Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
LA PERCENTUALE CONTINUA A SALIRE DOPO LE MISURE DI AIUTO STANZIATE DALLA UE
La pandemia sembra aver inciso in positivo sull’atteggiamento degli italiani verso l’Europa e l’euro: è quello che emerge dal sondaggio Winpoll per il Sole 24 Ore pubblicato ieri, in cui l’apprezzamento dei cittadini italiani viene legato al Recovery Fund e alla gestione europea dell’emergenza Covid-19.
Secondo il sondaggio Winpoll per Il Sole 24 Ore, il 63 per cento degli intervistati si trova d’accordo o abbastanza d’accordo con l’affermazione “è importante che l’Italia continui a far parte dell’Unione Economica e Monetaria con l’Euro come moneta unica”.
La percentuale arriva a 74 se si esclude il 15 per cento che non ha risposto. Solo il 7 per cento dice invece di non essere per nulla d’accordo.
Anche l’ultimo sondaggio Eurobarometro, riportato sempre dal Sole 24 Ore e realizzato l’estate scorsa, al tempo dell’approvazione del Recovery Fund, prevedeva una domanda molto simile sull’euro, e circa il 60 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere a favore alla moneta unica.
Invece, un precedente sondaggio Winpoll pubblicato sul Sole 24 Ore lo scorso aprile, quando l’Europa ancora non aveva dato risposte alla pandemia, evidenziava che, alla domanda se fosse un fatto positivo per l’Italia far parte dell’Unione europea, solo il 35 per cento aveva risposto in modo affermativo.
Nell’ultimo sondaggio Winpoll, lo schieramento a favore o contro l’euro varia a seconda dello schieramento politico. Gli elettori Pd schierati a favore sono l’82 per cento, quelli di Forza Italia sono il 74 per cento, quelli della Lega il 36 per cento, mentre gli elettori M5s al 54 per cento. Anche l’età incide: l’euro piace molto ai giovani sotto i 30 anni e agli adulti sopra i 65.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
LA NECESSITA’ DI UN’EUROPA AUTONOMA DELINEATA DALL’UNICO LEADER EUROPEO CHE HA UNA VISIONE OLTRE IL CONTINGENTE
In Europa solo il presidente della Repubblica francese può esprimere giudizi fulminanti senza troppo
timore di essere smentito o ignorato.
L’aura para-monarchica della Rèpublique e la convinzione di una perdurante grandezza nazionale consentono questo e altro.
Uomo di visione e di slanci anche coraggiosi, Emmanuel Macron non fa eccezione e non disdegna di usare le parole come spade affilate. Un anno fa aveva puntato il dito contro “la morte cerebrale” della Nato. Ora, in una chilometrica intervista rilasciata alla rivista Le grand continent, ha tra l’altro preso di petto personalmente, con singolare virulenza, il ministro della Difesa tedesco, Annegret Kramp-Karrenbauer, per molti più semplicemente Akk.
Già candidata alla successione di Angela Merkel, ma poi dimessasi dalla presidenza della Cdu per un’oggettiva carenza di leadership in seno al partito, Akk si era distinta per una lusinghiera gestione politica della Saar, di cui è stata presidente, e per aver assunto la guida della Difesa, tra le amministrazioni più complicate in Germania.
Originaria dell’estremo lembo occidentale della Repubblica federale, in altalena per decenni tra Germania e Francia, di solidi convincimenti atlantici e fedele interprete della linea della cancelliera, Kramp-Karrenbauer aveva ricordato pubblicamente che gli europei non sono in grado di sostituire gli Stati Uniti come partner di sicurezza, “l’Europa ha ancora bisogno dell’America”. In altre parole, senza l’ombrello nucleare e convenzionale degli Usa, Germania e Europa oggi non possono proteggersi adeguatamente.
A Parigi l’affermazione, alquanto ortodossa in Germania e altrove, è stata interpretata come un rifiuto della “più ampia autonomia strategica” dagli Stati Uniti rivendicata dalla Francia in materia di difesa.
