Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
SALTA L’EVENTO PER BERNARDO E LA RUSSA SBOTTA: “SONO DUE MATTI”
Sarà colpa dell’Alitalia, che “fa schifo” dice La Russa perché ha annullato un volo e fatto ritardo sull’altro. O magari della “maledizione di Milano” visto che il 16 luglio scorso, sempre a una manifestazione del centrodestra unito per Luca Bernardo spiccava la sedia vuota di Giorgia Meloni in prima fila (lì però era colpa della lite sul Copasir).
Fatto sta che la conferenza stampa di stamattina – convocata in extremis perché in tutta la campagna elettorale non c’era nemmeno un’immagine dei tre leader insieme – ha regalato momenti di surrealismo puro.
Con la leader Fdi atterrata tardi, e Matteo Salvini via per la stazione di Rogoredo prima del suo arrivo. Addio photo opportunity, che era la ragion d’essere dell’evento. Scatti separati, con Tajani e Lupi a fare da cornice, pollici alzati e mascherine copri-nervosismo.
Tutto rinviato a venerdì con Michetti, in quel di Spinaceto, periferia romana, dove al massimo può succedere che si incendi l’autobus. Mentre il leader leghista è costretto a prendere per buona la smentita di un’altra intervista urticante dopo quella di Giorgetti. Stavolta è di Silvio Berlusconi: “Salvini e Meloni premier? Non scherziamo”.
Imprevisti che succedono quando si moltiplicano i comizi e le ospitate, ma il tempo stringe. Oggi Salvini è in giro come una pallina da flipper tra Ostia, Latina, i Castelli. Domani, dopo la stretta di mano con “Giorgia” in favore di obiettivo, volerà a Milano per un “evento da definire” alle 13,30 (gira la voce, non confermata dai rispettivi staff, che a sorpresa potrebbe manifestarsi il ministro Giorgetti per una pubblica ricucitura), poi a Catanzaro e Reggio Calabria.
In parte è merito della resistenza fisica del Capitano, in parte una reazione obbligata alla doppia tempesta di questi giorni. Quella mediatico-giudiziaria intorno alla vicenda per droga di Luca Morisi, di cui via Bellerio gestisce la comunicazione per arginare il “guardonismo” dei media.
E quella politica, con l’offensiva del “partito del Nord” lanciata da Giorgetti che si aprirà ufficialmente dopo le comunali (i rumors già accusano il ministro di puntare a Palazzo Chigi). E che rischia di saldarsi con la nostalgia della “vecchia guardia” che mal sopporta il nuovo corso: “La nuova Lega sovranista ha lasciato il mondo produttivo nelle mani della sinistra – ha accusato l’ex parlamentare bossiano Gianluca Pini – Il centrodestra è troppo impegnato a farsi la guerra a colpi di selfie”.
Tutti motivi per cui a Salvini nella sala dell’evento milanese stanno per saltare i nervi. La Russa, plenipotenziario FdI in Lombardia (con la Santanché) annuncia il ritardo dell’ultima ospite con un filo d’imbarazzo: “Scusate… arriverà di corsa…”. Lui ribatte secco: “Tra dieci minuti vado via”. Parlottano, l’ex vicepremier non cambia idea, ha già posticipato due eventi, alla fine si opta per “Ignazio” sul palco al posto di “Giorgia”. Qualcuno nel pubblico protesta. I due non si incontrano neanche di striscio, finisce con un comunicato congiunto: “Nessuna polemica e zero tensioni, saremo insieme domani”. La Russa, che a luglio si accapigliò con la Ronzulli per difendere la sedia della sua leader, stavolta getta la spugna: “Sono due pazzi, uno che scappa e l’altra che arriva, che vi devo dire?”.
(da Huffingtonpost)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
LA FACCIA DA CHIERICO, CALPESTANDO ETICA E MORALE, SCATENAVA GOGNE MEDIATICHE E SCHIZZI DI FANGO
La Bestia non è mai stata innocente. Ed era ovunque. Feroce, lucida, rapida. Pronta a colpire. A fare male. Dentro il web. E nelle piazze.
