Destra di Popolo.net

CONFRONTO TV: TRAVAGLIO LEGGE A RENZI IL PIANO INVIATO DA RONDOLINO ALL’EX PREMIER PER “DISTRUGGERE GLI AVVERSARI”

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

RENZI: “HO DETTO NO A QUEL METODO”, GRUBER: “MA QUESTA RISPOSTA NELLE CARTE NON C’E'”

Faccia a faccia a Otto e mezzo tra il direttore del Fatto Quotidiano e Matteo Renzi. La puntata della trasmissione de La7, condotta da Lilli Gruber e a cui ha partecipato anche il direttore de La Stampa Massimo Giannini, si è aperta con la lettura, da parte di Travaglio, del piano di Fabrizio Rondolino per distruggere gli avversari politici.
Un testo contenuto nelle carte di Open e che il Fatto ha pubblicato giovedì mattina. “Questa e-mail è stata inviata da Rondolino come ipotesi di scuola, a cui nessuno ha dato corso”, ha detto Renzi: “Io non ho risposto per e-mail ma ho detto di no alla proposta di Rondolino perché noi siamo diversi dal Fatto Quotidiano”.
La mail, come raccontato dal Fatto, è stata inoltrata da Renzi a Carrai due minuti dopo averla ricevuta.
A quel punto Lilli Gruber ha osservato con ironia: “Non abbiamo visto questa risposta però”. Renzi ha definito Rondolino, autore del piano di character assassination, uno “stimato giornalista”. E anche in questo caso è stata Gruber a ricordargli che un giornalista che manifesta propositi del genere non si può definire “stimato”.
In merito alla vicenda, Travaglio ha aggiunto: “Io non ho detto mie opinioni, ho solo letto una lettera dei collaboratori di Renzi: se quella lettera fosse uscita dalla mail di Casaleggio e se i nomi e i metodi usati fossero stati anziché l’elenco dello stato maggiore dei 5 Stelle e di altri giornalisti, il senatore ora starebbe strepitando chiedendo dimissioni di massa. Giudicheranno i telespettatori. Io non devo tacere, non siamo nel regno di Bin Salman”.
E l’Arabia Saudita è stato uno dei temi della puntata: “Lei prende i soldi da un tagliagole, dal mandante dell’omicidio Khashoggi e viene a fare la morale a me!” ha incalzato il direttore del Fatto rivolgendosi a Renzi che sulla vicenda dell’Arabia è stato incalzato anche dal direttore de la Stampa Giannini.
E ancora una volta ha difeso il regime da cui prende compensi: “Giannini non sa assolutamente nulla dell’Arabia Saudita. Ma ora non mi interessa parlare di questo, gli spiegherò in altre occasioni cose che non sa”.
(da agenzie)

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IL RISCHIO CHE LA CRISI DI SISTEMA RISUCCHI ANCHE DRAGHI

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

PRIMA O POI SI PORRA’ IL TEMA DI UN “PATTO” DA OFFRIRE AI PARTITI PER IL QUIRINALE O UN PATTO PER ANDARE AVANTI CON QUESTO GOVERNO

