Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
CI RIVEDIAMO VENERDI’ 3 SETTEMBRE
Come avevamo da tempo programmato, ci prendiamo una breve pausa, dopo una “tirata” ininterrotta di un anno: Il blog riprenderà le pubblicazioni venerdi 3 settembre.
Un grazie alle centinaia di amici, comunque la pensino, che ogni giorno visitano il nostro sito, anche dall’estero, gratificandoci del loro interesse.
Essere da 14 anni tra i primi blog di area in Italia, basando la nostra attività solo sul volontariato , con un impegno di aggiornamento costante delle notizie (20 articoli al giorno dal mattino a tarda sera, festivi compresi) è una sfida unica nel panorama nazionale .
Orgogliosi di rappresentare una destra diversa, popolare, sociale, nazionale, antirazzista, solidale, legalitaria, attenta ai diritti civili.
Un abbraccio a tutti e a presto.
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
“SEMBRANO PIU’ COMPETITORI TRA LORO CHE ALLEATI, CANDIDATI DEBOLI E LAST MINUTE”… NON SOLO BOLOGNA, NAPOLI E MILANO, AL BALLOTTAGGIO PERDONO A ROMA E A TORINO CI SONO SEGNALI NEGATIVI
“Le previsioni attuali per le comunali di ottobre vedono il centrosinistra in netto vantaggio al primo turno a Bologna, Napoli e Milano. Ma al secondo turno, c’è un orientamento positivo anche a Roma e Torino. Significa che potrebbe finire 5-0 contro il centrodestra”. Giovanni Diamanti, analista politico e co-fondatore di YouTrend “legge” per Huffpost il quadro delle prossime amministrative: “Sarebbe un risultato clamoroso e paradossale, visto che il centrodestra è molto più forte a livello nazionale. E il motivo sta nei rapporti complessi tra Salvini e Meloni, più competitor che alleati: la ricerca di un compromesso ha prodotto candidati deboli e last minute”.
A cinque settimane dalle elezioni comunali com’è la situazione?
Confusa. Ma il trend è a favore del centrosinistra. Nei sondaggi è molto favorito a Milano, Napoli e Bologna rispetto al centrodestra. Basta guardare quello fatto da Opinio per la Rai. A Milano il sindaco uscente Sala è dato tra il 44-48% mentre Luca Bernardo è al 40-44%. A Bologna il Dem Matteo Lepore è in testa con il 55-59% contro il 36-40% di Fabio Battistini. A Napoli l’ex ministro Manfredi è al 42-46% mentre Catello Maresca si ferma tra il 27 e il 31%. In questi tre comuni il vantaggio è molto netto, ma anche negli altri due capoluoghi di provincia c’è un orientamento in quella direzione.
Addirittura? A Roma il candidato più avanti nei sondaggi è l’avvocato-opinionista radiofonico Michetti imposto dalla Meloni.
Al primo turno è favorito Michetti – con una forchetta 31-35% – mentre Gualtieri è più in basso al 23-27%. Seguono la Raggi al 17-21% e ultimo Calenda tra il 15 e il 19%. Al secondo turno, però, secondo quasi tutte le rilevazioni le cose cambiano, e in testa sale Gualtieri. Che sconfiggerebbe sia Michetti che Raggi.
E a Torino, dove il centrodestra ha il “civico” più radicato e condiviso?
È il capoluogo dove la partita è più tesa. Il nome del centrodestra, l’imprenditore Paolo Damilano, è un buon candidato. Ed è in testa con il 42-46% rispetto al 39-43% di Stefano Lo Russo. Ma anche questi numeri si riferiscono al primo turno, mentre al ballottaggio c’è il pronostico di un testa a testa. E secondo Swg vincerebbe Lo Russo con 52% rispetto al 48% di Damilano.
Non sono previsioni un po’ troppo ottimistiche a favore del centrosinistra?
Stando ai numeri in tre città per il Pd e i suoi alleati la vittoria è sicura, nella capitale c’è netto vantaggio al secondo turno, mentre a Torino se la giocano. Quindi, sarebbe possibile una conclusione 5 a zero. Che, oltre ad essere clamoroso sarebbe paradossale perché il centrodestra è nettamente maggioranza a livello nazionale e negli ultimi mesi e nelle ultime settimane non ha perso nemmeno un voto.
