Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
“MILIONI DI ITALIANI HANNO GIA’ TANTI PROBLEMI, NON DEVONO RICEVERE PURE LA CARTELLA ESATTORIALE, CONDONO FISCALE E ROTTAMAZIONE”
Fino all’ultimo giorno dell’anno, Matteo Salvini torna a confermare di avere solo due argomenti al suo arco: se non sono i migranti e la lotta all’invasione, allora il suo pensiero vola alla difesa degli evasori fiscali.
E infatti, anche oggi, il leader leghista ha proposto “pace fiscale, rottamazione delle cartelle esattoriali e saldo e stralcio”.
Ha aggiunto il leader della Lega: “Penso che ci siano tanti problemi di salute e lavoro in casa di milioni di italiani senza aggiungere anche l’arrivo di una cartella esattoriale che magari è lì da mesi o anni e sarebbe la mazzata finale”.
Un altro bel condono dopo gli innumerevoli altri che ha fatto approvare e i suoi elettori sono contenti.
Restano gli onesti che hanno sempre pagato e che praticamente sono i coglioni che mantengono chi le tasse non le paga, in attesa del puntuale condono salviniano.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
“SENZA L’EUROPA, L’ITALIA AVREBBE DOVUTO COMPETERE CON COMPRATORI PIU’ GRANDI E PIU’ FORTI DI NOI”
Un messaggio a Salvini, quello che ha esultato per la Brexit del Regno Unito e uno per la Meloni che ancora l’altro ieri ha spiegato la sua teoria per abolire – di fatto – l’Unione europea per tornare al nazionalismo di Stato sovrani che, al massimo, possono collaborare ma senza un’idea condivisa di Europa.
“Oggi è solo grazie all’Europa che disponiamo di un vaccino contro il Covid che sarà possibile mettere a disposizione nei prossimi mesi gratis per tutti gli Italiani e che costituisce l’unica risposta possibile a questa devastante pandemia. Senza l’Europa l’Italia avrebbe dovuto cercare da sola il vaccino presso aziende straniere, in competizione con compratori più grandi e più forti di noi, in grado di spuntare rispetto a noi priorità nelle forniture e prezzi migliori”.
Lo ha detto Silvio Berlusconi in una video conferenza con i sindaci Fi.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
INTERVISTA A MICHELA: DENUNCIO’ LO SFRUTTAMENTO ED E’ STATA PREMIATA DA MATTARELLA…ADESSO ARRIVA UN LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
“È il coronamento di un sogno, non so come ringraziare l’azienda per un gesto così importante, non è da tutti”.
La vita di Michela Piccione è cambiata nel volgere di due giorni. Lavoratrice precaria dall’età di 18 anni, la 36enne di Sava, cittadina a est di Taranto, martedì 29 dicembre è diventata Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana per volere del capo dello Stato Sergio Mattarella. Un encomio per aver denunciato lo sfruttamento del lavoro in un call center. Il giorno dopo, invece, le è arrivata una chiamata dei responsabili di Tim che le hanno comunicato l’intenzione di assumerla come impiegata a tempo indeterminato.
In 48 ore è cambiato tutto
“È incredibile. Lunedì avevo condiviso come ricordo sulla mia pagina Facebook il video di due anni fa che racconta della vicenda di quel call center. Il giorno dopo mi è arrivata la chiamata del Quirinale. Il successivo quella della Tim: forse era destino. Ma finchè non firmo non ci credo”.
Cosa le hanno detto dall’azienda?
“Devo inviare al più presto il mio curriculum, poi sosterrò un colloquio attitudinale e infine un corso di formazione in base alle mansioni che andrò a ricoprire. Sono stati gentilissimi e disponibili, ho fatto presente che ho due figli e la più piccola ha poco più di quattro anni. La dirigente che mi ha contattata mia ha spiegato che si troverà una soluzione per agevolarmi con gli spostamenti”.
Ha lavorato come bracciante stagionale nei campi, cuoca, barista, promoter, precaria per Poste italiane e, a più riprese, come operatrice di call center. Si è formata nel settore pulizie industriali e ora ha un contratto di tre mesi come ausiliaria per le pulizie dei reparti Covid dell’ospedale Giannuzzi di Manduria. Non le sembra una sconfitta del sistema aver dovuto attendere un’onorificenza del presidente della Repubblica per avere un lavoro garantito?
“In parte lo è, sono d’accordo, perchè sono evidenti alcune carenze da parte dello Stato. Senza il riconoscimento del Presidente avrei continuato i miei tre mesi in ospedale, poi forse avrei avuto altri sei mesi di contratto e dopo la disoccupazione, per poi tornare magari ancora a lavorare in un call center. Ma rimane splendido gesto della Tim nei miei confronti, che in fondo credo di aver anche meritato”.
Come?
“Nell’ultimo call center in cui ho lavorato, non quello che denunciai, vendevo i contratti dell’azienda per la telefonia fissa. Ne facevo una ventina al mese, non male direi. Perciò questa opportunità la vedo nel mio piccolo come una grande ricompensa, anche se non è per questo motivo che ho ricevuto la proposta, ci mancherebbe”.
