Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile TRA SALVINI, MELONI E BERLUSCONI GIOCO DEGLI INGANNI E DEGLI SPECCHI SU QUIRINALE, UNITA’ E LEGGE ELETTORALE
La “villa” come “illusione ottica” di un’alleanza che ritrova un centro di gravità, luogo degli incontri periodici come fu Arcore sin dai tempi del lunedì con Bossi, quando i cronisti aspettavano uno spiffero per conoscere i destini della nazione e magari, lì dentro, si scambiavano solo amenità dopo un risotto.
E come gli incontri a palazzo Grazioli, il centro del variopinto romanzo berlusconiano dei tempi e degli eccessi che furono.
È così forte l’immaginario di ciò che è stato, che il riflesso pavloviano nel vedere baci e abbracci a favor di camera all’uscita di Villa Grande, e pure la macchina di Salvini che per poco non mette sotto la famiglia Dudù induce all’abbaglio.
Per carità, l’elemento atemporale rispetto al tempo e agli acciacchi è comunque in questa ritualità, che sopravvive alle generazioni che si succedono e ai rapporti di forza che mutano.
C’è poco da fare: pur non essendo più Berlusconi il padrone della coalizione, senza il suo ruolo di padrone di casa dopo mesi di assenza, da quelle parti è complicato pure far parlare i due fumantini rampolli del sovranismo, protagonisti di una delle più bislacche campagne elettorali che si siano viste da più lustri a questa parte, preoccupato l’uno dei successi dell’altra più che della sinistra.
Finisce qui, il colpo d’occhio evocativo, fotografato in un comunicato stampa dell’unità ritrovata (finta) e del “clima cordiale” (si dice sempre quando è stato esattamente l’opposto), dove si istituzionalizza, come una volta, il rito dell’incontro settimanale per orchestrare “azioni parlamentari condivise”, che pare una novità ma in fondo è ciò che si decise prima dell’estate quando addirittura si discettava di “intergruppi”, federazione e “partito unico del centrodestra”, ma che non è stato mai realizzato.
Anzi, si è frantumato nella recita a soggetto delle “tre destre” o se preferite nel centrodestra “uno e trino” su vaccini e Green Pass, mica poco, perché di questi tempi se non trovi una posizione comune sulla pandemia non si capisce su che la devi trovare.
Si sarebbe detto in altri tempi: analisi del voto, critica e autocritica, fosse pure per dare la colpa a Veronica, alla partenza di Kakà dal Milan, o magari ai giudici o ai burattini della Merkel.
Manco quello perché, c’è poco da fare, pure i capri espiatori è difficile trovarli, senza robuste dosi di umiltà e onestà intellettuale, in una commedia del “sì”, “no”, “forse”, in relazione al governo, e che governo, rispetto al quale nessuno dei tre è disposto a cambiare atteggiamento, tanto vale cambiare discorso e far finta che va tutto bene.
E chissà se, tanto per dirne una, era un fuoriprogramma rispetto all’“azione comune” il tweet con cui Giorgia Meloni rilancia, pressoché a pranzo in corso, la petizione popolare per una mozione di sfiducia contro la Lamorgese, roba da mettere il pranzo di traverso, per motivi diversi, agli due commensali
Vabbè, c’è il Quirinale dove i nostri giurano e stragiurano, al punto di metterlo nero su bianco, che marceranno uniti come una falange, dopo che si sono già dilettati attorno al nome di Mario Draghi con diversi retropensieri, chi perché sogna De Gaulle, chi perché sogna le elezioni anticipate, chi per bruciarlo, chi per seguire le mode.
E in questa promessa, non ci vuole Cassandra, c’è una carezza al non proprio timido ego del Cavaliere che, come noto, sogna sé beato tra i corazzieri, altro che De Gaulle, mentre alla Camera va in scena non proprio una prova di compattezza attorno alla nomina del nuovo capogruppo che per poco non si sfascia tutto.
Magari c’è da prendere il tutto sul serio, perché, in fondo, il vecchio Silvio è l’uomo del bipolarismo, o di qua o di là, dell’unione di tutto ciò che è alternativo alla sinistra e nella sua concezione la sua presenza vale come assicurazione di “moderatismo” più dei numeri che gli attribuiscono un ruolo da gregario.
