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MELONI ESILARANTE: “RICHARD GERE TESTIMONE NEL PROCESSO A SALVINI PERCHE’ CERCA VISIBILITA'”

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

SUI SOCIAL SI SCATENANO NELLO SBERLEFFO: “VOGLIAMO TUTTE LE ORE DEL GIRATO DI RICHARD GERE”… E QUESTA VORREBBE DIVENTARE PREMIER PER FARCI RIDERE DIETRO DA TUTTO IL MONDO?

Richard Gere testimone al processo contro Matteo Salvini per il caso Open Arms? “È in cerca di visibilità“.
Lo sostiene la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni o almeno il suo account twitter, verosimilmente gestito dai suoi collaboratori. Fatto sta che in quel tweet si legge: “Ma quanto può essere credibile una Nazione nella quale si consente a un attore in cerca di visibilità di testimoniare contro un ex ministro della Repubblica? Siamo veramente oltre il limite della decenza“.
Da una parte, però, c’è il fatto che nei processi si viene chiamati a deporre e non si può intervenire in autonomia, come se fosse un’assemblea aperta a tutti, attori hollywoodiani compresi.
Nel caso specifico il nome dell’attore statunitense figurava nella lista di testimoni da ascoltare nel dibattimento proposta dagli avvocati di parte civile. Una lista che il tribunale ha accolto (come tutti gli altri testimoni proposti anche dal difensore di Salvini, Giulia Bongiorno).
Dall’altra ha fatto molto sorridere Twitter l’espressione usata da Meloni – o di chi ne fa le veci social -: una delle star più acclamate di Hollywood che “cerca visibilità” in un processo a Palermo, sia pure con un imputato più o meno noto in Europa?
C’è chi sul social risponde serio: “American gigolo, anno 1981: incassi per 30 milioni di dollari. Ufficiale e gentiluomo, 1982: incassi per 130 milioni di dollari Pretty Woman, 1990: incassi per 463 milioni di dollari. E la Meloni dice che Richard Gere è un attore in cerca di visibilità. Che barzelletta”.
C’è chi è più polemico: “La Meloni parla di ‘attori in cerca di visibilità’ e poi condivide il pensiero di Montesano, Boldi, Brigliadori…”.
Ma altri usano un po’ d’ironia: “Prossimo film? Ufficiale e sconosciuto”, “Attendo che dica qualcosa del genere anche su Papa Francesco, tipo ‘Un religioso in cerca di visibilità’, “Propongo di vedere tutte le ore di girato di #RichardGere”.
A 72 anni Richard Gere ha un curriculum da attore di livello planetario: ha vinto un Golden Globe per il miglior attore in un film commedia o musicale e uno Screen Actors Guild Award come parte del miglior cast, ha recitato in film dal successo straordinario come Ufficiale e gentiluomo, Pretty Woman, Schegge di paura, La frode e Chicago. Il 17 maggio 2012 il presidente albanese Bamir Topi gli ha assegnato la “Medaglia della Gratitudine”. E il 16 febbraio dello stesso anno venne fotografato e la sua foto appesa nella George Eastman House, il museo fotografico più antico del mondo per il suo grande contributo all’arte del cinema.
(da agenzie)

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BERLUSCONI FOGLIA DI FICO DI UNA COALIZIONE SGUAIATA: LORO SONO COME SONO, FUORI POSTO SEMMAI E’ FORZA ITALIA

