Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
PER ATTACCARE CONTE LO CHIAMA DOWN COME SE FOSSE UN’OFFESA: UNA CONSIGLIERA DI FDI METTE PURE MI PIACE.. AMAREZZA DELLE ASSOCIAZIONI E CONDANNA DELLA SOCIETA’ CIVILE… IL SINDACO: “PAROLE INDECENTI”… IL PADRE DI UN RAGAZZO DOWN: “LE PAROLE SONO PIETRE CHE MARCHIANO ED EMARGINANO”
In mezzo a tanti commenti alle nuove misure anti-Covid che stanno circolando sui social, ne è spuntato fuori uno decisamente fuori luogo, che ha scatenato diverse reazioni indignate. Soprattutto da parte di chi è vicino alle persone che soffrono di sindrome di Down. Ma anche il sindaco Enzo Lattuca e l’assessora Carmelina Labruzzo non hanno risparmiato strali.
Il consigliere comunale della Lega, Fabio Biguzzi, a margine di un post pubblicato sulla propria pagina Facebook da Alice Buonguerrieri, esponente di Fratelli d’Italia, a proposito dell’istituzione della “Zona arancione” in Emilia-Romagna, ha fatto del sarcasmo offensivo nei confronti di chi è nato con quell’anomalia cromosomica, usando il termine che la indica a mo’ di insulto.
«Mi prodigai nella ricerca di un lockdown mascherato, scusami ma ho trovato solo un down (senza
alcuna offesa)», ha scritto, accompagnando la frase con una foto del presidente del Consiglio Conte.
Parole odiose che hanno incassato un “mi piace” della stessa Buonguerrieri.
È stata scritta una brutta pagina per una certa politica e per certi rappresentanti delle istituzioni (sia lui che lei siedono in consiglio comunale, il primo a Cesena, la seconda a Bagno di Romagna), ma più in generale è stata data una sconcertante dimostrazione di ignoranza e di insensibilità che ogni persona dovrebbe evitare.
È stato subito fatto notare da più parti, per prima dall’assessora Labruzzo, che ha dichiarato che sono state usate «parole inappropriate e irrispettose, che fanno male a me, a noi e a tutte le famiglie che ogni giorno affrontano con coraggio situazioni tutt’altro che facili». Poi una domanda tagliente: «In quale modo intendiamo rappresentare il nostro territorio e la nostra comunità ?».
Durissimo il sindaco Lattuca: «Cesena è una città inclusiva e solidale — ha dichiarato — Lo è sempre stata e in questa emergenza ha dato dimostrazione che fare rete è essenziale. Parole come queste sono indecenti e non ci appartengono. Non possono appartenere a chi rappresenta una parte della nostra comunità . Mi aspetto che il consigliere della Lega, autore del commento, si scusi per queste sue parole».
Si sperava che fosse finita l’epoca in cui il termine “down” veniva diffusamente usato come insulto. Invece resta ancora tanta strada da fare.
«Non è solo una questione di linguaggio politically correct ma di sostanza — ha commentato il padre di un ragazzino con sindrome di Down, esprimendo il proprio sconcerto in una telefonata al “Corriere” — perchè le parole sono pietre che possono marchiare ed emarginare chi è disabile, senza alcuna colpa nè ragione».
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
REGOLE, MANDATI, POLEMICHE SULLE SCALETTE DEGLI INTERVENTI E SUI VOTANTI, GIOCHI DI CORRENTE: LA FOTOGRAFIA DEGLI STATI GENERALI DEL M5S
Attorno alle 17,00 il cronista annota sul taccuino l’intervento di Alessandro Di Battista, scamiciato, vitale, sempre poco ingessato. Ti aspetti un po’ di fuoco. E invece la frase più forte è sulla richiesta di un “comitato di garanzia” per le nomine di governo che non comprenda membri di governo, più le condizioni per il suo ritorno in campo. Alle 17,05 (gli interventi non durano più di cinque minuti), il membro del governo per eccellenza, Luigi Di Maio, che prima era già stato in televisione — dettaglio che dice tutto sul peso politico che attribuiva alla riunione del suo partito – dicevamo, Luigi Di Maio, ancora senza cravatta, promette, un evergreen, che il Movimento si “farà sentire di più nel governo” e vola piuttosto alto, con una certa vaghezza sul tema delle alleanze.
