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Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

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COME CONTE INTENDE GESTIRE IL CAOS NEL M5S: COMPROMESSO SUL MES, RIMPASTO LONTANO DALLE CAMERE

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

I DISSIDENTI NON CONTESTANO IN REALTA’ CONTE MA “QUEI TRE CHE DECIDONO TUTTO LORO”, OVVERO CRIMI, DI MAIO E BONAFEDE …   I VOTI CONTRO IL MES SARANNO TRA 4 E   6, COMPENSATI DA QUALCHE ASSENZA E USCITA IN FORZA ITALIA

C’è un clima da pre-crisi che avvolge il governo, soffia come vento burrascoso su Palazzo Chigi, che si ritrova per le mani un bel rompicapo da risolvere, che si somma a un momento di difficoltà  e tensione sul fronte Covid, dopo le polemiche che hanno seguito l’ultimo dpcm e quelle che stanno precedendo la gestione del Recovery plan.
Un puzzle che ha due tessere fondamentali: il voto del prossimo 9 dicembre sulla risoluzione di maggioranza in vista del Consiglio europeo e, a gennaio, il rimpasto.
Alla prima voce si legga Mes, perchè è di quello che si sta parlando.
La lettera degli oltre 50 parlamentari del Movimento 5 stelle che hanno chiesto vivacemente che non si dia il via libera alla riforma del Fondo salva stati ha drammatizzato una situazione che nemmeno Giuseppe Conte immaginava così calda.
Da giorni i pontieri della presidenza del Consiglio lavorano a un compromesso che renda potabile il testo anche ai dissidenti più riottosi.
Il punto qualificante della mediazione dovrebbe sintetizzarsi in questi termini: votate sì alla riforma, e in cambio scriviamo nero su bianco che l’eventuale accesso alla linea di credito del Mes dedicata alla salute sarà  subordinata a un voto del Parlamento.
Anche perchè il premier aveva cullato per un istante di rimandare tout court il problema, visto che tecnicamente il Fondo salva stati non è all’ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo ma si discuterà  solo nell’informale Eurosummit, idea che è stata accantonata per l’eccessivo rumore che il silenzio del Parlamento avrebbe generato, ma anche perchè la discussione nelle ultime ore ha raggiunto un livello di tensione tale che semplicemente ignorarla avrebbe effetti deflagranti.
A Palazzo Chigi sono consapevoli che per l’ala dura e pura del Movimento è poco. Alla Camera Alvise Maniero, Raphael Raduzzi e Andrea Colletti hanno ribadito il proprio niet. L’argomentazione tecnica che viene utilizzata è che di per sè il solo via libera alla riforma, indipendentemente da accordi futuri e dall’utilizzo del Mes, costerà  all’Italia in termini di spread e interessi. E si mette in conto che una pattuglia di deputati pentastellati mostrerà  il pollice verso in caso di via libera, o che comunque si assenterà  al momento del voto.
Il problema è su quanti senatori non accetteranno il compromesso. Tra i 5 stelle la convinzione è pressochè unanime: i volti storici, come Danilo Toninelli e Nicola Morra, non faranno mancare il loro appoggio all’esecutivo.
Soprattutto perchè se la maggioranza andasse sotto da Quirinale hanno fatto intendere che non si potrebbe andare avanti senza far finta di nulla. Per dirla con Di Maio, ma non Luigi, Marco, deputato di Italia viva, “il 9 si capirà  se c’è una maggioranza”.
La fronda dovrebbe ridimensionarsi, sono quattro i senatori dati quasi per persi (Lannutti, Crucioli, Di Micco e Mininno), su altri due c’è incertezza, se i numeri fossero confermati la maggioranza assoluta sarebbe risicatissima, quella relativa necessaria a far passare la risoluzione sarebbe abbastanza tranquilla, anche facendo i conti su qualche assenza strategica tra i banchi di Forza Italia.