Come lo immagina il nuovo lavoro?
“Bellissimo. Sono sicura che ne sarò entusiasta. Del resto in ogni lavoro c’ho messo l’anima. E così farò con Tim, in primis per riconoscenza. Amo relazionarmi con le persone, col pubblico, con i colleghi, sono sicura di trovarmi bene. Immagino poi la copertura in caso di malattia, il tempo che potrò dedicare alla mia famiglia con serenità , la possibilità di avere un finanziamento, l’affrontare la giornata di lavoro col sorriso e la sicurezza di uno stipendio: la tredicesima chi l’ha mai vista?!. Ma c’è una cosa che non vorrei si pensasse”.
Cosa?
“Che abbia lottato solo per il mio posto di lavoro, per un mio interesse. Nelle battaglie per i diritti ho sempre posto il noi avanti all’io, consapevole che si vince assieme, che la vittoria è collettiva. Così è accaduto, grazie alla Slc Cgil e al segretario Andrea Lumino, di aver fatto chiudere quel call center che ci sfruttava in un sottoscala, con paghe anche di 33 centesimi l’ora e una pausa di 15 minuti per turno. E così è accaduto dopo per altri call center da caporalato. Assieme al sindacato, poi, abbiamo trovato una collocazione in un’altra azienda più seria. Non voglio che si pensi che questa opportunità sia un regalo, mi darebbe fastidio, me la sono sudata”.
È a casa in isolamento perchè positiva al Covid, i suoi colleghi in ospedale e i suoi familiari che le hanno detto?
“In famiglia sono orgogliosissimi, ‘era ora’, ripetono tutti. I colleghi invece scherzano, mi chiamano cavaliera e mi danno oramai del lei ma sono felici. Per il resto sanno che sto bene, il 4 gennaio ho il tampone definitivo, sono sicura del risultato negativo. Non vedo l’ora di riabbracciarli, se pur tutta bardata, mi sento un leone in gabbia”.
Continuerà a fare sindacato?
“Certo. Voglio lottare per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori contro lo sfruttamento dei call center, perseguire tutte le attività illecite. L’onorificenza del Capo dello Stato è stata per me solo un punto di partenza, continuerò a impegnarmi nel sociale. Se la pandemia si acquieta la cerimonia ufficiale al Quirinale potrebbe svolgersi l’8 marzo, una data importante per noi donne”.
(da Open)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
“I PRIMI RISULTATI DELLA VACCINAZIONE NON SI VEDRANNO PRIMA DELL’ESTATE”
C’è luce in fondo al tunnel. Ne è convinto Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute per l’emergenza Coronavirus. Ma bisogna resistere ancora un po’: per abbassare davvero la curva dei contagi «l’unica strada è quella di lockdown lunghi e nazionali». Anche la zona rossa ora in vigore «andrebbe prolungata, almeno fino a metà gennaio, se vogliamo vedere effetti positivi. Se dal 7 gennaio di colpo, facciamo riprendere tutte le attività , assisteremo certamente a un rialzo della curva epidemica», dice in un’intervista al quotidiano La Stampa.
La scuola
Per questo motivo andrebbe “sacrificata” anche la scuola: nessuna riapertura, secondo Ricciardi, a gennaio. «Le scuole sono ambienti sicuri, ma è la situazione esterna a sconsigliarne la riapertura — ha precisato — Altrimenti rischiamo di richiuderle nel giro di poche settimane». Non preoccupa, dunque, la situazione all’interno delle scuole, che hanno applicato alla perfezione i protocolli di sicurezza, bensì a suo avviso gli spostamenti, quindi il sovraffollamento sui mezzi pubblici e i nonni che accolgono i nipoti nelle loro case tutti i pomeriggi. Insomma, tutto quello che avviene prima e dopo le lezioni, non durante.
I vaccini
Sui vaccini, Ricciardi è convinto che non resteremo senza: adesso, però, «l’Ema può e deve accelerare sul via libera al vaccino di AstraZeneca», di cui l’Italia ha bisogno il prima possibile per proseguire le vaccinazioni, cominciate il 27 dicembre.
«Vaccinarsi per medici e infermieri è un imperativo morale e deontologico, una questione di sicurezza sul luogo di lavoro: se un operatore sanitario non si protegge dal virus vaccinandosi, non può continuare a esercitare», ha aggiunto. Al momento, dunque, si esclude l’obbligatorietà del vaccino ma, se non dovessero bastare le raccomandazioni del governo, allora si prenderanno «misure più energiche».