E dunque “no al proporzionale”, che rinnega la sua storia, altro giuramento solenne. Magari c’è da registrare solo un gioco degli inganni e degli specchi, in cui ci si promette amore eterno con la pistola in tasca: loro si impegnano sul Quirinale, sapendo che non passerà mai, lui contraccambia con la “federazione”, già franata nella competizione a destra, Salvini esce con la riserva mentale di chi continuerà a stare un po’ dentro un po’ fuori, l’altra solo fuori, il padrone di casa che, quando escono, si conferma nei suoi non lusinghieri giudizi sui commensali.
È lecito chiedersi se tutto questo reggerà allo stress test dell’elezione del capo dello Stato o se questa è la coda di un film e in quell’occasione ne parte un altro, senza effetti ottici.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile ELETTO CAPOGRUPPO UN SODALE DI TAJANI… GELMINI, CARFAGNA E BRUNETTA SU TUTTE LE FURIE: “L’ULTIMA STAGIONE DEL BERLUSCONISMO NON MI RAPPRESENTA”
Quando si sparge la voce, il cortile della Camera diventa tutto un brulicare.
“Ma lo sai che viene Silvio?”. “Sì, sì, ci hanno allertato, siamo qui”. Berlusconi è sceso a Roma nella nuova residenza di Villa Grande. Quadrante sud est di Roma, anni luce dai palazzi della politica, intorno il verde del parco dell’Appia antica, a pochi passi il parco della Caffarella, oasi dentro la città in cui sfrecciano i runner e pascolano le pecore. Due gli appuntamenti in agenda: il primo alla Camera per sigillare l’elezione del nuovo capogruppo, e il vertice a tre con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Quest’ultimo si celebra regolarmente, con tanto di pacchetto di immagini confezionate ad hoc per la stampa che li immortalano a discutere all’ombra dei pini, un festante Dudù a fare da scorta, il barboncino bianco sfavillante del quale il cavaliere diceva che “capisce di più di certi politici”, e chissà se lo ha pensato anche oggi.
C’è di certo che a Montecitorio passano le ore e a un certo punto non si capisce più niente. La presenza del leader inizia a vacillare, “Ma sai, forse alla fine non viene più”. La maggioranza brancola nel buio
Spoiler: alla fine il Cav non verrà. È successo che la solita elezione per acclamazione come da storia di sempre del partito azzurro è diventata una specie di Vietnam. A fronteggiarsi due fazioni, che per brevità si possono dividere nell’ala più sovranista e in quella più governista. “Tajani aveva assicurato a Berlusconi che sul suo nome ci sarebbe stata l’unanimità, doveva solo venire a suggellarlo e a fare un bagno di folla tra i suoi”, dice un deputato. Poi è iniziato a piovere napalm.
Il nome scelto da Tajani è quello di un suo vecchio amico, Paolo Barelli, sodale di lungo corso con il coordinatore del partito dagli anni in cui l’ex vicepresidente del Parlamento europeo era capo di Forza Italia nel Lazio. Una scelta che in molti nel partito hanno considerato troppo schiacciata sulle posizioni degli alleati di Lega e Fratelli d’Italia. Ma soprattutto una scelta imposta dall’alto senza una chiara indicazione del Cav.
L’ala più moderata del partito ha fiutato l’aria. In 26 hanno firmato una lettera durissima: nessuna incoronazione, si voti a scrutinio segreto e vediamo chi la spunta.
L’alfiere doveva essere Sestino Giacomoni, storico collaboratore di Berlusconi. Ma quel che più conta è che in calce vi erano le firme dell’intera delegazione di governo: Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta.
Una bomba a mano scoppiata tra le dita del Cavaliere. “Senza un’indicazione precisa io Barelli non lo voterò mai”, ringhiava un onorevole. Iniziano ore di trattative frenetiche, Tajani va su e giù da Villa Grande. Raccontano di un Berlusconi infuriato: “Ma come, mi avevate garantito l’unanimità, qui sta esplodendo il gruppo”.
La sfida tra le due anime di Montecitorio riguarda il controllo delle dinamiche che regoleranno l’elezione del presidente della Repubblica. Ma, soprattutto, il capogruppo siederà al tavolo dove verranno scritte le future liste elettorali. Una poltrona ambitissima, perché alla luce della spaccatura a metà del partito e della riduzione del numero dei parlamentari, sarà quel tavolo a dirigere il traffico di chi rientrerà a Palazzo e chi dovrà dire arrivederci.
