Destra di Popolo.net

ENRICO MICHETTI, IL CANDIDATO CON LA BIGA IN SECONDA FILA

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

A ROMA CENTRODESTRA DISPERATO, L’ASPIRANTE SINDACO NON NE AZZECCA UNA

“Ma se ne è andato un’altra volta?”, chiede incredulo Roberto Gualtieri, quando si rende conto che il tempo di permanenza in sala del suo avversario è durato non più di tredici minuti.
Tanti ne sono passati qualche giorno fa tra l’arrivo di Enrico Michetti alla sede all’Auditorium della Cisl, l’ascolto di qualche domanda su rifiuti e trasporti rivolte agli altri candidati e il gesto di alzarsi e andarsene.
Chissà come è, mormorano i maligni, sempre alle domande su rifiuti e traporti, come quegli studenti che, durante le interrogazioni, hanno un malore sulla domanda che non sanno. Ci risiamo: “Ma davvero l’ha rifatto?”. Era già accaduto questa estate al primo confronto. Ricordate? Prima la filippica su Giulio Cesare, Ottaviano Augusto, la superiorità degli acquedotti rispetto alle Piramidi, poi, arrivati all’attualità, si alza dalla sedia e se ne va: “Non partecipo alle risse”. La battuta di Calenda è rimasta negli annali: “Aveva la biga in seconda fila”.
Per correre ai ripari, gli mandarono qualcuno bravo sulla comunicazione. E invece, a distanza di pochi giorni, l’ha rifatta grossa.
Dovevate vedere la faccia della Meloni, domenica scorsa ad Ostia. Eccola, arriva per il bagno di folla, da quelle parti non è banale, perché Giorgia ha capito che se lo deve caricare sulle spalle Michetti, che magari è pure simpatico, ma non ne azzecca una: “Ma ‘ndo sta’?”. Ridda di voci: “Erano attesi entrambi, c’è solo lei”. Si precipitano a precisare, per evitare il caso: “Tutto normale, nessuno sgarbo, solo questione di agende che non collimano”. Quella di Michetti, in quel momento prevede qualche stretta di mano a Prati. Ma finisce per essere una notizia pure questa. Da che mondo è mondo, il candidato smonta e rimonta l’agenda per farsi un giro coi leader che lo sostengono.
È proprio un personaggio questo “Michetti chi”, una campagna elettorale da candidato che dà buca agli eventi, auto-trasformatosi in un Tafazzi impenitente, impermeabile anche ai consigli di chi lo vuole salvare da se stesso.
Gli hanno consigliato, chiedete a quelli attorno alla Meloni, di studiare, tenere un profilo alto sui programmi. Si sono sentiti rispondere, con una certa sicumera: “Tranquilli, la gente me ama in periferia, me abbracciano, capiscono che so’ uno di loro”.
Effettivamente, la risposta data sui vaccini è perfetta, in quanto a profilo basso: “Non sono un tecnico, non posso occuparmi di un farmaco di cui non conosco la composizione per cui non posso invitare qualcuno alla somministrazione”. Allo stesso modo ha deciso di non occuparsi di termovalorizzatori (prima contrario, poi favorevole), Pnrr, trasporti, ad eccezione della proposta dei “bigliettai” che scassa le già disastrose casse dell’Atac.
È chiaro: i sondaggi registrano un certo disincanto. Al ballottaggio perde con Gualtieri, straperde con Calenda, perché lo mollerebbe un bel po’ di elettorato di destra. L’andazzo si è già capito dalle liste.
La capolista della civica di Gualtieri è Monica Lucarelli, rampolla di una famiglia di imprenditori romani, una che, ai tempi di Marino, si metteva le mani nei capelli. Più o meno stessa reazione quando sente il tribuno di Radio Radio.
E non parliamo di Calenda, che lo voteranno pure parecchi parlamentari di Forza Italia. E anche un bel giro della destra che conta. C’era non da crederci a vedere quanta gente c’era, lo scorso 13 luglio, al cocktail di fundrasing organizzato a due passi dal Quirinale, al Casino Pallavicini Rospigliosi, dove una volta si organizzavano ricevimenti per Gianfranco Fini. Previste duecento persone, se ne sono presentate il doppio, alla ricerca di uno “con cui si riesce a parlare”.
Insomma, ci siamo capiti. Del resto non serve neanche chissà quale retroscena. Si vede tutto benissimo. E si sente ancora meglio.
Come la dichiarazione di Matteo Salvini all’Aria che tira che, a domanda su Michetti, ha risposto così, proprio così: “Io non do giudizi sulle persone. Penso ci sia tanta voglia di cambiamento”. No, non era distratto. In un’intervista sulla Stampa, medesima assenza di calore: “A Roma come finisce? Sono molto curioso di capirlo, credo che vincerà Michetti”.
Beh, è il ribaltamento della regola aurea delle campagne elettorale, di cui Berlusconi è stato uno straordinario interprete. E cioè che il candidato, anche se è il più fiacco del mondo, si “vende” come il più bravo del mondo. E si fa finta di credere alla vittoria anche quando la sconfitta è certa.
A pensar male, ci si prende: Salvini non si straccerà tanto le vesti se, nell’ambito di una tornata non entusiasmante per lui, potrà dire che se il cavallo ha perso, la colpa è di Caligola, cioè di Giorgia, che lo ha imposto a tutti.
Anzi, lo smaliziato cronista, fiutata l’aria, suggerisce, sin da oggi, di dare un occhio ai numeri, se Michetti cioè prenderà quanto le liste o qualche voto di meno, perché i segnali di “voto disgiunto”, disseminati qua e là ci sono tutti.
Parecchi candidati chiedono il voto per sé, poi sul sindaco “fate un po’ come vi pare”. E, in fondo, fanno un po’ tutti come gli pare. Manifesti dei leader senza candidati sindaci, degli aspiranti sindaci senza leader, dei candidati con quel vizietto del braccio alzato difesi dai leader perché, dice la Meloni, “non vado a guardare i tatuaggi”, ma su cui Michetti non ha detto una parola.
In fondo che vuoi che sia un tatuaggio con una scritta nazista, il tedesco non lo conosce nessuno.
(da Huffingtonpost)

