Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
QUANDO ERA MINISTRO DEGLI INTERNI HA DISERTATO 7 INCONTRI SU 8 CON I COLLEGHI DEGLI ALTRI PAESI
Cosa pensa Salvini dell’Europa è un mistero. L’ex ministro dell’Interno a Otto e Mezzo ieri ha
provato a svicolare su un tema di stretta attualità : come si ricolloca la Lega in Europa se deciderà di appoggiare il governo Draghi?
Perchè non si può essere contemporaneamente a favore o contro. Il leader della Lega cerca di barcamenarsi raccontando cose già dette e già smentite, come ad esempio che i soldi dei Recovery Fund non vanno presi tutti.
Secondo Salvini l’Italia dovrebbe accettare solo la parte a fondo perduto rinunciando agli altri due terzi. Evidentemente la chiarissima spiegazione che Cottarelli aveva dato a Dimartedì per confutare la sua tesi non è stata recepita dal Capitano: “Rimango stupito, quei prestiti sono erogati a tassi negativi, sui 10 anni prendi a prestito 100 e restituisci 98, sui prestiti soltanto si risparmiano 25 miliardi in 10 anni”, aveva dichiarato l’economista. Messo alle strette Salvini a Otto e Mezzo continua a dire: “A me interessa più quello che succede a Palermo e a Torino degli accordi e degli equilibri tra Parigi e Bruxelles”.
“Prima o poi lei dovrà andare in Europa a contrattare”.
Salvini borbotta: “io ho fatto il ministro, il vicepremier…”.
E la Gruber ribatte: “Sì, hanno detto che non l’hanno mai vista spesso come ministro dell’Interno, praticamente mai”
(da agenzie)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
LA GRUBER GLIELO RICORDA E SALVINI SI AMMUTOLISCE E NON SA PIU’ CHE REPLICARE
Per Salvini è stato “un anno e mezzo di disastri della “Premiata Ditta Conte, Renzi, Di Maio e
Zingaretti”. Il leader della Lega da Lilli Gruber a Otto e mezzo prova ad addossare, come ha già fatto in passato per essere poi clamorosamente smentito ad esempio con l’RT sbagliato in Lombardia, la responsabilità del numero dei morti di COVID all’esecutivo giallorosso.
Che è nato, ricordiamolo perchè il “Capitano” ha deciso di innescare una crisi di governo in pieno agosto, dalle spiagge del Papeete, non per un colpo di mano di chissà chi.
Eppure secondo Salvini se quell’estate fossimo andati a votare l’emergenza COVID sarebbe stata gestita meglio, perchè il centrodestra avrebbe vinto e avrebbe governato. Ci sarebbero stati meno morti?
Non si discute sui se, ma un fatto è che Salvini nell’estate 2020 non si è certo prodigato per evitare assembramenti e promuovere con convizione l’uso della mascherina, tanto per dirne un paio. Anzi, come gli fa notare Lilli Gruber con quello che diceva oggi staremmo messi probabilmente anche peggio .
“Sulla pandemia non si fa politica” spiega alla conduttrice Salvini per poi fare esattamente il contrario e aggiungere: “Però l’Italia è tra i grandi paesi al mondo quello con più morti e con più disoccupati”.
La Gruber interrompe subito il “frullatore” che il “Capitano” sta già mettendo in azione: “Le ricordo che il record del numero di morti in Italia ce l’ha la Regione Lombardia gestita da Fontana amico nonchè leghista”. E a quel punto Salvini non sa più che dire.
Proprio lui che aveva appena dato la responsabilità al governo dice che non può essere colpa della Lombardia: seguono i rituali ringraziamenti al governatore della regione, ai sindaci e via cantando. La cosa triste è che tra chi ha guardato la trasmissione c’erano tanti, tantissimi che hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia del Coronavirus. E che un morto ce l’hanno in famiglia.
