Destra di Popolo.net

SALVINI ACCUSA LAMORGESE MA L’ALGERINO ARRESTATO A CANNES L’HA REGOLARIZZATO LUI (E RIMEDIA LA SOLITA FIGURA DI MERDA)

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

IL PERMESSO DI SOGGIORNO A TEMPO INDETERMINATO E’ STATO CONCESSO NEL 2018, CON SALVINI MINISTRO DEGLI INTERNI

Matteo Salvini è uomo tutto d’un pezzo. Lunedì scorso, non appena si è diffusa la notizia che un 37enne algerino aveva accoltellato due gendarmi a Cannes, non ha tentennato un istante: “Pare che abbia un permesso di soggiorno italiano. Chiediamo chiarezza immediata dal Viminale”.
I suoi fedelissimi, come l’europarlamentare Alessandro Panza, sono arrivati a più sbrigative conclusioni: “Lamorgese dimettiti”.
E forse stavolta i leghisti sono stati sfortunati.
O forse c’è che a rinnovare la caccia alle streghe dinanzi a ogni increspatura di cronaca, si finisce fatalmente vittime delle proprie trappole.
Eh sì, perchè se qualcuno, in base alla logica sovranista, dovrebbe dimettersi è proprio Salvini.
Benrabah avrebbe lasciato Napoli, dove lavorava come venditore ambulante, un anno fa, circa, per trasferirsi in Francia.
E proprio nel capoluogo partenopeo aveva ricevuto la carta di soggiorno a tempo indeterminato, rilasciata dalla Questura di Napoli nel 2018.
L’uomo era arrivato in Italia nel 2008 a Cagliari. Aveva poi ottenuto dalla Questura di Napoli nel 2011 un secondo permesso di soggiorno, poi convertito nel 2018 in carta di soggiorno a tempo indeterminato.
E Salvini era ministro degli Interni, tanto per cronaca.
Ennesima figura di merda

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CONCESSIONI BALNEARI, E’ FINITA LA PACCHIA: IL CONSIGLIO DI STATO PONE FINE ALLO SCONCIO MONOPOLIO CON 16 ANNI DI RITARDO

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

“DAL 2024 LE SPIAGGE SI APRONO ALLA LIBERA CONCORRENZA, BASTA PROROGHE”… ORA IL GOVERNO DOVRA’ ADEGUARSI ALLE REGOLE EUROPEE

La proroga delle concessioni balneari sarà possibile solo fino al dicembre 2023. E’ arrivata la sentenza del Consiglio di Stato che pone un limite ai continui rinvii sulle concessioni, garantendo altri due anni di proroga “al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere”.
Le sentenze, pubblicate nella serata del 9 novembre, precisano inoltre che “dal giorno successivo, tuttavia, non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza”.
Solo ieri, fonti dell’esecutivo avevano ribadito che il governo sarebbe intervenuto sul tema dopo la pronuncia del Consiglio di Stato.
Per questo, hanno spiegato, al momento si è optato per il varo del dl Concorrenza senza il tema spiagge che, fanno notare le stesse fonti, è comunque un tema fuori dal perimetro del Pnrr. Proprio la decisione di arrivare a un decreto “dimezzato” ha provocato, meno di una settimana fa, le esultanze di Assobalneari.
Neanche 24 ore dopo, a richiamare l’Italia era stata l’Unione europea: una portavoce della commissione Ue ha spiegato che per Bruxelles è “importante che le autorità italiane mettano rapidamente in conformità la loro legislazione, e le loro pratiche relative alle attribuzioni delle concessioni balneari, con il diritto europeo e la giurisprudenza della Corte di Giustizia“.
Il sistema italiano delle concessioni balneari è sotto accusa dal 2009: nel 2016 l’Italia è stata condannata per il mancato rispetto delle norme Ue e due anni dopo il governo Conte 1 ha ulteriormente prorogato le autorizzazioni vigenti fino al 2033.
La questione ha creato anche alcuni problemi nella presentazione del Recovery plan: le spiagge non sono mai nominate ed è dovuto intervenire Mario Draghi che ha garantito personalmente con la commissaria Von der Leyern ci sarà un intervento dell’Italia.
“Situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza”
Con le sentenze nn. 17 e 18 pubblicate oggi, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, rimarcando “l’eccezionale capacità attrattiva del patrimonio costiero nazionale“, ha affermato che la perdurante assenza (nonostante i ripetuti annunci di un intervento legislativo di riforma, mai però attuato) di un’organica disciplina nazionale delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto dell’Ue, perché consente proroghe automatiche e generalizzate delle attuali concessioni (l’ultima, peraltro, della durata abnorme, sino al 31 dicembre 2033), così impedendo a chiunque voglia entrare nel settore di farlo.
Secondo il Consiglio di Stato – si legge in un comunicato – il confronto concorrenziale, oltre ad essere imposto dal diritto Ue, “è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita”.
I concessionari attuali potranno comunque partecipare alle gare che dovranno essere bandite. Per consentire alla p.a. di “intraprendere sin d’ora le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara”, per “consentire a Governo e Parlamento di approvare doverosamente una normativa che possa finalmente disciplinare in conformità con l’ordinamento comunitario il rilascio delle concessioni demaniali”, nonché per evitare l’impatto sociale ed economico della decisione, le attuali concessioni potranno continuare fino al 31 dicembre 2023.
Dal giorno successivo, tuttavia, non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza. Scaduto tale termine, quindi, “tutte le concessioni demaniali dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se via sia – o meno – un soggetto subentrante nella concessione”.
(da agenzie)

