Destra di Popolo.net

LA GERMANIA TRACOLLA PER TRE ERRORI CHE L’ITALIA NON HA COMMESSO

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

SCUOLE FUORI CONTROLLO, 12.000 SOLDATI PRECETTATI… PERCHE’ L’ORGANIZZAZIONE TEDESCA STAVOLTA HA FALLITO

“Non sappiamo più come contenere il contagio nelle scuole. Nelle zone più colpite abbiamo perso il controllo della situazione”.
Fino a qualche settimana fa nessuno avrebbe mai pensato che un tedesco potesse pronunciare parole così allarmanti riguardo alla pandemia in Germania.
E invece, per il presidente dell’Associazione Tedesca degli Insegnanti, Heinz-Peter Meidinger, il dilagare del Covid-19 è ormai ad un punto di non ritorno.
La cancelliera uscente Merkel lancia un ultimo disperato appello agli 80 milioni di abitanti della Repubblica Federale: “Davanti a noi c’è un inverno durissimo. Restiamo uniti e vacciniamoci”.
Il governo ha mobilitato addirittura la Bundeswehr, le forze armate. Saranno 12 mila i soldati a supportare medici e volontari nella gestione dell’emergenza.
La Germania è in piena quarta ondata. Sono 50 mila i casi di positività che si sono registrati nelle ultime 24 ore. Oltre 230 i morti. Le terapie intensive cominciano a registrare tassi di occupazione preoccupanti.
E non c’è solo la Germania nel mezzo della nuova ondata. Secondo la mappa del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo del Contagio, l’ECDC, mezza Europa è colorata di rosso. Allerta massima.
Questa volta, però, si tratta dell’Europa del Nord. In Austria, l’aumento dei contagi nell’ultima settimana è pari all’84%. Ieri si è registrato il record di positivi giornalieri, con oltre 13 mila contagiati. Così Vienna corre ai ripari. Da mercoledì dovrebbe entrare in vigore un lockdown riservato ai non vaccinati, che in Austria sono circa il 36% della popolazione.
Nei Paesi Bassi, un mini-lockdown è già attivo. Per tre settimane, ha annunciato il primo ministro Rutte, bar e ristoranti chiuderanno alle ore 20. Le attività non essenziali già alle 18. In Europa, era da mesi che vedevamo un lockdown.
La cartina dell’ECDC parla chiaro. La preoccupazione è alta.
Ma ci dice anche altro: per una volta, i paesi mediterranei, quelli che una volta la grande finanza internazionale definiva PIIGS – l’acronimo sta per Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna – per l’insostenibilità del loro debito, hanno saputo prepararsi meglio all’inverno. E lo hanno fatto con campagne vaccinali efficaci, con numeri nettamente superiori a quelli dei paesi a nord delle Alpi, i famigerati Frugali, o paesi dell’Austerity, per continuare ad utilizzare il gergo economico-finanziario.
Oggi i virtuosi siamo noi. L’Italia, con l’84% di vaccinati a ciclo completo. La Spagna, al 79%. Il Portogallo, locomotiva d’Europa del vaccino, con l’86%.
Dieci, se non venti punti percentuali in più rispetto a Paesi Bassi (72%), Germania (67%) e Austria (64%).
Certo, nulla a che vedere con il disastro nel fianco Est dell’Unione Europea, dove si raggiunge a stento la metà della popolazione vaccinata. In Romania a malapena il 30% si è vaccinato. In Bulgaria meno di un cittadino su quattro.
È la rivincita dei PIIGS, i ‘porci’ mediterranei? “Io non la metterei così” dice al telefono con Huffington Post da Berlino Francesco D’Aniello, un ricercatore indipendente di filosofia del diritto, che scrive sulla rivista Il Mulino ed è specializzato in giustizia costituzionale e diritti fondamentali, da sempre molto attento alle differenze di approccio giuridico tra paesi mediterranei e Mitteleuropa.
