Destra di Popolo.net

SONDAGGIO SWG POST-REGIONALI: LA LEGA PERDE IL 2,5%, FORZA ITALIA LO 0,5%, FDI NE RECUPERA SOLO L’1,4%

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

LEGGERO AUMENTO PER PD E M5S

Nel centrodestra ballano vistosamente le percentuali relative alle intenzioni di voto. Più stabili i dati relativi ai due alleati di governo: lieve crescita (+0,1%) per il Pd che arriva al 20,1% e per il M5s (+0,2%) che si ferma al 16% Un meno 2,5%. Tanto la Lega lascia sul terreno nel giro di un mese.
Nell’ultima rilevazione di Swg per La7 sulle intenzioni di voto degli italiani, il Carroccio risulta aver perso quota fino al 23,8%, mentre poco meno di un mese fa — il 31 agosto — era dato al 26,3%.
Calo consistente registrato anche da Forza Italia che perde, in un mese, mezzo punto percentuale, scendendo findo al 5,8%.
Parallelamente a queste perdite, Fratelli d’Italia continua a crescere gradualmente: il partito di Giorgia Meloni nel giro di un mese si porta a casa un +1,4% nei sondaggi di Swg, attestandosi così al 15,8%, quasi al livello del M5s.
In questa ultima rilevazione è dunque il centrodestra a veder ballare in modo vistoso le percentuali relative alle intenzioni di voto.
Più stabili i dati relativi ai due alleati di governo: lievissima crescita (+0,1%) per il Partito Democratico che arriva al 20,1% e piccolo aumento (+0,2%) anche per il M5s che si ferma al 16%. Lieve calo per Sinistra italiana/Mdp Articolo 1 che passa dal 3,7% di agosto al 3,5% di oggi.
Azione di Carlo Calenda recupera un +0,2% e arriva al 3,4%, mentre Italia Viva di Matteo Renzi perde uno 0,2 e scende al 3%.
Lieve calo per i Verdi che scendono sotto la soglia del 2%.

(da Open)

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SONDAGGIO DEMOS SUL LEADER M5S: CONTE 60%, DI MAIO 32%, DI BATTISTA 21%, CRIMI 18%

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

TRA GLI ELETTORI DEL M5S PREVALE CONTE SU DI MAIO

Si è riaperta la partita per la scelta del prossimo leader del Movimento Cinque Stelle. Secondo un sondaggio Demos & Pi, realizzato ad agosto 2020, come riportato da Repubblica, Giuseppe Conte è il più amato dei grillini con il 77% contro il 71% di Luigi Di Maio. A seguire Beppe Grillo con il 59%. Vanno peggio Alessandro Di Battista al 52% e Vito Crimi al 41%.
Tra tutti gli elettori, il primo in assoluto resta ancora una volta Giuseppe Conte al 60%, seguito da Luigi Di Maio al 32%, Alessandro Di Battista al 21%, Beppe Grillo al 17% e Vito Crimi al 18%.
Gli elettori del M5s sono politicamente più vicini al Pd (24%), seguito da Italia Viva e Fratelli d’Italia, entrambi al 14%, Liberi e Uguali al 12%, Forza Italia al 6% e Lega al 5%.
A marzo 2018 il 23% degli elettori grillini si sentivano più vicini al Carroccio.
Dunque, continua a esserci incertezza nel Movimento Cinque Stelle. Da una parte i risultati poco soddisfacenti delle elezioni regionali, dall’altra il successo al referendum sul taglio del numero dei parlamentari. Poi, però, ci sono anche i conflitti interni, orientamenti e sentimenti diversi che iniziano a farsi sentire, a pesare sempre di più. E intanto si cerca una nuova guida al Movimento.

(da Open)

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LA NUOVA ALITALIA BLOCCATA DAI LITIGI TRA I CINQUESTELLE

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

IL DECRETO FERMO PERCHE’ I GRILLINI NON SI METTONO D’ACCORDO SUI NOMI DEI DUE CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE E CONTE DEVE RINVIARE L’ANNUNCIO