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SONDAGGIO IPSOS, LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI NON VUOLE BERLUSCONI AL QUIRINALE: IL 69% DICE NO, SOLO IL 21% FAVOREVOLE

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

E PREFERISCONO CHE DRAGHI RESTI PREMIER

La maggioranza degli italiani preferisce che Mario Draghi resti a capo del governo e che, quindi, non sia lui il prossimo Presidente della Repubblica in vista dello scadere del mandato di Sergio Mattarella.
A rivelarlo è un secondo sondaggio Ipsos per ITV Movie che raccoglie le preferenze degli italiani rispetto alla partita del Quirinale che è ormai entrata nel vivo del dibattito politico.
Solo il 20% dei cittadini preferirebbe vedere Mario Draghi al Quirinale, mentre il 60% ha dichiarato che lo vedrebbe meglio nell’attuale veste di Presidente del Consiglio dei ministri. Il restante 20%, invece, non si è espresso.
Oltre all’ex numero uno della Banca centrale europea, un altro nome che si dà per candidato alla massima carica dello Stato è quello di Silvio Berlusconi su cui, però, gli italiani sono stati ancora più netti.
Dal sondaggio Ipsos, infatti, emerge che solo al 21% piacerebbe avere il leader di Forza Italia come Presidente della Repubblica mentre il 69% si esprime negativamente e il restante 10% non si esprime.
Sulla partita del Quirinale del prossimo anno, il 78% dei cittadini dice anche che sarebbe arrivato il momento di avere una donna come Presidente della Repubblica
(da agenzie)

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LE FIGARO: “RENZI E’ ANCORA SENATORE, IN ITALIA C’E’ UN PROBLEMA ETICO”

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

“LE SUE ATTIVITA’ NEGLI ALTRI PAESI SI FANNO DOPO IL MANDATO, NON DURANTE”