Chissà cosa hanno pensato di chi ci fa sopra un teatrino in televisione.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DELL’AJA DOPO UNA CAUSA DURATA 13 ANNI… SENTENZA STORICA CONTRO UNA MULTINAZIONALE CHE PENSA DI FARE PROFITTI SENZA RISPETTARE LE NORME
La controllata Nigeriana della multinazionale petrolifera anglo-olandese Royal Dutch Shell dovrà risarcire un gruppo di contadini per l’inquinamento della regione del delta del fiume Niger provocato da alcune fuoriuscite di greggio dagli oleodotti.
A stabilirlo è stata una sentenza di una Corte d’appello olandese, con sede all’Aja. I giudici hanno deciso che Nigeria Shell dovrà provvedere a una compensazione economica per quattro contadini che avevano presentato una denuncia ai danni della società 13 anni fa e due dei querelanti nel frattempo sono deceduti.
“Il tribunale ha giudicato che Shell Nigeria è stata responsabile dei danni causati dalle fughe di petrolio” ha dichiarato il giudice durante l’udienza celebrata all’Aja.
La direzione olandese della multinazionale dovrà , inoltre, equipaggiare gli oleodotti coinvolti con un “sistema di segnalazione precoce di eventuali perdite” proprio per evitare futuri danni ambientali.
Non è ancora stato definito l’importo del risarcimento, nè se tutti e quattro i coltivatori riceveranno un indennizzo. La società madre, la Shell con sede nei Paesi Bassi, non è stata ritenuta direttamente responsabile dalla Corte, ma sarà comunque tenuta a installare nei suoi impianti un sistema di rilevazione di eventuale fuoriuscite di greggio.
A dare il via al caso era stata la denuncia di quattro coltivatori nigeriani nativi dei villaggi di Goi, Ikot Ada Udo e Orumatre in tre diversi stati del Sud del Paese, nella regione del delta del Niger.
I fatti contestati dai coltivatori, che avevano sporto denuncia insieme con la filiale olandese della ong Friends of the Earth, riguardano due episodi di inquinamento risalenti al 2004 e al 2007. Il verdetto del tribunale olandese è stato accolto con soddisfazione dagli ambientalisti. A sostenere i contadini nella loro lotta è stata Milieudefensie, ramo olandese dell’organizzazione internazionale Friends of Earth che su Twitter fa sapere di aver appreso della notizia con “lacrime di gioia”.
Secondo gli esperti la sentenza farà giurisprudenza in materia di responsabilità ambientale. “La vittoria annuncia l’inizio di una nuova era in cui le grandi multinazionali non potranno più svolgere i propri affari senza legge ma saranno responsabili di tutte le loro operazioni, anche all’estero”, ha dichiarato Donald Pols, direttore di Milieudefensie. “Per gli abitanti del delta del Niger è cruciale che le loro terre siano ripulite, che i loro raccolti e mezzi di sopravvivenza andati persi vengano risarciti dai colpevoli: Shell”, ha sottolineato l’attivista.
Shell potrà fare ricorso in Cassazione, portando avanti un processo lungo e complesso. Inizialmente la filiale nigeriana è stata ritenuta responsabile dell’inquinamento solo in parte e condannata a versare risarcimenti a solo uno dei quattro contadini.
Primo produttore di petrolio in Africa, con 2 milioni di barili esportati ogni giorno, da 50 anni la Nigeria è oggetto di uno sfruttamento intensivo delle sue risorse, molto inquinante, dannoso per l’ambiente e la popolazione, spesso sprovvista di carburante e servizi essenziali.
Shell era stata già condannata a dicembre dalla Corte suprema nigeriana a pagare centinaia di milioni di dollari di indennizzo a una comunità di pescatori dello stato costiero di Rivers State.
Il gigante petrolifero con sede nei Paesi Bassi lo scorso anno ha chiuso con un rosso di 21,7 miliardi di dollari, sotto il peso del crollo delle quotazioni del petrolio e delle svalutazioni legate alla crisi innescata dal Covid-19. Nel 2019 Shell aveva registrato un utile di 15,8 miliardi. Il prezzo del petrolio è caduto a minimi storici nella scorsa primavera con l’inizio della pandemia, che ha causato un crollo dei consumi, finendo anche in territorio negativo a inizio aprile. In seguito le quotazioni si sono riprese, tornando verso 50 dollari, ma restano ancora sotto i livelli di inizio 2020.