Sono i due interventi clou, preceduti da amene chiacchiere su tutto, fuorchè sulla realtà , compreso un comizietto sul randagismo.
Alla stessa ora, il triste bollettino delle cinque ricorda che il numero dei morti è pressochè stazionario. Punto.
Regole, mandati, polemiche sulle scalette degli interventi e sui votanti che l’hanno votate tenuti nascosti, direttori, giochi correntizi: è questa la fotografia del primo partito di governo, nel pieno di una pandemia che sta stravolgendo il mondo e, nel mondo, l’Italia stretta in una morsa del diavolo tra ragioni della salute e ragioni del Pil, in questo autunno senza certezze, nemmeno sui dati, in cui l’unica soluzione è un lockdown che viene negato proprio mentre si chiude inesorabilmente mezza Italia, in una situazione di confusione istituzionale senza precedenti.
Gli Stati generali dei Cinque stelle sono questo: un rito autoreferenziale che congresso non è, perchè da che mondo e mondo i congressi sono comunque un luogo partecipato e democratico, insomma una stanca presa d’atto finale di un qualcosa che si è già consumato, con l’appeal di un convegno minore.
Senza neanche un po’ di orgoglio identitario che, normalmente, quando uno è in crisi funziona sempre. Nemmeno gli insulti di De Luca, storico simbolo del volto più deteriore del Pd è riuscito a distogliere l’attenzione dall’iniziatico dibattito sul doppio mandato.
Ricapitolando: assente Beppe Grillo fondatore e guida morale, rimasto insolitamente taciturno e distante. Assente Casaleggio “perchè tutto deciso”, col paradosso che finanche chi è stato considerato il punto massimo della “falsità ” del M5s in quanto titolare di una piattaforma opaca, ora è il punto massimo del contatto con la realtà e, in quanti tale, da ignorare, perchè quei voti, più o meno veri, devono comunque essere estromessi in quanto turbano un equilibrio che non si può turbare.
Anche l’addolorato e appassionato richiamo ad affrontare la realtà da parte Marco Travaglio, uno che in questi anni certo non ha dimostrato una ostilità pregiudiziale verso il Movimento è rimasto inascoltato.
La realtà , insomma, come intruso da tenere fuori. Il che conferma la trasformazione — se preferite, l’inesorabile declino — di un grande movimento in un partitino che, dei partitini ha assunto una certa logica minoritaria, propria di chi non riesce a parlare di altro se non di sè a se stesso, e non più al paese del paese.
Declino che ha molto a che fare con l’avvitamento attorno ai due nodi di fondo attorno a cui il politicismo ha ormai raggiunto il parossismo, perchè c’è poco da fare: in tutto il mondo le grandi democrazie si organizzano in due grandi campi, da destra e la sinistra, e a un certo punto non può funzionare dichiararsi “nè di destra nè di sinistra” dopo aver governato con l’una e con l’altra, affidando l’anima alla permanenza un potere senz’anima.
E in tutto il mondo questa discussione avviene, nei partiti, con meccanismi di democrazia interna che consentono un confronto su queste opzioni.
Detta in modo in po’ tranchant. Anche questa volta, alla fine dell’alato dibattito non si capisce se il Movimento sia impegnato a costruire un campo alternativo alla destra e chi e dove deciderà il suo orizzonte strategico.
L’unica cosa che si capisce, e questa non è una novità anzi è l’unica certezza, è l’irreversibilità della scelta del governo che coincide con la sopravvivenza di una classe dirigente diventata Casta, disinvoltamente passata dal “mai alleanze” ad “alleanze con chiunque pur di conservare i nostri obiettivi” a governo a prescindere.
A prescindere anche dall’anima, smarrita anche nel voto col calar delle tenebre di un provvedimento “salva-Mediaset”, innominato anche dalla barricadera del Movimento, che in altri tempi sarebbe stato oggetto di fuochi e fiamme.
Il “contatto con la gente” irrompe nel saluto, molto natalizio nei toni, rassicurante, del presidente del Consiglio, come “sfida” che chi governa deve sempre tener presente, assieme alla ricerca di un nuovo “umanesimo”.
Peccato che, al momento, sia vietato dai dpcm dallo stesso varati che prevedono distanziamento sociale. Davvero, cronache dall’iperuranio.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
LE IPOTESI SONO TRE
Nonostante sia l’emergenza Covid il tema prioritario per i cittadini, ci sono partite politiche importanti
da giocare da qui a breve, prima fra tutte quella tra Pd e M5s sulle future elezioni amministrative. Il gioco si fa duro per i giallo-rossi e il campo è, nemmeno a dirlo, Roma.