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

DALLA LIBIDO PER LE OLGETTINE A QUELLA PER IL QUIRINALE, MA I FRANCHI TIRATORI IN FORZA ITALIA LO IMPALLINERANNO

Com’era prevedibile, per come sono fatti, gli sconfitti delle Comunali hanno cercato una quantità di scuse. Se la sono presa con i ritardi delle candidature. Si sono attovagliati nella nuova dimora berlusconiana sull’Appia Antica promettendo di coordinarsi meglio e di più, senza recedere dalle rispettive ambizioni che li costringeranno anche in futuro a farsi la guerra tra loro.
Meloni resterà all’opposizione del governo che Forza Italia e Lega, invece, continueranno a sostenere.
Al massimo Salvini tenterà di trattare direttamente con Draghi, di fatto esautorando Giorgetti e lasciando intendere che nel governo entrerebbe lui di persona se gli venisse concesso.
Probabile che Super-Mario gli lanci qualche nocciolina per tenerselo buono, ma niente di più.
Soprattutto non c’è finora autocritica rispetto alla deriva estremista. Per caso qualcuno ha sentito Giorgia ammettere, o Matteo riconoscere anche solo privatamente, “sul Green Pass abbiamo commesso un errore”? Oppure, “abbiamo esagerato disgustando un bel po’ di elettori”? E infine: “Ci siamo lasciati risucchiare dal richiamo della foresta, ma non accadrà mai più”?
Chiamata a smentire le nostalgie, Meloni è corsa alla manifestazione spagnola di Vox, cioè dai nipotini del generalissimo Francisco Franco; per non essere da meno, Salvini ha spalleggiato le rivendicazioni sovraniste della Polonia contro l’Unione, beccandosi un ceffone in faccia da Super-Mario perché non c’è cosa più autolesionista (e in fondo più stupida) che contestare l’Europa mentre siamo in fila per farci allungare i denari; né l’una né l’altro hanno capito la lezione delle urne.
O, se si preferisce, per ammirevole e coraggiosa coerenza non mostrano alcuna intenzione di correggere i propri connotati di destra anti-sistema e plebea, piazzaiola e complottista, niente affatto pentita anzi molto soddisfatta di sé.
Loro sono come sono, e stop. Fuori posto semmai è Berlusconi.
Che cosa ci stia a fare in quella comitiva sguaiata, rimane un mistero glorioso. Silvio si propone quale garante delle destre in Europa; vent’anni fa sarebbe stato plausibile, ma adesso, con l’8 per cento nei sondaggi e 85 primavere sulle spalle, può rappresentare al massimo una foglia di fico, l’alibi liberale di chi liberale non è. Renato Brunetta gliel’ha fatto presente a quattr’occhi e poi in una coraggiosa intervista a Francesco Bei su “Repubblica”: Forza Italia dovrebbe spezzare le catene imposte dalla legge elettorale e riconquistarsi la libertà di allearsi con chi ne rappresenta meglio i valori. C’è uno stato d’animo moderato che potrebbe meglio aggrumarsi con l’aiuto di Berlusconi, ma lo farà pure senza di lui, come segnala il boom di Calenda all’ombra del Cupolone.
Se Meloni e Salvini hanno l’orgoglio di restare se stessi, senza cambiare una virgola del loro operato, altrettanto a maggior ragione dovrebbe mostrarlo un quattro volte premier.
Per adesso Brunetta s’è beccato un vaffa, esteso alle ministre Gelmini e Carfagna (“Non so che cosa gli è preso a questi qua”, è sbottato il Cav). Della serie: guai a chi disturba il manovratore. La manovra è quella che dovrebbe portare Berlusconi sul Colle.
Non solo l’uomo ci crede fermamente, ma si offende se qualcuno mostra perplessità. È schizzato come punto da un calabrone quando Brunetta gli ha obiettato che farebbe meglio a esercitare il ruolo del “king maker” accontentandosi, e già non sarebbe poco, della onorificenza di senatore a vita che forse in cambio gli verrebbe accordata. Inutile ragionare.
Fino a dopo la Befana, quando si riuniranno i 1009 grandi elettori del successore di Mattarella, Silvio sarà posseduto dalla libido del Quirinale. Dunque vestirà i panni del “federatore”, si stenderà a tappetino, ospiterà tutti i giorni a sbafo Salvini e Meloni pur di ottenere i loro voti sperando in una quantità di congiunzioni astrali favorevoli; che nel voto segreto non si rivolti contro la metà dei deputati forzisti, inferociti per la nomina del nuovo capogruppo alla Camera preteso da Tajani; che Toti e gli altri di Coraggio Italia non ne approfittino per vendicarsi di come erano stati trattati; che Renzi corra a dargli una mano, e pure un certo numero di ex grillini si lascino adescare (“attenzionati” in particolare i 15 transfughi di L’alternativa c’è, ma non solo loro) vai a sapere in cambio di cosa.
Impresa non impossibile ma certamente complicata. Dopodiché sono due le possibilità: o l’ex-Caimano verrà eletto presidente della Repubblica, con suicidio di massa dei suoi odiatori, oppure il sogno quirinalizio svaporerà come neve al sole.
In entrambi i casi l’equivoco politico sarà chiarito. Da presidente della Repubblica, Berlusconi sarà costretto a scaricare il partito che, senza di lui, farà poca strada, praticamente nessuna; se invece verrà trombato cadrà in depressione, scomparirà dai radar come altre volte è successo. Sipario sulle sue ambizioni.
Tempo tre mesi, di qui a fine gennaio, per i suoi elettori suonerà la sirena del “liberi tutti”. Nessuno avrà più la forza di trattenerli e, come scommette Brunetta, sceglieranno da quel momento l’offerta migliore.
(da Huffingtonpost)