Patentino per i vaccinati
Si valuta, per esempio, il tracciamento dell’avvenuta vaccinazione «nel caso in cui il 30-40 per cento della popolazione» dovesse rifiutare il vaccino. Si tratta di una sorta di “patentino”: il cittadino riceve sul telefono il codice dell’avvenuta vaccinazione da mettere in un apposito lettore all’ingresso di cinema, teatri e stadi. Entra solo chi ha il codice, dunque chi si è vaccinato. Il resto fuori. «Noi sappiamo che il 70 per cento dei cittadini italiani non è contrario ai vaccini, un altro 25 per cento è dubbioso, ma va informato con chiarezza: alla fine potremo arrivare al 95 per cento di copertura. I cosiddetti No-Vax sono una minoranza assoluta, anche se rumorosa», ha assicurato
L’incubo potrebbe finire tra un anno
L’impatto della campagna vaccinale si vedrà «prima dell’estate quando potrebbero esserci ricadute positive dal punto di vista della mortalità e dei ricoveri in ospedale, alleggerendo la pressione sul sistema sanitario». Sul fronte contagi, invece, bisognerà attendere «la fine dell’anno». Ricciardi, infine, ha ammesso un po’ di delusione: «Nella prima fase ho potuto incidere di più sulle decisioni politiche, partecipavo anche alle riunioni del Cts, era diverso. Ma, con il passare dei mesi, ho notato che i miei consigli non venivano più considerati e i risultati si sono visti. Con il ministro Roberto Speranza c’è stata sempre grande sintonia. La riapertura delle discoteche è stata forse la scelta più scellerata, legata alle decisioni autonome delle Regioni». L’augurio per il 2021 è «che, alla fine, questa pandemia davvero ci cambi in meglio. Ma, sinceramente, non vedo segnali positivi da questo punto di vista».
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
LE SOLITE BUFALE SULLA VERIDICITA’ DEL TRASPORTO DEI VACCINI PFIZER TRA IGNORANZA E MALAFEDE
I social sono uno strumento talmente democratico da permettere anche a chi non ha la minima competenza in materia di analizzare e creare teorie del complotto sulla qualunque. Uno dei casi più recenti è un fenomeno che chiameremo «la storia del camion frigorifero spento».
Si tratta di commenti al video pubblicato dal Ministero della Salute lo scorso 27 dicembre all’arrivo, all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, delle prime dosi del vaccino Pfizer-BioNTech.
Secondo gli utenti che stanno condividendo questo filmato commentato, all’interno dello ‘scatolone’ non ci sarebbe nulla per diversi motivi. Ma questa teoria cospirazionista è smentibile. E anche molto facilmente.
Scegliamo di adottare la politica di Bufale.net: non condivideremo quei video perchè daremmo solamente visibilità e spago a chi lo ha realizzato.
Ci limitiamo a sintetizzarne il contenuto: una persona commenta il filmato del Ministero della Salute spiegando che molto probabilmente questo suo video sarà censurato (cosa non vera perchè circola ancora su Facebook e nelle chat Whatsapp); vede l’arrivo del camion che contiene le prime dosi del vaccino anti-covid e all’apertura del portellone nota come non esca il fumo prodotto da quella che dovrebbe essere una cella frigorifera su quattro ruote.
Ed è vero: nessuna traccia di fumo. Ma la spiegazione è molto semplice.
Partiamo dal video condiviso dalla pagina Youtube dell’Associated Press (AP) che spiega come la temperatura non sia controllata dal camion che lo trasporta (che ha altre caratteristiche che spiegheremo in seguito), ma dai box della Pfizer.
Come spiega anche Bufale.net, dunque, la temperatura è controllata dallo shipper box della Pfizer utilizzati proprio per inviare e distribuire il siero (prodotto in collaborazione con BioNTech) in tutto il mondo.
Quelle confezioni, infatti, sono costruite e composte in modo tale da raggiungere e mantenere la temperatura richiesta per non distruggere il vaccino.
In un altro passaggio del filmato complottista viene posta in evidenza un altro fattore per provare a confermare la tesi del camion frigorifero spento (a.k.a. la truffa dei vaccini): lo scatolone non è congelato. Il tutto, però, è smentito da quel che abbiamo detto poco fa: il sistema di refrigerazione è interno allo shipper box dello Pfizer. Ergo, la dinamica è la stessa di un thermos (che fuori non scotta pur contenendo liquido bollente).
L’altra illazione che fa l’autore di quel video complottista è sul peso dello scatolone pieno di vaccini. Ovviamente, occorre ricordarlo, non ve ne erano molti all’interno (l’Italia il 27 dicembre ne ha ricevuti 9750). Inoltre, come si mostra nel video di AP, lo scatolone è voluminoso non tanto per la quantità di siero presente, ma per il sistema di alternanza tra ghiaccio secco e protezioni leggere (quelle che troviamo anche nei pacchi dei nostri acquisti online) per evitare che le fiale si rompano.
E arriviamo al nocciolo della questione: se la temperatura è gestita dallo shipper box a cosa serviva un camion frigorifero? Questi mezzi hanno la possibilità di monitorare e controllare la temperatura del carico in ogni momento del viaggio.
Ma se questo vantaggio non basta, occorre sottolineare come ci siano sensori gps anche per un controllo esterno su eventuali problematiche durante il tragitto su strada.
Insomma, se non fosse ancora chiaro: la storia del camion frigorifero spento è una montatura cospirazionista.
E in questo 2020 non ci meritiamo anche l’avvento dei no van.