L’equazione è apparentemente più semplice, ora che Sergio Mattarella, nel ribadire la sua indisponibilità al bis, ha voluto parlare a chi, in fondo, coltivava il retropensiero che il suo no di oggi potesse diventare un sì domani di fronte a una drammatica impasse.
Ma l’equazione, paradossalmente ma neanche tanto, è diventata al tempo stesso più complicata perché proprio il venir meno di un “piano B” rivela, in tutta la sua portata, l’assenza di un “piano A”.
È inutile farla tanto lunga: se il “piano A” ruota attorno al destino di Mario Draghi, è anche vero che il destino non è solo nelle sue mani.
Certo: l’ipotesi della sua ascesa al Colle ormai è squadernata, apertamente indicata come soluzione da autorevoli ministri, e il silenzio del premier conferma che, quantomeno, la prende in considerazione.
Ma, così come i partiti sono prigionieri dell’eventualità perché è difficile dire di no, più passa il tempo, più diventa prigioniero del meccanismo anche Draghi: se va al Colle, si pone un problema per il governo perché, all’orizzonte, non si intravedono figure che hanno medesima autorevolezza e forza per tenere assieme diavolo e acquasanta; se non ci va, dopo che attorno all’eventualità si è discusso per mesi e non l’ha stroncata sul nascere, è inevitabile che apparirebbe come un pubblico smacco. E dunque: come fa a continuare a governare con partiti che non l’hanno voluto al Quirinale? Sarebbe inevitabilmente più debole il governo, ma anche il premier
Il day after di Mattarella proprio questo racconta.
Se Enrico Letta sostanzialmente prende tempo, invitando a “parlarne a gennaio” e a “concentrarsi sulle cose da fare”, analoga dichiarazione l’ha fatta Salvini nei giorni scorsi, segno che c’è un comune denominatore della politica: il non sapere da dove si inizia a istruire il dossier.
È stato già detto di tutto e il suo contrario, con chissà quale convinzione, e probabilmente si andrà avanti così: Conte prima ha provato a candidare Draghi al Colle, poi, nel giro di una settimana, con la stessa convinzione lo ha imbullonato a palazzo Chigi; Salvini, che lo aveva candidato con l’idea di andare al voto, tace perché non si andrà al voto. Meloni, che prima lo voleva e propose un patto a Letta “Draghi e voto”, ora non si capisce più. Insomma, è chiaro che la grande assente è la politica, perché invece di partire dalla testa (il Quirinale) nessuno ha seriamente preso in considerazione l’idea di partire dalla coda (il governo), che in tempi di terza dose, quarta ondata e Pnrr proprio un dettaglio non è.
Non è un caso che, sia pur in modo brutale e sgrammaticato, l’unico che, con la sua proposta, ha provato a tenere insieme testa e coda è stato Giancarlo Giorgetti, col suo semipresidenzialismo di fatto che unisce governo e Quirinale.
E dunque i partiti, coltivando ognuno una propria agenda corta, aspettano una parola chiara da Draghi, a conferma della ragione vera che lo ha portato a palazzo Chigi, quella crisi di sistema di cui il premier è l’effetto, non la causa.
Chi non esclude Draghi al Colle, non è in grado di dire una parola su chi e come governerà l’Italia dopo: quale premier, quale maggioranza, quale ambizione.
Chi lo esclude perché “Draghi deve rimanere fino al 2023” non fa i conti col progressivo indebolimento del governo. E con l’effetto che, fatto il Quirinale, “liberi tutti”, in una campagna elettorale lunga un anno.
E Draghi, a sua volta, aspetta di capire che le nebbie partitiche si diradino, senza però fare fino in fondo i conti con la politica. Che, per quanto abbrutita, indebolita, resa più goffa dagli attuali protagonisti, è pur sempre insostituibile, a maggior ragione dopo la scelta di un governo politico-tecnico, dove, la prevalenza partitica, in tempi di Quirinale, era annunciata. E in politica anche l’inerzia produce i suoi effetti.
E se è già visibile il primo effetto sul governo, con un certo appannamento del suo vigore riformatore da quando si parla di Quirinale tra un ritardo sulla manovra e un decreto concorrenza light, è al tempo stesso misurabile anche quello sul Quirinale, ora che l’indisponibilità di Mattarella priva la navigazione della scialuppa di salvataggio. C’è poco da fare. Se l’arrivo a palazzo Chigi come uomo della necessità può essere il frutto di una grande chiamata, la salita da palazzo Chigi al Colle o la permanenza a palazzo Chigi senza subire lo smacco di una mancata elezione al Quirinale sono operazioni squisitamente politiche, anche piuttosto faticose nell’epoca del default della politica.
Prima o poi, inevitabilmente, si porrà il tema di un “patto” da offrire ai partiti per il Quirinale, che reca in sé la soluzione per il governo; o un patto per andare avanti con questo governo senza annacquarlo. Altrimenti il rischio è che la crisi di sistema risucchi anche Draghi.
(da Huffingtonpost)

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“AIUTO, E’ UN INFERNO”; LA FOTO DEI BAMBINI BLOCCATI AL CONFINE TRA POLONIA E BIELORUSSIA

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

I COMMENTI DELLA FECCIA SOVRANISTA ALLO SCATTO SU TWITTER… QUANDO UN GIORNO TOCCHERA’ AI LORO FIGLI CAMBIERANNO IDEA COME TUTTI GLI INFAMI