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DRAGHI AVVISA I PARTITI: SENZA ACCORDO I SOLDI PER RIDURRE LE TASSE SARANNO CONGELATI

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

UN FONDO PER FERMARE L’ASSALTO ALLA DILIGENZA

Al momento l’opzione è data al 50%, ma il fatto che sia stata già messa in conto mette ben evidenza un dato di fondo: Mario Draghi non vuole perdere tempo sulla manovra. L’opzione è quella che sta circolando nelle ultime al Tesoro e a palazzo Chigi: se i partiti di maggioranza alzeranno le loro bandierine sull’utilizzo degli 8 miliardi a disposizione per il taglio delle tasse, rendendo di fatto impossibile arrivare a un’intesa, allora i soldi finiranno in un Fondo. Congelati.
Si deciderà cosa farne in un secondo momento, che potrebbe essere anche il passaggio parlamentare della legge di bilancio, ma intanto si procede, si approva la manovra, non si perdono ancora giorni a discutere e a litigare. Insomma i giochi non si riaprono, tantomeno i saldi già inviati a Bruxelles con il Documento programmatico di bilancio.
Perché l’idea del Fondo, che potrebbe essere inserito nel testo della manovra, ha una sua ragione d’essere è facilmente intuibile: da martedì scorso, quando il Consiglio dei ministri ha approvato l’impianto della legge, i partiti sono rimasti al buio sull’utilizzo delle risorse destinate agli interventi sul fisco.
Già cinque giorni fa, Forza Italia e Italia Viva avevano provato a incrementare lo stanziamento, chiedendo uno stanziamento maggiore, ma il ministro dell’Economia Daniele Franco aveva respinto la richiesta, dettagliando tutte le voci che compongono la manovra da 23,4 miliardi. Nel frattempo al fronte si è unita anche la Lega, con Matteo Salvini a chiedere più soldi per intervenire sulle tasse delle partite Iva, ma anche degli autonomi e dei precari, ancora degli artigiani e dei commercianti, oltre alla richiesta di alzare il tetto della flat tax fino a un fatturato di 100mila euro. Nulla da fare però: otto miliardi erano e otto miliardi resteranno, non un euro in più, è la linea decisa da Draghi e Franco.
Il nervosismo dei partiti, però, va avanti e dall’entità dello stanziamento si è passato ai contenuti. Sempre il Carroccio, Forza Italia e i renziani chiedono di assegnare una parte degli 8 miliardi a una misura sull’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, con l’obiettivo di ridurne il peso con una serie di opzioni che distinguono tra le grandi imprese e gli autonomi.
Al Tesoro non è stata presa ancora una decisione, ma la tendenza generale al momento è quella di privilegiare un altro intervento: il taglio del cuneo fiscale. Non è una differenza di nomi, ma di sostanza perché l’intervento sull’Irap sposterebbe la bilancia del beneficio tra lavoratori e imprese dalla parte di quest’ultime. Andare a toccare solo il cuneo, invece, avrebbe l’effetto esattamente contrario.
Draghi sa che gli ultimi giorni prima dell’approvazione della manovra saranno i più delicati, quelli in cui la Lega, ma anche i sindacati, alzeranno i toni. Ma sa anche che ha gli strumenti adatti per contenere questa protesta e soprattutto per incanalarla in un’intesa che magari, anzi quasi sicuramente, non cancellerà il dissenso su alcune misure, ma che comunque non impedirà al Governo di approvare la manovra.
Questa convinzione ha già una sua traduzione nel metodo che il premier si appresta ad adottare per chiudere i giochi. Incontrerà i sindacati e prima del Consiglio dei ministri ci sarà anche una cabina di regia con le forze di maggioranza.
Sulle tasse si è detto. Sulle pensioni, l’altra questione spinosa, ripeterà a tutti che non si possono fare riforme organiche e costose, tantomeno in opposizione alla riforma Fornero. Non per questo non ci sarà attenzione a quei lavoratori che si troveranno nel guado per via dello stop di quota 100 a fine anno e dell’impossibilità di andare in pensione con i requisiti della Fornero perché non hanno ancora l’età anagrafica e gli anni di contributi necessari.
Alla Cgil e alla Lega non piacciono le finestre intermedie di quota 102 e quota 104. Non è escluso qualche aggiustamento, ma piccolo, tale da non inficiare quel ritorno alla “normalità” che è rappresentato dalla riforma varata dal governo Monti nel 2011. Ecco perché l’ultima proposta del Carroccio è stata bocciata: quota 102, seguita da 103 e poi da 104, non è ritenuta accettabile non per l’ulteriore ammorbidimento dell’uscita dal mondo del lavoro, ma perché i pontieri leghisti che trattano con il Tesoro la legano a una quota fissa per l’età anagrafica – 64 anni – che è troppo lontana dai 67 anni della Fornero.
Tra l’altro appare difficile, se non di fatto impossibile, aumentare gli anni di contributi necessari da 38 a 39 e poi a 40, per fare appunto quota 102, 103 e 104. Le possibilità di modificare lo schema messo a punto già giorni fa a via XX settembre sono ridottissime e comunque anche il Carroccio riconosce che bisogna trovare una soluzione “meno dannosa” possibile, preso atto che la loro quota 100 non sarà più attivabile dal primo gennaio prossimo.
Chi sta lavorando a una possibile mediazione per trovare una soluzione ripete che “c’è ancora tempo”. Ma Draghi non vuole concederne più di tanto: il Consiglio dei martedì si terrà al massimo giovedì, mentre è al momento “non escluso, ma poco probabile” uno slittamento rispetto alla data di martedì, ipotizzata la settimana scorsa. Due giorni in più non cambieranno la sostanza.
Le porte di palazzo Chigi si apriranno per tutti, tutti potranno chiedere e rivendicare, ma alla fine i margini per ribaltare quello che in sintesi è stato già deciso cinque giorni fa sono assai ridotti, per non dire inesistenti. E anche il fatto che sempre la settimana prossima arriverà in Cdm il decreto per spingere l’attuazione del Recovery è un altro elemento che spiega l’atteggiamento di Draghi. Le urgenze sono tante e si accavallano tra di loro. Bisogna tirare dritto e archiviare o quantomeno contenere il più possibile una vecchia abitudine dei partiti: l’assalto alla diligenza. Come fare il premier già lo sa.
(da Huffingtonpost)

