Destra di Popolo.net

INTERVISTA A VAURO: “QUERELA DELLA MELONI E’ RIDICOLA, PRONTO A RIPETERE TUTTO IN TRIBUNALE”

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

POI LA STOCCATA: “MI SORPRENDONO I NEOFASCISTI CHE SI OFFENDONO SE LI CHIAMI COSI’. IO MICA MI OFFENDO SE MI CHIAMI COMUNISTA”

“Sono pronto a ripetere in tribunale, nella forma e nella sostanza, quello che ho detto in tv su Giorgia Meloni.”
Parola di Vauro Senesi, per tutti semplicemente Vauro, che questa mattina ha ricevuto una minaccia pubblica di querela da parte della leader di Fratelli d’Italia in seguito alle dichiarazioni che il disegnatore e vignettista toscano ha rilasciato ieri a “Diritto e rovescio”, la trasmissione condotta da Paolo Deldebbio.
Tutto nasceva dalle dichiarazioni ormai note del professor Giovanni Gozzini su Meloni, definita “vacca”, “scrofa” e “rana dalla bocca larga” pochi giorni fa a Controradio. Vauro ha preso le distanze in modo netto da quegli epiteti, senza tuttavia esprimere solidarietà  nei confronti della diretta interessata. Il motivo lo ha spiegato lui stesso in diretta tv:
“Sono colpito in negativo dalle espressioni utilizzate dal professore. La Meloni è stata ingiustamente offesa, ma quando Liliana Segre è andata in Senato a istituire la commissione contro l’odio, tutta l’aula si è alzata in piedi, tranne i senatori di Fratelli d’Italia e Lega. La Meloni è leader di un partito che ha cavalcato la xenofobia e il fascismo e io non do alcuna solidarietà ”.
Una frase che ha scatenato, oltrechè la denuncia (per ora solo annunciata) di Giorgia Meloni, l’ira del conduttore Paolo Deldebbio, che ha minacciato l’ospite: “Guarda che è l’ultima volta che vieni”. Vauro, dal canto suo, alza le spalle.
“Tanto per cominciare, non ho mai chiesto a Deldebbio di invitarmi nella sua trasmissione. Non l’ho mai tirato per il gessato, insomma… Quando mi ha chiamato, sono andato, tutto qui. Piuttosto, non so quanto sia corretto che un conduttore si rivolga a un ospite dicendogli: “Mi hai rotto i coglioni”, tanto più in una parte della puntata che riguardava il turpiloquio. Punto due: di sicuro apparirò sempre meno nelle trasmissioni. Probabilmente ora preferiscono avere cosiddetti opinionisti che non stonano nel coro, ma sinceramente non è che non ci dormirò la notte. Campo lo stesso anche senza Deldebbio.”
E a Giorgia Meloni, che ha annunciato querela, cosa risponde?
“Come querela mi sembra ridicola. Quando Meloni dice che il suo non è un partito che cavalca nostalgie fasciste e mi denuncia per questo motivo, perderà  una grande fascia dei sui elettori. Ci sono persino rapporti di Amnesty International su Lega e Fratelli d’Italia che denunciano le stesse cose che ho detto in trasmissione. Un esempio su tutti? Galeazzo Bignami (Fratelli d’Italia) è lo stesso signore che mostra in video i cognomi stranieri sui citofoni delle palazzine di Bologna. Se questi non sono razzismo e xenofobia, cosa sono? Non so cosa potesse fare di più… dipingerci sopra delle stelle gialle. Vede, mi meraviglio sempre nel vedere i neofascisti che si offendono quando gli si dà  dei neofascisti. Io non mi offendo mica quando mi danno del comunista…”