«Help», «hell», «cold». Sono le tre parole che alcuni bambini bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia portano scritte sulle loro fronti, per chiedere soccorso.
«Aiuto, è un inferno, abbiamo freddo», dicono, mentre un fotografo li ritrae e loro guardano dritti nell’obiettivo, con gli occhi tristi e rassegnati.
Nella foto indossano i loro vestiti colorati che fanno da contrasto alle espressioni prematuramente adulte: lo scatto è stato rilanciato su Twitter dal portale bielorusso Nexta.
Sotto la foto, moltissimi commenti, tra i quali duri attacchi nei confronti dei genitori che «usano i loro figli, troppo piccoli per poter scrivere».
E ancora c’è chi si chiede se i bambini verranno tolti ai loro genitori che li hanno costretti a vagabondare in inverno; c’è poi chi li invita a mandare la foto a Lukashenko e chi, sarcastico, sottolinea che avrebbero dovuto scrivere «ho dei genitori stupidi e avidi che hanno pagato un volo per arrivare in questo campo nella foresta». E poi c’è persino chi fa ironia: «Ma è freddo o inferno?».
Questa è la feccia sovranista; rifiuti umani con cui non si discute più.
(da agenzie)

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VERSO UN ALTRO SABATO DI CORTEI NO VAX: IL DELIRIO CONTINUA, ALTRI CONTAGI IN VISTA

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

ANCORA UNA VOLTA SI PERMETTONO, IN PIENA EMERGENZA SANITARIA, DECINE DI AMMASSAMENTI SENZA MASCHERINE E DISTANZIAMENTI IN TUTTA ITALIA… ANDATELI A FARE IN CINA E RUSSIA E VEDETE QUANTE MANGANELLATE VI ARRIVANO SUL CRANIO BACATO

Almeno fino a Natale, per preservare gli affari dei negozianti le cui vetrine affacciano sulle vie dei centri storici, non si assisterà più a cortei No Green pass che bloccano i punti di interesse commerciale delle città italiane.
La direttiva del ministero dell’Interno, firmata da Luciana Lamorgese, invita i prefetti a individuare zone sensibili nelle quali vietare le manifestazioni: tutte, non solo quelle contro il certificato verde per il Coronavirus.
Sono, tuttavia, i promotori delle proteste No pass gli unici “attivisti” a criticare la scelta del Viminale. Sulle pagine social dei comitati cittadini, l’aggettivo più utilizzato per le restrizioni è «illegittime».
Anche i leader della sedicente destra italiana criticano la disposizione ministeriale: «Il diritto di manifestare deve essere sempre garantito”
Intanto, nelle prefetture di tutta Italia, si sono riuniti i Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza: sono già molte le manifestazioni No Green pass annunciate per domani, sabato 13 novembre.
Prefetti e sindaci hanno stilato, città per città, elenchi delle aree «di particolare interesse per l’ordinato svolgimento della vita della comunità, che potranno essere oggetto di temporanea interdizione allo svolgimento di manifestazioni».