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CONTI IN ROSSO PER IL BLOG DI GRILLO, SOCIETA’ RISCHIA LA LIQUIDAZIONE PER MANCANZA DI PUBBLICITA’

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

NEL 2020 UN PASSIVO DI 12.000 EURO PER IL SITO DEL GARANTE DEL M5S

La pandemia si fa sentire anche sui conti di Beppe Grillo.
La società fondata dal garante M5S e alla quale è affidata la gestione del suo blog, la ‘Beppegrillo Srl’, ha chiuso l’ultimo bilancio, quello relativo all’anno 2020, con un passivo di 12.457 euro, a fronte del risultato positivo di 65.753 euro riportato nell’esercizio precedente.
“L’andamento della gestione”, si legge nella relazione al bilancio visionata dall’agenzia di stampa Adnkronos, “è stato fortemente influenzato dall’emergenza epidemiologica Covid-19”, i cui effetti si sono riversati anche sul settore dei portali web, caratterizzato, nel corso dell’esercizio, “da una drastica riduzione dei fruitori e clienti richiedenti pubblicità sul web”.
Nella nota integrativa che accompagna il documento suona un campanello d’allarme per la Srl genovese di Grillo. “A causa della pandemia Covid-19 le imprese commerciali in genere hanno ridotto drasticamente i costi per la pubblicità” e “tale trend” ha interessato anche la Beppegrillo Srl.
“Si conta nel corso del biennio 2021/2022 di stipulare nuovi contratti pubblicitari. Diversamente e tempestivamente”, l’avvertimento, “la società sarà messa in liquidazione”.
Si assottigliano anche i depositi bancari dell’azienda, stando al rendiconto: le disponibilità liquide comprese nell’attivo circolante passano infatti dai 54.464 euro del precedente esercizio agli attuali 27.436 euro.
Il patrimonio netto esistente alla chiusura dell’esercizio è pari a 126.544 euro (139.001 euro nel precedente esercizio). I debiti complessivi ammontano invece a 12.206 euro (31.904 euro nell’esercizio 2019). E se i “ricavi delle vendite e delle prestazioni” scendono da 240.538 euro (anno 2019) a 57.939 euro, il totale dei “costi della produzione” passa da 151.000 a 70.384 euro.
(da agenzie)

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ALTO FUNZIONARIO NO VAX DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA CHE DEFINISCE DRAGHI “AFFARISTA E CAPO DEI DELINQUENTI”

