Destra di Popolo.net

LA CONSIGLIERA COMUNALE DELLA LEGA: “I MORTI NEI CAMION DI BERGAMO? UNA FAKE NEWS”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

LA FRASE ALLUCINANTE CHE OFFENDE LE FAMIGLIE DEI MORTI PRONUNCIATE DURANTE UNA SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE DI SAN CASCIANO

“I morti nei camion di Bergamo sono una fake news”: lo afferma Eleonora Leoncini, consigliera leghista in un comune della Toscana nonchè responsabile del Carroccio nel Chianti.
La leghista ha pronunciato queste parole nel corso di una seduta online del consiglio comunale di San Casciano
Rispondendo a una collega, la consigliera afferma: “Sul discorso dei camion di Bergamo è una fake news che è stata pubblicata perchè erano foto scattate in passato, quindi non mi dilungo ulteriormente”.
Il Pd ha così commentato le parole della consigliera leghista: “Ogni limite all’indecenza è stato definitivamente superato. Quelle che leggete sono le incredibili parole che Eleonora Leoncini, capogruppo della Lega in consiglio comunale a San Casciano e responsabile della Lega nel Chianti, ha pensato di pronunciare nel corso di una seduta svolta online”.
“Ve le ricordate le foto dei camion di Bergamo che sconvolsero l’intero Paese nel corso della prima ondata? Ve la ricordate la fila dei mezzi militari con a bordo decine e decine di bare? Ecco, per la consigliera leghista tutto questo non c’è mai stato. Quei morti e quei camion non sono mai esistiti. Il dolore delle loro famiglie è una fake news. Qui siamo oltre l’espressione di opinioni. Qui siamo alla follia totale. Il segretario della Lega Matteo Salvini non ha nulla da dire?”.

(da TPI)

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FONDI LEGA, IL COMMERCIALISTA SCILLIERI: “MI PROPOSERO DI APRIRE UNO STUDIO CON CENTEMERO”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

PARLA DI “RETROCESSIONI” DI DENARO AL PARTITO

Alla fine del 2016 Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, revisori contabili della Lega in Parlamento, ai domiciliari nell’inchiesta sul caso Lombardia Film Commission, avrebbero “proposto” al commercialista Michele Scillieri, nel cui studio è stata domiciliata la ‘Lega per Salvini premier’, di creare “con loro due e con il tesoriere del Carroccio Giulio Centemero uno studio associato”, ma Scillieri rifiutò.
È un particolare emerso dall’interrogatorio di ieri di Scillieri, anche lui domiciliari, durato quasi dieci ore.
Sempre il commercialista, assistito dal legale Massimo Dinoia, in un altro verbale ha parlato di “retrocessioni” di denaro al partito.
Il rifiuto, ha chiarito Scillieri all’aggiunto Eugenio Fusco e al pm Stefano Civardi, è dovuto al fatto che aveva appena trasferito il suo studio in via delle Stelline e il progetto non lo invogliava. Un progetto di cui si parla, a quanto si è appreso, anche in alcune chat monitorate dagli investigatori.
Nel 2017 la ‘Lega per Salvini premier’ venne domiciliata proprio nello studio milanese di Scillieri e, secondo investigatori e inquirenti, probabilmente il movimento inizialmente avrebbe dovuto essere domiciliato nello studio associato che non venne realizzato e, dunque, Scillieri si sarebbe offerto di domiciliarlo nel suo studio personale.
Nell’interrogatorio il commercialista ha poi continuato a raccontare la sua versione dei fatti sulla presunta vendita ‘gonfiata’ del capannone di Cormano alla Lfc.
E nuovi dettagli sono emersi pure dalle motivazioni con cui il Riesame di Milano ha confermato i domiciliari anche per un’altra persona coinvolta nell’inchiesta, cioè l’imprenditore vicino alla Lega Francesco Barachetti.
L’uomo “pretendeva” di avere più soldi nell’affare del capannone di Cormano venduto alla Lombardia Film Commission, ma Di Rubba “lo tranquillizzò, prospettandogli le ulteriori commesse che avrebbe avuto sia da Carrara”, altro imprenditore, “che dalla Lega“. Parola di Scillieri, come riportato in un verbale citato proprio dal Riesame.
Nelle 40 pagine dell’ordinanza i giudici (Mannocci-Rizzardi-Cucciniello) illustrano inoltre quella che è stata “la spartizione del bottino“, ricostruita dalla Gdf, sugli 800mila euro pagati dalla fondazione regionale Lombardia Film Commission per acquistare quel capannone, a cui ha partecipato anche l’altro revisore del Carroccio Andrea Manzoni.
Una “spartizione” che, come messo a verbale da Scillieri che ha reso ammissioni già  il 28 novembre scorso, era stata già  programmata “nel novembre del 2016”. Lo stesso Scillieri, come già  emerso e raccontato da Ilfattoquotidiano.it, ha parlato di un “accordo intercorrente tra lui e Di Rubba e Manzoni circa la restituzione al partito di una parte degli emolumenti derivanti dagli incarichi ricevuti con nomine di matrice politica“.
E ha messo a verbale a proposito del suo incarico di consulente per la Lfc: “L’incarico da me ricevuto aveva una matrice politica. La Regione nomina Di Rubba (presidente di Lfc, ndr) e Di Rubba nomina me. Era prassi che una quota degli emolumenti venisse restituita al partito. Se non avessi fatto così non avrei avuto altri incarichi (…) Ci sono diversi episodi che mi fanno ritenere che la gestione finanziaria della Lega sia totalmente in mano a Di Rubba e Manzoni”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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ALESSANDRA MUSSOLINI LASCIA LA POLITICA: “VOGLIO BALLARE”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