Se si chiede a Luca Carabetta se la missiva sia un aut aut al governo la risposta è eloquente: “Io non ho sottoscritto la lettera per dire no a Conte, ma per chiedere un dibattito sul punto”, esplicitando il punto di vista di tanti tra i firmatari della missiva. Il dibattito tra i parlamentari di venerdì scorso ha fatto rientrare le perplessità  di molti, radicando in altri i dubbi e la contrarietà  su come vengono gestiti i dossier da parte della pattuglia governativa.
Il Mes è la cartina tornasole di un problema enorme, che un influente parlamentare sintetizza così: “Decidono tutto in quattro, al governo e nel Movimento. E quando qualcuno alza la mano per dire che non va bene ci rispondono che così ricattiamo Conte, e lo vogliamo far cadere. È inaccettabile, perchè nessuno ha messo in discussione Conte e il governo, semmai mettiamo in discussione loro”.
Dentro a quel loro ci sono ovviamente Vito Crimi, il cui post sul via libera alla riforma del Mes ha colto di sprovvista la pattuglia parlamentare, che ha chiesto a gran voce un momento assembleare, Alfonso Bonafede, in quanto capo delegazione, e Luigi Di Maio, che continua nonostante il passo indietro a esercitare la sua profonda influenza nel partito. “Spero che si trovi una soluzione votabile – dice un esponente di governo M5s – ma se non ci si rende conto che la situazione è ormai insostenibile non faremo molta strada”. Una strada resa ancora più complessa dal comprensibile nervosismo di Pd e Italia viva, che assistono da spettatori alle convulsioni dell’alleato, cercando di sfruttarne le contraddizioni. “Sul Mes un veto sarebbe incomprensibile”, ha tuonato oggi Roberto Gualtieri, “Il no è una battaglia ideologica”, ha rincarato la dose Nicola Zingaretti. Matteo Renzi gigioneggia: “Conte cade? Bisogna chiederlo ai 5 stelle”.
Il riferimento è a gennaio, quando, chiusa la sessione di bilancio, si aprirà  il capitolo rimpasto. Conte è stato molto netto nel chiudere all’ipotesi in una lunga intervista a Repubblica, “ma quale premier direbbe per primo di sì a un’ipotesi del genere?”, spiega una fonte che ha consuetudine con il premier.
Il presidente del Consiglio non si è mai espresso a favore di un cambio della squadra, ma privatamente non ha mai posto il veto ai partiti, attestandosi sulla posizione di attesa delle richieste delle forze di maggioranza.
Conte vorrebbe evitare un rimescolamento delle carte, ma soprattutto vorrebbe evitare un passaggio alle Camere per una fiducia che, allo stato attuale, a Palazzo Madama potrebbe non arrivare. Per questo, se rimpasto dovesse essere, il premier vuole incanalarlo in binari il più dritti possibile. L’obiettivo è quello che a cambiare siano due, al massimo tre ministri, nella consapevolezza che se fossero di più il Quirinale richiederebbe un doveroso passaggio in Parlamento. La speranza è che con alcuni marginali ritocchi (Catalfo, De Micheli e Pisano le indiziate più citate nel borsino di Palazzo) si possa evitare una conta dagli esiti tutti da scrivere, giocandosi poi la vera partita di potere nei ruoli e nelle deleghe dei viceministri e dei sottosegretari.
Ma intanto c’è da superare lo scoglio del Mes e del voto del 9 dicembre. Se il governo si incartasse e l’Italia minasse l’accordo sul Fondo salva stati, le ripercussioni si farebbero sentire anche sul versante Recovery fund, mettendo l’Italia in una posizione scomodissima. “I nostri lo sanno – spiega, quasi prega un membro M5s nell’esecutivo – e ragioneranno di conseguenza”. Ne basterebbero pochissimi a pensarla diversamente per aprire di fatto una crisi di governo.