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BORGHI CONTRO ZAIA, ZAIA CONTRO BORGHI: NELLA LEGA ORMAI E’ FAIDA TRA PRO-VAX E NO-VAX

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

CON SALVINI TOTALMENTE INADEGUATO

Prima del Paese, la contrapposizione tra Pro Vax e No Vax sta lacerando la Lega. Dove il Fronte del Nord che salda governatori e imprese, guidato da Zaia e Giorgetti, ha scatenato l’offensiva finale sul green pass nei luoghi di lavoro sorpassando finanche la prudenza di Draghi.
Con replica al vetriolo di Claudio Borghi, capofila degli scettici e “guastatore” sul tema, a Tagadà: “I governatori hanno una legittimazione personale, pensano alla maggioranza dei cittadini ma io rappresento le minoranze. Zaia? La sua maggioranza viene dalle liste civiche, è come quando parla Emiliano o De luca nel Pd”. Insomma, un eterodosso (eufemismo).
Ma a far saltare definitivamente gli argini è stato il convegno di ieri targato Lega al Senato volto a spiegare che il covid è una malattia “curabilissima” grazie all’”approccio terapeutico” con idrossiclorichina e invermectina ma stroncato da medici e scienziati. Roberto Burioni in testa: “Bugie pericolosissime”. Un evento dall’altisonante titolo “international covid summit”, ospitato nella sala Capitolare di Palazzo Madama, trasmesso in diretta dalla web tv istituzionale, partecipato dal senatore Bagnai, aperto da un messaggio di congratulazioni della presidente Casellati, e promosso da un’associazione pare non registrata (Ippocrate.Org) il cui fondatore è laureato in Scienze Politiche. Dove peraltro – raccontano le cronache – diversi partecipanti si sono tamponati last minute in infermeria poiché privi di green pass. Apriti cielo.
La prima ad aver fatto precipitosa retromarcia è stata la Casellati: “Il mio era un semplice gesto di cortesia, per prassi”.
Ma per tutto il pomeriggio di ieri l’ira funesta è montata dal quartier generale leghista, lasciando prima filtrare che Salvini non ha avuto nulla a che fare con l’improvvida riunione e poi avvisando i parlamentari che “per evitare fraintendimenti” le iniziative vanno concordate con uffici stampa e capigruppo.
Per la verità, aleggia il sospetto che il capogruppo al Senato Romeo abbia dato una mano ad avere la disponibilità della sala (Huffpost ha provato invano a contattarlo). Borghi, che è deputato ma con Bagnai è sceso in piazza, afferma di non averne neanche lui saputo alcunché.
In serata la tavola rotonda “alternativa”, con terapie a base di liquirizia, è derubricata a iniziativa di “una singola parlamentare” e il cerino resta in mano alla frontwoman, la senatrice piemontese Roberta Ferrero, professione imprenditrice, alla prima legislatura dopo dieci anni da consigliera comunale nel Torinese. Che non arretra: “Polemiche insensate, il tema erano le cure domiciliari, se lo prendi nei primi giorni il covid si può curare a casa. Io vaccinata? C’è la privacy”. Le tocca però specificare: “Non sono un medico, sono dottoressa sì, ma in materie economiche. Non esiste più la libertà di opinione?”.
Nei gruppi parlamentari della Lega, però, la disinvoltura con cui viene esercitata la “libertà di opinione” contro le vaccinazioni, comincia a infastidire in parecchi.
