Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile FURGIUELE ANNUNCIA UNA SPEDIZIONE PUNITIVA CONTRO L’INVIATO DA VIA BELLERIO, VETRI SPACCATI E ARRIVANO I CARABINIERI MENTRE INDAGA LA PROCURA DI CATANZARO
Nuovi imbarazzi per l’unico deputato leghista calabrese, Domenico Furgiuele. 
E dopo i guai che gli ha procurato l’ingombrante suocero, il re dell’autostrada Salvatore Mazzei, condannato e finito in carcere per estorsione, adesso al parlamentare calabrese della Lega tocca raccogliere i cocci delle intemperanze del fratello Antonio. Sarebbe stato lui a firmare una serie di minacce, intimidazioni e persino atti di vandalismo nei confronti di Walter Rauti, vice responsabile degli Enti Locali della Lega, che supporta Nino Spirlì, presidente facente funzioni della Regione, dalla morte improvvisa della governatrice Santelli.
Tutto sarebbe successo qualche giorno fa. Mentre il fratello deputato alla Camera minacciava moti di piazza contro l’eventuale coinvolgimento di Gino Strada nella gestione della sanità calabrese, Antonio Furgiuele si lanciava in una sorta di spedizione punitiva nel paese di Rauti, per di più annunciandola e commentandola al telefono con il diretto interessato, che ha subito avvertito i carabinieri.
Da quanto si apprende, sembra che il fratello del deputato non abbia risparmiato nè insulti, nè minacce all’indirizzo del suo dirigente e della sua famiglia. E forse è un caso, forse no, quella sera pare che il fratello di Rauti abbia trovato la finestra del suo studio professionale distrutta a calci, con tanto di pattuglia dei carabinieri intervenuta per i rilievi del caso.
Toccherà alla procura di Catanzaro ricostruire la vicenda, ma allo stato Antonio Furgiuele sembra aver preso decisamente troppo alla lettera la guerra che agita la litigiosa Lega calabrese, finendo per trasformare la battaglia politica in minacce, intimidazioni e atti di vandalismo.
Il fratello Domenico, oggi unico parlamentare calabrese della Lega, ha una sua area che governa con piglio di ferro e spesso e volentieri è entrata in rotta di collisione con quella del deputato bergamasco Cristian Invernizzi, spedito anni fa in Calabria per commissariare proprio Furgiuele e promosso sul campo segretario della Lega Calabria. Una marcatura raddoppiata in occasione delle Europee prima e delle Regionali dopo con l’arrivo di Rauti, calabrese d’origine ma milanese di formazione, spedito da via Bellerio a mettere il naso nella Lega calabrese e da sempre mal digerito dagli autoctoni, soprattutto di sponda lametina.
Sull’accaduto la Lega tace, lui preferisce non fare alcun commento. “Ci sono indagini in corso” si limita a dire. E sulla stessa linea si attesta il segretario regionale Invernizzi, che però si lascia strappare “è nostro interesse andare fino in fondo e se tutto fosse confermato sarebbe molto grave”.
Solidarietà aperta invece è arrivata dal Pd catanzarese, che con un post della sua segretaria provinciale Emanuela Neri su facebook afferma: “Aldilà di ogni posizione politica mi sento di esprimere tutta la mia vicinanza a Walter Rauti e a tutta la sua famiglia. Con forza bisogna respingere questi atti vili che rappresentano ciò che la politica non dovrebbe essere e ciò che la Calabria e i calabresi non sono”.
Non è la prima volta che il deputato Domenico Furgiuele provoca direttamente o indirettamente imbarazzi alla Lega. E non solo a causa del suocero e dei suoi ingombranti trascorsi giudiziari, incluso il sequestro per mafia dell’intero patrimonio, che – emerge da un’inchiesta della procura di Salerno – avrebbe tentato di ribaltare avvicinando un giudice, adesso a processo per corruzione.
O della suocera, scopertasi titolare di un centro estetico finito sotto sequestro perchè abusivo, proprio mentre Furgiuele in parlamento si sgolava a difesa del settore, danneggiato dal lockdown. Anche il deputato in persona con la giustizia ha avuto guai.
Qualche mese fa, l’azienda di cui Furgiuele è stato amministratore e legale rappresentante fino a due mesi dopo le elezioni è stata sequestrata nell’ambito di un’inchiesta antimafia su un cartello di aziende in odor di mafia costituito nella Piana di Gioia Tauro per spartirsi gli appalti pubblici.
Quella misura è stata in seguito revocata, ma il deputato è rimasto indagato per concorso in turbativa d’asta.
Ma per Salvini, che ha animato la campagna elettorale per le regionali in Calabria predicando urbi et orbi “dove c’è la ‘ndrangheta ci sarà la Lega per prenderla a calci nel sedere”, la cosa non ha avuto grande peso.
“Un sospetto non mi basta per condannare una persona, così funziona in un Paese civile” ha detto per difendere Furgiuele “Se c’è una condanna è un altro paio di maniche”. Insomma, decidono i giudici. Almeno per i deputati.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile COERENZA, QUESTA SCONOSCIUTA
Prima gli italiani? Meglio prima gli evasori.