(da “Huffingtonpost”)

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COVID ITALIA, ECCO PERCHE’ SIAMO FINITI COSI’

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

PARISI, BATTISTON E GALLI SPIEGANO L’ELEVATO NUMERO DEI MORTI E GLI ERRORI FATTI: “DOVEVAMO PRENDERE MISURE DRASTICHE”, “REGIONI IN RITARDO”, “INCIDONO ANCHE SCUOLA E TRASPORTI”

L’andamento dell’epidemia migliora, ma l’incidenza del virus è ancora alta come alto è il numero dei morti. Nel nostro Paese i decessi registrati dall’inizio dell’epidemia sono il numero più alto in Europa
Il presente è delicato e sul futuro – in mezzo le festività  e misure restrittive che la voglia di famiglia e prossimità  che accompagna il Natale potrebbero rendere inutili – grava il rischio della terza ondata.
Ma com’è che siamo finiti così? Cosa ci ha portato in questa situazione e cosa ci aspetta?
Parisi e il dibattito sull’ “acqua di rose”.
Per il fisico Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei, “siamo finiti in questa situazione perchè siamo andati avanti per troppo tempo senza assumere misure drastiche. Il dibattito tra governo e opposizione su provvedimenti all’acqua di rose – penso all’orario di chiusura dei ristoranti, se alle 22 o alle 23 – per quanto tempo è andato avanti? Servivano misure drastiche: le ho invocate il 21 ottobre, sono arrivate il 4 novembre. Già  dall′11 novembre il numero dei nuovi casi è incominciato a calare, e gli effetti sui decessi stanno arrivando due-tre settimane dopo”.
Battiston: “Più ospedalizzati che nella prima ondata, i numeri dei morti continueranno ad essere alti”.
“Abbiamo sbagliato la prima volta e ci poteva stare, la seconda volta abbiamo commesso tanti errori che avremmo potuto evitare, ora non può esserci la terza”. Per definire la fase che stiamo vivendo, il fisico Roberto Battiston ripete: “C’è un due, ma non deve esserci un tre. Non possiamo permetterci la terza ondata, la pagheremmo molto cara”. Oggi “le azioni intraprese con i Dpcm firmati a partire a metà  ottobre stanno producendo gli effetti sperati – spiega – ma non dobbiamo aprire ora, sarebbe un disastro totale”.
Già  presidente dell’Agenzia Spaziale italiana, professore di Fisica sperimentale all’Universita di Trento, Battiston segue l’andamento dell’epidemia analizzando i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità  e dalla Protezione Civile. I risultati di analisi e ricerche sono riassunti nei grafici pubblicati sul suo sito. “Consultandoli appare evidente che il picco dell’epidemia livello nazionale c’è stato una settimana fa”, fa notare il professore. A livello regionale, invece, la situazione cambia. Ci sono regioni “che stanno andando bene, nelle quali l’indice Rt continua a scendere in maniera lineare, sempre che il comportamento di massa sua improntato allo stesso livello di attenzione e di protezione delle ultime settimane”. È il caso di Lombardia, Piemonte, Toscana – quest’ultima “procede come un orologio, continuando così potrebbe ritrovarsi in breve tempo fuori dall’incubo”.