Lei come se lo spiegherebbe questo paradosso?
Forse è proprio la grande forza nazionale del centrodestra a metterlo in difficoltà alle comunali. In molte città i candidati sono arrivati all’ultimo minuto, al termine di una serie di vertici, e sono deboli. Il motivo è che oggi il rapporto tra Salvini e Meloni si è fatto più complesso: sono competitor e non soltanto alleati. Così, spesso la scelta di nomi “civici” non è stata compiuta in base al loro valore aggiunto bensì per l’esigenza di raggiungere un compromesso.
L’esigenza spasmodica di una mediazione, a spese del valore reale, potrebbe esportare il problema se si facessero liste elettorali comuni?
Certo. Questa è una prova generale che ci fornisce qualche indizio. Bisogna aggiungere che è l’ultimo grande test prima delle elezioni, che saranno al massimo nel 2023, quindi vicinissime.
Oggi però la maggioranza delle Regioni è a guida centrodestra. Non conta?
È vero, ma i candidati governatori a livello di valore aggiunto personale contano un po’ meno dei candidati sindaci. E le ultime Regionali sono andate bene sorprendentemente per il centrosinistra. Che ha tenuto Campania, Puglia e Toscana.
Sembra una partita win win per il centrosinistra, che sta fermo e osserva le convulsioni del centrodestra. Ma i cinque 5 capoluoghi sono tutti in mano al centrosinistra che gioca in difesa…
Diciamo che 2 sono in mano al centrosinistra, 2 a M5S, uno a un “civico”, De Magistris. Il Pd è all’opposizione in 3 su 5, ma certo nessuno è guidato dal centrodestra.
(da Huffingtonpost)
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
SONO PIU’ DI 250 IN TUTTO IL PAESE, ALCUNE SONO GIA’ PARTITE, PER ALTRE C’E’ POCO TEMPO
“Ci stanno cercando casa per casa. Siamo in pericolo. La loro idea è che le donne non possano essere giudici, in nessun caso”. E invece in Afghanistan le giudici ci sono, hanno lavorato fino a poche settimane fa. Sono più di 250 in tutto, la maggior parte a Kabul ma alcune anche in provincia. E da quando i talebani hanno preso il potere sono tra i soggetti maggiormente in pericolo. Lo spiega bene, anche se con poche parole, la giudice che l’Nbc ha raggiunto telefonicamente a Herat. Nella sua situazione tante altre colleghe. Alcune sono riuscite a partire verso gli Stati Uniti, come spiega alla stampa Usa Patricia Whalen, magistrato in pensione che sta lavorando alacremente insieme ad altre toghe per far allontanare da Kabul le sue colleghe. Ma il tempo è poco e le persone da trasferire ancora tante.
I pericoli per le giudici afghane arrivano da più fronti: da un lato i talebani, che non accettano l’idea che una donna possa vestire la toga.
Dall’altro gli uomini che hanno condannato e che, in molti casi, in questi giorni sono stati liberati dalle prigioni: “Conoscono i nostri volti, se vogliono possono vendicarsi”, ha detto una giovane pm raggiunta dall’Nbc. Le minacce già sono arrivate a tante di loro: gli estremisti le accusano di aver violato la legge islamica la loro e per questo, gli mandano a dire nelle lettere minatorie, saranno condannate a morte.
Per portare via da Kabul le donne giudici rimaste in Afghanistan si sta mobilitando anche l’Associazione internazionale delle donne giudici, che ha scritto un documento per sollecitare l’evacuazione delle colleghe e aperto una raccolta fondi. Si muovono anche le istituzioni: 46 senatori Usa hanno scritto una lettera bipartisan per chiedere di creare un canale ad hoc per le donne che, per il loro lavoro, possono essere particolarmente invise ai talebani.
Una strada simile è stata proposta dall’Unione europea: “L’Ue, come tutti i Paesi che hanno partecipato alla missione Nato, ha l’obbligo di prendersi cura delle persone che sono a rischio a causa della nuova situazione in Afghanistan. Tra questi, giornalisti, attivisti per i diritti umani, avvocati, giudici e in generale, donne e ragazze. Oltre a ciò, ci sono sforzi per assicurare che tutti gli afghani sfollati possano ritornare a casa in modo sicuro. Per questo insistiamo con il lavoro nella regione”, ha detto Eric Mamer, portavoce della commissione europea, ribadendo le parole di Ursula von der Leyen.