Staccato clamorosamente nei sondaggi da Giorgia Meloni, il leader della Lega ricorre alla sua formuletta magica per recuperare consensi: i condoni.
Stavolta ne chiede tre, fiscale, tombale ed edilizio. E propone la metafora che aveva già tirato fuori a maggio, alla fine del primo lockdown, per spiegare la sua idea che all’apparenza è semplicissima: “Io Stato ti chiedo 20 euro sui tuoi 100 euro che non puoi utilizzare per vari motivi, così quegli altri 80 euro li puoi rimettere nell’economia”.
Peccato che quei ‘vari motivi’ che Salvini non specifica siano evasioni fiscali, denaro non dichiarato, che non viene utilizzato in maniera legale ma che circola lo stesso, arricchendo sempre i soliti noti.
Che con la pandemia si sono arricchiti ancora di più, con la ricchezza che non viene distribuita a causa del blocco totale. I più ricchi sono più ricchi, i più poveri diventano poverissimi. Ma tra gli uni e gli altri, Salvini sceglie sempre gli alleati di sempre
Peraltro, nel suo tentativo di riguadagnare terreno, in pochi si accorgono di un’altra modifica nei discorsi del leader della Lega: “Se non fai un condono in tempi di guerra, quando lo fai?”. La guerra, beninteso, è la pandemia che stiamo affrontando.
La stessa che fino a due giorni fa fa Salvini sminuiva, come aveva fatto per tuta l’estate. “Il coprifuoco si fa in guerra, e noi non siamo in guerra” diceva.
E poi si domanda anche come mai stia precipitando nei consensi.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile “SPOSTA SOLDI IN RUSSIA”
“Questo qui ha fatto lavori per la Lega per due milioni di Euro in un anno e mezzo. Questo
qui era un idraulico che aggiustava i tubi delle caldaie. Ma come mai?”.
Questo qui è Francesco Barachetti, l’ultimo personaggio finito agli arresti nell’inchiesta sui commercialisti della Lega.
A definirlo “un idraulico che aggiustava i tubi delle caldaie” è Michele Scillieri, il professionista che aveva “prestato” il suo studio in via delle Stelline a Milano come prima sede della Lega per Salvini premier, la versione sovranista del partito di Alberto da Giussano.
“Com’è che Di Rubba ha messo su un autosalone di macchine di lusso poco lì accanto a Barachetti, che ha comprato un edificio dove ha fatto la sede grandiosa della sua società ? Ma da dove arrivano i soldi? Ma come mai la società di noleggio auto ha fatturato quasi un milione di euro alla Lega in un anno?”, si chiedeva Scillieri intercettato il 14 maggio del 2020.
Parole che per gli inquirenti sono importanti visto che il giudice per le indagini preliminari, Giulio Fanales, le inserisce nelle 70 pagine della misura cautelare di Barachetti.
Soldi in Val Seriana
L’indagine del procuratore aggiunto Eugenio Fusco sui professionisti della Lega, infatti, è tutt’altro che chiusa. Oltre a Barachetti, accusato di concorso in peculato ed emissione di false fatture, nel registro degli indagati sono finiti altri due nomi: quelli di Pierino Maffeis e di Elio Foiadelli, amministratori di società che per la procura hanno giocato un ruolo in questo complesso risiko di bonifici, fatture e lavori mai fatti. Un puzzle che da Casnigo e Gazzaniga, piccoli centri della Val Seriana, passano per Bergamo e arrivano fino alla periferia nord di Milano e a via Bellerio, dove c’è la storica sede della Lega.
E dove Barachetti ha lavorato con la sua azienda: negli ultimi tempi aveva cominciato ad occuparsi delle sanificazioni anti Covid. Il 10 settembre nell’indagine della Guardia di Finanza sono già finiti ai domiciliari sia Scillieri che Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, rispettivamente direttore amministrativo e revisore contabile del Carroccio al Senato e alla Camera: sono i personaggi principali dell’indagine.
A luglio era stato invece fermato Luca Sostegni, considerato un prestanome di Scillieri, che ha cominciato a collaborare coi magistrati. Al centro dell’inchiesta, come è noto, c’è l’acquisto da parte di Lombardia film commission — all’epoca presieduta da Di Rubba, scelto in quota Lega Nord — di un capannone a Cormano, da una società gestita da Fabio Barbarossa, cognato di Scillieri. La compravendita, per l’accusa, era stata compiuta al prezzo gonfiato di 800mila euro: soldi pubblici, una parte dei quali è stata retrocessa a Di Rubba e Manzoni.
Barachetti, l’idraulico russo che lavorava per la Lega (e comprava rubli)
Oggi a finire agli arresti è Barachetti, già indagato e citato più volte nelle informative della Guardia di finanza: i domiciliari sono scattati perchè per il gip “ricorre un concreto e attuale pericolo di commissione di delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede”.
