Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
ERDOGAN, MACRON, MERKEL E BORIS JOHNSON TELEFONANO A BIDEN PER CONGRATULARSI… LA VEDOVA DELL’ EROE REPUBBLICANO MCCAIN COLLABORA CON BIDEN. EBBE IL CORAGGIO DI IMPEDIRE A TRUMP DI PARTECIPARE AI FUNERALI DI SUO MARITO: “SO CHE DA LASSU’ MI DICE CHE HO FATTO LA COSA GIUSTA PER IL PAESE”
Battaglie legali incrociate segnano l’inizio della difficile e tesa transizione tra il presidente uscente, il repubblicano Donald Trump, e il presidente eletto, il democratico Joe Biden. Il team legale di Trump fa causa in Pennsylvania, mentre il procuratore generale degli Stati Uniti, Bill Barr, ha autorizzato i pubblici ministeri federali ad avviare indagini sulle presunte irregolarità nel voto.
Biden invece valuta se avviare un’azione legale contro il ritardo da parte del General Services Administration’s (Gsa) nell’avviare il processo di transizione.
Via libera di Barr alle indagini sui presunti brogli
Il procuratore generale degli Stati Uniti, Bill Barr, ha autorizzato i pubblici ministeri federali ad avviare indagini sulle presunte irregolarità nel voto. Barr, a lungo uno strenuo difensore del presidente, ha spiegato che la sua mossa non significa che il ministero abbia in mano prove a sostegno della tesi della Casa Bianca, ma ha liberato i pubblici ministeri dalle restrizioni su indagini di questo tipo.
Una scelta che ha avuto un’immediata ripercussione al ministero della Giustizia: subito dopo il suo annuncio, in segno di protesta, ha annunciato le sue dimissioni Richard Pilger, alto funzionario del Dipartimento di giustizia responsabile proprio delle indagini sulle elezioni.
Pilger contesta a Barr di esser venuto meno alla “linea politica di non interferenza” segnata da quarant’anni nelle indagini sulle frodi elettorali.
Le indagini sui brogli sono normalmente di competenza dei singoli Stati, che stabiliscono e controllano le proprie regole elettorali. La politica del Dipartimento di Giustizia è stata finora quella di evitare qualsiasi coinvolgimento federale fino a quando i conteggi dei voti non siano certificati e i riconteggi completati.
Di fatto Barr ha messo i procuratori federali al servizio della strategia di Trump ed il timore adesso è che il Dipartimento di Giustizia finisca nella battaglia elettorale.
Biden è pronto a fare causa contro il team di transizione di Trump
La campagna di Biden sta valutando se avviare un’azione legale contro il ritardo da parte del General Services Administration’s (GSA) nell’avviare il processo di transizione. Lo rivelano media americani, tra i quali il sito Axios. Un funzionario della campagna di Biden ha spiegato che l’agenzia, che è guidata da Emily Murphy, nominata da Donald Trump, deve riconoscere l’elezione del presidente eletto, sbloccare i fondi, quasi 10 milioni di dollari, e dare le autorizzazioni a lavorare negli edifici governativi alla sua squadra di transizione. Altrimenti saranno possibili ricorsi legali.
Vedova McCain nel transition team del presidente, “Mio marito ne sarebbe contento”
“Penso che mio marito sarebbe molto contento” della vittoria di Joe Biden, “so che guarda quaggiù e dice ‘hai fatto la cosa giusta’”. Cosi’ la vedova dell’ex senatore repubblicano John McCain, Cindy, in un’intervista alla Cnn.
“I due senatori, Biden e McCain, erano abituati a “lavorare insieme. Anche se erano in disaccordo su molti temi, sono stati in grado di fare tante cose perchè era per il bene del Paese”, ha sottolineato Cindy, oggi parte del transition team del presidente. “Questa è la differenza di Biden rispetto a questa Casa Bianca – ha aggiunto – Credo che possa fare molto e che guarirà il Paese lavorando in questo modo. Ed è ovviamente quello che vogliamo tutti”.