NON C’ERAVAMO ACCORTI CHE FACESSE POLITICA

Alessandra Mussolini lascia la politica per dedicarsi al ballo: lo dichiara lei stessa in un’intervista in cui ha ripercorso gli ultimi mesi contraddistinti dalla sua partecipazione al talent show Ballando con le stelle.
Intervistata da Il Tempo, proprio a proposito del programma di Rai 1 la Mussolini ha dichiarato: “È stata una esperienza fantastica, non avevo mai ballato prima e non è che avessi fatto corsi di danza o cos’altro. È stata una esperienza anche estrema, a suo modo, perchè dovevi imparare una coreografia da professionista. Mi ha fatto conoscere tanti aspetti della mia personalità  che ancora non conoscevo o magari erano rimasti nascosti. Ma soprattutto mi ha fatto conoscere tanti muscoli che pensavo di non avere”.
Sulla sua attività  politica, poi, l’ex deputata ha affermato: “La politica è stata un ciclo che si è chiuso. Per me è stata ovviamente importante. È chiaro che quando una persona fa tanti anni di politica poi l’esperienza resta dentro. Però i cicli si aprono e si chiudono. Bisogna essere sempre pronti e aperti per le nuove cose e non rimpiangere mai nulla perchè perfettamente inutile”.
“Io sono sempre stata molto istintiva — continua la Mussolini — se vogliamo passionale, e quando faccio le cose dò tutta me stessa, non le faccio mai a metà  le cose. Le faccio totalmente. Sono stata sempre un po’ secchioncella, a scuola come nella vita. Però non una secchiona noiosa ma pazzerella. E la pazzia mi ha sempre salvato”.
Sugli impegni futuri, la Mussolini però non si sbilancia: “Quello che farò mi è sconosciuto completamente. Abbiamo vissuto un anno che ci insegna che non bisogna fare progetti nè programmi. Viviamo alla giornata e si prende quello che c’è”.
“È stato un anno terribile e drammatico — dichiara l’ex deputata parlando del 2020 — Per tanti italiani, per le famiglie, per l’economia. Quello che mi sento di dire è che noi italiani siamo sempre stati un popolo di ottimisti, di fantasiosi ed anche molto serio. Quindi andiamo avanti perchè il Coronavirus non ci piegherà ”.