“Per fare il giro del mondo, Renzi dovrebbe almeno aspettare di essere fuori dalla politica”. Alicia Romay, corrispondente da Roma per il dorso spagnolo di Huffington Post, sintetizza il pensiero di molti colleghi della stampa estera, impegnati a raccontare l’ennesima anomalia italiana sul conflitto d’interessi.
Un tempo c’era Silvio Berlusconi, oggi ecco Matteo Renzi, che nonostante l’impegno da senatore ha avviato una florida attività da conferenziere e uomo d’affari per conto di imprenditori e persino Stati stranieri, come nel caso dell’Arabia Saudita. Circostanza che meraviglia molti giornalisti stranieri.
Valèrie Segond è corrispondente per Le Figaro, forse il più noto quotidiano francese: “Renzi è ancora senatore, mi sembra chiaro che ci sia un problema etico che riguarda la deontologia degli eletti. Normalmente queste attività si fanno dopo il mandato, non durante”.
Segond ci racconta che in Francia hanno affrontato spesso casi simili, tanto che nel 2014 il Senato si è dotato di un codice di autoregolamentazione per stabilire un limite alle attività private degli eletti, che possono essere sottoposte al vaglio di una commissione di deontologia.
Stando a una norma approvata nel 2018, i senatori “svolgono il mandato liberi da qualsiasi rapporto di dipendenza nei confronti di interessi privati o potenze straniere”. Anche se poi alcune zone d’ombra restano: “L’ex primo ministro Jean-Pierre Raffarin – ricorda Segond – per anni è stato sostenitore di una politica di dialogo con la Cina. Poi, appena terminati gli incarichi politici, è entrato nel board di una società che lavora in Cina. Questo può portare i cittadini a sospettare che ci fosse già prima un conflitto di interessi”.
Dietro le mosse di Renzi c’è poi un tema di investimento sul proprio futuro. Ne è convinto Peter Lowue, che scrive per l’importante testata svedese Dagens Nyheter: “Visto che non ha grande consenso, forse ha scelto di prendere altre strade ed emergere un poco nel dibattito pubblico”. Ma se il senatore è pagato dall’Italia e da un altro governo straniero, di chi farà gli interessi? “Forse di tutti e due, quando è possibile. Ma per la verità non ho capito bene fino in fondo la sua strategia”.
Dario Menor Torres, corrispondente per diverse testate spagnole (El Correo, Diario Sur) ammette che il problema è soprattutto la vicinanza al regno saudita: “Non vedo tanto il problema se Renzi si occupa di aiutare alcune aziende, come nel caso della società di car sharing Delimobil. Ma quando Renzi incontra Bin Salman allora c’è quantomeno una questione estetica, diciamo così, al di là del fatto che violi una legge oppure no. Ricordiamo che Bin Salman è accusato di essere coinvolto nell’omicidio di Khashoggi”.
E di certo, dice Menor Torres, “è giusto che i giornali possano pubblicare i pagamenti ricevuti da Renzi”, perché “su questo non può appellarsi alla privacy”.
La già citata Ramoy ne fa anche una questione psicologica: “La disperazione di alcuni politici quando perdono la poltrona è così enorme che fanno tutto ciò che riescono per guadagnare soldi e, in più, ottenere attenzione mediatica”.
Michaela Namuth, corrispondente tedesca in Italia dal 1994 (tra gli altri Die Tageszeitung, W&V, Weltreporter), richiama invece quel peccato originale che l’Italia si porta dietro da decenni: “Mi sembra che anche quella di Renzi sia una questione di leggi più che opinioni. Fin dai tempi di Berlusconi, non è mai stata approvata dal Parlamento italiano una norma più severa ed efficace per contrastare il conflitto di interessi dei politici. E forse è proprio questo il problema”. Così da arrivare, con una norma, dove non arriva il criterio di opportunità dell’interessato.
(da Il Fatto Quotidiano)

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IL GOVERNATORE FONTANA IN FUGA DAI MAGISTRATI, RETROMARCIA SUL CAMICI-GATE