Ma poi ci sono regioni – Puglia, Marche e Calabria – “che procedono in grave ritardo e dalle quali, dunque, quando si riaprirà , potrebbe ripartire il contagio”, avverte Battiston. Di qui, quindi, la necessità  di capire bene quali provvedimenti adottare per scongiurare il rischio. Per farlo, partendo dal presupposto che il virus opera con meccanismi noti da un secolo, non bisogna concentrarsi sul presente, ma sul futuro. Che oggi significa “non aprire tutto per Natale e le festività ”, posticipare – “magari di altri quindici giorni”, fa notare Battiston – il passaggio nelle regioni in cui l’Rt scende più lentamente nella fascia di minor rischio e prevedere misure specifiche a partire dal 7 gennaio, con un occhio di riguardo alla riapertura delle scuole. “La carenza di dati sul contagio nelle scuole è un problema gigantesco – scandisce Battiston – con la riapertura delle scuole si rimette in moto tutta la società  nei suoi rapporti quotidiani. Innanzitutto bisognerebbe chiedere agli esperti di ambito sanitario cosa ne pensano del rischio connesso alla presenza di 20-25 studenti nella stessa aula per 5-6 ore ogni mattina. Poi bisognerà  pensare, e farlo seriamente, a riorganizzare ad esempio i trasporti, almeno quelli utilizzati da più giovani per raggiungere le scuole nonchè la raccolta accurata e sistematica di dati che siano condivisi pubblicamente. Ma anche tenere in considerazione le abitudini difficili da modificare e relative alle frequentazioni dei ragazzi a lato della scuola. E poi serve potenziare l’interazione tra il mondo sanitario e la scuola per fare i tamponi alle classi in quarantena il più rapidamente possibile. Mi rendo conto che pianificare la riorganizzazione dei trasporti e il rientro a scuola non è facile, ma sono questioni da non affrontare ideologicamente perchè il virus è insensibile alle ideologie e sa molto bene cosa fare e come farlo”. L’indicazione è “usare questo mese per far scendere l’Rt e nel frattempo pianifichiamo bene le azioni da intraprendere dopo le festività .
Il numero dei morti ha toccato una soglia altissima. Su questo fronte, “purtroppo le cifre dei decessi continueranno ad essere alte perchè in questa seconda fase il numero degli ospedalizzati è, in assoluto, del 15-20% superiore a quello della prima e dunque si è messo in moto un processo che purtroppo non riusciremo a fermare fino a quando l’Rt non scenderà  in maniera sensibile”.
Per questo è fondamentale programmare già  oggi quello che va fatto domani. Anche per limitare i danni, che si annunciano ben più numerosi di quelli, pure rilevantissimi, contati finora. Infatti, non dovremmo forse solo pensare al dolore delle morti e alla sofferenza dei ricoveri   – conclude Battiston – ma anche delle conseguenze a medio e a lungo termine di decine di migliaia di persone fortemente provate dagli strascichi della malattia”.
Galli e “la battaglia di resistenza”.
“I morti sono il prezzo che abbiamo pagato e continueremo a pagare alla seconda ondata, che poteva essere più contenuta della prima”, spiega Massimo Galli. Per il direttore del Reparto malattie infettive dell’Ospedale “Sacco” di Milano, i decessi che si continuano a registrare “sono l’espressione di un’onda lunga che risale nel tempo, innescati da infezioni datate, per le quali non siamo riusciti a invertire la tendenza”.
Non era scontato arrivasse la seconda ondata – “non l’aveva mica prescritta il medico” – e invece “è arrivata a causa dell’atteggiamento, tenuto in estate e poi alla ripresa, da tanti che pensavano che il virus fosse ormai scomparso”. Ora si cominciano a vedere “gli effetti dei lockdown mirati, più lenti di quelli di un lockdown totale, ma la battaglia di resistenza contro questo nemico subdolo perchè invisibile, ma presente e vivo deve andare avanti – conclude Galli – e se durante le festività  non si starà  più che attenti a rispettare le misure fissate del Governo si ricomincerà  daccapo”.