(da TPI)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
DAI DUBBI SUL DOSAGGIO AI DATI INCERTI SU EFFICACIA E DURATA DELLA COPERTURA
Non ci sono dubbi che il vaccino sia sicuro. È sull’efficacia che restano gli interrogativi nati da uno sbaglio: durante la sperimentazione, i ricercatori somministrarono per errore solo mezza dose a 2.000 volontari: dimezzando il dosaggio, la copertura dal virus saliva
Sicuro ed efficace. Per essere approvato, un vaccino deve soddisfare questi due prerequisiti.
Sul primo punto non ci sono dubbi: quello di Oxford e di AstraZeneca non è assolutamente pericoloso. Per quanto riguarda l’efficacia, invece, le varie agenzie per il farmaco si sono divise: se per la Medicine and Healthcare Regulatory Agency di Londra la percentuale di copertura (stimata al 62%) è sufficiente per renderlo utile contro l’infezione da Coronavirus, per l’Ema (l’Agenzia europea per il farmaco) le cose sono più complicate.
Al momento sono solo due i Paesi nel mondo che hanno dato l’ok al vaccino di AstraZeneca: il Regno Unito, appunto, e l’Argentina.
La prima a rompere il ghiaccio sul vaccino di Oxford è stata proprio l’Mhra, che ieri mattina, 30 dicembre, ha dato il suo via libera in anticipo rispetto all’Ema, come già successo per il siero di Pfizer/BioNTech.
Secondo l’ente europeo, attorno al vaccino dell’Università inglese — prodotto in collaborazione con l’Irbm di Pomezia — ci sono degli aspetti ancora da chiarire. D’altronde, la stessa agenzia per il farmaco del Regno Unito ha dato una cosiddetta «autorizzazione temporanea», attraverso la quale si riserva di revocare l’ok in ogni momento qualora dovessero arrivare dei nuovi dati poco convincenti.
Il dosaggio
La questione principale è legata alla percentuale di efficacia rispetto ai dosaggi. Durante i mesi di sperimentazione, i ricercatori somministrarono per errore solo mezza dose a 2.000 volontari: lo sbaglio rivelò che, dimezzando il dosaggio, la copertura dall’infezione saliva dal 62% fino al 90%. Secondo l’Ema, AstraZeneca avrebbe dovuto ripetere lo studio su tutte le 40 mila persone coinvolte nella ricerca prima che questa potesse essere approvata. Per il Regno Unito, invece, la certezza sulla sicurezza del prodotto e la speranza di raggiungere comunque buona parte della popolazione è bastata per dare l’ok.
Attualmente, sia Ema che Mhra concordano sul fatto che non ci sono dati sufficienti per approvare la somministrazione solo di metà dose. Ma per gli inglesi ciò non toglie che il vaccino di AstraZeneca può rivelarsi comunque — anche, cioè, somministrato a dose piena come da protocollo — un importante e sicuro alleato per sviluppare l’immunità in una percentuale non trascurabile di cittadini.
E questo anche perchè, estendendo al massimo la durata tra la prima somministrazione e l’altra, si riuscirebbe a coprire più persone e, parrebbe, anche in maniera più efficace. Proprio ieri i rappresentanti dell’Mhra hanno dichiarato che, se le due somministrazioni si distanziano di 3 mesi, l’efficacia della copertura sale fino all’80% (al 70%, invece, se si attendono 21 giorni). Sono dati ancora da verificare puntualmente, ma nel frattempo l’agenzia per il farmaco inglese ha optato per questa strategia
La durata della protezione
La seconda incognita riguarda la durata della protezione. Su questo la stessa l’agenzia britannica è stata chiara: «Non sappiamo ancora quanto durerà l’immunità dalla Covid-19». Alla luce delle varie differenze di vedute, viene da chiedersi quale delle due strategie sia la più corretta: se quella dell’Ema, che preferisce attendere dati più chiari sull’efficacia prima di partire, o se quella dell’Mhra, che punta a sfruttare il più possibile le potenzialità del vaccino in un momento particolarmente duro per la sanità (ieri ci sono stati 50.023 nuovi contagi e quasi mille morti nel Regno Unito). Secondo Walter Ricciardi, ex presidente dell’Istituto superiore di sanità e consulente del ministro della Salute, nel Regno Unito «sono certamente più pragmatici, ma non si dovrebbero sottovalutare le pressioni politiche in un Paese alle prese con una impennata dei contagi».
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
DA 5 ANNI E’ IN ITALIA… COME LEI 60.000 OPERATORI SANITARI STRANIERI NON HANNO ACCESSO ALLA SANITA’ PUBBLICA
Il calvario burocratico della dottoressa Artes Memelli è iniziato subito dopo la laurea. Quando finiti gli studi in Medicina – iniziati in un’Università italiana a Tirana, in Albania, e conclusi a Roma – per lavorare aveva bisogno di iscriversi all’Ordine dei medici.
