Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
UNA VICENDA CHE TOCCA ALCUNI BIG DELLA LEGA… “DICHIARANO 2 MILIONE DI ISCRITTI MA IN BASE AI VERSAMENTI SONO 70.000”
“Se vuoi continuare a essere chiamato, devi firmare un nuovo contratto”. Suona più o meno così, la
mail che nelle settimane scorse migliaia di rider in tutta Italia hanno ricevuto dalle piattaforme per conto di cui fanno le consegne.
Un esercito di persone, giovani e meno giovani, si è trovato così in una situazione paradossale: rischiare una sorta di “licenziamento” da un rapporto di lavoro che formalmente è autonomo. Per di più, con la ghigliottina di un contratto che in teoria dovrebbe tutelare i loro diritti.
Sullo sfondo si addensano i dubbi sulla reale rappresentanza tra i lavoratori di chi ha firmato quel contratto. Una vicenda che è finita anche in tribunale e rischia di coinvolgere addirittura esponenti di primo piano della Lega di Matteo Salvini.
L’accordo in questione è quello siglato il 16 settembre scorso da Assodelivery, la sigla che riunisce le principali società del settore, e il sindacato di destra Ugl.
Una firma annunciata a sorpresa, mentre l’associazione datoriale stava trattando con altri sindacati — Cgil, Cisl, Uil e Riders Union — per dare attuazione alla legge approvata nel 2019, che fissa regole e tutele da applicare ai fattorini del cibo.
Ugl non sedeva ai tavoli istituzionali di negoziazione, l’intesa con Assodelivery è dunque arrivata con una trattativa parallela: i critici lo hanno definito un accordo pirata.
“È un sistema che non possiamo accettare”, dice a Fanpage Yiftalem Parigi, primo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza mai eletto dai rider, a Firenze. Anche a Yiftalem — 21 anni, rider da quando ne aveva 18 — è arrivata una mail dalla sua piattaforma, che lo invitava ad aderire al nuovo contratto per continuare a lavorare
Cosa non va nel contratto dei rider
Il problema, spiega il sindacalista, è che quel testo aggira molti dei diritti e delle tutele, previsti dalla legge del 2019. Soprattutto, dice Yiftalem Parigi, mantiene il metodo di pagamento a cottimo, sulla base cioè delle consegne effettuate. La norma del governo, invece, stabiliva la necessità di una paga minima oraria, calcolata riferendosi a Contratti Collettivi Nazionali di settori affini, come quello della logistica o del commercio. Una parte dei rider chiede poi di essere riconosciuti come lavoratori subordinati.
Le grandi sigle sindacali si sono ribellate contro il contratto firmato da Ugl. Con una mossa inedita, anche il ministero del Lavoro ha inviato una circolare in cui mette in luce diverse criticità .
I rider di tutta Italia si sono mobilitati per contestare l’intesa e hanno già ottenuto alcuni risultati. Just Eat, infatti, ha rotto il fronte delle società di delivery e ha annunciato che nel 2021 assumerà tutti i suoi fattorini.
Assodelivery intanto ha accettato di tornare a sedersi al tavolo negoziale, che si è riunito di nuovo l’11 novembre, senza però per il momento arrivare a una mediazione.
Nel frattempo, la Cgil ha avviato alcune cause per chiedere che i tribunali dichiarino l’illegittimità della firma tra le piattaforme e l’Ugl. “Lo consideriamo un accordo di comodo, finalizzato più all’utilità del sindacato che dei lavoratori”, dice Tania Sacchetti, segretaria confederale Cgil. E spiega: “Si garantiscono permessi sindacali e pagamento dei distacchi solo ai firmatari del contratto, quindi solo a Ugl”.
Chi rappresenta l’Ugl?
La circolare del ministero del Lavoro del 17 settembre non contesta solo il merito del contratto tra Assodelivery e Ugl, ma mette in dubbio lo stesso diritto del sindacato a siglare l’accordo in solitaria. La lettera preparata degli uffici del ministro Catalfo, infatti, sottolinea che a trovare l’intesa debbano essere le organizzazioni sindacali “comparativamente più rappresentative a livello nazionale”.
Per firmare da sola, si dice nel testo, l’Ugl dovrebbe quindi rappresentare la maggior parte dei rider di tutta Italia. Il punto è delicato, perchè nell’accordo contestato i ciclo-fattorini non sono inseriti in un settore definito — come quello della logistica — dove sarebbe possibile misurare la rappresentatività .
Secondo Yiftalem Parigi, tuttavia, “è sicuro che i numeri di Ugl non sono superiori a quelli di Cgil,Cisl, Uil e Union messi assieme”.
Il responsabile Lavoro del Pd Marco Miccoli dice a Fanpage: “Questa situazione si risolve solo con una legge sulla rappresentanza sindacale, che ancora non c’è”.
Miccoli racconta che la pratica di firmare accordi separati non è nuova per l’Ugl. Lo aveva già fatto per i lavoratori dei call center, accordandosi con Assocall, un’associazione estranea a Confindustria e alle grandi imprese del settore.
Anche quello era stato considerato un accordo a ribasso, che lasciava spazio tra l’altro alle società per pagare i lavoratori solo i minuti effettivi trascorsi al telefono.
“Un vero e proprio sfruttamento selvaggio”, lo ha definito la deputata M5S Tiziana Ciprini, in un’interrogazione parlamentare del 2019. Secondo quanto risulta a Fanpage, situazioni simili si sono verificate negli anni scorsi anche nel settore della logistica e in quello della pulizia e manutenzione degli alberghi
Il mistero sui numeri dei sindacati
“Se ci fosse una legge che determina chi è autorizzato a sottoscrivere gli accordi, probabilmente l’Ugl non avrebbe potuto firmare quei contratti”, conclude Miccoli. Il dibattito sulla rappresentanza sindacale è da decenni uno dei più aspri nel mondo del lavoro e affonda le radici nell’interpretazione dell’articolo 39 della Costituzione, che sancisce la libertà di organizzazione sindacale. Per colmare almeno in parte il vuoto normativo, nel 2019, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno firmato una convenzione per misurare le rappresentatività nel privato.
