Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile SALVINI E MELONI SI CONSEGNANO A BERLUSCONI CHE DIVENTA IL VERO KINGMAKER DEL QUIRINALE E CHE ORA POTRA’ DECIDERE SE CANDIDARSI O INTESTARSI LA MEDIAZIONE… E SE SI SCHIANTA, SI SCHIANTA ANCHE CHI LO HA INDICATO
Tecnicamente, un limpido atto di sottomissione il comunicato con cui, al termine
del vertice, si indica in Silvio Berlusconi per “autorevolezza”, “esperienza”, vita, opere e miracoli, il candidato del centrodestra per il Quirinale, gli si assicura sostegno e gli si chiede – proprio così: gli si chiede – di “sciogliere positivamente la riserva”.
Mica male: chi sognava di fare la Le Pen italiana, mettendosi all’opposizione di Draghi per rubare voti a Salvini sognando palazzo Chigi; chi si voleva annettere Forza Italia e andò al governo con i grillini, lei che in Europa è con i conservatori, lui che è con i sovranisti, quelli che evitavano pure le foto col vecchio leader, insomma una coalizione dove ognuno fa quel che vuole, non ce la fanno a dire no, sia pur con mille retropensieri.
E non solo dicono sì, ma si consegnano letteralmente a Berlusconi.
Chi perché ha fatto il ministro, chi perché ne teme giornali e tv, chi per rispetto, chi per tanti fattori, il prodotto non cambia.
Attovagliati a Villa Grande come ventisette anni fa ai tempi della discesa in campo Fini e Bossi erano attovagliati a palazzo Grazioli o ad Arcore o alla Certosa, nell’Italia del Covid e del governo di emergenza mettono in campo la candidatura del leader più divisivo, riconoscendolo come leader a dispetto del consenso, delle premesse e delle conseguenze.
Perché – è chiaro – semmai dovesse essere, Draghi salterebbe in un minuto, altro che governo di tutti anche senza Draghi, fantasia delle ore pari di Salvini che nelle ore dispari si piega al Cavaliere.
E nei prossimi giorni, di fronte alle telecamere e nelle interviste, dovranno stamparsi un sorriso sulle labbra e dire che sì, il Cavaliere è il miglior candidato a garante della Costituzione nell’Italia del 2022, anche se pensano il contrario e ritengono, e forse sperano, che non passerà nel voto segreto. E difendere la posizione assunta, fino a nuova decisione.
Chapeau a Silvio Berlusconi che, al giro di tavolo, conoscendo bene dove volevano andare a parare i due giovanotti – “sei sicuro di avere i numeri?” – ha rovesciato la frittata, come se si stesse concedendo: “Io posso anche mettermi in gioco, però siete voi a dovermi dare garanzie sui numeri e sul vostro leale sostegno”.
Insomma, parlate ora o tacete per sempre. Abilissimo attore, si è pure concesso il lusso di esprimere delle perplessità, consapevole della difficoltà dell’impresa, senza il tono di chi vuole imporre alcunché.
Salvini qualcosa l’ha detta: “Noi ti sosteniamo, però lo sai, la garanzia al cento per cento non c’è. Sai, i parlamentari che non vengono ricandidati, il voto segreto”. L’altra più taciturna. Il più perplesso il sindaco di Venezia Brugnaro, sempre nei limiti del consentito.
L’impegno scaturito dal vertice è quello di fare una verifica accurata dei numeri per rivedersi giovedì perché il Cavaliere – chapeau di nuovo – incassata la sottomissione e, con essa il rinnovato ruolo di padre-padrone del centrodestra, a questo punto non ha fretta. E per questo scioglierà la riserva all’ultimo momento utile.
Insomma, un primo risultato lo ha incassato rispetto a una candidatura alla quale non credeva nessuno, anche tra i suoi, con Salvini che solo un paio di giorni fa parlava di “piano b”, l’altra che ha organizzato la festa di Atreju per proporsi come regista dell’operazione Draghi.