Ma senza cittadinanza nè permesso di lavoro non poteva. Un circolo vizioso da cui ha preteso di uscire senza trovare strade laterali: “Mi dicevano che mi conveniva trovarmi un’altra occupazione, la cameriera ad esempio, per ottenere il permesso di lavoro. Solo allora avrei potuto iscrivermi all’ordine dei medici e fare la mia professione. Io non ho accettato e ho segnalato la cosa all’Associazione medici di origine straniera in Italia. Dopo sei mesi di battaglie sono riuscita ad ottenere l’iscrizione”, racconta ad HuffPost. Ha ventotto anni, è in Italia da cinque. È in prima linea nell’emergenza medica, Covid ma non solo.
Lavora in Veneto, una delle regioni più colpite dalla pandemia. Un medico come gli altri, che però non può accedere ai concorsi pubblici. Almeno fino a quando non avrà la cittadinanza italiana.
La sua storia è simile a quella di altri 22mila medici e 38mila infermieri stranieri che lavorano nel nostro Paese, spesso nei reparti dove c’è più bisogno di personale o, nella maggior parte dei casi, nella sanità privata. E che, per la legge, non sono uguali ai colleghi italiani.
Un piccolo passo avanti – “che comunque non basta”, ci dice Memelli, che coordina i giovani medici dell’Amsi – era stato fatto all’inizio dell’emergenza Covid. Quando il decreto Cura Italia aveva introdotto la possibilità di far partecipare i concorsi indetti dalle regioni per l’emergenza anche i medici stranieri con permesso di soggiorno. Ma in molti casi non è successo.
Dottoressa, voi medici stranieri, senza cittadinanza, non potete lavorare direttamente per il servizio sanitario nazionale. Una situazione che si è protratta anche durante la pandemia. Ci spiega?
Alcune regioni, anche quelle più colpite come il Piemonte, avevano escluso dai concorsi indetti per l’emergenza i medici stranieri che vivono in Italia. Dopo tante proteste siamo riusciti a far cambiare i bandi, ma non basta. Crediamo ci sia bisogno di una legge che ci tuteli anche al di là dell’emergenza. Subiamo una disparità di trattamento che non ha ragione di esistere.
Come fa a svolgere il suo lavoro un medico straniero in Italia?
Sette su dieci trovano un’occupazione nel privato o in cliniche convenzionate. Non potendo accedere ai concorsi, anche quando si lavora in strutture pubbliche, lo si fa attraverso intermediari, come nel mio caso.
Lei si occupa di medicina d’urgenza. Un settore fondamentale, in tempi di pandemia ma non solo. Dove lavora?
Io sono un libero professionista e svolgo la mia attività in vari ospedali, a Rovigo, a Venezia. Anche in un centro Covid. Sono appena tornata dal Veneto e le assicuro che, sul fronte della pandemia, la situazione è complicata. Quanto alle condizioni di lavoro, non essendo dipendente è tutto a carico mio. Non ho diritto alle ferie, nè alla malattia. Senza contare che se la cooperativa con cui collaboro volesse interrompere il rapporto di lavoro, potrebbe farlo senza nessun problema.
Una situazione che, con i rischi che si corrono nelle ambulanze e in corsia con il Coronavirus, negli ultimi mesi si è fatta ancora più grave.
Esatto, io ho paura di ammalarmi, non solo perchè, come tutti, temo di stare male. Ma anche perchè se non lavoro non guadagno. Sa cosa dico ai miei colleghi, a volte? Che io il Covid non me lo posso permettere, perchè se restassi a casa, senza lavorare, avrei problemi con le tasse, con l’affitto e con tutto il resto.
Lavorando in una delle regioni che è stata maggiormente colpita dal Covid è stata in prima linea nell’emergenza. Com’è stata la sua esperienza?
Nonostante la regione dove svolgo la mia professione sia una di quelle che ha gestito meglio la pandemia, durante la prima ondata ho visto il caos. Spesso mancavano i dispositivi di protezione, c’erano tanti problemi organizzativi, c’era carenza di personale qualificato per i reparti Covid. Nonostante questo, noi abbiamo continuato, e continueremo, a fare il nostro lavoro al meglio.
Se potesse rivolgersi direttamente al governo, cosa chiederebbe per i medici stranieri in Italia?
Innanzitutto una legge che ci tuteli anche quando saremo usciti dall’emergenza, che faccia in modo che possiamo lavorare e dare il nostro contributo stando direttamente alle dipendenze del sistema sanitario nazionale, senza intermediari. È assurdo che nel pieno dell’emergenza si cercassero i medici all’estero ma chi era già in Italia non poteva dare fino in fondo il suo contributo solo per una questione burocratica. Ricordo che per ottenere la cittadinanza italiana l’iter è molto lungo. Ma c’è poi un aspetto che riguarda tutti i medici che lavorano in questo Paese, italiani o stranieri che siano. Mi auguro che nel futuro si investa di più nella nostra professione. Ieri eravamo gli eroi, oggi mi sembra che non siamo più nessuno. Di nuovo.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL CUGINO DI WILLY DUARTE, IL GIOVANE GENEROSO UCCISO A SETTEMBRE A COLLEFERRO
Erano gli ultimi scampoli d’estate, un’estate strana, sicuramente assurda. Un’estate che non dimenticheremo quella del 2020. Willy Monteiro Duarte aveva 21 anni e la vita davanti. Era nato a Roma da una famiglia capoverdiana: è morto nella notte tra il 5 e il 6 settembre, a Colleferro, durante il trasferimento in ospedale a seguito di una violenta rissa nella quale era finito solo per proteggere un amico e per placare gli animi.