“Io sono uno di quelli che prova sempre a contestare questi stereotipi. Dividere l’Europa in buoni e cattivi a seconda delle crisi non è giusto. La verità è che sui vaccini la Germania è stata rallentata da un approccio diverso da quello italiano. Si sono concentrati fin da subito sulla nascita di grandi centri vaccinali. Efficaci se pensati per effettuare grandi quantità di vaccini, ma incapaci di raggiungere tutte le fasce generazionali. In Italia questo non si è fatto. Si è data priorità all’immunizzazione dei più anziani, le vittime principali del coronavirus. Oggi vediamo gli effetti differenti, tra i due paesi, di queste due scelte organizzative”. Questione di organizzazione, quindi.
È anche vero, va detto, che in Germania il rapporto che c’è tra Stato e Cittadino è culturalmente differente. “Fino ad ora, il governo di Berlino – prosegue D’Aniello – ha avuto un approccio più liberale. Hanno detto: il vaccino è a disposizione. Chi vuole vaccinarsi, faccia pure. Chi non vuole, libero di non vaccinarsi. Amen”.
Mentalità tedesca – protestante, per dirla alla Max Weber – più orientata ad un rapporto di fiducia con i cittadini.
Una mentalità spesso considerata come modello civico inarrivabile alle nostre latitudini, ma che porta con sé alcuni rischi: “Qui a Berlino spesso si va a fiducia. Fino a qualche settimana fa, all’entrata di un locale, ti chiedevano a voce se sei vaccinato. Bastava dire di sì e ti lasciavano entrare. Senza un vero controllo”.
È lo stesso problema di cui si lamentava qualche giorno fa il Ministro della Salute tedesco, Jens Spahn. Sui controlli del Green Pass, ha affermato il Ministro, la Germania dovrebbe ispirarsi alla rigorosità italiana. Un’inversione di ruoli clamorosa, se pensiamo al passato. I tedeschi che vogliono seguire il modello organizzativo italiano. Chi l’avrebbe mai detto.
“Va precisato, però, che sebbene i controlli siano orientati ad un maggiore Laissez-faire, questo non significa che in Germania non siano in vigore misure restrittive serie” spiega D’Aniello. Da quest’estate vale la regola delle 3G – geimpft, genesen, getestet. “Per accedere all’università, dove lavoro, devi dimostrare di esserti vaccinato, di esser guarito oppure di esserti sottoposto ad un tampone negativo nelle ultime 48 ore. E lo stesso vale per i ristoranti, per i cinema”.
Ma allora perché i vaccinati sono di meno? “Tenga presente, tra i vari fattori che le sto elencando, che qui fino ad un mese fa, fare tamponi era gratis”. Un vero e proprio incentivo a non vaccinarsi. “Anzi, l’aumento dei contagi delle ultime settimane potrebbe essere dovuto anche alla malaugurata decisione di tornare a far pagare i tamponi del mese scorso. E infatti il governo ha reintrodotto il tampone gratis a partire da questo fine settimana”.
Tamponi gratis, e una campagna vaccinale non del tutto efficace verso le fasce di popolazione più a rischio, quelle anziane. Ecco le ragioni del fallimento tedesco.
Ora, la Germania dovrà vedersela – come ha detto Merkel – con un inverno molto duro. Ma Berlino vuole fare sul serio. In attesa della formazione del nuovo governo, c’è chi propone nuovi lockdown. “C’è chi addirittura auspica l’introduzione dello schema 2G Plus: per entrare al ristorante devi essere vaccinato, guarito, ed esserti anche sottoposto ad un tampone con esito negativo”.
Dal Laissez-faire all’approccio duro. Quando i tedeschi decidono di fare le cose in grande, di solito, ce la fanno. Noi mediterranei, però, non possiamo lamentarci. Qui, a sud delle Alpi, abbiamo acquisito certezze importanti nella nostra lotta al Covid: un elevato tasso di vaccinazione unito all’obbligo di Green Pass nei luoghi di lavoro. Sperando che bastino per affrontare al meglio la nuova ondata che si sta abbattendo sull’Europa.
(da Huffingtonpost)