Non è certo che tutte le giudici riusciranno a partire, quel che è certe è che – almeno per – ora è impossibile che riescano a esercitare il loro lavoro.
E, alla luce di ciò, acquistano particolare valore le parole che Anisa Rasooli, prima donna a essere arrivata a un passo dalla presidenza della corte Suprema afghana, affidò all’istituto di ricerca norvegese Chr. Michelsen appena l’anno scorso: “Credo che il sistema giudiziario afgano stia riacquistando dignità. Ci sono ancora problemi, ma abbiamo fatto notevoli progressi. Se continua così, sono ottimista per il futuro della magistratura in Afghanistan. Ma se questo percorso viene interrotto da conflitti o disordini politici e sociali, allora nessuno potrà sapere quale sarà il futuro del sistema giudiziario”. Quella che sembrava solo un’ipotesi è diventata una triste realtà.
(da Huffingtonpost)
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
TUTTO DIPENDE DAI NO VAX, IN ALCUNI STATI VACCINATO SOLO IL 40%
Icu, Intensive Care Unit. È questa la sigla con cui negli Stati Uniti vengono identificate i reparti di terapia intensiva, quelli dove arrivano i pazienti che hanno sviluppato la forma più grave di Covid-19.
Al momento il numero di persone che sono state ricoverati in questi reparti ha superato quota 25 mila, mai così tanti dall’inizio dalla pandemia. E i posti stanno in terapia intensiva stanno finendo.
Negli ultimi giorni alcuni stati come Alabama e Arkansas hanno avvisato che stanno arrivando alla saturazione delle terapie intensive, esattamente come è successo in Italia nel 2020 nelle regioni più colpite dal Coronavirus. La curva dei contagi negli Stati Uniti si sta impennando. Il 24 agosto il numero di nuovi casi registrati è arrivato a 153.296, sempre più vicino al record toccato il 15 gennaio 2021 con 248,007 casi. Il numero delle ospedalizzazioni invece sta per arrivare a 100 mila.
Vaccini poco efficaci? Non proprio.
La maggior parte delle ospedalizzazioni che si stanno registrando nelle ultime settimane sono di persone che non si sono vaccinate.
Al momento solo il 51% della popolazione degli Stati Uniti ha ricevuto un ciclo completo di vaccini. La percentuale sale al 68% se guardiamo solo la popolazione sopra i 18 anni.
Fra gli Stati con la percentuale più bassa in questi giorni, due sono fra quelli che lamentano nla mancanza di posti in terapia intensiva.
In Arkansas solo il 39% delle persone sono vaccinate, in Alabama la percentuale è ancora più bassa: 36%. A confermare questi dati è anche Stefano Berto, direttore del Laboratorio di Neurogenomica alla Medical University del South Carolina. Dei 129 pazienti in cura per Covid-19 all’ospedale in cui lavora, 105 non sono stati vaccinati. Tra i 26 che sono attaccati al ventilatore sono solo due ad aver ricevuto il vaccino.
(da Open)
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
ANCHE PER CALMARE UNA LEGA SEMPRE PIU’ IN EBOLLIZIONE
Tanto tuonò che piovve. Matteo Salvini è pronto a mollare Claudio Durigon, sottosegretario all’economia del governo Draghi.
Il Capitano lo fa capire al meeting di Rimini: «Ragioneremo su quello che è più utile fare per lui e per il movimento, per l’esecutivo e l’Italia».
Proprio mentre dal suo partito si alzano sempre più voci in dissenso con la sua linea.
E in parlamento si va verso una conta nella mozione di sfiducia che potrebbe lasciare sul campo fratture nella maggioranza.
Il segretario della Lega vuole evitarle e per questo alla fine la soluzione più probabile è che si vada verso il passo indietro “spintaneo“: le dimissioni prima prima del voto. Perché, spiegano oggi i retroscena dei quotidiani, «il tema è se Durigon ha ancora voglia di prendere calci».
E così il sottosegretario che voleva togliere l’intitolazione del parco di Latina a Falcone e Borsellino per Mussolini (Arnaldo) ha i giorni, se non le ore contate.