Tutti gli aspiranti kingmaker di giornata, della prima o della quinta chiama, si trovano, come l’intendenza, a seguire. Perché, a questo punto, il vero kingmaker è Berlusconi, che ha in mano “piano a” e “piano b”. Il quale può non sciogliere la riserva e cambiare schema, può accettare e andare alla conta, può accettare e, solo a quel punto, intestarsi una mediazione.
Già stasera, se dicesse “grazie a tutti per il sostegno, amici e alleati del centrodestra che ho creato in Italia e si è dimostrato così compatto e leale, ma da statista qual sono e quale mi avete riconosciuto di essere faccio un passo indietro perché, pur avendo le mie buone ragioni, credo che in questo momento serva la convergenza di un ampio arco di forze del Parlamento attorno alla figura di Mister x”, se dicesse tutto questo probabilmente Mister x passerebbe in un minuto, con un senso di liberazione collettiva.
Si è messo cioè in una condizione di centralità politica. Che certo non è per sempre, ma dipende dalla prossima mossa. Se tira dritto e viene impallinato è un conto, perché gli direbbero “l’atto di fede l’abbiamo fatto, ora tocca a noi”, se fa una strambata riesce magari a portarseli dietro.
Però sempre da lì si passa perché poi Berlusconi è Berlusconi e, se non ci fai i conti, passa al muoia Sansone con tutti i filistei.
Chi l’avrebbe mai detto, ironia della sorte, che dopo il comunicato di oggi quasi quasi i baldi giovani devono sperare che ce la faccia, altrimenti sarebbe uno scacco drammatico per tutto il centrodestra.
Beh, se si schianta si schianta anche chi lo ha indicato. O no?
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile “POSSIBILE CHE NON TI VENGA IN MENTE UNA IDEA VALIDA?“
Certe sue sparate di Matteo Salvini mi lasciano interdetto. Adesso predica la necessità di reintrodurre la leva obbligatoria per i giovanotti. Che personalmente mi è toccato subire nel 1964, quando avevo 21 anni.
Fui costretto a recarmi a Orvieto, in una caserma disadorna dove l’accoglienza non era affatto improntata a gentile ospitalità. Camerate enormi e piene di brande, una folla di reclute vocianti e prive di buona educazione. Intendiamoci, tutta roba sopportabile a quei tempi. Per dirne una, la mattina ci servivano il caffè prelevandolo da un secchio con un mestolo. Una bevanda disgustosa.
Le giornate trascorrevano in un clima da incubo, marce e marcette prive di senso, caporali e sergenti maleducati e arroganti, sempre pronti a insultare noi marmittoni. Ogni tanto dal terzo piano qualcuno si lanciava in cortile, i suicidi erano all’ordine del giorno. Per fortuna sfruttando la mia attitudine ruffiana riuscii a farmi trasferire in fureria, un ufficio retto da un maresciallo, dove in pratica non facevo nulla.
Mi toccò solo in una circostanza andare al poligono di tiro per lanciare un paio di bombe a mano col terrore che mi scoppiassero tra le dita.
Poi, essendomi sottoposto con successo ai test attitudinali, mi trasferirono a Roma, ministero della Difesa, alle dipendenze di un colonnello a cui facevo da segretario, una attività non certo intensa. Per quattordici mesi ho fatto l’impiegato mica tanto di concetto. Scrivevo lettere finalizzate a far ottenere al mio ufficiale una promozione in vista del suo pensionamento. Alle ore 14 finiva il servizio, pranzavo alla mensa, poi ero libero fino alle 24. Una rottura di balle incredibile.
Ecco, questa la mia naia, durante la quale per fortuna ho studiato. Ma oggi mi chiedo a cosa sia servita la mia permanenza nei Granatieri di Sardegna, quindici mesi lordi senza fare nulla di militare?
E oggi, a distanza di oltre 50 anni, sento dire da Salvini che sarebbe opportuno ripristinare la leva obbligatoria. Mi sembra una tale scemenza da non meritare di essere presa in considerazione neanche come scherzo.