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

“SPERANZA E LAMORGESE SONO CRIMINALI”… “I DATI SULLA PANDEMIA SONO FALSI”… E QUESTO STA AD AMMINISTRARE LA GIUSTIZIA

«Tante persone prima o poi si accorgeranno del gioco che stanno facendo sulla loro pelle e manderanno a quel paese questo governo di delinquenti, come giustamente lo chiama il senatore Paragone, capeggiato dal vile affarista Mario Draghi come lo chiamava il presidente emerito Francesco Cossiga».
A parlare in un video pubblicato su Facebook è l’alto funzionario del ministero Grazie e Giustizia Antonio Pappalardo, capocentro per la giustizia minorile di Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e provincia di Massa Carrara.
Convinto No Green pass, Pappalardo nel filmato registrato parla di «un’Italia dell’apartheid», muovendo accuse contro il governo Draghi e invitando i ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgese a dimettersi.
«Bugiardi e criminali» gli aggettivi che riserva ai rappresentanti dell’esecutivo, anche in riferimento ai dati diffusi sull’epidemia di Covid, ritenuti da Pappalardo «falsi e ingannevoli».
(da agenzie)

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TRIESTE, IL CONSIGLIERE NO VAX TUIACH DICE DI ESSERE POSITIVO AL CONVID, MA CHE SI TRATTA DI “UN’INFLUENZA CAUSATA DAGLI IDRANTI”

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

A DIMOSTRAZIONE CHE IL GETTO D’ACQUA NON E’ SUFFICIENTE A SCHIARIRE LE IDEE AI CAZZARI

A dare notizia della presunta positività alla Covid è lo stesso ex consigliere, attivista delle manifestazioni No Green Pass nel porto di Trieste, tramite il suo canale Telegram «Fabio Tuiach canale telegram».
Come lo avrebbe scoperto? Grazie a un “tampone” offerto dal cognato giunto dall’Inghilterra, ma l’ex pugile triestino non ha testato solo se stesso: sarebbe risultata positiva anche la moglie, negativi i 5 figli.
Timore per la sua vita? Per Tuiach è solo un virus che si attiva con la paura, ma propone anche un’interpretazione personale: «A me sembra proprio una influenza arrivata a causa degli idranti».
Ecco il primo messaggio che Tuiach pubblica sul canale Telegram: «È arrivato mio cognato dall’Inghilterra, ha fatto il vaccino come fosse una normale anti influenzale e mi ha portato un po’ di tamponi che lì sono gratuiti. Ho proprio il COVID che a mio avviso assomiglia molto a una influenza stagionale e anche mia moglie è positiva e sta abbastanza bene e prendiamo vitamine e anti infiammatori. I nostri 5 figli tutti negativi invece e ho sempre più la certezza che il COVID è un virus mentale che si attiva solo con la paura».
In un successivo messaggio, condividendo l’articolo de Il Piccolo di Trieste, scrive: «Su FB immagino si scateneranno ma il giornalista ha scritto bene. Come può un cattolico avere paura di una influenza? La febbre comunque è già scesa, ho solo un po’ di catarro e stanchezza e a me sembra proprio una influenza arrivata a causa degli idranti».
Secondo quanto riportato da Il Piccolo di Trieste, Tuiach si sottoporrà domani 25 ottobre al tampone molecolare, il quale darà la conferma o meno della positività dell’ex consigliere comunale e militante No Green Pass.
Tuiach, ex Lega ed ex Forza Nuova, è noto per aver diffuso in passato diverse posizioni personali contro Liliana Segre, contro le coppie gay, contro Stefano Cucchi e negando l’esistenza del femminicidio (per poi fare dietrofront).
(da Open)

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LA FOTO SIMBOLO DEL DRAMMA SIRIANO

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

L’UNICEF: “CHE RISVEGLI LE COSCIENZE DEI LEADER MONDIALI”