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GIORGIA MELONI INDAGATA PER DIFFAMAZIONE AGGRAVATA, AVEVA DATO DEL “TRUFFATORE” A UN SUO ALLEATO

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

ATTESA L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE DELLA CAMERA, LA MELONI RINUNCERA’ ALL’IMMUNITA’ DELLA CASTA?

Il nome di Giorgia Meloni è stato iscritto nel registro degli indagati presso la Procura di Roma.
Come riporta Repubblica, la leader di FdI sarebbe indagata con l’accusa di diffamazione aggravata e il gip avrebbe chiesto alla Camera dei deputati di pronunciarsi per decidere se concedere l’immunità parlamentare alla leader del centrodestra.
Sotto accusa sarebbero finite le parole che Meloni ha scritto in un tweet il 2 giugno scorso sull’avvocato Fabrizio Pignalberi, ex esponente di Fratelli d’Italia in provincia di Frosinone e poi fondatore di “Movimento Più Italia”, a seguito di un servizio televisivo della trasmissione “Le Iene”.
“Non avremmo potuto immaginare che fosse un truffatore“, il commento incriminato della leader di FdI.
Fabrizio Pignalberi, avvocato, ha una lunga carriera nel centrodestra. Prima si è avvicinato al Pdl, poi a Forza Italia e, infine, prima di fondare un suo Movimento, a Fratelli d’Italia.
Proprio nel 2017, il partito di Meloni lo ha scelto come consigliere comunale di Frosinone per poi lanciarlo in una promettente carriera nel Lazio: eletto membro dell’assemblea nazionale e nominato responsabile del partito nell’area Nord della Ciociaria.
L’avvocato avrebbe permesso un patto federale tra il suo neonato Movimento e FdI, garantendo l’elezione di Nicola Procaccini all’Europarlamento e, nel 2020, di tre consiglieri regionali in Emilia Romagna e Calabria
Ma la macchina si sarebbe fermato quando all’avvocato di Frosinone sono arrivate pesanti accuse per truffe, minacce, calunnia e appropriazione indebita.
Proprio per queste vicende, Pignalberi è stato protagonista del servizio de “Le Iene”.
La presidente di Fratelli d’Italia, dopo il servizio mandato in onda, avrebbe preso quindi le distanze dall’ex collega di partito scrivendo quel tweet.
Ma sembra che quelle parole non siano state gradite da Pignalberi, che si è sentito diffamato e ha presentato una denuncia presso la stazione dell’Arma di Piglio. L’avvocato infatti da tempo rivendica il diritto di essere innocente fino a sentenza definitiva, dal momento che ha ottenuto diverse archiviazioni e assoluzioni.
Spetta alla Giunta delle autorizzazioni di Montecitorio pronunciarsi entro novanta giorni e decidere se Meloni sarà tutelata dallo scudo parlamentare.
(da agenzie)

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LE MENZOGNE DI RENZI NELLA RISPOSTA DEL DIRETTORE DE “LA STAMPA”: “NESSUNA CONDANNA E NESSUNA CAUSA PERSA CON CARRAI, E’ STATO LUI A RITIRARE LA QUERELA”

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

“L’ASSEGNO E’ DELL’EDITORE E CORRISPONDE ALLA CIFRA CONCORDATA PER LA DIVISIONE DELLE SPESE LEGALI TRA LE PARTI, IN CASO DI RITIRO DELLA QUERELA”

Constato, con mesto raccapriccio, che il senatore Renzi torna sulla vicenda di una mia presunta condanna in causa persa contro Marco Carrai, e di un mio presunto risarcimento danni versato a suo beneficio. Ne aveva già parlato a sproposito ieri sera, durante la trasmissione “Otto e Mezzo” su La7, nella quale eravamo entrambi ospiti.
Ora vedo che rilancia sui suoi social network, esibendo come “prova” un documento nel quale comparirebbero le mie “scuse a Carrai” e un mio assegno a lui intestato, con tanto di mia firma, zoomata ad arte accanto all’assegno medesimo.
È penoso, per chi fa il mio mestiere con serietà e per chi fa politica con passione, ma mi vedo costretto a precisare quanto segue:
1) Non esiste alcuna “condanna” né alcuna “causa persa” da parte mia nei confronti di Marco Carrai. Il medesimo presentò una querela per diffamazione nei miei confronti, per un mio articolo su “Repubblica” uscito nel 2016. La causa andò avanti per tre anni, e nel maggio del 2019 fu ritirata dal querelante, previa conciliazione di cui fa fede la lettera esibita dal senatore Renzi, nella quale mi limito a precisare di non aver offeso nessuno.
2) Non esiste alcun “risarcimento danni” da me versato a Marco Carrai. Dell’assegno esibito dal senatore Renzi io non conoscevo l’esistenza. Non porta la mia firma, come può vedere chiunque. Reca un importo di 3.000 euro (e già questo basterebbe a un essere umano dotato di medio buonsenso per capire che non può trattarsi di risarcimento danni). Infatti non lo è. Come può chiarire l’azienda editoriale dalla quale dipendo, e come finge di non sapere il senatore Renzi, è invece un semplice concorso alle spese legali, che le parti condividono quando una causa viene ritirata.
E questo è tutto. A dispetto di quello che continua a propalare il senatore Renzi, non ho mentito a “Otto e Mezzo” e non mento adesso. Detto questo, non posso non constatare con profonda amarezza come queste continue campagne di delegittimazione nei confronti dei giornalisti e queste vergognose manipolazioni dei fatti, operate sistematicamente dal leader di Italia Viva, stiano portando davvero la politica al grado zero della dignità e della decenza.
Massimo Giannini
(da La Stampa)

