Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
DOPO DURIGON, GIORGETTI HA FATTO FUORI ANCHE MORISI … OGGI INCONTRO A VARESE CON 200 SINDACI LOMBARDI (SENZA SALVINI), MENTRE ANCHE ZAIA SI MUOVE IN VENETO
Di vittime, politicamente, ne hanno già mietute due. Entrambe eccellenti. 
Prima Claudio Durigon scaricato con un’alzata di spalle da Giancarlo Giorgetti (“Al governo bisogna stare attenti a quando si parla”) e dal silenzio dei governatori.
E adesso Luca Morisi, spin doctor di Matteo Salvini e ideatore della “Bestia” social della Lega.
Dietro l’addio del 48enne guru social del Carroccio ci sono sicuramente motivazioni personali (questa è la versione ufficiale) ma anche di più: un certo disagio sull’ambiguità della linea “di lotta e di governo” del Carroccio, ma soprattutto l’ostracismo dell’ala governista che non sopportava più i modi di fare e la comunicazione da populista della porta accanto di Morisi. “Quando si sta al governo non si può comunicare tutto e subito come all’opposizione”, spiega un parlamentare vicino a Giorgetti.
Che Morisi fosse finito in mezzo anche allo scontro tra Salvini e Giorgetti lo si era capito anche nelle ultime settimane.
Raccontano che, durante i primi Consigli dei ministri dell’èra Draghi, 4-5 membri della squadra della comunicazione di Morisi si spostassero al ministero dello Sviluppo economico mentre Giorgetti partecipava alle riunioni a Palazzo Chigi.
Un modo per coordinare la comunicazione leghista durante i Cdm e far uscire sulle agenzie, sui siti e sui social cosa stava succedendo in chiave leghista.
A marzo e aprile, alla vigilia dei Consigli dei ministri, il Mise diventava una succursale di via Bellerio: i funzionari del ministero in diverse occasioni si sono visti arrivare Salvini spesso accompagnato dai suoi fedelissimi tra cui Durigon, in quel momento di casa al Tesoro.
Quando però ad agosto, tra Salvini e i ministri si è rotto qualcosa sui primi decreti Green pass, con la sconfessione della linea del segretario, tutto si è fermato: Giorgetti ha imposto che in via Veneto non entrasse più nessuno della squadra di Morisi e della comunicazione della Lega.
Secondo qualcuno, nelle ultime settimane, c’erano state anche delle frizioni tra Salvini e Morisi: il guru lamentava di non essere “più ascoltato” dal segretario. Di certo c’è che i numeri della “Bestia” – un sistema editoriale in grado di automatizzare i contenuti delle pagine “Matteo Salvini”, “Lega” e “Noi con Salvini” – negli ultimi sei mesi avevano risentito dell’effetto Draghi.
La macchina si era inceppata e i numeri sono crollati: in quanto a crescita dei follower, Salvini è stato superato da Giuseppe Conte (più un milione contro i 700 mila del leghista) e tallonato da Giorgia Meloni a 600 mila.
Le interazioni settimanali si sono dimezzate passando da 10 milioni a 5 mentre è stato sorpassato dalla leader di FdI sull’engagement (3,5 a 7,6%) e sulle interazioni per post (0,3 a 1,2%). Tutto questo nonostante in due anni la “Bestia” sia costata 400 mila euro al partito.
E così, dopo Durigon e Morisi, l’ala governista guidata da Giorgetti e dai governatori – Zaia, Fontana e Fedriga – può rivendicare un altro successo.
Ma non si fermerà qui ed è già pronta a chiedere i congressi dopo le Comunali.
Un primo assaggio arriverà oggi da Varese, feudo del ministro dello Sviluppo economico, dove si terranno gli “Stati Generali” della Lega Lombarda. Un appuntamento pre-elettorale, ma anche un modo per organizzare le truppe del nord Italia: oltre a Giorgetti ci sarà Fontana, Garavaglia, Centinaio e Locatelli.
Ai 200 sindaci leghisti lombardi spiegheranno cosa sta facendo il governo nazionale. Un modo per iniziare a contarsi e rivendicare che la linea della Lega non è quella di Salvini, ma la loro. Il leader non ci sarà e manderà solo un saluto.
