Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
IL TITOLO “PERCHE’ SALVINI MERITA FIDUCIA, RISPETTO E AMMIRAZIONE”… “NONOSTANTE ANNI DI RICERCHE NON ABBIAMO TROVATO NULLA DA SEGNALARE SU QUESTO ARGOMENTO”
C’è un libro in vendita su Amazon e riguarda Matteo Salvini. 
Non è stato scritto dal leader della Lega e lui non ha mai dato l’autorizzazione. Il titolo è molto forte: ‘Perchè Salvini merita fiducia rispetto e ammirazione’.
La firma è di Alex Green, analista politico. Il prezzo è anche irrisorio: 6.90 euro per poter leggere quello che sembra un panegirico sull’ex ministro dell’Interno.
Ma chi si aspetta di trovare l’esaltazione del segretario del Carroccio commette un errore madornale. Basta sfogliare tra le pagine ed ecco la sorpresa: il libro Salvini su Amazon, in realtà , è un cumulo di carta bianca.
E già nella descrizione pubblicata sul grande portale di e-commerce si evince la natura satirica della trovata editoriale. «Questo libro è pieno di pagine vuote. Nonostante anni di ricerche, non abbiamo potuto trovare niente da dire su questo argomento, così per favore sentitevi liberi di usare questo libro per gli appunti». Insomma, un libro che non esiste. Se non per la copertina.
Una trovata che risulta esser stata messa in vendita nel febbraio del 2019, quasi due anni fa. Ma di recente, con la nota polemica cavalcata dallo stesso Salvini contro Amazon, si è tornati a parlare di questo titolo irrisorio, irriverente e sarcastico.
La maggior parte delle persone che hanno comprato il libro Salvini su Amazon, invece, hanno fortemente apprezzato (con una valutazione media di 4.6 stelle).
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
L’EX CALCIATORE DEL VERONA HA LA CODA DI PAGLIA
In carriera il suo ruolo era quello dell’attaccante, anche se non ha mai segnato tantissimi gol. Nel post carriera, invece, forse è più abile negli autogol sui social. Michele Cossato, ex centravanti di Hellas e Chievo Verona, si è distinto nei giorni scorsi su Instagram per aver lasciato alcuni commenti poco oxfordiani (per usare un eufemismo) nei confronti del giornalista de La Repubblica Paolo Berizzi.
Toni molto aspri che hanno superato anche il limite dell’insulto. Il tutto per un post su Maradona e il razzismo negli stadi italiani.
Questo quanto pubblicato da Berizzi il 26 novembre, all’indomani della morte del Pibe de Oro.
«Uno dei suoi gol più belli Maradona l’ha segnato contro le tifoserie che da anni discriminano i napoletani con schifosi cori razzisti già intonati da un politico (condannato) che lo insultava e ora chiede di pregare per lui. [Per non dimenticare]».
Un tweet pubblicato anche sulla pagina Instagram del giornalista. Però l’ex attaccante dei due club di Verona (e ambasciatore dell’Hellas) non ha gradito. Anzi, i due commenti sono una sintesi di un neanche troppo celato sentimento di rimostranza da parte di Michele Cossato nei confronti di Paolo Berizzi.
Oltre a storpiargli il nome, dunque Cossato accusa Berizzi in modo molto aggressivo. Poi quel riferimento al funerale del giornalista a cui parteciperanno solo gatti alla ricerca dei topi.
Ma perchè tutto questo livore? Berizzi ha più volte sottolineato e denunciato atteggiamenti di stampo razzista da parte della tifoseria dell’Hellas Verona.
E non si parla solo di ululati nei confronti di giocatori di colore, ma anche dei vari cori nei confronti delle tifoserie delle squadre del Sud (Napoli, in particolare). Inoltre, il giornalista de La Repubblica ha più volte parlato dei rapporti di alcuni capi ultras dell’Hellas (e non solo) con ambienti di stampo neonazista
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
COSI’ IL COVID HA SCARDINATO L’EQUILIBRIO DEL BENESSERE
I nuovi poveri non sanno comportarsi da poveri. Vanno alle mense “bank food” con gli abiti che,
solo pochi mesi fa, indossavano per andare a lavorare negli alberghi, nei terminal delle compagnie aeree, alle grandi catene di noleggio auto, negli uffici di scuole, banche, parchi divertimento alla Disney, chiusi dalla pandemia Covid-19. Quando li guardate in coda, con le auto pulite, non vecchi macinini cadenti, la felpa di moda comprata online l’anno scorso, il loro sguardo vi sfugge, concentrato sul cellulare, per barattare il contratto mensile fisso che spesso le ditte pagavano, con tariffe ridotte, chiamate WhatsApp senza scaricare video o audio.