Nel 2018, alla sua morte, McCain non volle il presidente Trump al suo funerale. Il senatore dell’Arizona è sempre stato un critico feroce, ricambiato, del capo della Casa Bianca
Il presidente turco si congratula con Biden
Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha inviato un messaggio per congratularsi con Biden. Erdogan ha annunciato che Ankara è decisa a mantenere una “stretta cooperazione” con Washington e a “lavorare a stretto contatto con l’amministrazione Usa” nei prossimi mesi, secondo il quotidiano turco Daily Sabah.
Il premier britannico Johnson impaziente di “rafforzare la partnership tra i due Paesi”
Il primo ministro britannico Boris Johnson che si è congratulato al telefono con Joe Biden si è detto impaziente di “rafforzare la partnership” tra i due Paesi. Il capo del governo Tory, vicino al presidente in carica Donald Trump, ha twittato: “Non vedo l’ora di lavorare con lui sulle nostre priorità comuni, dalla lotta al cambiamento climatico alla promozione della democrazia e alla ricostruzione dopo la pandemia”, ha aggiunto. Secondo Downing Street, Boris Johnson si è anche felicitato per il “traguardo storico” raggiunto da Kamala Harris. Johnson ha invitato il presidente eletto degli Stati Uniti alla grande conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la COP26, che si terrà a Glasgow il prossimo anno.
Il presidente francese Macron: “Pronto a lavorare insieme su clima, salute e lotta al terrorismo”
Il presidente francese Emmanuel Macron – ha riportato Cnn – ha parlato con Biden nel pomeriggio e ha detto di essere pronto a lavorare insieme su clima, salute, lotta al terrorismo
La cancelliera Angela Merkel sottolinea “L’importanza della cooperazione transatlantica”
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha concordato con Biden sull’importanza della “cooperazione transatlantica in vista di tutte le sfide globali”, ha detto il suo portavoce. “Si è congratulata con lui e con il vicepresidente designato Kamala Harris per la vittoria elettorale e si è augurata una collaborazione ‘stretta’ basata sulla ‘fiducia’”, ha dichiarato il portavoce di Merkel.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
E’ ARRIVATA LA MULTA COMMMINATA DAL SINDACO MASTELLA
Si era presentato al comizio senza mascherina. E sfidando le misure anti-Covid come al solito
aveva accettato di fare diversi selfie con i suoi sostenitori. Per questo motivo il leader della Lega, Matteo Salvini, era stato multato e oggi ha pagato la sanzione. Il fatto risale allo scorso 25 agosto, quando l’esponente del Carroccio si era recato a Benevento per partecipare ad un incontro della campagna elettorale delle elezioni regionali della Campania.
In quell’occasione Salvini, il segretario regionale della Lega, Nicola Molteni, e altri dirigenti locali del Carroccio incontrarono i simpatizzanti del partito in via Traiano senza indossare la mascherina.
Il comportamento fu subito stigmatizzato dal sindaco di Benevento, Clemente Mastella, che annunciò di aver fatto elevare una multa, da parte degli agenti della polizia locale, per il mancato uso del dispositivo di protezione individuala in presenza di assembramento.
E oggi, a tre mesi di distanza, Salvini e Molteni hanno pagato la sanzione di 280 euro (più le spese di spedizione postale).
/(da agenzie)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
QUANDO SI PARLA TANTO PER DIRE QUALCOSA E SI RIMEDIANO BRUTTE FIGURE
Quando il capo della Lega parla tanto per dire qualcosa. Solo che quando si danno dati e cifre si corre il rischio di essere smentiti
“Aggiorno volentieri il senatore Salvini – dichiara il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini – cui non devono aver riferito che il fondo per il ristoro delle agenzie di viaggio e i tour operator, creato con una dotazione iniziale di 25 milioni di euro dal decreto Rilancio, portato poi a 265 milioni di euro con il decreto Agosto, è stato infine ulteriormente finanziato con altri 400 milioni di euro dal decreto Ristori 1, rendendo così disponibile la cifra di 665 milioni di euro, comprensiva dei 40 milioni di euro destinati al ristoro delle guide turistiche”.