Da qui la censura senza appello di Macron, che bacchetta la malcapitata responsabile della Difesa tedesca, accusandola di propagare “un controsenso storico” e di essere disallineata rispetto ad Angela Merkel.
La tesi dell’Eliseo è più sbrigativa, si tratta di costruire la nostra autonomia, come europei, “per noi stessi come gli Stati Uniti fanno per loro, e come la Cina fa per sè”.
Nel suo lungo discorso Macron tocca punti fondamentali, sullo sfondo dell’impegno per un nuovo multilateralismo efficace, che superi l’attuale assetto di cui è emblema un Consiglio di Sicurezza dell’Onu paralizzato.
Immagina una originale solidarietà , che apra la strada a un accesso mondiale ai vaccini. L’agenda per l’Europa è chiara e ambiziosa, possiamo, dobbiamo essere i primi nell’educazione, nella salute, nel digitale, nell’economia verde, preservando sovranità nazionale e sovranità popolare contro le scorciatoie antidemocratiche e le sirene degli autocrati.
Nè si discute del rispetto delle culture e della difesa di diritti inviolabili di libertà e tolleranza, da secoli parte del nostro dna sociale, o della priorità di un rapporto nuovo e stretto con l’Africa. Sono tutti argomenti validi.
Resta invece una cacofonia di Parigi sulle relazioni transatlantiche, con qualche eco neo-gollista. Può sorprendere che l’idea francese sulla autonomia in tema di difesa sia riproposta proprio ora, alla vigilia di un avvicendamento importante a Washington. In vista del cambio di inquilino alla Casa Bianca, l’Europa sbaglierebbe ad attendersi rivolgimenti copernicani, ma anche a trascurare le possibilità di ripresa di un dialogo proficuo tra le due sponde dell’Atlantico, dopo gli ultimi, difficili quattro anni.
L’obiettivo di una maggiore responsabilità europea su sicurezza e difesa non contraddice quello di un consolidamento del rapporto con gli Stati Uniti. A Berlino lo sanno bene, a Parigi evidentemente ci credono meno.
Negli ultimi dieci anni, come riporta l’Istituto internazionale per le ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), le spese militari tedesche sono aumentate del 15%, quelle francesi del 4%, mentre le spese italiane sono diminuite dell’11%.
Peccato, perchè forse un nostro maggiore impegno ci aiuterebbe a far sentire la voce dell’Italia per coniugare al meglio, con l’opportuno equilibrio e la necessaria sinergia, forza europea e partnership americana.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
LA POLIZIA CERCA DI DISPERDERLI CON GLI IDRANTI… SPONDA DEI NEONAZISTI, DI ESTREMISTI DI SINISTRA, MATTI ULTRA-CATTOLICI E DEMENTI VARI… POSSONO RINGRAZIARE CHE VIVONO IN UNA DEMOCRAZIA, ALTROVE SAREBBERO GIA’ APPESI A UN ALBERO
Su alcuni cartelli che stanno sfilando per le vie del centro di Berlino si vedono Angela Merkel, la star dei virologi Christian Drosten o la moderatrice tv Anja Reschke nelle divise bianche e nere dei prigionieri dei campi di concentramento.
E sui cartelli si legge: “colpevole”. Si può capire il tenore dell’ennesima manifestazione dei no-mask tedeschi – la polizia non ha ancora fornito cifre precise ma si parla di diverse migliaia di partecipanti – anche da questi piccoli, agghiaccianti dettagli.
I cortei anti-restrizioni, come avviene ormai da mesi, sono un miscuglio di complottisti, estremisti di destra e di sinistra, no-vax – sulle chat Telegram dei manifestanti si parla in queste ore di “una zanzara per fare di nascosto il vaccino anti-coronavirus” – esoterici sedicenti pacifisti e fanatici religiosi che agitano grandi croci di legno e urlano preghiere.