Intanto anche Luca Zaia manda segnali: i suoi uomini stanno mettendo all’indice i 10 salviniani veneti che nei giorni scorsi non hanno votato in aula sul Green pass. Una frattura che difficilmente si ricomporrà.
(da IL Fatto Quotidiano)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
DICHIARAZIONI PER ABBASSARE LE ASPETTATIVE
Il centrodestra, nonostante il gran vento in poppa nei sondaggi nazionali, inizia ad annusare un’aria non troppo buona in vista delle amministrative che si terranno domenica prossima.
Il warning lo lancia uno che ha lo sguardo lungo come Giancarlo Giorgetti, che dice e non dice ma fa intendere che gli animi in casa Carroccio non siano serenissimi: “Avremo vinto se avremo aumentato i sindaci. E perso se li avremo diminuiti. In politica è così. Dopo di che c’è la grande incognita dell’affluenza”.
Piedi di piombo e volo basso, soprattutto perché, ricorda ancora il ministro dello Sviluppo economico, “è tendenzialmente noto che l’astensionismo penalizza più il centrodestra che il centrosinistra, è un fatto storico, consolidato”.
Nel giorno in cui Matteo Salvini va nella periferia difficile di Tor Bella Monaca con Enrico Michetti, si apre un tema tutto interno al centrodestra, riassumibile in poche parole così: la paura di non vincere.
Perché se appena due mesi fa l’unione di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sembrava avere il vento in poppa e l’unica preoccupazione era quella di spartirsi le candidature, oggi l’umore è positivo solo in Calabria, dove le chances di vittoria sono robuste e dove corre Roberto Occhiuto, esponente per lo più del partito di Silvio Berlusconi, al momento terza gamba dell’alleanza.
Lorenzo Pregliasco, fondatore dell’istituto di rilevazioni Quorum, spiega che in linea generale “è difficile aspettarsi al voto più gente di 5 anni fa”, ricordando che nel 2016 “nelle grandi città le affluenze sono state di poco superiori al 50%”, e che bisogna “aspettarsi un numero simile, non c’è motivo di pensare che salga”.
Ma poi osserva un aspetto che punta un ulteriore riflettore sull’allarme lanciato da Giorgetti: “Storicamente la sua osservazione è fondata, ma lo era di più qualche anno fa. Negli ultimi 5 anni i dati non più così univoci”. Pregliasco la ritiene una “dichiarazione che va nella direzione di abbassare aspettative, e questo gioco lo aveva fatto in passato il Pd con un certo successo, basti pensare al 6-0 di cui parlava Salvini alle regionali. Oggi forse non lo fa perché non ne ha bisogno, visto il buon posizionamento in tutte le grandi città”.
L’ansia di marcarsi a vicenda, il lavorio infinito su candidature che a un certo punto erano diventate un problema politico, ha prodotto frontman sbagliati.
“Michetti? Lasciamo perdere, una campagna elettorale da dimenticare”, commenta tra lo sconforto e l’amarezza un berlusconiano.
In casa Lega e Fratelli d’Italia gli umori sono appena leggermente migliori. Il professore di diritto amministrativo non ha sfondato, il vantaggio considerevole dal quale è partito nelle scorse settimane si è assottigliato, gli ultimi sondaggi lo vedevano uscire perdente al ballottaggio a prescindere dal candidato con il quale avrebbe dovuto competere. “E dire che qui a Roma per il disastro di Raggi e per i pasticci della sinistra avremmo avuto la vittoria in tasca”, continua l’azzurro. E invece Michetti si è incartato in una campagna affatto ficcante, tra ritardi alla presentazione delle liste e fughe precipitose dai confronti con gli avversari, condito da un invadente amore per la Roma antica onnipresente nelle sue uscite e troppo tardi arginata da qualche caritatevole spin doctor.
Sorte non migliore è toccata a Milano, dove Luca Bernardo doveva essere il solido e prestante candidato in grado di contendere la città a Beppe Sala.
