incontro ha l’obiettivo di iniziare a ragionare sulla creazione di un modello sanitario da adottare in contesto come quello della pandemia e se viene fatto in Italia per riconoscere il merito non credo proprio che la Lombardia sia la scelta giusta, nel modo più assoluto”
Crisanti pensa invece che il Lazio “che è una delle più popolose d’Italia e questo e’ un fattore in un’epidemia, abbia avuto all’inizio un numero di casi importanti proprio come tanti altri territori, però ha reagito molto bene, sicuramente meglio di altri. La Regione- spiega il professore- è stata capace di mettere in essere con rapidità  una rete di laboratori efficienti per la sorveglianza attiva, sfruttando un territorio che appunto è ricco anche di centri di ricerca. Senza dubbio insieme al Veneto sono state le regioni che hanno saputo comportarsi nel modo giusto e affrontare meglio la situazione”. Se dunque oggi l’Italia “sta così, con numero contenuti rispetto ad altri, è perchè ha replicato il modello che hanno applicato in Veneto e nel Lazio”, conclude Crisanti.

(da agenzie)

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I MORTI COVID TORNANO AI LIVELLI DI INIZIO LUGLIO

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

RADDOPPIANO I DECESSI E AUMENTANO RICOVERI IN TERAPIA INTENSIVA

Impennata dei decessi per Coronavirus: sono stati 24 nelle ultime 24 ore; ieri erano stati 10. Un dato così alto non si registrava dal 7 luglio, quando le vittime erano state 30.
In calo invece i nuovi contagiati: 1.638, contro i 1.907 di ieri. In lieve aumento i tamponi: ne sono stati processati 103.223. Così i dati del ministero della Salute. Il totale delle vittime ha così raggiunto quota 35.692, quello dei casi positivi 296.569. In Lombarda il maggior aumento dei decessi (+9).
Sul fronte ricoveri, dopo giorni si registra una diminuzione di quelli ordinari, 7 in meno, 2.380 in tutto, mentre le terapie intensive tornano a salire dopo il calo di ieri e sono 7 in più, 215 totali.
Le persone in isolamento domiciliare sono 40.566, 704 più di ieri

(da agenzie)

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I MORTI PER COVID IN ITALIA POTREBBERO ESSERE 20.000 IN PIU’ DI QUELLI UFFICIALI

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

IL CONFRONTO DEI DATI ISTAT FA IPOTIZZARE UN NUMERO DI DECESSI COVID SUPERIORE

Le vittime del coronavirus nel nostro Paese potrebbero essere molte di più di quelle riportate dai vari bollettini del ministero della Salute.
Se si esaminano infatti i dati raccolti dall’Istat sul tasso di mortalità  nel nostro Paese, si noterà  come nei primi mesi dell’epidemia i decessi sono stati non solo molti di più di quelli registrati nello stesso periodo dell’anno precedente, ma anche in eccesso rispetto a quelli segnalati per positività  al Covid-19.
Nel suo report lo stesso Istituto precisa: “D’altra parte il dato dei morti riportati alla Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19 fornisce solo una misura parziale di questi effetti, essendo riferito ai soli casi di deceduti dopo una diagnosi microbiologica di positività  al virus. Si tratta, pertanto, di un indicatore influenzato non solo dalle modalità  di classificazione delle cause di morte, ma anche dalla presenza di un test di positività  al virus”. Andiamo quindi a vedere di che numeri si sta parlando.
Dai dati sui primi mesi del 2020 emerge come in realtà  l’anno fosse partito in positivo rispetto a quello precedente. Se infatti a gennaio 2019 erano stati registrati 65.675 decessi, a gennaio 2020 questi erano stati 60.988. Lo stesso per febbraio: 55.250 contro i 59.290 dell’anno precedente. Un dato in contrasto anche con quelle teorie secondo cui il coronavirus stesse circolando in Italia da diversi mesi, ben prima che medici e autorità  sanitarie se ne accorgessero. Dalla fotografia scattata dall’Istat sembrerebbe che l’infezione non stesse circolando nel primo bimestre dell’anno. E se lo stava facendo, non era certo con i livelli di letalità  registrati di lì a poco.
A fine febbraio viene però registrato il primo caso italiano, il paziente 1 di Codogno, e la prima vittima accertata. La curva dei contagi si impenna, i decessi aumentano di giorno in giorno e vengono istituite le prime zone rosse, poi allargate a tutto il Paese. Un mese dopo le immagini dei camion militari che trasportano le bare fuori Bergamo. A marzo in Italia, riporta l’Istat, sono stati registrati 84.989 morti. Nello stesso periodo di un anno prima se ne erano invece contati 57.752: un aumento quindi di 27.237 decessi. Ad aprile 2020 invece se ne sono contati 70.957, contro i 51.344 di aprile 2019.
Se si considera l’intero bimestre, il più duro dal punto di vista epidemiologico, l’aumento della mortalità  è aumentata del 43%: sono state infatti registrate 46.850 vittime in più rispetto all’anno precedente. In quel periodo i morti accertati per Covid-19 sono stati 27.967. Nell’eccesso di mortalità  registrato dall’Istat, al netto di quelli confermati per coronavirus, ci sono altri 18.883 decessi in più. Chiaramente non tutti questi sono da collegare all’infezione da Covid-19, ma è probabile che in buona parte possano essere altre vittime dell’epidemia non conteggiate dai bollettini ufficiali. Perchè non sottoposte a test e perchè magari decedute in casa e non in ospedale.