Immortalato con il suo papà, Mustafa sorride. Il bambino siriano di 5 anni è nato senza braccia e senza gambe. Il padre, mutilato di una gamba, alza il figlio al cielo. L’opera del fotografo turco Mehmet Aslan, vincitore ai Siena International Photo Awards 2021, racconta una delle storie simbolo delle tante tragedie causate dal conflitto in Siria.
«Una storia che si spera possa svegliare sul serio le coscienze dei leader mondiali», ha commentato anche il portavoce di Unicef Italia Andrea Iacomini, sottolineando come il rischio sia quello di andare incontro «all’ennesima prova di indignazione a intermittenza».
La fuga da Idlib e l’arrivo in Turchia
Il fotografo turco Mehmet Aslan ha incontrato Mustafa e suo padre a sud della Turchia, vicino al confine siriano. Lì vive tutta la famiglia composta da altri due bambini e la madre Zaineb.
Poi il trasferimento nel tentativo di aiutare Mustafa di soli 5 anni: ha bisogno di cure mediche che i due genitori non possono permettersi protesi speciali, introvabili in tutta la Turchia.
Il bambino è nato con il disturbo della tetra amelia. Senza gambe e senza braccia, ha una malformazione causata dai medicinali che la mamma Zaineb è stata costretta a prendere dopo l’intossicazione da gas nervino che ha respirato durante un attacco. «Giuro che sono passato da un ospedale all’altro. Non c’è una città in cui non abbia chiesto informazioni sulle protesi necessarie, ma non ne è venuto fuori nulla», racconta il padre Munzir, mutilato di una gamba durante il conflitto.
Sono più di tre anni che la famiglia fa affidamento principalmente sulla carità, da quando è fuggita da Idlib, l’ultima grande sacca della Siria nelle mani dei ribelli islamisti dopo 10 anni di guerra, attaccata dalle forze governative e dai loro alleati. Quell’angolo della Siria settentrionale si trova lungo un confine pieno di campi stipati di rifugiati. In un decennio di conflitto, milioni di siriani si sono riversati in Turchia e in altri paesi della regione.
A questo proposito il fotografo Aslan spera che lo scatto, che ora sta facendo il giro del mondo, possa anche aiutare ad alleviare l’ostilità contro le comunità di rifugiati in Turchia, accusati di danneggiare l’economia del Paese.
«Per anni abbiamo cercato aiuti»
«Volevamo attirare l’attenzione su questo tema e spero che l’immagine possa aiutare la ricerca di protesi per il bambino rifugiato», ha aggiunto l’autore dello scatto, «il piccolo ha sempre molta energia. Il padre invece sembra essersi arreso».
Parlando con il Washington Post la mamma di Mustafa dice: «Abbiamo cercato per anni di farci sentire per aiutare mio figlio con i trattamenti, faremmo di tutto per dargli una vita migliore».
(da agenzie)

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CORTEO NO VAX MILANO, UN ARRESTO, 83 DENUNCE TRA CUI NOVE PER APOLOGIA DI FASCISMO

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

IL BILANCIO DELLA QUATTORDICESIMA MANIFESTAZIONE NON AUTORIZZATA

Un arresto e 83 denunce. E’ questo il bilancio del corteo dei No Green Pass, di ieri, il quattordicesimo sabato consecutivo.
E’ il bilancio della Questura, della manifestazione non autorizzata che ha creato forti disagi in centro alla circolazione di auto e mezzi pubblici, si porta dietro questa volta anche una coda di polemiche per la presenza tra i manifestanti dei neonazisti di Do.Ra. e dell’ex esponente delle Br Paolo Maurizio Ferrari.
Polizia, carabinieri e guardia di finanza sono stati impegnati soprattutto a evitare che un gruppo di manifestanti raggiungesse la sede della Cgil.
Tra i denunciati c’è un gruppo di attivisti di destra: nove persone tra i 28 e i 45 anni, appartenenti alla Comunità Militante dei Dodici Raggi, sono state bloccate in viale Abruzzi e portate in Questura.
Cantavano cori fascisti, così sono state denunciate per apologia del fascismo, manifestazione non preavvisata, interruzione di pubblico ufficio e violenza privata. Nei loro confronti il questore Petronzi, inoltre, ha messo 9 fogli di via obbligatori (8 della durata di un anno e 1 di sei mesi) dal Comune di Milano.
Non è tra questi, ma al corteo era presente anche Roberto Jonghi Lavarini, detto il Barone Nero, al centro della coinvolto nell’inchiesta sulla Lobby nera.
Sempre per il corteo di ieri sono state denunciate a piede libero anche 74 persone per manifestazione non preavvisata, interruzione di pubblico ufficio e violenza privata.
Di queste, un 29enne bergamasco – cui è stato notificato un foglio di via obbligatorio di un anno – e un 48enne brianzolo pure per accensioni ed esplosioni pericolose; un 28enne milanese anche per oltraggio a corpo politico e una donna di 47 anni per travisamento.
Sono state inoltre identificate altre 40 persone che durante il corteo hanno avuto comportamenti violenti: la loro posizione ora è al vaglio degli inquirenti.
(da agenzie)

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“OLIGARCHI. COME GLI AMICI DI PUTIN STANNO COMPRANDO L’ITALIA”

Ottobre 24th, 2021 Riccardo Fucile

IL LIBRO DI IACOBONI E PAOLUCCI RICOTRUISCE IL “GRANDE GIOCO RUSSO” NEL NOTRO PAESE TRA SERVIZI SEGRETI, DARK MONEY E POLITICA