“I 625 milioni di euro a fondo perduto per i tour operator e le agenzie di viaggio costituiscono un ammontare significativo, per il quale è stata necessaria anche una trattativa a livello comunitario appena conclusa. Queste risorse si sommano a tutte le altre forme di sostegno generali per le imprese, che hanno riguardato ovviamente anche agenzie di viaggio e tour operator, incluse le misure ad hoc introdotte da Decreto Ristori 2 come il credito d’imposta per locazione”, conclude Franceschini.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
“IN ITALIA NEI REPARTI COVID PERSONALE CON UN CONTRATTO DI TRE MESI”
È l’ennesima goccia. Gli infermieri lo vorrebbero urlare con tutta la loro forza contro chi
doveva tutelare la professione degli eroi della prima ondata, gli angeli custodi.
La grande retorica dell’opinione pubblica sulle professioni sanitarie è finita da tempo, anche se il ministro della Salute, Roberto Speranza, ringrazia sempre medici e infermieri nei suoi discorsi pubblici, scatenando copiosi applausi.
Intanto in Piemonte, una disposizione della Direzione Sanità e Welfare ha invitato le Aziende sanitarie regionali ad assumere — in assenza di infermieri — “altre figure sanitarie o tecniche equivalenti” o anche profili superiori. In mancanza di infermieri le Asr sono invitate a contrattualizzare altre figure di supporto o, “qualora indispensabile”, anche medici.
La notizia è arrivata al sindacato Nursing Up, che ha annunciato una battaglia perchè nessuno “eserciti abusivamente” la loro professione. “Questo sarebbe lo sfascio assoluto, nella sanità non è che uno si sveglia e per effetto di un provvedimento diventa idoneo a garantire determinate funzioni acquisite con un percorso accademico”, spiega a Fanpage.it il presidente nazionale di Nursing Up, Antonio De Palma.
“Chi garantisce ai cittadini l’appropriatezza delle cure di queste persone? Questo è esercizio abusivo della professione, in qualsiasi caso, ed è punibile per legge”.
Quest’ultimo fatto non fa altro che sottolineare la grave emergenza sanitaria in cui si trova la regione. Ma in questa situazione particolare, “invece di creare le condizioni per assumere a tempo indeterminato, gli infermieri vengono assunti per 3, 4 o 6 mesi, e vengono messi nei reparti covid, dove mettono a repentaglio la loro vita — continua il presidente del sindacato infermieri — Ci assumono solo per mandarci al fronte, poi arriva il benservito”.
Sono diciassettemila gli infermieri contagiati dal Covid-19 solo nella seconda ondata. “Il problema è che in Italia, quando si parla di sanità , abbiamo 21 repubbliche: il governo emana provvedimenti ma poi le regioni hanno la loro titolarità “, spiega De Palma. C’è il caso dell’infermiere di famiglia, con il governo che ha autorizzato 9600 assunzioni, erogando i fondi per un servizio che non esiste. Così le singole regioni hanno deciso cosa fare: “Ad esempio Bergamo gli fa ricoprire questo nuovo ruolo, altre regioni li assumono e li mandano nei reparti”. Il problema sottolineato spesso dal presidente è la mancanza di coordinamento tra governo centrale e regioni.
“Pensi che all’ospedale Sant’Andrea è stato fatto un concorso e ci sono tremila persone in attesa in graduatoria. Ma perchè il Piemonte non può prendere gli infermieri del Lazio già sottoposti a una procedura concorsuale? Il governo avrebbe dovuto fare un provvedimento che concedesse ai territori che hanno bisogno di assumere dai concorsi delle altre regioni”, spiega De Palma. “Poi escono disposizioni come quella del Piemonte o come quella di Zaia sui veterinari”.
I tamponi sono di competenza infermieristica, ci tiene a sottolineare il presidente di Nursing Up. E nonostante ciò vengono utilizzati i medici di famiglia in questa seconda fase, per aumentare il numero di test sulla popolazione.
“Abbiamo 450mila infermieri in Italia, tra liberi professionisti e lavoratori del Sistema sanitario nazionale. Con un accordo ci sarebbero state almeno 250mila persone disponibili a fare screening sul territorio, nell’arco di un mese avremmo controllato tutta la popolazione”, continua De Palma. “In Italia c’è profonda incompetenza, perchè non sono in grado di organizzare e non ascoltano chi lavora nel contesto”.