I conti del gruppo hanno risentito dello shock della pandemia soprattutto nel secondo trimestre, chiuso con enormi svalutazioni, che avevano comportato una perdita netta nei tre mesi di oltre 18 miliardi di dollari.
La perdita annuale di Shell supera anche quella annunciata dalla concorrente britannica BP, che lo scorso anno è andata in rosso per 20,3 miliardi di dollari. La compagnia petrolifera ha lanciato una profonda ristrutturazione per adattarsi al calo delle quotazioni del petrolio e per rendere più sostenibili le sue attività , con l’obiettivo di arrivare alla carbon neutrality entro il 2050. Il piano passa per una drastica riduzione dei costi e prevede la soppressione di 7.000-9.000 posti entro il 2022.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
STAVOLTA NON SI VOTA NEANCHE SU ROUSSEAU, NEL TIMORE CHE VOTINO NO A DRAGHI
Agenda e sostanza cominciano a prendere forma sul tavolo di Mario Draghi dopo che Forza Italia
ha definitivamente sciolto la riserva, dichiarando apertamente il proprio sostegno.
Mentre Luigi Di Maio ha invitato i parlamentari cinquestelle a mostrare maturità : “Abbiamo il dovere di ascoltare” Draghi, ha detto il ministro degli Esteri uscente, e “di assumere poi una posizione sulla base di quello che i parlamentari decideranno”.
Una linea che sembra escludere un voto su Rousseau, ipotizzato ieri da Vito Crimi. E mentre la sindaca di Roma Virgina Raggi invita apertamente ad aprire a Draghi, Giuseppe Conte ha parlato per pochi minuti davanti a a Palazzo Chigi: “Da me nessun ostacolo a Draghi, i sabotatori sono altrove. Auspico un governo politico”, ha detto. E al M5S ha assicurato: “Io per il Movimento ci sono e ci sarò”.
Parole in cui si può leggere una sua disponibilità a un coinvolgimento diretto nel nuovo esecutivo e una a una futura candidatura a guida dei cinquestelle. Di Maio lo ha ringraziato: “Condivido pienamente la necessità di un forte impulso politico nel governo che andrà a formarsi. Il Movimento gli è riconoscente e continuerà ad essere protagonista anche grazie a lui”.
Ad annunciare il si all’esecutivo guidato dall’ex numero uno della Bce è Silvio Berlusconi in persona al termine di una riunione in video conferenza con il vicepresidente azzurro Antonio Tajani e le capigruppo Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini: “La scelta del Presidente della Repubblica di conferire a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo governo va nella direzione che abbiamo indicato da settimane: quella di una personalità di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare l’unità sostanziale delle migliori energie del Paese”.
Il Cavaliere sottolinea tuttavia anche l’importanza di preservare la coalizione di centrodestra: “Ci siamo confrontati e continueremo a confrontarci con i leader del centrodestra, convinti dell’importanza di preservare un’alleanza essenziale per il futuro del Paese”.
Nel campo del centrodestra, dopo il sì di Forza Italia, Giorgia Meloni sostiene la via dell’astensione, mentre Matteo Salvini resta incerto. “Se c’è voglia di un Paese cha apre, vive, fa sport o va a teatro, bene, se qualcuno, invece vuole, a sinistra, la riedizione del governo Conte, cambiando Conte con Draghi, allora no”, dice il leader della Lega entrando alla Camera.
Fonti della segreteria leghista fanno trapelare una disponibilità del partito su singoli temi, dalle tasse alle grandi opere, dalla difesa dei confini agli aiuti per le famiglie. La ex maggioranza cerca altrettanto un punto di caduta, tra il Pd pronto a sostenere il nuovo tentativo salvaguardando l’alleanza giallorossa e il M5S diviso fra i sostenitori del no senza appello – l’ala Di Battista e non solo – e gli aperturisti.
Nel pomeriggio inizieranno a Montecitorio le consultazioni tra le forze in Parlamento e il premier incaricato, chiamato a trovare i numeri per far partire un nuovo governo. Quanto forte sarà il sostegno all’esecutivo e quale sarà il suo ‘format’ (tecnico, politico, un mix di entrambi?) dipende dalla politica.