Sempre sulle chat criptate qualcuno ha postato tweet falsi della polizia che avrebbe ricevuto “l’ordine di sparare sui manifestanti”. L’account ufficiale della polizia è stato costretto a smentire.
Da ore circa duemila agenti stanno cercando con gli idranti di disperdere i cortei che puntano a raggiungere il Bundestag, dove si sta discutendo la nuova legge anti-Covid. Ci sono stati diversi scontri e decine di arresti; dall’avvio dei cortei la polizia ha esortato inutilmente i manifestanti ad attenersi alle regole del distanziamento e a indossare la mascherina. Qualcuno indossa provocatoriamente un paio di mutande calate sulla testa, la stragrande maggioranza dei no-mask cammina a viso scoperto. “I nostri inviti a portare una mascherina non mostrano effetto, purtroppo”, ha twittato la polizia.
Intorno al Parlamento è stata creata una “Bannmeile”, una zona-cuscinetto per evitare incidenti. E l’uso degli idranti è una notizia in sè: a Berlino non venivano impiegati da 18 anni. I getti sono rivolti comunque verso l’alto: la polizia spera che col freddo i manifestanti bagnati resistano poco. Ma in alcuni punti si registrano tafferugli e la polizia ha cominciato a usare anche i lacrimogeni.
La protesta, peraltro, è penetrata già nel Parlamento dove si sono sentiti fischi e insulti da un gruppetto di manifestanti contrabbandati nell’aula dall’ultradestra Afd.
Marian Wendt, parlamentare della Cdu, conferma a Repubblica la presenza del pugno di protestatari nel Bundestag ma si dice amareggiato soprattutto “che una seduta del Parlamento debba avvenire sotto protezione della polizia: è la prima volta”. Inoltre, osserva, “è il passaggio parlamentare a legittimare democraticamente le misure anti-covid”.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
NATALE SENZA AMAZON, BISOGNA COMPRARE NEI NEGOZI… COME CAVALCARE LA CRISI SENZA DARE RISPOSTE RAZIONALI… I COMMERCIANTI INTELLIGENTI SI STANNO CONSORZIANDO PER VENDERE SU AMAZON
Era solo questione di tempo. Non c’era alcun dubbio che il primo leader politico nazionale a cavalcare
la ribellione dei commercianti contro Amazon in vista del prossimo natale fosse Matteo Salvini.
L’occasione del resto era troppo ghiotta per uno che da anni – e con un uso sapiente dei social network – sa bene come cavalcare la ansie più profonde del paese senza però dare risposte razionali.
In questo caso il leader leghista è stato lestissimo nel farsi portavoce della paura dei piccoli negozianti di quartiere di essere ulteriormente surclassati dal commercio online, soprattutto in prospettiva di un periodo natalizio che si preannuncia magro, visto le restrizioni e le zone rosse in tante regioni italiane.
Salvini ha postato su Facebook e Twitter uno pseudo-sondaggio che non ha nulla di scientifico in cui chiede ai suoi follower se fosse giusto boicottare Amazon, andando a comprare i regali nei negozi invece che sulla piattaforma web.
Il risultato, va da sè è un plebiscito a favore dei negozietti di quartiere, così da trasformare la domanda (retorica) in una netta affermazione legittimata dal responso popolare.
Un giochetto, questo, che Salvini ha ripetuto svariate volte in passato, a partire dalla denuncia della mai provata – e anzi smentita dai numeri, quelli veri – “invasione dei migranti”.
C’è da dire Salvini stavolta non ha fatto tutto da solo ma si è messo sulla scia nientemeno che della sinistra-sinistra francese che al di là delle Alpi ha lanciato la petizione #NoelSansAmazon: a sottoscriverla la socialista sindaca di Parigi Anne Hidalgo, l’ambientalista ed ex ministra dell’Ambiente Delphine Batho, Greenpeace Francia, l’associazione delle librerie francesi e via dicendo.