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

INDAGATO PER FRODE IN PUBBLICHE FORNITURE AVEVA CHIESTO DI ESSERE INTERROGATO, MA HA CAMBIATO IDEA

Dopo una lunga assenza, torna a far rumore l’inchiesta sul camici-gate in Lombardia. Come già successo in passato, a far rumore è l’ennesima giravolta del governatore Attilio Fontana che dopo settimane passate a chiedere di essere sentito dai magistrati, ha cambiato idea annunciando la rinuncia alla richiesta di interrogatorio.
A darne notizia è il difensore del presidente della Lombardia, l’avvocato Jacopo Pensa, secondo cui “il presidente Fontana ritenendo evento utopistico che la Procura, dopo l’avviso di chiusura indagine, possa mutare impostazione accusatoria a seguito di un suo interrogatorio ha deciso di riservare le proprie difese alle fasi processuali successive di fronte a giudici terzi”.
E pensare che fino al 15 settembre scorso, ossia quasi due mesi dopo la chiusura dell’inchiesta che risale al 27 luglio, sembrava pensarla in modo davvero molto diverso.
Infatti proprio quel giorno, convinto di poter chiarire la sua posizione nonostante l’indagine fosse già stata chiusa, aveva depositato istanza, attraverso i suoi legali Pensa e Federico Papa, per essere ascoltato dai magistrati Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini.
Ma qualcosa nel tempo deve aver convinto il leghista al rumoroso dietrofront.
Quel che è certo è che il camici-gate è uno dei fascicoli che, ormai da mesi, tiene in apprensione il governatore lombardo.
Un’indagine in cui gli viene contestata la frode in pubbliche forniture in relazione alla vicenda dell’affidamento, da parte di Regione Lombardia, di una fornitura – da circa mezzo milione di euro – di 75 mila camici e altri dispositivi di protezione individuale a Dama Spa, la società di sua moglie e di suo cognato Andrea Dini che è indagato nel medesimo fascicolo.
Stessa accusa che viene mossa anche nei confronti dell’ex direttore generale di Aria Spa Filippo Bongiovanni, di una dirigente della stessa centrale acquisti regionale, e – in ultimo – del vicesegretario generale del Pirellone Pier Attilio Superti.
Proprio quest’ultimi due, su loro richiesta, potrebbero essere sentiti nei prossimi giorni in Procura. Al centro dell’inchiesta c’è la fornitura di 75mila camici da consegnare durante la prima ondata del coronavirus.
Di questi, tuttavia, ne sono stati consegnati solo 50mila perché nel frattempo, venuto a galla il conflitto di interessi, la fornitura fu trasformata in donazione. Per i mancati introiti, sempre secondo i magistrati, sarebbe intervenuto Fontana tentando un maldestro risarcimento al cognato con un bonifico di 250mila euro partito da un conto in Svizzera.
Peccato che la toppa si sarebbe rivelata peggiore del buco perché, dopo una segnalazione dalla Banca d’Italia, l’operazione viene bloccata in quanto ritenuta sospetta.
Sostanzialmente, stando a quanto si legge nell’avviso di conclusione indagini, i magistrati sono certi di avere le prove dell’esistenza di un “accordo collusivo intervenuto” tra Dini, patron di Dama spa, “e il cognato Fontana”, “con il quale anteponevano all’interesse pubblico, l’interesse e la convenienza personali del Presidente di Regione Lombardia” che da “soggetto attuatore per l’emergenza Covid” si “ingeriva nella fase esecutiva del contratto in conflitto di interessi” sull’ormai nota fornitura trasformata in donazione. Non solo.
Per i pm, la frode nella pubblica fornitura sarebbe stata messa in atto “allo scopo di tutelare l’immagine politica del Presidente della Lombardia, una volta emerso il conflitto di interessi dovuto ai rapporti di parentela” con il titolare di Dama spa, società di cui la moglie di Fontana, Roberta Dini, aveva una quota del 10%.
(da La Notizia)

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MATTARELLA: “NON E’ LIBERTA’ BLOCCARE LE CITTA””

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

“LE PIAZZE NO VAX HANNO PROVOCATO UN PERICOLOSO AUMENTO DEI CONTAGI. IL NEMICO E’ IL VIRUS, NON GLI STRUMENTI PER COMBATTERLO”

“In queste ultime settimane manifestazioni non sempre autorizzate hanno tentato di far passare come libera manifestazione del pensiero l’attacco recato, in alcune delle nostre città, al libero svolgersi delle attività”.
Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento all’Assemblea dell’Anci a Parma. In queste parole è difficile non pensare a quanto accaduto a Milano dove da alcune settimane i cortei no-vax, anche non autorizzati, hanno provocato le proteste degli esercenti.
Il Capo dello Stato ha poi fatto un riferimento implicito a Trieste: “Accanto alle criticità per l’ordine pubblico – ha spiegato -, sovente con l’ostentata rinuncia a dispositivi di protezione personale e alle norme di cautela anti-covid, hanno provocato un pericoloso incremento del contagio”.
“I sindaci, indipendentemente dalle loro appartenenze, si sono trovati ancora una volta in prima fila – ha ricordato il Capo dello Stato- e hanno saputo schierarsi in difesa della sicurezza e della salute dei propri concittadini. Le forme legittime di dissenso non possono mai sopraffare il dovere civico di proteggere i più deboli: dobbiamo sconfiggere il virus, non attaccare gli strumenti che lo combattono”.
“E in ogni caso – ha concluso Mattarella – atti di vandalismo e di violenza sono gravi e inammissibili e suscitano qualche preoccupazione, sembrando, talvolta, raffigurarsi come tasselli, più o meno consapevoli, di una intenzione che pone in discussione le basi stesse della nostra convivenza”.
(da agenzie)