In pratica può reiterare i reati, visto che — tra le altre cose — “reperisce con facilità , un individuo disposto a fungere da prestanome nel suo interesse”, scrive il gip. Pregiudicato (nel 2004 è stato condannato in via definitiva a un anno quattro mesi per cessione di stupefacenti), ex consigliere comunale con una lista d’ispirazione leghista a Casnigo in Val Seriana, è titolare del 95% della Barachetti service, società il cui rimanente 5 % è in mano alla moglie russa, Tatiana Andreeva.
E sono proprio i contatti con la Russia che hanno un peso nelle esigenze cautelari: “Non può non sottolinearsi l’acclarata disponibilità , in capo al Barachetti, di un sicuro canale internazionale, utile a convogliare, in tutto o in parte, verso un paese extra Unione Europea, la Russia, le somme di derivazione pubblicistica oggetto d’impossessamento“, scrive il giudice. Degli 800mila euro usciti dalle casse della Regione Lombardia, infatti, più di duecentomila finiscono nelle casse di Barachetti attraverso un complesso giro di bonifici. Di questi, 45mila euro vengono usati per acquistare rubli russi, poi girati alla società Sozidanie OOO, con sede legale nelle vicinanze di San Pietroburgo, presso la Banca Sberbank in Mosca.
Il bonifico riporta come causale: “Purpose of payment buying property”. È solo uno dei mille rivoli di questa storia fatta di soldi e rapporti di alto livello. “L’imprenditore Barachetti — scrive il gip — è in grado di rapportarsi alla pari con il presidente della fondazione di diritto pubblico e, più in generale, con esponenti del mondo delle professioni che vantano entrature politiche di prim’ordine, tanto da avanzare nei loro confronti, mediante minaccia, pretese sempre crescenti in merito alla spartizione del profitto illecito”.
“Quando abbiamo fatto tutti i conti nessuno ci perdeva” — Secondo le indagini della procura di Milano l’imprenditore della Val Seriana è l’uomo che guadagna di più dall’affare del capannone di Cormano. “In sostanza — scrive il giudice — il Barachetti concepisce ed implementa un articolato sistema negoziale, avente ad oggetto l’appalto delle opere edili da parte della committente Immobiliare Andromeda s.r.l. in favore delle società appaltatrici gestite di diritto o di fatto dall’indagato, destinato primariamente a celare, dietro all’esecuzione dei lavori appaltati, quantomeno soltanto parziale e notevolmente tardiva, il definitivo impossessamento della provvista pubblica, in parte a beneficio dell’odierno indagato ed in altra parte a vantaggio di ulteriori membri del sodalizio“. In pratica l’immobile di Cormano viene ceduto a 800mila euro (prezzo doppio rispetto a quello d’acquisto di pochi mesi prima ndr) perchè la società immobiliare Andromeda si era impegnata ad occuparsi della “sistemazione interna ed esterna, realizzazione degli impianti elettrico e di riscaldamento-raffreddamento“. Lavori che vengono affidati alla Eco srl, amministrata da Maffeis ma nei fatti — secondo gli inquirenti — gestita dallo stesso Barachetti.
Nelle carte dell’inchiesta gli investigatori hanno quantificato che la società Immobiliare Andromeda, proprietaria dell’immobile che cede alla Lombardia film commission, “riconosce all’appaltatrice Eco s.r.l. un corrispettivo per le opere commissionate, pari ad Euro 650.000,00, del tutto esorbitante“.
Un capannone comprato sulla carta a 400mila euro (ma ne fatti mai pagato), venduto a una fondazione pubblica per il doppio dei soldi, quasi tutti usati per ristrutturarlo: è evidente che nell’affare i conti non tornano. Se ne accorge pure Scillieri. “Quando all’inizio abbiamo fatto tutti i conti nessuno ci perdeva. Quindi la proprietari prendeva la sua parte; quello lì (da intendersi Sostegni ndr) prendeva la sua parte; io (da intendersi Scillieri, tramite Barbarossa ndr) prendevo la mia parte e voi (da intendersi Di Rubba e Manzoni ndr) prendevate…. E’ andata storta ad un certo punto”, diceva il commercialista intercettato con Di Rubba.
“Soldi reimpiegati per finalità estranee all’appalto”
Ma perchè, come dice Scillieri, l’affare del capannone è andato storto “a un certo punto”? Annota il gip: “Inspiegabile risulta, almeno all’apparenza, il comportamento della Eco. La società , malgrado non abbia ottenuto alcun introito finanziario dal tempo del conferimento del capitale sociale, ad eccezione della cospicua somma versatale dall’Immobiliare Andromeda a titolo di acconto (Euro 400.000,00), riversa immediatamente gran parte della provvista nelle casse della subappaltatrice Barachetti Service s.r.l., peraltro a notevole distanza dalla futura realizzazione degli impianti oggetto del subappalto, così privandosi delle risorse economiche indispensabili per l’esecuzione delle opere commissionatele da Immobiliare Andromeda”.
Che ne fa Barachetti di quei soldi? Li reimpiega “per finalità del tutto estranee a quanto oggetto di subappalto e così sostanzialmente disperse”.