Sono giorni che Giuseppe Conte è pronto per dare un annuncio. Importante per lui e per tutto il Governo perchè sblocca una partita industriale e politica di peso: la rinascita di Alitalia. Ma il premier è costretto sempre a rinviare. In attesa che i 5 stelle si mettano d’accordo tra di loro.
Il decreto interministeriale per la newco è pronto da settimane, ma i quattro ministri coinvolti – quello dell’Economia Roberto Gualtieri, il titolare dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli e quella del Lavoro Nunzia Catalfo – non possono apporre la loro firma perchè i grillini litigano tra di loro sui nomi da indicare per due posti nel nuovo consiglio d’amministrazione. E così slitta l’annuncio. E slitta anche la messa a punto del piano industriale.
Per la nuova Alitalia è tutto deciso. Ci sono i soldi, con una dotazione iniziale di dieci milioni e un plafond fino a tre miliardi, una società  nuova di zecca e senza debiti, le figure apicali (Francesco Caio nel ruolo di presidente e Fabio Lazzerini amministratore delegato), persino il nuovo Statuto.
Insomma le basi per mettere in moto il lavoro dei manager di Stato chiamati a scrivere il piano industriale. Di tempo ce n’è perchè a disposizione ci sono trenta giorni, ma questi trenta giorni scattano dalla costituzione della newco. E però la newco non parte se il decreto non viene firmato.
Un cortocircuito, quello interno ai 5 stelle, che fonti di Governo di primo livello collegano alla crisi che i pentastellati stanno attraversando al loro interno. Sul tavolo di Patuanelli è arrivata una lunga lista, ma da quella lista vanno tirati fuori due nomi.
La grande frenata sul dossier Autostrade dice due cose.
La prima è il ritorno della grande partita delle nomine. Oggi tocca ad Alitalia, nelle prossime settimane toccherà  ad altre 364 poltrone, dalle società  collegate a Fs fino alla Zecca dello Stato.
E questa partita ripropone un tratto atavico: litigi, pre-accordi e accordi, incastri. Sia dentro i singoli partiti della maggioranza, sia nelle relazioni tra i partiti che esprimono il Governo.
La seconda è la misurazione della crisi di uno dei partiti di maggioranza, il Movimento 5 stelle appunto, dove oramai le diverse anime battagliano su ogni tema all’ordine del giorno. Il combinato disposto di questi due elementi blocca la partita più generale della nuova Alitalia. E al suo interno questa partita registra un rinvio delle questioni più calde, a iniziare da quella degli esuberi.
Il piano industriale ancora deve essere scritto, ma la convinzione che circola tra i manager chiamati a farlo è che bisognerà  mettere in piedi un piano sostenibile con un fattore imprescindibile: Covid. Il mercato aereo non ha prospettive di rimbalzo nei prossimi mesi e la nuova Alitalia si trova a partire in un contesto ancora più complesso rispetto a quello che spetta solitamente a una compagnia che prova a tarare il peso del suo restyling.
Il rischio è quello di non riuscire a intercettare, in termini di rotte e numeri di aerei, il mood di un mercato vulnerabile, dove i grandi player possono contare su una solidità  maggiore rispetto a una compagnia che punta su un nuovo piano industriale.
Non è un caso se la newco sarà  in mano allo Stato per almeno quattro anni. Un tentativo di sostenere il più possibile il nuovo corso, ma anche la consapevolezza che servirà  tempo per trovare un partner industriale. E poi c’è la grande questione degli esuberi. Per essere appetibile e per tenere il ritmo del mercato non tutti gli 11mila lavoratori potranno fare parte della nuova avventura di Alitalia. L’ipotesi è di tirare dentro seimila di loro e lasciare gli altri cinquemila nella bad company. Per quest’ultimi sarebbero pronti sostegni sotto forma di cassa integrazione e e scivoli per la pensione. Ma i numeri dipendono dal piano. E il piano dipende dal decreto. E il decreto dipende dai posti in consiglio di amministrazione. La situazione è troppo ingarbugliata. E dagli annunci delle ultime settimane su un decreto “di fatto pronto” si è passati alla consegna del silenzio. Fino a quando tutti saranno d’accordo sui nomi.

(da “Huffingtonpost”)

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M5S, RITORNO ALLE ORIGINI IN AUTO BLU: ORA LE CHIAMANO “AUTO DI SERVIZIO”