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FOCOLAIO COVID TRA FEDELI DI RITORNO DA MEDJUGORJE: 30 NO VAX POSITIVI, 6 SONO IN GRAVI CONDIZIONI

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

IL REPARTO MALATTIE INFETTIVE DI SASSARI E’ AL COLLASSO

Quello che doveva essere un viaggio spirituale a Medjugorje si è trasformato in un grande cluster di contagi da Covid-19.
Tra i 180 fedeli partiti da Arzachena, in provincia di Sassari, il bilancio è di più di 30 infettati e 6 ricoverati in gravi condizioni.
Quasi tutti anziani e over 60, nessuno degli ospedalizzati si era vaccinato.
Convinti No vax ora sono sul letto di ospedale con difficoltà a respirare e casco Cpap. Il timore è quello di un focolaio che potrebbe espandersi,
Il nuovo cluster rischia di propagarsi, perché i pellegrini provengono da una decina di centri della Gallura, ma anche da altri comuni del Nord Sardegna e da Sassari.
Pochi controlli e nessuna particolare precauzione sul pullman, nonostante la Bosnia sia uno degli Stati segnalati come altamente a rischio per una nuova ondata della pandemia.
Probabilmente sono stati proprio i lunghi viaggi in autobus, la permanenza in un luogo ristretto a contatto ravvicinato gli uni con gli altri, a fare da motore al contagio.
I pellegrini sono rientrati in Sardegna il 28 ottobre e i primi casi sono stati rilevati pochi giorni dopo. Il 2 novembre 13 pazienti sono stati trasportati d’urgenza al pronto soccorso di Sassari, con riscontro di positività, e altri sei sono stati trasferiti direttamente nel reparto malattie infettive.
Tra i contagiati, soltanto una donna era già stata vaccinata con entrambe le dosi. È risultato positivo anche il marito, che per ora è asintomatico ed è stato sottoposto a isolamento nella sua abitazione.
Adesso il reparto malattie infettive dell’AOU di Sassari si trova di nuovo vicino al collasso. Negli ultimi giorni si è assistito a un raddoppio del numero dei ricoverati. L’unità di crisi anti Covid ha intanto predisposto misure per circoscrivere i focolai a Arzachena, Tempio, Bassacutena, Olbia e Luogosanto, i luoghi di residenza dei pellegrini. Si cerca, inoltre, di ricostruire la mappa delle persone entrate in contatto con il gruppo che, in un ponte affollato come quello del primo novembre, potrebbero essere oltre mille.
(da agenzie)

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CONTAGI COVID, A TRIESTE IL PICCO PIU’ ALTO: OTTO VOLTE LA MEDIA NAZIONALE