(da agenzie)

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IL CAPO DELLE TERAPIE INTENSIVE DI BERGAMO AI NO VAX: “SE TI AMMALI, NON VENIRE IN OSPEDALE”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

“SEI LIBERO DI AMMALARTI E DI MORIRE, MA NON DI TOGLIERE UN POSTO LETTO A CHI NON E’ ANDATO IN GIRO SENZA MASCHERINA”

“Il mondo è fatto da tante persone, normali e non. Non condivido il pensiero di un negazionista o un no vax, ma lo rispetto. Però vorrei che lui nella sua scelta rispettasse gli altri, cioè noi. Se si ammala non deve venire in ospedale. Pensi di non avere il virus? Ok. Sei libero di ammalarti e anche di morire, ma non di togliere un posto letto a chi non è andato in giro senza mascherine a gridare contro la polizia. Uguale col vaccino. Non vuoi vaccinarti? Ok. Ma se ho un posto libero in reparto, lo do a chi crede nel vaccino”.
Luca Lorini è il direttore del dipartimento di emergenza, urgenza e area critica (in pratica il capo delle terapie intensive) dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il 27 dicembre sarà  tra i primi vaccinati in Italia.
“Voglio vaccinarmi per dare l’esempio e perchè il vaccino è la luce in fondo al tunnel. Non è il mio campo, non mi occupo di questo ma penso che avere prodotto un vaccino in dieci mesi sia una cosa straordinaria”, dice a Repubblica.
“Per ottenerne uno di solito ci vogliono due anni. Capite? È come lasciare adesso la Ferrari e ritrovarla a marzo che dà  un secondo per ogni giro alle Mercedes. Ma il punto, per quanto mi riguarda, va al di là  della straordinarietà  dei tempi: sono stato in prima linea nella trincea più calda di questa guerra. Non vedevo l’ora di potermi vaccinare”.
“La prima ondata è stata qualcosa che ho realizzato e elaborato dopo. Mentre sei nel mare in tempesta e nuoti, cerchi di salvare tutta la gente intorno a te. Poi quando il mare torna calmo, capisci che cosa è successo. I morti, i sopravvissuti, la forza che ci hai messo. La seconda ondata è stata molto più debole.”, prosegue Lorino. “Questo biennio, alla fine, rimarrà  nella storia. Come la febbre spagnola. Ma – al netto di un dolore immenso – a Bergamo qualche aspetto positivo resterà . Come ospedale abbiamo resistito a uno tsunami e la gente bergamasca si è dimostrata seria, dignitosa, forte. Siamo stati aggrediti alle porte dalle orde barbariche. Ma abbiamo retto”.

(da agenzie)

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IL VIROLOGO PREGLIASCO SULLA VARIANTE INGLESE: “DIFFICILE CONTROLLARLA CON LE MISURE IN VIGORE ADESSO, SERVE LOCKDOWN RIGIDO”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