E invece dall’affaire della pistola in ospedale in poi, un rosario di gaffe che potrebbero essere complici nel consegnare il capoluogo lombardo nuovamente al centrosinistra già lunedì prossimo, senza dover aspettare il secondo turno.
Giorgetti a margine degli Stati Generali dei sindaci della Lega in Lombardia, alle Ville Ponti di Varese, si destreggia a cavallo tra serietà e ironia: “Non so se le gaffe sono create ad arte, ma sicuramente adesso tutti i milanesi sanno chi è il nostro candidato”. E continua dicendo che “gli episodi aiutano a dare visibilità talvolta, non sono un mago della comunicazione, ma mi spiegano così”, attento a non intestarsi una difesa d’ufficio di Bernardo. Che solo pochi giorni fa ha combinato l’ultima, pubblicando una foto che lo ritraeva con Paolo Sassi, proprietario di un locale della zona, molto gettonato nella comunità gay meneghina, per poi vedersi ribaltato dall’interessato che ha spiegato che la foto era stata scattata “settimane fa”, e che (oltre il danno la beffa), gli era “totalmente sconosciuto”. Il tutto corredato con l’endorsement a Sala, “con il quale stiamo trovando soluzioni condivise” ai problemi del quartiere.
Si inseriscano nel calderone Napoli, forse la metropoli nella quale il centrodestra è più in affanno, Bologna, tradizionalmente avversa, e le analoghe difficoltà a Torino e il rischio di uno zero nel pallottoliere che raggruppa le cinque grandi città chiamate al voto è concreto. Per questo Giorgetti mette le mani avanti parlando dell’astensionismo, evidenziando una preoccupazione radicata da quelle parti e fissando l’asticella: per vincere bisogna aumentare i sindaci.
Chi ha orecchie per intendere…
(da Huffingtonpost)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
YOUTREND: “IN USA E GRAN BRETAGNA HANNO I LORO LEADER, IN ITALIA ANCORA NO”
Tax the Rich. Uno slogan che fa sempre più rumore sui social network. 
A rilanciarlo sono i giovanissimi. La generazione Z, quella dei nativi digitali, nati tra il 1995 e il 2010. Sempre più arrabbiata con le disuguaglianze di reddito. Owen Jones, tra le firme di riferimento del giornalismo politico d’oltremanica, ha dedicato loro un editoriale sul The Guardian.
“I giovani hanno fame e i ricchi sono sul menu” afferma Jones, riportando sondaggi che confermano il malcontento dei ventenni britannici verso le classi agiate.
Il 67% di loro, secondo un sondaggio del think-tank IEA, dice di preferire un sistema economico socialista rispetto a quello di mercato.
Un vento di insofferenza che soffia forte su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Negli Stati Uniti, la paladina delle giovani generazioni che si affacciano per la prima volta nell’arena politica è la democrat Alexandria Ocasio-Cortez. 32 anni, newyorkese e appartenente alla minoranza dei latinos, la deputata ha attirato l’attenzione mediatica di mezzo pianeta quando al Met Gala 2021 ha indossato un abito bianco con ricamato sopra ‘Tax the rich’ in rosso.
“L’editoriale di Jones sul Guardian fa riflettere: i giovani vedono nella critica al capitalismo una via d’uscita, un’alternativa all’evidente disparità generazionale che subiscono” spiega ad HuffPost Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend, esperto di ricerche sociali e comunicazione politica.
“L’attuale modello economico ha penalizzato la generazione Z come nessun’altra negli ultimi decenni. E sotto tanti punti di vista: precarietà del lavoro, redditi bassi e pensioni a rischio. La voglia di cercare un modello alternativo deriva da questa realtà poco incoraggiante”.
Quello degli zoomers alternativi al sistema è un fenomeno cresciuto esponenzialmente nell’ultimo decennio. Secondo l’agenzia di ricerche di mercato Gallup, nel 2010 i giovani che si dichiaravano a favore del capitalismo erano al 68%. Dieci anni dopo, i loro coetanei del 2020, non la pensano allo stesso modo: il 45%, meno della metà, è soddisfatto dell’attuale sistema economico.
Il cambiamento di opinione è dovuto a tante ragioni.