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

CON QUELLE I CINQUESTELLE RAGGIUNGONO UN AGRITURISMO FUORI ROMA PER DISCUTERE DEL FUTURO DEL MOVIMENTO

È sufficiente un agriturismo non lontano dal centro di Roma per far dire al capo politico grillino Vito Crimi che “questo è un luogo simbolico, in mezzo alla natura. È un ritorno alla natura e alle nostre origini”.
E poco importa se, alla riunione dei big M5s, i ministri sono arrivati a bordo delle auto blu, quelle che adesso preferiscono chiamare “auto di servizio”.
In realtà , in comune con il passato, c’è solo la scelta di incontrarsi in un agriturismo. Ma agli albori, nel 2013, i neo parlamentari grillini erano arrivati da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio in autobus provando a depistare i giornalisti il più possibile e di certo non si erano concessi a taccuini e telecamere. Il luogo era decisamente fuori mano e tenuto davvero nascosto, questa volta il mood è diverso, sullo sfondo ci sono i palazzoni dell’ospedale San Filippo Neri. Anche il look un po’ ‘naà¯f’ di quel tempo è stato sostituito da giacche e cravatte.
“Il Movimento 5 Stelle è cresciuto e accetta nuove sfide. Siamo qui per parlarne”, dice il capo delegazione Alfonso Bonafede. “È un momento di confronto, per stare insieme e fare il punto. Perchè qui? Il posto lo ha scelto il capo politico Vito Crimi, forse perchè voleva farci respirare aria fresca”, aggiunge il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia con un microfono davanti: “L’altra volta siamo venuti in autobus, stavolta con le auto di servizio”.
Per il conclave grillino menu da 25 euro a persona. Si parte con un antipasto a base di frittata cipolle, pecorino col miele, lenticchie in insalata. I primi: risotto con zucca e guanciale croccante e orecchiette melanzane, pomodori secchi e scaglie di pecorino. A seguire, arista con patate al forno e friggitelli. Dulcis in fundo, crostata di pesche.
Presenti per parlare di governo e del futuro M5s , tra gli altri, i ministri Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede, Sergio Costa, Federico D’Incà , Vincenzo Spadafora, Paola Pisano; il sottosegretario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro; i viceministri Laura Castelli, Stefano Buffagni, Pierpaolo Sileri, Emanuela Del Re; i sottosegretari Laura Agea, Carlo Sibilia, Angelo Tofalo, Manlio Di Stefano, Roberto Traversi, Mario Turco, Vittorio Ferraresi, Alessandra Todde. Partecipano all’incontro anche i capigruppo di Senato e Camera Gianluca Perilli e Davide Crippa.

(da “Huffingtonpost”)

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GERMANIA, LA CORSA DEI VERDI NON SI FERMA: CONQUISTANO BONN E ALTRE DUE CITTA’ DEL NORD RENO-WESTFALIA

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

RISULTATI SIGNIFICATIVI: IL PARTITO ECOLOGISTA GOVERNERA’ ANCHE AD AQUISGRANA E WUPPERTAL

Ha un valore simbolico, ma è anche uno storico cambio al potere: dopo 21 anni di Spd e 5 anni di Cdu, l’ex capitale federale della Germania Bonn sarà  governata dai Verdi. Domenica al ballottaggio Katja Dà¶rner ha conquistato la poltrona di sindaco con il 56 per cento dei voti, battendo lo sfidante cristiano-democratico Ashok-Alexander Sridharan.
Il secondo turno delle comunali nel Nord Reno-Westfalia sono state un successo per i Verdi, non solo a Bonn: il partito ecologista governerà  anche ad Aquisgrana e nella città  industriale di Wuppertal.
Già  al primo turno l’analisi dei voti complessivi nel Land più popoloso della Germania raccontava della crescita dei Verdi, che hanno ottenuto l’8,3% di consensi in più rispetto alle comunali del 2014.
Il Nord Reno-Westfalia è un Land significativo, non solo perchè è il più grande. È governato da Armin Laschet, l’erede più accreditato alla guida della Cdu dopo l’addio di Angela Merkel.
Ma è anche un Land in cui la Spd è storicamente forte: i socialdemocratici due settimane fa hanno conservato la “seconda posizione” nei consensi, ma hanno perso circa il 7% dei voti rispetto a 6 anni fa. Gran parte degli elettori persi sono passati ai Verdi, che a livello nazionale in tutti i sondaggi sono già  da tempo la seconda forza della Germania.
Ora il partito ecologista comincia a raccogliere anche i primi risultati di un consenso così elevato: dopo dieci anni al Bundestag, la 44enne Dà¶rner andrà  a governare Bonn. Uno degli obiettivi per il 2025: un centro urbano senza auto.
Anche nella città  natale di Laschet il sindaco è Verde: la 57enne Keupen negli anni Ottanta fondò ad Aquisgrana l’associazione ecologista locale, oggi è a capo dell’amministrazione comunale grazie al 67,4% di voti al ballottaggio.
Anche il destino della città  industriale di Wuppertal è in mano ai Verdi, in particolare al professore di economia Uwe Schneidewind che ha vinto il testa a testa con Andreas Mucke (Spd). Di fronte a una sfida tosta: risolvere i problemi di un comune fortemente indebitato con nuovi investimenti e una trasformazione radicale.
I successi dei Verdi hanno portato rinnovamento anche nei due partiti storici.
Oltre a Stephan Keller che è stato eletto sindaco di Dà¼sseldorf, la Cdu porta al governo di tre città  altrettante donne: Eva Irrgang (eletta al primo turno), Anna Bà¶lling e Silke GoriàŸen.
In particolare la 40enne Bà¶lling, che ha avuto due gemelli sei mesi fa, è considerata una grande speranza all’interno della Cdu, che ha disperatamente bisogno di una giovane donna con doti di leadership.
Il suo enfant prodige la Spd l’ha trovato a Mà¶nchengladbach: nella ex roccaforte della Cdu, il 31enne Felix Heinrichs ha vinto il ballottaggio con il 74 per cento dei voti. I socialdemocratici si consolano anche con la vittoria di Marc Herter a Hamm e soprattutto per aver tenuto la roccaforte di Dortmund, dove alla fine l’ha spuntata Thomas Westphal.