E’ arrivato in libreria “Oligarchi. Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia” di Jacopo Iacoboni e Gianluca Paolucci, Laterza editori.
Il libro ricostruisce il “grande gioco russo” nel nostro Paese in una zona grigia fatta di servizi segreti, dark money e politica.
Pubblichiamo uno stralcio.
Il nuovo re di Siena si chiama Igor Bidilo. È un petroliere kazako con una ricca collezione di passaporti in tasca e dice di aver scelto Siena perché «è uno dei pochi paradisi rimasti». Lui di paradisi se ne intende. Fiscali, soprattutto.
Siena, piazza del Campo, 7 novembre 2020. In piena seconda ondata della pandemia di Covid-19 e a poche ore dalla dichiarazione della Toscana zona rossa si inaugura un nuovo locale nel luogo simbolo della città ormai senza turisti. Enoteca, bar, ristorante, settecento metri quadri di superficie su due piani, sei vetrine sulla piazza e trecento posti a sedere.
Grande investimento, promesse di posti di lavoro e una bella iniezione di fiducia in tempi cupi. Il proprietario di Scudieri 1939 – il nome del nuovo locale – è appunto Igor Bidilo. Dopo questa apertura, dei sedici bar e ristoranti che si affacciano sulla piazza, undici fanno capo alla Sielna spa, ovvero a lui.
Nato in Kazakhstan, con ottimi affari in Russia, un passaporto cipriota e un visto comunitario acquisito anni prima in Estonia, Bidilo – un patrimonio personale stimato tra i cinquecento milioni e il miliardo di euro – è diventato il re di Siena comprando bar, ristoranti, immobili, la storica pasticceria Nannini (uno dei simboli della città, fondata dalla famiglia della popstar italiana Gianna e del pilota automobilistico Alessandro), una tenuta alle porte della città.
Con proprietà e interessi anche a Firenze – è suo lo storico caffè Giubbe Rosse –, Milano e Roma, Bidilo è la dimostrazione di come i soldi (tanti) e gli amici giusti possano aprire tutte le porte. Specialmente in Italia. Senza che nessuno si faccia troppe domande sulla provenienza di quei soldi.
Tanto meno se quei soldi possono avvicinare, o addirittura influenzare, anche la politica italiana della stagione nazional-populista. La città, Siena, è quella del “groviglio armonioso”, del rapporto incestuoso tra politica – soprattutto di sinistra – e finanza, che la crisi del Monte dei Paschi ha lasciato priva di padroni.
Per capire dobbiamo fare un passo indietro.
Roma, 29 gennaio 2018. Il Movimento 5 stelle – il partito fondato da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo, ma in quel momento retto dal patto (ancora ferreo, poi si romperà) tra il figlio di Casaleggio, Davide, e Luigi Di Maio – presenta i candidati dei collegi uninominali per le elezioni politiche del marzo successivo.
È chiaro a tutti che il Movimento sta per decollare e vincerà le elezioni: c’è solo da capire di quanto, le vincerà. Quel giorno è stato organizzato uno show all’americana, in diretta su Facebook, fortemente voluto dai vertici del partito sulla piattaforma di Mark Zuckerberg, assai amica per il partito creato da Casaleggio: proclami e dichiarazioni di fuoco contro la casta, i partiti, il malcostume della politica da «spazzare via». Le promesse di rinnovamento risuonano roboanti, i sondaggi appaiono talmente promettenti e quasi incredibili che in quel momento tutti in Italia vogliono salire sul carro grillino. Almeno, tutti quelli dotati di senso del tempo e opportunismo
C’è la fila, davanti alla porta di Davide Casaleggio e Luigi Di Maio: si sa che riuscire a farsela aprire significa staccare un biglietto ultraveloce verso la vittoria elettorale e il potere a Roma.
Nomine nelle società partecipate, possibili business nella pubblica amministrazione, o direttamente carriere in una politica sempre più sfilacciata e allo sbando, dunque permeabile a interessi e gruppi di potere esterni, o appaltabile direttamente a pezzi di apparati. L’happening grillino ricorda davvero tante convention del passato, se non fosse per l’eccezione che stavolta sono Facebook e i social network, non la tv, a irradiare il tutto.
Il capo politico Di Maio chiama, uno alla volta, i «campioni» del Movimento sul palco. Tra questi c’è anche Salvatore Caiata, imprenditore nel settore del turismo e della ristorazione, lucano ma da anni stabilitosi a Siena. È capolista per i grillini alla Camera, nel collegio di Potenza, un posto che definire blindato è poco, nella città della quale è originario nonché presidente della locale squadra di calcio.