È una partita ardua quella della Capitale: molti sono gli interrogativi e l’elettorato di centrosinistra potrebbe non digerire l’accordo con un Movimento 5 Stelle espressione della giunta Raggi. Dopo i famosi “7 nani” — definiti da molti nei mesi scorsi gli “autocandidati” alle primarie del centrosinistra — il Pd starebbe valutando altre opzioni. Secondo fonti del Partito Democratico, tre sono gli scenari possibili di cui si attendono sviluppi.
La prima ipotesi, conseguenza naturale dell’accordo di governo, sarebbe quella di proporre un candidato comune che rappresenti l’alleanza, probabilmente una figura civica o una personalità politica che possa essere un trait d’union.
In questo caso il Movimento dovrebbe sfilare l’attuale sindaca Virginia Raggi, possibilità sempre più accreditata da quando il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha esplicitato la sua propensione a voler far coincidere l’alleanza di governo con le future giunte comunali.
Ad avallare la posizione dell’ex capo politico M5S, ci ha pensato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che, non avendo invitato la sindaca Virginia Raggi al tavolo sul Giubileo 2024, le ha implicitamente inviato un messaggio: “Non sarai tu a gestire il Giubileo.”
In questa trattativa bisognerà quindi capire se l’anima movimentista del M5S cederà ai governisti. E all’interno del centrosinistra si dovrà tenere d’occhio quindi la decisione di Renzi. A lui, infatti, il compito di scegliere se scaricare Calenda, rimanendo fedele all’alleanza di governo, o supportare il leader di Azione.
Il secondo scenario riguarda proprio la candidatura di Carlo Calenda. Potrebbe essere lui a guidare il centrosinistra? Possibile ma, fanno sapere dal Pd, “difficoltoso”. Se resterà “il più forte in campo”, se “farà le primarie” e se il Pd non riuscirà a portare a casa l’accordo con il Movimento, l’ipotesi potrebbe concretizzarsi.
Ciò vorrebbe dire che i Dem non avranno un nome loro da indicare, ipotesi remota ma pure possibile.
La paura principale è che il leader di Azione sia una figura troppo divisiva e non riesca a diventare espressione di quella sinistra autoctona, popolare e non ‘radical chic’. Inoltre il leader del partito Azione potrebbe essere mal visto da quell’elettorato grillino che il centrosinistra spera di avere dalla sua parte al secondo turno.
I “se” e i “ma” sembrano davvero troppi per far sì che questa ipotesi si concretizzi ma Calenda, ad oggi, è l’unico che sta giocando realmente la partita, procedendo spedito per la sua strada, Pd o non Pd, o almeno così pare.
In tutto ciò ci sarebbe un altro nome che “gira” nei corridoi del Nazareno, la candidatura forse più forte per il Partito Democratico: quella dell’attuale segretario e presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
Un’opzione, tuttavia, non prediletta dallo stesso Zingaretti. Troppi i rischi e diverse le variabili da tenere in considerazione. Prima fra tutte la difficoltà di dimettersi da presidente durante la pandemia, abbandonando così la Regione ma non solo. La normativa vuole, infatti, che dalle dimissioni passino, per andare al voto, un massimo di 60 giorni e sarebbe controproducente far coincidere le elezioni regionali con quelle comunali.
Il nome del segretario continua comunque a girare nelle stanze, soprattutto se le amministrative venissero posticipate a settembre.
Anche se non è l’opzione principale a cui starebbero lavorando, con Zingaretti, che parteciperebbe di buon grado alle primarie di coalizione, “Calenda farebbe un passo indietro” e si scioglierebbe forse il bandolo della matassa dell’alleanza Pd-M5S.
Con o senza Raggi, il leader Dem potrebbe portare dalla sua l’elettorato grillino e i piani alti del Movimento. “Nicola” ci starebbe pensando, ma “potrà ancora fare il segretario se diventasse sindaco?” Nulla lo vieta formalmente anche se alcuni si interrogano dentro il partito, pur sottolineando che, secondo diversi sondaggi, sarebbe il candidato “più forte in campo”.