A Montecitorio, una trentina secondo alcune ricostruzioni, il doppio secondo altre.
La cartina di tornasole è stata il (sofferto) voto di giovedì sul green pass. Al termine di una gimkana iniziata in commissione, con Borghi a dare la linea di sponda con Salvini, la Lega ha dato faticosa luce verde.
Ma due terzi dei deputati erano assenti: in aula per il voto finale erano 47 su 132 (uno, il sardo De Martini, ha votato contro). Sono stati “controllati” uno per uno, le giustificazioni vanno dalla campagna per le comunali all’errore dell’orario del voto dell’aula sul messaggino di convocazione. Tutto è possibile ma, come ragiona un parlamentare, “non serve Sherlock Holmes per capire che le posizioni di Zaia, Fedriga, Fontana, Giorgetti, stanno facendo breccia”.
Borghi, pur attestandosi “saldissimo” sulla sua linea, ammette la capitolazione politica: “Quando abbiamo votato l’emendamento per abolire il green pass nei confronti dei minorenni, credevamo ci fosse un consenso trasversale. Invece, noi siamo stati compatti ma da M5S non sono arrivati dissensi. Io rispetto la democrazia, ma anche i numeri, ed essi ci hanno mostrato plasticamente che la battaglia parlamentare è finita”.
Il deputato rivendica gli sforzi fatti per trattare con Draghi: “Non ci sono tanti precedenti di un partito che vota contro il governo di cui fa parte su punti pesanti in commissione e manda segnali anche in aula… Ma andare avanti così non funzionerà più. Adesso il governo sa che non riusciremo a trascinare altri, a parte FdI, sulle nostre posizioni”.
Intanto a Firenze, il consigliere comunale “free vax” Andrea Asciuti lascia il gruppo leghista (secondo i rumors, in direzione Meloni): “Io vicino a Bagnai e Borghi, il partito ha cambiato linea e anche Salvini è cambiato”.
(da Huffingtonpost)

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L’ALLARME DEL CAPO DELLA POLIZIA GIANNINI: “I COMPLOTTISTI VOGLIONO IL CAOS, LA LORO E’ STRATEGIA DELLA TENSIONE”

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

ALLORA CI SPIEGHI PERCHE’ PERMETTETE MANIFESTAZIONI NON AUTORIZZATE SENZA INTERVENIRE

La diffusione delle fake news sul Coronavirus è «un caos organizzato, una sorta di strategia della tensione pensata per sovvertire l’ordine».
È questa l’idea del capo della Polizia Lamberto Giannini parlando al congresso del sindacato di polizia Siap. Giannini ha parlato del Covid-19 come di «un pericolo insidioso al quale si sono aggiunte la disinformazione ed il complottismo che corrono sul web», e dove si sono «minate certezze con richiami al suprematismo americano». Durante questi mesi si è assistito a una «diffusa chiamata all’illegalità», con piazze che non «manifestano democraticamente, ma che bloccano stazioni, circondano il Parlamento e fanno azioni varie».
Giannini ha ricordato che è stata creata una nuova Direzione centrale per la polizia scientifica e la sicurezza cibernetica: «dobbiamo – ha sottolineato – essere sempre più presenti sul web per dare una risposta sempre più adeguata a queste insidie».
(da agenzie)

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IL RAPPER J-AX, MINACCIATO DI MORTE DAI NO VAX, REPLICA A MUSO DURO: “SONO TERRORISTI, SI STANNO RADICALIZZANDO E FANNO COMODO AD ALCUNI POLITICI”