A giocare un ruolo importante, negli ultimi dieci anni, sono stati i social network, diventati la maggiore fonte di news per chi ha meno di 30 anni.
“I social pesano. La carta stampata – spiega Pregliasco – ha una diffusione marginale tra la generazione Z. La grande differenza tra informazione tradizionale e via social è che in rete i giovani possono scegliersi in autonomia le fonti che preferiscono. Non c’è una selezione di notizie e punti di vista fatta da una redazione. C’è invece una molteplicità di informazioni che girano in maniera incontrollata. Un palinsesto che lo stesso lettore decide di crearsi”.
Uno scarto enorme nella dieta informativa di chi è sotto i 30 anni rispetto a chi è sopra. Tra l’altro, le piattaforme non sono tutte uguali. “Facebook ha un’età mediana di utenti superiore a quella di Instagram o TikTok”.
Il divario generazionale non riguarda solo i social. Proprio come i millennials, cioè la generazione nata a cavallo tra anni ’80 e ’90, entrata nel mondo del lavoro durante la crisi del 2008, anche gli zoomers sono convinti che i propri genitori, da giovani, stessero meglio di loro. “Una percezione molto diffusa, ed anche realistica. Oggi per una persona di 30 anni è molto più difficile comprare un immobile rispetto ad un coetaneo degli anni Ottanta”.
La frattura generazionale è anche politica. Sul Guardian, Jones sottolinea l’enorme differenza di voto tra giovani e meno giovani.
In Gran Bretagna il partito conservatore trionfa regolarmente alle elezioni politiche e guida il governo da oltre dieci anni. Un dominio tory che non coincide con le sensibilità progressiste delle nuove generazioni.
“In realtà questa spaccatura politica a livello anagrafico l’abbiamo vista, in parte, anche in Italia” ricorda Pregliasco. “Alle politiche del 2013, i giovani italiani hanno premiato il Movimento 5 Stelle molto di più rispetto al resto dell’elettorato”.
Anche se, però, la frattura generazionale si è nel frattempo appianata.
“Nel 2018, l’exploit dei grillini non era caratterizzato da un voto giovane. Ad oggi, a livello elettorale, non c’è un grande solco anagrafico”.
Differenza che però resta marcata in Gran Bretagna. “La spaccatura generazionale d’oltremanica è legata alla leadership laburista di Jeremy Corbyn, capace di far convergere sulla sua proposta gran parte delle preferenze dei millennials nel 2017 e nel 2019”. Per non parlare della Brexit, il referendum sull’uscita di Londra dall’Unione Europea, che nel 2016 ha visto trionfare gli euroscettici. I giovani britannici, nella capitale come in Scozia e in Irlanda del Nord, hanno votato in massa a favore del Remain.
Se in Italia, a livello elettorale, la spaccatura generazionale sembra per il momento essere rientrata, stesso discorso non lo si può fare sulla sensibilità verso certi temi della generazione Z.
“Ambiente, questioni di genere, diritti Lgbt e temi etici. Tutto ciò è prioritario nell’agenda politica dei giovani e giovanissimi italiani. Ma la centralità di queste issues non si traduce nell’affermazione di un unico soggetto politico che le rappresenti”. In Italia non c’è un Corbyn, o un Bernie Sanders, in grado di mobilitare buona parte dei giovanissimi sotto la stessa bandiera. “Da noi – conclude Pregliasco – la spaccatura tra genitori e figli c’è sui temi, ma non necessariamente sul comportamento di voto”.
(da Huffingtonpost)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
LA CONSULTAZIONE AVRA’ CARATTERE CONFERMATIVO, I FAVOREVOLI SONO FAVORITI
In Svizzera è la vigilia del referendum: domani, 26 settembre, lo Stato chiederà ai propri cittadini se sono d’accordo sul matrimonio per coppie dello stesso sesso.
La consultazione avrà carattere confermativo: nei mesi scorsi, infatti, il Parlamento ha già varato un provvedimento che estende il beneficio anche alle coppie omosessuali.
I pronostici dicono che il “sì” otterrà tra il 60 e il 70%.