Tornando alle dichiarazioni di Gozzini da cui tutto è partito, la sua posizione potrebbe riassumersi così: condanna sì, solidarietà  no. È corretto?
“È stata la premessa iniziale, è persino banale dirlo perchè è ovvio che qualunque persona dotata di civiltà  si dissoci da insulti come quelli. Ma, detto quello, basta. Io do un grande valore alla parola solidarietà , che implica un’empatia, ovvero riuscire a mettersi nei panni dell’altro. Ecco, io sinceramente non riesco a mettermi nei panni di Giorgia Meloni, sarei stato ipocrita se avessi espresso solidarietà  unendomi al coro quasi unanime di politici e giornalisti, perchè non ho nessuna empatia nei confronti di una leader — non importa se donna, uomo o transessuale — di un movimento che ha demonizzato la solidarietà , che conia addirittura termini dispregiativi per renderla un disvalore, come la parola ‘buonismo’. Massimo rispetto per la donna ma nessun rispetto politico per la signora Meloni e il suo partito, che continua ad utilizzare il linguaggio più bieco. Non mi sento affatto una vittima, ma basta fare un salto in questo momento sulla sua pagina social per vedere cosa scrivono i suoi seguaci nei miei confronti. Ma lo abbiamo visto anche pochi giorni fa con Liliana Segre.”
Quando lo ha ricordato in trasmissione, le hanno detto che non c’entra nulla…
“Già , mi hanno risposto così. Parliamo di una donna di 90 anni che si vaccina e viene ricoperta di insulti antisemiti, razzisti, nazisti, fascisti, e noi siamo qui a scappellarci di fronte a un idiota — mi passi il termine il professore senese (Giovanni Gozzini, ndr) — che non ha saputo contenersi e ha reso la signora Meloni una martire. Lei che ha dichiarato che con il fascismo ha un rapporto sereno. Ecco, Liliana Segre forse ha avuto un rapporto meno sereno, visto che è grazie al fascismo se è finita ad Auschwitz. Eppure non ho visto nei suoi confronti la stessa solidarietà  che Meloni invoca addirittura per legge. Poi mi potranno dire che il fascismo non c’è più, che è superato. Ma a me sembra gravissimo che, nel 2021, una scampata ad Auschwitz sia costretta a vivere sotto scorta.”
È pronto a ripetere anche in tribunale, nella sostanza, quanto ha affermato in tv?
“Lo ripeterei nella sostanza e anche nella forma, forse in modo più pacato, anche perchè non credo che in tribunale ci saranno i vari Cruciani addestrati ad abbaiare ogni volta che apro bocca. Vede, sono molto sereno. Intendiamoci, non sono masochista. Se mi arrivano denunce a catafascio non è che mi rallegri, però, dai, ora, oltre le quattro di Salvini e le due che mi sono arrivate da Fontana, adesso metto nell’album delle figurine anche la Meloni…”
C’è chi la rimprovera: “In certe trasmissioni non ci si deve andare”.
“Io, invece, magari sbagliando, penso che, soprattutto in questo momento, non sia giusto ritirarsi sull’Aventino. Dove c’è uno spiraglio anche minimo di dire qualcosa di diverso dal coro, è giusto andare. Per questo sono stato anche da Porro, oltrechè da Del debbio. Solo con Mario Giordano non ce l’ho fatta, nonostante mi abbia chiamato spesso. Anche la fossa dei leoni ha i suoi limiti. Quei programmi hanno uno share, un pubblico e io, sicuramente in modo maldestro, provo a fare la mia parte, accetto la sfida.”