D’ora in poi, le imprese invieranno i dati sulle deleghe sindacali all’Inps che provvederà alla loro raccolta ed elaborazione per poi comunicare il peso delle diverse sigle nei vari settori.
Poichè, ovviamente, questa convenzione non ha la forza di legge, l’Ugl si è potuta sfilare non siglando il patto, per cui per il sindacato di destra rimarranno in vigore le regole attuali, che non permettono di stabilire la sua reale consistenza. O almeno non in modo completo.
Per il pubblico impiego, i dati sono raccolti dall’Aran e dunque abbiamo una fotografia precisa. Dalle tabelle, viene fuori che, in molti comparti, l’Ugl ha subito negli ultimi anni un’emorragia di iscritti e occupa ormai un ruolo marginale.
Nel privato, la misurazione della rappresentanza è più complessa. Al momento, infatti, ci si basa su alcuni dati, comunicati dagli stessi sindacati. Il più importante è quello della “consistenza associativa”, cioè il numero degli iscritti al sindacato. Sono le stesse organizzazioni a comunicare al ministero del Lavoro questa cifra, con un’auto-dichiarazione.
I lavoratori denunciano l’Ugl: i nostri dati sono falsi
Il fatto è che sono gli stessi iscritti all’Ugl a mettere in dubbio la correttezza dei dati auto-dichiarati dal sindacato al ministero. Fanpage, infatti, ha potuto visionare un esposto presentato da circa cento lavoratori ugiellini alla procura di Roma, che aperto un’indagine per verificare se quelle dichiarazioni certificano il vero o il falso.
Nella denuncia, si calcola il dato reale degli iscritti in base a quanto incassato dalla confederazione tramite le deleghe.
In sintesi, il sistema delle deleghe funziona così: ogni lavoratore, può chiedere alla sua azienda di trattenere una quota dalla propria busta paga (solitamente l’un percento della retribuzione lorda) e versarla all’organizzazione sindacale a cui aderisce. Nell’esposto, si allega la tabella con il gettito complessivo di questi versamenti del 2018, pari a otto milioni 199 mila e 455 euro.
Come detto, la cifra versata da ciascun lavoratore non è fissa, ma calcolata in base alla retribuzione. Nella denuncia, con una valutazione prudente, si stima una media di 10 euro a delega per mese, 120 euro l’anno in media pagati da ogni iscritto.
Dividendo il totale dell’incasso per questo numero, nelle carte della denuncia consultate da Fanpage si arriva a calcolare che l’Ugl abbia tra i 65mila e i 70mila iscritti.
Quali sono, invece, i numero auto-dichiarati? Fanpage lo ha chiesto al ministero del Lavoro, ma ci è stato risposto che i dati non sono pubblici. Cgil, Cisl e Uil tuttavia diffondono le tabelle con le cifre degli iscritti sui loro siti web. Sul portale dell’Ugl, invece, non ce n’è traccia. Siamo riusciti, però, a visionare i documenti del ministero relativi al 2015: per quell’anno, l’Ugl dichiarava un milione 953mila e 186 iscritti, di cui quasi 512mila pensionati e circa 49mila nel pubblico impiego.
Possibile, che in tre anni, la cifra sia precipitata a soli 65 o 70mila? Non è così, a sentire le dichiarazioni pubbliche del segretario generale ugiellino Paolo Capone. In un’intervista televisiva del settembre 2019, Capone affermava ancora che “l’Ugl pesa un milione e 800mila lavoratori”. È questa la cifra dichiarata nel 2018 al ministero? E se sì, perchè dai calcoli sui soldi delle deleghe, viene fuori un numero oltre venti volte inferiore?
“Il ministero si deve fidare dei sindacati, la Costituzione non consente di fare verifiche”, spiegano dagli uffici di via Veneto. E specificano che i rappresentanti legali delle confederazioni si assumono la responsabilità legale di quello che dichiarano, se è falso ne risponderanno penalmente. Già , in passato, d’altronde, i numeri dell’Ugl erano stati messi in discussione. Una sigla sindacale autonoma, la Confsal, ha più volte contestato i dati del sindacato rivale, sottolineando ad esempio che nel 2010 i pensionati dichiarati fossero il 90 percento in più di quelli certificati dall’Inps.
Il leghista Durigon e quel ruolo all’Inps
Stabilire il reale peso dell’Ugl non servirebbe solo a capire a quali tavoli di trattativa può partecipare e quali contratti può firmare. Quel numero è determinante anche per le nomine negli organismi a partecipazione sindacale.
Si tratta di ruoli in strutture della pubblica amministrazione, assegnati dalla presidenza del Consiglio, sulla base dei dati delle auto-dichiarazioni.
Sono circa duecento poltrone in totale, la più prestigiosa è quella al Cnel. Tra gli altri posti suddivisi con questo metodo, c’è anche quello nel Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps.
In quota Ugl, dal luglio 2018 nel Civ dell’istituto previdenziale siede Paolo Mattei, che secondo i dati più recenti per il ruolo percepisce un’indennità annuale da 14mila 500 euro, oltre ai rimborsi spese (più di mille euro nel 2019). Mattei è anche coordinatore della Lega per la provincia di Rieti, a confermare l’ormai solido legame tra Ugl e il Carroccio.