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

“SE CERTE MINACCE LE AVESSERO FATTE PERSONE CON CARNAGIONE SCURA LE FORZE DELL’ORDINE LI AVREBBERO GIA’ PRELEVATI A CASA, MA VISTO CHE SONO BIANCHI LI LASCIANO FARE QUELLO CHE VOGLIONO”

J-Ax torna a denunciare le minacce ricevute dai no vax, ma questa volta alza il tiro. Prima gli hanno inviato foto di proiettili e ora “vogliono cercarmi, bastonarmi, investirmi e riempirmi di botte”, dice in un video postato sul suo profilo Instagram parlando dell’aggressività dei gruppi Telegram dei negazionisti.
Il rapper evidenzia il fatto che si stiano radicalizzando, ma visto che sono bianchi, non
neri, e non parlano arabo, “ad alcuni politici fa comodo trattarli come goffi svalvolati”.
Nel video social J-Ax ha parlato degli screenshot pubblicati sui giornali delle minacce di gruppi Telegram dei negazionisti del Covid: “Non è la prima volta: in passato ho anche ricevuto foto di proiettili. Se queste cose le avessero scritte e fatte persone con una tonalità di carnagione più scura della mia, e che magari parlano arabo, ho il presentimento che i carabinieri sarebbero intervenuti per entrargli a casa sfondando le finestre. Ma visto che queste persone sono bianche e fanno comodo a qualche politico, possono minacciare di morte, pedinare i medici, bloccare le città e fare quello che vogliono”, spiega il rapper.
J-Ax si è rivolto poi ai politici: “Quando la politica capirà che siamo di fronte a un gruppo di terroristi che si sta radicalizzando, sarà, come sempre, troppo tardi”. E attacca senza mezzi termini: “Solo quando sarà troppo tardi e a quel punto a pagare, spero, ci saranno le persone che dal Parlamento stanno facendo il tifo e proteggono questi anti-italiani. Si sono anti-italiani perché più spazio hanno e più rallenteranno il rilancio del nostro Paese”.
Il rapper ha spiegato che capisce la paura che “hanno le persone che non vogliono vaccinarsi. Cosa credete? Che noi che siamo vaccinati non abbiamo avuto dubbi? Non ci siamo detti ‘Magari la sfiga che qualcosa vada storto capita proprio a me'”. Però insiste su un punto fondamentale: “Ma l’abbiamo fatto, perché è un dovere civico, certo per la nostra salute, ma anche per difendere la vostra di salute, la salute del Paese e del mondo”.
E punta il dito contro i negazionisti che “sono solo dei privilegiati, che non hanno mai visto cosa fa il Covid e poi leggiamo di dottori che parlano di negazionisti del Covid attaccati a qualche respiratore che chiedono, implorano il vaccino”.
Il rapper ha avuto il Covid in casa, e ha perso anche qualcuno di importante: il padre di Jad (degli Articolo 31, ndr) è morto di Covid. E conclude: “Nessuno vuole togliere la libertà di nessuno, si tratta solo di rispettare la vita, il dolore e la morte delle persone, perché questo è il Covid”.
(da agenzie)

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RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO PERCHE’ TUTTI GLI STATI RICONOSCANO UNIONI LGBT: CHI POTEVA VOTARE NO? LEGA E FRATELLI D’ITALIA

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

REGISTRAZIONE IN UNO STATO MEMBRO SARA’ VALIDO IN TUTTA UE

L’Unione europea deve rimuovere tutti gli ostacoli che le persone Lgbtiq affrontano nell’esercitare i loro diritti fondamentali e far sì che i matrimoni o le unioni registrate in uno Stato membro siano riconosciute in tutti i Paesi dell’Ue.
È quanto richiesto dagli eurodeputati in una risoluzione approvata dall’Assemblea plenaria del Parlamento europeo con 387 voti favorevoli, 161 contrari e 123 astensioni.
Gli eurodeputati della Lega e di Fratelli d’Italia hanno votato contro la risoluzione. A favore del testo Pd, M5S, Italia Viva. Forza Italia si è divisa tra no, ok e astenuti.
Nel testo gli eurodeputati esortano tutti i gli Stati membri a riconoscere come genitori legali gli adulti menzionati nel certificato di nascita di un bambino ed a riconoscere il diritto al ricongiungimento familiare alla coppie dello stesso ed alle loro famiglie per evitare il rischio che i loro bambini diventino apolidi nel caso in cui le loro famiglie si spostino all’interno dell’Ue.
Infine, i deputati sottolineano la discriminazione affrontata dalle comunità Lgbtiq in Polonia e Ungheria e, a tal riguardo, chiedono alla Commissione di intraprendere ulteriori azioni come procedure di infrazione, misure giudiziarie o strumenti di bilancio nei confronti questi Paesi.
(da agenzie)