(da “NextQuotidiano”)

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LA STRINGENTE “LOGICA” DELLA MELONI: SICCOME I MEZZI PUBBLICI SONO PIENI, I RISTORANTI DEVONO RIAPRIRE

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

SI LAMENTA DELLA CARENZA DI TRASPORTI MA NON C’ENTRA UNA MAZZA CON I RISTORANTI

Per la serie: come usare i pretesti per poter accreditare le proprie idee strampalate sulla pandemia, tutte improntate alla tutela delle corporazioni (ristoratori, impresari delle discoteche, impianti da sci e di tutto di più) e poi se avanza qualcosa alla tutela della gente comune che ogni giorno muore di pandemia anche perchè le restrizioni sono poche e tanti nemmeno le rispettano.
E che ha detto la capa di Fratelli d’Italia che qualcuno ha addirittura definito una brillante mente politica?
“L’ennesima presa in giro nei confronti di cittadini e imprenditori: continuano le pesanti – e spesso illogiche – restrizioni per le attività  già  in ginocchio, ma allo stesso tempo si lasciano i mezzi pubblici strapieni e senza alcun controllo. Non trovate anche voi che sia paradossale e vergognoso tutto ciò?”.
Paradossale è usare una cosa che non funziona per legittimarle altre.
Ma fino ad ora chi si è opposto a qualsiasi misura che limita la circolazione? Giusto i sovranisti.

(da Globalist)

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RENZI MANDA AVANTI BONACCINI: PARTE L’OPA DI “BASE RIFORMISTA” AL PD

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

OBIETTIVO ANNIENTARE ZINGARETTI COME FATTO CON CONTE

Non è un mistero che lo sfidante di Zingaretti, quando sarà  indetto il congresso, sarà  Stefano Bonaccini.
Spinto dalla corrente degli ex renziani di Base Riformista (che malignamente al Nazareno chiamano la mozione “Torna a Casa Matteo”), il presidente della Regione Emilia-Romagna conta di essere il prossimo segretario del Pd.
Oggi nel Pd fa discutere il suo tweet in cui afferma di “non mollare, perchè è in arrivo la terza ondata del Covid”. “Ma come — gli fa subito eco un parlamentare dem emiliano —   proprio ieri Bonaccini si era messo sulla scia di Salvini e voleva riaprire i ristoranti la sera? Oggi ricambia linea?”.
Veleni che oramai infestano il Pd, da quando Zingaretti ha deciso di non rimanere più fermo a prendere quotidianamente i colpi dei suoi avversari interni.
Ieri, alla Direzione del Pd convocata sulle donne, è andata in onda una discussione infinita, che continuerà  il prossimo lunedì. La corrente di Base Riformista ha attaccato il vicesegretario Orlando che non vuole dimettersi dalla carica nonostante sia stato fatto ministro.
Però in Direzione i big della corrente hanno taciuto. “Mandano avanti i pesci piccoli per vedere l’effetto che fa e loro stanno dietro a godersi lo spettacolo”, spiega un dirigente dem.
E intanto Zingaretti vuole aprire ai Cinque Stelle la sua giunta in Regione Lazio dopo che la sua assessora al Bilancio, Alessandra Sartore, è stata nominata sottosegretaria al Mef.
“Vedrete che quelli di Base Riformista avranno da ridire anche su questo. Loro sognano di stare soli e perdenti come ai tempi di Renzi”, rispondono dalla mozione Zingaretti.
Insomma, la guerra nel Pd è solo all’inizio. E “che vinca il migliore”, possibilmente senza far girare troppe fake news, tipo quella di ieri che dava Zingaretti ad un passo dalle dimissioni.

(da TPI)

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“CASALEGGIO CONTRARIO ALLE ESPULSIONI, SICURI CHE PAGHERA’ LE CAUSE?”

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

DI FRONTE A UNA PIOGGIA DI RICORSI DEGLI ESPULSI CHI PAGHERA’ GLI AVVOCATI DEL M5S? E’ CASALEGGIO A TENERE I CORDONI DELLA BORSA