Una parte del denaro, come abbiamo visto, viene inviata in rubli a una società con sede legale nelle vicinanze di San Pietroburgo. Un’altra parte ancora viene trasferita su conti intestati a società terze, che alla fine servono “per l’acquisto di due immobili da villeggiatura, fittiziamente intestati ad un’ulteriore società di comodo, ma in realtà destinati ad arricchire il patrimonio del presidente della fondazione, Di Rubba Alberto, e del suo più stretto sodale, Manzoni Andrea”.
Sono le due villette sul lago di Garda recentemente sequestrate dagli inquirenti. “In conclusione — è il conto che fanno gli investigatori — il Barachetti, dopo avere ricevuto il complessivo importo di Euro 390.000,00, in virtù di bonifici disposti dalla Eco s.r.l. in favore della Barachetti Service s.r.l., retrocedeva a vantaggio del soggetto munito della qualifica pubblicistica, Di Rubba Alberto, e del suo più stretto sodale, Manzoni Andrea, il complessivo importo di Euro 188.444,00″. La parte rimanente — cioè 201.556,00 euro — viene “definitivamente incamerata dalla società rappresentata dal Barachetti, salva la parziale distrazione a favore del conto della società russa Sozidanie OOO presso la Banca Sberbank in Mosca”.
Duecentomila euro per l’ex idraulico
Insomma alla fine la fetta più grossa della torta spetta all’ex idraulico di Casnigo. L’imprenditore “si mostra altamente determinato ad ottenere dall’affare illecito il massimo profitto, tant’è vero che riesce a riservarsi ed a trattenere in via definitiva, all’esito della vicenda, una quota significativa del denaro in origine erogato da Regione Lombardia, oggetto di appropriazione illecita (somma incamerata dall’indagato pari ad Euro 201.556,00, a fronte di un capitale pubblico pari ad Euro 800.000,00)”, è scritto nelle accuse.
Nelle carte dell’inchiesta, tra l’altro, gli investigatori appuntano che “oltre nell’analisi delle circostanze da ritenersi sintomatiche della natura sostanzialmente appropriativa dello schema adottato, occorre sottolineare il significativo comportamento serbato dal Barachetti immediatamente dopo l’inizio dei lavori”. In pratica l’imprenditore cominciò ad avanzare “con sempre maggiore insistenza, nei confronti dei coindagati, la pretesa di continui aumenti del prezzo, arrivando a minacciare gli interlocutori d’interrompere definitivamente i lavori.
Le sue pretese, d’altronde, non vengono affatto ignorate dai coindagati, quali rivendicazioni contrattuali prive di fondamento, bensì ascoltate e, almeno in parte, accolte, tanto è vero che sarà proprio lui ad essere considerato dal Di Rubba il sodale maggiormente arricchitosi grazie all’affare illecito“. In pratica dopo essersi accordati per una somma di denaro, Barachetti comincia ad aumentare il suo prezzo con Di Rubba, Manzoni e Scillieri per mettere a posto il capannone.
Per il gip “il comportamento serbato dal Barachetti trova logica spiegazione proprio nell’usuale dinamica degli affari illeciti di gruppo, laddove ciascun partecipe tenta di ritagliarsi, se del caso con prepotenza, la porzione maggiore nella spartizione del profitto“.
Tra gli indizi a carico anche il tentativo di “comprare il silenzio” di Sostegni. Il prestanome di Scillieri, infatti, a un certo punto comincia a minacciare i commercialisti: o gli davano quanto pattuito — 30mila euro — o sarebbe andato a raccontare tutto ai giornali. Barachetti tenta di mettere a tacere Sostegni “nella consapevolezza della propria vulnerabilità quale partecipe all’illecito, come d’altronde confermato dall’uso dell’ennesimo negozio giuridico simulato e dalla marcia indietro innestata al momento della prima emersione di circostanze compromettenti sugli organi di stampa”.
“Lavori al capannone mai fatti”
Tra l’altro i famosi lavori di adeguamento dell’immobile, alla fine, non sono neanche stati ultimati. Almeno secondo gli inquinreti. Per il gip, infatti, l’immobiliare Andromeda si rese del “tutto inadempiente rispetto all’obbligo, sulla medesima gravante, avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori, dal momento che gli stessi non risultavano terminati nè allo scadere del termine statuito nel preliminare, nè al tempo del definitivo, concluso per atto pubblico del 13.09.2018″.
Con due testimonianze di tecnici “è stato appurato”, spiega il giudice, “che, a seguito dello stato di morosità della Paloschi”, che deteneva il capannone prima di Andromeda, “era stata dapprima sospesa e poi definitivamente interrotta l’erogazione dell’energia elettrica” a partire dal 30 agosto 2016, con riattivazione e “contratto intestato alla fondazione, a decorrere dal 29 giugno 2018”.