Willy è stato ucciso a calci e pugni in piazza Oberdan. La notte stessa del suo omicidio sono stati arrestati i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, lottatori esperti di MMA, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia.
Tutti di età compresa tra i 21 e i 26 anni, sono accusati di aver massacrato di botte Willy, causandone la morte. Il ragazzo era intervenuto in difesa di un amico, quando è stato spinto, preso a calci e pugni e buttato in terra, dove hanno continuato a infierire su di lui. Dopodichè i quattro si sono dati alla fuga, raggiungendo il locale del fratello dei Bianchi e tentando di far sparire la macchina.
Arrestati poco dopo, dal carcere hanno iniziato ad accusarsi a vicenda. “I fratelli Bianchi”, si leggerà sull’autopsia, “gli hanno spaccato il cuore in due”. Gli hanno lesionato tutti gli organi interni, compresi i polmoni, la milza, il pancreas.
Sono trascorsi 4 mesi da allora ma il sorriso felice di Willy non si spegne col tramonto di questo anno impossibile e doloroso.
TPI ha raccolto le parole di Erik Monteiro, cugino di Willy, che ha fatto rivivere ancora una volta il ricordo di quel ragazzo “gioioso e generoso” capace di risollevare chiunque.
“Io e Willy ci passavamo 7 anni, eravamo cugini ma eravamo come fratelli. Fin da piccoli eravamo legatissimi, vedendo me più grande lui cercava di emularmi, nel vestirsi, nel fare le cose dentro casa. Mi ha colpito molto vedere come sono andate le cose. Sono orgoglioso di lui. Non tante altre persone avrebbero fatto quello che ha fatto lui: ha donato la sua vita per difendere un amico, questo quantifica quanto bene quel piccolo grande uomo donava alle altre persone. Non troverai mai una persona che ti parlerà male di Willy”.
Chi era Willy?
Willy era una persona che ti rallegrava, era la gioia in persona. È difficile ancora adesso realizzare ciò che è successo, specie a Natale. Il Natale lo passavamo sempre insieme.
Come è stato questo Natale?
È stato assurdo. Con il Covid tante famiglie hanno perso i propri cari e non si sono potute riunire. Questa cosa l’abbiamo sentita ancora più forte senza Willy. Mancava lui, era un riferimento per tutti noi, è stato difficile. Però siamo riusciti a stare vicini.
Come lo ha trascorso?
Io e mia madre siamo riusciti ad andare dalla famiglia di Willy rispettando le regole, almeno il giorno di Natale. Volevamo far sentire la nostra vicinanza. Sono grato per tutte le persone che al di fuori della famiglia si sono fatte sentire vicine, tramite chiamate, messaggi, venendoci a trovare. Questo sta a significare che Willy nel suo piccolo ha dato tanto. Ha lasciato tanto. Willy aveva tutta la vita davanti, stava facendo la gavetta, voleva diventare un grande chef. Purtroppo questo sogno non lo può più realizzare.
Domanda retorica: è stata dura?
La nostra forza è l’unione, ci sentiamo ogni giorno, con mia zia, con mia cugina. Abbiamo sentito molto la sua mancanza. Il Natale è il giorno in cui si ritrova la famiglia, è mancato quel posto a tavola. Ma sappiamo che anche se non è fisicamente con noi, con animo, spirito e cuore ci segue ed è sempre vivo nei nostri cuori.
E intanto continuano le indagini sulla sua morte.
La giustizia deve fare il proprio corso. Chi ha colpito Willy non ha solo spezzato una vita, ha spazzato via una famiglia intera. Spero che con il nuovo anno venga fatta giustizia perchè è quello che deve esser fatto. Spero che casi di questo genere non accadano più. Leggo ancora di risse e cose simili, è tutto sbagliato.
(da TPI)
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Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
“VACCINARSI E’ UN DOVERE”… “NO A VANTAGGI ILLUSORI DI PARTE”
Un messaggio che è una mano tesa a un Paese segnato da dieci mesi di pandemia di Coronavirus, un tentativo di rialzarlo e al tempo stesso di invitarlo alla solidarietà , alla responsabilità . A partire dalla questione dei vaccini: «Vaccinarsi è un dovere», dice Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno. Il capo dello Stato si rivolge poi ai partiti, richiamandoli all’unità : «I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza; e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. E’ questo quel che i cittadini si attendono».
Il discorso integrale di Mattarella
Care concittadine e cari concittadini,
avvicinandosi questo tradizionale appuntamento di fine anno, ho avvertito la difficoltà di trovare le parole adatte per esprimere, a ciascuno di voi, un pensiero augurale.
Sono giorni, questi, in cui convivono angoscia e speranza. La pandemia che stiamo affrontando mette a rischio le nostre esistenze, ferisce il nostro modo di vivere.