Si spargono voci di un rinvio, poi Berlusconi sceglie la mossa da fare. In una missiva last minute inviata ai suoi, esplicita di indicare Barelli a successore di Roberto Occhiuto, che lascia dopo l’elezione a presidente della Calabria. I falchi incassano la vittoria, l’ala moderata morde il freno, una deputata dice che “con lui faremo la fine dell’Udc di Cesa”, e meno male che erano alleati.
La rissosità non scema, anzi, ma il dado è tratto. Giacomoni ritira la sua candidatura, Barelli viene eletto, per acclamazione, ovviamente, anche se non è dato sapere quanti fossero gli acclamanti.
Assegnata la poltrona, non si ferma la rissa. Giacomoni rifiuta la poltrona di vice vicario, come aveva proposto Occhiuto cercando una mediazione. Ma sono soprattutto le parole di Gelmini, solitamente molto prudente, a scuotere il partito: “L’ultima stagione del berlusconismo non mi rappresenta e non rappresenta nemmeno lui, noi ministri siamo esclusi dai tavoli con Berlusconi, siamo rappresentati come un corpo estraneo”.
Poi l’accusa più dura ai falchi del partito: “Gli hanno raccontato che ci saremmo venduti e che non siamo più berlusconiani e invece, proprio perché amiamo Forza Italia e non ci rassegniamo al declino che stiamo vivendo o reagiamo adesso o mai più”. Giorgio Mulè le bolla come “parole ingenerose e non veritiere”, nel partito scoppia il caos. Assicurano che la ministra delle Autonomie non se ne vuole andare, che voleva aprire un confronto interno, il solo bisogno di doverlo specificare è paradigmatico del clima interno, con rapporti ai minimi termini.
L’elezione di Barelli chiude forse un capitolo, ma ne apre uno ancora più insidioso. Un deputato influente risponde alla domanda su cosa succeda ora: “Succede che se Berlusconi non riequilibra la gestione valorizzando l’ala moderata aspettatevi tanti franchi tiratori sulla legge elettorale e sul Quirinale”.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile MELONI E SALVINI RASSICURANO BERLUSCONI PER IL COLLE MA SI NAVIGA A VISTA… LA SINTESI STA NEL DESSERT SERVITO: PERE COTTE NEL VIN BRULE’
E giù chiacchiere in relax, due passi nel giardino, sorrisi, abbracci e persino baci sulle guance. Un video e un comunicato congiunto “bulgaro” mettono divergenze e recriminazioni in freezer fino al voto quirinalizio.
Due ore di pranzo light con Salvini e Meloni a Villa Grande, la ex dimora del regista Zeffirelli sull’Appia oggi residenza romana di Berlusconi, sanciscono nel centrodestra la pace della spigola al forno: incontri settimanali tra i leader “per concordare azioni parlamentari condivise”, “compattezza” sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica, “indisponibilità” a cambiare la legge elettorale in senso proporzionale, casomai rafforzare il maggioritario.
Ma non si fa più cenno alla prospettiva della federazione: da un lato non è stato un gran traino, dall’altro meglio non impegnarsi a lungo termine. E neppure ai gruppi unici: ci si consulterà su legge di stabilità, fisco, pensioni, etc, e tanto basta, pazienza se due partiti sono al governo e uno all’opposizione.
Il Cavaliere (con Dudù) accoglie gli alleati, mette da parte i cocci delle amministrative e blinda la coalizione così com’è. Fino a febbraio: quando toccherà con mano la fondatezza o meno dei suoi sogni di succedere al settennato di Mattarella.
Più che pace, una tregua a breve scadenza. Che però Salvini cavalca alla grande: “Il centrodestra sarà compatto e determinante per il Colle, abbiamo 450 voti su mille”. Raccontano che, pallottoliere alla mano, a Berlusconi sia stato giurato che ne mancherebbero appena una trentina all’obiettivo, e che le grandi manovre sono già a buon punto.
Il leader della Lega si prende la scena. Macché uscire dal governo: “Ho due priorità: parlo con Draghi e tengo unito il centrodestra”. Altro che federatori e papi stranieri: la manovra passerà per la cruna dell’ago leghista. Il proporzionale? “E’ il caos”. Al Cavaliere chiede anche un tavolo congiunto dei sei ministri dei due partiti per coordinarsi meglio: praticamente, un commissariamento.