Ad ogni modo, non si tratterà di divieti assoluti a ogni forma di protesta: i questori, ad esempio, potranno decidere che in una determinata zona venga autorizzato un sit-in al posto di un corteo. L’importante è tutelare le vie dello shopping dove i cittadini sono soliti riversarsi nei fine settimana, in particolare nel periodo che anticipa le festività natalizie. A Milano, per il diciassettesimo sabato di proteste, dovrebbe essere vietato l’accesso alla zona soprannominata quadrilatero della moda. Stop ai cortei in piazza Duomo e in corso Vittorio Emanuele.
Il sindaco Giuseppe Sala eprime preoccupazione per l’imminente manifestazione: «Sarà un po’ un sabato della verità – dichiara -. Vediamo se le regole vengono fatte rispettare, come io mi auguro».
A Trieste, altra città particolarmente segnata dagli scontri, il prefetto aveva già vietato la concessione di piazza Unità d’Italia e il primo cittadino Roberto Dipiazza ha invocato leggi speciali contro i No Green pass.
Sempre in Friuli-Venezia Giulia, il Comitato sicurezza di Gorizia ha deciso che la marcia contro la certificazione verde non potrà svolgersi per più di 200 metri, esattamente per il tragitto compreso tra la stazione e il parco della Rimembranza.
A Roma, invece, le autorità avrebbero pensato di chiudere ai dimostranti tutta l’area della Bocca della Verità, il Circo Massimo e piazza San Giovanni e piazza del Popolo, oltre a tutte le zone del centro storico vicine ai palazzi istituzionali.
Il sindaco di Padova Sergio Giordani ha siglato un’ordinanza per introdurre particolari sanzioni per quei manifestanti che non rispettano il distanziamento interpersonale e l’obbligo di mascherina. Il Comitato sicurezza del capoluogo di provincia Veneto, poi, ha disposto l’interdizione di tutto il centro storico ai dimostranti.
A Napoli, dove sabato si terrà l’ormai consueto presidio in piazza Dante, si è scelto di chiudere a tutte le manifestazioni diverse strade del centro: via Toledo, via Chiaia, via San Sebastiano, via Benedetto Croce, via San Biagio dei Librai e piazzetta Nilo.
Vista l’assenza di problematiche riscontrate a Bologna nelle scorse settimane, il Comitato sicurezza ha evitato di disporre provvedimenti restrittivi per la giornata di domani. Le proteste contro il Green pass, fa sapere la prefettura, «non hanno determinato particolari criticità sotto il profilo dell’ordine pubblico».
Stessa linea morbida a Cagliari, dove l’iniziativa in piazza Garibaldi ha ricevuto l’autorizzazione – il prefetto Gianfranco Tomao, tuttavia, ha previsto un inasprimento della sorveglianza – e ad Aosta, dove i No Green pass hanno organizzato un corteo.
Il Comitato sicurezza di Pistoia, invece, ha dato un via libera condizionato ai dimostranti: le manifestazioni devono essere statiche e rispettare le prescrizioni anti contagio, ovvero distanziamento e mascherina. Tensione, infine, per la protesta a Torino, dove Marco Liccione, leader del comitato Variante torinese, annuncia disobbedienza nei confronti delle disposizioni ministeriali: «Respingiamo con fermezza le illegittime restrizioni imposte dal Viminale. Torino non si piegherà davanti a un Governo impegnato a calpestare, giorno e notte, l’articolo 21 della Costituzione italiana. La manifestazione si svolgerà regolarmente in piazza Castello, con il nostro corteo pacifico».
(da agenzie)