In aprile, in uno dei suoi tradizionali show politici, il presidente Donald Trump fece inviare a milioni di cittadini un sussidio fiscale di 1200 dollari, sotto forma di assegno con la firma in grassetto “Donald J. Trump”.
I nuovi poveri, vittime del Covid, lo hanno speso subito in cibo, per i loro familiari. Le spese sono state tagliate, niente Netflix o elettronica del Black Friday, pizza o pomeriggio al fast food – la brillante campagna pubblicitaria di Burger King, “mangiate da McDonald”, nasce dal crollo dei profitti nei ristoranti popolari, detestati in Europa come sponsor di colesterolo, zuccheri e grassi animali, ma che invece spesso negli Usa mantengono, con menu a basso prezzo, tante famiglie.
I vecchi poveri li riconoscete perchè raccolgono i coupon di sconto, due panini al prezzo di uno, una Coca grande al 50% e computano come riempire di più lo stomaco pagando il meno possibile. I nuovi si vergognano.
Ma se è possibile tagliare il costo della nuova serie tv, magari chiedendo ad amici o parenti di condividere lo schermo, i pasti non si possono saltare, o almeno non troppi in fila.
Oggi l’America, il paese che spende in difesa più di tutti i rivali insieme, che ha sprecato nelle guerre effimere di Iraq e Afghanistan 6400 miliardi di dollari, 5,3 miliardi di euro, che avrebbero ricostruito scuole, ospedali e infrastrutture in tutti gli Usa, vede la fame tornare.
Eletto con una valanga di voti nel novembre del 1964, il popolare presidente democratico Lyndon Johnson dichiarò la sua “War on Poverty”, guerra alla povertà , l’8 gennaio dello stesso anno investendo in sanità , pensioni, istruzione, edilizia pubblica e ottenendo certo ottimi risultati, salvo vedere un altro conflitto, lo scontro in Vietnam, distruggere le sue riforme sociali, costringendolo a non ripresentarsi nella corsa per la Casa Bianca 1968.
Allora un americano su 4 era considerato povero, oltre il 26%, Johnson tagliò la quota a sotto il 20%. Il presidente Kennedy aveva letto il saggio dello studioso e attivista Michael Harrington “The Other America”, l’altra America, sulla miseria in patria e ne era rimasto impressionato, coinvolgendo il suo vice in una nobile crociata.
Nelle prime settimane del 2020, quando l’autorevole settimanale britannico The Economist previde -auch!- l“Incubo Americano”, sfida elettorale fra Trump e il senatore socialista Sanders che, di questo erano certi i columnist della City, si sarebbe conclusa con la vittoria di Trump, la situazione economica del paese sembrava assai diversa dalla coda di 50 chilometri che a Houston, nel poderoso Texas repubblicano, ha visto le automobili in attesa per un pasto gratis, tacchino surgelato, verdure e tortina, da ricevere giovedì scorso, per la tradizionale cena familiare del Ringraziamento.
Il boom della Borsa seguito ai tagli fiscali di Trump, l’innovazione digitale dopo la crisi finanziaria 2008 e i piani di investimento del presidente Obama avevano ridotto ai minimi storici la povertà americana, cifre che avrebbero deliziato il presidente Johnson. L’occupazione volava, la paga base, 7,25 dollari l’ora, vergogna che Biden spera di cancellare aumentandola, era spesso superata in alto anche per i lavoratori manuali non specializzati, l’assistenza malattia, rafforzata dalla mutua nazionale detta “Obamacare”, riduceva ulteriormente i costi per le famiglie.