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

RINGRAZIATE I NO VAX E CHI LI PROTEGGE

A Trieste si è verificato il picco più alto di contagi da Coronavirus dall’inizio dell’epidemia. Sono 311 i casi in città su un totale di 438 nell’intero Friuli-Venezia Giulia. Dove la media negli ultimi sette giorni è salita a 269 e il governatore Massimiliano Fedriga ha pronosticato il rischio zona gialla.
Ma è la situazione della città a preoccupare di più. In una settimana i contagi sono arrivati a quota 1.155, ovvero 503 ogni 100 mila abitanti. Ovvero otto volte la media italiana.
E intanto anche altre regioni rischiano il lockdown soft: il Veneto, la Calabria, la provincia di Bolzano. E anche la Sicilia. Dove c’è un boom di contagi tra i più piccoli e ci sono due province sotto stretta osservazione: Catania e Siracusa
La crescita dei positivi nelle città
Il Piccolo spiega oggi che a Trieste ci sono più del doppio dei contagi di Bergamo a marzo 2020. Anche se a influenzare la crescita dei tamponi positivi ieri è stato per un terzo la comunicazione degli esiti dei test di domenica.
In ogni caso l’incidenza supera quella registrata all’inizio della pandemia, quando si fermava a quota 78. Crescono anche i ricoveri: ieri 142.
Mentre i posti letto in terapia intensiva superano la soglia del 10% e nelle aree mediche la sfiorano.
Ma nel bollettino di ieri il Friuli-Venezia Giulia era soltanto terzo per numero di contagi. Superato dall’Emilia-Romagna (536) e dal Lazio (449).
Per Lorenzo Roti, direttore sanitario dell’Ausl di Bologna, l’aumento dei contagi in regione è dovuto a focolai familiari e scolastici, non è «drammatico» e l’esigenza di letti non è «immediata». Tuttavia, dice oggi all’edizione bolognese di Repubblica, «vogliamo salvaguardare il più possibile tutta l’attività programmata nelle nostre strutture sanitarie». Per questo si guarda a ogni oscillazione degli ingressi in corsia.
Anche nel Lazio i 28 ricoveri registrati ieri nei reparti di Malattie infettive sono un campanello d’allarme. Ma «le previsioni dei nostri esperti per ora ci dicono che ci sarà un’impennata di casi ancora per una settimana.
Poi si dovrebbe raggiungere il plateau, una certa stabilità nei dati sui contagi», ha pronosticato ieri l’assessore alla sanità del Lazio Alessio D’Amato. Qui a rischio sono le province di Rieti e Frosinone.
Ma c’è anche un allarme che riguarda i ricoveri dei bambini. «Domenica sono stati 244 gli accessi al pronto soccorso del Gianicolo, 122 a Palidoro. Di questi numeri il 10 per cento è finito con un ricovero. Tre i casi nuovi di Covid», dice a Repubblica Roma Alberto Villani, il direttore del dipartimento Emergenza, accettazione e pediatria generale delle sedi del Bambino Gesù. «Adesso tutti i posti per malati Covid sono occupati, quindi abbiamo il tutto esaurito. Ma questi numeri variano di giorno in giorno perché laddove è possibile si tende a dimettere il bambino così da trascorrere l’isolamento a casa».
Natale con il lockdown?
Sotto osservazione per i contagi tra i 6 e i 10 anni è anche la Sicilia. nell’ultima settimana, fa sapere sempre Repubblica, sono stati loro i più colpiti dall’infezione, con un’incidenza di 80 casi ogni centomila. Catania e Siracusa sono le città stabilmente nella “top dieci” delle province italiane con più contagiati e in testa fra le siciliane per numero di non vaccinati e ricoverati per Covid. «Nella nostra struttura l’85-90 per cento dei ricoverati sono non vaccinati, i ricoverati vaccinati presentano invece forme lievi e facilmente curabili», sostiene il professor Carmelo Iacobello, direttore dell’unità di Malattie infettive dell’ospedale Cannizzaro di Catania. «Siamo costretti a tenere occupati posti letto per tutti quei nuovi contagiati non vaccinati in un contesto in cui ci sono difficoltà di accesso alle cure per chi ha patologie diverse dal Covid», fa sapere Raffaele Lanteri, sindacalista e chirurgo al Policlinico.
Il Veneto ieri di contagi ne ha registrati 432. E il sindaco di Padova Sergio Giordani ha fatto sapere di essere pronto a chiudere la città alle manifestazioni No vax e No Green Pass. «Non intendo star fermo mentre i dati dicono che se non diamo uno stop e giochiamo di anticipo potrebbero tornare nuove restrizioni: sarebbe una sciagura per il commercio e una immeritata sanzione collettiva a una cittadinanza che si è comportata con il più alto tasso di senso civico possibile».
I dati Agenas aggiornati a ieri sera dicono che oltre al Friuli anche le Marche hanno superato la soglia del 10% delle rianimazioni occupate. A “salvare” le due regioni al momento sono i ricoveri ordinari. Che non si avvicinano nemmeno alla soglia fissata al 15%: sono rispettivamente al 10% e al 7%.
Nessun’altra regione supera le soglie né per i ricoveri ordinari né per le intensive. Ma la provincia di Bolzano è vicina per quanto riguarda i ricoveri in reparto, al 13%. Ma ha solo il 4% dei ricoveri in rianimazione, così come la Calabria: al 12% per i ricoveri ma solo al 5% per le intensive.
(da agenzie)