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AUSTRIA E OLANDA ANNNCIANO IL LOCKDOWN: LA QUARTA ONDATA DI COVID SI ESPANDE IN EUROPA

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

E NOI PERMETTIAMO A DEI MALATI DI MENTE DI FARE CORTEI CHE DIFFONDONO LA PANDEMIA

L’Europa si ritrova nel pieno della quarta ondata da Covid-19.
Secondo un report dell’Oms relativo alla prima settimana di novembre, è stata rilevata una tendenza al rialzo del contagio in Unione europea, con un aumento delle infezioni da Sars-CoV-2 del 7%, mentre negli altri continenti – a eccezione dell’Africa – i numeri sono stabili o in calo.
Anche per quanto riguarda i decessi l’Europa fa segnare un aumento del 10%, mentre nel resto del mondo c’è stata una diminuzione del 4%.
Andando ad analizzare le zone che hanno avuto il maggior tasso di incidenza settimanale per 100 mila abitanti, vediamo che anche in questo caso l’Europa guida la graduatoria con 209,9 nuovi casi. Nel rapporto si legge che dall’inizio dell’emergenza sono stati registrati 249 milioni di casi Covid e oltre 5 milioni di decessi. In questo quadro, l’Austria ha annunciato il lockdown duro per non vaccinati e l’Olanda ha varato un piano di chiusure: da domani – 13 novembre -, per almeno tre settimane ci sarà una stretta su bar, ristoranti, negozi di beni non essenziali ed eventi sportivi. «Il virus è ovunque», ha dichiarato il capo del governo Mark Rutte.
La stretta di Austria e Olanda e il picco di contagi in Germania
Vista la complicata situazione Covid in Europa, con contagi e ricoveri in costante aumento, alcuni Paesi stanno valutando di reintrodurre il lockdown con modalità diverse.
In Austria è stato annunciato oggi, 12 novembre, il lockdown per i non vaccinati a partire dal prossimo lunedì – come nei land di Alta Austria e Salisburgo -, con il via libera formale che è atteso per la giornata di domani. I non vaccinati potranno uscire di casa solo per il lavoro, per acquisti di prima necessità e per «fare due passi», come ha spiegato il primo ministro Alexander Schallenberg. Ci saranno controlli a campione. «Non viviamo in uno Stato di polizia, non possiamo e vogliamo controllare a ogni angolo di strada», ha detto Schallenberg.
L’Olanda è il primo Paese in Europa a reintrodurre un lockdown, seppure parziale. Il governo ha deciso che dal 13 novembre, per almeno tre settimane, bar e ristoranti dovranno abbassare le saracinesche alle 20. Ancora più stringenti gli orari per i negozi di beni non essenziali, che dovranno chiudere entro le 18.
Infine, per gli olandesi non sarà più possibile assistere agli eventi sportivi fino al 4 dicembre.
Il governo dell’Aia ha imposto anche che, nei luoghi di lavoro, venga rispettato un distanziamento interpersonale di cinque metri.
E mentre la Bulgaria si è rivolta all’Unione Europea per l’attivazione di un meccanismo di protezione civile volto a ricevere aiuti (tra cui ossigeno e respiratori) da altri Paesi Ue, la Germania ha fatto registrare nelle ultime 24 ore un nuovo picco di contagi, con più di 50mila nuovi casi. «Dobbiamo prepararci all’inverno, il virus è ancora tra di noi e minaccia la salute dei cittadini» ha dichiarato Olaf Scholz, probabile prossimo cancelliere, sottolineando la necessità di una nuova «grande campagna per le vaccinazioni», per convincere più persone ad immunizzarsi contro il Covid. In Germania il tasso di vaccinazione è ancora sotto il 70%.
La situazione in Europa
Nell’Unione europea preoccupa anche l’emergenza nei paesi dell’Est. Nella mappa dell’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie), tra i 27 Paesi Ue in rosso e in rosso scuro troviamo la Grecia, la Romania, la Bulgaria, la Lituania, l’Estonia, la Lettonia, la Polonia, l’Olanda, la Repubblica Ceca, il Belgio e la Slovenia.
Tutti Paesi dove vengono segnalati anche tassi di vaccinazione molto bassi. Secondo i dati raccolti dall’Ecdc, la media europea della popolazione vaccinata in Europa è pari al 64,8%, mentre in Romania la percentuale è pari al 33,9%, in Bulgaria al 22,7% e in Croazia al 45%. Dall’altra parte dell’Europa, i Paesi a Ovest dell’Italia sono in buona parte gialli, come ad esempio la Francia, che ha solamente una piccola area in rosso, il Portogallo e la Spagna.
(da agenzie)