Ora, il problema non è tanto difendere Amazon, multinazionale americana che nell’ultimo anno ha generato mostruosi profitti grazie ai lockdown e alle nuove abitudini dei consumatori.
Jeff Bezos ha soldi, avvocati, influenza e abbastanza potere mediatico per difendersi da solo.
La vera questione è un’altra: un politico di spessore dovrebbe quanto meno cercare di dare una risposta seria a un problema serio ovvero come aiutare i piccoli commercianti a non subire, ma anzi sfruttare, la rivoluzione tecnologica.
Perchè se c’è una cosa che ci insegna la storia dell’umanità è che dai salti tecnologici non si torna più indietro. Rispondere alla sfida del commercio online chiamando le masse a boicottare Amazon nel periodo natalizio è come voler fermare il vento con le mani.
Che avrebbe fatto Salvini a inizio Novecento quando le prime brutte e puzzolenti automobili iniziarono a soppiantare le carrozze, anche quelle più grandi e sfarzose? Avrebbe chiesto di boicottare la Ford?
L’unica risposta razionale che si può dare a chi viene spiazzato dalla tecnologia è invece un’altra: sfruttala e adegua la tua attività ad essa.
Il web del resto è uno spazio libero in cui anche i piccoli commercianti possono offrire i propri prodotti e i propri servizi, magari associandosi e facendo economie di scale. Altrimenti non resta che lasciarsi prendersi dall’istinto e dall’irrazionalità e fare come quegli operai che a inizio Ottocento distruggevano le prime macchine della Rivoluzione industriale perchè portavano via il lavoro. Si definivano luddisti.
Ecco, Salvini, Primo Luddista d’Italia.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA HA SMENTITO SALVINI… IL “VIRILOGO DELLA DOMENICA” CONTINUA A DIFFONDERE NOTIZIE GIA’ SMENTITE DALLA SCIENZA: “NON FUNZIONA ED E’ PERICOLOSO”
Fermi tutti. Quel giorno è arrivato, un po’ a sorpresa. Come spesso capita, Matteo Salvini è stato ospite di Fuori dal Coro, la trasmissione di approfondimento in onda ogni martedì su Rete 4.
Quando si è spesso al centro della scena, diventa difficile dire cose differenti — e soprattutto originali — rispetto alla volta precedente.
E così, tra i tanti temi (discettati a mo’ di lista della spesa) affrontati dal leader della Lega c’è stato anche quello delle cure contro il Coronavirus. Ed è qui che accade l’impensabile: Mario Giordano smentisce Salvini sulla plasmaterapia.
«Cosa si può fare di più? Innanzitutto curare a casa le persone, e non capisco perchè il governo non abbia ancora approvato il protocollo per curare a casa tutte le persone che possono essere curate domiciliarmente e non in ospedale — ha detto Matteo Salvini -. Usare tutti i mezzi necessari, e penso al plasma iperimmune che viene utilizzato in tanti ospedali italiani e non capisco perchè il Presidente del Consiglio e il Ministro della Salute non invitino gli italiani alla donazione del plasma, coloro che sono stati guariti dal virus perchè è dimostrato scientificamente decine e decine di persone».
E qui Mario Giordano entra in tackle duro sulle parole del leader della Lega: «Però senatore sa che su quello, ce ne siamo occupati più volte in questa trasmissione, c’è molta cautela e ci siamo un po’ bloccati su quella cura del plasma che viene fatta in molti ospedali».
Insomma, il conduttore e giornalista ha riportato — giustamente — tutta la cautela che (non) si cela attorno a questa possibile cura perchè non ci sono grandi evidenze scientifiche sulla sua reale efficacia.
E Salvini chiede: «E perchè?». Ma Giordano risponde: «Il perchè non lo so». E il leader della Lega riparte col complotto dei costi irrisori (cosa non vera) di questa terapia.
Insomma, funziona ma ‘non ce lo dicono’ perchè le case farmaceutiche fanno speculazione economica anche sulle cure contro il Coronavirus. Ovviamente senza prove.