Caro Matteo, ma cosa ti viene in mente? Se pensi sia utile spedire i ragazzi in caserma a fare i cretini, mal pagati e mal nutriti, per un anno e forse più vuol dire che non hai capito niente di ciò che serve ai giovani per essere maturi, pronti ad affrontare la vita e una eventuale e improbabile guerra.
Possibile che non ti venga in testa una idea valida allo scopo di migliorare la preparazione della gioventù italiana? Leggo nella tua biografia che anche tu hai indossato una divisa e hai dovuto sopportare le angherie di sottufficiali e ufficiali, ma se non hai capito che le vessazioni subite servono solo a farti incazzare, significa che hai vissuto e vivi in un mondo di matti. Datti una calmata.
Vittorio Feltri
(da Libero)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile SGARBI PARE CARLO VERDONE IN UN SACCO BELLO
Nell’intramontabile commedia all’italiana della politica, Vittorio Sgarbi che scorre
l’agenda dello smartphone per raccattare voti per la presidenza Berlusconi (“questo è incerto, Silvio, chiamiamolo”) è preciso sputato a Enzo-Carlo Verdone di Un sacco bello.
Quello con l’armamentario di penne a sfera e calze di nylon che cerca un compagno di viaggio per recarsi in Polonia a cuccare (“Pronto Amedeo? Ciao sono Enzo… no Renzo, Enzo! Se te ricordi ce siamo conosciuti due o tre mesi fa al distretto… io ero quello che stava dietro de te con una maglietta de spugna, girocollo… tipo mare”). Così, nell’impatto con la strepitosa pagina imperial promozionale con vista Quirinale, dal titolo “Chi è Silvio Berlusconi”, pubblicata dal Giornale (i famosi valori della famiglia), leggendo il punto primo (“ è una persona buona e generosa”) torna in mente il Pietro Ammicca di Gigi Proietti.
Ora, non per pensare sempre male, ma con l’autocandidato all’affannata ricerca di voti in Parlamento quella generosa bontà appare così sperticata e ammiccante da ricordare un altro celebre cimelio patrio.
L’incipit della risposta di un Caltagirone alla telefonata di Franco Evangelisti, braccio destro (piuttosto prensile) di Giulio Andreotti: “A Fra’ che te serve…?”. Ma in quella commossa lista di benemerenze firmata “Forza Seniores” (la casa di riposo di Forza Italia) – e infatti scolpita sulla carta come una lapide commemorativa – si segnala anche il punto tre: “Un amico di tutti, nemico di nessuno”.
Da leggere in stretta connessione logica con il punto uno, talché il senso compiuto ricavabile sembra tanto ricordare ai Grandi elettori di cielo, di terra e di mare il principio evangelico del bussate e vi sarà aperto, del chiedete e vi sarà dato.
Tutto fa Colle, perfino il trentennale del Tg5 che il direttore di Libero, Alessandro Sallusti, celebra come (insieme alla Mondadori) prova provata dell’assoluta libertà di pensiero garantita dall’uomo di Arcore, che giammai potrebbe essere “un presidente fazioso e di parte”.
Mettiamoci, infine, nei panni dei tanti clientes, a libro paga dell’ex Cavaliere (famigli, alleati, onorevoli, giornalisti, ecc.), tafanati dalla batteria di simil Sgarbi addetti alla bisogna (“carissimo, ho qui accanto a me il presidente Berlusconi che vorrebbe salutarla”). Un pressing tambureggiante che ne ricorda un altro, quello di Mario Carotenuto in Febbre da cavallo: “…halò? Telefono a proposito di quella cosuccia… di quella cambialetta…”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile INDICAZIONI DEL GOVERNO NON CHIARE
Gestire un’emergenza sanitaria non è un gioco da ragazzi, si sa. Forse, però, a due
anni di distanza dall’inizio della pandemia ci si aspettava qualcosa di più dal governo Draghi. Non fosse altro perché arrivato in pompa magna, con uno schieramento di forze straordinarie e soprattutto con l’arrivo dei vaccini. I giornali parlavano di un premier che “ha salvato l’Europa dalla rovina economica” e che avrebbe dovuto “salvare anche l’Italia”.