Matteo Salvini, sopra il palco, si pilucca fiocchi di Nutella dalla barba e fomenta i militanti radunati in piazza del Popolo. Luca Morisi, di fianco alle scalette, con un cenno della mano al tecnico dell’audio fa partire l’inno leghista,
«Nessun dorma», e poi quasi sparisce nel mischione dei cameramen e dei cronisti, magretto com’è, con il cravattino nero e la frangetta da chierichetto, pallido, così anonimo da essere spinto nella bolgia, spostati, fammi passare, fammi vedere.
Ma lui aveva già visto te. Gli occhi accesi come laser. Morisi, dal vivo, in azione, non era il sofisticato «digital philosopher» della Lega (definizione con cui veniva omaggiato dalla corte salviniana): era invece uno spietato domatore di consensi.
La sua arma: il cellulare.
Scusi: perché mi sta filmando?
«È vietato?».
Non voglio essere filmato.
«Che male c’è?».
Le ho detto che non voglio essere filmato.
«Va bene, va bene… ecco, smetto» (poi di nuovo sul palco: nello sguardo improvvisamente liquido, però, una promessa di minaccia).
Si finiva così nella sua banca dati. Con altre migliaia di facce, di frasi, di situazioni che, manipolate a colpi di grandiosa brutalità, all’occorrenza servivano a produrre su Twitter, Facebook e Instagram, agguati e tormentoni, sberleffi ossessivi, gogne di stampo medievale.
Il nemico scelto con cura: e poi provocato e inseguito, scatenando una tonnara social di accuse e risposte, insulti e minacce.
Lo scorso 16 settembre, Maria Gabriella Branca, presidente dell’Anpi di Quiliano e candidata al consiglio comunale di Savona per Sinistra italiana, dice che le sembra «inaccettabile la presenza di Salvini in piazza Pertini» (del resto, Salvini ha coltivato a lungo una forte amicizia con i camerati di Casapound che, al teatro Brancaccio di Roma, organizzarono addirittura una vera adunata in suo onore).
Dopo poche ore, sulle pagine web della Lega parte il pestaggio: «Mi hanno detto di tutto — racconta la signora Branca —. Zecca rossa, putt… comunista…».
Metodo, strategia, niente lasciato al caso. E un trucco. Fagocitare, quando possibile, la fama altrui.
Prendersela con Mario Balotelli — «Caro Mario, lo Ius soli non è la mia priorità, né degli italiani», Salvini su Twitter — e attirare così i piranha della tastiera contro il calciatore. Succede anche a Lapo Elkann: «Una volta, per attaccarmi, Salvini scrisse che facevo “dichiarazioni stupefacenti”…». Viene travolto. Con Morisi che sguazza felice nel fango. Quanti contatti abbiamo fatto?
La Bestia. Bestiale davvero. Come quella volta che non esita a pubblicare la foto di alcune studentesse milanesi minorenni, poi sepolte da commenti volgari e sessisti.
Il chierichetto, sempre gongolante: «Lavoriamo duro, in un bunker, cerchiamo solo di amplificare l’attività del capo. Mi sembra funzioni, no?».
Luca, che faccio oggi? Oggi ti fai fotografare mentre imbracci un mitra. (Pasqua di tre anni fa).
Luca, dove vado? Ti ho organizzato un passaggio alla radio, ti colleghi con la Zanzara e vai giù duro contro Ilaria Cucchi, che ha attaccato uno dei carabinieri coinvolti nell’omicidio del fratello Stefano. «Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello — queste le tragiche parole di Salvini — ma mi fa schifo. Si dovrebbe vergognare».
Luca, e domani? Morisi apre il cofano della macchina: domani ti travesti.
Ecco allora le foto con migliaia di like e di commenti estasiati al Salvini pompiere, al Salvini poliziotto, al Salvini crocerossino (però quando a Benevento — lui che è milanista — si infila la maglia giallorossa della locale squadra di calcio, gli ultrà decidono che è troppo, e lo inseguono minacciosi).
Poi torna sui social. Attacca Oliviero Toscani, Emmanuel Macron, Tito Boeri e Matteo Renzi, sfotte Fabio Fazio, ironizza su Papa Francesco.
Il giorno dopo, però, arriva al Senato e bacia il rosario. Sacro e profano. Morisi gli comunica che i selfie a torso nudo da Milano Marittima sono stati visti da 1,6 milioni di persone.
Ma mucchi di like anche alle fake news: tipo quella che a Vicenza, alcuni richiedenti asilo erano arrabbiati «perché volevano vedere Sky».