(da agenzie)

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PEPE MUJICA LASCIA LA POLITICA: “NON MANCA MOLTO ALLA FINE DEI MIEI GIORNI”

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

L’EX PRESIDENTE DELL’URUGUAY, AMATO DAL SUO POPOLO, CHE PRENDEVA SOLO 900 EURO DI STIPENDIO DA PREMIER “PERCHE’ MOLTA GENTE VIVE CON MENO DI QUESTO”

L’ex presidente Josè ‘Pepe’ Mujica, che governò l’Uruguay per il Frente Amplio di centro-sinistra fra il 2000 e il 2005, ha annunciato la sua definitiva decisione di abbandonare a politica nel prossimo ottobre e, ha sottolineato, “se fosse possibile lo farei anche prima”.
Rivolgendosi ai giornalisti ieri dopo aver votato nelle elezioni amministrative, il senatore Mujica, che ha 85 anni, e che in gioventù ha militato nella guerriglia dei Tupamaros finendo anche in carcere, ha fatto allusione al suo precario stato di salute, ed ha spiegato che “lascerò il mio seggio al Senato perchè non manca molto alla fine dei miei giorni. Amo la politica – ha aggiunto – ma amo ancora di più la vita. E devo gestire bene i minuti che mi rimangono”.
Alludendo alla pandemia da coronavirus, ha osservato: “Pensavo si trattasse di una febbricola che sarebbe passata presto, ma non è così. E se non posso andare dove è necessario per svolgere la mia attività , sarei davvero un cattivo senatore”.
Durante la sua presidenza Mujica, che ha la cittadinanza italiana acquisita dalla moglie, si distinse per la sua vita modesta, trattenendo dei suoi emolumenti solo l’equivalente di 900 euro perchè, spiegò, “in Uruguay moltissima gente vive anche con meno di questo”.
Per questa decisione, per aver deciso di continuare a vivere nella sua fattoria alla periferia di Montevideo e a spostarsi alla guida del suo vecchio Maggiolino che guidava personalmente, fu soprannominato come “il presidente più povero del mondo”.

(da agenzie)

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TRUMP HA DEDOTTO DALLE TASSE 75.000 EURO PER IL SUO PARRUCCHIERE E 100.000 PER QUELLO DELLA FIGLIA IVANKA