Attenzione: Caiata fa parte del pacchetto direttamente calato dai vertici del partito nell’uninominale, non deve neanche passare dalle cosiddette elezioni online. Com’è arrivato a ottenere questo? E soprattutto, perché?
Il fatto certo è che il 23 febbraio, nel cuore di una campagna elettorale sempre più accesa, i giornali rivelano che Caiata è indagato dalla Procura di Siena per riciclaggio. L’imprenditore, da tempo a conoscenza dell’indagine a suo carico, viene espulso dal Movimento di Grillo (con la motivazione che non aveva informato dell’avviso di garanzia ricevuto mesi prima), ma ormai è troppo tardi per toglierlo dalle liste: viene eletto comunque poiché, come si diceva, godeva di una posizione blindata, in cui avrebbe vinto chiunque si fosse presentato col simbolo del Movimento.
Si iscrive al gruppo misto, poi passa a Fratelli d’Italia e diventa il coordinatore regionale per la Basilicata del partito di Giorgia Meloni.
L’indagine su Caiata per riciclaggio viene archiviata nell’agosto del 2018. Prosegue invece, in grande riservatezza, quella a carico del suo ex socio. Igor Bidilo, appunto.
I rapporti tra i due nascono nel 2015, quando l’imprenditore kazako cerca un rilevante affare immobiliare nei dintorni di Siena e s’imbatte in Santa Colomba, una vasta proprietà poco fuori dalle mura, immersa nei boschi tra le colline che circondano la città del Palio.
Il proprietario è appunto Caiata, il futuro candidato paracadutato in Parlamento dai capi del Movimento. Bidilo compra, Caiata vende e i due iniziano a fare affari insieme nel settore della ristorazione, dove Caiata è già impegnato. Il nuovo socio può però portare capitali freschi e garantire l’espansione delle attività.
Caiata, arrivato a Siena da Potenza come studente di economia che arrotondava il mese facendo il cameriere, ha grandi ambizioni. Guarda anche alla politica, e per un periodo milita in Forza Italia. Poi aggancia il Movimento, ai suoi livelli più alti. Mentre vende la tenuta in campagna a Bidilo, cerca un trampolino di lancio comprando una squadra di calcio. Ci prova anche con il Siena, ma gli va male. Per fare il salto ha bisogno di capitali da investire. Bidilo invece ha poca voglia di apparire ma tanti soldi da far fruttare. Un matrimonio perfetto.
La fortuna di Bidilo nasce in Russia. Ma per arrivare a Siena compie giri tortuosi. All’inizio dello scorso decennio una oscura società con sede nelle Isole Vergini Britanniche, Somitekno, si aggiudica una serie di contratti miliardari per l’esportazione di petrolio e derivati con Bashneft.
È la società petrolifera statale della Baschiria, repubblica autonoma russa ricca di risorse naturali e allora saldamente in mano a Murtaza Rakhimov, presi dente dal 1993 al 2010.
L’importanza di Bashneft nel gioco del potere russo emergerà ancora, nella storia degli oligarchi russi in Italia, perché incrocia potentemente la storia di Igor Sechin, che ritroveremo più avanti. Qui basti sapere che prima di Somitekno c’era un’altra società, la Atek, anche questa riconducibile a Bidilo e al fratello Evgeny, in affari con la società petrolifera russa.
Particolare importante: un articolo del 2012 di una testata russa specializzata nell’oil & gas, Energo-news.ru, riferisce della vicinanza dei fratelli Bidilo a Ural Rakhimov, il figlio di Murtaza. Attraverso la società Cind Holding – basata a Cipro, ancora una volta Cipro – i Bidilo controllavano la Baltic International, una società di Tallinn, capitale dell’Estonia, che si occupava di import-export di prodotti petroliferi, ovviamente.
Nell’anno dei maxicontratti di Bashneft a Somitekno, la Baltic International dei Bidilo è il principale esportatore della piccola repubblica sul Baltico. Dai bilanci della società di Tallinn, che abbiamo potuto esaminare, emerge un particolare significativo: il 98 per cento del fatturato viene esportato verso le Isole Vergini Britanniche.
Poi, quando Bashneft finisce alla Rosneft di Sechin, evidentemente finisce anche il gioco e nel 2015 la Baltic International viene messa in liquidazione. Ma i soldi dove sono andati? Di sicuro, e tanto, in paesi europei.
(da Huffingtonpost)

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