(da agenzie)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
SCRICCHIOLA LA COALIZIONE… SALVINI ANNASPA NEL PARTITO, I SOVRANISTI TEMONO DI PERDERE LA GAMBA MODERATA DI FORZA ITALIA E DI RIMANERE ISOLATI AL VOTO
Il vertice del centrodestra non è andato bene. «Forza Italia non può non votare la fiducia a Mario
Draghi», ripetono al telefono i colleghi di partito, nemmeno troppo al riparo dai giornalisti che assediano via degli Uffici del Vicario.
Quello che non comprendono i forzisti è come mai Giorgia Meloni si sia impuntata sulla questione dell’unità della coalizione, quando un ruolo all’opposizione non farebbe altro che accrescere il consenso di Fratelli d’Italia. La retorica dei tecnocrati e dei potentati economici che mettono le grinfie sulla Nazione foraggerebbe i social network della destra.
«Evidentemente non c’è fiducia reciproca nella coalizione», spiega un portavoce di Forza Italia. Matteo Salvini e Meloni temerebbero che un allontanamento concordato di Forza Italia dalla coalizione potrebbe sfociare in un’alleanza elettorale che lascerebbe il centrodestra senza una rappresentanza moderata.
Il rischio isolamento dei sovranisti
La paura è che, alle prossime elezioni, possano arrivare a contrapporsi due schieramenti, europeisti contro sovranisti: Forza Italia consoliderebbe un’alleanza con i partiti centristi, mentre Lega e Fratelli d’Italia resterebbero senza la stampella che porta alla loro causa il consenso dei moderati.
Anche a livello di accreditamento all’estero, non avere i forzisti in coalizione minerebbe non pochi rapporti con alcune cancellerie.
«Se solo si fidassero, il gioco delle parti reggerebbe: noi saremmo liberi di appoggiare Draghi, personalità che combacia esattamente con il sentimento del nostro elettorato, Meloni potrebbe iniziare già a fare campagna elettorale», racconta un deputato FI a Open.
E Salvini? «Sta facendo fatica a fare una sintesi delle anime del suo partito. Per questo una volta dichiara di voler andare al voto e l’altra, invece, dice di aspettare le comunicazioni di Draghi». La dirigenza della Lega, dicono fonti parlamentari, è impegnatissima a tenere insieme i cocci per contenere la rottura interna.
Sì a Draghi con Flat tax e Quota 100
È chiaro che l’ex presidente della Bce non accetterà mai di stravolgere la sua idea di economia in favore di misure come Quota 100 e Flat tax. Il credito di cui Draghi gode all’estero è un tesoro inestimabile, tanto per lui quanto per la riuscita dell’operazione: l’andamento della borsa italiana, dopo che Sergio Mattarella ha fatto il suo nome, sta segnando i risultati migliori degli ultimi mesi. Forza Italia “non si assumerà la responsabilità di dire no a un governo Draghi”.
È troppo presto per dire se la rottura della coalizione effettivamente ci sarà e se porterà alla nascita di un nuovo polo centrista, ipotesi tuttavia interessante per il futuro di Italia viva che ormai, con il Pd, difficilmente tornerà a parlarsi.
Renzi ha già stupito tutti e questo potrebbe essere l’ultimo stadio della sua strategia.
(da agenzie)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
ESCONO GLI SCHELETRI NELL’ARMADIO DELLA COALIZIONE
Draghi sì, Draghi no. Il centrodestra non ha una linea comune sul presidente incaricato, e ora
potrebbe spaccarsi: da una parte c’è Forza Italia che è pronta a dare la fiducia all’ex numero 1 della Banca Centrale europea (con Berlusconi anche Toti e Quagliariello di Cambiamo!), dall’altra Giorgia Meloni che ha pronunciato un no secco (al massimo astensione) fin dall’inizio, da quando il Presidente della Repubblica ha affidato il mandato esplorativo al presidente.