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

SPESE PER LE CASE, PER I CAMPI DA GOLF, PER L’AEREO PRIVATO E IL TRUCCATORE

Spese per le case, per i campi da golf, per i voli privati e perfino per il parrucchiere e per l’hair styilist e il truccatore della figlia Ivanka: sarebbero state queste, secondo il New York Times, le spese dedotte in maniera sistematica dalle tasse da Donald Trump.
La rivelazione dei dettagli giunge nell’ambito dello scoop del Nyt secondo cui il Tycoon non avrebbe pagato tasse federali sul reddito per almeno 10 degli ultimi 15 anni, e nel 2016 e 2017 avrebbe sborsato solo 750 dollari per ciascun anno.
I dettagli, pubblicati nella prima di una serie di puntate annunciate dalla testata americana, fanno emergere che Trump avrebbe classificato come “spese aziendali” molte spese personali che, secondo il Nyt, sono state “necessarie per alimentare un’immagine di successo”. Per permettere di classificare una spesa come deducibile, il fisco statunitense chiede che si tratti di spese “ordinarie” e “necessarie”.
Secondo la testata, Donald Trump avrebbe dedotto 75mila dollari usati per la cura dei suoi capelli negli anni in cui era alla guida dello show televisivo “The Apprentice”. Il tycoon avrebbe poi messo a verbale 747.622 dollari come onorario per un consulente (di cui non si conosce l’identità ) autore del progetto di alcuni hotel nelle Hawaii e in Canada.
Secondo i documenti citati dal Nyt il presidente, inoltre, avrebbe classificato la lussuosa casa di Seven Springs, a nord di New York, come sede di lavoro, anche se i figli nelle interviste rilasciate ai media hanno più volte spiegato che si trattasse di una residenza familiare. Trump avrebbe dedotto oltre 2,2 milioni di dollari in tasse su quella proprietà , chiedendo di scontare ulteriori 2,1 milioni per non avervi realizzato lavori di espansione.
Capitolo a parte sulle spese relative alla figlia Ivanka, che secondo il Nyt avrebbe scaricato la cifra di 95.464 dollari per servizi effettuati presso parrucchiere e truccatore personali: tutte uscite classificate come costi aziendali deducibili.

(da agenzie)

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PERDITE MILIARDARIE, TRUCCHETTI E TASSE NON PAGATE: COSI’ TRUMP HA COSTRUITO IL SUO IMPERO DI CARTA

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

DAL 1990 AL 1991 IL PRESIDENTE AMERICANO HA PERSO PIU’ DI 250 MILIONI DI DOLLARI

«Trump ti fa credere per un momento al sogno americano». È la recensione che il New York Times scrisse nel 1987 su L’Arte degli Affari, il libro autobiografico in cui Donald Trump raccontava la sua ascesa come magnate del mondo immobiliare. Trent’anni dopo, un’inchiesta dello stesso quotidiano americano ha invece rivelato come l’immagine di imprenditore di successo è stato costruita attraverso una serie di anni in cui il presidente americano ha evaso il fisco.
Il New York Times ha ottenuto la dichiarazione dei redditi di Trump svelando come in 10 degli ultimi 15 anni il Tycoon ha pagato solo 750 dollari di tasse federali sul reddito.
Era dalla campagna elettorale del 2016 che il New York Times cercava di ottenere la dichiarazione dei redditi che Trump ha sempre rifiutato di rivelare.
Come ha spiegato il direttore esecutivo del quotidiano, Dean Baquet, «ogni presidente dalla metà  degli anni ’70 ha pubblicato le proprie informazioni fiscali e la tradizione è che un rappresentate che gestisce potere e fa la politica con le sue azioni non deve cercare benefici finanziari».
Ma oltre alle proprie dichiarazione dei redditi di Trump ancora oggi non si conosce con certezza quale sia il suo patrimonio, costruito su decenni di ricadute e riprese.
Le perdite tra gli anni ’80 e ’90
In un altro riferimento letterario, J.d.Dickey aveva descritto la storia della Casa Bianca come «un impero di fango». Un impero che l’attuale presidente americano ha costruito su enormi debiti. Nel 1985 Donald Trump è all’apice del suo successo ma — secondo un’altra inchiesta del New York Times pubblicata nel 2019 — i suoi conti erano già  disastrosi. I suoi affari avevano subito perdite per 46,1 milioni di dollari. Perdite che hanno continuato ad accumularsi per un totale di 1.17 miliardi di dollari nel corso del decennio successivo.
In particolare dal 1986 al 1988 mentre i debiti si fanno sempre più consistenti, Trump usa un trucchetto per fare soldi. Acquista piccoli pacchetti di grandi società . Dopo aver sparso la voce di voler acquisire il resto delle azioni, portando cosi a un aumento del loro valore, Trump le rivende. Il giochino è durato finchè gli investitori non hanno perso fiducia nelle sue promesse.
Dal 1990 al 1991 Trump perse più di 250 milioni all’anno. Una cifra che era più del doppio di qualsiasi altro contribuente.
Nel complesso — fa notare il New York Times —   Trump ha perso così tanti soldi che è stato in grado di evitare di pagare le tasse per otto anni tra il 1985 e il 1994. La perdita ammonta a mezzo miliardo di dollari, mentre nei tre anni successivi l’attuale presidente aveva ceduto le sue attività  per evitare il fallimento.
Secondo il quotidiano Trump è stato in grado di continuare a presentarsi come un vincitore grazie alla ricchezza accumulata dal padre.
L’entrata alla Casa Bianca e il conflitto di interesse
Dopo il 2016 il patrimonio di Donald Trump è entrato in conflitto di interessi con la sua presidenza degli Stati Uniti tanto che nel 2019 il Congresso aveva inviato un’indagine sulle sue attività .
In un commento a Politico, la presidente della Oversight and Reform della Camera Carolyn Maloney, uno dei gruppi investigativi della Camera dei rappresentanti, aveva dichiarato che «il presidente Trump si sta apertamente arricchendo incoraggiando le entità  governative a spendere soldi per le sue attività , e le personalità  straniere sembrano frequentare i suoi affari per ingraziarsi questa amministrazione».
Durante la sua presidenza — spiega Politico — Trump ha alimentato i suoi affari personali sfruttando il ruolo alla Casa Bianca. Nel corso dei 4 anni di presidenza ha promosso dozzine di visite ufficiali di Stato nelle sue proprietà  — tra cui anche incontri delle Nazioni Unite — anche su Twitter. Nel 2019 Donald Trump aveva annunciato di voler tenere il vertice dei leader del G7 nel suo resort al Trump National Doral Miami. Quest’ultimo in difficoltà  finanziarie.
Il ruolo della famiglia
Le sue frequenti visite — e quelle dei suoi figli — alle sue proprietà  hanno portato i servizi segreti a spendere 250mila dollari in cinque mesi, nel 2017, per la protezione del presidente e della famiglia. Più di 100 funzionari e gruppi di 57 paesi stranieri hanno visitato almeno una proprietà  di Trump, secondo Citizens for Responsibility and Ethics, un gruppo che vigilia sulle attività  del governo, Trump ha invitato i leader di sette Paesi a incontrarsi con lui a Mar-a-Lago.
Ma i legami tra gli affari di Trump con la presidenza sono stati resi ancora più evidenti dall’inchiesta del New York Times. In particolare la figlia maggiore, Ivanka Trump, ha permesso a Trump di ridurre la pressione fiscale sulle sue attività  attraverso parcelle come consulente della Trump Organization. I registri privati ottenuto dal quotidiano mostrano come una sua azienda abbia pagato 747.622 dollari a un anonimo consulente per progetti alberghieri alle Hawaii e Vancouver.
I moduli che Ivanka Trump ha presentato quando è entrata a far parte dello staff della Casa Bianca nel 2017 mostrano che aveva ricevuto un importo identico attraverso una società  di consulenza di cui era comproprietaria.