Non è tutto. Prima di Mattei, come membro del Civ dell’Inps a nome dell’Ugl c’era quello che poi sarebbe diventato un big del partito di Matteo Salvini: l’ex sottosegretario al Lavoro e attuale deputato Claudio Durigon.
Durigon ha ricoperto l’incarico dal maggio 2016 al luglio 2018, fino a quando è entrato in parlamento e nel governo gialloverde. Nello stesso periodo, l’attuale deputato era anche vicesegretario Ugl, con delega all’amministrazione e al tesseramento. Era lui, insomma, ad avere in mano la cassa dell’Ugl e a ricevere le quote delle deleghe da tutta Italia.
Nessuno meglio di lui, quindi, poteva sapere quanti erano in quel periodo i reali iscritti, anche se poi le auto-dichiarazioni venivano firmate dal segretario Capone.
Secondo i lavoratori dell’Ugl che hanno denunciato il sindacato, anche il posto di Durigon all’Inps sarebbe dunque stato ottenuto illegittimamente, indicando un numero d’iscritti non rispondente al vero, così da trarre in inganno la presidenza del Consiglio.
Al di là delle azioni della magistratura, un’operazione di trasparenza da parte dell’Ugl sembra necessaria. Specie nel momento in cui ci si prende la responsabilità di decidere il destino di migliaia di rider che percorrono le strade e suonano alle nostre porte in tutto il Paese.
(da “Fanpage”)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL DELIRIO, L’IGNORANZA E LA MALAFEDE … LE INFILTRAZIONI EVERSIVE
“Benvenuti ha quelli nuovi” scrive Marco per salutare i nuovi arrivati sul canale Telegram “GRAN RISVEGLIO…” (rigorosamente in stampatello): 3.650 membri che chattano a tutte le ore del giorno e della notte e tanto, tanto disagio.
Sull’immagine di presentazione di uno degli svariati raduni digitali di negazionisti del Covid, complottisti di varia natura, no-vax e chi ne ha più ne metta, una card raffigurante Thomas Jefferson (terzo presidente degli Stati Uniti) con una celebre frase a lui attribuita: “Quando il popolo ha paura del governo, c’è tirannia. Quando il governo ha paura del popolo, c’è libertà ”.
Le informazioni del gruppo (sempre rigorosamente in stampatello) sono tutte un programma: “no vaccini, no TSO, no lockdown, no mascherina, no dittatura (con lettere distanziate per rendere più visibile il concetto) — rivogliamo la nostra libertà e i nostri diritti come dice la Costituzione — basta strategia del terrore. Questo gruppo è del vero popolo che lotta per la libertà (l’accento su “è” l’ho messo io, spero non me ne vogliano…).
Il “no TSO” racconta molto di quello che si leggerà avventurandosi nel rullo continuo di fake news, frasi deliranti, messaggi vocali sgrammaticati e “meravigliosi” video amatoriali di quelli che si autodefiniscono “risvegliati”, non si capisce bene da cosa.
È davvero difficile non passare ore intere a farsi ipnotizzare dalla quantità di idiozie che vengono diffuse dagli avventori dei canali Telegram e dei gruppi Facebook dei complottisti nostrani, impegnati in queste ore per la riuscita dell’ennesima “rivoluzione del popolo sovrano”, organizzata per domenica prossima.
Una manifestazione che ha per titolo “liberiamo l’Italia” e che si dovrebbe svolgere a Roma, a Piazza Venezia, anche se ad oggi non risulta ancora alcuna richiesta alla Questura capitolina.
Alcuni di loro la definiscono “marcia su Roma”, svelando la chiara matrice politica dell’evento. L’obiettivo dichiarato? “Occupare Roma fino alle dimissioni del Governo Conte”.
Sabrina chiede lumi su Telegram: “1. si va con le buone o con le cattive? 2. Conte sta dentro Montecitorio? 3. Metodo per entrare alle porte del Parlamento Qual’è?”. Le risponde Claudio: “Di domenica la vedo difficile ci sia qualcuno a Montecitorio, quelli poi lavorano la notte con il favore delle tenebre”.
Su Facebook, sul gruppo “Uniti a dire no lock down” (ovviamente in maiuscolo) un’altra Sabrina scrive a caratteri cubitali: “non vi conosco e non so di dove siete… ma il 15 novembre alle 15 a Roma ci andate? Che si farà guerra contro la Polizia?” (106 like).
Tornando su Telegram, arriva il messaggio di Alberto: “Il problema è che siamo pecore ed accettiamo tutto!!!! Questa è una dittatura….. si risolve solo con le armi ….. le manifestazioni pacifiche non servono!!!!! Abbiamo bisogno di chi comanda le forze di polizia, carabinieri ed esercito al nostro fianco….. appendere questi delinquenti che stanno terrorizzando il paese!!!”.
E poi Piera: “Io donna, mamma e medico… Che non esercita più per totale dissociazione da ciò che è considerato ‘medicina ufficiale’. Anzi, sto per disiscrivermi dall’Ordine. Se qualcuno apre un’associazione di medici fedeli al Giuramento di Ippocrate, io mi iscrivo subito. Ma continuo a rimanere informata e a studiare quando è necessario. Medico si è, non si fa e basta”.
Poco dopo, Marco posta un video girato col cellulare sul tavolo di una cucina che dimostrerebbe che facendo il test sierologico al vino rosso risulterebbe contagiato dal Covid.
E ancora: Patrizia condivide un video del canale YouTube “Il decimo toro” in cui un uomo che inquadra solo la sua bocca esordisce con “Care amiche e cari amici, sono le 5.41 del mattino e ho appena concluso la prima preghiera. Accendo il computer e trovo una brutta notizia… Bergoglio, il falso Papa, benedice Biden, il falso Presidente…”.