Un tempo “talmente breve di fornitura” che non può “avere consentito il completamento delle opere”. Nonostantegli inadempimenti la Lombardia film commission “non attiva affatto i rimedi previsti, fra i quali spicca in primo luogo l’esercizio del diritto alla restituzione del doppio della caparra versata”. Un vero affare
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile UN LOCALE 3 METRI PER 5 SENZA LUCE NATURALE
“Sono al 26° giorno di isolamento, comincio ad essere stanco”. Raggiungiamo Filippo Santelli, corrispondente in Cina per Repubblica, via Skype. Ci risponde dalla stanza di un ospedale a Nanchino, capoluogo della provincia di Jiangsu, nella Cina Orientale, dove è “letteralmente” chiuso da ormai 26 giorni perchè ai controlli che fanno ai viaggiatori in ingresso nel Paese, è risultato positivo al Coronavirus.
Qui vige, come ci racconta, un sistema di monitoraggio e di contenimento dell’epidemia molto rigoroso: una catena di montaggio che dall’aeroporto l’ha condotto in un hotel e da lì, “in ambulanza e di notte” nella struttura sanitaria creata ex-novo dalle autorità cinesi per accogliere i positivi.
“Per tutti passeggeri che arrivano in Cina sono previste due settimane di quarantena che si fanno in un hotel, una struttura designata dalle autorità dove ti chiudono e stai per due settimane”, ci racconta. “Lì ti sottopongono a due tamponi: al secondo sono risultato positivo, per questo hanno immediatamente allertato il Centro per il Controllo delle Malattie locale della città di Nanchino e mi hanno traghettato qui”.
Filippo non nasconde il disorientamento e la sofferenza dei primi giorni.
“Mi hanno messo in isolamento in una stanzetta gelida, mi hanno chiuso la porta alle spalle e da questa struttura non esco fin quando non risulterò negativo. Il primo giorno che mi sono trovato qui dentro ho avuto un momento di profondo sconforto: ho pianto. Mi sentivo perso e lontanissimo da qualsiasi forma di conforto delle persone a me care. Qui sono isolato in una struttura, in una stanza da cui non posso uscire e in cui non può entrare nessuno, in un Paese in cui i miei amici e parenti non possono venire.
Non deve esser facile. Anche perchè da quel che possiamo vedere anche seguendo il tuo reportage quotidiano su Instagram, la stanza non sembra accogliente.
La progettazione della struttura non aiuta: hanno puntato sulla rapidità della costruzione, realizzata in 12 giorni e non sugli ambienti. La mia stanza è 3 metri per 5, senza luce naturale, vedo solo neon e led da 26 gg. La mattina mi sveglio, è buio, ma potrebbe essere anche mezzogiorno, accendo la lampadina diventa giorno; spengo la lampadina, è notte. I primi giorni mi hanno testato molto, mi hanno fatto tamponi per 4 gg di fila ed esami del sangue. Da quel momento in poi mi hanno lasciato un po’ più da solo e ho cercato di darmi delle regole, una routine: cammino un’ora al giorno, sono 8 passi da un angolo all’altro della stanza, poi faccio una doccia e per fortuna ho internet: lavoro e racconto tutto su La Repubblica e su Instagram.
Come comunichi con il personale infermieristico?
Loro non parlano inglese, io parlo un po’ di mandarino. Per fortuna esiste una app che si chiama Wechat che ha una funzione di traduzione simultanea. Di base mi portano i pasti tre volte al giorno e ho 40 secondi alla mattina per “spiare” la luce naturale: quando entrano per le pulizie mi appoggio allo stipite della porta di ingresso, mi lasciano guardare fuori, prima di richiudermi di nuovo dentro dove non vedo altro che il grigio e bianco delle pareti, la plastica e l’alluminio.
Un approccio davvero duro quello cinese.
Sì, improntato alla massima cautela. Lo vedi anche dal fatto che io sono un caso asintomatico o paucisintomatico, non ho mai avuto una linea di febbre, solo piccoli dolori muscolari alle gambe un giorno e ho perso olfatto e gusto. Io sarei un caso che in Italia trascorrerebbe la sua degenza a casa aspettando di negativizzarsi. Qui invece ti isolano anche se sei asintomatico. E’ un sistema improntato alla massima prudenza: hanno contenuto il virus anche grazie a questo approccio draconiano e adesso non vogliono che gli ritorni in casa il virus portato dalle persone che arrivano dall’estero. Questo comporta una grossa limitazione dei viaggi in ingresso, innanzitutto. E poi tutte le persone che sbarcano in Cina entrano in questa procedura sanitaria che ti porta o alle due settimane in hotel se sei negativo o a una quarantena di lunghezza indefinita in una struttura sanitaria, come questa, se sei positivo.
Molto distante dal sistema italiano, ad esempio.
In Italia i passeggeri che sbarcano sono obbligati alla quarantena, ma si tratta di una quarantena fiduciaria, nessuno ti chiama per accertarsi che tu la faccia effettivamente. I tamponi a chi entra? A me ad esempio, quando sono tornato in Italia, non l’hanno fatto. Credo lo facciano solo ai viaggiatori che tornano da Paesi considerati ad alto rischio. D’altra parte la Cina non è ad alto rischio perchè non ha casi.
Sarebbe possibile un “metodo cinese” da noi?