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LA REPUTAZIONE DI MATTEO RENZI

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

LA SINDROME FRUSTRATA DI UN EX PREMIER COLPITO E AFFONDATO, ALLA RICERCA DI UNA VITA PRECEDENTE CHE ORA INDOSSA COME UNO SMOKING RAFFAZZONATO

Oggi la reputazione di Matteo Renzi si misura con il terrificante inglese alla corte di Mohammad bin Salman e dei Kennedy, o con la smandrappata banda rondolina che organizza figuriamoci la “Character assassination” per “distruggere” i Cinque Stelle e il Fatto.
È la sindrome frustrata di un ex premier colpito e affondato, del vorrei ma non posso più, del lei non sa chi ero io, all’inseguimento a ritroso dello stile di vita precedente che ora indossa come uno smoking raffazzonato e che gli tira sui fianchi.
È l’ansia da io sono ancora qui che si sublima nel jet privato da 130mila euro per volare da Bill Clinton, richiesta che respinta dagli stremati amministratori di Open (“ha perso la testa”) diventa la ricerca a sbafo di un “amico riccone” che gli dia un passaggio.
La ricerca costante di una rivincita con un contesto non sempre all’altezza finisce in parodia.
Come con la tormentata, a dir poco, contabilità della fondazione. O quando si fantastica di 007 per organizzare la “contropropaganda antigrillina”.
Perfino nella commistione tra politica e affari non c’è mai la sfida sfacciata al codice penale del suo modello Berlusconi. Ma si pigola asserendo che “non c’è reato”, come se lo sputtanamento fosse tutto sommato un prezzo equo da pagare.
Simile al George Dandin di Molière, che da contadino arricchito cerca di migliorare la sua condizione sociale sposando una nobile da cui viene regolarmente cornificato, Renzi non si accorge di essere usato dai suoi nuovi compagni di strada, compreso quel tizio del car sharing, che l’ha sfruttato come spot per poi mollarlo.
Scarsa solidarietà gli giunge da Italia Viva, il partitino dell’uno virgola dove alla vigilia del si salvi chi può, e in attesa di trovare altre collocazioni, si cerca di non dare troppo nell’occhio.
Anche perché la magistratura con Open non ha ancora finito. In tanti gli ridono appresso quando si pavoneggia da gran regista del governo dei Migliori, ma lo sanno anche i muri che gli è toccato il lavoro sporco, affondare il governo Conte, ricevendo in cambio una mancia ministeriale.
Forse l’ultima cosa sincera Renzi la disse a Matrix nel 2018: “Se vuoi accettare contratti milionari non fai il politico”. Una verità che ora gli si ritorce contro ogni sera, in ogni talk. Tu l’as voulu George Dandin.
(da Il Fatto Quotidiano)

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LO SPRITZ AL CAMPARI DI DRAGHI