Movimento 5 Stelle alle prese con i dissidenti. Le mail dal collegio dei probiviri sono partite. Dopo la cacciata dai gruppi parlamentari stanno iniziando ad arrivare le comunicazioni dell’espulsione dal Movimento a chi ha votato contro il nuovo governo guidato da Mario Draghi, ma anche a chi si è astenuto.
A dare per primo l’annuncio il deputato Alessio Villarosa che su Facebook ha scritto: «Ringrazio tutti gli amici che hanno voluto dimostrarmi affetto, non lo dimenticherò», dice l’ormai ex grillino che prosegue: «Escludermi da un ringraziamento cancellando il mio lavoro e i risultati portati a termine da dentro il governo in questi anni qualifica semplicemente chi lo ha fatto. Io volo alto come ho sempre fatto senza polemiche, non ne ho bisogno.   Stamattina mi è arrivata la procedura di espulsione anche dal Movimento 5 stelle nazionale dopo aver ricevuto venerdì quel dal gruppo parlamentare M5s».
L’annuncio di Barbara Lezzi
Dopo quella a Villarosa arriva anche la comunicazione alla senatrice, grillina della prima ora, Barbara Lezzi: «È arrivata la mail da parte del collegio dei probiviri nella quale mi si comunica la sospensione dal M5S fino a quando non sarà  conclusa tutta la procedura. Ho qualche giorno di tempo per presentare le mie controdeduzioni e lo farò puntualmente ripercorrendo tutte le fasi che mi hanno condotto alla scelta di votare No al governo Draghi.   Conosco lo statuto in tutte le sue parti, conosco bene tutte le regole sottostanti alle diverse procedure e ho agito e agirò rispettando il tutto».
Alcuni deputati M5s, contattati da Open, fanno però notare che la questione non è così semplice da risolvere: «Dal Movimento stanno facendo i conti senza l’oste — dice una deputata grillina — Sicuramente procederanno con l’espulsione di tutti i dissidenti ma non hanno tenuto conto di fatti non secondari: in primis che Crimi è un capo politico non più in auge, senza leadership, e poi, soprattutto c’è la questione delle eventuali cause e di chi le pagherebbe».
Il dettaglio con cui, secondo fonti M5s, i vertici non starebbero facendo i conti sono proprio i soldi e la posizione di Davide Casaleggio: «I dissidenti faranno causa, questo è certo. Noi parlamentari, per sostenere il Movimento, diamo 300 euro al mese a Casaleggio anche per aiutare il gruppo in questi casi. Ora, — sottolinea una pentastellata — Davide si è mostrato più volte contrario a queste espulsioni in merito al No a Draghi, non penso che sarà  quindi disposto a pagare cause in cui nemmeno crede. E ricordiamoci che è lui ad avere le “chiavi” della cassa».

(da Open)

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ROCCO CASALINO E I SONDAGGI CON IL M5S CHE SFIORA IL 30% SE CI FOSSE CONTE A GUIDARLO

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

“SE CON CONTE DIVENTA QUALCOSA DI NUOVO PUO’ ATTRARRE UNA FETTA DI CONSENSO, LO DICONO DEI SONDAGGI RISERVATI”

“Ho sondaggi che danno Conte con il M5S molto oltre il 20%, anche al 28-30%”.
Così Rocco Casalino ha commentato l’ipotesi, che oramai sembra essere quasi una certezza, che l’ex presidente del Consiglio assuma il ruolo di leader nel Movimento 5 Stelle.
Domenica si sarebbe dovuto tenere un vertice a Bibbona   per decidere il futuro del Movimento, a cui avrebbe preso parte, con ogni probabilità , anche il premier Giuseppe Conte oltre allo stato maggiore dei 5 Stelle, da Luigi Di Maio a Roberto Fico, passando per il capo politico reggente Vito Crimi e altri volti noti del Movimento.
Ma, secondo quanto scrive Adnkronos,   il summit dopo la fuga di notizie potrebbe saltare. Grillo non l’avrebbe presa affatto bene: alcuni beninformati descrivono l’Elevato su tutte le furie per la fuga di notizie.
L’idea dei cronisti assiepati fuori dai cancelli, le telecamere e i fotografi su mezzi di fortuna per avere qualche scatto lo stanno facendo desistere. Il vertice potrebbe essere rinviato e, soprattutto, tenersi qualche giorno più in là  per essere ‘silenziato’.
Secondo Casalino l’arrivo di Conte potrebbe rappresentare un upgrade per i 5 Stelle in grado di cambiare il Movimento e attrarre consensi: “Posso fare una mia analisi: c’è una grande percentuale di astensionismo, di persone che magari guardano al M5S ma non al punto tale di votarlo, probabilmente una figura come Conte può attrarre il voto…se con Conte il Movimento diventa qualcosa di nuovo allora può attrarre tutta una fetta di consenso, anche il 28, 30%, danno i sondaggi”.