RISCHIO CHE POSSA PRENDERE IL SOPRAVVENTO

La nuova variante del Coronavirus scoperta nei laboratori del Regno Unito continua a destare preoccupazione. Le autorità  sanitarie britanniche, che a partire da metà  ottobre hanno assistito a un’impennata della curva del contagio, hanno riscontrato che la malattia generata da questa nuova mutazione nel genoma virale si propaga più velocemente.
Motivo per cui anche negli altri Paesi è stato lanciato l’allarme, e domenica 20 dicembre l’Italia ha imposto la sospensione delle rotte aeree provenienti da Londra. Secondo il virologo dell’Università  degli Studi di Milano e membro del Cts di Regione Lombardia Fabrizio Pregliasco “la variante non è più letale nè mortalmente più contagiosa”, ma rende necessaria l’imposizione di misure più severe.
Professor Pregliasco, parliamo di questa variante inglese: non è più letale, ma più contagiosa. Che vuol dire e cosa cambia in termini di diagnosi e misure?
Vuol dire che è più complicato attraverso i sistemi di lockdown controllare la malattia, questo è il punto. E le informazioni che ci arrivano dall’Inghilterra ci dicono anche che c’è una presenza a livello di bambini e giovani, qualcosa che può facilitare ampiamente la diffusione della variante. Non è mortale e non mostruosamente più contagiosa ma è un elemento di preoccupazione.
Perchè è più difficile controllarla attraverso il lockdown?
Essendo più contagioso il lockdown deve essere più rigido. Se troveremo casi generati da questa variante anche in Italia potrebbe essere necessario ricorrere a una stretta maggiore.
Ma se il virus agisse già  in Italia attraverso questa nuova variante, le misure in vigore e in programma potrebbero rivelarsi del tutto insufficienti a fermarne la propagazione.
Intanto menomale che è stato indetto un lockdown più stringente per i giorni di Natale, ma bisogna limitare i viaggi. Oggi a Milano per un appuntamento di lavoro ho visto un traffico micidiale, che non mi aspettavo. Gli assembramenti sono un rischio, ogni contatto interumano rappresenta un rischio: dobbiamo centellinare i contatti.
Come si spiega il fatto che la malattia provocata da questa variante abbia una incidenza maggiore tra bambini e giovani?
Sono prime informazioni che arrivano del Regno Unito e che devono essere verificate. Ma è normale perchè il virus trova varianti per propagarsi, e se trova quella giusta si modifica per sopravvivere. Non ha una sua intelligenza, ma si replica commettendo degli errori. Se quello commesso è “migliore” del precedente, prende il sopravvento.
Significa che il virus fa di tutto per propagarsi meglio e cambia pur di adattarsi a un organismo, e quindi sopravvivere?
È un meccanismo casuale, ma in caso di necessità  — seguendo il principio di Darwin — il Coronavirus varia commettendo nuovi errori nella replicazione. È come per il Negroni sbagliato: faccio delle prove e poi le metto sul mercato. La variante più buona prende il sopravvento sulle altre, anche se in principio era “sbagliata”.
Dottor Pregliasco, lei ha ricordato che prima di questa variante inglese sono state riscontrate almeno altre 12 varianti del virus, perchè allora su questa c’è più allarmismo e clamore?
Perchè si è rivelata più fastidiosa e contagiosa.
Se è importante seguire le segmentazioni genomiche c’è la possibilità  che in futuro una variazione cambi la letalità  e la potenza della malattia?
In genere le varianti migliori sono quelle che si adattano meglio all’ospite, e questo virus l’ha già  trovata: il suo gioco è quello di non dare troppo fastidio per replicarsi.
Sarà  necessario modificare il vaccino per rafforzare la risposta a questa variante?
Questa nuova modalità  di produzione del vaccino con l’Rna si può modificare anche più in fretta rispetto ai metodi normali, dunque se sarà  necessario i vaccini di Pfizer o Moderna si potranno adattare alla nuova variante.
Abbiamo visto che il Regno Unito dispone di una fitta rete di laboratori deputati allo studio delle sequenze genomiche, è per questo che la variante è stata scoperta nel Kent
Anche noi un po’ di sequenziamenti li facciamo, ma loro ne fanno in misura maggiore. E questo ci deve spingerne a farne di più.
Significa che con un consorzio altrettanto solido avremmo potuto scoprire una variante anche in Italia?
No, diciamo che magari è probabile che il virus sia nato lì, perchè la curva è peggiorata da un po’ di tempo. Per ora noi abbiamo una situazione relativamente ottimistica di miglioramento.