(da Fanpage)

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“AL PARTITO DI SALVINI 100.000 EURO DALLA SOCIETA’ DEL COGNATO DI GALAN CHE HA UNA PRODUZIONE DI 20.000 EURO”

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

L’ALERT DELL’ANTIRICICLAGGIO: COME FA UNA AZIENDA A DONARE UNA SOMMA CINQUE VOLTE SUPERIORE ALLA SUA PRODUZIONE ANNUALE?

Centomila euro di erogazione liberale da una società  che però, nei bilanci, annota come valore della sua produzione annua poco più di ventimila euro.
Come se uno facesse diecimila euro di beneficienza, guadagnandone duemila.
C’è anche questo nelle migliaia di pagine dell’indagine sui commercialisti della Lega, finiti ai domiciliari con l’accusa di aver venduto a prezzo “gonfiato” un capannone dalle parti di Cormano, periferia nord di Milano.
L’acquirente era la Lombardia film commission, fondazione della Regione in quel periodo presieduta da Alberto Di Rubba, revisore contabile del gruppo Lega al Senato e persona molto vicina a Matteo Salvini. Di Rubba è finito ai domiciliari insieme al suo socio Andrea Manzoni e all’altro commercialista Michele Scillieri.
L’affare del capannone, però, sembra essere solo il primo pezzo di un complesso mosaico fatto di decine di conti correnti, società  e movimentazioni “sospette“. L’aggettivo appartiene agli investigatori del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, che stanno provando a ricomporre il quadro dei flussi finanziari messi in moto dai professionisti del Carroccio.
Un’attività  complessa che si basa anche sulle segnalazioni di operazioni sospette — gli Sos — arrivate dall’Uif, l’Unità  di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, cioè in pratica l’Antiriclaggio.
Tra i vari Sos dell’Uif analizzati dalle Fiamme Gialle ce n’è anche uno relativo alle operazioni compiute su un conto corrente intestato alla Lega per Salvini premier e riportato in un’informativa del 26 febbraio: nel 2019 al partito dell’ex ministro dell’Interno sono arrivati dal Ministero dell’Economia bonifici riferiti al 5 permille dell’Irpef pari a 1.720.529 euro.
Su quel conto però sono finiti anche circa altri 3mila bonifici “a titolo di rimborso spese attività  parlamentare ed erogazioni liberali” da deputati e senatori del partito. L’Antiriciclaggio fa notare come da statuto sia previsto che gli eletti contribuiscano ai fondi del partito.
È il caso dei 21mila euro a testa bonificati dai senatori Simone Pillon, Raffaella Marin e dall’ex ministra Erika Stefani.
E i 41mila euro con 15 bonifici arrivati da Gianni Tonelli, balzato alle cronache nazionali quando da segretario del Sindacato autonomo di polizia insultava Ilaria Cucchi, e che Salvini ha poi portato in Parlamento nel 2018. Le sue donazioni sono definite “significative” dall’intelligence di Bankitalia se rapportate “al suo reddito complessivo del 2017 (l’ ultimo prima di entrare in parlamento, ndr) di 36.920 euro”.
Sul conto corrente della Lega per Salvini premier, il cui unico delegato a operare risulta il tesoriere Giulio Centemero, arrivano anche le donazioni di elettori, simpatizzanti e società  sostenitrici del Carroccio.
Tra le tante l’Antiriciclaggio segnala quella della Coseco: il 3 giugno del 2019 bonifica alla Lega centomila euro tondi, cioè il massimo consentito per le erogazioni liberali ai partiti. Che cosa è la Coseco? Una srl di Lozzo Atestino, in provincia di Padova, che si occupa di movimento terra e che l’Antiriciclaggio definisce così: “Società  con valore della produzione 2018 di euro 20.879,00 inferiore rispetto a quanto devoluto, di cui il titolare effettivo è il Sig. Luigi Persegato, cognato dell’ex governatore della Regione Veneto Galan Giancarlo, entrambi coinvolti nel 2014 assieme al leghista Attilio Schneck e all’industriale vicentino Beltrame Antonio nel processo per veleni nascosti sotto l’asfalto dell’autostrada Valdastico“.
Per la verità  l’inchiesta sull’inquinamento dell’autostrada vicentina si è conclusa con l’assoluzione di tutti gli imputati: sia Schneck, ex presidente della provincia di Vicenza ed ex sindaco di Thiene con la Lega, che Beltrame sono stati riconosciuti non colpevoli già  dal gup.
Persegato, invece, alla fine di un lungo processo che si è chiuso nel dicembre del 2019. Cioè sei mesi dopo la donazione da centomila euro elargita dalla sua Coseco alla Lega per Salvini premier. In quello stesso anno, il 2019, la sua srl dichiarava un patrimonio netto 22.310, un attivo di 205.298 euro e debiti per 182.988. Il valore della produzione della società  del cognato di Galan, invece, nel 2019 ammontava a 21.971 euro, un migliaio in più rispetto all’anno prima: come fa notare l’Antiriciclaggio in entrambi i casi si tratta di una cifra “inferiore” rispetto a quanto donato al partito di Salvini.