Perchè come già spiegato per l’idrossiclorochina, anche per la plasmaterapia non vi sono evidenze scientifiche sufficienti affinchè venga indicata come protocollo da seguire.
Anzi, molti studi sottolineano come abbia funzionato su un numero esiguo di pazienti, non ha portato risultati su molti e sui restati è stato anche dannoso.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
I LETTORI DI LIBERO, AD ESEMPIO
Oggi Libero in prima pagina ha deciso di mettere da parte le polemiche per un giorno per aprire con un
commento rispetto al sondaggio che è stato presentato qualche giorno fa durante la trasmissione “L’Aria di domenica”, su La7 secondo il quale il 34% degli italiani sarebbe contrario a vaccinarsi contro il Coronavirus.
“L’impressione è che forse vaccinare il 70% degli italiani non basterà per avere una vera, effettiva, immunità di gregge” ha commentato Massimo Galli, direttore del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano.
Oggi Libero si stupisce del fatto che siamo un paese “poco fiducioso”. “Incredibile”, commenta subito sotto il titolone.
Ora la cosa divertente è che chi si presume legga Libero, ovvero chi è iscritto alla sua pagina Facebook e la commenta, non è affatto d’accordo con il sentimento di stupore e di rammarico del quotidiano.
“I politici pur di convincerci lo faranno anche davanti le tv ma solo che loro si inietteranno una sostanza placebo e non il vaccino, e ci fregheranno tutti”, spiega qualcuno che si crede più sveglio degli altri;
“Questo non è un vaccino ma una presa in giro che serve agli affari sporchi come tutto organizzato da queste menti criminal diaboliche”.
C’è anche chi propone le cure fai da te: “Signori,due Prodotti ECCELLENTI per Preservare/Proteggere le Vie Aeree/Nasali/Polmonari da eventuali attacchi virali/patogeni :1) OLIO ESSENZIALE DI LIMONE (O TIMO) da mettere sotto al naso e fuori dalle orecchie2) PROPOLI SPRAY,per il cavo oraleTop Consigli dati da un Medico Virologo.POCA spesa, MASSIMA resa (si trovano online e in farmacia/erboristeria)”.
Insomma come spiega una commentatrice che dice “Be io di sicuro faccio parte della mezza Italia che lo rifiuta . E categoricamente anche !”, molti lettori di Libero sono proprio quelli meno convinti dell’utilità del vaccino.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE GIMBE: “NON DIFFONDERLI E UNA STRATEGIA GARANTISTA PER LA POLITICA, L’INDICE RT E’ INAPPROPRIATO”
Nino Cartabellotta sta studiando i dati della pandemia dal primo giorno e ha accompagnato tutti questi mesi con i report settimanali della Fondazione Gimbe, che hanno fornito una fotografia dell’andamento del contagio in Italia.
Anche la sua voce si unisce a enti e scienziati che chiedono all’Istituto superiore di sanità e al Governo di mettere a disposizione della scienza un maggior numero di informazioni essenziali sulla pandemia di coronavirus in Italia, perchè basare le decisioni sull’indice Rt è “inappropriato”.
Cosa dicono le vostre analisi sulla base dei dati degli ultimi sette giorni?
Nel corso dell’ultima settimana ci siamo sentiti ripetere vari termini – rallentamento, raffreddamento, frenata — che qualcuno ha interpretato come appiattimento della curva dei contagi. In realtà , si osserva solo una minore velocità con cui la curva sale, ovvero una riduzione dell’incremento percentuale dei nuovi casi giornalieri: dal 5% del 30 ottobre al 2,7% del 17 novembre. Un effetto sicuramente attribuibile alle misure introdotte, ma anche a una minore capacità di effettuare tamponi, visto che continua a crescere il rapporto positivi/casi testati (dal 23,9% della settimana 28 ottobre — 3 novembre al 28,4% della settimana 11-17 novembre). Il “rallentamento” si intravede, in misura minore, sulla velocità di crescita di ospedalizzazioni e terapie intensive. Tuttavia, non conoscendo i flussi dei pazienti in entrata e in uscita, anche questo dato può essere influenzato dall’effetto saturazione dei posti letto. Infatti, le soglie di occupazione del 40% (area medica) e 30% (terapia intensiva) sono state entrambe superate con una media nazionale al 17 novembre rispettivamente del 51% e del 42% e valori molto più elevati in alcune Regioni, dove i servizi ospedalieri sono ormai allo stremo, come documentano le narrative di chi lavora in prima linea.