Vorremmo tornare a essere immersi in realtà — e in esperienze — che ci sono consuete. Ad avere ospedali, non investiti dall’emergenza. Scuole e Università aperte, per i nostri bambini e i nostri giovani. Anziani non più isolati, per necessità e precauzione. Fabbriche, teatri, ristoranti, negozi pienamente funzionanti. Trasporti regolari. Normali contatti, con i Paesi a noi vicini, e con i più lontani, con i quali abbiamo costruito relazioni, in tutti questi anni.
Aspiriamo a riappropriarci della nostra vita. Il virus, sconosciuto e imprevedibile, ci ha colpito prima di ogni altro Paese europeo. L’inizio del tunnel. Con la drammatica contabilità dei contagi, delle morti. Le immagini, delle strade e delle piazze, deserte. Le tante solitudini. Il pensiero, straziante, di chi moriva senza avere accanto i propri cari.
L’arrivo dell’estate, ha portato con sè l’illusione dello scampato pericolo; un diffuso rilassamento. Con il desiderio, comprensibile, di ricominciare a vivere come prima; di porre tra parentesi questo incubo.
Poi, a settembre, la seconda offensiva del virus. Prima nei Paesi vicini a noi e poi qui, in Italia. Ancora contagi — siamo oltre due milioni — ancora vittime, ancora dolore che si rinnova. Mentre continua l’impegno, generoso, di medici e operatori sanitari.
Il mondo, è stato colpito duramente. Ovunque. Anche l’Italia, ha pagato un prezzo molto alto. Rivolgendomi a voi, parto proprio da qui: dalla necessità di fare, insieme, memoria di quel che abbiamo vissuto in questo anno. Senza chiudere gli occhi di fronte alla realtà .
La pandemia ha scavato solchi, profondi, nelle nostre vite; nella nostra società . Ha acuito fragilità del passato. Ha aggravato vecchie diseguaglianze; e ne ha generate di nuove. Tutto ciò ha prodotto pesanti conseguenze, sociali ed economiche. Abbiamo perso posti di lavoro. Donne e giovani, sono stati, particolarmente, penalizzati. Lo sono le persone con disabilità .
Tante imprese, temono per il loro futuro. Una larga fascia di lavoratori autonomi, e di precari, ha visto azzerare, o bruscamente calare, il proprio reddito. Nella comune difficoltà alcuni settori hanno sofferto più di altri.
La pandemia ha seminato un senso di smarrimento: pone in discussione prospettive di vita. Basti pensare alla previsione di un calo, ulteriore, delle nascite. Spia dell’incertezza, che il virus ha insinuato nella nostra comunità . E’ questa la realtà , che bisogna riconoscere e affrontare.
Nello stesso tempo, sono emersi segnali importanti, che incoraggiano una speranza concreta. Perchè non prevalga la paura; e perchè le preoccupazioni possano trasformarsi nella energia necessaria per ricostruire; per ripartire.
Nella prima fase — quando ancora erano, pochi, gli strumenti, a disposizione, per contrastare il virus — la reazione alla pandemia si è fondata, anzitutto, sul senso di comunità . Adesso, stiamo mettendo in atto strategie, più complesse, a partire dal piano di vaccinazione. Iniziato nello stesso giorno, in tutta Europa.
Inoltre, per fronteggiare le gravi conseguenze economiche, sono in campo interventi europei; innovativi, e di straordinaria importanza. Mai un vaccino è stato realizzato in così poco tempo. Mai l’Unione Europea si è assunta un compito, così rilevante, per i propri cittadini.
Per il vaccino si è formata — anche con il contributo dei ricercatori italiani — un’alleanza, mondiale, della scienza e della ricerca; sorretta da un imponente sostegno, politico e finanziario; che ne ha moltiplicato la velocità di individuazione.
La scienza ci offre l’arma più forte; prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Ora a tutti e ovunque — senza distinzioni — dovrà essere consentito di vaccinarsi, gratuitamente: perchè è giusto; e perchè necessario per la sicurezza comune.
Vaccinarsi è una scelta di responsabilità ; un dovere. Tanto più, per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili. Di fronte a una malattia, così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la, propria salute, ed è doveroso proteggere quella degli altri: familiari, amici, colleghi.
Io mi vaccinerò appena possibile. Dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza. Il vaccino, e le iniziative della Unione Europea, sono due vettori decisivi della nostra rinascita.
L’Unione Europea è stata capace di compiere un balzo in avanti. Ha prevalso, l’Europa dei valori comuni, e dei cittadini. Non era scontato.
Alla crisi finanziaria, di un decennio or sono, l’Europa rispose, senza solidarietà ; e senza una visione chiara del proprio futuro. Gli interessi egoistici prevalsero. Vecchi canoni, politici ed economici, mostrarono tutta la loro inadeguatezza.
Ora, le scelte, della Unione Europea, poggiano su basi nuove. L’Italia è stata protagonista, in questo cambiamento. Ci accingiamo — sul versante della salute e su quello economico — a un grande compito.
Tutto questo richiama, e sollecita, ancor di più, la responsabilità , delle istituzioni anzitutto; delle forze economiche; dei corpi sociali. Di ciascuno di noi.