Alla fine il vertice chiesto a tamburo battente dalla leader FdI si è tenuto, ma ha lasciato l’amaro in bocca all’ala governista di Forza Italia e ai centristi del governatore ligure Toti (che infatti commenta sarcastico: “I vertici a tre non risolvono, sulla leadership faranno bim bum bam”). Non è stata issata la bandiera del centro moderato e liberale, non sono arrivate sconfessioni neppure velate della trazione sovranista. Avanti insieme così, cristallizzati nel presente.
Raccontano che a dettare l’agenda di Berlusconi in questo momento sia solo ed esclusivamente il pallottoliere del Quirinale che i due alleati scuotono con sapienza. Per quanto l’ex premier sappia bene che in quel conclave laico tanti sono entrati papi e usciti meno che cardinali, ripete che non ha nulla da perdere a provarci.
Nelle file azzurre governiste spiegano così la “giornataccia”, iniziata con l’inaspettata lettera del leader di designazione del nuovo capogruppo: Paolo Barelli, candidato di Tajani (che ieri sera è spuntato a Villa Grande per perorare la causa) e di Licia Ronzulli. Niente voto segreto – nonostante la richiesta esplicita anche dei ministri – e ritiro dello sfidante Sestino Giacomoni, molto legato al Cavaliere: “La mia candidatura era per unire, sono un moderato per il centro ancorato al centrodestra che deve distinguersi dagli alleati sui temi. Siamo cresciuti per la nostra posizione su Mes, vaccini, green pass. Ora dobbiamo dettare l’agenda su fisco e quota 100”.
E’ la premessa della battaglia che la delegazione ministeriale promette di fare “dentro il partito e non fuori” per “cambiare pelle” a Forza Italia.
Protendersi verso il centro anziché appiattirsi sulla Lega. Ed è il senso dello sfogo della Gelmini davanti ai deputati: “A Berlusconi raccontano solo parte della verità, ci considerano un corpo estraneo, Tajani ha un pò abbandonato la linea moderata ed europeista e la cultura di governo”. E ancora: “Dobbiamo reagire al declino, gli alleati hanno sbagliato le candidature”.
Un putiferio da cui il capo si è tenuto alla larga. Due linee unite sul sostegno a Silvio per il Colle, ma per il resto ai blocchi di partenza della sfida per la prossima legislatura. Dalle liste alla collocazione. “Adesso sul tavolo c’è solo il maggioritario, c’è solo questo centrodestra – pronostica una deputata – Ma un minuto dopo l’elezione del prossimo capo dello Stato lo schema potrebbe ribaltarsi completamente”.
Come, nessuno lo sa. Ma i più maligni hanno sottolineato il dessert servito dai cuochi berlusconiani a Villa Grande: pere cotte a lungo nel vin brulé.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile “L’APPROCCIO DEL GOVERNO E’ EQUILIBRATO, EFFICACE ED UMANO”
Dopo aver ascoltato gli interventi dei senatori, in risposta al suo discorso di
questa mattina in vista del prossimo Consiglio europeo, Mario Draghi ha replicato a diverse questioni sollevate. Una su tutte l’immigrazione, tra i punti chiave – da anni – della discussione in Ue: “L’approccio del governo non può che essere equilibrato, efficace ma anche umano – ha ribadito Draghi – Efficace lo deve essere in due sensi, nel proteggere i confini nazionali dall’immigrazione illegale e dai traffici di immigrazione, ma anche nell’accoglienza, e qui è il punto secondo me”.
Poi ha ricordato: “Per trasformare gli immigrati in fratelli occorre saperli accogliere, accoglierli bene ma con il senso dell’importanza di ciò che significa essere italiani. Altrimenti non riusciremo ad accoglierli e ne faremo dei nemici, ne abbiamo già fatto dei nemici”.
Nella sua replica al Senato, Draghi ha parlato a lungo del tema immigrazione, sia dal punto di vista italiano che europeo: “Mi aspetto che la Commissione europea e il Servizio europeo per l’azione esterna assicurino al Consiglio europeo un costante aggiornamento sull’attuazione degli impegni e sulle risorse finanziarie, anche per una questione di trasparenza verso il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali”.
Sui rimpatri “è opportuno dare seguito all’impegno di progressi europei troppo spesso e troppo poco attuati”.