Per anni, così. Sicuri, implacabili, calpestando etica e morale. Poi, a ripensarci: pure qualche idea un po’ rischiosa.
Pazzesche — se riviste adesso — le immagini del Capitano che, al Pilastro, a Bologna, dopo un comizio va a citofonare a un tunisino: «Scusi, lei spaccia?». Un brivido a rileggere il tweet del giorno in cui Salvini va alla Camera a presentare una proposta di legge contro la droga: «Non esiste modica quantità. Ti becco a spacciare? Vai in carcere» (Dio Santo, Morisi: ma non poteva dirgli di andarci più cauto?).
(da “Il Corriere della Sera”)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
GIULIANO FERRARA: “SI E’ ILLUSO DI CONCILIARE TRUCISMO E DRAGHISMO, INCAPACE DI RIESAMINARE LA PROPRIA IMMAGINE”
Non si pente. Tipico atteggiamento di chi affronta con incoscienza una decadenza strategica, peggio di qualsiasi parabola declinante.
Salvini non si pente di aver aizzato la Bestia contro gli avversari. Non si pente dei rapporti spuri con Putin o delle scemenze dette sull’ordine in Corea del nord.
Non si pente dei rosari portachiave fornitigli dal senatore Pillon, un leghista che levati. Non si pente delle felpe law and order che hanno fatto ridere mezza Italia.
Non si pente delle conseguenze dell’odio, che come insegna la sparatoria sui negher a Macerata, possono essere persino peggiori delle conseguenze dell’amore, per non dire del chemsex.
Non si pente del Papeete, il gesto politico di un perfetto ubriaco da spiaggia. Non si pente della citofonata alla caccia dello spacciatore di quartiere, che gli è costata una delle sue più brucianti sconfitte a Bologna.
Non si pente del suo cerchio magico, fatto di personalità pochissimo raccomandabili. Non si pente del bastaeuro. Non si pente del novaxismo allucinato dei suoi, amplificato dalle sue dichiarazioni per fortuna comune ineffettuali.
Non si pente di aver suggerito che la Cdu-Csu avrebbe dovuto allearsi con i mezzi nazi dell’AfD, sai che successone sarebbe stato.
Non si pente degli eccessi banalmente cinici nella difesa dei torturatori di un tossico di strada e del personale aguzzino di un carcere meridionale.
Non si pente delle circolari per tenere prigionieri i naufraghi sui barconi della Guardia costiera o delle ong.
Non si pente del suo ridicolo, goffo trumpismo della bassa.
Non si pente della Nutella, della pizza & fichi, dell’uso sconsiderato del suo ruolo di babbo, dei braccialetti e dei torsi nudi, tutte manifestazioni di conformismo travestito da scorrettezza politica […]
Giuliano Ferrara
(da Il Foglio)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
LE CENE ORGANIZZATE A ROMA DA SICLARI (FORZA ITALIA), CONDANNATO PER SCAMBIO POLITICO-MAFIOSO
Un senatore condannato per voto di scambio politico-mafioso è tra i principali sostenitori di Enrico Michetti nella corsa a sindaco di Roma. È l’accusa di Domani, che in un articolo di Giovanni Tizian racconta di una serata di gala organizzata la settimana scorsa per promuovere l’elezione del candidato del centrodestra al Campidoglio promossa da Marco Siclari, senatore di Forza Italia condannato in primo grado martedì scorso a 5 anni e 4 mesi per voto di scambio-politico mafioso.
Siclari è accusato di aver ottenuto il sostegno di un clan riferibile alla potente famiglia Alvaro nella provincia di Reggio Calabria. In cambio, due mesi dopo il voto, si sarebbe interessato per far ottenere un trasferimento a una dipendente delle Poste, una parente di Natale Lupoi, ritenuto affiliato alla ‘ndrangheta. Lupoi è stato condannato nello stesso processo del senatore a una pena di 19 anni e 4 mesi di carcere
Secondo Domani, nelle scorse settimane Siclari ha organizzato diverse serate insieme a Michetti per raccogliere voti a favore dell’avvocato, salito alla ribalta con i suoi interventi sulle radio locali.
Insieme a loro anche Massimiliano Albanese, avvocato che in passato ha difeso la Gran loggia regolare d’Italia.