Sicuramente non siamo al cosiddetto rush finale per capire chi guiderà il centrosinistra nella corsa al Campidoglio ma queste, per ora, sono le ipotesi al vaglio del Partito Democratico. L’unica certezza per il Pd è la volontà di riportare “a casa” la Capitale: “Roma — affermano — bisogna vincerla”.
(da TPI)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
LA NOTA DEL FONDATORE DI EMERGENCY E IL COMMENTO DI MENTANA
“Una settimana fa ho ricevuto la richiesta da parte del Governo di impegnarmi in prima persona per l’emergenza sanitaria in Calabria. Ho chiesto alcuni chiarimenti sul mandato e sulle modalità di lavoro, ponendo una condizione fondamentale: non sono disponibile a fare il candidato di facciata nè a rappresentare una parte politica, ma metterei a disposizione la mia esperienza solo se ci fossero la volontà e le premesse per un reale cambiamento. Ho sentito qualche commentatore dire che — dopo tanti giorni — dovrei “decidere se accettare o meno l’incarico”. Non sono in questa condizione perchè dopo quei primi colloqui non mi è stata fatta alcuna proposta formale. Sia chiaro: non ho nulla da recriminare nei confronti del governo che ha ovviamente facoltà di scegliere il candidato che ritiene più adatto a questo incarico.
Non voglio però neanche alimentare l’equivoco di una mia indecisione: da medico, ritengo che in un momento di grave emergenza sanitaria per il nostro Paese, tutti debbano dare una mano e con questo spirito avevo messo a disposizione il lavoro mio e di Emergency che già opera da 15 anni in molte regioni italiane, Calabria inclusa
Nel frastuono delle tante voci di questi giorni, ho avuto anche l’occasione di sentire la fiducia e la voglia di fare di tanti cittadini, calabresi e non, infermieri e medici e rappresentanti delle istituzioni, che ringrazio per il sostegno e per l’apprezzamento che hanno dimostrato per il lavoro mio e di Emergency.”
Gino Strada
Il commento di Enrico Mentana
Quindi, ricostruendo: partendo da un’idea del presidente 5 Stelle dell’antimafia Nicola Morra il Presidente del Consiglio Conte ha sondato venerdì 6 novembre Gino Strada, chiedendogli la disponibilità ad avere un ruolo di guida nella gestione dell’ emergenza sanità in Calabria. Strada ha detto sì, Conte gli ha risposto il classico “le faremo sapere”, e da allora ad oggi il telefono di Strada non ha più squillato.
Nove giorni di silenzio assoluto. Dopodichè il fondatore di Emergency, comprensibilmente sconcertato, ha preso carta e penna e ha diffuso un comunicato in cui ha raccontato l’accaduto, riaffermando la sua disponibilità da medico e da cittadino di questo paese a impegnarsi se richiesto.
Ora il governo e lo Stato a nome del quale agisce hanno un solo modo per evitare una figuraccia devastante: chiamare subito Strada per conferirgli un incarico di commissario, supercommissario o altro (l’etichetta non conta, conta il mandato) così da permettergli di operare sull’emergenza calabrese, così come il governo stesso gli aveva proposto di fare prima di rifugiarsi in un non dignitoso silenzio
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
“VAI A FERMARE TAP IN 15 MINUTI CON LA SOLA IMPOSIZIONE DELLE MANI, VAI DAI”
La deputata del Movimento 5 Stelle attacca l’ex parlamentare grillino in occasione degli Stati Generali:
“Di Battista ancora non è entrato ufficialmente nel gruppo dei capoccia nonostante ci sia stato fino all’altro ieri e già mi ha rotto i coglioni. Perchè c’era lui durante certi momenti decisionali prima di sparire ovviamente, ma non vi turbo troppo, avete bisogno di credere in qualcosa e anzichè scegliervi una religione avete scelto la politica”.
Lo scrive sul suo account Facebook la deputata M5S Guia Termini, la quale conclude il post con un invito rivolto all’ex parlamentare: “Egocentrico cronico vai a fermare Tap in 15 minuti con la sola imposizione delle mani, vai dai”.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
LUI LO SALVA E LO RINGRAZIA: “CI DAI LA FORZA DI CONTINUARE”… “NEI SUOI OCCHI HO RIVISTO MIO PADRE”
“Noi abbiamo salvato te, ma tu hai salvato noi”. Con queste parole di gratitudine Giuseppe Vallo, medico responsabile di Riabilitazione Respiratoria al Lanzo Hospital della Valle Intelvi, nel Comasco, ha voluto condividere sui social la storia di un 90enne affetto da Covid, che in 15 giorni è uscito dalla terapia intensiva e che ora è in via di guarigione.