Questa è una domanda a cui non sono in grado di rispondere. Posso dire però che la Cina non è il solo Paese a prevedere dei luoghi di quarantena per le persone che entrano: lo fa anche la Corea del Sud, ad esempio. Ho visto in Asia diverse sfumature di limitazione delle libertà personali: la Cina rappresenta l’estremo più duro. Qui le persone, allo scoppio delle epidemia, sono state letteralmente prese dalle loro case e messe in isolamento. Gli altri hanno utilizzato delle misure intermedie: per esempio il braccialetto elettronico a Hong Kong. L’estremo più leggero è la quarantena fiduciaria: presuppone, però, un maggiore spirito civico di adesione alle regole da parte delle persone e una soglia di tolleranza del rischio più alta da parte della società nel suo insieme. E la Cina non vuole rischiare che qualcuno esca fuori e riporti il virus nella società .
Torniamo al tuo isolamento. Ha un costo?
La quarantena in hotel è a pagamento sia per i cinesi che per gli stranieri. In ospedale i cinesi non pagano: il governo ha detto dall’inizio che tutte le cure per il coronavirus sarebbero state gratuite per i cinesi. Questo perchè hanno un enorme problema di copertura assicurativa. I cittadini cinesi hanno un’assicurazione che non copre quasi nulla e molto spesso finiscono in bancarotta quando devono curarsi. Per evitare che nascondessero di essere contagiati dal virus per non andare in ospedale, il governo ha adottato la soluzione delle cure gratuite. Gli stranieri pagano, non so quanto di preciso. Molto dipende anche dalle cure e dai farmaci. Io personalmente ho lasciato una caparra di 600 euro circa al mio ingresso. Mi ha detto un’infermiera che una persona che è rimasta all’interno della struttura 30 gg ha pagato circa 1600 euro.
Che tipo di farmaci ti hanno somministrato?
Io sono asintomatico, mi hanno proposto una serie di terapie: un antivirale, farmaco di produzione russa che usano fin dall’inizio la cui efficacia non è stato dimostrata; interferone, aerosol di una proteina che dovrebbe impedire al virus di replicarsi; medicina cinese, che loro usano e io ho rifiutato.
Nei tuoi racconti, hai parlato anche dei vaccini cinesi…
Ci è capitato di leggere che la Cina è in vantaggio nella corsa al vaccino: fra le decine di vaccini autorizzati alla fase 3 della sperimentazione, quattro sono cinesi. Sono scettico per due motivi: innanzitutto per la storia dell’industria farmaceutica in Cina, che racconta di una non grande eccellenza nella ricerca e parecchi scandali di corruzione e addirittura di vaccini nocivi. Gli stessi cinesi si fidano poco o nulla dei vaccini prodotti in Cina. Il secondo motivo è politico: la voglia del regime cinese di arrivare al vaccino prima degli altri sarebbe una vittoria mostruosa, per poter cancellare e ricostruirsi la reputazione e dare il vaccino a tutti gli amici. Quando la Cina ha una priorità politica, le cose vengono spinte avanti in maniera molto rapida a dispetto delle regole della sperimentazione e qualche volta anche dell’evidenza scientifica. Quindi il fatto che 4 vaccini siano arrivati alla fase 4, mi dice poco sull’efficacia e sulla qualità . In tutto questo però la Cina sta inoculando il vaccino a tantissimi cittadini, a discapito dell’evidenza dell’efficacia e della sicurezza.
Sei al 26° giorno di isolamento e il tuo tampone è ancora positivo...
Ricevo ogni due giorni un test dell’espettorato che considerano la base da cui partire: quando quello sarà negativo, mi faranno il tampone e dovrò avere due tamponi negativi per uscire. Nel frattempo la tecnologia mi aiuta tanto. Ho provato a trasformare questa esperienza in un racconto personale e giornalistico: è quello che faccio nella vita, d’altronde. La quantità di affetto che ricevo, anche da parte di persone che non conosco, mi sorprende e mi conforta.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile CENTINAIA DI PAZIENTI NOLEGGIANO LE AMBULANZE PER FUGGIRE VERSO LATINA E ROMA
Non sono più dei casi isolati. Con le strutture sanitarie della Campania sempre più in crisi a
causa del dilagare del coronavirus, verso i vicini ospedali della provincia di Latina, e in particolare del sud pontino, si sta registrando un vero e proprio piccolo esodo di pazienti.
Alle prese con il Covid o con altre patologie, chi dalla Campania può noleggiare un’ambulanza o avere la forza di affrontare il viaggio in auto spera di riuscire a ottenere un posto letto e cure più adeguate in terra pontina.
Un trend che sta mandando in affanno la sanità nel basso Lazio, dove proprio per il Covid i posti scarseggiano e i problemi sono numerosi. I pazienti campani che stanno bussando negli ultimi giorni alle strutture sanitarie pontine sono infatti centinaia e non sono solo vittime del virus.
Tra chi ad esempio ha problemi cardiaci o una semplice frattura, temendo di infettarsi in ospedali che in Campania si sono trasformati in gironi danteschi e di dover affrontare attese infinite, il sud della provincia di Latina viene visto come la soluzione più semplice.