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

LE INDISCREZIONI SUL FUTURO AL QUIRINALE DELL’ATTUALE PREMIER

Può suonare strano che, appena uscito dalla conferenza stampa con Macron, Merkel e i vertici della Libia, Draghi si sia fermato a scherzare su un tema scivoloso come il suo destino tra Palazzo Chigi e il Quirinale.
E può sorprendere che il premier lo abbia fatto distillando nello stesso metaforico bicchiere il suo aperitivo preferito, le bizze del barista sotto casa e l’umore di sua moglie Serenella.
È da qui che bisogna partire per capire la non-strategia del capo del governo sulla partita che più agita i partiti e tormenta gli inquilini di Palazzo Chigi.
La premessa è l’intervista che il titolare del bar Pagaroma, che si trova di fronte alla maison di Draghi, ha rilasciato a Un giorno da pecora. I conduttori chiedono ad Antonio Proietti se il premier farà il capo dello Stato e il barista risponde con la confidenza che gli avrebbe fatto la consorte del presidente, Maria Serena Cappello: «Mi ha detto che sì, sicuramente suo marito farà il presidente della Repubblica. Me lo ha detto un po’ sconsolata, perché saranno molto impegnati. Di solito stavano sempre a Città della Pieve, ma andando al Quirinale sarà più complicato».
È alla «rivelazione» del barista che Draghi risponde sul tappeto rosso, un minuto dopo aver salutato Macron, davanti alla sagoma art déco della Maison de la Chimie: «Io al Quirinale? Guardi, le dico soltanto che non ho mai bevuto spritz all’Aperol, non mi piace proprio – risponde il premier ridendo di gusto – L’ho sempre preso al Campari». Ma andrà al Colle o no? «Sul resto mi han spiegato che è tutta una montatura del giornalista». Però bella, come montatura… «Beh, insomma!».
E qui Draghi, tra il perplesso e il divertito, augura buon lavoro e sale in auto, magari ripensando alle parole del «suo» barista: «Prima di diventare premier, Draghi veniva per colazione e anche a fare l’aperitivo, gli piace lo spritz Aperol, a volte ne beveva anche un paio, insieme ai classici stuzzichini».
E qui tutto torna, qui si capisce che nella formula a bassa gradazione alcolica e ad alto tasso politico usata da Draghi non c’è nulla di casuale.
Lui non dice che al Colle non vuole andarci né che intende andarci e lascia che il dilemma resti tale. Il silenzio che sta assordando i partiti sembra destinato ad aumentare, almeno fino a Natale.
Raccontano fonti di governo che Draghi non abbia ancora preso una decisione e non batterà un colpo prima che sia stata approvata la legge di Bilancio. Solo a quel punto si porrà formalmente il tema di un patto di sistema che salvi la legislatura, si confronterà con il presidente Mattarella e con i segretari delle forze politiche.
Se fino ad allora eviterà di rispondere nel merito e lascerà correre ricostruzioni di ogni sorta e colore, è perché non vuole concorrere al caos, non vuole partecipare al gioco di chi non si fa scrupoli di minare la stabilità del Paese.
Non ha smentito la suggestione di Giorgetti, che lo vedrebbe sul Colle più alto per inaugurare un «semipresidenzialismo di fatto» e non ha reagito ai retroscena che lo descrivono irritato per l’atteggiamento dei partiti.
A sentire i collaboratori del premier, l’ira di Draghi verso le mosse in ordine sparso di Conte, Salvini, Letta e Berlusconi è «tutto gossip».
Semmai, il presidente è preoccupato per lo scarso senso di responsabilità mostrato dalle forze politiche su un tema istituzionale delicato e cruciale. «Se tutto va in malora, ad agosto la Ue non ci darà la seconda tranche di miliardi legati al Pnrr», è il timore di un ministro, che invita a mettere a fuoco lo scenario di un Parlamento balcanizzato e di un voto segreto in mano ai franchi tiratori: «Se troppe votazioni per eleggere il capo dello Stato vanno a vuoto, la maggioranza di Draghi non c’è più e si va a votare».
Con il virus che ha ripreso a correre l’Italia ha bisogno di stabilità, non di lotte intestine tra i partiti. Questo il pensiero fisso del presidente, la cui bussola è il Pnrr e non il suo trasloco al Quirinale.
Non è mai successo che un premier si sia candidato a capo dello Stato e non sarà certo lui il primo. Non farà il regista di se stesso, non ha in mente altra strategia che non sia «fare l’interesse del Paese». Ma cercherà di impedire che le forze politiche, continuando a procedere in ordine sparso, buttino sul tavolo di Palazzo Chigi il risiko del Quirinale.
(da Il Corriere della Sera)