Alla serata del 21 settembre, prima della condanna, erano presenti importanti professionisti, imprenditori ed esponenti del centrodestra, come Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia a cui Siclari considerato “molto vicino”, e Maurizio Gasparri, che come presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato non si è mai espresso sulla richiesta di arresti domiciliari a carico del senatore di Reggio Calabria, inoltrata dalla procura antimafia a maggio 2020.
Al quotidiano, Albanese ha negato che la presenza di Siclari possa imbarazzare la campagna di Michetti. “Rivendico l’amicizia con Marco, nei gradi successivi sarà assolto”, ha detto.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
I RISULTATI DEI SONDAGGI: MACRON VINCEREBBE AL BALLOTTAGGIO, MA NON E’ DETTO CHE L’AVVERSARIA SIA MARINE LE PEN
In Francia è la volta del crollo di Marine Le Pen, secondo un ultimo sondaggio realizzato dall’istituto Harris Interactive per Challenges, la candidata del Rassemblement National (RN), è crollata nelle intenzioni di voto al primo turno delle elezioni presidenziali francesi del 2022, ottenenedo il 16% delle preferenze, contro il 24% del mese scorso.
Tanto che in molti a Parigi si chiedono se l’alleata di ferro di Matteo Salvini non stia scontando una sorta di ‘effetto Zemmour’, in riferimento a Eric Zemmour, il polemista di estrema destra seguitissimo in tv e considerato eccessivamente radicale anche dalla stessa Le Pen che continua ad alimentare la suspense su una sua possibile candidatura.
Ieri Le Pen è tornata a spingere sul tema dell’immigrazione, forse anche nella speranza di recuperare terreno dinanzi ad un avversario sovranista in piena espansione.
Già sconfitta nella corsa all’Eliseo del 2017, Le Pen dice che se verrà eletta organizzerà un referendum per iscrivere il “primato nazionale” nella Costituzione. Un tema che per lunghi anni fu cavallo di battaglia del padre fondatore del partito, Jean-Marie Le Pen.
La candidata RN propone, tra l’altro, di iscrivere nella carta fondamentale il controllo dell’immigrazione e la superiorità del diritto francese sul quello europeo ed internazionale. Obiettivo? Rifondare “l’insieme del diritto applicabile agli stranieri”.
I sondaggi futuri diranno se questa nuova iniziativa le consentirà di riacciuffare qualche punto di popolarità, mentre la possibile candidatura di Zemmour rischia di spaccare l’estrema destra.
Per il numero due del Rassemblement National, Jordan Bardella, Zemmour “fa vendere” libri e ottiene record di audience in tv ma non propone “alternative”.
“Mi rammarico che passi più tempo a criticare Le Pen che attaccare Macron…”, ha detto.
Secondo il sondaggio, il giornalista da best seller con ‘Le Suicide Francais’ (Il suicidio francese) è cresciuto al 13-14% dei favori, contro il 7% di settembre.
Venerdì, Zemmour è stato anche ricevuto da Orban in Ungheria, come se il ‘campo sovranista’ dell’Europa ormai scommettesse su di lui.
Nella destra repubblicana, Xavier Bertrand è il candidato che otterrebbe più voti (14%), davanti a Valérie Pécresse (12%) o Michel Barnier (8%).
Macron ruota intorno al 23%-26% delle preferenze, a seconda delle diverse configurazioni, piazzandosi comunque in testa al primo turno del 10 aprile.
A sinistra, il candidato della gauche radicale, Jean-Luc Mélenchon, incasserebbe il 13% dei favori. Anne Hidalgo è al 7% e l’ecologista Yannick Jadot al 6%.
Macron viene comunque dato per vincente con il 54% delle preferenze al ballottaggio del 24 aprile.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
CON LA DIFFERENZA CHE LUCANO E’ STATO CONDANNATO IN PRIMO GRADO (COME IL CAPOGRUPPO LEGHISTA ROMEO), BERLUSCONI IN VIA DEFINITIVA… E LUCANO NON FACEVA FESTINI A BASE DI DROGA
Il tweet di Matteo Salvini su Mimmo Lucano condannato dimostra, ancora una volta di più, che la Bestia non si è dimessa insieme a Luca Morisi, ma che è diventata sistema universalmente accettato
Il tweet di Matteo Salvini è un esempio di scuola. Si prende un uomo, nel caso Mimmo Lucano (l’ex sindaco di Riace che oggi è stato condannato a 13 anni e due mesi di reclusione), lo si addita, si indica una verità univoca e – comunque – senza contraddittorio.
