Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
FALLITO IL TEST CAPOGRUPPO AL SENATO, FINISCE PARI TRA LICHERI E CASTELLONE
“Un’elezione al primo turno? L’altra volta ci sono andato vicino, oggi è più difficile”. Ettore Licheri solca ad ampie falcate il corridoio delle vetrate del Senato. Sotto la mascherina si intravede il consueto sorriso, ma di certezze non ne ha. “Fammi un imbocca al lupo”, dice prima di andarsene verso l’aula.
A Palazzo Madama si vota il rinnovo del capogruppo. È una sfida a due: Licheri per succedere a sé stesso e Maria Domenica Castellone, oncologa campana, che lo sfida. La posta in gioco è alta, e travalica la semplice guida del gruppo.
Finisce 36 pari, nessuno raggiunge il quorum necessario all’elezione, servirà un secondo voto, domani, forse un terzo a maggioranza semplice fissato per martedì. Ma è stallo.
″È un test in vista del Quirinale”, spiega un senatore. La cartina tornasole di quanto Giuseppe Conte ha il polso dei gruppi, e il risultato è da questo punto di vista inquietante. Perché i suoi smussano, minimizzano, smentiscono, ma che Licheri sia il candidato appoggiato dal capo politico del Movimento da queste parti è un segreto di Pulcinella.
Il Senato è un ribollire di sospetti e preoccupazioni, i giallorossi si specchiano nelle contorsioni del centrodestra dopo la spaccatura in Forza Italia, dopo le parole di Giancarlo Giorgetti, e si accorgono di non essere messi meglio in vista del Quirinale. Anzi.
I senatori del Pd andranno al redde rationem domani mattina, alle 8. Una specie di seduta di autocoscienza dopo il fragoroso botto del ddl Zan, voci di un Enrico Letta presente subitamente smentite, perché “per carità, partirebbe il processo”.
Conte e Letta guardano da lontano, non sono sereni, per dirla alla Renzi: il centrodestra avrà pure i suoi problemi, ma parte avanti nel collegio dei grandi elettori, con tutte le sue contraddizioni dimostra di controllare molto più il corpaccione parlamentare rispetto ai competitor. E sono soprattutto i 5 stelle ad essere in difficoltà.
Per capire quanto monta la preoccupazione basta fare un giro per gli ovattati corridoi di Palazzo Madama. Un brulicare di big che acchiappano i senatori, li blandiscono, spiegano la bontà delle ragioni per votare Licheri.
L’obiettivo era è farlo passare al primo turno, servono 38 voti, la maggioranza assoluta dei 74 aventi diritto. Il borsino di giornata è impazzito. “Ce la dovrebbe fare”, dice Andrea Cioffi, senatore di lungo corso.
Ma la vulgata comune ha sempre raccontato di un testa a testa. Castellone ha costruito una candidatura che inaspettatamente ha attirato consensi, salda malumori di ogni genere, raccoglie un voto di protesta nei confronti della nuova gestione.
“Facciamo entrambi parte del progetto di Conte”, ha smorzato la senatrice sentita da Repubblica, anche per mettere a tacere le insistenti voci di una telefonata dell’ex premier per invitare a desistere. Ma subito dopo ha invocato una discontinuità, “una squadra dove le competenze delle persone siano valorizzate appieno”, sottintendendo che il vecchio corso, benedetto da Conte, non lo abbia fatto.
E criticando il diktat di mandare in tv solo i vice del capo. “Se raggiungesse 20/25 voti sarebbe uno schiaffo a Conte”, diceva un capannello di senatori al mattino. Il ceffone è arrivato sonoro.
Insomma, la fumata nera al primo turno è un segnale preoccupante per la tenuta del gruppo, incrina le residue certezze di potersi muovere “come una falange” (cit.) quando il segreto delle urne quirinalizie permetterà di esprimere il dissenso senza timore di pagare dazio.