La domanda ricorrente, navigando in mezzo a tanta ostentazione di follia, è se si sia di fronte a semplici deliri di persone problematiche o a qualcosa di potenzialmente pericoloso.
Difficile dirlo: al di là della manifestazione (che già si preannuncia come l’ennesimo flop) al di là delle notizie false sulle elezioni americane (Trump avrebbe stravinto e sarebbe vittima di una specie di golpe), sulla pandemia (quale pandemia? Il Covid non esiste), sugli odiati vaccini (ci uccideranno tutti, soprattutto quello preparato da Bill Gates), sui test (servono a controllarci la mente e a renderci schiavi), sui microchip sotto pelle (servono a tante cose, specie se collegati al 5G…), su Joe Biden (uomo del Deep State Americano sionista, pedofilo e massone), sul Papa (in realtà è l’anticristo) e sugli immancabili migranti (che ci invadono e ci portano il Covid, quello che prima non esisteva), qualche piccolo campanello d’allarme, leggendo i vari botta e risposta, può scattare.
È ormai assodato che dentro questi gruppi, oltre agli inoffensivi “scemi del villaggio” di cui sopra, si siano infiltrate frange dell’estrema destra, fazioni di ultras delle curve e pezzi di movimentismo estremo: soggetti che hanno tutto l’interesse ad approfittare di certi raduni per creare scompiglio.
Tra loro però ci sono anche associazioni di categorie particolarmente colpite dalla crisi generata dalla pandemia e lavoratori autonomi che oggi non vedono la luce in fondo al tunnel. Insomma, un mix potenzialmente esplosivo da non sottovalutare.
Come da non sottovalutare sono le ormai continue minacce a medici e operatori sanitari. In questo caso, oltre ai deliranti post che si leggono su Facebook, c’è chi andato oltre: 70 auto di medici e infermieri sono state danneggiate lo scorso 28 ottobre fuori l’ospedale di Rimini e un lanciarazzi di tipo militare è stato trovato il 9 novembre in una sala d’attesa dell’ospedale Niguarda di Milano.
Ci sarà poi il problema non da poco di contrastare la prevedibile disinformazione sull’ormai prossimo vaccino anti-Covid, una disinformazione che potrebbe mettere a rischio molte vite umane.
I cosiddetti “negazionisti del Covid” sono un fenomeno internazionale che spazia da personaggi grotteschi come tale “Angela da Mondello” alle ormai note centrali delle fake news (già attive da molti anni) che hanno trovato nella pandemia e nei lockdown imposti dai Governi nuovi argomenti con cui fidelizzare le fasce meno scolarizzate e più disagiate delle popolazioni mondiali.
Per chi gestisce la diffusione di notizie false sulla rete con lo scopo di minare la tenuta sociale delle democrazie occidentali, il Covid è una grande occasione per spostare grandi fette di opinione pubblica su forze politiche destabilizzanti.
Insomma, se certi svitati, presi singolarmente, possono persino far sorridere, i contenitori in cui si radunano e si mischiano ad altro vanno tenuti d’occhio. Dimenticavo… se volete scatenare ore di indignazione sul canale Telegram “GRAN RISVEGLIO…” postate il link alla news che ipotizza un prossimo divorzio tra Melania Trump e l’ormai ex presidente USA o uno dei tanti articoli che parlano della vittoria di Joe Biden alle elezioni: il divertimento è assicurato.
(da TPI)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
UN ESEMPIO: A RISTORANTI E NEGOZI AIUTI DI 6.700 EURO IN ITALIA, FINO A 10.000 IN FRANCIA, SOLO 2.000 IN SPAGNA
C’è ristoro e ristoro. Un ristorante o un negozio con 200mila di fatturato 2019, costretto a chiudere
a causa delle nuove restrizioni anti contagio, in Italia ha diritto a un indennizzo di circa 6.700 euro. In Francia il contributo arriva fino a 10mila euro. In Spagna la cifra è molto più bassa: circa 2mila euro.
La mappa dei sostegni previsti per le imprese danneggiate dalla seconda ondata di Covid 19 che ha travolto tutta l’Europa occidentale ricalca inevitabilmente la grandezza delle relative economie ed è legata a doppio filo alla diversa possibilità di indebitamento concessa dallo stato delle finanze pubbliche
E alla “battaglia” autunnale si è arrivati dopo che la prima ondata aveva già richiesto spese senza precedenti, per circa 100 miliardi in Italia e Francia, oltre 200 in Germania, 40 in Spagna.
Ilfattoquotidiano.it ha messo a confronto le misure varate dai grandi Paesi Ue, che hanno anche rafforzato gli ammortizzatori sociali per i dipendenti e concesso esoneri dal pagamento dei contributi previdenziali.
Economia
Italia: ristori da 1000 a 150mila euro
Dipendenti — Per far fronte alle conseguenze economiche delle nuove restrizioni introdotte per contenere la seconda ondata il governo ha rinnovato la cig Covid di 6 settimane e anticipato che con la legge di Bilancio ne verranno concesse altre 12, fino a fine marzo 2021. In parallelo prosegue anche il blocco dei licenziamenti. L’ammortizzatore, ritardi permettendo — 17mila persone non hanno ricevuto nemmeno una mensilità e oltre 200mila domande sono ancora da esaminare — garantisce ai beneficiari l’80% della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore non lavorate causa riduzione delle attività fino a una cifra massima di 1.129,65 euro per le retribuzioni più alte.