Si dice che la sinistra in Calabria candida condannati a 13 anni. Non si riporta, invece, che la condanna è in primo grado (quindi ci saranno una sentenza in appello e un eventuale ricorso alla corte di Cassazione prima che diventi definitiva) e, soprattutto, si pone in opposizione a un’affermazione che poco c’entra con l’intera vicenda.
«La sinistra che dà la caccia agli omosessuali nella Lega», con la sinistra che non sta dando la caccia a nessuno e con il richiamo – non esplicito, ma sicuramente volto a oscurare la vicenda – alla storia di Luca Morisi, indagato per una vicenda collegata alle sostanze stupefacenti.
Un tweet che dimostra come la comunicazione aggressiva, quella che non guarda in faccia a nessuno, quella che cerca di mettere tutto dentro allo stesso calderone, quella che cerca di dividere con nettezza i “buoni” dai “cattivi”,sia prassi consolidata del sistema politico attuale.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
UN MODELLO DI ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE CHE HA FATTO IL GIRO DEL MONDO NON POTEVA NON SUSCITARE L’ODIO DEI SOVRANISTI
Dovreste guardarne il sorriso bonario e innocente che come tatuaggio ha sempre avuto stampato sul viso, nella buona e nella cattiva sorte.
Dovreste guardare il documentario su di lui, immergervi nella sua terra, sentire gli stessi odori che ha sentito per una vita.
Dovreste vedere le pietre della sua Riace che da monoliti di malaffare, incuria e mafia sono diventate – per un breve ma splendente lasso di tempo – monumento sperato e voluto di legalità.
Dovremmo – avremmo dovuto – specchiarci tutti negli occhi di Mimmo, in questi anni.
Solo così potremmo forse capire l’assurdità di quanto pronunciato oggi dal Tribunale di Locri. Tredici anni e due mesi. Tredici anni e due mesi di carcere. Tredici anni e due mesi.
Faccio fatica persino a leggere e a scrivere questa abnorme cifra di pena, specie se la raffronto a quanto accade di solito per altre condanne.
Tredici anni e due mesi, quasi il doppio di quanto chiesto dal Procuratore Capo e dal P.M. Una assurdità, qualcosa di indicibile, c’è da rabbrividire.
Perché Mimmo, in tutti questi anni e nelle attività a lui imputate, non si è mai arricchito. Mai. Non ha preso a sé neanche un centesimo.
Hanno indagato per anni, pur di trovare qualche spicciolo intascato indebitamente. Ma niente. Zero.
Così come, per dirne un’altra, l’appalto assegnato per la differenziata a Riace era regolare. Ma adesso sembra che anche gli asinelli su cui si faceva quella differenziata erano reato. Sì, avete letto bene. Il nobile asino, animale di quella terra utilizzato per raccogliere la differenziata (idea geniale e totalmente green) contemplato come reato.
Non si è arricchito, Mimmo. Non ha tratto alcun vantaggio personale, Mimmo. Dicono – evidentemente per giustificare questo impianto – che abbia tratto un vantaggio politico.
“Dove e quando???”, mi viene da urlare. Perché Mimmo ha rifiutato vagonate di candidature (ecco, magari oggi sarebbe felice su uno scranno del parlamento, più protetto e sicuro). Non ha fatto lo showman, non ha riempito – come invece troppi altri indebitamente fanno – le televisioni e i giornali con la sua presenza. Avrebbe potuto. E di certo avrebbe avuto tanto da dire, e da fare. Ma non lo ha fatto.
Perché Mimmo, in tutta la sua esistenza, una cosa ha sempre e solo voluto fare: aiutare. Dare speranza. Dare riscatto. Dare una prospettiva e un futuro.
A chi camminava scalzo dopo il viaggio della morte nel Mediterraneo. Alla sua terra, soprattutto. Perché di quel reato si è macchiato sì, Mimmo Lucano.
Ha scardinato con le unghie e con i denti tutto il marcio che da decenni inquina la sua terra; lo ha ripulito, disinfettato e ne ha fatto modello. Un modello di cui ha parlato tutto il mondo, con ammirazione e rispetto.