Ma anche il vano schieramento di forze per impedire che ciò accada è un segnale che i gruppi sono in fibrillazione. Il Senato si riempie degli uomini forti di Conte. Ci sono Paola Taverna e Vito Crimi, ovviamente. C’è poi il braccio destro Mario Turco, che di queste parti è di casa. Sorride, prende sotto braccio il ministro, passa da un collega all’altro.
A un certo punto si apparta in un angolo con Raffaele Fantetti, che per qualche settimana fu tra i principali promotori dei responsabili che avrebbero dovuto salvare il Conte II, e che dopo il naufragio di quell’operazione è finito in Coraggio Italia, senza rinunciare a tessere la sua tela.
È il “metodo responsabili” a finire sotto accusa da parte dei malpancisti. Raccontano che Agostino Santillo, vice designato di Licheri, sia attivissimo: “Chiama, parla, promette incontri con Conte in caso di esito felice per il suo ticket”. Al presidente M5s avevano raccontato di un plebiscito, che la partita fosse chiusa, è tutt’altro che così, si rischia la debacle.
Da queste parti si fa una gran chiacchiera della pizza mangiata ieri sera da Luigi Di Maio con Giorgetti. Un rapporto tra i due nato ai tempi del Conte I, quando tra l’ufficio dell’allora vicepremier e quello del sottosegretario correvano pochi metri.
I due si vedono con regolarità, attorno alla tovaglia della centralissima Da Michele hanno parlato anche di Quirinale.
E non è un mistero che la linea generale sia condivisa, avanti con Mario Draghi fino al 2023 per non mettere a rischio la legislatura, mentre Matteo Salvini lo spingerebbe su al Colle per ottenere le urne, e a Conte non dispiacerebbe affatto per costruire le sue liste e il suo Movimento per non finire logorato.
Sergio Battelli, influente deputato considerato molto vicino a Di Maio, non fa mistero della linea: “Draghi oggi è la persona giusta per guidare la transizione del Pnrr, un progetto che non può accettare pause anche di mesi per formare nuovi esecutivi)”. Carlo Sibilia segue a ruota: ” “Sarebbe folle un ritorno alle urne anticipato mentre sono da ‘mettere a terra’ 230 miliardi del recovery: occorre stabilità”.
In tutto questo caos i due leader arrancano. “Una proposta comune tra noi e i 5 stelle alternativa a quella del centrodestra? Ma se Conte qui dentro non controlla nulla”, dice un senatore Pd. Che poi sibillino aggiunge: “Certo che anche Letta…”. L’assemblea di domani sarà uno snodo.
Nel Pd c’è consapevolezza che nel cesto dei franchi tiratori sul ddl Zan si possono trovare anche tessere Dem. Un senatore è caustico: “Non si può andare in aula senza sapere quello che succede. E i capigruppo, Simona Malpezzi e Licheri, non lo sapevano”.
Con queste avvisaglie ci si avvicina all’elezione del presidente della Repubblica. Andrea Marcucci, ex capogruppo, e la sua corrente Base riformista sono sospettati di gestire una partita parallela: filtrano con i centristi, dicono, fanno sponda con Italia viva, nel risiko del Quirinale come si muoveranno?
Sono una quindicina di senatori sui 38 che compongono il gruppo. Il Pd rappresenta il 12% del collegio elettorale, e non è certo che nel segreto delle urne la percentuale rimarrà tale, i 5 stelle rischiano di arrivare come una Babele all’ora X.
La prudenza di Letta, che fino a gennaio ha detto di non voler affrontare l’argomento, è dovuta anche a questo, alla consapevolezza di una partita complicatissima, giocata con una squadra che parte in inferiorità numerica.
Al Senato si fa già di calcolo: se il centrodestra proponesse un nome potabile (Pierferdinando Casini è gettonatissimo in queste ore), insieme a Italia viva arriverebbe a soli 11 voti dalla maggioranza assoluta.