Lavoratori autonomi — Per i lavoratori autonomi danneggiati dalle restrizioni sono state previste nuove indennità : 1.000 euro per stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo (stessi requisiti del decreto Rilancio), intermittenti e stagionali degli altri settori, autonomi che siano stati titolari di contratti occasionali non rinnovati, incaricati di vendite a domicilio.
Imprese — Per le imprese danneggiate dalle nuove chiusure il decreto Ristori e il Ristori-bis mettono sul piatto 3,4 miliardi che verranno distribuiti dall’Agenzia delle Entrate alle partite Iva con lo stesso meccanismo varato in giugno con il decreto Rilancio: gli aiuti spettano in proporzione al calo dei ricavi registrato in aprile e a condizione che sia calato di almeno un terzo rispetto a quello di aprile 2019. L’entità dei ristori, a seconda del codice Ateco dell’attività , va dal 100% al 400% del contributo già ricevuto o che si sarebbe potuto chiedere a giugno, a sua volta calcolato come percentuale (20, 15 o 10% a seconda della grandezza dell’azienda) del calo di fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020. Il contributo minimo è 1000 euro per le persone fisiche e 2.000 per le aziende, il massimo 150mila euro. Qualche esempio: un ristorante con ricavi 2019 tra 400mila euro e 1 milione ha diritto al 200% del contributo ricevuto in precedenza, cioè in media 13.920 euro. Un grande albergo (oltre 5 milioni di ricavi) può arrivare a un ristoro di 100mila euro. Per le discoteche, che hanno riaperto solo per un mese tra metà luglio e il 16 agosto, i nuovi ristori saranno il 400% di quelli di giugno: in media 11.592 euro per quelle che dichiarano meno di 400mila euro, secondo simulazioni del Tesoro. Il calcolo non è semplicissimo: il ristorante dell’esempio iniziale, con 200mila euro di fatturato 2019, ha diritto al 200% dell’aiuto ricevuto a giugno, a sua volta pari al 20% della perdita subita ad aprile rispetto all’aprile 2019: ipotizzando che nel pieno del primo lockdown sia stato chiuso e non abbia incassato nulla, prenderà ora circa 6.700 euro.
Tasse — Sul fronte fiscale, sempre per le attività colpite dal dpcm viene cancellata la seconda rata Imu, dovuta entro il 16 dicembre e sono “sospesi” i versamenti dei contributi per il mese di novembre. Gli acconti di Ires e Irap in scadenza il 30 novembre sono posticipati ad aprile 2021 per tutte le imprese e i professionisti soggetti agli Indici sintetici di accertamento (gli ex studi di settore) che operano nelle zone rosse, indipendentemente dal calo di fatturato, e per i ristoranti delle zone arancioni. Sono poi rinviate al 16 marzo ritenute e Iva dovute entro fine mese, per tutte le attività sospese ma anche per hotel, agenzie di viaggio e tour operator. Chi ha un affitto commerciale avrà diritto anche per ottobre, novembre e dicembre a un credito di imposta del 60%, cedibile al proprietario.
Prestiti — Il governo ha poi reso disponibili a partire da marzo garanzie pubbliche sui prestiti: 100 miliardi per il Fondo pmi che garantisce il 100% su prestiti fino a 30mila euro e il 90% su quelli fino a 5 milioni in favore di imprese, artigiani, autonomi e professionisti (il plafond è stato raggiunto il 5 novembre), 200 miliardi di garanzie della Sace al 90% per le aziende fino a 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato e al 70-80% per le imprese più grandi. Deve invece ancora partire il fondo Patrimonio rilancio da 44 miliardi che dovrebbe entrare nel capitale delle aziende in crisi.
Spagna: mini indennizzi agli autonomi
Dipendenti — Il governo spagnolo ha adottato il cosiddetto ERTE, un ammortizzatore sociale già utilizzato durante la grande recessione del 2008. Con l’ERTE i lavoratori passano in modo automatico in disoccupazione, percependo un sussidio corrispondente al 70% del proprio salario nei primi sei mesi, finchè non terminerà lo stato di emergenza. Inoltre, ad ottobre, per chi ha perso il lavoro fra il 14 marzo e il 30 giugno e non può accedere ad altri ammortizzatori sociali, il governo ha approvato un nuovo sussidio straordinario da circa 430 euro. Si tratta di una misura che dovrebbe riguardare circa 250mila persone.
Autonomi e imprese — A partire dal primo ottobre 2020, per quattro mesi, i lavoratori autonomi obbligati a sospendere le loro attività a seguito di una decisione delle autorità per il contenimento del Covid hanno diritto a un indennizzo, a patto di aver subito una flessione del fatturato del 75%, essere iscritti da almeno 30 giorni nel regime dei lavoratori autonomi ed in regola con i contributi. L’importo della prestazione è pari al 50% della base contributiva minima corrispondente per l’attività effettuata. La somma è aumentata del 20% se il lavoratore autonomo è componente di una famiglia numerosa e il suo è l’unico reddito nell’unità familiare nel periodo di sospensione dell’attività . La prestazione non potrà superare la soglia di 1.939,58 euro mensili.
Tasse — Per le imprese sottoposte a chiusura obbligata sono previste esenzioni contributive fino alla fine di gennaio del prossimo anno. Fino al 31 gennaio 2021 il governo ha varato una moratoria o remissione parziale dei canoni di affitto, quando il locatore è un grande proprietario o ente pubblico. Prevista una proroga alla stessa data anche dei contratti per locazione abitativa alle stesse condizioni e termini del contratto in vigore.