Il professor Giorgio Parisi ha definito l’indice Rt “inaffidabile”. La Fondazione Gimbe in Parlamento lo ha definito “inappropriato”. Perchè?
L’indice Rt inizialmente era solo uno dei 21 indicatori per il monitoraggio dell’epidemia, ma a seguito dell’entrata in vigore del Dpcm del 3 novembre 2020 ha assunto un ruolo preponderante, “pesa” per oltre il 50% nella decisione finale sulla assegnazione dei “colori” alle Regioni. Tutto ciò, a fronte dei limiti ampiamente riportati nella letteratura internazionale. In un articolo pubblicato su Nature lo scorso luglio i ricercatori dichiarano apertamente il timore di “avere creato un mostro”, in quanto “Rt non ci dice ciò che dobbiamo sapere per gestire questa situazione. L’elaborazione di Rt ha un ritardo di almeno 3 settimane e non è utile come strumento decisionale in tempo reale”.
Ma, in pratica, quali sono i reali limiti dell’indice Rt?
Innanzitutto, è inappropriato per informare decisioni rapide perchè è stimato sui contagi di un paio di settimane prima; in secondo luogo, il fatto che sia calcolato solo sui casi sintomatici sottostima la reale circolazione del virus perchè i contagiati sintomatici oggi sono circa 1/3 dei casi totali; inoltre si basa sulla data inizio sintomi, indicatore che molte Regioni non comunicano per tutti casi, determinando un’ulteriore sottostima dell’indice Rt; infine, se nella comunicazione pubblica viene correttamente citato il valore puntuale, come parametro decisionale viene utilizzato il margine inferiore del limite di confidenza (la cd. “forchetta”), che rappresenta la visione più ottimistica di questo indice. Peraltro, continuano a circolare due stime “ufficiali” di Rt. La prima è quella comunicata dal report settimanale della sorveglianza integrata dell’Iss e comunicata ai media: il metodo di calcolo è esplicito, è stimato sui casi sintomatici a 14 giorni. Il secondo è l’indicatore 3.2. del DM 30 aprile 2020, utilizzato per assegnare lo scenario ai sensi del dpcm del 3 novembre 2020: il metodo di calcolo non è noto, ma sappiamo che è stimato agli ultimi 7 giorni su casi sintomatici e sulle ospedalizzazioni.
Voi avete chiesto la revisione del sistema di monitoraggio. Come?
Il sistema dei 21 indicatori è uno strumento di monitoraggio epidemiologico costruito nella fase di discesa della curva, ma non è uno strumento predittivo da applicare in una fase di crescita esponenziale dei contagi. Di conseguenza, fotografa una situazione pregressa del contagio, restituendo un’immagine tanto più sfocata quanto più velocemente cresce la curva. Oggi serve un sistema capace di misurare rapidamente l’evoluzione del quadro epidemico, il sovraccarico dei servizi ospedalieri e, soprattutto, indicatori con un ruolo predittivo ad almeno 1-2 settimane, al fine di anticipare la corsa del virus.
Come i Lincei, anche il presidente dell’Istituto di fisica nucleare Antonio Zoccoli ha chiesto che i dati siano messi a disposizione della comunità scientifica. È d’accordo?