Secondo il presidente del Consiglio “questi progressi richiedono più Europa”. Su questo punto, infatti, “l’azione dell’Unione europea è incomparabilmente più vigorosa, più efficace, più penetrante dell’azione svolta da un singolo Paese”.
Poi il presidente del Consiglio ha ricordato che “questa estate abbiamo continuato a fare fronte agli obblighi internazionali di salvataggio in mare e di garanzia di protezione internazionale agli aventi diritto”.
Ma anche che “abbiamo fatto fronte a sbarchi, registrazioni e prima accoglienza a dispetto della perdurante emergenza del Covid”.
Le cifre attuali “indicano sbarchi di fatto doppi rispetto a quelli dello stesso periodo dell’anno scorso – ha continuato Draghi – Al 19 ottobre sono stati 50.500 a fronte di 26.000 dell’anno scorso”. E delle circa “87.500 persone che sono arrivate nell’Unione europea dal Mediterraneo via terra e via mare”, di queste “circa 49.000 sono in Italia”. Il dato peggiore, però, è un altro: “Nella rotta del Mediterraneo centrale, dall’inizio dell’anno all’11 ottobre, sono morte circa 1.106 persone”.
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile BOOM DI AZIONE TRA I GIOVANI
Dopo lo stop dovuto alle elezioni comunali ripartono i sondaggi. In testa nelle intenzioni di voto c’è ancora Fratelli d’Italia, ma la situazione cambia – e di molto – a seconda della fascia d’età che si interroga sulle proprie preferenze politiche.
Il sondaggio di BiDiMedia, pubblicato oggi, dà molte risposte in questo senso: nelle fasce d’età più alte il Partito Democratico è nettamente davanti agli avversari politici, mentre tra i più giovani la situazione cambia radicalmente, con Fratelli d’Italia in testa. La Lega di Salvini, invece, è il primo partito nella fascia di mezza età. La variazione è evidente anche per quanto riguarda i partiti più piccoli, che a seconda dell’età considerata crescono o calano in maniera netta.
Sondaggi politici, tra gli under 35 Fratelli d’Italia è primo
Secondo il sondaggio di BiDiMedia, nella fascia degli under 35 i numeri delle intenzioni di voto sono molto diversi da quelli generali. In testa c’è Fratelli d’Italia con il 20,9%, seguito dal Partito Democratico con il 19,2%. La Lega è terza, ma al 12,7%, seguita dal Movimento 5 Stelle all’11,7%. Azione di Carlo Calenda conferma il boom tra i giovani dopo le elezioni romane, dove è arrivato terzo al primo turno, con il 7,3% che vale un sorpasso a Forza Italia, dato al 6,8%. Sinistra Italiana è al 3,9%, Europa Verde al 3,1%. Tutti gli altri sono sotto i tre punti percentuali.
Nella fascia 35-54 anni la Lega è in testa nei sondaggi
Nella fascia di mezza età, tra i 35 e i 54 anni, la Lega è primo partito davanti a Fratelli d’Italia. Il Carroccio di Salvini è dato al 20,5%, con il partito di Meloni affiancato al 20,0%. Altissimo anche il dato del Movimento 5 Stelle, al 19,7%, mentre il Partito Democratico è molto lontano, al 15,4%. Forza Italia è al 6,4%, seguito da Azione al 3,2%. Tutti gli altri partiti sono sotto i due punti percentuali.
Sondaggi elettorali, il Partito Democratico vola tra gli over 55
Tra gli over 55 ci sono pochi dubbi: il Partito Democratico è ampiamente primo partito con il 26,1% delle preferenze, seguito dalla Lega con il 21% e da Fratelli d’Italia con il 18,9%. Il Movimento 5 Stelle è staccato al 15,0%, con Forza Italia al 6,5%. Italia Viva è l’unico partito al 2,0%, tutti gli altri sono sotto quota due punti.
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile CI SONO ANCORA 7,9 MILIONI DI NON VACCINATI E LE PRIME DOSI SONO IN CALO…. SE TRE MESI FA SI AVESSE AVUTO IL CORAGGIO DI IMPORRE L’OBBLIGO VACCINALE (CHE E’ PREVISTO DALLA COSTITUZIONE) NON SAREMMO IN QUESTA SITUAZIONE
Dall’inizio di questa settimana le terze dosi hanno superato le prime
somministrazioni. Sembra si stia lentamente spegnendo l’effetto del Green pass. L’estensione dell’obbligo aveva come obiettivo dichiarato quello di accelerare il numero di prime dosi somministrate dal momento ci sono ancora oltre 7,9 milioni di over 12 non vaccinati.