Il disegno di legge si chiama «matrimonio per tutti» e ha come obiettivo quello di eliminare le differenza tra un matrimonio per una coppia eterosessuale e quello per una coppia omosessuale.
Nonostante la Svizzera sia ancora uno dei Paesi europei a non prevedere questo istituto giuridico, da tempo il Paese ha ammesso alcuni benefici per coppie omosessuali. Dalla reversibilità pensionistica, alle agevolazioni in campo ereditario e anche la possibilità di adottare il figlio naturale del partner.
Cosa prevede la legge svizzera sul «matrimonio per tutti»
In caso di ok alla norma, la legge prevede che se uno dei due componenti della coppia non fosse svizzero, otterrebbe il diritto di cittadinanza. Le donne potranno inoltre accedere alla fecondazione eterologa.
Il governo, per voce della ministra della giustizia Karin Keller-Sutter ha invitato l’elettorato a esprimersi a favore della nuova legge. Per il sì si è espressa anche la Chiesa evangelica elvetica, non quella cattolica.
Dall’Italia arriva il commento di Fabrizio Marrazzo, portavoce Partito Gay per i diritti Lgbtq+, Solidale, Ambientalista, Liberale e candidato a sindaco di Roma. «Domani in Svizzera ci sarà il referendum sul matrimonio egualitario.
Attualmente, gli ultimi sondaggi indicano che il 63% degli svizzeri voterà a favore. Questo potrà determinare che le coppie Lgbtq+ potranno avere il diritto di sposarsi e di formare una famiglia. Il matrimonio per le coppie Lgbtq+ in Italia sarebbe la prima legge che ci da pari diritti, lavoreremo con tutte le forze sociali che vorranno per portare anche in Italia questo Referendum», ha detto.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
ANCHE LA FASCIA 12-19 ANNI STA BENEFICIANDO DEGLI EFFETTI DELL’IMMUNIZZAZIONE
Nel bollettino esteso dell’Istituto superiore di sanità, aggiornato al 22
settembre e pubblicato oggi 25 settembre, vengono evidenziati gli effetti della campagna vaccinale sulla popolazione più anziana del Paese e su quella più giovane.
Nel primo caso, ovvero considerando la fascia degli over 80, negli ultimi 30 giorni il tasso di ricovero fra i non vaccinati è stato 9 volte più alto rispetto ai vaccinati. Per quanto riguarda gli ingressi in terapia intensiva, il tasso di chi non si è fatto somministrare il farmaco anti-Coronavirus è stato 11 volte più alto.
Divario che si allarga considerando i dati relativi ai decessi: il tasso della mortalità è 14 volte maggiore nella popolazione con più di 80 anni non vaccinata.
Degli effetti del vaccino stanno giovando anche i giovanissimi.
L’Istituto superiore di sanità, prendendo in esame il range di età 12-19, ha rilevato che, dopo la crescita dell’incidenza di inizio luglio riscontrata in tutta la popolazione, i casi per 100mila abitanti hanno subito una «una forte diminuzione» a inizio agosto tra gli under 19.
Nella popolazione con 20 anni o più, la riduzione dell’incidenza è stata meno marcata. Nella seconda metà di luglio si è osservato un aumento in percentuale dei casi nelle fasce di età più giovani, ovvero 3, 3-5, 6-11, a discapito delle fasce 12-15 e 16-19. Benché il dato non sia consolidato, nelle ultime due settimane oltre il 50% dei contagi diagnosticati nella fascia di età 0-19 anni si è osservata nei soggetti con età inferiore ai 12 anni.
I sanitari sono (ancora) i più esposti al contagio
Nel report dell’Iss, inoltre, c’è un focus fatto sui contagi tra il personale sanitario. Benché il numero dei casi fra chi lavora negli ospedali segua un trend in diminuzione dalla seconda metà di agosto, il calo dei contagi tra i lavoratori di area medica-assistenziale è più lento che nel resto della popolazione.