Totalmente d’accordo, tanto è vero che come Fondazione Gimbe abbiamo lanciato, insieme ad altre organizzazioni, la campagna #DatiBeneComune sottoscritta finora da oltre 30.000 persone. In Parlamento abbiamo rimarcato la necessità di rendere pubblico l’accesso a tutti i dati della pandemia: da una maggiore granularità dei dati nel bollettino giornaliero all’accesso al database della sorveglianza integrata nazionale, alla disponibilità di tutti i report della Cabina di Regia.
I dati forniti sono utili a comprendere l’evoluzione dell’epidemia o ne servono altri?
Ne servono molti altri: dal numero di contagi per Comune a tutti i dettagli per Province e Comuni (soggetti in isolamento domiciliare, ospedalizzati con sintomi, terapie intensive, guariti, deceduti, tamponi, casi testati, etc.) ai flussi relativi all’evoluzione clinica dei soggetti positivi. Il dato più clamoroso è che oggi conosciamo, sia per i ricoverati con sintomi, sia per le terapie intensive, solo il “saldo” giornaliero dei letti occupati, ma non i pazienti ammessi e dimessi. Ad esempio +100 terapie intensive rispetto a ieri ci informa solo che abbiamo 100 posti occupati in più: ma i pazienti ammessi potrebbero essere 400 perchè 200 sono migliorati e tornati in degenza ordinaria e 100 sono deceduti.
Di quali dati c’è bisogno per anticipare le mosse del virus e non inseguirlo come invece – si è detto da più parti – si sta facendo adesso?
Di tutti i dati disaggregati consultabili in tempo reale, in formato aperto e machine-readable , ovvero in un formato interoperabile che consenta di poter “mettere in comunicazione” le diverse basi di dati. La decisione di affidarsi solo ai ricercatori che gestiscono i dati a livello istituzionale è molto garantista per la politica, ma impedisce a tutti gli altri ricercatori di identificare diverse chiavi di lettura dei dati e proporre strategie differenti. Un clamoroso autogol per l’intero Paese.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
“NON E’ CON GLI SCONTI POLITICI CHE NE USCIREMO”
Il professor Massimo Galli, direttore di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, è intervenuto
durante la trasmissione Agorà per leggere e commentare i dati più recenti diffusi dalle autorità sull’emergenza Coronavirus in Italia.
«I dati fanno presumere che si stia raggiungendo un plateau», ha detto. «Vediamo i primi risultati dei provvedimenti e della capacità degli italiani di mettersi autonomamente in sicurezza. Purtroppo però — ha aggiunto — vedremo altri morti».
I reparti di rianimazione, ha notato Galli, se si svuotano hanno un ricambio più con i decessi che con le dimissioni. Ma anche dal punto di vista delle terapie intensive non sono giorni dalle prospettive rosee: «Siamo vicini alla soglia dei 4.000 ricoveri in terapia intensiva», ha notato.
Per quanto riguarda la discussione (e le richieste delle Regioni) sul sistema della divisione in fasce del Paese in zone rosse, arancioni e gialle, Galli ha osservato: «Posso capire che la politica in tutta Italia abbia bisogno di passare un messaggio rassicurante al singolo politico locale, ma non si ottengono risultati con qualche sconto. La complessità del meccanismo è stata concepita per dare il massimo delle garanzie. Le Regioni — ha sottolineato — sono aree vaste, e orse bisognerebbe ragionare su problematiche diverse all’interno delle stesse regioni».
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
DAL LEGHISTA CHE DICE CHE “NON ABBIAMO BISOGNO DI MISSIONARI” AL PROCURATORE GRATTERI CHE DICE “SERVE UN MANAGER”… COME SE LA RESPONSABILITA’ DELO SFASCIO E DELLA CORRUZIONE DELLA SANITA’ CALABRESE NON FOSSE DELLE ISTITUZIONI PRESENTI NEL TERRITORIO
Alla fine un accordo è arrivato. Gino Strada ieri sera, 17 novembre, ha fatto sapere di aver definito un accordo con la Protezione civile per cominciare con la sua Emergency il lavoro in Calabria al più presto, contro l’emergenza sanitaria del Coronavirus. «Inizieremo a lavorare a un progetto da far partire al più presto», ha detto. Ringrazio il governo per la stima che ha dimostrato per il lavoro di Emergency e le tante persone che ci hanno dato fiducia, offrendo da subito il loro sostegno», ha scritto sul suo canale Facebook.