E invece ci troviamo ancora a fare i conti con il virus e con misure che gli italiani fanno fatica a comprendere.
Secondo il sondaggio Euromedia Research per La Stampa, infatti, oltre il 60% degli intervistati ritiene “non chiare” le indicazioni del governo su quel provvedimento. Alessandra Ghisleri, che dirige l’istituto, sottolinea che “gli italiani sono stati piuttosto stupiti dalla rapidità con cui sono tornati a crescere i contagi nel nostro Paese”.
E a rimetterci non è tanto la fiducia nei vaccini e nella loro efficacia, ma il “totale cambiamento rispetto all’approccio risolutivo di un anno fa, quando il vaccino era ancora solo per pochi eletti” scrive Ghisleri.
“Si è attribuita – continua a spiegare – una fiducia nel combinato vaccino-Green Pass-distanziamento e mascherine. Un trend positivo che è durato per alcuni mesi, anche con i complimenti delle istituzioni internazionali. Fino ad autunno inoltrato il governo ha sempre preso iniziative risolute per arginare la pandemia, eppure una nuova variante arrivata dal Sud Africa ha messo in crisi tutte le certezze”. Insomma la sensazione nei cittadini è che stiamo punto e capo.
Ma anche la Fondazione Gimbe ritiene che la politica sanitaria del governo Draghi lasci un po’ a desiderare.
“Le elevate coperture vaccinali – dichiara il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta – ammortizzano in maniera rilevante l’impatto della circolazione virale sui servizi ospedalieri. Tuttavia, l’enorme quantità di nuovi casi in continua crescita sta progressivamente saturando gli ospedali sia perché incontra una popolazione suscettibile troppo numerosa (2,2 milioni di 0-4 anni non vaccinabili, 8,6 milioni di non vaccinati e oltre 15 milioni in attesa della terza dose)”, sia, “in misura minore”, per la capacità delle variante Omicron di bucare le difese immunitarie fornite dal vaccino.
Nella settimana dal 3 al 9 gennaio 2022, riporta il monitoraggio (leggi l’articolo), ci sono stati 483.512 nuovi vaccinati, +62,1 per cento rispetto ai 298.253 della settimana precedente. L’aumento ha però riguardato in particolare la fascia 5-11 anni (+53,3 per cento) e quella 12-19 (+65,5 per cento), “mentre la recente introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 al momento non ha sortito grandi effetti, visto che in questa fascia anagrafica i nuovi vaccinati sono solo 73.690“.
Insomma questo obbligo ha fatto un buco nell’acqua. Numeri alla mano all’11 gennaio – spiega Gimbe – rimangono 8,61 milioni di persone senza nemmeno una dose di vaccino: 2,98 milioni appartengono alla fascia 5-11 anni, oltre 800mila alla fascia 12-19 e 2,21 milioni sono over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione. “Ci troviamo in una fase estremamente critica della pandemia – conclude Cartabellotta – in cui distorte narrative ottimistiche appannano l’insufficienza delle misure per rallentare la curva dei contagi e sottovalutano i rischi per la salute delle persone e per l’economia del Paese.
L’ingente numero di nuovi casi sta determinando la progressiva saturazione degli ospedali, con limitazione degli interventi chirurgici programmati e la riduzione delle capacità assistenziali, anche perché il personale sanitario è ormai allo stremo. In secondo luogo, l’enorme numero di persone positive sta progressivamente paralizzando numerosi servizi essenziali. Infine, a meno di “iniezioni” di posti letto dell’ultim’ora o di modifica dei criteri per classificare i pazienti Covid ospedalizzati, entro fine mese numerose Regioni andranno in zona arancione e qualcuna rischia la zona rossa”.