(da agenzie)

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“MI HANNO PICCHIATO E MINACCIATO: IN LIBIA HO PENSATO DI MORIRE”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

INTERVISTA A UNO DEI PESCATORI DI MAZARA DEL VALLO

“Adesso non sono con mio marito. Me l’hanno sequestrato, stavolta in senso buono. Mi chiami tra un’ora”. Finalmente ride e scherza al telefono Cristina Amabilino, moglie di uno dei 18 pescatori di Mazara del Vallo tenuti prigionieri per 108 giorni in Libia e rientrati in Italia domenica scorsa. TPI l’aveva incontrata nella cittadina trapanese lo scorso 13 dicembre, durante una protesta in cui, con gli altri familiari dei sequestrati, chiedeva a gran voce la liberazione dei marittimi rapiti dalle forze del generale Haftar lo scorso settembre. Il sequestro è avvenuto mentre i pescherecci si trovavano in acque internazionali, ma in una zona di cui la Libia rivendica unilateralmente da anni lo sfruttamento esclusivo.
Quattro giorni dopo quella protesta, è arrivata la notizia che tutti aspettavano: i pescatori erano finalmente liberi e stavano per rientrare in Italia a bordo dell’Atlantide e del Medinea. Così, pochi giorni dopo il suo ritorno a casa dalla moglie e dai figli, Bernardo Salvo, dell’equipaggio del peschereccio Natalino, può raccontarci i difficili momenti della prigionia a Bengasi: “Sono stati 108 giorni di violenza e umiliazioni”, dice a TPI.
Cominciamo dall’inizio, cosa è successo durante il sequestro?
La guardia costiera libica ci ha fermato, hanno detto che era un normale controllo. Mi hanno fatto scendere dal Natalino e salire su un gommone, che mi ha portato sulla motovedetta libica. Il comandate della motovedetta libica mi faceva segno di chiamare il Natalino e dirgli di fare rotta verso Bengasi. Il comandante del Natalino sul momento mi ha detto “Sì, va bene”. Ma poi ho perso ogni contatto con lui. Quando la motovedetta si diretta verso il peschereccio, lui ha cambiato rotta e se n’è andato.
Aveva intuito quello che stava succedendo?
Secondo me sì, per questo se n’è andato
Lei aveva capito cosa stesse succedendo?
No, non avevo mai avuto questo tipo di esperienza. Per me era solo un normale controllo.
Si aspettava che la lasciasse lì?
No, non ci credevo. Mi fidavo del comandante, non potevo pensare che mi abbandonasse lì.
Lei era il solo membro dell’equipaggio del Natalino?
Sì, gli altri erano componenti degli altri pescherecci.
Poi cosa è successo?
La mattina del 2 settembre la motovedetta si è fermata davanti al porto di Bengasi. I libici si aspettavano 4 pescherecci, ma ne erano arrivati solo 2. Per questo in banchina se la sono presa con me e con Giacomo Giacalone (dell’equipaggio dell’altro peschereccio fuggito, ndr).
Vi hanno picchiati?
Sì, ci hanno dato ginocchiate sulle gambe, schiaffi sulla schiena e spintoni.
Solo a voi due?
Sì. Ci hanno martoriati tutto il giorno mentre eravamo ancora in banchina. Ci dicevano di chiamare i pescherecci, di dirgli di venire a terra. Altrimenti minacciavano ci ucciderci, di tagliarci le gambe.
Lei in quel momento cosa pensava?
Mi hanno fatto tanta paura che pensavo sarei morto.