Il nuovo target fissato dal commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo è quello di raggiungere il 90% delle coperture per poi poter, a quel punto, alleggerire le attuali misure di contenimento come proprio l’obbligo del Green pass.
“Con 70mila vaccinazioni al giorno per 30 giorni ci portiamo a casa 2 milioni di persone vaccinate in più, il che ci aiuterebbero ad arrivare al 90% o a superarlo, e a quel punto avremo raggiunto un bell’obiettivo, che è il target che ci proponiamo”, spiegava nei giorni scorsi Figliuolo nel corso di una visita a Padova.
Chiarito il target, resta l’incognita del tempo necessario per raggiungerlo. Probabilmente la stima dei 30 giorni di Figliuolo è fin troppo ottimistica, vediamo perché dati alla mano.
Ieri i nuovi vaccinati sono stati circa 40mila, contro i 63mila di martedì scorso.
Al momento si sta tenendo un media di circa 50mila somministrazioni al giorno. Media che però, come dicevamo, sembra al momento essere in costante calo.
Per arrivare al 90% delle coperture mancano ancora 4.564.081 persone da vaccinare. Di queste, poco meno di 2,3 milioni sono coloro che ancora devono accedere alla prima dose mentre i restanti sono in attesa di richiamo con tempistiche quindi diverse. Per vaccinare con una dose circa 2,3 milioni di persone, procedendo ad una media di 50mila somministrazioni al giorno, ci vorrebbero 46 giorni.
L’obiettivo del 90% di vaccinati si dovrebbe così raggiungere intorno al 5 dicembre. Data che potrebbe essere anticipata o posticipata a seconda dell’andamento delle prossime settimane.
Non si possono infatti ancora avere certezze sul possibile consolidamento dell’attuale trend di decrescita delle prime dosi piuttosto che su una possibile nuova impennata di vaccinazioni dovuta magari all’adesione di quelle persone stanche di sottoporsi ogni 2-3 giorni a tampone.
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile IL RACCONTO DI UN ITALIANO RESIDENTE A MOSCA DA DIECI ANNI
Non solo Regno Unito. La pandemia di Covid-19 è tornata a farsi sentire anche in Russia, dove negli ultimi giorni è stato registrato il record assoluto di decessi dovuto a complicazioni dell’infezione da Sars-Cov-2 dall’inizio dell’emergenza: solo nelle ultime 24 ore i morti sono stati 1.028, insieme ad altri 34.073 contagi.
Una situazione difficile, con gli ospedali pieni e l’ombra di nuove possibili restrizioni all’orizzonte. A complicare le cose c’è il forte rallentamento della campagna di vaccinazione: su un totale di 145 milioni di russi, solo 45 milioni hanno completato il ciclo vaccinale, poco più del 30%.
Percentuali bassissime se si considera che proprio la Russia è stata tra i primi paesi a cominciare la campagna con il suo Sputnik V. È questo quanto racconta a Fanpage.it Giovanni Savino, docente di storia contemporanea di origine italiana, da ormai più di 10 anni residente a Mosca, dove vive ancora insieme alla sua famiglia.
Professor Savino, a cosa è dovuto questo boom di contagi e morti Covid?
“Questa situazione è frutto essenzialmente di una ragione: il fallimento della campagna vaccinale in Russia, dovuto a sua volta ad una serie di concause. La prima è stata un errore nella campagna informativa. La seconda è dovuta al fatto che a differenza dell’Italia qui c’è un forte settore di anti-vaccinisti: si calcola che tra il 25 e il 40% della popolazione sia in un modo o nell’altro no vax”.
Secondo lei questo fenomeno è dovuto ad una possibile scarsa fiducia nel vaccino Sputnik?
“C’è un anti-vaccinismo di due tipi: uno è quello classico, come c’è anche in Italia, che ha presa su un settore della chiesa ortodossa e su ambienti di estrema destra, e l’altro è di quelli che non si fidano del ‘vaccino di Putin’, che io stesso ho ricevuto, e aspettano quelli occidentali. La verità al netto di tutto questo è che quelli che adesso intasano gli ospedali, secondo report realizzati da sette nosocomi federali, sono tra il 95 e il 98% non vaccinati”.