(da il Fatto Quotidiano”)

Pubblichiamo una gentile richiesta di precisazione dell’on. Gianni Tonelli

Gentilissimo Direttore,
con riferimento all’articolo allegato vorrei proporLe alcune elementari riflessioni.   Nel 2017 io non ero parlamentare della Repubblica e quindi il mio reddito, come   emerge dalla documentazione ufficiale, non mi consentiva di elargire quelle somme. Penso che gli autori dell’articolo   avrebbero potuto tranquillamente valutare che se fossi stato parlamentare della Lega – Salvini Premier non avrei potuto avere quel tipo di reddito nel 2017. Infatti i versamenti   fanno riferimento alle annualità  2018 -2019.
L ‘altro aspetto riguarda la volontà  di alimentare il corollario negativo sulla mia   persona. Io non ho mai offeso, anzi la invito a trovare una sentenza passata in giudicato   nella quale viene certificato che io ho offeso la famiglia Cucchi o Aldrovandi.

Una breve replica all’on Tonelli: nell’articolo si fa riferimento a una segnalazione dell’intelligence di Bankitalia
“E i 41mila euro con 15 bonifici arrivati da Gianni Tonelli, balzato alle cronache nazionali quando da segretario del Sindacato autonomo di polizia insultava Ilaria Cucchi, e che Salvini ha poi portato in Parlamento nel 2018. Le sue donazioni sono definite “significative” dall’intelligence di Bankitalia se rapportate “al suo reddito complessivo del 2017 (l’ ultimo prima di entrare in parlamento, ndr) di 36.920 euro”.
Ci par di capire che lui sostenga che i 15 versamenti esistono ma sono riferibili al periodo successivo, quando è stato eletto parlamentare.
Quanto alle “offese” alla famiglia Cucchi o Aldovrandi è vero che non vi sono condanne “passate in giudicato” ma è noto che ve ne sono (per falso e diffamazione) nei primi gradi di giudizio