Anche perché il Capitano è rimasto via via sempre più solo a difenderlo. Né l’ex fedelissimo Giancarlo Giorgetti, né il potente presidente del Veneto Luca Zaia né l’astro nascente Massimiliano Fedriga hanno mosso un dito per difendere l’ex sindacalista dell’Ugl che è stato il padre di “Quota 100” e ha candidato Salvini al Nobel, già al centro di accese polemiche per le sue affermazioni sulle indagini della Gdf sui 49 milioni della Lega e sul generale che sarebbe stato messo lì proprio dal suo partito.
Anzi. «Il problema è che personaggi come questi pongono un serio problema identitario alla Lega», ragiona con la Repubblica un primattore del Carroccio.
Il rilancio del Capitano, che chiede in cambio l’addio di Luciana Lamorgese al Viminale, è soltanto un bluff. Certificato ieri sul palco di Comunione e Liberazione: «Cominci a fare il ministro o faccia qualcos’altro, ma non voglio nulla».
E questo perché, spiega ancora il quotidiano, in uno scenario di emergenza internazionale come l’attuale Mario Draghi non ha alcuna intenzione di rimpiazzare una pedina fondamentale del suo esecutivo come la ministra dell’Interno.
E così il senatore milanese da ieri vede davanti a sé un vicolo cieco: la propaganda contro gli sbarchi è destinata a infrangersi su un atto parlamentare che la Lega non potrà mai sostenere, ovvero la mozione di sfiducia a Lamorgese annunciata da Giorgia Meloni.
Che così potrà guadagnare per l’ennesima volta dalla propaganda del Carroccio, destinato sempre di più a fare la figura di chi abbaia ma non morde
Un risarcimento in arrivo?
E non è un caso che l’apertura, se di apertura si può davvero parlare, arrivi «per il bene del movimento e», in seconda battuta, «del governo», proprio all’indomani dell’incontro a Palazzo Chigi tra Salvini e il Presidente del Consiglio.
In quell’incontro, avevano fatto sapere fonti leghiste, del sottosegretario non si era parlato. Ma oggi emerge un’altra verità. Quella che vede il premier concedere al leader della Lega la libertà di scelta su una soluzione. A patto che si trovi prima della mozione di sfiducia.
Anche per non permettere a Giuseppe Conte di ricordare il caso di Armando Siri, come l’ex premier ha fatto ieri proprio a Rimini: all’epoca, visto che di dimissioni lui non voleva proprio sentire parlare, l’allora inquilino di Palazzo Chigi gli revocò l’incarico.
Draghi non vuole arrivare a tanto. Ma la sponda con Giorgetti ha messo Salvini con le spalle al muro.
Meglio quindi arrivare a un addio condiviso che costringere il governo a una conta imbarazzante in Aula. O, peggio, il premier a intervenire prima del voto con un decreto ad hoc per mandarlo a casa.
Per Durigon, spiega oggi il Fatto Quotidiano, è già pronto un risarcimento di lusso: la candidatura a presidente della Regione Lazio. Che però non è poi così vicina, visto che si voterà nel 2023. Per questo lui fino a ieri pomeriggio aveva intenzione di resistere, resistere, resistere.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
IL CAOS ALL’AEROPORTO DI KABUL, POI L’ARRIVO A FIUMICINO
Amina è una delle coordinatrici di Nove Onlus, l’organizzazione no profit che è riuscita, con l’aiuto delle forze militari italiane, a portare in salvo un gran numero di civili afgani dopo la caduta di Kabul e la presa di potere dei talebani.
Ha acquisito visibilità pubblicando alcuni video-appelli in cui chiedeva aiuto. Ed è arrivata in Italia, a Fiumicino, due notti fa: l’aereo su cui viaggiava doveva arrivare a mezzanotte, ma il volo ha fatto parecchio ritardo. Il portellone si è finalmente aperto e sono usciti i primi profughi, tra cui lei. Vestita di nero e con la mascherina: «Grazie di tutto», dice.
A la Repubblica ha raccontato il caos dell’aeroporto di Kabul dove i bambini e le donne sono stati prima schiacciati e poi picchiati. Sostenendo che forse i talebani hanno permesso che la confusione imperasse per impedire alla gente autorizzata di raggiungere l’entrata.