(da “NextQuotidiano”)

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NUOVO DPCM DRAGHI? IDENTICO A QUELLO DI CONTE

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

CAMBIA SOLO CHE IL RECOVERY LO GESTIRANNO GIORGETTI, BRUNETTA E GELMINI

Ma vi ricordate quando Salvini protestava sotto Montecitorio per le “misure presentate in Tv invece che in Parlamento”?
Era dicembre 2020, ma erano anche tutti i mesi precedenti.
E quando Renzi si opponeva con tutte le sue forze contro la chiusura di teatri e ristoranti? Era ottobre e mentre la seconda ondata correva veloce, il leader di Italia Viva pensava alle sue mosse per ritirare le sue due ministre prima e per far cadere il governo poi.
I Dpcm attuati da Giuseppe Conte negli ultimi mesi sono stati sotto il segno della prudenza a causa del picco dei contagi dopo l’estate e dell’avanzare delle varianti in autunno. In buona sostanza: ristoranti chiusi, coprifuoco, stop agli spostamenti tra Regioni, o ancora lo stivale diviso tra zone rosse, arancioni e gialle.
Beh, i primi provvedimenti presi da Mario Draghi in materia Covid ricalcano esattamente quella strada. Peccato che ora Lega e Italia Viva siano magicamente d’accordo.
Cosa è cambiato davvero: ora è la Lega a gestire il Recovery
Non c’è discontinuità  rispetto al Covid. Sono identici gli orari di chiusura dei locali, sono gli stessi i 21 criteri per il colore delle Regioni. L’unico vero distinguo tra i due governi sta nelle diverse mani che gestiscono i fondi del Recovery Fund.
Adesso a controllare quei 209 miliardi ci sono anche Forza Italia e la Lega, con il ministero che durante quest’anno avrà  particolare rilievo: lo Sviluppo Economico, con a capo Giancarlo Giorgetti.
L’emblema della giravolta europeista e moderata del Carroccio, che appoggia Draghi e l’euro pur di non affondare. Che appoggia la prudenza pur di dire la sua sul Recovery. In barba a tutte le aperture che venivano invocate fino a qualche settimana fa.
Il governo “di alto profilo”
C’è una seconda grande differenza tra il Conte bis e il nuovo esecutivo: ora ci sono le larghissime intese. È tornata Forza Italia. Ci ritroviamo Brunetta e Gelmini ministri. Un governo che è un’accozzaglia di personalità  e dove la fama dei Sottosegretari precede addirittura le loro prime azioni politiche: alla Cultura Lucia Borgonzoni che “non legge libri da tre anni”, e Rossano Sasso che non riesce a distinguere una citazione di Topolino da una di Dante; o ancora alla Difesa Stefania Pucciarelli che è riuscita a dichiarare di ipotizzare la soluzione dei “forni crematori” per i migranti. E meno male che il governo Draghi doveva essere un “governo di alto profilo”, il governo “dei migliori”.
Pioggia di critiche per Conte ma nessuno sa cosa fare contro il virus
Giuseppe Conte per un anno intero è stato duramente criticato per la gestione della pandemia. A volte per essere stato “troppo rigorista”, altre per “non aver chiuso o agito in tempo”. Per “aver fatto parlare troppo i virologi in tv” e, due giorni dopo, “per non averli interpellati”.
Insomma, la pioggia di insulti si riversava su tutto e il contrario di tutto. La verità  è che nessuno sa davvero come fermare il nemico invisibile che dopo 12 mesi ancora serpeggia globalmente. E anche l’ex numero uno della Bce è nudo di fronte a questa pandemia.
Il silenzio di Draghi
E così il silenzio del nuovo premier è diventato assordante. L’Italia tutta si aspetta un suo discorso su come intende fermare il Covid e le sue varianti. Su come riuscirà  a portare avanti la campagna vaccinale anche se AstraZeneca ha già  annunciato dei ritardi a causa della produzione. Nel suo discorso per la fiducia alle Camere ha citato il Papa e Cavour, ma non ha nominato zone rosse o aiuti per il mondo dello spettacolo.
E soprattutto, non ha espresso in modo netto e chiaro la sua posizione in merito alle misure. Sono passati 10 giorni dall’ufficializzazione del governo e un Paese intero vuole sapere che cosa succederà  nei prossimi mesi. Al di là  delle brutte copie di Dpcm già  visti.