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INFERMIERI EROI? CONTINUANO A ESSERE POCHI E SOTTOPAGATI

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

DOPO QUASI DUE ANNI E’ CAMBIATO BEN POCO

OCSE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) pubblica il rapporto Health at a Glance 2021, dal quale emerge un quadro critico riguardante gli infermieri.
Giustamente acclamati come eroi per lo straordinario contributo offerto durante la pandemia di Covid, ancora oggi sono penalizzati dalle condizioni di lavoro: guadagnano poco, sono sottoposti a forte stress e hanno scarse possibilità di carriera. Non solo: l’Italia, primo Paese europeo ad essere investito dalla pandemia, è quartultimo tra i Paesi OCSE per posti a disposizione negli atenei, peggio di noi solo Messico, Colombia e Lussemburgo (ma qui gli infermieri sono il doppio di quelli italiani e guadagnano 2 volte e mezzo in più!).
In Italia solo 6,2 infermieri ogni mille abitanti
L’Italia è migliorata solo di poco rispetto agli anni precedenti: ora ha 6,2 infermieri ogni mille abitanti (+0,3), ma la media OCSE è di 8,8 e ci sono Paesi che vanno molto oltre questo rapporto: ad esempio sono 18 ogni mille abitanti in Svizzera e Norvegia, circa 13 in Germania, più di 11 in Francia e così via nei maggiori partner OCSE).
Gli infermieri sono più numerosi dei medici nella maggior parte dell’OCSE. In media, ci sono poco meno di tre infermieri per ogni medico (secondo gli standard internazionali).
Il rapporto di infermieri per medico varia da circa un infermiere per medico in Colombia, Cile, Costa Rica, Messico e Turchia (ma l’Italia è a 1,5) a più di quattro in Giappone, Finlandia, Stati Uniti e Svizzera.
Gli stipendi degli infermieri italiani sono sotto la media
Nella maggior parte dei Paesi, la crescita numerica di infermieri è stata trainata dal crescente numero di laureati in infermieristica.
Le nazioni che ne hanno di più, li hanno reclutati e formati con una serie di misure per attirare più studenti nella formazione universitaria e trattenere più infermieri nella professione, migliorando le loro condizioni di lavoro, economiche, di posizione e carriera. Health at a Glance 2021 fa anche il raffronto delle retribuzioni degli infermieri e peggio dell’Italia nella classifica dei guadagni vanno solo altre dieci nazioni sui 35 Paesi OCSE. OCSE che comunque registra una media di retribuzioni in dollari Usa a parità di potere di acquisto di oltre 48mila l’anno, mentre gli infermieri italiani sono sotto questa media di circa 10mila e ci sono comunque 16 paesi tra cui quasi tutti i maggiori partner europei e internazionali (il 46% di quelli OCSE) dove le cifre annuali superano quelle della media, superando anche i 100mila dollari/anno.
FNOPI: in Italia mancano 63mila infermieri
“La ricetta dell’OCSE prima e durante la pandemia è quella che ormai da tempo ha la nostra Federazione: servono più infermieri, più formazione, specializzazioni e possibilità di carriera, retribuzioni all’altezza del tipo di lavoro richiesto”, commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI). “In questo senso è necessario che l’operazione sia impostata su basi solide, non di facciata, lasciando spazio poi a gerarchie ormai vecchie di anni. Basi che soprattutto mettano il professionista giusto al posto giusto e considerino obsolete, inutili e dannose scelte legate a vecchi stereotipi che ormai anche a livello internazionale, come dimostra anche l’OCSE, sono rifiutati.
Sia negli ospedali che sul territorio serve una corretta e misurata politica del personale in funzione delle vere esigenze, della sua formazione, della specializzazione (e non solo dei medici) e soprattutto dello sviluppo di meccanismi già sperimentati in molte Regioni con risultati positivi replicabili sul territorio nazionale. La nostra professione è una risorsa sulla quale il ministero della Salute e le Regioni possono e devono contare in un’ottica di maggior efficacia ed efficienza del sistema. Per questo la FNOPI, che rappresenta gli oltre 456mila infermieri presenti in Italia (ma ne mancano almeno 63mila), è disponibile a dibattere e concordare seriamente e realmente, anche con altre professioni, come organizzare i servizi a domicilio, sul territorio e in ospedale secondo canoni che privilegino l’appropriatezza, la tempestività e l’immediatezza delle prestazioni. Governo, Regioni e Istituzioni ascoltino le esigenze e seguano almeno le ricette portate avanti anche a livello internazionale”.
(da agenzie)

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“IRRESPONSABILI E IPOCRITI”: DE LUCA ATTACCA SALVINI E MELONI PER LE MANIFESTAZIONI NO VAX

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

“HANNO SOFFIATO SUL FUOCO DANNEGGIANDO LA SALUTE DEGLI ITALIANI E L’ECONOMIA DEL PAESE”