(da “Huffingtonpost”)

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L’APPELLO DI CASINI ALLA LAMORGESE: “A POZZALLO UN BIMBO DISABILE E’ ANCORA IN UN HOTSTOP, UNA VERGOGNA”

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

“E’ UN ATTO DI DISUMANITA’ E INSENSIBILITA’, SIA TRASFERITO IN UNA STRUTTURA SANITARIA”

Il senatore Pierferdinando Casini scrive su Facebook rivolgendosi alla Ministra degli Interni Lamorgese dopo aver scoperto la presenza di un bambino di 7 anni disabile nell’hotspot di Pozzallo: ”Conosco la sensibilità  umana della ministra Luciana Lamorgese e considero il trattenimento di un bambino di 7 anni in condizioni precarie di salute e con grave handicap in una struttura come quella dell’hotspot di Pozzallo come un atto di disumanità  e, come minimo, di insensibilità . Abbiamo appreso che la vicenda è all’attenzione delle autorità  locali e sono certo che la ministra dell’Interno si attiverà  nelle prossime ore per un trasferimento in una struttura di accoglienza e sanitaria adeguata, perchè prima di ogni valutazione politica sul tema dell’immigrazione esistono principi di umanità  inderogabili”.

(da agenzie)

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ANM, ELETTO IL NUOVO PRESIDENTE: E’ GIUSEPPE SANTALUCIA, MAGISTRATO DI CASSAZIONE, ESPONENTE DI AREA

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

L’USCENTE PONIZ SI E’ FATTO DA PARTE DOPO L’AUT AUT DI MAGISTRATURA INDIPENDENTE

L’Anm, dopo 50 giorni, esce dal tunnel e riesce ad eleggere un nuovo presidente. Si chiama Giuseppe Santalucia. La sua prima considerazione è questa: “I magistrati sono gli interpreti della Costituzione”. E la seconda riguarda il caso Palamara: “Non dobbiamo coprire ciò che è stato, ma ricostruire il tessuto etico”.
Chi è Santalucia
Ha 56 anni. È siciliano di Messina. Ha ottenuto 30 voti su 36 votanti. È una toga della sinistra di Area, da sempre iscritto a Magistratura democratica, ma convinto sostenitore della fusione in Area di tutte le toghe comunque “rosse”. Per molti anni, in via Arenula, ha diretto l’ufficio legislativo con il Guardasigilli Andrea Orlando.
Ma, sul campo, è stato pm a Patti e a Messina, e gip a Reggio Calabria. Ha lavorato al Csm come magistrato segretario. E in Cassazione, nell’ufficio del Massimario, ha diretto la sezione penale. Ma di lui si ricordano soprattutto studi sul diritto processuale penale e sull’ordinamento giudiziario. Insomma, è di quelle toghe che lavorano alle leggi e agli inghippi che possono nascondere.
Appena eletto ha ricevuto la telefonata del Guardasigilli Alfonso Bonafede che gli ha fatto gli auguri di buon lavoro e gli ha manifestato piena disponibilità  al confronto. Appena possibile Santalucia tornerà  in via Arenula per incontrarlo. E, vista la sua esperienza, sarà  un osso duro nel confronto sulle leggi.
Le prime dichiarazioni del neo presidente
Appena eletto ha detto: “Sento fortemente il peso della responsabilità  di assumere questa presidenza per le recenti vicende che hanno sconvolto l’ordine giudiziario e per la pandemia che incombe su tutti noi. Il programma che seguirò non è a ribasso, ma di mediazione. Per me la mediazione non ha un’eccezione negativa, ma mediazione e compromesso sono i mezzi che ci consentono di raggiungere risultati. L’Anm è un attore importante della vita politica e della vita pubblica”.
E ancora: “Non siamo un soggetto politico a tutto campo, nè siamo un soggetto partitico, siamo però interpreti attenti dei valori che la Costituzione assegna all’ordine giudiziario. Saremmo miopi se volessimo privare del nostro contributo il dibattito pubblico sui temi della giustizia e della giurisdizione”. Ineccepibile il riferimento alla questione morale dopo il caso Palamara: “Bisogna guardare in avanti e recuperare la credibilità . Non dobbiamo coprire ciò che è stato, ma ricostruire il tessuto etico”.