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FLOP DELLE MANIFESTAZIONI NO VAX: QUELLI “CHE NON MOLLANO MAI” SE LA SONO GIA’ FATTA ADDOSSO

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

QUALCHE TENSIONE SOLO A MILANO, NUMERI IRRILEVANTI NELLE ALTRE CITTA’… E DA DOMANI LIBERI DI CONTAGIARE ALTRE PERSONE INNOCENTI

Le manifestazioni No Green pass sono già finite in diverse città italiane. Non si sono registrate tensioni particolari, tranne che a Milano. In piazza Duomo infatti i manifestanti sono riusciti a entrare nell’area vietata pass dopo aver aggirato il cordone delle forze dell’ordine utilizzando diverse vie laterali confusi con i milanesi impegnati nello shopping del sabato pomeriggio.
La piazza più importante del capoluogo lombardo doveva essere off limits secondo le disposizioni del Comitato di ordine pubblico cittadino che aveva deciso di chiudere a qualsiasi evento non autorizzato fino al 9 gennaio.
Qualche momento di tensione ha portato le forze dell’ordine anche ad allontanare un paio di persone. Nel frattempo Polizia e Carabinieri hanno cinturato la piazza isolando i manifestanti.
“Il dispositivo organizzato dalla Questura di Milano è riuscito ad isolare e cinturare in piazza Duomo i manifestanti più facinorosi che intendevano partire per l’ennesimo corteo. Non si registrano problemi in alcuna altra area cittadina”.
Il residuo del corteo, circa 200 persone sparse e disorganizzate, è rimasto nella piazza confinato in un’area circondata da un cordone delle forze dell’ordine per evitare l’ingresso alla Galleria Vittorio Emanuele, per poi defluire.
A Torino circa 3mila persone si sono date appuntamento per protestare in piazza Castello, l’unico luogo del centro di Torino non interdetto alle manifestazioni dopo la stretta decisa dal Viminale perché considerato “luogo cittadino connotato da una maggiore valenza simbolica per la comunità”.
I manifestanti si sono mossi rispettando l’interdizione della Ztl centrale. “Nessuno può fermare il popolo unito” ha sostenuto Marco Liccione del gruppo La Variante Torinese. “Gli insensati tentativi di Palazzo Chigi, di opprimere il legittimo dissenso, sono falliti. I sit- in proseguiranno a oltranza fino a quando il Governo non eliminerà l’obbligatorietà, in Italia, del Green pass e Mario Draghi non si dimetterà insieme a tutto il suo esecutivo”.
A Roma sono stati circa quattrocento, secondo una stima della Questura, i manifestanti a Circo Massimo per il sit-in contro il Green pass. Alla manifestazione erano attese 1500 persone. “La gente come noi non molla mai” uno degli slogan intonati dai partecipanti. Sul palco sono arrivati anche studenti universitari. “Proteggiamo i nostri sogni – ha detto uno studente – non dobbiamo avere paura”. La manifestazione è già conclusa.
È terminata con una sola denuncia, al momento, la manifestazione che si è tenuta in forma statica, come prescritto dalla questura, al Parco Europa di Padova. “Nel corso del deflusso, un manifestante ha contestato con veemenza la presenza della Polizia a presidio di uno dei varchi del Parco d’Europa – dice una nota della Questura – È stato identificato ed allontanato dagli agenti in servizio e sarà segnalato all’autorità giudiziaria”.
La Polizia rileva però un’altra criticità della manifestazione, ossia l’assenza quasi totale di mascherine e di distanziamento, così come era stato prescritto dall’ordinanza del sindaco: “In merito sono in corso specifiche attività – spiega la Questura – anche basate sull’analisi delle immagini dell’evento, che porteranno alla contestazione delle previste violazioni amministrative a carico di promotori e partecipanti alla manifestazione”.
A Pistoia circa 150 persone si sono riunite, in piazza Duomo, alla manifestazione “per i diritti, dignità, libertà di scelta”, promossa dai No Green pass. La manifestazione si è svolta ‘in forma statica’, con un presidio stanziale, così come disposto dalla prefettura, a seguito della riunione dei giorni scorsi del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, nel rispetto delle disposizioni sulla sicurezza e sul distanziamento sanitari. Non ci sono stati disordini. Rispetto a precedenti manifestazioni promosse a Pistoia dai No Green pass, l’iniziativa di oggi ha visto un calo dei partecipanti (in altre occasioni erano stati circa 300), forse anche a causa del maltempo.
A Gorizia “la manifestazione si sta svolgendo in maniera regolare e rispettando le rigide prescrizioni che erano state impartite agli organizzatori” ha riferito all’Ansa il prefetto di Gorizia, Raffaele Ricciardi, presente nella zona dove sta sfilando il corteo “No Green pass” al quale partecipano poche centinaia di persone.
“Tra i manifestanti si notano le mascherine indossate – ha osservato – e ci sono anche gli steward volontari che stanno indirizzando i partecipanti. Le forze dell’ordine osservano lo svolgersi pacifico del corteo e dell’assemblea pubblica al parco. Per ora la situazione non desta alcun tipo di preoccupazione anche grazie ai dispositivi di sicurezza per tutti i cittadini che sono stati messi in campo”.
A Novara alla manifestazione con una settantina di persone c’è anche Giuy Pace, l’infermiera ideatrice del corteo con i manifestanti travestiti da deportati nei lager
Nella città piemontese è andata in scena anche una performance teatrale con i manifestanti bendati e imbavagliati. Ognuno dei partecipanti si è poi liberato gridando una parola come libertà, verità, coraggio.
Gli agenti di Polizia nel corso della manifestazione a Napoli in Piazza Dante, hanno invitato alcune persone che non avevano la mascherina ad esibire i documenti. Gli organizzatori dal palco hanno invitato i manifestanti alla calma assicurando assistenza per contestare eventuali sanzioni amministrative che dovessero essere notificate.
“Trieste chiama, Cagliari risponde” è uno degli striscioni esposti dai no vax e dai no green pass alla manifestazione in piazza Garibaldi, la prima nel capoluogo sardo dopo le restrizioni del Governo su cortei e mobilitazioni. All’appuntamento, meno affollato del solito, circa 200 persone. Trombette, striscioni, ma anche un minuto di raccoglimento per protestare pacificamente. I partecipanti hanno tenuto in alto un lungo filo.
(da agenzie)