Li accusa di aver soffiato sul fuoco, alimentando quell’incendio che ha provocato decine di manifestazioni contro il Green Pass nelle varie piazze italiane.
Cortei, alcuni deflagrati in episodi di violenza, che non sono solamente poco consoni alla situazione pandemica italiana (e mondiale), ma che hanno penalizzato anche moltissime attività commerciali costrette ad abbassare le saracinesche durante queste proteste.
Secondo Vincenzo De Luca, anche Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono responsabili della situazione di insofferenza che si è propagata per le strade del nostro Paese. Proprio perché per settimane (chi più e chi meno, per ovvi motivi) si è andati a solleticare quel malcontento popolare di una minoranza rumorosissima di cittadini.
“Abbiamo dovuto assistere in questi giorni a delle cose di una strumentalità vergognosa, mi riferisco agli onorevoli Salvini e Meloni – ha detto il Presidente campano nella sua tradizionale diretta Facebook del venerdì pomeriggio -. In queste settimane di manifestazioni e di cortei selvaggi, soprattutto al Nord, ma anche a Roma. Questi esponenti politici hanno fatto di tutto per ostacolare la diffusione del green pass, una polemica quotidiana contro il green pass. Adesso, di fronte alle proteste per l’aumento del contagio irresponsabile, per il danno che si sta producendo per le attività commerciali e il pericolo di arrivare alle feste di Natale con i negozi chiusi, fanno appello a che si blocchino i cortei selvaggi. C’è da vergognarsi di fronte a questi atti di irresponsabilità e poi di insopportabile ipocrisia”.
Ed è per tutti questi motivi che De Luca si dice d’accordo – ed è quasi un evento, visti i precedenti più o meno recenti – con la decisione presa dal governo e dalla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, di limitare la possibilità di manifestazioni nei centri storici. Perché, prosegue il governatore campano: “I cortei abusivi non c’entrano niente con la libertà di manifestare. Quando è a rischio la salute dei cittadini, si manifesta, ma questo dovrebbe valere sempre, nell’ambito e nei limiti fissati dalla legge o dalle disposizioni del prefetto o del questore. Mi auguro che questo fine settimana le forze di polizia vogliano intervenire con decisione nei confronti di chi viola le regole, perché davvero non se ne può più”.
(da agenzie)

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FELTRI SUI NO VAX: “MUOIANO PURE, MA NON MI CHIEDANO SOLDI PER IL FUNERALE”

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

“ME NE FREGO DELLE MANIFESTAZIONI”

Il fioretto non è la sua specialità e nella sua vita (ma anche nella sua lunga carriera da giornalista) Vittorio Feltri non ha mai parlato a mezza bocca, incappando – spesso e volentieri – in inevitabili polemiche per le sue posizioni senza filtro.
E così, anche oggi, il nome del fondatore di Libero – da qualche settimana consigliere comunale (di opposizione) a Milano – è finito al centro di una nuova attenzione mediatica per quanto detto a proposito non tanto delle manifestazioni No Green Pass, ma per quel suo pensiero sui no vax.
Intervenuto in collegamento durante l’ultima puntata di “Accordi&Disaccordi” – la trasmissione condotta da Luca Sommi, con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi, in onda sul Nove – Vittorio Feltri si è lasciato andare in questa dichiarazione parlando delle restrizioni alle manifestazioni volute dal governo e dalla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese:
“Io sinceramente me ne frego delle manifestazioni, non mi piacciono e cerco di non incontrarle. Ma poi che vuoi che me ne freghi a me. Anche se uno non si vaccina a me non importa nulla, muoia pure tranquillamente, basta che non mi faccia pagare le spese del funerale. Poi ciascuno è libero di scegliere ciò che preferisce per campare di più o campare di meno”.
Il fondatore di Libero, dunque, non stigmatizza chi sceglie di non partecipare alla campagna vaccinale, perché è una libera scelta che può essere presa a rischio e pericolo di ogni singolo no vax.
Ma lo ha detto nel suo modo, sempre affondando e mai andando di fioretto. Anche perché, come ribadito all’inizio del collegamento con “Accordi&Disaccordi”, lui sostiene che l’efficacia del vaccino sia evidente – seppur non protegga al cento per cento dalla possibilità di contagiarsi, ma è molto alta la sua copertura sulla sviluppo di una forma grave di Covid. E, soprattutto: “Non vaccinarsi significa giocare con la morte come abbiamo potuto vedere nell’ultimo anno”.
(da agenzie)

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“PROBABILE RITORNO SOPRA I 100 MORTI AL GIORNO, MA SENZA VACCINO SAREBBERO IL TRIPLO”