I “food stamp”, tessere annonarie per i poveri introdotte da Johnson, che il presidente Reagan, ingiustamente, irrideva “le Regine del Welfare guadagnano 150.000 dollari l’anno a spese nostre!”, citando il caso estremo della Linda Taylor, una truffatrice seriale sospettata anche di omicidio, davano una mano a tanti. Grazie a tutte queste positive circostanze, e con le aziende a chiedere manodopera per crescere, la percentuale di americani che le statistiche considerano “poveri” era scesa dall’11,8% del 2018 al 10,5% del 2019, record minimo dal 1959, quando, sotto il presidente repubblicano Dwight Eisenhower, si presero a tabulare i numeri dei bisognosi.
Sempre meno bambini americani andavano a letto senza cena, sempre meno vivevano solo grazie ai pasti distribuiti dalle scuole, un quarto di latte e cereali a breakfast, il vassoietto di stagnola con il sandwich al burro di arachidi, il minuscolo hamburger, la scodella con i “macaroni and cheese”, pastina col formaggio, la mela, i crackers.
Covid ha scardinato questo equilibrio, brutalmente. Lo scorso mese, una serie di rapporti ha impressionato l’America, pur ipnotizzata dalla campagna elettorale tra Trump e l’ex vicepresidente democratico Joe Biden, che alla fine ha prevalso per sette milioni di voti.
Subito dopo la pandemia, il Congresso aveva lanciato sussidi per 2000 miliardi di dollari, il Cares Act degli assegni in brossura di Trump, con un benefico effetto su almeno quattro milioni di poveri che si erano visti depennare dalle statistiche della miseria.
Non appena il temporaneo impatto estivo si è esaurito, e malgrado la Borsa continui a crescere e il mercato del lavoro sia in una qualche, sia pur flebile, ripresa, la trappola della povertà è scattata ancora.
Uno studio della Columbia University, lo scorso ottobre, calcola che siano 8 milioni i nuovi poveri americani, che hanno passato il Thanksgiving, il Ringraziamento, in ristrettezze.
Una parallela ricerca delle Università di Chicago e Notre Dame ha risultati analoghi, stimando in sei milioni i poveri da Covid, in gran maggioranza, neri, ispanici e famiglie con bambini. Il ministero del Lavoro, scrive il New York Times, calcola che 886.000 persone si siano iscritte alle liste di disoccupazione, con un aumento ritmico di circa 77.000 ogni settimana.
Le organizzazioni umanitarie, religiose e laiche, vedono mettersi in coda alle mense membri del ceto medio, che si mischiano con imbarazzo a senzatetto, vagabondi, migranti. “Chi vive da anni delle nostre tavole -racconta un volontario cattolico che partecipa a un programma promosso dai frati francescani- ha nella raccolta del pasto uno dei pochi momenti umani della giornata, fa battute con i nostri addetti, scherza con un amico che non vedeva da tempo, è abituato alla povertà e non se ne vergogna. I nuovi poveri, che l’anno scorso avevano un lavoro, programmi per il futuro, qualche risparmio bruciato in fretta, accompagnano ai disagi l’umiliazione di dover portare ai figli le nostre razioni, togliere loro cellulari e videogames, non poter programmare doni a Natale, vacanze, dire “Niente college universitario, devi lavorare”.
I racconti di questa discesa nell’indigenza sono una tragedia americana senza fine: l’automobile non venduta “chi mai mi darebbe un lavoro in California senza un’auto per spostarmi?”, solo al prezzo di tagliare il gas e vivere di cibi freddi, cereali in scatola, o scaldati al forno a microonde; la moglie che va nelle cliniche della fertilità per vendere gli ovuli a donne abbienti in cerca di maternità , centri come Bright Expectations pagano fino a 8000 dollari; gli hobby che svaniscono, i ferri del garage venduti su eBay, con i libri e le foto dei bisnonni, un orologio cipollone da tasca dell’Ottocento.
I conservatori, eredi di Reagan che temeva le Regine del Welfare spendessero i food stamp in vodka,obiettano che la povertà è una convenzione e, spesso, i sussidi sono più cospicui di quanto le ricerche non colgano.
Ma oggi la povertà è assai più che un pasto, non avere accesso a telefono o wifi taglia fuori dal mercato del lavoro, dalla scuola, dalle relazioni affettive e familiari e, intanto, la caduta del mercato e i licenziamenti hanno riportato la fame, la fame nera dei romanzi di Dickens, in tante case.