Poi dove vi hanno portati?
Hanno preso i comandanti e direttori di macchina dell’Antartide e del Medinea, insieme a me e a Giacomo Giacalone, e ci hanno portati al ministero dell’Interno. Siamo stati lì 4 giorni, abbiamo dormito per terra, con un tappetino e pezzi di vetro spezzettati per terra. Lì è iniziato il nostro incubo.
Dopo cosa è successo?
Hanno portato noi 6 nel primo carcere, poi anche i marinai degli equipaggi. Lì abbiamo vissuto un mese di terrore.
Avete cambiato in tutto 4 carceri.
Sì, uno peggiore dell’altro.
In quali condizioni vi trovavate?
Dormivamo a terra. Per mangiare ci portavano due ciotole di alluminio, le mettevano sul pavimento e dovevamo usarle per mangiare in 18. Senza posate, ci aiutavamo con le mani.
Continuavano a minacciarvi?
Sì, ci spaventavano e ci umiliavano. Lì ragionano così. Poi di prendevano sempre in giro, dicendo che era tutto a posto. Ma niente era a posto. Dicevano sempre “domani, domani”, ma poi passavamo da un carcere all’altro, di notte.
Alcuni di voi hanno raccontato di aver sentito le urla degli altri prigionieri.
Sì, sia nel primo sia nell’ultimo carcere. L’ultimo è stato il peggiore, eravamo come dentro una scatola nera. Ogni sera sentivamo che facevano uscire i detenuti libici. Non so dove li portassero, non vedevamo nulla, ma li sentivamo piangere come bambini. Secondo noi li torturavano.
Questi prigionieri non li avete mai visti?
No, mai. Solo sentiti.
Pensate fossero libici o stranieri?
Non lo so. Ma i tunisini ci dicevano che pensavano fossero libici.
In questi mesi avete avuto solo una telefonata con le vostre famiglie, giusto?
Sì. In quel momento abbiamo avuto un po’ di sollievo, perchè pensavamo che qualcosa si stesse muovendo. Fino a quel punto non avevamo nessuna notizia o conforto. Eravamo senza speranze.
Quando avete capito che vi avrebbero liberati?
Proprio perchè ci prendevano sempre in giro, all’inizio non ci credevamo. Pensavamo ci stessero portando in un altro carcere. Quando ci hanno fatto salire sul pullman non eravamo ancora sicuri, ma eravamo contenti perchè ci avevano riunito finalmente dopo mesi, tunisini e italiani. Poi siamo arrivati davanti al porto e c’era quest’uomo che ci ha sostenuto, un certo Mario. Quando lo abbiamo sentito parlare in italiano, allora abbiamo capito che saremmo stati liberi.
Chi era questo Mario?
Non lo so, so che era la persona che ha gestito la situazione.
Forse qualcuno dei servizi?
Non so cosa dirle su questa persona, perchè non so nulla.
Poi siete saliti sulle barche.
Sì, lì ci siamo abbracciati tutti, ci siamo messi a piangere. Ci dicevamo: dai ragazzi, ce l’abbiamo fatta, stiamo tornando a casa.
Vi aspettavate quello che hanno fatto le vostre mogli e le vostre famiglie?
Sapevamo che non ci avrebbero abbandonato, ma tutto questo non me l’aspettavo. Oggi so che grazie a loro noi siamo usciti di là . Hanno messo in ginocchio l’Italia.
Che Natale la aspetta?
Il più bello della mia vita, con mia moglie e con i miei figli.
Tornerà  in mare?
Sì, il mio mestiere è questo. Tornerò, ma non adesso. Non è ancora il momento.