La futura maggioranza dell’Anm
Santalucia sarà  sostenuto da una giunta in cui ci sono tutti i gruppi – Area, Magistratura indipendente, Unicost, Autonomia e indipendenza – tranne Articolo Centouno, i quattro contestatori – Andrea Reale, Giuliano Castiglia, Maria Angioni e Ida Moretti – che in queste settimane hanno inondato di mail i colleghi e sono intervenuti decine di volte durante le riunioni del “parlamentino” contestando le correnti tradizionali.
Hanno chiesto di bandire la presenza dei segretari di corrente e hanno subito attaccato la presidenza di Santalucia, un collega che, ha detto Castiglia, sarebbe stato troppo tempo fuori ruolo, mentre il loro plauso era per Poniz. Tant’è che lo hanno votato. Due invece le schede bianche.
Il veto di Magistratura indipendente
La presidenza di Santalucia comincia in modo decisamente sofferto. Intanto è frutto del “sacrificio” del presidente uscente Luca Poniz, pm a Milano, che come candidato più votato con 739 consensi era l’aspirante naturale, sostenuto dai vertici di Area.
La stessa Area ha spinto per lui fino all’ultimo, escludendo l’ipotesi di una donna come Silvia Albano per la presidenza. Ma Poniz ha deciso di fare un passo indietro perchè di fatto la sua candidatura bloccava una nuova giunta.
Il no, netto e irrevocabile, era quello di Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe, che vedeva in lui il presidente che aveva determinato la loro uscita dalla precedente giunta dopo i noti fatti del caso Palamara. Accusandoli di remare contro il rinnovamento e di non prendere le distanze, con la necessaria forza, dalle pratiche correntizie.
Una Magistratura indipendente coinvolta nello scandalo con tre consiglieri del Csm presenti all’hotel Champagne per pilotare la scelta del procuratore di Roma, poi costretti alle dimissioni sia dal Csm che dal’Anm.
La rinuncia di Luca Poniz
Fino all’ultimo i vertici di Magistratura indipendente si sono opposti a Poniz e a una giunta guidata da lui. Un aut aut che avrebbe alla fine costretto l’Anm ad andare a nuove elezioni. Il segretario di Area Eugenio Albamonte sarebbe anche stato disposto ad andare avanti nel braccio di ferro e a insistere a ogni costo su Poniz presidente, fino al punto di passare all’opposizione. Ma è stato Poniz, a questo punto, a farsi da parte.
L’ex presidente ha avuto parole molto dure contro Magistratura indipendente: “Io sono innocente, spero che lo siano tutti, come disse Enzo Tortora. Ma non tollero di essere un problema per l’Anm. Gli elettori capiranno. Mi faccio da parte, ma resterò nel Comitato direttivo centrale perchè questo mi hanno chiesto gli elettori. La magistratura è stanca di vedere che chi viene eletto nell’Anm ci va in vista di un’ulteriore carriera, per andare al Csm, o verso altre mete. Io invece non ho alcun bisogno di norme di incompatibilità ”.
Con Poniz – come lui stesso annuncia – si fanno da parte anche i colleghi di Area Silvia Albano e Giovanni Tedesco che hanno fatto parte del precedente “parlamentino”.
Ma Poniz chiede, al contempo, in aperta polemica con Mi, che non facciano parte di una futura giunta anche i colleghi Antonio Sangermano e Pasquale Infante, ex Unicost, oggi eletti nelle liste di Mi come Movimento per la Costituzione, e Ugo Scavuzzo, anche loro della precedente Anm.
Una donna vice presidente
Nel nuovo vertice del sindacato dei giudici   entra una donna come vice presidente. È Alessandra Maddalena, giudice al tribunale di Napoli, la più votata di Unicost. Ha ottenuto 32 voti. Mentre il segretario dell’Anm sarà  Salvatore Casciaro, consigliere della corte di appello di Roma, il più votato del suo gruppo e che ha avuto 28 voti. Segno evidente che questa giunta nasce sotto il cattivo auspicio delle preclusioni di Mi verso Poniz.