Prestiti — In ambito finanziario, il governo spagnolo ha deciso di ampliare fino a 100 miliardi di euro l’ammontare delle garanzie pubbliche sui prestiti alle imprese e ai lavoratori autonomi. Sono previste misure ad hoc per il settore turistico e garanzie (2 miliardi in sei mesi) per le imprese orientate all’export. Fino al 90% del finanziamento.gn
Francia: aiuto in base al calo di fatturato
Dipendenti — Per i disoccupati è stato allungato il periodo di ammortizzatori sociali fino alla fine della crisi sanitaria. Sono inclusi tecnici, artisti e lavoratori del mondo dello spettacolo che normalmente beneficiano di un contributo (intermittent du spettacle) per i periodi di scarsa attività . Attualmente, l’assegno di disoccupazione ammonta ad un minimo di 29,38 euro per giorno fino ad un massimo di 256,96 lordi al giorno (corrispondenti ad una cifra compresa fra 881 e 7.708 euro lordi al mese) . Per ottenere la disoccupazione bisogna aver lavorato almeno quattro mesi. Durante l’epidemia, il governo ha strutturato le “chomage partiel”, una sorta di cassa integrazione per ridurre il numero di ore o compensare una chiusura temporanea. Il datore di lavoro continua a pagare lo stipendio che viene cofinanziato dallo Stato fino al 70% dello stipendio lordo fino ad un massimo di 4,5 volte il salario minimo garantito (Smic) che in Francia è pari a 1.521 euro lordi.
Imprese e autonomi — Le aziende in fermo amministrativo e quelle della ristorazione, caffetterie e produzioni cinematografiche, con almeno 50 dipendenti, che abbiano subito un calo di fatturato tra il 50% e il 70% in ottobre potranno beneficiare di un aiuto proporzionato alla flessione degli introiti fino a 10mila euro mensili. Le aziende di tutti i settori che hanno subito una riduzione del giro d’affari superiore al 50% beneficeranno di un aiuto mensile di 1.500 euro. Tutti gli indipendenti rientrano in questa categoria.
Tasse — Stanziato oltre un miliardo per l’esonero dai contributi per le imprese con meno di 50 dipendenti obbligate alla chiusura (esonero totale), per le piccole e medie imprese di turismo, eventi, cultura e sport che restano aperte ma che hanno perso il 50% del loro fatturato (esonero totale), per i lavoratori autonomi con prelievi automaticamente sospesi senza alcuna domanda da presentare. Nella finanziaria per il 2021 sarà introdotto un credito d’imposta su parte degli affitti. Di questa misura beneficeranno le imprese con meno di 250 lavoratori chiuse per fermo amministrativo o perchè appartengono al settore dell’hà’tellerie, caffè e ristorazione. I proprietari di immobili che accetteranno di rinunciare a un mese di canone sugli ultimi tre del 2020 potranno beneficiare di un credito d’imposta pari al 30% della somma. Controlli e cartelle fiscali sono state sospese fino ad agosto: è in discussione la proroga.
Prestiti — La garanzia pubbliche sui prestiti ad ottobre sono state aumentate da 300 a 315 miliardi. La garanzia è del 90% per le imprese che impiegano in Francia meno di 5mila dipendenti e realizzano un fatturato inferiore a 1,5 miliardi, dell’80% per le aziende che hanno un giro d’affari compreso fra 1,5 e 5 miliardi e del 70% per le altre. Inoltre Lo Stato ha annunciato che accorderà prestiti limitati a tre mesi di fatturato alle imprese con oltre 50 dipendenti. Le grandi aziende che beneficiano del sostegno dello Stato (esonero tasse e contributi oppure garanzie pubbliche) e continuano a staccare cedole dovranno restituire i vantaggi fiscali e contributi pagando anche un’ammenda.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
FINITO IL TEMPO DEL TAGLIO GIORNALIERO DI NASTRI E COMPARSATE IN TV, ORA LA SALITA DEI CONTAGI DIMOSTRA CHE NON NE HA AZZECCATA UNA
Già prima delle elezioni regionali, i contagi da Covid 19 in Liguria hanno mostrato un trend in preoccupante ascesa, tanto che il presidente appena eletto ha emanato, all’indomani del voto, un’ordinanza restrittiva per il centro storico genovese.
Questo non ha fermato il Salone Nautico, nonostante le polemiche di chi considerava imprudente portare avanti la kermesse quando già la situazione sanitaria sembrava aggravarsi.
L’inchiesta sul caos nei Pronto soccorso genoves
A ottobre iniziano a circolare a Genova foto e testimonianze di ambulanze in coda per ore davanti agli ingressi del pronto soccorso, bloccate con i malati a bordo, impossibilitate quindi a compiere altri soccorsi e perfino a riavere le barelle: i pazienti sono fotografati per terra, in attesa di essere visitati. La Procura di Genova apre un’inchiesta.
Gli anziani non indispensabili
È il giorno di Ognissanti quando il presidente pubblica l’ormai celebre tweet sugli anziani “non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”. Per contenere l’ondata di indignazione generale, Toti parla di un “errore del social media manager” e chiede scusa. I non indispensabili anziani liguri però non possono fare a meno di notare che, da quel giorno, non c’è conferenza stampa in cui il presidente non ribadisca il concetto: “senza grandi anziani e pazienti con altre patologie oggi avremmo solo X morti” è diventato il vero e proprio mantra della sera.
Liguria in area gialla: e la Procura apre una seconda inchiesta
Mentre si susseguono senza sosta i desolati appelli di medici e infermieri che lavorano negli ospedali della regione, la Liguria apprende con sconcerto di esser stata classificata “area gialla” dal Governo. La classificazione cambia presto, spostando la regione in area arancione: in compenso la procura di Genova apre una seconda inchiesta e indaga sui dati trasmessi a Roma. ”Stiamo verificando cosa sia stato inviato al Ministero — spiegava all’Ansa una fonte investigativa — e se siano dati corrispondenti alla realtà del nostro territorio”.