Di fatto, mentre i casi nella popolazione sono risultati in forte diminuzione dalla seconda metà di agosto, i casi fra sanitari stanno diminuendo molto più lentamente: negli ultimi sette giorni analizzati, ad esempio, i contagi tra i sanitari sono stati 358, mentre nella settimana precedente erano stati 380. A inizio luglio, inoltre, quando c’è stato un aumento generale delle infezioni nella popolazione, tra i sanitari l’incremento è stato lievemente più alto.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
ULTIMO APPELLO DELLA MERKEL, MA E’ TESTA A TESTA
Alla vigilia del voto più conteso nella storia recente della Germania, Angela Merkel rinnova il suo appello a sostegno del candidato della coalizione Cdu/Csu Armin Laschet. Con le elezioni di domani ”è in gioco la stabilità della Germania”, ha dichiarato la cancelliera partecipando al comizio di Laschet ad Aquisgrana.
“Non è uguale chi governa”, ha dichiarato Merkel, sottolineando che “gli aumenti delle tasse minacciano di strangolare la ripresa”.
Laschet – ha sostenuto – “non solo ha governato con successo il Nord-Reno Vestfalia, ma anche ha anche fatto molto per l’Europa: le sue azioni sono state improntate all’idea di costruire dei ponti. In tutta la sua vita politica ha dimostrato il suo impegno per la coesione”.
Un endorsement scolastico, quello della cancelliera, simile nelle parole e nei toni ai tanti appelli fatti negli ultimi tempi.
Un endorsement che si accompagna alla consapevolezza che probabilmente ci sarà bisogno di lei e del suo governo per diverse settimane, poiché è concreta la prospettiva che servano tempi lunghi per varare il nuovo esecutivo.
Gli ultimi sondaggi, infatti, fotografano una distanza minima tra i socialdemocratici (Spd) e i partiti dell’Unione (Cdu/Csu).
Per il rilevamento Forsa, i socialdemocratici rimangono stabili al 25% dei consensi contro il 22% dell’Unione conservatrice, con i Verdi che seguono al 17%.
Ancora più risicata è la partita secondo il sondaggio Allensbach, dove la Spd con il 26% è prima, ma seguita a un solo punto di distacco dalla Cdu/Csu. I Verdi rincorrono a distanza con il 16% dei consensi, i liberali dell’Fdp – che puntano a fare da ago della bilancia nelle trattative per il futuro governo – non vanno oltre il 10,5%.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
IN PIAZZA DEL DUOMO LA MELONI CONTESTATA: DAI “COMUNISTI DEI CENTRI SOCIALI”? NO, DAI CAZZARI CHE HA ALLEVATO
“Duomo! Duomo!”. La tregua, in piazza Fontana, salta subito. E per l’ennesimo
sabato di fila il corteo dei No Green Pass tracima e si prende il centro di Milano.
Il migliaio di negazionisti autoconvocati si è rifiutato di seguire il percorso indicato dalla polizia, che aveva suggerito di sfilare verso via Larga e il tribunale, lontano dal comizio di Giorgia Meloni.
L’ala più dura dei contestatori è partita verso l’obiettivo solito. Ci sono stati due momenti di tensione col cordone di agenti e carabinieri in tenuta antisommossa. Grida “Venduti! Venduti!”. Inviti: “Giù il casco!”. Insulti: “Draghi, Draghi vaff…”.
L’obiettivo dei partecipanti al corteo del sabato contro il Green Pass era raggiungere piazza Duomo. Ma attorno alla cattedrale c’era un cordone di forze dell’ordine in assetto antisommossa per impedire che i negazionisti raggiungessero il luogo dove Giorgia Meloni teneva un comizio per le Comunali: la tensione è salita quando il corteo ha rifiutato di seguire il percorso indicato dalla polizia e ha tentato di proseguire prima di essere deviato
Poi i manifestanti sono tornati indietro, hanno aggirato la Cattedrale dal lato della Rinascente e sono confluiti verso la piazza, sfilando vicino ai militanti di Fratelli d’Italia”.
Tra le due piazze è volata qualche parola grossa poi il corteo ha ripreso il centro, apparentemente senza una direzione. Alcuni hanno tentato di invadere di corsa la Galleria, bloccati all’ingresso dalla polizia. La marcia è ripresa sotto Palazzo Marino puntando piazza San Babila, in una tensione crescente.