La grande fuga degli infermieri all’estero
C’è un fenomeno preoccupante, che va avanti da anni e si è acuito nell’ultimo periodo storico, con la pandemia in atto. Sono sempre di più le aziende pubbliche tedesche e inglese che vengono in Italia “a fare incetta di infermieri”. Nel nostro paese lo stipendio è il più basso in Europa (1410 euro), mentre in Germania — ad esempio — va dai 2500 fino ai 3200 euro. “Quei pochi infermieri giovani, forti e disponibili che ci sono, vogliono andare fuori, e noi siamo costretti a lasciarli andare”, spiega Antonio De Palma a Fanpage.it. “Il mese scorso abbiamo denunciato che in Italia c’era un’agenzia interinale tedesca che ha preso 35 infermieri, ma la cosa più grave è lo fanno perchè le strutture pubbliche di Germania, Regno Unito, Lussemburgo e Olanda sanno bene che gli infermieri italiani hanno la preparazione migliore in Europa”
Nel frattempo c’è un’altra agenzia interinale portoghese che ha aperto una richiesta per infermieri nel Nord Italia, tra ospedali e strutture private, con uno stipendio che arriva a sfiorare i 4mila euro al mese, denuncia il presidente. “Per cui gli ospedali italiani danno incarico ad agenzie straniere di portare infermieri stranieri in Italia — spiega De Palma — con il rischio di avere infermieri che vengono da paesi dove la preparazione è diversa da quella italiana, in alcuni non c’è neanche la laurea”. In sostanza “facciamo scappare i nostri infermieri considerati eccellenza in Europa, con gli ospedali inglesi e tedeschi dove ormai si parla italiano, poi ci prendiamo infermieri senza conoscere professionalità e titoli che posseggono, ci prendiamo quello che arriva”.
Perchè gli infermieri sono sottopagati e precari
L’Italia si è adeguata nel 2000 agli standard europei per la professione dei medici, riformando i corsi di studi e istituendo la laurea in infermieristica. Prima la laurea di primo livello, poi la magistrale o specialistica “oggi anche dottorati di ricerca”, racconta il presidente di Nursing Up. “Ma si sono dimenticati di adeguare il contratto, oggi i laureati vengono pagati come i colleghi di quarant’anni fa, mentre nelle altre realtà europee quando hanno deciso di far laureare gli infermieri hanno anche deciso di rivedere lo stipendio”. Se in Italia non si creano “le condizioni socioeconomiche per riconoscere la dignità della professione continueremo ad avere emorragie di questo tipo”. Quando i giovani infermieri chiamano il sindacato, e gli viene detto di provare le selezioni in Italia, rispondono che “hanno 25 anni e sono laureati e specializzati”, come si può “iniziare la carriera a 1400 euro al mese, assunto per tre mesi come precario nel reparto covid”. Come dargli torto.
Ora è iniziata persino una lotta tra regioni per accaparrarsi i pochi infermieri che ci sono, quindi “se in Piemonte danno incarichi a tempo determinato per sei mesi, allora in Emilia Romagna assumono per tre anni meno un giorno, così non si acquisisce il diritto a tempo indeterminato”, racconta Antonio De Palma. Nonostante la grande manifestazione di Roma il 15 ottobre e lo sciopero del 2 novembre, “le istituzioni non ascoltano”. Governo e Regioni “sono sordi”, i governatori “hanno risposto con tante belle promesse che sono rimaste tali, perchè non si è vista nessuna integrazione negli stipendi degli infermieri”, mentre il ministro della Salute “ha detto che non avrebbe fatto promesse ma approfondito la questione, non l’abbiamo più sentito”.
La situazione negli ospedali torna a farsi drammatica, con una seconda ondata che rischia di colpire l’Italia ancora più forte della prima. “Ci sono colleghi che hanno fatto trentadue ore di servizio in un reparto di terapia intensiva covid, con i dpi che ti pressano il viso, i polsi, le caviglie, alla fine della giornata sei massacrato, hai il volto tumefatto, mani e piedi gonfi, e occhi neri”, racconta il presidente, come si fa “a fare orecchie da mercante?”. Come categoria “abbiamo fatto dei sacrifici immani, e anche in questo caso è arrivato il benservito”.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
OGGI OLTRE 500 VITTIME, OGNI GIORNO PERSO SONO VITE UMANE CHE SE NE VANNO PER NON AVERE IL CORAGGIO DI MISURE RADICALI MA NECESSARIE
“Non si puo’ fare la vita che facevamo prima, bisogna limitare i propri spostamenti”, spiegava ieri Walter Ricciardi, consulente scientifico del ministro della Salute: “à‰ stato calcolato che se si incontrano 5 persone — ha aggiunto — si ha il 60% di possibilità di essere infettati, se questo comportamento, di una minoranza, non viene sanzionato o controllato è chiaro che tutta l’Italia sarà presto rossa e l’unica possibilità che avremo è quella di un lockdown nazionale”.