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REGIONALI, I TRE SCENARI PER IL DOPO-ELEZIONI

Settembre 19th, 2020 Riccardo Fucile

RIPERCUSSIONI IN ENTRAMBI GLI SCHIERAMENTI

Alla fine, pensateci, questo è di nuovo un voto sul governo gialloverde. Non il governo di quest’anno: quello di un anno e un secolo fa. I bei tempi (si fa per dire) dei litigi sugli sbarchi, sulla Tav, sulle nomine: mesozoico. Perchè noi siamo in attesa del risultato delle elezioni regionali, ovviamente, ma quello che ci arriverà  lunedì sarà  un referendum sulla politica. Non quella di quest’anno, però, ma quella che è finita con la crisi dell’estate scorsa.
Il voto sul referendum costituzionale (comunque vada e comunque la si pensi su cosa votare) diventa una sorta di sondaggio-nostalgia sul “Come eravamo” del M5s.
È una specie di revival della vecchia battaglia contro il Parlamento imposta agli alleati di governo vecchi e nuovi (la Lega prima, il Pd poi) in cambio del potere.
Mentre il voto sulle elezioni regionali viene caricato di un significato politico nazionale con una operazione che riproduce pari pari la strategia di Silvio Berlusconi del 2000. Allora il Cavaliere sognava il ritorno al governo dopo il disastroso naufragio del 1994: usò la leggendaria nave Azzurra per rendere un racconto nazionale i voti delle elezioni regionali, e con questo trucco gli riuscì addirittura di sfrattare da Palazzo Chigi Massimo D’Alema.
Il voto del 2000 era in realtà  la prova di appello dopo il 1994 passato a combattere contro il pool di Mani Pulite, il voto del 2020 per Matteo Salvini è la prova di appello dopo il 2019, passato in penitenza per gli eccessi del Papeete.
I due voti — data la stagione — sono diventati i tardivi “esami di riparazione” del governo gialloverde. E qui arriva la prima domanda: a noi cosa importa? Poi la seconda: cosa si muove a sinistra?
Nel campo del governo convivono diversi stati d’animo.
C’è Matteo Renzi, il ripetente dispettoso: ha già  perso il suo treno, non ha più la forza di imporsi come guida, forse dopo questa carriera non brillante andrà  finalmente a lavorare. E allora, in quattro regioni su sei, Matteo gioca l’unica partita che gli è rimasta da giocare: far perdere gli altri.
Poi c’è Luigi Di Maio: da ministro degli Esteri è andato a fare campagna nei trulli, per giunta contro Michele Emiliano. Da qui la battuta caustica di Goffredo Bettini: “Se lo vedessimo impegnato allo stesso modo in Liguria, a sostenere Ferruccio Sansa, dove c’è la stessa alleanza di governo, saremmo più contenti”. Innegabile.
Ma Di Maio in questo frangente sembra lo studente privatista che si presenta davanti alla commissione per prendersi il suo “pezzo di carta”, il diploma che ha mancato, quello che gli serve per riconquistare la leadership perduta del Movimento.
Giorgia Meloni ha tre cavalli che corrono per lei: uno è il candidato di Fratelli d’Italia in Puglia (il giovane-vecchio — per sua ammissione — Raffaele Fitto), l’altro è il candidato di Fratelli d’Italia nelle Marche. Il terzo, il più potente, è se stessa.
Il suo partito vola, si sta mangiando senza clamore un pezzo di Lega: Giorgia, che era al 4% solo un anno fa, sembra una studentessa due anni in uno, che si presenta davanti agli elettori perchè vuole fare in soli dodici mesi quello che a Salvini è riuscito in cinque.
Silvio Berlusconi, dopo aver sconfitto il Covid sembra uno di quegli studenti fuori corso che, quando dopo una lunga malattia si presenta davanti agli elettori, fa simpatia anche ai professori che un tempo non lo potevano vedere.
Carlo Calenda studia nel suo liceo privato di Azione (se lo finanzia tutti lui, non gli si puoi dire nulla) e lì ha tutti i voti alti.
Alessandro Di Battista sembra uno di quei compagni che tornano dopo aver fatto un anno all’estero, al college “Marylin Monroe” (beato lui).
Mentre Gianluigi Paragone è l’immancabile ribelle che si è fatto espellere per indisciplina dal liceo grillino e tira qualche sassata sui vetri della ex scuola.
In questa scolaresca così eterodossa Giuseppe Conte si comporta come il preside che affigge i quadri, ma non si sente mai sotto esame.
Mentre Nicola Zingaretti è giunto al vero dilemma: quando aveva potuto scegliere lui come correre, alle europee, ha preso ottimi voti (4 punti più di Renzi).
Ma questo voto sembra per lui un episodio di “Ritorno al futuro”, dove lui si sente come il povero Michael J. Fox che si ritrova trascinato, senza volerlo, nel passato: il cellulare non prende perchè non c’è connessione, i suoi amici non rispondono al telefono perchè non sono ancora nati, quel tipo bifolco che sputa nel bar e porta il cognome del suo partito in realtà  è suo nonno.
Non ha scelto Zingaretti Michele Emiliano, non ha scelto lui Vincenzo De Luca, non ha scelto lui in Val D’Aosta.