Novembre 12th, 2021 Riccardo Fucile

L’ANALISI DELLE CURVE COVID DELL’ISPI

Con l’arrivo dei mesi freddi la curva covid incomincia nuovamente il suo percorso verso l’alto, anche qui in Italia, dove l′83,92% della popolazione over 12 ha completato il ciclo vaccinale.
L’ultimo bollettino Covid segnava 8.569 casi e 67 vittime in 24 ore. Un dato destinato ad avanzare nelle prossime settimane, che ci fa comprendere quanto ancora siamo lontani dal definirci in una fase post pandemica.
Ma è proprio dall’analisi dei dati che arrivano le buone notizie, a conferma dell’efficacia della campagna vaccinale.
Partiamo dai primi numeri, voltando di qualche pagina il calendario: il 12 novembre del 2020 (l’oggi di un anno fa) i nuovi casi registrati erano 37.978, 636 i morti. Dieci volte più di adesso, eravamo già in piena seconda ondata.
“Arriva l’autunno anche da noi. Malgrado i vaccini nessuno si aspettava che non si sarebbe registrato un aumento dei dati nei mesi freddi”, dice ad Huffpost
Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di politica internazionale, “Sottolineiamo però che senza somministrazione anti covid si contagia quasi il triplo. I vaccini chiaramente possono fare una parte del lavoro, ma va considerato anche il fatto che in Italia siamo tornati a circolare in maniera quasi simile al 2019, molto di più rispetto allo scorso anno. Anche a fronte di questo, abbiamo un aumento delle morti, che era atteso. Le previsioni a due settimane ci che con ogni probabilità saliremo almeno a 80 decessi al giorno. Sarebbero stati almeno il triplo senza vaccini”.
Il presupposto è questo, ma confronto con l’anno scorso ora le cose vanno incomparabilmente meglio. In questo periodo, 365 giorni fa, la seconda ondata era già partita, ora si parla di una famigerata quarta che ancora non sembra però doverci travolgere.
“Nel 2020 in questo periodo il 3% di chi emergeva come caso covid, moriva. Ora siamo a poco più dell’1%. Meno di un terzo dell’anno scorso” sottolinea Villa, che preferisce non sbilanciarsi su previsioni a lungo termine.
Dati quasi certi possono essere anticipati di due settimane, andare oltre comporterebbe un azzardo. Troppe variabili, troppa incertezza per sapere già adesso quale bollettino natalizio ci attende: ”È molto probabile che si sfondi la quota 100 morti perché il trend di crescita è innegabile, ma quello che succederà da qui a un mese e mezzo non lo sa nessuno. Secondo me fare piani di viaggi non comporterà disattenderli, è probabile che l’Europa di dicembre sarà più infetta, ma è improbabile, da quel che riusciamo a vedere adesso, che saremo tutti in zona rossa. Con i vaccini è diventato praticamente impossibile fare previsioni a lungo termine. Il Regno Unito ci insegna l’imprevedibilità”.
Nel Regno Unito il numero di contagi giornalieri è alto, le morti più contenute, ma le ondate salgono e scendono senza una regola: “Insieme all’Italia, è tra i paesi più vaccinati, ma qui da noi i morti sono circa la metà. Questa è la differenza tra i due paesi vaccinati: uno ha aperto moltissimo, l’altro è stato più prudente. Ma il Regno Unito a confronto con Romania e Bulgaria, dove la percentuale di vaccinazione è bassa, va dieci volte meglio. Calcolando i morti giornalieri che si registrano in Romania in percentuale alla popolazione, è come se in Italia ne registrassimo al giorno 1200. E il picco in Italia è stato 800”.
Un grafico pubblicato dal ricercatore Ispi su Twitter mostra chiaramente come la Grecia – la peggiore tra i paesi “molto vaccinati” – abbia una curva molto più alta rispetto a quella registrata negli altri Stati dove sono state eseguite molte iniezioni anti-Covid.
Ma basta integrare nel grafico anche i paesi dove il numero delle dosi somministrate risulta molto basso, e subito l’icona della Grecia scompare nel fondo, tra le curve più basse. Sempre su Twitter, il fisico Francesco Luchetta ha evidenziato altri numeri interessati, elaborati osservando Our World in Data. La classifica dei decessi per milione di persone nella settimana tra il 4 e il 10 novembre appare quasi perfettamente capovolta se si osserva quella dei paesi con la percentuale più alta di vaccinazione. Citiamo solo i due estremi: 169 morti per milione in Bulgaria con circa il 20% di vaccinati, 4 morti per il Portogallo con circa l′88% dei vaccinati.
Un caso a parte è presentato poi dagli Stati Uniti, come ci spiega sempre Matteo Villa: “Negli Usa sembra quasi che i vaccini abbiano meno effetto, a fronte dell’avanzato numero di somministrazioni. Perché? Gli abitanti sono molto più esposti perché hanno più frequenza di obesità e diabete. Quello che ci sta proteggendo in Italia e in Europa è uno stile di vita tendenzialmente più sano”.
(da agenzie)

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