Calcoli e scenari che lasciano il tempo che trovano, ma che testimoniano un’unica, grande preoccupazione: i giallorossi rischiano di non toccare palla.
(da Huffingtonpost)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
PER RISPETTARE LA LEGGE CRIMINALE DEL GOVERNO SOVRANISTA, I MEDICI HANNO DOVUTO ASPETTARE LA MORTE DEL FETO SENZA POTERLO ASPORTARE, MA ORMAI ERA TROPPO TARDI…QUESTI SONO I FUTURI ALLEATI DI SALVINI
Una donna di 30 anni, incinta alla ventiduesima settimana, è deceduta a causa
della morte del feto che portava in grembo. Il decesso della donna è dovuto al rifiuto, da parte dei medici, di intervenire asportando il feto.
La donna era stata portata in ospedale dopo la rottura prematura delle membrane.
I medici dell’ospedale di Pszczyna, cittadina della Slesia, avevano confermato che il feto era privo di liquido amniotico ed erano stati rilevati gravi difetti fetali.
Tuttavia hanno deciso di non intervenire fino alla morte del feto a cui è seguita quella della madre a causa di uno shock settico.
La vicenda, avvenuta in settembre, è stata resa nota dagli avvocati della famiglia della vittima solo negli ultimi giorni, a seguito di una denuncia contro le autorità sanitarie accusate di aver negato alla donna cure appropriate. I legali hanno messo in relazione quanto avvenuto con la legge sul divieto d’aborto, promossa dal partito conservatore al governo e in vigore da quasi un anno.
La reazione del mondo politico conservatore è stata unanime nel ritenere che la legge sull’aborto non sia da collegarsi al decesso della donna perché “capita che le donne muoiano di parto“.
La legge sull’aborto in Polonia è estremamente restrittiva. L’interruzione di gravidanza, che in precedenza era permessa entro le dodici settimane, per gravi e irreversibili malformazioni del feto o sindromi che ne minacciano la vita, è oggi consentita unicamente in presenza di pericolo di vita per la donna o per gravidanza dovuta a uno stupro.
Nel frattempo, i gruppi per i diritti delle donne hanno organizzato proteste silenziose in tutto il paese. Nel giorno di Ognissanti, quando tradizionalmente i polacchi accendono lumi sulle tombe dei loro cari, in molti hanno depositato fiori e candele ai margini delle piazze, lasciando messaggi in memoria della donna che gli attivisti hanno definito “la prima vittima della legge sull’aborto in Polonia”.
Gli avvocati della famiglia hanno detto che ormai i medici lavorano nella paura di essere processati per aver condotto aborti, seppur in contesti legali e nel rispetto delle regole imposte dalla legge, a causa del clima persecutorio promosso dal governo conservatore
Riguardo al fatto che la legge sull’aborto abbia avuto un ruolo nella morte, l’ospedale ha semplicemente affermato che “tutte le decisioni mediche sono state prese tenendo conto delle disposizioni legali e degli standard di condotta in vigore in Polonia”.
Tutto secondo la legge, quindi. Una legge sbagliata.
L’attacco del governo conservatore al diritto all’aborto arriva da lontano. Dal 2016, sono stati presentati diversi progetti di legge dai parlamentari più vicini alle associazioni pro-vita, tutti mirati a ridurre le casistiche, già molto limitate, per le quali l’aborto è considerato legale. Queste iniziative hanno scatenato a più riprese numerose proteste di piazza, mobilitazioni che per anni hanno “contenuto” l’aggressività del governo contro il diritto all’aborto.
Alla fine, i nazional-conservatori sono riusciti a cambiare la legge, non direttamente con un passaggio parlamentare ma attraverso la sentenza del Tribunale Costituzionale polacco dell’ottobre dello scorso anno, con la quale è stato dichiarato incostituzionale l’aborto in caso di gravi patologie del feto.