(da La Notizia)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile ECCO LA LISTA DEGLI IMPROPONIBILI PER IL QUIRINALE
Un assembramento per il Colle. Tutti a scrutare il Palazzo più alto, nel senso
istituzionale, della Repubblica italiana. E nelle ambizioni c’è la carica degli improponibili, capitanati da Silvio Berlusconi, condannato e tuttora imputato, che ambisce a diventare il Presidente della Repubblica, quindi anche capo del Consiglio Superiore della Magistratura.
Una perfetta commedia all’italiana, altro che «il profilo alto» chiesto da ogni leader. Ma non è che gli sfidanti siano granché migliori.
Basti pensare all’outsider Paola Severino, madrina della legge sulla prevenzione alla corruzione che le ha conferito un surplus di credibilità. Ma che, da avvocata dei poteri forti, innescherebbe un corto circuito: da legale che sfida i magistrati a capo del Csm. Si diceva che in pole position degli improponibili non può che esserci il fondatore di Forza Italia, che nel suo cursus honorum vanta addirittura una sentenza di colpevolezza, con una pena di 4 anni, per frode fiscale.
Al netto dei mille conflitti di interessi, Berlusconi ha esultato per l’assoluzione nel Ruby ter a Siena. Sono però ancora in corso i processi di Roma e Milano, giudicati i filoni principali. E, come se non bastasse, l’imprenditore Gianpaolo Tarantini è stato condannato per aver reclutato delle escort da portare a casa dell’amico Silvio. Una condotta tutt’altro che impeccabile in vista dell’ascesa al Colle.
Meno scandaloso è sicuramente il percorso politico di Letizia Moratti, oggi vicepresidente e assessora al Welfare della Regione Lombardia. Eppure nel suo curriculum c’è la condanna della Corte dei Conti per danno erariale nell’ambito delle “consulenze d’oro” al Comune di Milano risalenti al 2007.
Allora, da sindaca, elargì lauti stipendi a vari collaboratori: un milione e 900mila euro per incarichi non dirigenziali, a cui si sommò la cifra di un milione destinata agli addetti alla comunicazione. Moratti ha così dovuto dare un risarcimento di 591mila euro.
Le sue prodezze sono comunque antecedenti all’esperienza da sindaca. Il suo nome è infatti nella storia per la riforma della Scuola e dell’Università che ha portato a compimento l’opera di precarizzazione dei ricercatori e i tagli degli insegnanti, nel solco dell’indebolimento complessivo dell’istruzione pubblica.
Un’altra donna di centrodestra è la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, finita al centro delle polemiche per l’uso allegro dei voli di Stato.
Nel suo percorso professionale spicca la fedeltà totale a Berlusconi, per cui è anche andata ad “assediare” il Tribunale di Milano, quando il leader forzista era stato convocato per l’udienza del processo Ruby. Che per Casellati, come tanti altri berluscones duri e puri, era «la nipote di Mubarak».
Ma l’elenco degli improponibili non comprende solo nomi graditi al centrodestra. Resta in piedi la candidatura di Giuliano Amato, il collezionista di pensioni per un totale di 31mila euro. Una cifra a cui si arriva sommando i 9mila euro di vitalizio e i 22mila di assegno previdenziale, relativo al lavoro da docente e da presidente dell’Antitrust.
Lui ha sempre respinto ogni critica, sostenendo di versare una parte, quella del vitalizio, in beneficenza. Di sicuro non ha fatto beneficenza agli italiani quando, nel 1992, da presidente del Consiglio, impose un prelievo forzoso dello 0,6 per cento sui conti correnti con la motivazione di voler salvare i conti pubblici.
Tra gli evergreen c’è Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera e storico alleato del centrodestra berlusconiano, con la sua Udc. Terminato il mandato, si è gradualmente allontanato dagli alleati, fino a lasciare il partito centrista che aveva fondato, abbracciando la causa del referendum costituzionale voluto da Matteo Renzi. La parabola trasformista si è chiusa nel 2018, quando l’ex “rottamatore” lo ha candidato nelle liste del Pd, di cui è oggi senatore.