L’ipotesi dell’Italia zona rossa viene rilanciata oggi dal Corriere della Sera che spiega però che sarà necessario attendere i dati che arriveranno il 15 novembre, quando si capirà se gli attuali provvedimenti in vigore con il nuovo DPCM saranno sufficienti a rallentare la curva:
Nel governo cresce la preoccupazione, si tiene d’occhio la curva epidemiologica e si ragiona sulla necessità di misure ancora più severe, come la chiusura dei ristoranti il sabato e la domenica a pranzo e la sospensione di alcune attività commerciali, che hanno ottenuto deroghe nelle zone rosse.
Ma se alcuni ministri come Roberto Speranza e Dario Franceschini spingono per una stretta ulteriore, il premier Giuseppe Conte vuole procedere con cautela. «Non possiamo scardinare il meccanismo scientifico delle zone rosse, arancioni e gialle – è il suo ragionamento nelle riunioni riservate –. Dobbiamo aspettare gli effetti delle misure».
L’obiettivo del governo è arrivare almeno al 15 novembre. Soltanto domenica prossima sarà infatti possibile stabilire l’efficacia del nuovo meccanismo che, per contenere i contagi da Covid-19, divide l’Italia in fasce di rischio e impone le chiusure di attività limitando gli spostamenti dei cittadini.
Se fra cinque giorni la curva epidemiologica non avrà invertito la rotta, l’ipotesi più probabile è far entrare tutte le Regioni in «zona rossa».
In questo caso sarà indispensabile rivedere la lista dei negozi che possono rimanere aperti durante la giornata. Per farlo sarà necessario un nuovo Dpcm che, se dovesse esserci un’accelerazione politica, potrebbe essere discusso con Regioni e Cts già il prossimo fine settimana.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
“NON SERVONO TAPPULLI LOCALI SE TROPPA GENTE CONTINUA A FARE QUELLO CHE GLI PARE”
Filippo Anelli, presidente della federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) non smette di
lanciare un allarme che lancia ormai da diverse settimane. In una intervista al Corriere della sera è ancora una volta categorico sulla medicina che serve all’Italia ora per fermare il contagio. “Lockdown subito della durata di un mese”, dice.
“Se continua così il servizio sanitario nazionale non può farcela. Ogni posto letto dedicato al Covid viene tolto ai malati con altre patologie, volgarmente chiamate ordinari. Altro che ordinari. Hanno tumori del pancreas, ictus, gravi cardiopatie. Già adesso ci sono ritardi accumulati e migliaia di pazienti finiranno in coda”.
Secondo il presidente dei medici la divisione a colori dell’Italia è una soluzione non efficace:
“Gli italiani non hanno capito che finire in zona gialla, dove le misure di mitigazione sono meno strette che nelle arancioni e rosse, non equivale a poter fare il comodo proprio. Le immagini dei centri storici affollati e delle spiagge piene sono raccapriccianti. È la riprova che la gravità della situazione del nostro Paese non è stata compresa. Il peggio deve ancora venire”.
Per cui lo scenario potrà di molto peggiorare, se non si agisce subito “fra Natale e l’inizio del 2021 i casi di influenza si sommeranno a quelli di Covid e i pronto soccorso saranno pieni di persone con gli stessi sintomi e la paura di aver preso il coronavirus. Noi siamo ancora in tempo di evitare tutto questo con un lockdown esteso a tutta Italia, della durata di un mese. L’alternativa è che il servizio sanitario alzi bandiera bianca”. Così, “in un paio di settimane si potrebbe raggiungere il picco della seconda ondata e così comincerebbe la discesa con il progressivo decongestionamento degli ospedali”.