Un’inchiesta del quotidiano Washington Post rivela che un numero record di cittadini salta almeno un pasto la settimana, non per diete eccentriche, ma perchè non ha abbastanza soldi per fare la spesa: non era più accaduto dal 1998, quando i benefici della globalizzazione e del commercio con l’estero avevano aperto due decenni di prosperità .
Il Census Bureau, che raccoglie censimenti e stime sul paese, documenta in un suo rapporto che un americano su otto salta i pasti per miseria, 26 milioni ogni giorno. Le case dove vivono bambini hanno numeri peggiori, una su sei non ha abbastanza soldi per breakfast, pranzo e cena.
Tra gli afroamericani la pandemia semina ancor più pena: 22% delle famiglie denuncia di aver sofferto la fame nella settimana del Ringraziamento, poco meno di una su quattro, due volte peggio della media del paese e due volte e mezzo la media dei bianchi.
Le testimonianze, a pochi giorni da Natale, son struggenti, i fratelli che hanno ancora un lavoro a mandare scatolette e surgelati ai fratelli disoccupati, le mamme che allungano il latte con l’acqua senza che i figli le vedano, gli anziani che, seduti come per caso a un caffè, aspettano qualcuno che intuisca il loro disagio e offra un caffellatte, la maestra che distribuendo i pasti per gli scolari vede gli occhi lucidi della mamma con il bambino in età non scolare e, rischiando rimproveri, le consegna tre sacchetti di cartoncino marrone colmi di cibo.
Il presidente Biden si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio e la sua agenda sarà brutale, Covid, Iran, Cina, economia, Europa, Putin: spero che qualcuno dei suoi ministri, a partire dalla segretaria al Tesoro Yellen, gli ricordi gli affamati, che penano nella grande potenza Usa, per un piatto di polpettone di carne tritato dagli avanzi, una scodella di latte, due pezzetti di pollo fritto e grits, la polenta del Sud americano, con il gravy, l’antico sughetto dei quartieri poveri e dei campi sperduti.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
COINVOLTI DIPENDENTI PUBBLICI, COMMISSARI DI GARA E AGENTI DI AZIENDE FARMACEUTICHE
Le accuse a cui dovranno rispondere i destinatari delle 15 misure cautelari eseguite dalla Guardia di Finanza di Torino nell’ambito di un’indagine su presunte gare truccate e frodi nelle pubbliche forniture e corruzione all’interno delle Asl piemontesi, sono: corruzione, turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture.
Si tratta di pubblici dipendenti, commissari di gara, agenti e rappresentanti di alcune imprese.
Le indagini, coordinate dalla procura di Torino e durate quasi un anno, hanno preso il via a seguito dell’accertamento di un ammanco, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria ‘Città della Salute e della Scienza di Torino’ per un valore di circa trecento mila euro, di un costoso prodotto farmaceutico.
Secondo gli accertamenti degli investigatori, un’incaricata di un’impresa torinese si sarebbe avvalsa della ‘collaborazione’ di un pubblico dipendente infedele il quale avrebbe falsificato documentazione amministrativa in cambio di tangenti. In particolare, il collaboratore amministrativo avrebbe modificato le ‘richieste d’ordine’ per il reintegro delle giacenze del prodotto medicale e, una volta ricevuto lo avrebbe riconsegnato alla rappresentante dell’azienda che lo aveva fornito.
Nel corso dell’inchiesta sarebbe emerso un collaudato e articolato sistema di interazioni fra soggetti privati e commissari di gara, ricostruito anche grazie alle attività di intercettazione telefonica e di pedinamento, finalizzato a truccare le gare d’appalto attraverso la modifica dei relativi capitolati, l’attribuzione di punteggi di favore e la rivelazione di informazioni riservate.
Il valore complessivo delle gare d’appalto oggetto di turbativa ammonta a circa 3.5 milioni di euro. Nel corso dell’operazione i finanzieri hanno sequestrato, anche disponibilità finanziarie e beni per quasi 300.000 euro, riconducibili al profitto degli illeciti penali commessi.