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ISS: “DOPO 6 MESI DALLA SECONDA DOSE, LA PROTEZIONE DAL CONTAGIO SCENDE AL 50%”

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

I RICOVERI TRA I NON VACCINATI SONO 7 VOLTE PIU’ ALTI RISPETTO AI VACCINATI

Dopo i 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale “si osserva una forte diminuzione dell’efficacia vaccinale nel prevenire le diagnosi in corrispondenza di tutte le fasce di età. In generale, su tutta la popolazione, l’efficacia vaccinale passa dal 76% nei vaccinati con ciclo completo entro i sei mesi rispetto ai non vaccinati, al 50% nei vaccinati con ciclo completo oltre i sei mesi rispetto ai non vaccinati”.
Lo rileva l’Istituto Superiore di Sanità nel report settimanale esteso pubblicato oggi.
Sempre in calo, ma meno evidente, la protezione dopo 6 mesi dalla malattia severa: “Si osserva, infatti, una decrescita dell’efficacia vaccinale di circa 10 punti percentuali, in quanto l’efficacia per i vaccinati con ciclo completo da meno di sei mesi è pari al 92% rispetto ai non vaccinati, mentre risulta pari all′82% per i vaccinati con ciclo completo da oltre sei mesi rispetto ai non vaccinati”.
Quanto ai ricoveri, quelli tra i non vaccinati sono 7 volte più alti rispetto ai vaccinati da meno di sei mesi e 6 volte più alti rispetto ai vaccinati oltre sei mesi. Tra gli over 80, infine, i decessi tra i non vaccinati sono 10 volte più alti contro i vaccinati entro sei mesi e 6 volte più alti contro i vaccinati da più di 6 mesi.
(da agenzie)