Una sentenza che ha tristemente iniziato a produrre i suoi effetti.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IL PEGGIO SULLA PIAZZA: UN RAZZISTA CACCIATO DAL PPE, UN ALTRO CHE VUOLE IL CONTROLLO SULLA MAGISTRATURA E IL TERZO CANDIDATO A SAN VITTORE
La svolta moderata della destra italiana sta solo nei sogni di qualche commentatore politico.
Perché – al momento – Forza Italia continua ad essere legata mani e piedi alla nemica dell’Unione europea Giorgia Meloni che fa comunella con i nostalgici spagnoli della dittatura franchista di Vox e ha progetti reazionari.
Dall’altra Salvini che continua a rafforzare la collocazione nella destra liberticida, forcaiola e omofoba andando dietro a Bolsonaro e alle atuali dirigenze di ultra destra.
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha partecipato a una videoconferenza con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, e il premier ungherese, Viktor Orban.
Tra gli argomenti di discussione, viene riferito, la creazione di un nuovo gruppo politico europeo composto da Lega, Fidesz e PiS (il partito Morawiecki).
Attualmente i tre partiti hanno tre collocazioni diverse: Identità e Democrazia la Lega, nell’Ecr (lo stesso gruppo di Fratelli d’Italia) il PiS, mentre Fidesz – dopo l’espuolsione dal Ppe – è tra i non iscritti, con tutte le penalizzazioni che i regolamenti dell’Europarlamento prevedono per chi non fa parte di alcun gruppo parlamentare.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
LE SOLITE FAKE NEWS DESTINATE AI CAZZARI CHE CI CREDONO
Dopo quanto accaduto in Senato la scorsa settimana sul ddl Zan, la Lega tenta un
nuovo blitz per fermare e affossare la raccolta firme per il Referendum Cannabis legale. In Commissione Affari Costituzionali il partito di Matteo Salvini ha presentato un emendamento per far decadere la proroga concessa dal governo, con la scadenza posticipata dal 30 settembre (come previsto all’inizio) al 31 ottobre. E lo sta facendo raccontando la solita marea di bufale.
Facciamo un passo indietro. La proroga per la raccolta firme per la richiesta di un Referendum cannabis legale era stata decisa dal Consiglio dei Ministri per via di alcune criticità emerse nel corso dell’ultima settimana di settembre: i ritardi dei Comuni nella consegna dei certificati elettorali per “certificare” le firme raccolte.
Per questo motivo – dato che il problema era a livello burocratico – Palazzo Chigi (con l’astensione dei ministri della Lega) aveva deciso di concedere un ulteriore mese, scaduto domenica 31 ottobre. Ma ora il Carroccio tenta il doppio colpo. Ma lo fa inanellando una serie di bufale riassunte nel commento di Igor Iezzi, capogruppo del partito di Matteo Salvini in Commissione Affari costituzionali.
Partiamo dalla prima parte: “Il Governo ha sbagliato a dare il via libera al referendum sulle droghe attraverso la proroga di un mese del tempo necessario per raccogliere le firme. Un doppio errore, sia nel metodo sia nel merito. Nel metodo, innanzitutto, perché inserire una norma di chiara natura elettorale all’interno di un decreto legge rappresenta un errore clamoroso e di certo non basta, come scusante, considerarlo un provvedimento attinente alle regole procedurali”.
In realtà, proprio la sussistenza delle “regole procedurali” rappresenta lo strumento che ha permesso un intervento diretto del governo (nella figura del Consiglio dei Ministri) senza passare dal Parlamento. Inoltre, non si tratta di una “norma di chiara natura elettorale”, visto che i proponenti del Referendum Cannabis legale non fanno parte della classe politica italiana.
Proseguiamo con la seconda dichiarazione del leghista Iezzi: “L’esecutivo si è così schierato al fianco di un referendum truffa, che meschinamente parla di cannabis quando in realtà si occupa per la maggior parte di droghe pesanti. Se alcuni partiti della maggioranza vogliono legalizzare la cocaina lo dicano chiaramente. Noi siamo e saremo sempre contrari”.