(da TPI)

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LA SCORCIATOIA DELLA DOSE UNICA: “LA MEMORIA IMMUNITARIA DURA MENO”

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

L’IMMUNOLOGO COSSARIZZA: “SE RIDUCE LA DURATA DELL’EFFICACIA AVREMO UN EFFETTO BOOMERANG”

Con una sola dose di vaccino il sistema immunitario ha la memoria corta.
“Il richiamo serve non solo ad aumentare il numero di anticorpi, ma gli permette anche di fare un salto di classe” spiega Andrea Cossarizza, immunologo dell’università  di Modena e Reggio Emilia.
“I primi a essere prodotti si chiamano IgM, sanno riconoscere il coronavirus ma in modo ancora un po’ grossolano e non durano nel tempo” spiega. “La seconda dose permette di compiere il salto di classe. Le Igm lasciano spazio alle IgG, anticorpi capaci di legarsi al coronavirus in modo più raffinato e preciso e più duraturi”.
Non è un caso che quasi tutti i vaccini destinati a durare per tempi linghi prevedano due dosi. A perderci, limitandosi a un’unica iniezione e rimandando la seconda, non sarebbe dunque solo l’efficacia complessiva, in termini di qualche punto percentuale di contagi. “Gli anticorpi che sviluppiamo prima del richiamo non sono l’ideale, per riconoscere il coronavirus. E una protezione al di sotto dell’optimum dà  al virus delle chance di sfuggire al sistema immunitario, sviluppando varianti più resistenti” spiega l’immunologo.
Sul dibattito fra una o due dosi, e sui tempi del richiamo, pesa come un macigno la mancanza di dati.
Le risposte a molte domande semplicemente non esistono. I livelli di IgM e IgG suddivisi per tempo, per esempio, non emergono dai test sui vaccinati. Non sappiamo quanto tempo impiega l’organismo a produrre la spike del coronavirus — il cosiddetto antigene — nè quanto dura la protezione del vaccino in termini di mesi o anni. Con quanta velocità , poi, i diversi tipi di vaccino spingono il sistema immunitario ad attivarsi? Dati che sarebbero essenziali per capire la dinamica della nascita e della morte degli anticorpi. Ma che nessun laboratorio ha ancora avuto il tempo di elaborare. Le sperimentazioni hanno messo insieme soprattutto dati epidemiologici: quanti vaccinati si sono ammalati, quanti sono morti, che età  avevano. Poco o nulla si sa di quel che è avvenuto all’interno del loro organismo.
“A Modena abbiamo deciso di testare noi stessi” spiega Cossarizza. “Dopo una dose, alcuni di noi avevano titoli bassi, che sono schizzati in su dopo la seconda dose. Un dato che non sappiamo spiegarci è che gli IgM sono stati spesso bassi o assenti, mentre a volte sono comparsi subito gli IgG”.
Come se un alunno fosse passato subito alla seconda elementare, saltando la prima. Il fenomeno basta a giustificare l’approvazione di un vaccino con una singola dose, come si appresta a fare negli Stati Uniti la Food and Drug Administration americana con Johnson&Johnson? Altra domanda senza risposta. Ma anche il nuovo vaccino in arrivo (in Europa sarà  approvato a fine mese) viene venduto come somministrabile in un’unica dose, senza bisogno del richiamo. Eppure la casa farmaceutica ha mantenuto un braccio di sperimentazione con due dosi, aspettandosi un dato di efficacia più alto.
Per decidere se è meglio limitarsi a una dose o completare il ciclo con due, bisogna anche tenere conto del tipo di vaccino. Finora quelli approvati si dividono in due categorie: a Rna (Pfizer e Moderna) e a vettore virale (AstraZeneca e J&J). I primi inoculano direttamente nell’organismo l’istruzione genetica che permette alle nostre cellule di produrre la spike. L’antigene, entrando in contatto con i vari attori del sistema immunitario, dà  vita nel giro di alcune settimane alla protezione contro il coronavirus.
I secondi usano invece un virus inattivato. E’ lui, fungendo da cavallo di Troia, a penetrare nelle cellule e consegnare la sequenza genetica della spike. Il processo è meno diretto. “E’ presumibile che richieda più tempo” spiega Cossarizza. “E questo giustificherebbe un’attesa più lunga per il richiamo”.
L’autorizzazione dell’Agenzia dei medicinali europea (Ema) parla di 4-12 settimane di attesa. In Italia l’Aifa raccomanda di non somministrare la seconda dose prima dei 63 giorni dalla prima.
Con un vaccino come Pfizer, Israele ha riportato un’efficacia del 92% almeno 7 giorni dopo la seconda dose e una del 46% tra 14 e 20 giorni dopo la prima dose, nel prevenire il contagio.
La forchetta si restringe se si considera la capacità  di ridurre i ricoveri: 74% con una dose e 87% con due. Uno scalino non enorme, che potrebbe giustificare la scelta di rimandare i richiami, in una situazione di ristrettezza come quella attuale.
Ma che rischia di rivelarsi un boomerang, se la memoria immunitaria si rivelasse più breve, con la necessità  di far ripartire la campagna vaccinale solo dopo pochi mesi. O se favorisse il rischio di nuove varianti, capaci di ridurre l’efficacia dei (pochi) vaccini che già  abbiamo.