Per Anelli l’alternativa in breve tempo sono 30mila persone in ospedale, 5mila posti occupati in rianimazione e se il trend delle ultime settimane dovesse prevalere 10mila morti in più.
“Mi ha chiamato il ministro della Salute, Roberto Speranza. Mi ha detto che condivide la mia preoccupazione ma che ha fiducia sugli effetti di questi provvedimenti”, chiosa il presidente dei medici.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
SARA’ CERTAMENTE IL PIU’ GRANDE CRUCCIO DEL NUOVO PRESIDENTE USA
«Il vincitore non lo decidono i giornali». Così, Matteo Salvini — nel corso di una conferenza stampa in Senato — a proposito delle elezioni Usa.
Il leader della Lega non si è ancora voluto congratulare con Joe Biden per l’ormai certa vittoria nella competizione elettorale negli Stati Uniti, preferendo aspettare l’esito dei possibili ricorsi che Donald Trump e il suo staff legale hanno preparato.
Dunque, Salvini non si congratula con Biden, rompendo così un cerimoniale che è già stato fatto proprio da diverse istituzioni italiane, a partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
«Congratularmi con Biden? Aspetto il risultato delle elezioni — ha detto Salvini -. Visto che c’è una discussione ancora aperta, e non in uno ma in diversi stati, quando ci sarà il risultato definitivo avrà tutte le congratulazioni del caso».ù
Matteo Salvini, tuttavia, dimentica che in Pennsylvania Biden ha 45mila voti di margine rispetto a Trump, proprio lì dove, nel 2016, l’attuale presidente degli Stati Uniti vinse di 44mila. Situazione analoga anche in Wisconsin, con Biden avanti di 20mila, laddove Trump nel 2016 vinse di 23mila voti.
Ancora più clamoroso il caso del Michigan, con Biden avanti di 149mila voti, mentre Trump nel 2016 vinse di 11mila voti.
Eppure, quattro anni fa, non ci fu tutta questa attesa per riconoscere la sconfitta di Hillary Clinton o la vittoria di Donald Trump.
Del resto, non è la prima volta che Matteo Salvini — negli ultimi giorni — ha condiviso dichiarazioni che fanno l’occhiolino alla campagna social sovranista USA: il caso dell’affermazione sul numero maggiore di schede rispetto ai votanti (rivelatasi una fake news) fa scuola.
Ma, siamo sicuri, Joe Biden si farà una ragione anche di questo.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
IL CASO VERGOGNOSO DI MARIA EDGARDA MARCUCCI, VOLONTARIA COMBATTENTE A FIANCO DELLE DONNE CURDE CONTRO L’ISIS CHE, RIENTRATA IN ITALIA, E’ STATA DICHIARATA “SOCIALMENTE PERICOLOSA” SENZA AVER COMMESSO ALCUN REATO …. IL FATTO CHE SIA DI SINISTRA NON CI INTERESSA, LA DEMOCRAZIA E’ LIBERTA’ DI ESPRIMERE LE PROPRIE IDEE E VALE PER TUTTI
Fejzulai Kujtim, il terrorista di Vienna, dopo esser stato condannato a 22 mesi nel 2019 per
aver tentato di raggiungere la Siria e arruolarsi nell’Isis, era stato liberato dopo appena 6 mesi per decisione di un magistrato austriaco che ne aveva “appurato” l’avvenuta “deradicalizzazione”.
Negli stessi mesi in cui Kujtim usciva libero, in tutta Europa le autorità arrestavano, sottoponevano a misure restrittive o accusavano di pericolosità sociale o terrorismo decine di persone che, in qualità di volontari internazionali nelle Unità di protezione popolare curdo-siriane, avevano preso parte alla guerra contro l’Isis.
Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz dice che l’Europa non farà un passo indietro nella difesa dei propri “valori”.
Forse sarebbe ora di chiedersi di quali valori stiamo parlando se giovedì prossimo, 12 novembre, in Italia dovrà comparire in tribunale, in appello, Maria Edgarda Marcucci che, senza aver fatto male a una mosca nel nostro paese, ma avendo combattuto con le donne curde in Siria contro i jihadisti, è stata dichiarata il 17 marzo scorso “socialmente pericolosa” e in gran parte privata preventivamente delle sue libertà individuali.