Peccato che di tutto ciò non vi sia traccia.
La Lega si appiglia al riferimento “depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi sostanza”. Ma è presente un asterisco che spiega: “si mantengono le condotte di detenzione, produzione e fabbricazione di tutte le sostanze che possono essere applicate per le condotte diverse dall’uso personale“.
Nessuna legalizzazione della cocaina, come sostiene il Carroccio attraverso le parole di Iezzi.
(da NextQuotidiano)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
DOPO IL GRANDE SUCCESSO ALLE COMUNALI DI ROMA DOVE HA RACCOLTO 32 PREFERENZE, ORA I PROBLEMI GIUDIZIARI
Alle recenti elezioni capitoline non è neanche arrivato al “dica 33”. Pippo Franco, candidato con Enrico Michetti a Roma, ha trovato nel suo bagaglino solamente 32 preferenze, ottenendo un risultato che sfiora il comico (soprattutto per la grancassa mediatica e politica che aveva accompagnato il suo nome).
Ma i guai per l’attore comico non sono finiti. Nelle scorse settimane, infatti, il suo nome era rimbalzato nell’elenco di quei cittadini che si sarebbero rivolti a medici compiacenti per ottenere un Green Pass falso (ovvero senza essersi sottoposti al vaccino). E ora i Nas glielo hanno sequestrato.
Come riporta AdnKronos, i carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità sono intervenuti nella giornata di oggi, mercoledì 3 novembre, per sequestrare nove certificazioni verdi false ad altrettanti cittadini.
La non veridicità del Green Pass è emersa da un’inchiesta aperta il mese scorso dalla Procura della capitale. E tra i documenti posti sotto sequestro c’è anche quella di Pippo Franco.
Insieme a lui ci sono anche altre otto persone, tra cui anche un magistrato a riposo. Tutti, secondo l’accusa e la ricostruzione fatta dall’indagine coordinata dal procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, si erano rivolti a un odontoiatra che ha uno studio nel quartiere Colli Albani della capitale.
Un medico-odontoiatra compiacente. Perché, come riportano le carte dell’inchiesta, l’uomo aveva ricevuto 20 fiale di vaccino, da cui si potevano ottenere al massimo 120 dosi. E, invece, dal suo studio sono risultano esser state effettuate ben 156 immunizzazioni (36 in più del dovuto).
Numeri che hanno fatto saltare la pulce al naso e che hanno scoperchiato quello che sembra essere, a tutti gli effetti, un traffico di Green Pass falsi. Ma non c’era solo l’odontoiatra: secondo la Procura, infatti, sarebbe coinvolto anche un medico legale che faceva funzioni da intermediario.
Ed è passato un solo mese dalla cocente delusione per Pippo Franco, che non ha scalfito i cuori dei romani (e neanche quello degli elettori del centrodestra che hanno votato per Enrico Michetti). Il comico, da quando è stata resa ufficiale la sua debacle elettorale, è sparito dai radar. Ma non da quelli della Procura.
Il caso del suo Green Pass falso (ma, come spiega AdnKronos, anche di altri suoi familiari) lo ha fatto tornare sulla cresta dell’onda. Ma non come avrebbe voluto lui.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
FEDRIGA ESASPERATO: “NON CREDETE ALLE MENZOGNE CHE ARRIVANO DAI SOCIAL”… PUZZER INDICE UNA NUOVA MANFESTAZIONE PER SABATO: QUANTI MORTI VUOLE AVERE SULLA COSCIENZA?
Sono 93, ma il numero pare destinato a crescere, i casi di positività tra coloro che
nelle scorse settimane hanno partecipato alle manifestazioni No Green Pass organizzate dai portuali di Trieste.