Nel mezzo c’è Matteo Salvini, stretto in una “tonnara” — come l’ha definita Verderami sul “Corriere della Sera” — tra i due alleati di coalizione, che non chiude la porta in faccia a Mario Draghi, ma neanche la spalanca, limitandosi a un: “Vedremo cosa avrà da dirci e proporci. A noi interessa il programma”.
Eppure sembra che il leader della Lega stia prendendo tempo per cercare la via maestra che accontenti tutti i suoi elettori, e che non crei fratture insanabili nella coalizione.
Punto numero 1
Il centrodestra durante il Conte II ha costituito un fronte compatto all’opposizione. Per dare il messaggio di unità al Paese è persino salito al Colle per le consultazioni con il Presidente della Repubblica unito, come a dire “noi ci siamo, e siamo compatti. Non come i giallorossi, che un giorno si amano e un altro si odiano”.
E su questa strada vorrebbero continuare a camminare, anche se il Quirinale gli ha messo i bastoni fra le ruote facendo il nome di Mario Draghi. Questo perchè è una figura che mal digeriscono i sovranisti (targati Lega e Fdi): troppo “banchiere”, troppo europeo e internazionale (“vicino ai poteri forti”).
Ma, ironia della sorte, questi sono proprio i motivi per cui invece piace ai liberali (Fi e Cambiamo”). Infatti ora iniziano ad arrivare i nodi al pettine: possono due anime così diverse stare all’interno della stessa coalizione?
Punto numero 2: gli elettori.
Sembra che Giorgia Meloni non si interessi di questo. O meglio: sa che tra i suoi non ce ne sono di fan di Draghi. E quindi il no secco (o, ripetiamo, al massimo l’astensione), piace — e non poco — a tutti. Lo stesso non può dire Matteo Salvini, che negli ultimi anni ha arricchito il suo bacino, comprendendoci all’interno anche gli imprenditori, e soprattutto quelli del nord, sedotti con alcune misure e proposte (ricordiamo la flat tax). Insomma, a questi stessi imprenditori il nome di Mario Draghi piace e convince e sarà difficile per il leader della Lega far loro cambiare idea, come sarà difficile far cambiare idea all’altra tipologia del suo elettore. Lo stesso vale però per il mondo berlusconiano, che mai potrebbe fare uno sgambetto a Mario Draghi.
Punto numero 3
Ieri, all’ora di pranzo circa, il centrodestra si è perciò incontrato nel centro di Roma. Così da cercare una linea comune, che però non è stata trovata. Salvini è uscito di lì dicendo che “si vedrà ”, mantenendo quella cautela di chi temporeggia e prende tempo. Così come lui anche l’ala berlusconiana, che però sta cercando di convincere il leader della Lega. E la Meloni, partiti da un “no” categorico è arrivata a dire che “al massimo ci asteniamo, ma solo se lo facciamo tutti insieme”. Tradotto: o ci asteniamo, o ognuna fa per sè. Quindi Fdi no, Fi sì, Lega forse.
Se invece la linea della Meloni sarà condivisa da tutta la coalizione le cose saranno di gran lunga differenti. Motivo numero 1: il governo Draghi — se non appoggiato dall’intero Movimento 5 Stelle — non vedrebbe la luce. Motivo numero 2, più interessante per il centrodestra, e sopratutto per Lega e Forza Italia: da una costola di un apostolo di Berlusconi potrebbe nascere una forza politica che andrebbe a braccetto con Giovanni Toti. Parliamo della vicepresidente della Camera Mara Carfagna, che strizza l’occhio a Draghi.
C’è chi riferisce che ieri sia stata vista a confabulare proprio con il governatore ligure e cn Gaetano Quagliariello. Da questa costola potrebbe quindi nascere qualcosa, quel qualcosa chepiacerebbe anche agli imprenditori leghisti, scontenti della decisione del Capitano di affossare Mario Draghi.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
MA SE ELARGISCE POLTRONE AI PARTITI SE NE PUO’ PARLARE
L’ex numero uno della Bce non era ancora salito al Colle, che già la politica si interrogava sullo passo successivo. Chi sosterrà in Parlamento un esecutivo Draghi? Il capo dello Stato ha fatto appello a tutti i partiti, ma chi sarà disponibile a votargli la fiducia?