(da TPI)

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OMS: “LA VARIANTE INGLESE CIRCOLA VELOCEMENTE,PREFERISCE I GIOVANI E COLPISCE GLI UNDER 60”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

COSA SAPPIAMO DELLA VARIANTE INGLESE

Dopo l’esplosione dei casi di Coronavirus provocati dalla variante scoperta a sud Est del Regno Unito, l’Oms ha prodotto un focus su quanto sappiamo finora sulla cosiddetta “variante inglese“. La variante del genoma virale “preferisce i giovani e gli adulti sotto i 60 anni”, riporta l’Oms, informata “il 14 dicembre” dalle autorità  sanitarie britanniche della scoperta. Gli esperti inglesi hanno ribattezzato la variante “identificata tramite sequenziamento del genoma virale” con la sigla: VUI 202012/01 (Variant Under Investigation, anno 2020, mese 12, variante 01).
La variante inglese circola più velocemente
Ad oggi l’unico elemento appurato è che la variante determina una diffusione più facile della malattia, ma bisogna ancora accertare se può provocarne una forma più potente e letale o se il vaccino sarà  o meno efficace. “Fino al 13 dicembre nel Regno Unito erano stati identificati 1.108 casi”, scrivono gli esperti nel rapporto.
Come è stata scoperta la variante inglese: la ricostruzione dell’Oms
La variante è stata rilevata nell’ambito di un’indagine epidemiologica e virologica scattata all’inizio di dicembre a seguito di un aumento inaspettato nei casi di Covid-19 nel Sud-Est dell’Inghilterra”, nella contea inglese del Kent, dove dal 5 ottobre al 13 dicembre si è registrato “un aumento di oltre 3 volte nel tasso di notifica dei casi” calcolato sui 14 giorni.
L’Oms ricostruisce ancora che “in media, dall’inizio della pandemia, nel Regno Unito sono stati sequenziati di routine tra il 5 e il 10 per cento di tutti i virus Sars-CoV-2 rilevati, il 4 per cento nel Sud-Est dell’Inghilterra. Qui, nel periodo in cui si è osservato il picco improvviso della curva epidemiologica, “oltre il 50 per cento degli isolati è stato identificato come variante”.
Ma la prima variante identificata nel Kent risale al 20 settembre 220, mentre l’aumento esponenziale di casi si è verificato a novembre, per la maggior parte “in persone di età  inferiore a 60 anni”. La nuova variante è stata identificata anche fuori dai confini britannici, in diversi Paesi tra cui Australia, Danimarca, Italia, Islanda e Paesi Bassi.
Le raccomandazioni dell’Oms sulle misure da adottare
“Tutti i Paesi devono valutare il proprio livello di trasmissione locale e applicare adeguate attività  di prevenzione e controllo, compreso l’adattamento delle misure di salute pubblica e sociali secondo guida Oms”, si legge ancora nel report. Particolare enfasi è data alla mobilità  tra Paesi, viaggi e rotte aeree internazionali.
“Le autorità  sanitarie dovrebbero collaborare con i settori dei viaggi, dei trasporti e del turismo per fornire ai viaggiatori informazioni per ridurre il rischio generale di infezioni respiratorie acute, ai punti di ingresso di stazioni, aeroporti e così via, tramite cliniche di medicina dei viaggi, agenzie di viaggio, operatori dei trasporti”, scrive l’Oms.
“In linea con la raccomandazione fornita dal Comitato di emergenza su Covid-19 nella sua riunione più recente, gli Stati devono riesaminare regolarmente le misure applicate ai viaggi internazionali e motivare all’Oms quelle che interferiscono in modo significativo col traffico internazionale garantendo che siano basate sul rischio e sulle evidenze raccolte, e che siano proporzionate e limitate nel tempo”, raccomandano ancora gli esperti nel report.

(da agenzie)

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LA TESTIMONIANZA DI UN ITALIANO A LONDRA: “IL NUOVO CEPPO DEL COVID DA’ STANCHEZZA E MAL DI TESTA”