(da agenzie)

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MUORE DI COVID IN UNA RSA: LA BARA IN MEZZO AI SACCHI DELLA SPAZZATURA

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

E’ ACCADUTO IN UN PAESE DEL REATINO… LA NIPOTE: “MA COME SI FA A NON AVERE UN MINIMO DI RISPETTO?”

Morta da sola in una Rsa, dove da tempo le porte erano sbarrate ai parenti ma dove il virus è entrato ugualmente, messa in una bara e poi, prima del funerale, parcheggiata tra sacchi neri maleodoranti della spazzatura.
Succede anche questo ai tempi del Covid-19 e a denunciarlo sono i familiari di Tesolina Bernardini, 87 anni, la prima vittima del coronavirus nella residenza sanitaria assistenziale di Montebuono, antico centro di 900 abitanti in provincia di Rieti, sui Monti Sabini. L’anziana, da tempo ospite della locale Rsa, è stata contagiata dal Covid.
“Mia mamma – racconta la nipote della vittima – ha scoperto che in quella struttura c’era un focolaio il 29 novembre scorso, leggendo un post su Facebook, nonostante mio padre contattasse tutti i giorni la Rsa. A quel punto mio padre ha iniziato a telefonare, essendo a tutti noi da tempo vietato l’accesso proprio per evitare contagi, ed ha ricevuto rassicurazioni. Gli è stato detto che mia zia era asintomatica, che non aveva febbre e che, nonostante tutte le sue patologie, stava bene, aggiungendo che non serviva alcun ricovero in ospedale. Ci siamo fidati”.
Il 2 novembre, dopo tre giorni, dalla residenza sanitaria vengono invece contattati i familiari della 87enne, ai quali viene comunicato che l’anziana al mattino era deceduta.
“Ci hanno informato dopo ore, sostenendo che i nostri telefoni squillavano a vuoto, e abbiamo alla fine scoperto che il medico della struttura era assente da dieci giorni perchè positivo al Covid. Abbiamo subito presentato una denuncia”, specifica la nipote della vittima.
Dopo che la famiglia di Tesolina Bernardini si è rivolta ai carabinieri di Collevecchio sono iniziati i trasferimenti, con diversi ospiti della Rsa ricoverati in ospedali di Roma, a Rieti e in un’altra Rsa. Ma non è finita.
Il 4 novembre, il giorno del funerale, quando solo otto parenti della 87enne si sono recati nella Rsa per accompagnare il feretro in chiesa, hanno trovato la bara parcheggiata davanti a un’uscita secondaria, in mezzo a sacchi pieni di rifiuti Covid.
“Quando mia madre mi ha inviato le foto – racconta sempre la nipote della vittima – non riuscivo a crederci. Hanno detto che per protocollo si fa così, non potendo utilizzare la camera ardente. I miei genitori sono stati venti minuti davanti a quel quadro e per fortuna avevano la mascherina, altrimenti sarebbero morti non di Covid ma per i cattivi odori che emanavano quei sacchi di rifiuti. Non si può fare così. Almeno un minimo di rispetto”. Proprio quella forma di rispetto che troppe volte dall’inizio della pandemia sta mancando soprattutto nei confronti dei più fragili, gli anziani.

(da agenzie)

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L’ITALIA DELLA VERGOGNA: ANZIANA RICOVERATA MUORE DI COVID A TRENTO E I VICINI DI CASA LE RUBANO 14.000 EURO

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

LA DONNA AVEVA LASCIATO LE CHIAVI PROPRIO A LORO, RITENENDOLE PERSONE FIDATE… INCASTRATI DA UNA TELECAMERA

Mentre lei, una anziana signora, moriva a causa del Coronavirus, i suoi vicini di casa le rubavano 14.000 euro. È quanto accaduto a Trento, dove la polizia ha denunciato un uomo e una donna residenti in città  e ha restituito il denaro agli eredi della signora. Fratello e sorella di 42 e 44 anni, entrambi residenti a Trento, si sono presentati in questura raccontando di un furto avvenuto a casa della madre, mentre lei era ricoverata all’ospedale “Santa Chiara” a causa del Covid e dove successivamente è morta per complicazioni polmonari.
I due fratelli si sono resi conto del furto perchè, quando la madre è stata ricoverata, avevano installato una telecamera nell’appartamento vuoto.
E con enorme stupore hanno scoperto, visionando le immagini dell’apparato di video sorveglianza, che il furto era stata compiuto dalla vicina e dal compagno di quest’ultima.
La vittima del furto aveva lasciato le chiavi di casa ai suoi vicini
Ai due vicini, evidentemente considerate persone di fiducia, l’anziana donna deceduta aveva lasciato le chiavi della propria abitazione. La squadra mobile ha richiesto e ottenuto dalla Procura di Trento un decreto di perquisizione dell’abitazione della coppia. All’interno non è stato trovato nulla, ma   a seguito di una successiva attività  di indagine gli agenti hanno scoperto che l’uomo aveva anche la disponibilità  di un locale interrato in centro città . Proprio nella cantina è stata ritrovata la somma sottratta, circa 14.000 euro, che è stata restituita ai figli della vittima. La coppia è stata denunciata e all’uomo, una guardia giurata, è stata ritirata l’arma e il porto d’arma.