Nel frattempo, l’effetto “pesca a strascico” ha ingrossato, come nelle precedenti manifestazioni, le fila del corteo, fino a far toccare la canonica quota cinquemila già registrata nelle scorse settimane.
Acefalo, amorfo, perfino cangiante nella sua testa, il serpentone è riuscito a sgusciare nelle vie laterali ogni volta che si trovava un cordone di fronte.
Si è riversato di nuovo in corso Vittorio Emanuele e in Duomo, poi ha intasato via Torino, via di shopping e di tram costretti allo stop forzato.
Gli insulti non hanno risparmiato i ministri Speranza e Brunetta, il leader della Cgil Landini e quello della Lega, Matteo Salvini.
Dalle fotografie delle piazze, si è vista una parte cospicua dei dimostranti ignorare le norme anti-contagio. Pochissime le mascherine su naso e bocca.
La polizia avrebbe messo in stato di fermo alcuni dimostranti che hanno cercato di sfondare il cordone di sicurezza
Risulterebbero esserci dei feriti dopo gli scontri con la polizia.
I manifestanti No Green pass hanno lanciato bottiglie d’acqua contro gli uomini delle forze dell’ordine. Problemi di sicurezza anche per la leader di Fratelli d’Italia, la cui auto è rimasta bloccata in piazza Duomo. Nessuno tra i dimostranti, tuttavia, si è accorto della presenza di Meloni a bordo.
In via Case Rotte, alle spalle di Palazzo Marino, un ragazzo a bordo di un motorino, rimasto bloccato dal traffico, ha insultato i No Green pass. I manifestanti hanno circondato il giovane e l’hanno picchiato.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
LEGA, FDI E FI PUNTANO TUTTO SUL VOTO DI LISTA… LO STESSO COPIONE IN SCENA A MILANO CON BERNARDO
Che il voto nelle grandi città, ormai alle porte, rappresenti una sorta di elezione di mid term per tutti i partiti, soprattutto quelli di centrodestra che il 4 mattina si “peseranno” col voto di lista in vista della conquista della leadership della coalizione, è un dato di fatto.
In questo senso sono state molto chiare le parole di Giorgia Meloni che giovedì, nel comizio a sostegno del candidato sindaco Paolo Damilano, ha dichiarato espressamente che l’obiettivo di FdI è quello di “essere il primo partito”.
Il riferimento è ovviamente al derby tutto interno al centrodestra con la Lega, anche se sia Meloni che Matteo Salvini minimizzano la competizione. E il ragionamento di quest’ultimo che per giustificare lo shopping ai danni di Forza Italia ha affermato che sono comunque voti che “rimangono nel centrodestra”, non può certo essere condiviso dagli alleati.
ENRICO CHI?
È in questo clima che va letto il fatto che in questa tornata elettorale i tre partiti principali vadano in ordine sparso: nessun comizio finale unitario a Roma, Milano e nelle alte città e addirittura prese di distanza dai candidati comuni.
Il caso più eclatante è quello della capitale dove il “Mister Wolf” della Meloni Enrico Michetti – noto per fuggire dai confronti con gli altri candidati, non ultimo quello organizzato ieri, è stato praticamente mollato al suo destino. Quando spuntò il suo nome per la corsa al Campidoglio per il centrodestra pochissimi lo conoscevano e se, pur scettici, gli avevano dato fiducia.
Ma adesso, a due settimane dal voto per l’avvocato appassionato di antica Roma gli entusiasmi restano bassi (per usare un eufemismo).
Il coordinatore di FI Antonio Tajani ci va giù pesante: “Su Roma avevamo indicato Bertolaso, un ottimo candidato che avrebbe vinto al primo turno”.
Concetto espresso anche dal collega di partito e coordinatore romano Maurizio Gasparri “Speriamo che le scelte che la Meloni ha imposto alla coalizione in alcune grandi città si rivelino fortunate. Noi le stiamo sostenendo e abbiamo preferito l’unità della coalizione anche quando potevano essere fatte scelte diverse”, ha dichiarato ieri a LaPresse.