Arrivata all’aeroporto i soldati le hanno chiesto di raggiungerli ma lei era ancora troppo lontana: si è buttata in uno scolo e si è immersa fino alle ginocchia nella melma. È stata presa e portata dentro, ma non prima che riuscisse a recuperare tutte le donne cui aveva promesso la salvezza: a distinguerle nella folla c’erano i fazzoletti rossi.
«È stato brutto, ma siamo vive», ha detto. Tre giorni fa, il 22 agosto, Nove Onlus, il Comando Operativo di Vertice Interforze, il Ministero degli Affari Esteri, e i Carabinieri del Tuscania hanno portato a termine le operazioni per una doppia evacuazione. «In tre giorni di tentativi, circa 150 civili nelle liste di persone ad alto rischio sono riusciti finalmente a raggiungere l’aeroporto durante la notte.
Rischiosissimo attraversare la città col coprifuoco ma l’impresa più ardua è riuscire varcare i cancelli del gate superando incolumi la massa umana.
Due coordinatori afghani espatriati, in contatto costante con i gruppi su WhatsApp, hanno radunato tutti alle 4 di notte – ora di Kabul – ai punti prestabiliti per poi farli avanzare verso i gate», racconta Nove Onlus ad Ansa. Le operazioni si sono svolte degli osservatori posizionati lungo il percorso che segnalavano blocchi e pericoli. Tutte le donne erano vestite di nero con un nastro rosso per facilitarne il riconoscimento. Fra loro Amina, che è uscita dal gate scortata dai Carabinieri del Tuscania per portare in salvo altre persone del gruppo ancora disperse fra la folla.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
LA PORNOSTAR: “I PEGGIORI SONO I VACCINATI CHE STRIZZANO L’OCCHIO AI NO VAX SOLO PER PRENDERE VOTI”… “FREQUENTO SOLO VACCINATI, E’ UN OTTIMO MODO PER LIBERARSI DEI COGLIONI”
Valentina Nappi, pornoattrice italiana, da qualche tempo conduce una battaglia per lavorare soltanto in set cinematografici in cui sono tutti vaccinati.
La presa di posizione le sta costando qualcosa dal punto di vista economico ma lei, spiega oggi in un’intervista a La Stampa, non ha alcuna intenzione di arretrare: «Ho rallentato, ma perché i set non devono essere sicuri? Se fossi un produttore chiederei il Green Pass, perché in caso di contagio dovrei pagare a tutti l’hotel per la quarantena. Invece pure nel porno esistono i No vax».
Su Twitter Nappi ha scritto che per lei «i peggiori sono i vaccinati che strizzano l’occhio ai No vax per prendere voti o consensi».
E questo perché «anche nel bel mezzo di una pandemia pensano al tornaconto personale invece che al bene della comunità».
Al quotidiano dice che ce l’ha in particolare con Matteo Salvini, che ha criticato perché va in giro senza mascherina: «Non capisco perché non venga multato, mentre un ragazzo a Noto deve pagare 10 mila euro per aver mostrato il sedere» (davanti alla cattedrale del paese, ndr).
La pornostar frequenta solo vaccinati perché «è un ottimo modo per liberarsi dei c…: casa mia è come un ristorante, si entra solo con il Green Pass».
E dice che i virologi non le piacciono: «Non sono sapiosexual. Burioni fa battute infelici, ma è umano perdere la pazienza con i No vax. Mi piace la Capua perché ha una bella storia e non sbrocca mai».
Infine, Nappi critica anche il governo Draghi («finora non mi è parso particolarmente progressista») ed elogia Papa Francesco («il migliore come marketing, ma la dottrina cattolica è antimoderna»).
(da Open)
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
QUESTO SAREBBE IL LEGHISTA “BUONO”?
Zaia chiude le porte del Veneto ai profughi afghani, i corridoi umanitari che in questi giorni stanno aiutando i cittadini ad arrivare da Kabul a terre senza guerra non interesseranno la regione del leghista “buono”.
Il presidente ha messo subito le cose in chiaro e in buona sostanza ha spiegato che per quanto ci siano situazioni in cui intervenire, va altresì sottolineato che i turisti in questo momento sono tanti in regione e quindi aprire le porte sarebbe impossibile. “Sull’ospitalità a profughi afghani non abbiamo avuto indicazioni, abbiamo fatto solo riunioni – ha spiegato il Presidente nel corso della conferenza stampa a Palazzo Balbi, a Venezia -. C’è anche da tener presente che oggi, con il turismo, la popolazione veneta è pressoché raddoppiata: in questo momento degli arrivi sarebbero per noi un caos”.