Così mentre Kujtim preparava il mitra, il machete, la pistola e la falsa cintura esplosiva nei giorni in cui salutava “come una persona normale” i vicini di casa (lo hanno detto loro), Maria Edgarda, che non ha mai fatto mistero di aderire a manifestazioni e battaglie pubbliche per questioni rispettabilissime e per questo, nero su bianco, è stata dichiarata dal tribunale un “pericolo pubblico“, rincasava ogni sera per obbligo alle 21 e restava a casa fino alle 7, con o senza lockdown, doveva comunicare ai commissariati di polizia ogni suo spostamento e rinunciava il 27 ottobre, per le restrizioni alla libertà di parlare in pubblico che le sono imposte, ad essere audita dalla Commissione Segre del Comune di Torino, che pure avrebbe voluto ascoltare la sua testimonianza riguardo alle donne con cui ha collaborato in Siria contro i fondamentalisti nel 2018 — proprio mentre Kujtim cercava di raggiungere le bande che tentavano di massacrarle.
Sorvegliati davvero speciali dovrebbero essere i Fejzulai Kujtim — e ce ne sono — mentre a donne come Maria Edgarda deve essere restituita la libertà che hanno difeso, a rischio della vita, per tutti noi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
A NUORO CONFERMA PER ANDREA SODDU, RIBALTONE A QUARTU E PORTO TORRES
Tre nuovi sindaci in Sardegna grazie ad altrettanti ballottaggi, tutti eletti con un’affluenza che non arriva però al 50 per cento. La media è del 42,74: un calo che supera i dieci punti percentuali rispetto a quindici giorni fa.
I tre risultati segnano comunque una tendenza: a Nuoro, Quartu Sant’Elena e Porto Torres vincono la sfida i candidati civici progressisti e di centrosinistra.
Niente da fare, a sorpresa, per le coalizioni di centrodestra che ricalcano la maggioranza che sostiene la giunta del presidente della Regione, Christian Solinas.
Ed è anche un voto che conferma il declino del M5stelle alle amministrative: il caso simbolo a Porto Torres dove, nel 2015, aveva trionfato con percentuali superiori al 70 per cento, mentre quindici giorni fa si è fermato all’ultimo posto.
A Nuoro, unico capoluogo di provincia, confermato il sindaco uscente Andrea Soddu di area centrosinistra (tre civiche e Italia in Comune). Una vittoria netta contro lo sfidante Pietro Sanna sostenuto da Lega, Psd’Az, Riformatori, Fdi e una civica: Soddu doppia le percentuali (67 contro il 33 per cento). Al precedente turno i due si fronteggiavano con una forbice ben più ridotta: 28,84 contro 24,36 per cento.
Un altro ex tornerà in municipio pure a Quartu Sant’Elena, terza città sarda per abitanti, alle porte di Cagliari. Il sindaco è (di nuovo) Graziano Milia, già primo cittadino negli anni Novanta, ex dirigente Pd e Ds, nonchè presidente della provincia di Cagliari.
Supportato da sei civiche (sempre di area progressista) è avanti con il 57 per cento rispetto all’avversario di centrodestra, l’imprenditore Christian Stevelli, fermo al 43%Stevelli – già consulente del presidente della Regione Solinas, nomina che gli è valsa un’accusa per abuso d’ufficio – era sostenuto dalla stessa coalizione di centrodestra che regge la maggioranza in Regione: Lega, Psd’Az, Fdi, Riformatori, Sardegna20 e due civiche.
Al primo turno era stato proprio il candidato del centrodestra a chiudere in vantaggio:44,20 contro 36,35 per cento.
Stesso copione nel nord Sardegna, a Porto Torres: il sindaco è Massimo Mulas (Pd, Italia comune e la civica Progetto Turritano). Vince (grazie anche al sostegno dei progressisti – autonomisti) con il 53 per cento, l’avversario del centrodestra Alessandro Pantaleo si ferma al 47.
Per lui in campo Forza Italia, sardisti, Lega e due civiche: una coalizione che al primo turno l’aveva portato in vantaggio al 39,08 contro il 26,05 per cento.
(da agenzie)
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