Nel mirino della Procura della Repubblica e dei militari della Guardia di Finanza sono finite, in particolare, tre gare, una bandita dalla Asl To4 per la fornitura di camici chirurgici sterili monouso, una seconda dalla Aou Maggiore della Carità di Novara, per la fornitura di distributori di divise e giacche e una dalle Asl di Asti e di Alessandria, e dall’Azienda Ospedaliera Ss Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria, per la fornitura di prodotti ed apparecchiature chemioterapiche.
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
A NON E’ L’ARENA UNA GRAFICA OFFENSIVA PER NAPOLI
Ieri sera durante la trasmissione Non è l’Arena Massimo Giletti per raccontare la situazione della
sanità in Campania ha usato una grafica in cui Il Vesuvio erutta il Coronavirus. L’accostamento tra il simbolo della città di Napoli e l’epidemia non è piaciuto a nessuno:
Perchè un’immagine simile? Era così necessaria una grafica col Vesuvio che erutta Covid?
L’immagine è considerata razzista da tanti napoletani e non: “Ma la grafica di questo led l’ha fatta Feltri Senior?”
Un altro commenta: “Siccome Salvini non può più insultare napoletani e campani perchè gli servono i loro voti, fa fare il lavoro sporco a Giletti, Che squallore”
E ancora: “La prossima settimana#nonelarena parlerà della sanità in Lombardia e mostrerà la madunina che vomita coronavirus su Milano?”
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
CHISSA’ SE SALVINI CONTINUERA’ A DIRE CHE BISOGNA USARLA
L’utilizzo di clorochina o idrossiclorochina, farmaci utilizzati contro il Covid-19 soprattutto nella prima fase dell’emergenza, può provocare disturbi psichiatrici e comportamenti associati al suicidio.
A mettere in guardia è l’Agenzia Europea dei medicinali (Ema) a seguito di una revisione di tutti i dati disponibili, che conferma un effetto collaterale in parte noto. La revisione, si legge sul portale dell’ente regolatorio, è stata avviata a maggio 2020 dopo che l’Ema “era stata informata dall’agenzia spagnola dei medicinali (Aemps) di 6 casi di disturbi psichiatrici in pazienti Covid a cui erano state somministrate dosi di idrossiclorochina superiori a quelle autorizzate”.
Chissà se Salvini continuerà a dire che bisogna usarla come farmaco contro COVID-19
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
“ABBIAMO ANCORA MOLTISSIMO VIRUS CHE CIRCOLA”
Per l’infettivologo dell’ospedale Sacco-università degli Studi di Milano Massimo Galli, intervenuto
ad ‘Agorà ‘ su Rai3, potrebbe essere fatale il liberi tutti dello shopping natalizio.
“E’ evidente che, se non si mantengono le precauzioni” necessarie a limitare la diffusione dei contagi da Sars-CoV-2, “non potremo che rivedere una situazione simile a quella che abbiamo già vissuto”, arrivando cioè a una terza ondata di Covid-19.
Commentando gli assembramenti visti in molte città per lo shopping natalizio, l’esperto avverte che “abbiamo ancora moltissimo virus che circola”. Troppo, in tutto il Paese, “per pensare di tornare a un liberi tutti appena avuto un accenno di risultato” dalle restrizioni disposte contro la seconda ondata.
Quanto al cambio di colore scattato ieri nelle regioni che da rosse sono diventate arancioni, il passaggio da una fascia di rischio all’altro “non è un merito. Non è una gara”, ammonisce l’infettivologo. Nel dibattito politico, osserva Galli, “il punto sembra essere cambiare colore”. Invece dovrebbe essere “tenere la situazione a lungo termine il più possibile al di fuori dal pericolo di una ripresa” dell’onda dei contagi.
“Mi rendo perfettamente conto delle esigenze dell’economia e del commercio – precisa il medico – ma la salute della gente è un problema importante e la ripresa economica del Paese si misura anche sulla capacità di contenere e limitare i danni costantemente causati dall’epidemia”.
“Se dovessimo ricadere di nuovo a pieno titolo in una situazione come quella che abbiamo vissuto già per la seconda volta, e questo avvenisse come probabile prima che si possa intervenire con un vaccino efficace, credo che anche tutto quel che vien detto in termini di difesa dell’economia – fa notare Galli – subirebbe dei danni”.