Una testimonianza ricca di forza e umanità iniziata lo scorso primo novembre, quando l’anziano aveva varcato la porta del nosocomio in condizioni critiche e aveva detto al medico, stringendogli la mano: “Dottore, ho 90 anni e ho fatto tutto quello che dovevo nella mia vita, lasciami andare”.
“Il giorno successivo al ricovero la sua ossigenazione era così bassa, che gli abbiamo dovuto mettere un casco Cpap con una percentuale di ossigeno al cento per cento per aiutarlo a respirare – racconta Vallo in un lungo post sul suo profilo Facebook -. Nei suoi occhi ho rivisto quelli di mio padre, che ha la stessa età , e la sua richiesta spiazzante e allo stesso tempo così umile mi ha provocato una stretta al cuore tale, che sembrava fossi io quello a cui mancava l’ossigeno”.
Nei giorni successivi, medici e infermieri gli hanno rivolto le stesse cure e attenzioni riservate a ogni paziente e in due settimane il 90enne è migliorato sensibilmente.
“Sono riuscito a fargli vedere i suoi parenti in videochiamata e cercavo sempre di infondergli coraggio – spiega Vallo – Infermieri e operatori sanitari hanno svolto con amore il loro lavoro, standogli accanto in ogni momento possibile e ora che è uscito dalla camera intensiva è tornato bello come prima”.
Tra camminate riabilitative con i fisioterapisti, il prossimo obiettivo dell’equipe è quello di farlo tornare presto a casa: “Ci ha ringraziato così tante volte per quello che abbiamo fatto per lui – scrive il dottore -, ma in realtà non sa che siamo noi ad essere grati a lui perchè il suo inizio di guarigione ci dà la speranza e la voglia di continuare a lottare ogni giorno”.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
“MIGLIORAMENTI IN ESTATE, MA QUESTO INVERNO SARA’ ANCORA PESANTE”
Quando torneremo alla normalità dopo la pandemia Covid? 
La risposta alla domanda che tutti si fanno arriva oggi da uno dei creatori del vaccino Pfizer-BioNtech.
Il professor Ugur Sahin, co-fondatore di BioNTech, è convinto che l’impatto contro il coronavirus sarà significativo già in estate e si tornerà alla vita normale il prossimo inverno, a partire quindi dal dicembre 2021 e ancor di più dall’inizio del 2022. Questo invece, di inverno, spiega Sahin, sarà invece ancora difficile.
Anche se da Oltreoceano arrivano notizie incoraggianti.
Due vaccini made in Usa contro il covid-19 potrebbero essere già pronti e autorizzati entro dicembre. A considerarlo probabile, pur con tutte le cautele dovute alla sperimentazione, è Cristina Cassetti, virologa italiana che vive e lavora negli Stati Uniti dove vicedirige la divisione ‘Microbiology and Infectious Disease’ dell’Istituto per le malattie infettive guidato da Anthony Fauci, di cui è stretta collaboratrice da anni.
“I dati forniti dalla Pfizer sul 90% di efficacia generale del loro vaccino sono eccellenti – ha detto Cassetti all’Ansa – ma dobbiamo rivederne i dettagli. Siamo anche in attesa a giorni dei dati del trial di fase 3 della Moderna” e si spera in risultati equivalenti.
Sahin ha assicurato che il siero non produce effetti collaterali seri. I “principali effetti collaterali” osservati finora, ha spiegato l’ad di BioNtech sempre alla Bbc, sono stati un dolore da lieve a moderato per alcuni giorni nel punto in cui viene praticata l’iniezione, mentre alcuni dei volontari a cui è stato iniettato hanno avuto per un periodo simile una febbre da lieve a moderata.
“Non abbiamo riscontrato altri gravi effetti collaterali che avrebbero portato alla sospensione o all’arresto dello studio”, ha detto. “Continueremo a raccogliere dati per più di due anni, per accertare non solo gli effetti collaterali a breve e medio termine, ma anche quelli a lungo termine”.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
SECONDO L’EPIDEMIOLOGO, LA CHIUSURA TOTALE E’ L’UNICA SOLUZIONE PER FRENARE LA CORSA DEL CONTAGIO: “AVER VOLUTO TENERE APERTE LE SCUOLE E’ STATO UN ERRORE CLAMOROSO”
I contagi da Covid-19 crescono e il professor Luigi Lopalco chiede restrizioni più dure per tutto il Paese.