Insomma, gli azzurri avrebbero preferito avallare altre scelte e Michetti, se non proprio maldigerito, non è certo osannato.
E da parte della Lega è vero che Salvini ha battuto a tappeto il territorio e tutte le periferie delle grandi città, compresa a Roma dove chiuderà la campagna sabato prossimo a Tor Bella Monaca (col candidato ma senza gli alleati), ma più pro domo sua che altro.
E in ogni caso, colei che era stata presentata in pompa magna come candidata “prosindaca” – la giudice minorile Simonetta Matone – in giro con l’avvocato tribuno si è vista ben poco.
Anzi, pare proprio sparita dai radar anche nelle occasioni pubbliche: una di queste è stata la raccolta firme per i Referendum sulla Giustizia al mercato di Labaro insieme a Salvini, quindi anche in quel caso per tornaconto del Carroccio, che quei quesiti referendari li ha proposti insieme ai Radicali.
OGNUN PER SE’
La Matone sarà sul palco con il leader della Lega il 25 settembre e Tor Bella Monaca mentre proprio alla stessa ora – alle 17 – la Meloni sarà a Milano in piazza Duomo “a sostegno della lista di FdI” (ci ha tenuto a sottolinearlo) e del candidato sindaco di centrodestra Luca Bernardo, che come Michetti – sondaggi alla mano – non scalda i cuori né dei potenziali elettori né di chi lo ha proposto per sfidare l’uscente – e pressoché sicuro della riconferma – Beppe Sala.
Sotto la Madonnina il copione è dunque lo stesso: ognuno gioca per sé, con FdI che spera di arrivare quantomeno a pareggiare con la Lega, (mentre nella Capitale auspica di allargare la forchetta e restare ampiamente primo partito).
Poco importa se nell’evento organizzato da FdI sabato scorso in Piazza del Popolo per lanciare la volata a Michetti per quest’ultimo, quando ha parlato dal palco per pochi minuti, gli applausi siano stati pochi e contenuti, quel che conta – nell’ottica della Meloni – è che la piazza fosse piena.
E lo era, ma per lei. Come se non bastasse sul “povero” candidato ha infierito Carlo Calenda: “Il programma di Michetti è totalmente scopiazzato. Scopiazzato dal programma di Alemanno del 2013, da quello di Giorgia Meloni del 2016. Ha scopiazzato persino quello presentato da Parisi a Milano”.
(da La Notizia)
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Settembre 25th, 2021 Riccardo Fucile
PERCHE’ ERANO IN SUO POSSESSO? NON AVEVA ALCUNA DELEGA PER RITIRARLE
Non solo l’indagine per peculato: a casa di Ettore Liardo la Gdf ha trovato
anche decine di copie di tessere elettorali. Perché erano in suo possesso?
Il caso di Enzo Liardo, candidato consigliere alle elezioni comunali di Torino, si infittisce.
La Guardia di Finanza gli ha notificato un avviso di garanzia per concorso in peculato perché è stato trovato in possesso di elenchi con i nomi e i dati di residenza degli elettori, ottenuti tramite un dipendente comunale ora indagato in concorso.
A Torino le liste elettorali possono essere chieste gratis dai consiglieri in carica, mentre gli ex membri devono pagare un’imposta di 2767,11 euro o di 447,21 euro per una lista parziale.
Ma c’è un fronte ancora più delicato nell’indagine.
Perché a casa di Liardo i militari del Gico hanno trovato nel corso della perquisizione anche decine di copie di tessere elettorali. Perché erano in suo possesso?
«Le tessere elettorali erano una “cortesia” per i cittadini che ne avevano bisogno per recarsi alle urne e votare», per il legale dell’esponente politico, l’avvocato Stefania Fantini.
Secondo la difesa, racconta oggi La Stampa, si trattava di persone che non potevano andare all’anagrafe o che temevano di dover fare lunghe code, o che magari non sapevano come fare.
A volte Liardo le accompagnava negli uffici, altre volte provvedeva per loro. Ma al momento – fa sapere il quotidiano – non ci sarebbero deleghe in possesso di Liardo firmate dagli intestatari delle schede.
(da Open)
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