(da agenzie)

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DA LUNEDI’ TUTTE LE SCUOLE CHIUSE IN CAMPANIA

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

DE LUCA CHIUDE TUTTO DOPO I CASI DI VARIANTE: “PRIMA VACCINIAMO DOCENTI E PERSONALE ATA E POI SE NE RIPARLA”… DOVE SONO QUELLI CHE SOSTENEVANO CHE LE SCUOLE SONO SICURE?

Vincenzo De Luca ha annunciato la chiusura di tutte le scuole in Campania a partire da lunedì. Il presidente della Regione ha sottolineato che, soprattutto nelle scuole di Napoli, si sono registrati diversi casi di variante inglese.
“Prima dobbiamo completare la vaccinazione del personale scolastico e poi parleremo di riapertura”, ha detto lasciando intendere che non si tratta di una misura breve. “Per il personale scolastico abbiamo prenotazioni al 25 febbraio per 114mila unità , ad oggi 28mila persone sono vaccinate — ha detto — Di Astrazeneca abbiamo 142mila dosi a febbraio e 164mila a marzo, dunque abbiamo possibilità  di completare la vaccinazione del personale scolastico per marzo”. Le classi sono quindi destinate a rimanere chiuse per almeno un mese.
Durante l’incontro con tra governo ed enti locali di giovedì, la Campania era stata una delle Regioni a chiedere con maggiore insistenza un nuovo parere del Comitato tecnico scientifico sull’apertura delle scuole alla luce della circolazione delle varianti. E anche alla luce delle ripetute bocciature delle ordinanze regionali sulle scuole da parte dei Tar, come avvenuto recentemente in Puglia.
“Oggi siamo obbligati a prendere misure drastiche”, le parole di De Luca che ha poi spiegato come nelle scuole napoletane sia stata registrata la presenza di variante inglese: “Credo sui positivi almeno 6 casi”. Quindi ha aggiunto: “Non credo che dobbiamo aspettare che ci sia un’epidemia diffusa di Covid anche fra i ragazzi di 10, 15 o 18 anni, con buona pace di qualche comitato sempre pronto a fare ricorsi al Tar. Siamo arrivati ad avere i casi. Dobbiamo far fronte alle varianti emerse e dobbiamo completare la vaccinazione del personale scolastico. Sono due motivi precisi, chiari, che non hanno nulla di ideologico e sono indifferenti alla logica della lamentela continua”.
Quindi è partito all’attacco, parlando della “fiammata di contagio” di queste settimane come “l’esatta conseguenza di un Paese abbandonato a se stesso”, ha detto De Luca. “Fasce, controfasce, zone e controzone sono palliativi se non abbiamo un controllo rigoroso delle norme essenziali di sicurezza”, ha sottolineato riferendosi in particolare all’uso della mascherina in strada.
“Questo è possibile ottenerlo, ma occorrono misure di repressione chiare. Tutto questo non c’è. Le attività  possono essere chiuse o aperte, gli orari violati o meno, non succede nulla in Italia. Possiamo dirlo al nuovo governo che se non si mette in piedi un piano di sicurezza e controllo sarà  tutto inutile? O perlomeno il calvario sarà  prolungato di mesi e mesi”.