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GHALI: “NESSUNA PACE TRA ME E SALVINI, HO FIRMATO LA MAGLIA PER SUO FIGLIO NELLA SPERANZA CHE DIVENTI DIVERSO DA LUI”

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

IL RAPPER SPIEGA CHE IL LEGHISTA DEVE PRIMA FINIRLA CON LA SUA POLITICA RAZZISTA

Ghali-Salvini non è pace fatta. Il rapper di origini tunisine nega che dopo lo scontro allo stadio San Siro durante il derby milanese dove entrambi erano a tifare Milan abbiano fatto pace, come aveva detto il leader leghista. Anzi parla di “bugia mediatica”.
E afferma di aver firmato quella maglia solo perché sapeva sarebbe finita al figlio di Salvini, un suo fan.”Ho firmato quella t-shirt solo perché sapevo che sarebbe finita a suo figlio, essendo mio fan, nella speranza che un giorno, crescendo, potrà farsi delle domande e avrà voglia di vivere in un’ Italia diversa da quella voluta da suo padre. In fondo anche io ho preso delle scelte diverse da mio papà, so che può succedere”.
E scrive su Instagram: “Sono andato allo stadio per tifare la mia squadra del cuore, lo stesso cuore che mi ha portato ad agire d’impulso.Non ho assolutamente fatto pace con Salvini e non mi sono mai pentito delle parole che gli ho detto durante il derby”. E continua: “Io sono per la pace, ma pace non si può fare con chi ogni giorno fa guerra ai più deboli portando avanti politiche razziste e di odio, con chi fa soffrire e morire la mia gente. La pace si farà quando ammetterà i propri errori, quando risponderà delle sue azioni, quando racconterà la verità al suo popolo e smetterà di creare disinformazione, usando l’immigrato come capro espiatorio dei problemi dell’Italia”.
Ghali, nato a Milano il 21 maggio 1993, ha formato la sua prima band nel 2011 cominciando a farsi notare.
I suoi genitori sono tunisini, suo padre è finito in carcere quando lui era solo un bambino e sua madre lo ha cresciuto completamente da sola.
A sua mamma, che si chiama Amel, il rapper ha dedicato il suo primo singolo, con cui è ritratto in copertina. Sempre un po’ ribelle fin da bambino anche oggi non esita a dire la sua sui modi del leader leghista: “È questa la vera violenza, non una verità urlata in faccia. Ora dice che mi offrirebbe un caffè, ma allo stadio ha cercato di farmi cacciare dal mio posto invano. La mia non è politica, è pre politica, si parla di umanità. I miei non sono insulti, sono solo l’ennesima segnalazione”.
(da agenzie)

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IL SINDACO LEGHISTA LICENZIA L’ASSESSORE NO VAX BECCATO ALLE PROTESTE DI TRIESTE

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

“SENZA GREEN PASS NON PUO’ LAVORARE”

Gianfranco Salvatore, assessore alle Politiche sociali del comune di Casalmaggiore, nel Cremonese, era stato pizzicato nei giorni scorsi dalle telecamere del Tg3 senza mascherina durante la manifestazione No Green pass di Trieste, generando non poco malcontento e imbarazzo nella giunta comunale guidata dal leghista Filippo Bongiovanni.
E dopo giorni di discussioni in consiglio comunale, non essendo arrivate le dimissioni spontanee, il sindaco di Casalmaggiore ha deciso di revocare l’incarico all’assessore contrario alla certificazione verde (definita «uno strumento ricattatorio usato dallo Stato per metterti comunque in un angolo, un grimaldello con cui lo Stato ti può togliere la libertà», ndr), e alla vaccinazione anti-Covid. «Non essendo vaccinato e non sottoponendosi a tampone non può svolgere con efficacia e puntualità il suo compito: per questo, in accordo con la maggioranza, ho deciso di revocargli la delega», ha annunciato oggi, 13 novembre, il sindaco del comune nel Cremonese. Bongiovanni ha poi assicurato che la prossima settimana verrà nominato un sostituto. Non è la prima volta che l’ormai ex assessore Salvatore finisce al centro di polemiche. Lo scorso settembre, al termine di una seduta del consiglio comunale, l’ex assessore alle Politiche sociali aveva sostenuto che l’eliminazione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali non fosse basata su dati scientifici.
(da agenzie)

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