Ma nonostante questo, Stefano Puzzer, il portuale a capo della protesta, denunciato e allontanato da Roma per un anno dopo il sit-in di ieri a piazza del Popolo, è tornato ad annunciare una nuova manifestazione per sabato 6 novembre.
Il corteo regionale, con partenza alle 14.30 da piazza Libertà, in zona Stazione centrale, è stato indetto dal Coordinamento No Green Pass Trieste.
Puzzer ha fatto recapitare anche delle lettere attraverso persone a lui vicine, all’Agenzia per il Lavoro Portuale, in cui viene definito “illegale e contrario alla Costituzione e alle norme Ue” l’obbligo di Green Pass e si chiede di riconoscere ugualmente lo stipendio, in quanto la prestazione è considerata offerta, ma rifiutata dall’Agenzia per cause non dipendenti dal lavoratore.
Ieri – scrive Il Piccolo di Trieste – l’Agenzia per il Lavoro Portuale contava 40 lavoratori in malattia e infortunio (10 quelli positivi) e altri 34 sprovvisti di Green Pass per il rifiuto di fare il tampone. Mancano in 74 su 218 assunti: a ottobre l’Agenzia ha realizzato 3.100 avviamenti (chiamate al lavoro) contro le 4.500 dei mesi precedenti.
“Dalla pandemia non si esce da soli, non si esce con l’individualismo, non si esce tantomeno con le menzogne, ma si esce con la verità della scienza e dei fatti” ha detto il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga.
“Io voglio far chiarire a tanti cittadini di non credere alle menzogne che arrivano sui social – ha aggiunto il governato -, su Telegram, su WhatsApp: approfondite. Non credete a ogni stupidaggine che fanno girare. Io ho letto delle cose incredibili, delle falsità assurde, assolutamente lontane da qualsiasi senso razionale. Non credeteci, queste fanno male alla salute del singolo cittadino e della nostra comunità. Basta bugie, basta bugie, chi le racconta si prende la responsabilità di fare un danno alla salute e all’economia di questo Paese”.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
DOPO VARIE PROVOCAZIONI, LO STRAPPO DEFINITIVO
A fine ottobre si era reso protagonista di una protesta contro il Green pass, spostando il proprio ufficio fuori dal Pirellone in segno di dissenso contro l’obbligo di certificazione verde.
Ora il consigliere regionale Luigi Piccirillo è stato espulso dal gruppo del M5s in Lombardia.
La decisione è stata comunicata con una lettera al presidente del Consiglio regionale lombardo, Alessandro Fermi, firmata dal presidente del Gruppo Andrea Fiasconaro. L’iniziativa è sostenuta da tutto il gruppo regionale M5S.
Dopo avere annunciato la sua protesta, Piccirillo aveva allestito una sorta di ufficio sul marciapiede davanti al Pirellone. Il gruppo M5s, già ai ferri corti con Piccirillo, aveva subito preso le distanze: «Le attività del consigliere regionale sono espressione di iniziative personali, i cui contenuti sono stati celati e pertanto non condivisi con il gruppo regionale del Movimento Cinque Stelle Lombardia».
Queste posizioni «si collocano al di fuori della linea decisa di comune accordo dal gruppo regionale. Inoltre, tali iniziative alimentano, nei confronti delle politiche di ripresa e contenimento della pandemia, quell’ambiguità in risposta alla quale il Movimento 5 Stelle coglie l’occasione per ribadire la propria assoluta distanza».
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IN RELAZIONE ALLE MINACCE RICEVUTE DAL PRIMARIO DI SAN MARTINO, L’EX GIORNALISTA AVEVA DETTO CHE “SE LE CERCA”
“Lui se le cerca”. Così aveva twittato Maria Giovanna Maglie parlando di Matteo
Bassetti. Il tema era quello dell’ultima dichiarazione del direttore della Clinica di Malattie Infettive del San Martino di Genova che, intervistato dal quotidiano La Stampa, aveva avanzato la richiesta di una stretta ulteriore sul Green Pass chiedendo che fossero vietati gli ingressi nei luoghi di svago e divertimento a chi rifiuta il vaccino. E oggi il medico risponde per le rime all’opinionista.