E che dire poi di Marta Cartabia, prima donna a diventare presidente della Corte costituzionale? Negli anni alla Consulta non sempre ha brillato di luce propria. Come quando bocciò la legge Fini-Giovanardi sul consumo di droga, favorendo però il ritorno al regime previgente, più severo.
(da TPI)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile QUESTO NELL’INTERESSE DEL BAMBINO PER NON ESPORLO AL PERICOLO
Linea dura contro i no-vax: un padre canadese, che non è stato vaccinato contro il Covid, ha perso il diritto di vedere il figlio di 12 anni.
Stando a quanto riporta la Bbc, infatti, un giudice ha stabilito che le sue visite non sarebbero state nel “migliore interesse” del bambino, considerato l’aumento dei contagi nella provincia del Qebec.
La decisione del giudice, presa alla fine dicembre, ha fatto seguito alla richiesta del padre di prolungare il suo tempo di visita durante il periodo delle vacanze.
La madre, contraria alla richiesta iniziale del padre, ha allora detto alla corte di aver scoperto di recente che l’uomo non era vaccinato ed il giudice ha emesso la sua sentenza.
L’uomo non potrà vedere il figlio fino a febbraio a meno che, nel mentre, non decida di vaccinarsi.
(da agenzie)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile L’AGGRESSIONE IMMORTALATA DA ALCUNI PASSANTI
La lite, probabilmente perché il costo della corsa era troppo alto, poi qualche parola
di troppo, e infine lo schiaffo.
A Firenze un tassista della società Socota 4242 ha aggredito una cliente americana in pieno centro, a Piazza Santa Trinità, intorno alla mezzanotte.
Il tutto è stato ripreso con lo smartphone da alcuni passanti: si vede l’uomo che prima colpisce la donna con un calcio agli stinchi, poi con uno schiaffo in pieno volto.Il video che immortala la parte finale di quella discussione, con il tassista che aggredisce fisicamente la ragazza americana, è stato poi pubblicato sui social.
La manata è così forte da far vacillare e indietreggiare la cliente.
Su Instagram poi la giovane ha pubblicato alcune stories in cui accusava gli agenti intervenuti di non aver arrestato il suo aggressore, e ha definito Firenze una “città poco sicura”.
Dopo lo schiaffo, avrebbe chiesto ai testimoni – piangendo e visibilmente sotto choc – di chiamare la polizia.
La Socota (società cooperativa tassisti) “condanna senza riserve il comportamento del collega”, si legge in una nota, e fa sapere di aver aperto un procedimento disciplinare per accertare i fatti ed eventualmente adottare provvedimenti “fermo restando che ogni azione relativa alla licenza rientra nella competenza esclusiva dell’amministrazione comunale”.
“La società è venuta a conoscenza di quanto accaduto la mattina del 13 Gennaio in Via Tornabuoni tra un collega e una cliente – prosegue il testo – e presa visione del video, il 4242 condanna senza riserve il comportamento del collega, qualunque siano gli accadimenti in precedenza occorsi”.
“È un fatto gravissimo e inaccettabile per una città come Firenze – ha detto il sindaco Dario Nardella – e mi auguro che le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie individuino questa persona che merita di essere perseguita con la massima severità”.
La ragazza americana colpita dal tassista, attraverso le sue stories Instagram, ha mostrato i segni dei colpi ricevuti e ha scritto: “Dobbiamo far sì che le donne e le studentesse a Firenze siano sicure di poter tornare a casa camminando o prendendo un taxi. Quello che mi è successo è insensato. E spero che condividendo la mia storia potremo partecipare alla lotta contro la violenza sulle donne, ponendo fine a tutto ciò. Il tassista mi ha colpita alla gamba con tutta la forze che aveva e io sono caduta a terra”.
(da NetQuotidiano)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile LE PAROLE DI GIANNI LETTA SONO FUORVIANTI
C’è una considerazione politica che sta facendo molto rumore in questi giorni di lutto per la morte di David Sassoli. Ci riferiamo alle parole pronunciate ieri da Gianni Letta, alla camera ardente allestita al Campidoglio per commemorare il presidente del Parlamento europeo. “Se il clima sentito alla Camera e al Senato nel ricordo di David fosse quello che porta i grandi elettori a votare per il presidente della Repubblica – ha detto Letta – sarebbe una grandissima lezione: il contributo di David alla pacificazione del Paese e allo sviluppo dell’Italia”.