Zaia ammette di non capirne troppo di geopolitica, e nel corso del suo intervento commenta con compassione le immagini che arrivano da Kabul.
Ma sul Veneto non si sbaglia, prende in mano il copione leghista e spara la palla in tribuna a caccia dell’Europa.
“L’Europa anche questa volta si dimostra latitante… speriamo che l’Italia non debba farsi carico anche questa volta della situazione”, dice Zaia. Poi ecco il confronto con Lampedusa “anche se è un confine dell’Italia, è un confine dell’Europa”. Il governatore leghista ha quindi ripetuto: “Noi siamo in difficoltà in questo periodo dell’anno quindi dire ospitalità senza se e senza ma non è possibile. Ovvio che donne e bambini e le situazioni estreme devono trovare aiuto però è pur vero che l’Italia ha già dato tanto”.
L’ultimo passaggio, quello sulla geopolitica, lo fa nel segno di Boris Jhonson: “Ho visto una bella dichiarazione di Johnson che dice agli americani che devono stare lì anche oltre il 31 di agosto, non me ne intendo di geopolitica internazionale però penso che la ritirata dall’Afghanistan non sia stata una buona cosa“.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2021 Riccardo Fucile
FUORI, AL LORO POSTO, A RAPPRESENTARE IL VUOTO TOTALE DELLA MISERIA UMANA
C’è una grande assente nelle 48 ore in cui Emergency ha aperto le sue porte a Milano per dare l’ultimo saluto Gino Strada: la politica. Nessun esponente del governo. Nessun leader di partito. Nessun membro delle istituzioni (a parte il sindaco di Milano Beppe Sala). Zero. Nulla. Il vuoto totale
Ma l’unica domanda sensata da farsi non è: “Dov’era la politica?” bensì “Quando mai c’è stata?”
C’è solo una cosa che avrebbe indignato più della loro assenza: la loro presenza, in una passerella ipocrita che avrebbe fatto rivoltare, per primo, proprio Gino.
Perché quello è il loro posto: fuori di lì, fuori da quella camera ardente, lontani da Gino Strada da morto almeno quanto lo sono stati da vivo
Perché mai avrebbero dovuto essere lì quei politici che per trent’anni lo hanno corteggiato, lisciato, candidato sulla carta a qualunque incarico, che lo volevano al Ministero della Salute e, non appena lui cominciava a parlare di sanità pubblica, spegnevano il telefono e si dileguavano. Quelli di cui lui disse: “Volevano il mio nome, ma non le mie idee”.
Quelli che quando veniva comodo lo sbandieravano come Presidente della Repubblica e, una volta al governo, hanno trattato le ong come criminali e trafficanti di esseri umani, sequestrato in mare quegli stessi migranti che Gino Strada salvava dalle bombe in terra.
Quelli che Gino Strada era “un eroe” finché ricostruiva le gambe dei bambini afghani macellate dalle mine antiuomo, ma, quando faceva i nomi e i cognomi di chi le aveva armate quelle mine, all’improvviso diventava un “pazzo”, un “esaltato”, un “reietto”, un “rompicogl****”, nella migliore delle ipotesi un ingenuo.
I miserabili che gli hanno detto che con Emergency “si è arricchito”, a lui che non ha mai fatto una visita privata in vita sua né ha mai preso 500 lire in più del suo stipendio.
Quelli che, ancora pochi mesi fa, non lo hanno voluto come commissario alla Sanità in Calabria perché uno come Gino Strada avrebbe significato smettere di mangiare.
Nella camera ardente, proprio sopra la sua bara, campeggiava un grande cartello che recitava così: “I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.”
Bisogna essere degni di un cartello così, di parole così, di un uomo così. Bisogna meritarselo, uno come Gino Strada.
Altrimenti è meglio rimanere un passo indietro, un metro fuori, in una misera, glaciale indifferenza, che è infinitamente meno scandalosa di trent’anni di ipocrita e pelosa riverenza.
(da NextQuotidiano)
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