Nei prossimi giorni saranno introdotte nuove restrizioni per fermare l’avanzata dei contagi….
“Proprio ieri c’è stata la proclamazione di 7 giorni non lavorativi dal 30 ottobre al 7 novembre, che capitano a ridosso del ponte del 4 novembre, quando si celebra la festa dell’Unità Nazionale. Ma questa è l’unica iniziativa presa a livello federale, perché qui la gestione della pandemia sin dall’inizio è stata demandata a regioni e repubbliche con risultati alterni. Per cui a Mosca è vero che ci sono più contagi, tenendo conto che stiamo parlando di una popolazione di 13 milioni di abitanti più i pendolari e quelli che non sono registrati, ma reagisce meglio alla pandemia, perché i soldi ci sono. Le misure prese sono riduttive. La verità è che si ha paura di dichiarare un lockdown senza fornire alcun tipo di ristoro, perché questi giorni non lavorativi non prevedono alcun tipo di ristoro per le imprese, e i lavoratori si trovano davanti a una pressione enorme. In più, le mascherine sono obbligatorie ma in pochi le usano. Noi qui non abbiamo il Green pass, ma una sorta di certificato vaccinale che è chiamato Codice Qr, obbligatorio per tutti coloro che fanno lavori da contatto. È compito dei datori assicurarsi che siano stati vaccinati i propri dipendenti, ma evidentemente non è abbastanza”.
Come sta affrontando questa situazione dal punto di vista personale?
“Sia io che ho 37 anni, che mia moglie abbiamo avuto il Covid un anno fa e non è stata una passeggiata, così come nostra figlia. Sembra non finisca mai. A un anno e mezzo dall’inizio di tutto non si può continuare a pensare che si può affrontare il Covid solo con una dieta sana e regolare non capendo che non è una comune influenza. A me preoccupa anche il fatto che è un anno e mezzo che non vedo i miei genitori. Non vorrei che la Russia fosse ancora una volta esclusa dalle comunicazioni con l’Unione europea. Sembra sempre di tornare al punto di partenza. Io credo che bisognerà vedere cosa succederà il 7 novembre, quando finirà il blocco di giornate non lavorative. Temo personalmente che si navigherà a vista come è già successo nell’ultimo periodo. Il che potrebbe comportare nessun tipo di miglioramento, se non temporaneo, senza arrestare la diffusione del virus una volta e per tutte. E questo dispiace, perché la Russia è stato il primo paese a iniziare la campagna vaccinale
(da Fanpage)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile IL BOOM DEI CASI METTE SOTTO ACCUSA IL PREMIER JOHNSON PER AVER ALLENTATO LE RESTRIZIONI
I critici del Green pass e dei piani vaccinali hanno spesso citato come esempio
l’amministrazione di Boris Johnson.
Il premier britannico, con poco più del 60% di copertura vaccinale, confidava nella buona comunicazione per persuadere il resto degli inglesi a vaccinarsi. Il tutto basandosi su una percezione del calo dei casi a fine luglio poco attendibile.
Ogni restrizione è stata così allentata. Intanto sono stati pubblicati anche «studi» dove si cercava di dimostrare che le vaccinazioni non fossero correlate alla curva epidemica. Alla fine però la realtà bussa alla porta, perché il nuovo Coronavirus non è un’idea politica.
Mediamente il Regno Unito è arrivato a contare 40 mila casi al giorno. Nel periodo tra luglio e ottobre i positivi sono stati 3 milioni, gli ospedalizzati 79 mila.
Il confronto con la situazione nel periodo tra ottobre e gennaio dell’anno scorso ci fa capire la gravità della situazione: 2,7 milioni di casi e 185 mila ospedalizzati.
In generale, se da un lato le vaccinazioni hanno ridotto i ricoveri rispetto all’anno scorso, dall’altro la presenza della variante Delta è l’allentamento delle restrizioni hanno provocato il ritorno a una situazione comunque allarmante.
Gli inglesi sono meno propensi a indossare mascherine rispetto a quanto succede in Germania, Francia, Spagna e Italia. Certo, il fatto che nel Regno Unito si stia assistendo a questo aumento di casi non dimostra necessariamente un nesso causale – si potrebbe obiettare che in Svezia e Olanda troviamo valori simili e i casi non hanno raggiunto livelli preoccupanti – ma sono diversi i fattori che caratterizzano la situazione nel Regno Unito.