Ma quel modello per l’Italia inquinata dall’odio sovranista non era esempio, ma nemico da combattere.
Faceva paura, Mimmo. Fa paura, Mimmo. Perché ha mostrato come sia possibile accogliere senza arricchirsi, ma dando opportunità e crescita a tutte e tutti. La tegola che arriva oggi è devastante, lacerante e immeritata.
Aspetteremo gli altri gradi di giudizio, certo.
L’amaro che abbiamo in bocca oggi, però, difficilmente ce lo leverà qualcuno.
Perché oggi ha perso la legalità. Ha perso il cambiamento. Ha perso la speranza.
(da NextQuotidiano)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
LA MAGISTRATURA POLITICIZZATA OGGI E’ QUELLA SOVRANISTA: AMMETTE CHE LUCANO NON SI E’ PRESO UN EURO MA CHE L’AVREBBE FATTO PER FARE CARRIERA IN POLITICA. PECCATO CHE ABBIA RINUNCIATO A UN SEGGIO SICURO AL PARLAMENTO EUROPEO
È inutile girarci intorno. Si può amare o non amare Mimmo Lucano, si possono condividere o meno i metodi che ha adottato per costruire il suo “modello Riace”, da amministratore: ma una condanna a 13 anni e due mesi per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti in relazione ai progetti di accoglienza agli immigrati” è assurda.
Assurda in primo luogo per la sproporzione dei valori e delle pene: per l’ex sindaco della cittadina calabrese, infatti, il pubblico ministero di Locri, Michele Permunian, aveva chiesto una condanna a sette anni e undici mesi.
E la stessa pm ipotizzava già capi di imputazione gravissimi: “associazione a delinquere”, “abuso d’ufficio”, “truffa”, “concussione”, “peculato”, “turbativa d’asta”, “falsità ideologica” e – appunto – “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Ma che adesso il cosiddetto “processo Xenia” si chiuda con una pena raddoppiata, che ricorda quella di chi viene condannato per omicidio, superiore persino ai 12 anni comminati a Luca Traini per il suo raid razzista, francamente sembra davvero che si sia giunti a una condanna fuori da ogni misura.
E ancora: nemmeno nel più severo impianto accusatorio ipotizzato contro di lui si è sostenuto che Lucano abbia cercato – attraverso il suo impegno per l’integrazione – lucro o tornaconto economico di qualsiasi tipo.
L’idea di un sindaco che sbaglia inseguendo un sogno di integrazione, o che attraversa il confine della legalità formale, sia oggi considerato al pari di un killer della ‘Ndrangheta o di uno scafista, dunque, deve creare una qualche preoccupazione in tutti noi.
Un verdetto così severo, dunque, è spiegabile solo con un (pre)giudizio ideologico.
Ed è davvero triste – infine – che a tre giorni dal voto arrivi una sentenza che si abbatte su di un candidato di punta, animatore di una lista alle elezioni regionali
Tuttavia il tema più importante è un altro, e parte dagli addebiti reali che hanno prodotto quell’impianto accusatorio abnorme: un matrimonio misto combinato (per fare acquisire una cittadinanza ad un extracomunitario), e l’impegno per trovare lavoro a degli stranieri disoccupati, oppure – dettaglio clamoroso – gli asinelli usati per la raccolta differenziata nei vicoli, non possono in nessun caso diventare gli estremi per affibbiare a Lucano il reato di “associazione a delinquere” o di “concussione”.
In un territorio fortemente segnato dall’illegalità, come la Calabria, questo primo grado sarà ricordato come una pagina buia. L’accusa sostiene che Lucano si sia arricchito, non con il denaro (dato che non è stato provato nemmeno un centesimo di arricchimento personale), ma grazie alla ricerca di un vantaggio politico, e di un consenso elettorale (ottenuto grazie al suo sistema).
A questo proposito, forse, andrebbe ricordato che Lucano ha rifiutato una candidatura alle elezioni europee che gli avrebbe regalato (con il proporzionale puro) una elezione certa a Strasburgo e la relativa immunità.
L’ex sindaco, invece, ha deciso di rischiare con una sua lista, sul suo territorio, per entrare nel consiglio regionale. Adesso si potrebbe creare un paradosso per cui Lucano potrebbe vincere le elezioni ma, in virtù della legge Severino, risultare ineleggibile già con la sentenza di primo grado. E poi – dopo il terzo grado – ritrovarsi sino alla fine della legislatura in carcere.