L’intercettazione con Giovanni Castellucci
Pochi giorni fa sul capo del presidente piomba un altro guaio: su Il Secolo XIX appaiono le trascrizione delle intercettazioni di una telefonata con l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia avvenuta due mesi e mezzo dopo il crollo del Ponte Morandi, mentre il Paese era ancora sotto choc per la tragedia. Il Movimento 5 Stelle fin da Ferragosto reclamava la revoca delle concessioni, e Toti sembra offrirsi come mediatore tra Aspi (interessata a inserirsi nel salvataggio di Banca Carige nel tentativo di ricostruire un buon rapporto con lo Stato) e i vertici della Lega — che allora era al governo proprio insieme ai Cinquestelle. Il presidente è corso a precisare che quella telefonata aveva come unico fine quello di “salvare i risparmiatori liguri”, ma questo non lo ha salvato dal composto distacco dimostratogli da Egle Possetti — ospite insieme a lui a “Piazza Pulita” — nè dagli attacchi dell’opposizione.
Liguria vicina ai 1.500 ospedalizzati
In questi ultimi giorni la pressione sugli ospedali liguri sta raggiungendo punte preoccupanti: la Asl savonese, per esempio, non può più accogliere i malati da Genova perchè ha esaurito i posti letto, e Toti stesso ha ammesso ieri sera in conferenza stampa che restano attive solo l’emergenza — urgenza e “tutto ciò che è indifferibile”. Se tutto va bene…
(da TPI)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
LA RISPOSTA DEL COORDINATORE DEL CTS MIOZZO ALLE ACCUSE DI BASSETTI SONO UN ESEMPIO DI STILE
Gli ultimi giorni sono stati segnati da polemiche politiche per le misure restrittive e il caso dei dati
mancanti o inviati in ritardo. Polemiche che non hanno risparmiato neanche il Cts: oggi l’infettivologo Matteo Bassetti, riferendosi all’intervista di uno dei componenti, ha messo in dubbio l’adeguatezza del Cts. “Vorrei sapere come è stato selezionato, i criteri e i meriti scientifici di chi è entrato a farne parte”, ha detto. Vuole rispondere?
I nostri esperti di comunicazione mi dicono che non si deve mai rispondere a queste provocazioni, ma le devo dire che alla mia età mi sono semplicemente scocciato di leggere questi giudizi ridicoli, anche perchè dimostrano una eccezionale presunzione ed ignoranza. Il fatto di essere un professore di malattie infettive non dà a nessuno la patente di essere un bravo gestore di una emergenza, settore che lui conosce forse solo dal punto di vista clinico delle malattie infettive. Mi stupisco di questa foga nel denigrare il Curriculum Vitae di altre persone senza conoscerne il contenuto e senza conoscere la storia delle persone di cui si parla. Suggerirei all’esimio professore di leggere il Curriculum del dottor Fabio Ciciliano, poi di fare una sana doccia di umiltà e chiedere scusa per gli insulti gratuiti rivolti a un collega. E poi il professore ha contestato il Curriculum del dottor Ciciliano, ma non ha detto una parola sul contenuto dell’intervista. Curioso da parte di uno scienziato, non crede?
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
QUELLO CHE AVREBBE DOVUTO FARE L’ITALIA GIA’ DA TEMPO, INVECE DI ANDARE AVANTI A TAPPULLI
Coprifuoco h24, asili, scuole e negozi chiusi.
Martedì prossimo in Austria torna il lockdown totale, fino al 6 dicembre.
L’ha annunciato il cancelliere Sebastian Kurz. Nonostante due settimane di lockdown ‘morbido’, sostanzialmente un coprifuoco notturno, l’Austria è attualmente la maglia nera a livello mondiale per quanto riguarda la velocità di diffusione del Coronavirus, con 831 nuovi casi su un milione di abitanti negli ultimi 7 giorni.
«Non incontrate nessuno, ogni incontro è uno di troppo», è l’appello lanciato dal cancelliere Kurz agli austriaci. Persone che vivono da sole possono indicare una ‘persona di contatto’.
«Nessuno di noi vuole un nuovo lockdown, ma è l’unico mezzo che funziona, come abbiamo visto in primavera», ha proseguito.
«Vogliamo salvare il Natale. Più rigido sarà il lockdown, meglio funzionerà e prima potremo tornare a vita al meno in parte normale», ha concluso il cancelliere.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
LA REGIONE AVEVA DIROTTATO MEDICI E INFERMIERI ALLA STRUTTURA DELLA FIERA E ORA E’ IL SAN GERARDO A NON AVERE PERSONALE: IL GIOCO DELLE TRE CARTE DELLA REGIONE LOMBARDIA
L’ospedale di Monza, assediato dal Coronavirus e con centinaia di pazienti ricoverati, non ha più
abbastanza medici e infermieri, perchè moltissimi si sono ammalati.
Ha quindi inviato al ministero della Salute e alla Protezione civile una “richiesta di rafforzamento” del personale. Eppure dallo stesso ospedale brianzolo un contingente di sanitari è stato inviato alla Fiera di Milano, per gestire uno dei moduli di terapia intensiva.
Un paradosso che racconta molto delle difficoltà della Regione Lombardia a gestire l’emergenza sanitaria. Costretta a un difficile gioco di incastri per ovviare alla mancanza di personale nelle strutture sanitarie. Un problema strutturale che avrebbe dovuto essere affrontato per tempo.
Oggi i medici e gli infermieri non bastano, soprattutto per le terapie intensive. E il continuo spostamento delle pedine — i grandi ospedali di Monza, Varese e i milanesi Niguarda e Policlinico hanno fornito personale all’hub Covid alla Fiera di Milano, ma a loro hanno attinto dagli ospedali più piccoli, lasciandoli a loro volta sguarniti — non può fare altro che nascondere il problema e scaricarlo sui centri minori.