Al solo pronto soccorso del “Dono Svizzero” di Formia, il centro più vicino per chi si mette in viaggio dalla vicina regione e dove di recente è stata attrezzata nuovamente un’area per le vittime del coronavirus, in una settimana, e precisamente dal 4 all’11 novembre, hanno fatto ricorso ben 96 persone delle province di Caserta e Napoli.
E al “Goretti” di Latina altre dieci. Trattandosi a Formia ormai di un paziente ogni cinque proveniente dalla Campania, la stessa Regione Lazio si è attivata e l’assessore alla salute Alessio D’Amato avrebbe già ricevuto rassicurazioni dalla giunta del governatore Vincenzo De Luca su un intervento per porre un freno a tale preoccupante trend.
Intanto negli ultimi giorni dei pazienti provenienti dalla Campania sedici sono stati anche ricoverati nelle strutture dell’Asl di Latina e 5 per Covid. Un’ulteriore difficoltà su una rete che già fatica a reggere l’urto della seconda ondata del virus e dove proprio a Formia nelle ultime ore c’è stato anche chi, con una segnalazione alla sindaca Paola Villa e ai carabinieri del Nas, ha avanzato perplessità sulla sicurezza degli utenti dell’ospedale, lamentando situazioni di promiscuità , relative anche ai percorsi seguiti, tra Covid e non-Covid, temendo che i contagi possano avvenire così anche all’interno della struttura sanitaria.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile “SENZA I NOSTRI SOCCORRITORI NON BATTEREMO IL VIRUS”: IL COMUNICATO DELLA CROCE ROSSA
Oltre al Covid-19, circola un virus ugualmente aggressivo: quello della disinformazione o delle vere e proprie fake news.
Albert Einstein diceva che le bugie si possono riconoscere molto più facilmente rispetto alla verità . Ma non siamo tutti Einstein e, oggi più che mai, le sofisticate metodologie di diffusione delle notizie false, rendono il compito di discernimento molto complesso.
Dobbiamo tutelarci e tutelare, soprattutto in un momento storico come questo, perchè qualunque messaggio distorto o scorretto può avere un’amplificazione e delle conseguenze inimmaginabili. Invito chiunque abbia dubbi, a rivolgersi sempre e solo a canali ufficiali, compresi i nostri.
Preoccupanti anche le posizioni dei cosiddetti “negazionisti”, altri agenti di caos e generatori di (comprensibile) paura in chi incorre in questo tipo di manipolazioni. Alcune delle fake news sul Covid-19 sono considerate credibili da una fetta consistente della popolazione, e dove la percentuale di chi crede alle ‘bufale’ cresce, sale anche quella di chi è scettico nei confronti del sistema sanitario nazionale, degli operatori sanitari o dei vaccini.
È nostro dovere condannare, segnalare e arginare questo malcostume, che ferisce e avvilisce non solo i nostri ma tutti gli operatori sanitari del Paese, sfiancati da un lavoro snervante che dura da mesi.
Dal video girato da un automobilista che segue un’ambulanza della Croce Rossa Italiana vicino Napoli, di rientro dopo un servizio e pronta a effettuarne subito un altro (ragione per cui ha le sirene accese) e che diviene virale come “prova” del tentativo di seminare panico tra la popolazione, alle notizie false sui circa 2000 euro che spenderebbe lo Stato per ogni paziente Covid ricoverato, fino alle foto e video sugli ospedali vuoti. Solo per fare qualche esempio di falsi comprovati.
Tutto questo, oltre a distruggere quanto stiamo facendo, ha portato a nuovi incredibili risvolti: le stesse figure professionali che a marzo abbiamo definito “eroi”, oggi sono additate – da troppi – come nemici e seminatori di panico.
In più, assistiamo a un incremento preoccupante di episodi di violenza insensati: sono aumentati gli atti vandalici ai danni di nostri mezzi e strutture, come testimoniano i fatti della provincia di Firenze, Napoli, fino a Levico Terme. Che senso ha rendere inutilizzabili tende per tamponi rapidi, mezzi di soccorso o strutture che potrebbero servire, un domani, anche ai vandali?
Da anni la Croce Rossa Italiana attraverso una campagna condivisa da tutte le sigle del soccorso, ribadisce che gli operatori sanitari “Non sono un Bersaglio”. I nostri volontari di certo non sono un bersaglio, il vero bersaglio resta il virus. Ma, senza la loro assistenza, sarà ben difficile sconfiggerlo.
Croce Rossa italiana
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile AVEVANO UN IMPIEGO STABILE MA DICHIARAVANO IL CONTRARIO: POI SI LAMENTANO DEI POLITICI “LADRI”
I finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno effettuato controlli su 98
cittadini del comune di Africo. Sono 91 quelli che hanno dichiarato, attraverso autocertificazioni false, di trovarsi in condizioni di difficoltà economica e di indigenza, tali da non consentire nemmeno il minimale approvvigionamento di generi alimentari e di prima necessità .
Le verifiche hanno dimostrato che uno o più componenti del nucleo familiare avevano ricevuto lo stipendio, anche per importi cospicui.