Solo poche ore prima, il governatore facente funzione Nino Spirlì tuonava ai microfoni de La Zanzara, su Radio 24: «Gino Strada? La sua nomina in Calabria non arriverà , dovranno passare sul mio corpo per fare le nomine. Qua non abbiamo bisogno di missionari».
Sembra quindi cominciare a definirsi in parte quello che è diventato il “caso” dell’ultima settimana. Solo in parte però, perchè la Calabria non ha ancora un commissario alla Sanità , ruolo per il quale, prima Nicola Morra e poi il premier Giuseppe Conte hanno appoggiato la nomina proprio del fondatore di Emergency.
In pochi giorni hanno rinunciato all’incarico prima prima Saverio Cotticelli, poi Giuseppe Zuccatelli e infine, nelle ultime ore, Eugenio Gaudio per «motivi personali» (sua moglie non sarebbe disponibile a trasferirsi in Calabria).
A difendere il nuovo ruolo di Strada è il ministro della Salute, Roberto Speranza: «ritengo che il contributo di Gino Strada sarà importante per la Calabria. Valuteremo con lui e la sua squadra quali saranno le modalità più opportune per svolgere questo impegno», ha detto a Carta Bianca su Rai 3.
Grandi parole di supporto anche da parte del ministro Luigi Di Maio: «Si tratta di una persona che ci invidiano in tutto il mondo, che ha una grande storia, esperienza e reputazione e mi ha preoccupato vedere questo nome sulla graticola in questi giorni — ha commentato Di Maio -. Credo che quando si maneggia un patrimonio come Gino Strada, prima si decide e poi si fanno i nomi».
Il «no» di Gratteri su Strada come commissario
Oltre a Spirlì, nemmeno il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri si è detto favorevole, prima che il premier Giuseppe Conte chiarisse questa mattina sui principali quotidiani che il fondatore di Emergency non avrebbe fatto il commissario in Calabria. «Gino Strada non va bene per la Calabria. So le cose straordinarie che ha fatto in Africa, ma il problema in Calabria non sono gli ospedali da campo, ma le ruberie e l’acquisto dei materiali medici» (ma la magistratura non dovrebbe pensarci lei a fare piazza pulita?)
Per Gratteri la figura ideale sarebbe stata quella di un manager, non un medico. «E non c’è bisogno nemmeno di ospedali da campo come se fossimo in Afghanistan: in Calabria ci sono 18 ospedali chiusi, meglio riaprire quelli. Come commissario, andrebbe bene un calabrese emigrato per fame, che ha fatto i concorsi al nord perchè non ha voluto fare i concorsi deviati dalle mafie al sud, un professore universitario. Avrei un nome ma non lo dico», ha detto a Otto e mezzo su La7.
Salvini e il candidato “a sua insaputa”
Nel tam tam generale di polemiche e nomine che saltano, anche Salvini ha voluto dire la sua, lanciando un endorsement. Durante una delle consuete dirette Facebook, ha parlato di Pellegrino Mancini — direttore del centro regionale Trapianti Grande ospedale metropolitano “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria. E su di lui l’ex ministro dell’Interno ha puntato tutto, menzionandolo come perfetto commissario alla Sanità calabrese.
Peccato che Mancini non ne sapesse nulla, tanto che ad Adnkronos ha raccontato: «Non ne sapevo niente fino a pochi minuti fa, davvero, quando mi ha chiamato un amico, dicendomi di questa cosa e chiedendomi il curriculum. Non so davvero perchè sia uscito il mio nome, io sono un tecnico, non ho mai fatto politica, cerco di risolvere i problemi delle persone».
(da agenzie)
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