(da Open)

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TIFOSI ALLO STADIO SENZA MASCHERINA E LA CREMONESE “RICHIUDE” AL PUBBLICO

Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile

FINALMENTE UNA SOCIETA’ CHE FA RISPETTARE LE REGOLE: I TIFOSI NON USANO DISTANZIAMENTO E PROTEZIONI E IL CLUB LOMBARDO LI LASCIA FUORI

I tifosi non rispettano il distanziamento e la Cremonese li “punisce” chiudendo nuovamente lo Zini. Il club lombardo, dopo aver esaminato il comportamento dei suoi sostenitori in occasione della prima sfida del campionato di Serie B contro il Cittadella, ha deciso di disputare il match di Coppa Italia contro l’Arezzo a porte chiuse.
Ad annunciarlo è proprio la società  in un comunicato ufficiale: “Preso atto delle criticità  emerse nel corso della gara di campionato Cremonese-Cittadella relative al rispetto del mantenimento del posto assegnato agli spettatori all’interno dell’impianto sportivo e sull’uso obbligatorio della mascherina per l’intera durata dell’evento come previsto dall’ordinanza regionale n.610, in accordo con le autorità  competenti si ritiene opportuno che la partita di Coppa Italia Cremonese-Arezzo del 30 settembre sia disputata a porte chiuse. Il provvedimento è adottato al fine di organizzare nei minimi dettagli un piano operativo da attuare dalla prossima gara di campionato in programma allo Zini, con lo scopo di tutelare al meglio la salute della comunità  e la stessa Us Cremonese dagli oneri inerenti la responsabilità  in capo alle società  organizzatrici degli eventi”.
La Cremonese ha iniziato il suo campionato perdendo in casa contro il Cittadella e le immagini avevano evidenziato che diversi tifosi non indossavano la mascherina, oltre a non rispettare l’assegnazione del posto a sedere per mantenere il distanziamento imposto dalle normative vigenti.

(da agenzie)

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