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

ADRIANO HA 29 ANNI, VIVE A LONDRA ED E’ STATO UNO DEI PRIMI ITALIANI A RIMANERE CONTAGIATO DAL NUOVO CEPPO DEL COVID

Un ragazzo italiano di 29 anni residente a Londra, Adriano, ha chiamato ‘Cosa Succede in Città , trasmissione di Radio Cusano Campus, per raccontare la sua esperienza diretta con il nuovo ceppo di Coronavirus: “Adesso sono guarito, anche se non mi sento ancora al 100% – ha affermato Adriano – Forse sono stato uno dei primi italiani ad aver contratto questo nuovo ceppo. Ero al lavoro, in un pub di Londra, ed ho iniziato a sentirmi strano, è iniziato con un raffreddore, poi con un mal di testa. Sono andato a fare il tampone e sono risultato positivo. Quando sei positivo, dall’Ncs ti chiamano, ti chiedono come stai, se hai bisogno di assistenza e proprio loro mi hanno riferito che, stando ai sintomi, avevo contratto quel ceppo. Questo nuovo ceppo, stando a quanto mi hanno detto dall’Ncs, si distingue dagli altri perchè dà  forte stanchezza e forti mal di testa continui”.

(da Globalist)

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L’INDIFFERENZA DEI MEDIA ITALIANI SULLA CAUSA DELLE FAMIGLIE DELLE VITTIME DEL COVID

Dicembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile

LA NOTIZIA RIPORTATA DAL GUARDIAN

A farcelo scoprire, questa mattina, è stato il Guardian.
Il quotidiano britannico, infatti, ha reso nota l’iniziativa delle famiglie italiane delle vittime del coronavirus che stanno preparando un’azione legale nei confronti del governo per quanto accaduto ai loro parenti.
La causa famiglie vittime Covid arriva nell’indifferenza generale dei quotidiani italiani, che hanno preferito lasciare spazio alle storie strappa-lacrime degli italiani rimasti bloccati nell’aeroporto di Londra, subito dopo l’interruzione dei voli tra la Gran Bretagna e l’Italia a causa della cosiddetta variante inglese del coronavirus.
Uno dei principali quotidiani britannici, invece, ha dedicato un ampio spazio alla notizia, raccontando come le 500 famiglie abbiano promosso un’azione legale contro il primo ministro, il ministro della Salute e il presidente della regione Lombardia per presunta negligenza criminale nella gestione della pandemia.
Nella giornata di oggi, mercoledì 23 dicembre, l’istanza di causa civile verrà  presentata presso la procura di Bergamo che, come sappiamo, è una delle città  al centro della provincia più colpita dalla prima ondata di coronavirus.
La richiesta di causa civile è stata formulata dall’avvocato Consuelo Locati che chiede 259mila euro a titolo di risarcimento per ciascuna delle 500 famiglie che hanno intentato causa. Consuelo Locati rappresenta, infatti, i membri di Noi Denunceremo, un gruppo per i parenti delle vittime del covid che si è formato ad aprile e che, da allora, sta facendo sentire costantemente la propria voce.
Una voce che, però, a quanto pare viene ascoltata pochissimo in Italia, dove i media del nostro Paese sembrano non dare troppo peso a una causa che mette di fronte al governo e alle istituzioni locali sia la cattiva gestione della mancata zona rossa di Alzano e Nembro, sia l’assenza di un piano pandemico strutturato che potesse in qualche modo contribuire a diminuire gli effetti dell’epidemia nel Paese.
La causa civile, infatti, è stata promossa a partire principalmente da questa nuova notizia, emersa in seguito ad alcune inchieste di Report che hanno raccontato di una sorta di insabbiamento — avvenuto al livello di vertice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  — del mancato aggiornamento del piano pandemico italiano, fermo al 2016. Una notizia recente, che ha dato ancora maggiore impulso alla richiesta di una causa civile.
Il Guardian ha riportato anche le dichiarazioni di Luca Fusco, il rappresentante dell’associazione Noi Denunceremo: «Questa azione legale è il nostro regalo di Natale per quelli che avrebbero dovuto agire e non l’hanno fatto, mentre in Italia, nel giorno di Natale, ci saranno 70mila sedie vuote (quelle delle vittime del coronavirus nel Paese, ndr). Con una pianificazione adeguata, come richiesto più e più volte dall’UE e dall’OMS, siamo certi che ce ne sarebbero stati molti meno». Ma sui giornali italiani, tranne poche eccezioni, tutto tace.

(da agenzie)

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