Serietà , collaborazione, e anche senso del dovere, sono necessari per proteggerci e per ripartire.
Il piano europeo per la ripresa, e la sua declinazione nazionale — che deve essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse — possono permetterci, di superare fragilità , strutturali, che hanno impedito all’Italia di crescere come avrebbe potuto.
Cambiamo ciò che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco. Lo dobbiamo a noi stessi; lo dobbiamo, alle giovani generazioni. Ognuno faccia la parte propria.
La pandemia ci ha fatto riscoprire, e comprendere, quanto siamo legati agli altri; quanto ciascuno di noi dipenda dagli altri. Come abbiamo veduto, la solidarietà è tornata a mostrarsi base necessaria della convivenza e della società .
Solidarietà internazionale. Solidarietà in Europa. Solidarietà all’interno delle nostre comunità .
Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa. Un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di ricambiare quanto ricevuto, con gesti gratuiti; spesso da sconosciuti. Da persone che hanno posto la stessa loro vita in gioco per la nostra; come è accaduto con tanti medici e operatori sanitari.
Ci siamo ritrovati nei gesti concreti di molti. Hanno manifestato una fraternità . che si nutre non di parole, bensì di umanità . Che prescinde dalla origine, di ciascuno di noi; dalla cultura di ognuno; e dalla sua condizione sociale.
È lo spirito, autentico, della Repubblica.
La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così: tenendo connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone.
La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese. Ci sono stati, certamente, anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e sconosciuta.
Si poteva fare, di più, e meglio? Probabilmente sì, come sempre. Ma non va ignorato, neppure, quanto di positivo è stato realizzato; e ha consentito la tenuta del Paese; grazie all’impegno dispiegato da tante parti.
Tra queste le Forze Armate e le Forze dell’Ordine, che ringrazio.
Abbiamo avuto la capacità di reagire. La società ha dovuto rallentare; ma non si è fermata. Non siamo in balìa degli eventi. Ora dobbiamo preparare il futuro.
Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza; e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. E’ questo quel che i cittadini si attendono.
La sfida — che è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali, nei vari ambiti, e a tutti noi — richiama l’unità , morale e civile, degli italiani. Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di interessi, ma di realizzare quella convergenza di fondo, che ha consentito al nostro Paese di superare momenti storici di grande, e talvolta drammatica, difficoltà .
L’Italia ha le carte in regola per riuscire in questa impresa.
Ho ricevuto, in questi mesi, attestazioni di apprezzamento e di fiducia nei confronti del nostro Paese, da parte di tanti Capi di Stato di Paesi amici.
Nel momento in cui, a livello mondiale, si sta riscrivendo l’agenda delle priorità , si modificano le strategie di sviluppo ed emergono nuove leadership, dobbiamo agire da protagonisti nella comunità internazionale.
In questa prospettiva, sarà molto importante nel prossimo anno il G20, che l’Italia presiede, per la prima volta.
Una occasione preziosa per affrontare le grandi sfide globali; e un’opportunità per rafforzare il prestigio del nostro Paese.
L’anno che si apre propone diverse ricorrenze importanti. Tappe della nostra storia. Anniversari, che raccontano il cammino, che ci ha condotto ad una unità , che non è soltanto di territorio.
Ricorderemo il settimo centenario della morte di Dante. Celebreremo — poi — il centosessantesimo della unità d’Italia. Il centenario della collocazione del Milite Ignoto, all’Altare della Patria. E ancora, i settantacinque anni della Repubblica.
Dal Risorgimento alla Liberazione: le radici della nostra Costituzione. Memoria e consapevolezza della nostra identità nazionale ci aiutano per costruire il futuro.
Esprimo, un ringraziamento a Papa Francesco per il suo magistero; e per l’affetto che trasmette al popolo italiano; facendosi testimone di speranza e di giustizia. A lui rivolgo l’augurio più sincero, per l’anno che inizia.
Complimenti — e auguri — ai goriziani. Per la designazione di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, a capitale europea della cultura per il 2025. Si tratta di un segnale che rende onore, a Italia e Slovenia, per avere sviluppato relazioni che vanno oltre la convivenza e il rispetto reciproco; ed esprimono collaborazione e prospettive di futuro comune.
Mi auguro che questo messaggio sia raccolto nelle zone di confine di tante parti del mondo, anche d’ Europa; in cui vi sono scontri, spesso aspri, e, talvolta, guerre; anzichè la ricerca di incontro tra culture e tradizioni diverse.
Vorrei, infine, dare atto a tutti voi — con un ringraziamento, particolarmente intenso — dei sacrifici fatti, in questi mesi, con senso di responsabilità . E vorrei sottolineare l’importanza di mantenere le precauzioni raccomandate, fintanto che la campagna vaccinale non avrà , definitivamente, sconfitto la pandemia.
Care concittadine, e cari concittadini,
quello che inizia sarà il mio ultimo anno, come Presidente della Repubblica. Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa, della vita economica e sociale del nostro Paese. La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato.
Sarà un anno di lavoro intenso. Abbiamo le risorse per farcela.
Auguri di buon anno a tutti voi!
(da agenzie)
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