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BRESCIANO VIAGGIAVA CON 355 CHILI DI COCAINA PURA DEL VALORE DI 35 MILIONI DI EURO

Novembre 9th, 2021 Riccardo Fucile

MA NON ERANO GLI IMMIGRATI A SPACCIARE DROGA? NESSUN POST DEI LEADER SOVRANISTI SU QUESTA OPERAZIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA

Trentacinque milioni di euro nascosti in un furgone, tra rubinetti, tubi e attrezzatura da idraulico. Non si tratta di banconote, ma di cocaina purissima, la bellezza di 355 chili suddivisi in pani da un chilo ciascuno e contenuti in scatoloni di cartone.
A 80-90 euro al grammo, il valore della merce raggiunge una cifra stratosferica, soprattutto se si pensa che si tratta di un solo trasporto da parte di un unico corriere.
La scoperta è dovuta all’intuito dei poliziotti della Stradale di Verona e dalla tempestività con cui è stata allertata una pattuglia dei Baschi Verdi della Finanza che si trovava nella zona del casello Verona Sud della A4.
Alla guida del camioncino che era uscito dal casello e stava per immettersi nella viabilità ordinaria c’era un quarantenne bresciano, che ha cominciato a dare segni di nervosismo quando gli è stato intimato l’alt.
I poliziotti si sono insospettiti dall’aspetto esteriore dell’automezzo, piuttosto malandato e con alcune luci non funzionanti. Il controllo al terminale ha permesso di verificare che l’uomo ha precedenti specifici in traffico di sostanze stupefacenti.
Forse sperava di cavarsela con un accertamento di routine, invece il camioncino è stato controllato e non è stato difficile trovare la cocaina, nascosta dietro alcuni wc e lavandini.
La tensione manifestata dall’uomo, che non aveva con sé documenti di autorizzazione del trasporto degli oggetti, non è passata inosservata. Quando è stata trovata la cocaina non ha fornito alcuna spiegazione, in particolare non ha detto da dove provenisse e quale fosse la sua destinazione finale. Il sospetto è che provenisse da Trieste e che fosse diretto in Lombardia.
Verona Sud è un punto di snodo importante e la piazza scaligera è nota per il consumo massiccio di sostanze stupefacenti. “La perquisizione consentiva di rinvenire 300 panetti simili a mattonelle, sigillati con del nylon, del peso complessivo di oltre 355 chilogrammi, contenenti sostanza bianca risultata, a seguito di esame speditivo narco-test, cocaina purissima” spiega la guardia di Finanza in un comunicato. È scattato così l’arresto per traffico di stupefacenti. Il pubblico ministero di turno, Mauro Leo Tenaglia, ha disposto il trasferimento al carcere di Montorio, in attesa dell’udienza di convalida.
“Il sequestro è il più ingente mai effettuato nella città scaligera e la sostanza stupefacente avrebbe potuto fruttare sul mercato dello spaccio oltre 35 milioni di euro. Dato il quantitativo non si esclude che la droga fosse destinata ad un mercato più ampio rispetto a quello locale. – spiegano i finanzieri diretti dal comandante provinciale colonnello Vittorio Francavilla – Il territorio veronese si conferma, infatti, snodo strategico dei traffici illeciti proprio in funzione della posizione di crocevia tra importanti assi autostradali, come ultimo dimostrato in una analoga operazione svolta ad Affi”. In quella occasione erano stati arrestati tre albanesi, con il sequestro di 11 chili di cocaina. Le indagini dovranno ricostruire quale sia l’organizzazione che utilizzava il quarantenne bresciano e quali fossero siano i canali di approvvigionamento.
(da agenzie)

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