Da poco assessore alla Salute della Regione Puglia, l’epidemiologo parte dalla situazione di grave difficoltà territoriale per estendere la questione a livello nazionale.
Attualmente in zona arancione, la Puglia ha registrato un tasso di incidenza pari al 17,8%, un rapporto cioè tra tamponi positivi e quelli effettuati che supera la media nazionale, attualmente al 16,3%.
Dati che non fanno stare affatto tranquilli medici e sindacalisti. La proposta di Lopalco è «un lockdown totale di almeno due-tre settimane». Non solo per la Puglia ma per tutto il Paese, unica soluzione — dice — per poter arginare la trasmissione e «tornare a dare respiro alle strutture sanitarie».
La proposta di Lopalco s’inserisce sulla scia di quanto detto dal professor Andrea Crisanti nelle ultime ore. Entrambi d’accordo sul superamento delle divisioni di colore volute finora dal governo, si dichiarano favorevoli all’idea di una misura unica su tutto il territorio nazionale. «Stiamo valutando un ampliamento ulteriore con gli ospedali da campo e i moduli della Protezione civile» dice Lopalco sul lavoro portato avanti in Regione per garantire una maggiore assistenza sanitaria, «ma arrivati a un certo punto, il sistema non sarà più espandibile».
Sulla contrazione dell’indice Rt, tendenza emersa anche ieri nella conferenza stampa dell’Istituto superiore di Sanità , Lopalco si mostra fiducioso ma il trend, dice, è attualmente «troppo lento». Questo il motivo per cui ora «l’unica soluzione è una stretta più seria».
Entrando nel dettaglio delle restrizioni, la scuola è per Lopalco uno degli ambienti più a rischio: «Tenere aperta la scuola, per esempio, è un errore clamoroso» ha detto, sottolineando come i contatti sociali ora debbano essere ridotti al minimo.
Un lockdown totale dunque che il professore non immagina «duro come quello di marzo», ma sicuramente meno leggero di quelli attualmente disposti, «tale da riuscire a raffreddare la corsa del contagio
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
“LA CURVA RALLENTA PER LA RIDOTTA CAPACITA’ DI FARE TAMPONI”
«Le parole “rallentamento”, “raffreddamento”, “frenata” hanno generato un ingiustificabile eccesso di
ottimismo per la variabile interpretazione del reale significato di questi termini: una ridotta velocità con cui sale la curva dei contagi». Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, predica calma sulla recente tendenza dei contagi da Coronavirus.
«Per interpretare correttamente il concetto di rallentamento o frenata bisogna tenere conto di tre elementi», dice Cartabellotta.
«Innanzitutto, il dato deve essere confermato nelle prossime settimane; in secondo luogo può essere influenzato da effetti di saturazione a livello territoriale e ospedaliero; infine, tutte le curve continuano a salire in maniera comunque molto rapida peggiorando la capacità di risposta dei servizi sanitari»
Nell’ultima settimana i decessi sono aumentati del 48%
Cartabellotta anticipa i dati dell’analisi aggiornati a ieri: «Quello che si osserva è una riduzione dell’incremento percentuale dei nuovi casi giornalieri: dal 5% del 30 ottobre al 3,4% del 14 novembre che potrebbe essere un effetto delle misure introdotte. Tuttavia, nello stesso periodo, continua a crescere il rapporto positivi/casi testati, dimostrando che la curva di crescita rallenta anche per la ridotta capacità di effettuare tamponi».
Il “rallentamento” si intravede, in misura minore, sulla velocità di crescita di ospedalizzazioni e terapie intensive. Ma non conoscendo i flussi dei pazienti in entrata e in uscita anche questo dato può essere influenzato dall’effetto saturazione dei posti letto.
Le soglie di occupazione del 40% (area medica) e 30% (terapia intensiva) sono state entrambe superate con una media nazionale ad oggi rispettivamente del 50% e del 34% e valori molto più elevati in alcune Regioni. Nella settimana 8-14 novembre, rispetto alla precedente, s’è registrato un aumento dei decessi del 48,1%, dei ricoveri in terapia intensiva del 25%, ·dei ricoverati con sintomi del 25% e dei nuovi casi del 26,8%.
(da agenzie)
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