È il caso di Desio, per esempio, dove solo 6 infermieri si trovano ora a coprire i turni del pronto soccorso, secondo quanto denunciato dalla Cgil. Ma con l’avanzare dell’ondata pandemica anche il San Gerardo di Monza, un grande ospedale con centinaia di dipendenti e posti letto, si è trovato in affanno.
Il discusso ospedale in Fiera, costato venti milioni e rimasto vuoto per sei mesi, oggi ospita una sessantina di pazienti ed è finalmente utile nel supporto dei pronto soccorso. Ma fin dall’inizio della seconda ondata è stato evidenziato che il problema sarebbe stato trovare il personale per farlo funzionare. Se in primavera c’erano cento medici da tutta Italia arrivati per aiutare, oggi è l’intero Paese a essere in crisi e non ci si può attendere aiuto dall’esterno. Da qui la richiesta alle strutture lombarde di provvedere.
“Nessun medico è stato deportato in Fiera, qui sono tutti volontari”, ha detto in settimana Nino Stocchetti, anestesista e direttore del modulo del Policlinico, uno dei cinque attivati all’interno dei padiglioni fieristici. Ma allo stesso tempo ha ammesso che “se spostiamo troppe persone da altri ospedali, è ovvio che indeboliamo le strutture. È un dato di fatto”.
La strategia ideale sarebbe quella di “bilanciare gli sforzi”, ma è innegabile che al momento nelle province più colpite dal Covid il personale sia allo stremo delle forze. E assumerne di nuovo non è così semplice. Aver attinto proprio da quelle zone è stata una decisione che ora il sistema sanitario rischia di pagare carissimo.
(da Fanpage)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
DON CARMELO: “NON HAI AVUTO NE’ UNA CULLA, NE’ GIOCHI, NE’ SERENITA’ E PACE, NON HAI NEMMENO UNA BARA”
“Caro Joussef, nei tuoi sei mesi di vita, niente avesti da bambino, nè una culla, nè giochi, nè serenità o pace. Ora da bambino non hai nemmeno la bara”. Con queste parole, Lampedusa piange il piccolo Joussef, il bimbo di appena sei mesi vittima dell’ennesima tragedia del Mediterraneo.
Il suo corpo senza vita, trasferito a Lampedusa, è stato accolto da un gruppo di isolani e dal parroco, don Carmelo La Magra.
“Caro Joussef – scrive il parroco – nei tuoi sei mesi di vita, niente avesti da bambino, nè una culla, nè giochi, nè serenità o pace. Ora da bambino non hai nemmeno la bara. Sei mesi e mai hai potuto essere bambino, come la tua mamma giovanissima e già al colmo del dolore. Noi oggi e sempre, qui, siamo la tua famiglia. Ci vediamo in cielo dove saremo bambini per sempre”.
“La morte di uno di noi viene annunciata dal rintocco delle campane della parrocchia – scrive Lampedusa solidale – e diviene immediatamente lutto per l’intero paese. Improvvisamente, si abbassa il volume della voce, tutti sull’isola partecipano al lutto di amici e familiari”.
Il corteo funebre per accompagnare Youssef al cimitero ha attraversato una strada solitamente molto trafficata ma nel giorno dell’addio, per circa mezz’ora auto e moto sono sparite.
Al suo passaggio chiunque si è fermato, anche solo per un attimo, tolto il cappello, il segno della croce, lacrime.
E don Carmelo, rivolgendosi a Joussef: “Siamo la tua famiglia”. Il piccolo viaggiava su un gommone insieme alla madre, caduto in acqua era stato trovato vivo, ma è morto poco dopo, mentre i migranti e l’equipaggio della nave Ong aspettavano gli aiuti.
Il video della mamma che urla disperata per il figlio ha fatto il giro del mondo.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2020 Riccardo Fucile
UN ANELLO CON DUE NOMI INCISI, POCHI VESTITI, QUALCHE OGGETTO: E’ QUEL CHE RESTA DI ALTRE VITE INGHIOTTITE DAL MEDITERANNEO SU UN BARCHINO TROVATO DALLA OPEN ARMS
Non sappiamo e probabilmente non sapremo mai quanti erano e chi c’era su quella
barchetta, uno dei tanti simboli delle vite che continuano ad essere inghiottite dal mare senza lasciare traccia e senza che i familiari sappiano neanche se ce l’hanno fatta o no e abbiano un corpo da piangere.
Forse queste poche tracce di Ahmed, stese ad asciugare sul ponte della Open Arms, entreranno come un missile in qualche casa sull’altra sponda del Mediterraneo.
Forse serviranno quantomeno a placare l’angoscia di chi non sa.
O forse rimarranno solo testimonianza di quello che accade ogni giorno in un mare che negli ultimi giorni ha restituito più di 30 cadaveri sull spiagge libiche.
E allora eccole queste tracce: la fede innanzitutto. Ahmed e Doudou, non sappiamo la nazionalità ma sicuramente di lingua araba a giudicare dai bigliettini trovati nello zaino. Rosso, con le cinghie nere.
Dentro pochi abiti da ragazzo: due maglie da basket, una bianca a mezze maniche con il numero 63 e una azzurra a canottiera con il numero 23, un’altra maglietta rossa, un paio di jeans, una canottiera bianca, un paio di scarpe nere, un paio di calze nuove, un quaderno.
E’ tutto quello che resta dell’amore giovane di Ahmed e Doudou, finito in fondo al Mediterraneo in un giorno di novembre.
(da “Repubblica”)
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