Il Paese non è più tra i primi dieci per numero di persone completamente vaccinate. Proprio nella prima metà di ottobre non si è assistito ad un aumento significativo della quota di persone vaccinate.
È vero che l’efficacia contro le forme lievi risulta calare progressivamente attorno ai sei mesi, ma abbiamo visto che una terza dose alla popolazione anziana e/o con patologie pregresse aiuta notevolmente a stabilizzare i casi. Da notare anche il fatto che dal 20 settembre solo il 15% dei giovani tra 12 e 15 anni ha ricevuto almeno una dose di vaccino.
Cos’è il «piano B» di Boris Johnson?
L’NHS (Ente sanitario britannico) comincia allora a parlare di un piano B, previsto per far fronte a un aumento dei casi, tutto sommato prevedibile. Ad annunciarlo era stato già il mese scorso dal Ministero della Salute, in caso di «pressioni insostenibili» da parte del servizio sanitario. Oltre alla buona comunicazione auspicata da Johnson e l’incentivo del lavoro da casa, è prevista anche l’introduzione di «passaporti Covid obbligatori» (proprio l’equivalente del nostro Green pass), tanto osteggiati da alcuni in Italia, anche perché in altri Paesi come l’Inghilterra non sono stati ancora adottati.
Al momento con i livelli di ricoveri e decessi relativamente bassi rispetto a questo boom di casi, il governo sembra maggiormente interessato a introdurre la terza dose solo per gli over 50 e i più vulnerabili. Secondo quanto riporta il Corriere, prima di far scattare l’allarme il numero di decessi giornalieri dovrebbe superare i 250. Una quota che sembra avvicinarsi in maniera preoccupante. Al momento per il premier britannico la situazione sarebbe «sotto controllo».
Tutta colpa della variante Delta plus?
Come abbiamo spiegato spesso, se non si raggiunge una alta quota di persone vaccinate (in Italia si pensa di sospendere il Green pass al raggiungimento del 90%), il virus continua a circolare in maniera pericolosa, tanto da permettere anche l’emergere di nuove varianti Covid. Nel Paese europeo dove la variante Delta – proveniente dall’India – è esplosa per la prima volta in maniera significativa, abbiamo assistito anche all’arrivo della Delta plus (lignaggio AY.1), di cui avevamo trattato in un articolo a giugno.
Allora parlavamo di appena 40 campionamenti, sparsi in sei distretti di tre stati indiani: Maharashtra, Kerala e Madhya Pradesh, ma era stata trovata traccia anche nel Regno Unito. Oggi il 6% dei casi britannici riguarderebbe un nuovo lignaggio Delta plus (AY4.2), identificato a luglio. Anche in questo caso, come nel mese precedente, la Delta plus non risulta una variante preoccupante, come la Delta originaria.
«Non è ancora considerata una variante preoccupante, o una variante oggetto di indagine – continua la BBC – Finora, non vi è alcuna indicazione che sia notevolmente più trasmissibile a causa di questi cambiamenti, ma è qualcosa che gli esperti stanno studiando».
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2021 Riccardo Fucile IL PREMIO PER LA LIBERTA’ DI PENSIERO AL LEADER DELL’OPPOSIZIONE RUSSA
I vertici del movimento fondato da Alexey Navalny esultano per questa assegnazione: “Pienamente meritato, grazie a tutti quelli che ci hanno sostenuto”, ha scritto su Twitter Leonid Volkov, il braccio destro di Navalny. “Urrà!”, ha commentato Ivan Zhdanov, direttore della Fondazione Anti-Corruzione, sempre su Twitter.
Il presidente del Parlamento, David Sassoli, ha dichiarato: “Il Parlamento europeo ha scelto Alexei Navalny come vincitore del Premio Sacharov di quest’anno. Navalny ha condotto una strenua campagna contro la corruzione del regime di Vladimir Putin e, attraverso i suoi account social e le campagne politiche, ha contribuito a denunciare gli abusi interni al sistema riuscendo a mobilitare milioni di persone in tutta la Russia che hanno sostenuto la sua protesta. Per questo, è stato avvelenato e imprigionato”. E ha infine ribadito “il forte sostegno del Parlamento europeo per il suo rilascio immediato”.
(da agenzie)
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