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RUSSIA VERSO IL VOTO TRA SOSIA, ESCLUSI ECCELLENTI E SPIE

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

FALCIDIATA LA RAPPRESENTANZA DEI PRO-NAVALNY… CLONI E REPLICANTI, MASCARA E PISTOLE VERSO LA DUMA

Di sosia e replicanti, mascara e pistole, potrebbe essere presto piena la Duma di Stato russa dopo le prossime elezioni parlamentari che si terranno da venerdì a domenica prossima nella Federazione.
Non uno, ma tre, sono i candidati di nome Boris Vishnevsky – con capelli e barba tagliati nello stesso modo e dello stesso colore – in corsa elettorale a San Pietroburgo. L’unica cosa che li contraddistingue è il patronimico: Lazarevich è quello del candidato del partito Yabloko, un oppositore contro cui il Cremlino ha schierato due cloni che hanno cambiato acconciature, nome e cognome solo per confondere gli elettori che vedranno una troika di facce identiche sulla scheda il giorno del voto.
Uno dei tre falsi Vishnevsky, fino a poco tempo fa, si chiamava Viktor Bykov e la sua foto da deputato sul sito del comune pietroburghese mostra quanto fosse diverso il suo vecchio look, ha denunciato il “vero” Boris
Per le strade che si specchiano nei canali della Neva è stata vietata la candidatura ad Irina Fatyanova, ex volto del Fondo anti-corruzione di Aleksey Navalny, un’organizzazione finita nella stessa lista di movimenti estremisti insieme all’Isis.
Dal 17 al 19 settembre apriranno le urne, ma non per i candidati che sostengono l’oppositore in cella, i cui alleati più fedeli sono fuggiti all’estero per paura di ripercussioni, persecuzioni e manette.
I candidati più noti di questa tornata sono quelli che non si potranno votare: nella lista dei celebri esclusi figura Lyubov Sobol, braccio destro del blogger, che ha ritirato la sua candidatura come Ilya Yashin.
Oleg Stepanov, ex capo degli uffici del dissidente a Mosca, è in libertà condizionata per aver violato le restrizioni anti-covid partecipando ad una marcia per la liberazione dell’oppositore e la sua fedina penale ormai macchiata gli ha impedito di partecipare. Per quasi lo stesso motivo è stata fermata dal tribunale a Perm’ Aleksandra Semenova.
Stop ad attivisti e giornalisti come Viktor Rau e Natalia Rezontova, presentatisi alle elezioni non alla latitudine europea, ma a quella più remota degli Altai.
Colpiti dal divieto del Cremlino per minuzie burocratiche o vessazioni giudiziarie anche membri del partito comunista e di Yabloko: Pavel Grudinin, Yulia Galyamina e, a Khabarovsk, l’indipendente Anton Furgal, figlio di Serghey, il governatore della regione il cui arresto fomentò rivolte nella città un anno fa
L’incognita non è cosa cosa sceglieranno i russi, – o cosa è rimasto da scegliere nella cabina durante le votazioni che tutti gli ultimi media indipendenti russi hanno definito “le meno competitive” della storia recente – ma quanti cittadini andranno a votare.
Il partito del presidente Edinaya Rossia, Russia Unita, di cui però Putin non fa più parte da tempo, è meno popolare del suo leader e, secondo gli ultimi sondaggi, solo il 26% dei cittadini tornerà a votarlo. A contraddire questa cifra è l’agenzia Tass, che scrive che i punti percentuali per il partito, almeno a Mosca, sarebbero almeno dieci in più rispetto al resto del Paese.
Falce, martello e ancora qualche scintilla. È stato il partito comunista russo, – divenuto un vaso di Pandora di quanti dissentono dalla linea governativa ma non hanno rappresentanti a cui destinare la preferenza -, a tentare inutilmente di frenare la corsa dell’ “agente straniero” Maria Butina, la ragazza dai capelli rossi divenuta celebre quando fu arrestata nel 2009, ed in seguito deportata, con l’accusa di essere una spia di Mosca in America.
Nella terra a stelle e strisce statunitense era diventata un’attivista a favore delle armi da fuoco molto intima di membri del partito repubblicano. Accolta con onore una volta tornata in patria, è diventata una super star sul canale Rt, il mastodonte televisivo della propaganda, e, nella sua ultima reincarnazione professionale, è la fulva testa d’ariete che i russi potranno votare nei prossimi giorni per farla finire tra gli scranni. Questa volta, quelli patrii.
(da Huffingtonpost)