Non ha scelto lui in Toscana, dove il candidato brocco che sta facendo tremare la coalizione nella sua fortezza un tempo rossa (l’evanescente Eugenio Giani) è l’ultimo dolcetto-scherzetto che gli è stato lasciato in dote da Renzi.
L’ex premier si è scelto lui il cavallo spompo, prima di andarsene dal Pd (un vero colpo di genio) e ha persino contrattato con il malcapitato la non-presentazione di una propria lista civica, perchè non danneggiasse la corsa del feto sottopeso di Italia Viva. Bella pensata: oggi quei tre-cinque punti, secondo alcune stime, potrebbero essere la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
Morale della favola: Zingaretti ha potuto scegliere solo due candidati che corrono in due regioni, per ovvi motivi quelle che non avevano “uscenti”, quelle che secondo tutti i dati erano virtualmente già  perse (Liguria e Marche). Ma tuttavia verrà  giudicato su candidature che hanno “preparato” altri.
E indovinate chi c’era quando sono stati investiti Emiliano e De Luca? Sempre Renzi (adesso entrambi lo detestano, ma questa è un’altra storia).
Ed ecco gli scenari più probabili:
1) Cinque a uno. La destra vince ovunque tranne in Campania. Proprio per questi motivi appena ricordati, Renzi farebbe bene a partire per il Congo e non farsi più vedere. Tuttavia nel Pd si ballerebbe comunque, e molto, perchè qualcuno la testa del leader la chiede. Stefano Bonaccini potrebbe sfidare Zingaretti e si verificherebbe un bel duello vero tra destra e sinistra nel partito
2) Quattro a due. La destra vince ovunque tranne che in Campania e Toscana: Giani si salva malgrado il suo ingombrante padrino di Rignano (e se stesso), il conto della sconfitta è appena attenuato, ma per ovvi motivi il tema diventa l’alleanza con il M5s, dunque l’unica linea possibile è romperla, come vorrebbe la destra (suicidio certo, con Salvini che marcia su Palazzo Chigi) o rinsaldarla: e in questa chiave, paradossalmente Zingaretti si rafforzerebbe. Ma si balla comunque, e tanto.
3) Tre a tre. Alla Toscana e alla Campania si aggiunge la Puglia, con un colpo di reni miracoloso di Emiliano. È vero che il centrosinistra perderebbe due regioni, ma questo dato era già  scritto nel dato delle europee, e allora non ci sarebbe dibattito nè nel M5s nè nel Pd. Non si balla per nulla, il governo va dritto fino al semestre bianco, il presidente della Repubblica lo elegge questo Parlamento. Salvini viene ridimensionato, e le prossime elezioni politiche diventano a destra una nuova sfida a due fra una secchiona emergente e uno scolaro che però ha fallito tutte le prove. A sinistra i giallorossi superano l’esame Covid e quello delle amministrative, il preside Conte diventa provveditore agli studi, e il candidato premier (come immaginato due anni fa da Goffredo Bettini).
Dovendo scommettere un euro lo punterei sulla secchiona a destra e su Conte a sinistra. Ma il punto decisivo è questo.
A prescindere dal pallottoliere, la destra resta fortissima nel paese, capace di aderire come carta moschicida su cangianti e feroci spiriti animali del suo tempo.
Egemone anche quando i suoi leader si scannano, competitiva anche quando perde argomenti (l’immigrazione non tira più), comunque capace di interpretare alcuni sentimenti profondi e liquidi di un paese insoddisfatto.
Quando assisto allo spettacolo del centrosinistra che governa senza riuscire a comunicare nemmeno quello che fa, e che spesso quando lo fa — vedi la scuola — lo comunica male, mi viene in mente che la maledizione del Titanic, dove si balla mentre si rischia di affondare, accomuni il meglio delle “elites” (passatemi il termine) e dei “barbari” (passatemi il termine) che sono l’ossatura e la ragione di questo governo.
C’è un ottimo frontman (Conte), ma manca un grande narratore, e quindi un grande racconto.
Il salvinismo, invece, sotto alla sovrastruttura dei mojtos, dei selfie, della lotta alle mascherine, ha sempre lo stesso potente racconto di sempre, un libro proibito la cui lettura tenta ancora un pezzo di paese.
È l’idea dei pieni poteri, dell’uomo forte, del leader che ci spoglia anche dell’ultima crisalide del bossismo per provare a librarsi in volo e proporsi come una risposta semplificatoria e catartica alla crisi italiana.
Inseguire questo Salvini e questo centrodestra, oggi, è come andare a vedere la quarta serie della “Casa di Carta” su Netflix: ci sono nuove puntate, è vero, ma la storia è la stessa e gli attori anche.
E se questo film non vi è piaciuto nel 2018, quando ne parlavano tutti, figuratevi se può interessarvi ora, che davanti allo schermo di Telecapitano è rimasto lo zoccolo duro dei fedelissimi.
Io, quando penso a questa storia, rimpiango i bei tempi in cui quelli che andavano agli esami di riparazione senza aver studiato potevano essere ancora bocciati.

(da TPI)

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