In sostanza la maggioranza di chi, ad Africo, nella città metropolitana di Reggio Calabria, ha chiesto il buono spesa Covid aveva anche un regolare posto di lavoro. Altri, invece, percepivano, il reddito di cittadinanza, l’indennità di disoccupazione o prestazioni sociali agevolate.
C’è stato chi, addirittura, ha alterato il proprio stato di famiglia, indicando soggetti fittizi o non residenti per incrementare la somma da percepire.
Sono scattate, quindi, le sanzioni amministrative per indebita percezione di erogazioni pubbliche. Complessivamente i 91 soggetti, a cui è stato dato dal Comune di Africo il “bonus spesa Covid”, hanno incassato 21 mila e 500 euro. Adesso dovranno invece pagarne 64 mila e 500 euro.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile “AUTORE DI DICHIARAZIONI FUORVIANTI, SERVE UNA FIGURA MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVA”
I colleghi di Matteo Bassetti non ci stanno e non condividono la nomina del direttore delle malattie infettive del San Martino di Genova come coordinatore del gruppo di lavoro — istituito da Agenas — per la gestione dei pazienti Covid.
Si tratta di un team che opererà all’interno dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e che dovrebbe avere un ruolo cruciale: valutare i principi con cui i pazienti affetti da Covid-19 vengono ricoverati sia nei reparti ospedalieri intermedi, sia all’interno delle terapie sub-intensive e intensive. §Un ruolo — come si può immaginare — di grande responsabilità , che avrà senz’altro un impatto anche sugli indicatori regionali che determinano restrizioni all’interno delle regioni per cercare di piegare la curva dei contagi da coronavirus. Tuttavia è stata avviata una petizione contro Bassetti.
Per firmare questa petizione su Change.org occorre essere iscritti all’ordine dei medici. Infatti, oltre ai nominativi è richiesto anche il numero di ordine. L’obiettivo iniziale era stato fissato a 500 firme, ma l’adesione è stata molto più ampia. Al momento — nella serata del 13 novembre — le firme sono molte di più, circa 3.800 e l’obiettivo finale è stato fissato a 5mila adesioni.
«Le dichiarazioni del Professore — si legge nella petizione -, rese pubbliche sin dall’inizio della pandemia, si sono dimostrate fuorvianti. Di fronte alla emergenza sanitaria più significativa dell’ultimo secolo, causata da una malattia grave ed ancora poco conosciuta, l’atteggiamento più corretto non poteva e non doveva essere quello delle affermazioni perentorie e delle previsioni incaute».
Insomma, una situazione non proprio favorevole della comunità dei medici italiani nei confronti di Matteo Bassetti.
I medici che hanno lanciato la petizione hanno chiesto una figura maggiormente rappresentativa della categoria per ricoprire il ruolo di coordinatore del gruppo di lavoro per la valutazione dei criteri di gestione dei pazienti Covid-19 all’interno degli ospedali. «Chiediamo — si conclude la petizione — di essere rappresentati da Colleghi più prudenti nel gestire questa emergenza sanitaria, al fine di tutelare la salute dei nostri cittadini e per consentire una maggiore qualità delle nostre cure con massima sicurezza degli operatori sanitari».
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile TRE CONDONI PER L’ESATTEZZA: “EDILIZIO, FISCALE E TOMBALE”… COSI’ CERTIFICA CHE CHI PAGA LE TASSE E’ UN FESSO E I DELINQUENTI CHE LE EVADONO DEGLI ESEMPI DA SEGUIRE
Partecipando a Porta a Porta su Rai Uno, il leader leghista ha affermato:” Se non fai un
condono in tempo di guerra non lo fai più: edilizio, fiscale, tombale: c’è bisogno di fare emergere tutto quello che è nascosto, perchè l’Italia ha bisogno di recuperare questi soldi. Se c’è qualcuno che ha cento euro che non può utilizzare gli dici me ne dai 20 e gli altri 80 li rimetti in circolo nell’economia, Verrebbero fuori parecchie decine di miliardi. In tempo di guerra bisogna mettere in campo tutto quello che c’è ”.
A parte che tutti i vari condoni che ha già fatto approvare nel Conte 1 hanno portato nelle casse dello Stato cifre irrisorie perchè chi delinque non ci tiene a far sapere che è un evasore fiscale e confida nel fatto di non essere identificato, proporre tre condoni come soluzione alla crisi da Covid è vergognoso.
Se quei deliquenti che evadono avessero versato il dovuto (100 miliardi l’anno, secondo i dati ufficiali le somme evase in Italia), oggi non avremmo una sanità pubblica allo sfascio, perchè si sarebbe potuto investire in reparti, in terapie intensive, in strutture pubbliche ospedaliere all’avanguardia, invece che fare marchette ai privati.
Lo stesso dicasi per l’evasione edilizia: con quei miliardi si sarebbero potute costruire case popolari per tutti, evitando guerre tra poveri.
Per chi evade una destra della legalità prevede la galera, non i condoni sovranisti.
(da agenzie)
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