(da agenzie)

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COVID, IL MEDICO EBREO SALVA LA VITA A UN UOMO CON TATUAGGI NAZISTI

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

LA STORIA DI CUI SI STA PARLANDO IN AMERICA

Quando è arrivato un nuovo paziente nel reparto di terapia intensiva di un ospedale della California, il dottor Taylor Nichols ha capito che avrebbe dovuto intubarlo, cioè una delle operazioni più a rischio contagio per lo stesso personale medico.
L’uomo era in gravi condizioni, così aveva chiesto di essere lasciato morire.
Quando il medico ha visto il corpo del paziente è stato assalito da dubbi: l’uomo era coperto di tatuaggi nazisti, con una grande svastica al centro del torace. Nichols è ebreo. Con lui c’erano un’infermiera nera e un terapista asiatico.
L’uomo è stato intubato e la storia di questo incontro ravvicinato in terapia intensiva tra un nazi e un ebreo sta facendo il giro dei media americani.
“La pandemia — racconta il medico alla Cnn — mi ha sfibrato, la vista di quei tatuaggi mi ha sconvolto, è stata la prima volta in vita mia. Ma ho pensato, okay, non posso tirarmi indietro”.
In passato, ammette, aveva giudicato i suoi pazienti, ma l’emergenza continua lo ha cambiato, anche se stavolta aveva di fronte un uomo devoto al nazismo. “Non ho avuto il tempo per parlarne con lui — continua Nichols — quelli erano simboli di odio, e un po’ mi avevano lasciato qualcosa dentro. Ma sono andato avanti”.
Con le altre due persone, il medico ha effettuato l’operazione e ha messo il paziente nazi in condizione di poter lottare per salvarsi.
La sua storia, finita sui giornali della California, ha scatenato un’ondata di commozione e di lettere in cui la gente si è congratulata con il medico: “Lei si è dimostrato un uomo — hanno scritto molti — e questa pandemia non le ha inaridito il cuore”.

(da agenzie)

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ANCHE AL JAZEERA PARLA DEL LIBRO-BEFFA SU SALVINI E DELLE SUE PAGINE BIANCHE

Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile

7 EURO PER “LEGGERE” 110 PAGINE BIANCHE PER SPIEGARE I MOTIVI “PER CUI MERITA RISPETTO E AMMIRAZIONE”

Non è passato inosservato solo in Italia il libro su Salvini, divenuto un vero e proprio best seller su Amazon, tanto che risulta essere il più venduto nella categoria “Scienze politiche”, davanti persino a “Una terra promessa” di Barack Obama.
Persino Al Jazeera ha pubblicato un articolo sul proprio sito web. Il focus, però, non è tanto sul libro su Salvini in sè, quanto per un atro dettaglio: ci sono 110 pagine, tutte bianche.
Già , perchè nel volume dal titolo ‘Perchè Salvini merita fiducia, rispetto e ammirazione’ non c’è scritta neanche una parola.
Chi si aspettava di trovare l’esaltazione del segretario del Carroccio commette un errore madornale.
L’annuncio su Amazon, a onor del vero, lo dice chiaramente: ‘Questo libro è pieno di pagine vuote. Nonostante anni di ricerche, non abbiamo potuto trovare niente da dire su questo argomento, così per favore sentitevi liberi di usare questo libro per gli appunti’.
Al Jazeera ironizza proprio su questo fatto: “Con la sua copertina nera e il titolo in grassetto bianco e rosso, il piccolo libro sembra un tomo serio. Finchè non lo apri“.
Il libro su Salvini costa 6,99 euro e l’autore è tale Alex Green, che viene descritto come “analista politico” ma che in realtà  potrebbe essere uno pseudonimo.
Cliccando sul suo nome su Amazon, scopriamo che Green sarebbe autore anche di altri due libri in inglese: uno sugli Stone Roses, un gruppo musicale britannico attivo negli anni Ottanta-Novanta, e un altro sul giardinaggio.

(da agenzie)

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