In queste ore tutto il mondo politico sta cercando di riprendersi dal contraccolpo derivante dalla mossa di Mattarella. E, alla conta dei fatti, solo due partiti sono davvero e apertamente favorevoli a Mario Draghi: Italia Viva e Forza Italia. Insomma, la stampa (anche straniera) ha accolto l’ex governatore con grande entusiasmo come il salvatore del Paese, ma in Parlamento mancano i numeri.
I due “Sì” di Renzi e Berlusconi per Supermario erano davvero scontati. Il leader di Italia Viva, addirittura, rivendica di essere stato in qualche modo l’artefice dell’arrivo di Draghi. E ora fa un appello perchè tutti lo sostengano: “Ora è il momento dei costruttori. Ora tutte le persone di buona volontà devono accogliere l’appello del Presidente Mattarella e sostenere il governo di Mario Draghi. Ora è il tempo della sobrietà . Zero polemiche, Viva l’Italia”.
Forza Italia si era già schierata a favore di un governo istituzionale. E Mario Draghi è una personalità molto gradita agli azzurri: “La stima per Mario Draghi è antica, al punto che lo stesso Berlusconi ha più volte rivendicato di averlo voluto fortemente alla guida Bce”, fanno sapere dal quartier generale di Fi
Il “no” pentastellato, ma il Movimento è spaccato
Con 191 deputati e 92 senatori, il gruppo dei Cinque Stelle continua ad essere il più numeroso. E per il momento la posizione ufficiale del partito è un no secco a Draghi. Vito Crimi ha detto: “Il MoVimento 5 Stelle già durante le consultazioni, aveva rappresentato che l’unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voterà per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi”. E lo stesso fondatore, Beppe Grillo, ha fatto sapere di essere contrario a un governo Draghi.
Ma il partito è più che mai diviso in moltissime anime ed è dunque ancora presto per dire se tutti i parlamentari seguiranno la linea anti-Draghi. Sicuramente lo farà l’ala capeggiata da Alessandro Di Battista. Meno sicura quella di Di Maio, che ha detto come la pensa: nulla contro Draghi ma deve dare vita a un governo politico.
Il Pd non vuole perdere l’alleanza giallorossa
La situazione del Partito Democratico è molto delicata. La verità ? I dem non possono dirlo, ma non vogliono Mario Draghi. Sono stati messi spalle al muro: potrebbero trovarsi nell’arduo impasse di sostenere — per senso di responsabilità e per fedeltà a Mattarella — un governo assieme a Lega e Forza Italia, con i Cinque Stelle unico grande partito all’opposizione, cosa che rischierebbe di compromettere qualsiasi ipotesi di alleanza strutturale futura. E Renzi di questo, già sorride sotto i baffi.
Il Richelieu del Pd, Goffredo Bettini, conferma (neanche troppo velatamente) i malumori del centrosinistra per la mossa di Mattarella: in un editoriale uscito ieri sulle pagine del nostro giornale ricorda alcuni importanti meriti dell’alleanza giallorossa, quella che è riuscita a battere il sovranismo e che ha rimesso al centro i problemi sociali del Paese. Secondo lui, sarebbe un grande errore perdere questa prospettiva politica. Solo il ministro Dario Franceschini ha alzato la testa rispetto alla linea e ha chiesto apertamente anche ai Cinque Stelle “di evitare le elezioni e di dare appoggio a Draghi”.
Leu critica Draghi
La parte più a sinistra dell’ex maggioranza giallorossa è ancora più radicale nelle sue posizioni anti-Draghi. “Mi pare molto difficile sostenere un governo di questo tipo”, ha detto Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana e parlamentare di Leu. Ma al momento non è un no è ballerino, il partito si è anzi riservato di ascoltare le proposte di Draghi prima di decidere la propria linea.
La Lega incerta
Passando al centrodestra, la Lega è pronta a sfilarsi. “Si apre una nuova fase. Non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi. Vogliamo parlare di taglio di tasse e apertura dei cantieri con la prospettiva del voto. Voterà mezza Europa e lo faranno tante città italiane per cui la democrazia non può essere sospesa in questi mesi. Ma non sprechiamo questi mesi”: questa la posizione di Matteo Salvini.