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LA BUFALA DEI GIOVANI CHE NON VOGLIONO LAVORARE SMONTATA DAI DATI ISTAT

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

BISOGNA EVITARE LA FUGA DEI TALENTI, OCCORRONO RETRIBUZIONI PIU’ ALTE E CONTRATTI VERI

La buona notizia, a quanto dice l’Istat nella sua rilevazione trimestrale sull’occupazione in Italia, è che finalmente la disoccupazione sta diminuendo e che l’occupazione sta aumentando. La seconda buona notizia, a quanto dice sempre l’Istat, è che la domanda di lavoro cresce ancora più dell’occupazione. Tradotto: ci sono una marea di posti di lavoro vacanti, ancora da occupare.
La cattiva notizia, ma era più che prevedibile, è che in tempo zero è ricominciata la solita solfa sui giovani italiani che non vogliono lavorare, e del reddito di cittadinanza che farebbe preferire loro il divano.
Li chiama proprio così, il Messaggero, in un articolo uscito giusto stamattina: “il popolo del divano” che vuole restare ai margini, allergico agli orari e che preferisce rifugiarsi nel sommerso o negli aiuti pubblici, a partire da quel reddito di cittadinanza di cui ogni giorno scopriamo i “furbetti”, con una solerzia che se fosse dedicata agli evasori fiscali potremmo estinguere il debito pubblico.
Insomma, l’estate finisce com’era cominciata: con gli imprenditori poverini che chiudono bottega perché non trovano giovani che vogliano lavorare per loro – o peggio che chiedono di lavorare in nero a chi vorrebbe metterli in regola (!!!) -, coi giovani cattivi che se ne stanno sul divano a farsi aria con le banconote generosamente offerte dallo Stato e con giornali e giornalisti boomer che si divertono a fare la morale seduti sopra una montagna di sussidi pubblici e regaloni generazionali come Quota 100, che per inciso è costata 12 miliardi in tre anni per mandare in pensione 340mila anime. A proposito di divani.
La cosa buffa è che sono proprio quegli stessi dati Istat a raccontare che le cose non stanno esattamente così. Che non è vero, banalmente, che i posti vacanti sono colpa dei giovani schizzinosi.
Primo dato, dedicato agli imprenditori: i lavoratori che non trovate, dice l’Istat, non sono quelli che ricevono il reddito di cittadinanza al posto di fare camerieri e spiaggini a 2 euro l’ora. Sono operai specializzati, informatici, tecnici, professionalità per le quali c’è un’altissima offerta di lavoro, sia in Italia sia all’estero. Quelli che, generalmente, non vogliono lavorare per voi perché hanno offerte da aziende più grandi e innovative, che li pagano di più.
Secondo dato, per l’appunto: ci informa l’Istat che mentre gli imprenditori cercano invano gente da far lavorare, le retribuzioni medie sono scese del 3% e l’unica tipologia di lavoro che cresce è quella atipica, o se preferite, precaria. Tradotto: mentre i cervelli se ne vanno all’estero, noi stiamo giocando al ribasso offrendo sempre meno in termini di diritti e retribuzioni. E per inciso offriremmo ancora di meno, se non ci fosse quella seccatura del reddito di cittadinanza come alternativa.
Lo disse il presidente americano Joe Biden agli imprenditori americani che lamentavano la carenza di giovani che volessero lavorare per loro: “Pagateli di più”. Ed è quello che qualcuno dovrebbe dire ai nostri imprenditori italiani, se ne avesse contezza: se non vogliamo continuare a perdere quei cervelli di cui abbiamo bisogno e se non vogliamo continuare a scivolare lungo la china di un’economia a basso valore aggiunto che sottopaga camerieri e spiaggini per sopravvivere, l’unica soluzione è assumere giovani, pagarli tanto, e dargli spazio e delega per cambiare i connotati al nostro sistema produttivo.
Questo è quel che dicono i dati Istat, mentre si parla solo di sussidi e di divani. Poi, come al solito, fate voi.
(da Fanpage)