(da agenzie)

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MARCHE, TROPPI CONTAGI TRA I GIOVANISSIMI: “TUTTI A CASA DA SCUOLA E DIDATTICA A DISTANZA”

Febbraio 26th, 2021 Riccardo Fucile

NELLE PROVINCE DI ANCONA E MACERATA CHIUSE ANCHE MEDIE E SUPERIORI… SUL GOVERNATORE DI FDI PIOVONO LE CRITICHE DEGLI “APERTURISTI”, QUELLI CHE I SOVRANISTI (QUANDO NON GOVERNANO) DI SOLITO DIFENDONO

Le Marche non attendono il semaforo arancione, già  annunciato dal prossimo lunedì: la curva dell’epidemia ha spinto il governatore Francesco Acquaroli a intervenire d’anticipo puntando però al mondo della scuola, ritenuto evidentemente un bacino di contagio per la variante inglese ampiamente diffusa in vari comuni.
Acquaroli lo aveva annunciato ieri su Facebook, e oggi è puntualmente arrivata l’ordinanza che impone la didattica a distanza al cento per cento non solo per tutti gli studenti delle superiori, ma anche per gli alunni di seconda e terza media della provincia di Ancona e Macerata, le più colpite dalla nuova ondata e dall’abbassamento repentino dell’età  media dei contagiati.
“Buonasera a tutti — aveva avvertito ieri il governatore scatenando un vivace dibattito, con opinioni contrastanti e piuttosto accese – a seguito delle analisi sull’andamento epidemiologico effettuate dai servizi regionali della sanità , abbiamo verificato un incremento significativo del tasso di incidenza del contagio nella fascia d’età  delle scuole secondarie, che si registra in tutta la regione e in particolare sulla provincia di Ancona e di Macerata. Per questo, onde evitare scenari peggiori e in via precauzionale, per ridurre la circolazione del virus in ambito scolastico nelle classi di età  maggiormente colpite, abbiamo deciso di adottare un’ordinanza che firmerò domattina”.
Ordinanza arrivata puntualmente: a partire da sabato 27 febbraio e fino al 5 marzo (giorno di scadenza dell’attuale Dpcm), scatta la stretta sulla scuola, con l’obiettivo dichiarato di “ridurre la pressione sul sistema sanitario regionale, alla luce di un incremento di contagi covid nelle fasce di età  giovanili, a partire dalla provincia di Ancona, ma anche negli altri territori”.
Ma come sempre le opinioni su quale sia la strada migliore da percorrere per reagire al Covid sono molteplici e controverse, e sono in molti a contestare la misura adottata dalla Regione ritenendola inaccettabile.

(da agenzie)

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