Quel “non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi” lascia trapelare la possibilità di un’astensione da parte della Lega che al suo interno ha personalità come Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia, grandi estimatori di Mario Draghi e favorevoli a un sì alla fiducia. Ma la linea politica, nel tentativo di trovare una quadra con l’intero centrodestra, non è stata ancora definita.
Fdi per l’astensione di massa
Le prime dichiarazioni di Giorgia Meloni schierano Fdi all’opposizione di Draghi, annunciando “un’astensione di massa”. Ma anche in questo caso occorrerà aspettare quali decisioni verranno prese dopo le consultazioni.
La paura del voto potrebbe cambiare le carte in tavola
Insomma, nessuno vuole il governo Draghi. Ma durante questa crisi l’aggettivo più usato è stato “granitico”, e forse neanche questa volta i “no” saranno così granitici. Il motivo? La paura delle elezioni. Molti partiti dal ritorno alle urne con questa legge elettorale ne uscirebbero meno che dimezzati. La “strategia Draghi” di Mattarella si fonda su una certezza da Prima Repubblica: nessun parlamentare che sa di non essere rieletto vuole andare alle urne prima del tempo. Soprattutto in questo periodo più unico che raro, in cui ci sono ben 209 miliardi del Recovery Fund da spendere. Nessuno vuole Draghi, ma tutti potrebbero essere costretti a votarlo.
Soprattutto se elargirà molti ministeri ai partiti.
(da TPI)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
SOLO 4-5 TECNICI E POI TANTE POLTRONE AI PARTITI, ALTRIMENTI NESSUNO LO VOTA… DA GOVERNO DEL CAMBIAMENTO A GOVERNO DELLA STAMPA E DEI MEDIA, SEMPRE PRONTI A DENUNCIARE LA COMPRAVENDITA DEI POLITICI MA QUESTA VOLTA SILENTI
Il capo dello Stato lo ha definito un “governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna
formula politica“. E’ già diventato un governo “tecnico-politico” che prevede anche la presenza di ministri indicati dai partiti che lo appoggeranno.
Poi si scopre che i tecnici non dovrebbero essere più di 4-5 e tutti gli altri saranno spartiti in base al manuale Cencelli.
Il motivo di questo cambiamento?
Semplice e prevedibile: Draghi non ha i numeri in Parlamento, anzi ne ha molti di meno del governo Conte, vedovo di Renzi.
Perchè il centrodestra, ad oggi, è per il No, anche se rischia di spaccarsi.
Perchè il M5s non si capisce perchè dovrebbe votare un premier indicato dal loro killer, salvo che per salvare la poltrona (e lo stipendio) per gli ultimi due anni.
A parte il Pd che continua a fare la parte del “responsabile” fino all’estinzione dei propri voti, il killer Renzi, Toti e la Bonino, nessuno è disposto ad appoggiare il governo Draghi.
Ma se il governo diventa anche “politico”, distribuendo poltrone ai “partiti responsabili” ecco che le possibilità aumentano.
Il richiamo della foresta permetterà forse la nascita del governo ma qualcuno ci spieghi la differenza con il mercato delle vacche operato a suo tempo da Berlusconi e recentemente da Conte, tanto (giustamente) criticati.
Ah già , dimenticavamo, guai a criticare Draghi.
E’ un peana sui media controllati dalla finanza: chi ricorda persino che non faceva la spia a scuola, chi rammenta che non rinunciava alla battaglia dei cannoli, siamo a un passo dalla beatificazione.
E se magari prima ci dicesse che programma ha?
A chi saranno destinati i soldi del Recovery?
Che posizione ha su argomenti divisivi che non potranno certo trovare di comune accordo destra e sinistra?
Se intende privilegiare la salute o l’economia?
Forse sarebbe un atto riguardo verso gli Italiani sconcertati che avrebbero il diritto di sapere non tanto chi è, ma cosa vuole fare in loro nome.
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