“La terza dose dovremmo farla tutti in tempi diversi – ha detto Matteo Bassetti in collegamento con ‘Un Giorno da Pecora’, su Rai Radio1 -. Ci sono delle priorità, un po’ come abbiamo fatto per le prime dosi: gli anziani, le persone fragili, le persone obese, quelle che hanno il diabete o che magari prendono dei farmaci”.
Il direttore della Clinica di Malattie Infettive del San Martino di Genova sottolinea che la maggior parte di questi cittadini già rientrano nel piano per la dose booster di vaccino. Poi spiega proprio il principio di questa terza dose: “Serve per dare un colpo forte al nostro sistema immunitario che porti molto in alto le difese”. Inoltre spiega che la durate degli anticorpi è meramente personale.
“Sono arrivato a un punto in cui di alcune persone io non ne posso più. Vale per Paragone, ma anche per Maria Giovanna Maglie che ha detto che se la gente mi minaccia fa anche bene”.
E Bassetti prosegue: “Queste persone devono rendersi conto che non possono seminare odio in questo modo. La situazione si sta esasperando? Sì, a causa di alcune persone che tendono a esasperarla”.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2021 Riccardo Fucile
SU LA7 CONTINUANO A DARE SPAZIO ALLE BUFALE DELL’EX LEGHISTA E IL GIORNALISTA NON GLIELE MANDA A DIRE
Cita dati già smentiti dall’Istituto Superiore di Sanità. Fa spallucce davanti ai morti Covid perché avevano una “certa età” e avevano anche altre patologie.
Poi, a completare il quadro, arriva anche a fare l’offesa quando dallo studio intervengono per smentire la sua continua propaganda negazionista e anti-vaccinista. Ancora una volta, il teatro delle teorie dell’assurdo di Francesca Donato è uno studio di La7 dove è andata in scena una discussione con Antonio Caprarica sull’atavica tesi dei no vax: morti per e morti con Covid.
“Se noi leggiamo i dati dei morti così come registrati sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, sappiamo che circa 80mila (ma anche di più) morti per Covid, sono state persone ultraottantenni con tre o più patologie concomitanti”.
Basterebbe questo per mettere la parola fine e chiudere il collegamento, visto che in Italia sono milione le persone (e non solo gli anziani) che hanno pluri-patologie che poco sono compatibili con un’infezione da Sars-CoV-2 che va a provocare (lo dice la scienza) non solo problemi polmonari, ma anche alcune disfunzioni multi-organo.
Ma la propaganda folle dell’ex leghista prosegue anche dopo l’intervento della conduttrice e degli ospiti nello studio de “L’Aria che Tira” (su La7): “Dire che sono morti a causa del Covid è una mistificazione”.
Parole che fanno ribollire – come ovvio – gli animi. Il primo a prendere la parola è Antonio Caprarica che non usa mezzi termini: “Ma è possibile che lei debba continuare a raccontare queste storielle? Ma un minimo di decenza e di dignità”.
Ma lo scontro Donato Caprarica prosegue, con l’europarlamentare senza partito che fa anche l’offesa: “Se mi continuate a interrompere mentre sto parlando in collegamento io chiudo il collegamento”.
E poteva farlo per rendere l’aria che tira un po’ meno pesante dalla sua narrazione anti-scientifica smentita a ripetizione, a ogni sua boccata di ossigeno.
E invece resta lì e prosegue con i suoi deliri citando suoi “parenti” che hanno avuto il Covid. Ma il clima è ormai rovente e Caprarica ne ha le scatole piene di sentire quelle che definisce “idiozie”. E l’europarlamentare lo accusa di essere maleducato, cafone e non democratico.
(da agenzie)
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