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PATRICK ZAKI RESTA IN CARCERE: “LIBERATEMI, SONO IN CELLA DA TROPPO TEMPO, E’ ILLEGALE”

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

CONCLUSA LA PRIMA UDIENZA, IL PROCESSO FARSA AGGIORNATO AL 28 SETTEMBRE… L’ITALIA NON HA LE PALLE PER ROMPERE LE RELAZIONI DIPLOMATICHE CON UN GOVERNO CRIMINALE CHE HA TORTURATO E ASSASSINATO UN ITALIANO

Si è tenuta oggi a Mansura, in Egitto, la prima udienza del processo farsa a Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna accusato di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie e propaganda al terrorismo con il rischio di una condanna fino a 5 anni, di cui due già scontati in cella.
Nel tribunale della città sul delta del Nilo è cominciata quella che in molti temono essere la prima di una lunga serie di convocazioni in aula a un anno e mezzo di reclusione trascorsa in diversi istituti penitenziari del Paese.
In aula c’era anche il padre del ricercatore, George, arrivato in città insieme alla sorella del giovane, Marise, e ad altri quattro amici dell’attivista.
All’interno dell’aula circa 60 persone hanno ascoltato le prime comunicazioni dei giudici ai legali. L’udienza è durata poco più di cinque minuti.
Zaki, ammanettato nella gabbia degli imputati, ha preso la parola lamentando di essere stato detenuto oltre il periodo legalmente ammesso per i reati minori di cui è accusato adesso. Anche la sua legale, Hoda Nasrallah, ha sostenuto la stessa tesi chiedendone il rilascio o almeno l’accesso al dossier che lo riguarda. Il processo è stato aggiornato al 28 settembre. Zaki resterà in carcere almeno fino a quella data.
L’allarme di Amnesty
Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty, il rinvio a giudizio di Zaki «è stato uno sviluppo improvviso. In meno di 24 ore si è posta fine alla detenzione preventiva, per trasferire il tutto dal Cairo a Mansura. Non sappiamo se ce ne saranno altre, se sarà chiesto un rinvio da parte della difesa: è tutto abbastanza misterioso. Quel che è certo è che è un tribunale di emergenza che processa Patrick per diffusione di notizie false per un articolo da lui scritto nel 2019 in cui prendeva le difese della minoranza religiosa cristiano-copta, a cui appartiene la sua famiglia, perseguitata, discriminata, sottoposta ad attacchi e violenze».
Questo processo, dice Noury, «non prevede un appello: se Patrick verrà condannato non ci sarà un ricorso ma solo la possibilità di una richiesta di grazia al presidente al-Sisi. Noi temiamo il peggio, cioè una condanna, ma speriamo il meglio, perché un giudice minimamente imparziale ed equo assolverebbe immediatamente Patrick».
(da agenzie)

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L’APPELLO DEI TALEBANI: “ABBIAMO BISOGNO DI AIUTO, IL MONDO COLLABORI, CIBO E MEDICINE SCARSEGGIANO”

Settembre 14th, 2021 Riccardo Fucile

SE NON SIETE IN GRADO DI PROVVEDERE AL VOSTRO POPOLO CHE AVETE CONQUISTATO A FARE IL POTERE? PER DISCRIMINARE LE DONNE E IMPORRE REGOLE DEL CAZZO?

I talebani stanno chiedendo al mondo di collaborare con il loro nuovo regime per aiutare il popolo afghano
“Il mondo dovrebbe collaborare con noi. Nel Paese è stata mantenuta la sicurezza e le persone sono in difficoltà economiche, cibo e medicine scarseggiano”, ha detto il portavoce talebano Zabihullah Mujahid, parlando con l’agenzia dpa
Mujahid ha inoltre riferito che il nuovo governo talebano accoglie con favore la conferenza dei donatori che si tiene oggi a Ginevra, promettendo trasparenza nell’uso e nella distribuzione degli aiuti che giungeranno dalla comunità internazionale.
“Siamo favorevoli all’aumento dell’assistenza internazionale al nostro popolo e al nostro Paese”, ha detto.
Tuttavia, molti Paesi vogliono imporre delle condizioni per l’invio degli aiuti, temendo che i talebani governino nuovamente l’Afghanistan con il pugno di ferro, ignorando i diritti umani fondamentali, soprattutto nei confronti delle donne.
(da agenzie)

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