(da TPI)
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Settembre 30th, 2021 Riccardo Fucile
“MARCHIANE INESATTEZZE, CONGETTURE, TESTIMONI INATTENDIBILI”…”E’ LA LEGGE CHE CONSENTE L’AFFIDAMENTO DIRETTO DEGLI APPALTI, NESSUN COMPORTAMENTO FRAUDOLENTO”
La sentenza del tribunale di Locri contro Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, viene definita dai suoi legali “lunare”. Per gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Dacqua la condanna inflitta al loro assistito è “esorbitante” e in contrasto “totalmente con le evidenze processuali”.
Oggi conosciamo solo il dispositivo e non le motivazioni che hanno portato a questa decisione. Ma è difficile capacitarsi di come si sia potuti arrivare a una pena così dura, spiegano ancora gli avvocati, “per un uomo come Lucano che vive in povertà e che non ha avuto alcun vantaggio dalla sua azione di sindaco di Riace e, come è emerso nel corso del processo si è sempre impegnato per la sua comunità e per l’accoglienza e l’integrazione”.
Una pena che se messa a confronto, per esempio, con quella di Luca Traini, condannato per strage deopo aver sparato e ferito sei migranti a Macerata, lascia perplessi. Traini infatti deve scontare 12 anni di carcere, un anno e due mesi in meno di Lucano.
Associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio: sono questi i reati contestati a Lucano e che secondo l’accusa erano il fulcro del “modello Riace”.
E per arrivare a una condanna così severa il tribunale ha deciso di aumentare le pene richieste dall’accusa che sommate hanno portato alla sentenza di oggi. Il collegio giudicante dunque ha avallato in toto la tesi del pm Michele Permunian per cui “Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato”.
La vicenda parte il 2 ottobre 2018, quando la Guardia di finanza di Locri mette agli arresti domiciliari Lucano. Per gli inquirenti sono emerse irregolarità da parte del sindaco nell’organizzare “matrimoni di convenienza” tra cittadini del posto e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Inoltre gli investigatori raccolgono elementi circa l’affidamento diretto, definito “fraudolento”, del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti senza le procedure di gara previste dal codice dei contratti pubblici. Due le cooperative sociali, la “Ecoriace” e L’Aquilone”, che secondo l’accusa, Lucano avrebbe favorito.
Durante tutta la vicenda, riguardo alle misure cautelari a cui è stato sottoposto Lucano ci sono state ben due pronunce dell’autorità giudiziaria – il gip di Locri e la Cassazione – che, nonostante non abbiano alcuna incidenza sul processo appena celebrato, sottolineano più di un’incongruenza nell’inchiesta della Procura di Locri.
Quando la Cassazione il 16 ottobre 2018 annulla con rinvio il divieto di dimora a Riace per Lucano, evidenzia infatti che non vi siano indizi di “comportamenti” fraudolenti che l’ex sindaco avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare alcuni servizi, come quello della raccolta di rifiuti, a due cooperative.
Questo perché le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”.
La suprema corte spiega inoltre che non sono provate le “opacità” che avrebbero caratterizzato l’azione di Lucano per l’affidamento di questi servizi alle cooperative L’Aquilone e Ecoriace, ma è la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
Per gli ermellini gli unici elementi di “gravità indiziaria” sono sul fatto che Lucano si sia dato da fare per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem. Ma a questo riguardo, bisogna considerare “la relazione affettiva” che intercorre tra i due e lo stato di incensurato di Lucano prima di decidere nuovamente per il mantenimento del divieto di dimora.
Lo stesso gip Domenico Di Croce pochi giorni prima,il 2 ottobre 2018, pur confermando la misura cautelare a carico di Lucano perché avrebbe favoritol’immigrazione clandestina e non avrebbe rispettato le regole sull’affidamento della gestione del servizio di raccolta di rifiuti, entra in contrasto con il quadro inquisitorio della procura. E spiega come ci siano “marchiane inesattezze” e “congetture” sulla distrazione di fondi per altri fini. Oltre a definire “inattendibili” i testimoni, parlando di testimonianze raccolte sommariamente e senza le garanzie di legge.
(da agenzie)
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