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
SE DAI SEGNALI DI ALLENTAMENTO OVVIO CHE LA GENTE SI RIVERSA DI NUOVO TUTTA IN CENTRO
Per l’infettivologo dell’ospedale Sacco-università degli Studi di Milano Massimo Galli, intervenuto ad ‘Agorà ‘ su Rai3, potrebbe essere fatale il liberi tutti dello shopping natalizio.
“E’ evidente che, se non si mantengono le precauzioni” necessarie a limitare la diffusione dei contagi da Sars-CoV-2, “non potremo che rivedere una situazione simile a quella che abbiamo già vissuto”, arrivando cioè a una terza ondata di Covid-19.
Commentando gli assembramenti visti in molte città per lo shopping natalizio, l’esperto avverte che “abbiamo ancora moltissimo virus che circola”. Troppo, in tutto il Paese, “per pensare di tornare a un liberi tutti appena avuto un accenno di risultato” dalle restrizioni disposte contro la seconda ondata.
Quanto al cambio di colore scattato ieri nelle regioni che da rosse sono diventate arancioni, il passaggio da una fascia di rischio all’altro “non è un merito. Non è una gara”, ammonisce l’infettivologo. Nel dibattito politico, osserva Galli, “il punto sembra essere cambiare colore”. Invece dovrebbe essere “tenere la situazione a lungo termine il più possibile al di fuori dal pericolo di una ripresa” dell’onda dei contagi.
“Mi rendo perfettamente conto delle esigenze dell’economia e del commercio – precisa il medico – ma la salute della gente è un problema importante e la ripresa economica del Paese si misura anche sulla capacità di contenere e limitare i danni costantemente causati dall’epidemia”.
“Se dovessimo ricadere di nuovo a pieno titolo in una situazione come quella che abbiamo vissuto già per la seconda volta, e questo avvenisse come probabile prima che si possa intervenire con un vaccino efficace, credo che anche tutto quel che vien detto in termini di difesa dell’economia – fa notare Galli – subirebbe dei danni”.
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2020 Riccardo Fucile
PER LA LEGA UN’ALTRA SCONFITTA METTEREBBE A RISCHIO LE SORTI DELLA REGIONE LOMBARDIA… MA PERCHE’ “CUOR DI LEONE” NON SI PRESENTA LUI, COSI’ VEDIAMO COME MILANO LO AMA?
I sondaggi parlano chiaro: nel caso Beppe Sala corresse per un secondo mandato, le possibilità del
centrodestra di riconquistare Milano sarebbero ridottissime e i rumors intorno al primo cittadino danno per scontata la continuità .
Tuttavia, Salvini non è disposto a giocare una partita “a perdere”: a soli due anni dalle prossime elezioni regionali, una terza sconfitta consecutiva a Milano potrebbe minare l’egemonia del centrodestra in Lombardia, soprattutto se lo scarto a favore di Sala fosse rilevante. Dopo il crollo di popolarità dovuto al Covid-19, lo spettro di un altro flop va evitato a ogni costo.
Per questo, nonostante i sondaggi, si affilano le armi per una sfida vera, con un candidato sindaco in grado di rappresentare il civismo e il mondo delle professioni: uno dal background simile a quello di Sala, insomma, che peschi nello stesso ambito e che, se anche non vincesse, potrebbe almeno limitare i danni.
Una filosofia, quella dell’apertura all’associazionismo e a volti nuovi rispetto all’ambito dei partiti, che Salvini intende perseguire anche nei Municipi, dove il centrodestra parte da un vantaggio di 5 a 4. Tuttavia, il recente innalzamento della soglia per evitare il ballottaggio dal 40% al 50% aumenta le chance del centrosinistra, che al secondo turno potrà reclutare anche gli elettori di M5S e “sinistra-sinistra”.
C’è invece un po’ più di freddezza nei confronti dei tanti esponenti di Forza Italia che stanno bussando alle porte di via Bellerio, spaventati dall’ipotesi che il loro partito sia ulteriormente ridimensionato proprio nella sua città natale. Alla fine comunque alcuni ce la faranno a saltare sul Carroccio in corsa, mentre altri potrebbero confluire nella lista civica formata dal candidato sindaco, ormai sul punto di uscire allo scoperto. Anche per chiudere il cerchio dei suoi sostenitori.
(da TPI)
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