Appellarsi al ricordo di chi è appena scomparso, nel tentativo di diradare la nebbia intorno all’elezione del successore di Sergio Mattarella, la dice lunga sullo stallo delle trattative in corso tra i partiti. Ma se si finisce per annacquare l’idea di ‘pacificazione’ di Sassoli in un ecumenismo indistinto, si rischia davvero di rendere un cattivo servizio alla storia e alla sua memoria.
Sassoli era un socialista cattolico, non certo un ecumenico. Era per il dialogo ma con precise condizioni: la difesa dei diritti, dello stato di diritto in Europa, l’europeismo.
Il presidente del Parlamento europeo diceva no ai sovranisti. Lo diceva e lo faceva.
Subito dopo l’elezione alla presidenza del Parlamento Europeo a luglio del 2019, fu lui a costruire un muro di cinta intorno alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen affinché riuscisse a essere eletta con i voti delle sole forze europeiste.
Era l’anno dell’assalto all’Europa da parte dei partiti euroscettici. In Italia c’era il governo Conte I di M5s e Lega. Per Sassoli, costruire l’elezione di von der Leyen su pilastri esclusivamente europeisti era l’atto fondativo, giusto e necessario per avviare bene la nuova legislatura e mettere a segno una reazione forte dell’Unione contro i suoi nemici. Di fatto, escludendoli dai posti comando.
Fu il prodromo di quanto avvenne poco dopo in Italia, con la crisi del Conte I e la nascita del governo Pd-M5s. Uno tra i più entusiasti in Europa, per la nuova svolta politica, era appunto Sassoli: ne fu regista a Bruxelles. Era stato lui a inaugurare l’alleanza tra Pd e M5s al momento della sua elezione alla presidenza, ‘corredata’ dall’elezione del pentastellato Fabio Massimo Castaldo alla vicepresidenza.
Tutti gli atti del suo mandato da presidente trasudano questa impostazione. Insieme alla maggioranza parlamentare, Sassoli è stato l’interprete più severo della condizionalità legata allo stato di diritto per bloccare i fondi del Next Generation Eu a Polonia e Ungheria.
Quando ha accettato l’invito di Boris Johnson a Londra, nel pieno della crisi dei rapporti tra il Regno Unito e l’Ue per le difficoltà a trovare un accordo sulla Brexit, Sassoli non è stato per niente diplomatico.
In un’intervista alla Bbc dopo l’incontro a Downing Street, il suo solito sorriso ha accompagnato parole ironiche e irriverenti verso Johnson. Della serie, si confida nella “fantasia” del premier britannico per uscire dall’impasse. Anche l’intervistatrice ne è rimasta colpita: non si aspettava tanta ‘franchezza’.
Sassoli era “uomo di parte e di tutti perché la sua parte era la persona”, ha detto oggi nella sua omelia ai funerali il cardinale Matteo Zuppi, amico del presidente dai tempi del liceo. Insieme hanno condiviso un’idea di cristianità vicina agli ultimi, alle “vittime”. Sassoli ha aperto la porta del Parlamento alle ong che si occupano di migranti, Salvini gli chiudeva i porti, per chiarire.§
È chiaro che eleggere un presidente a larga maggioranza rafforzerebbe il nuovo inquilino del Colle ed è certo obiettivo che i partiti dovrebbero ricercare, visti i tempi di frantumazione del quadro politico. Ma chiamare in causa Sassoli per scavalcare differenze dirimenti nell’arco politico odierno su diritti ed europeismo, significa confondere la sua mitezza per ingenuità, la sua capacità di dialogo per superficialità, la sua tendenza innata alla ‘pacificazione’ per indifferenza.
Sassoli invece amava le battaglie politiche, ci prendeva gusto a costruire dialettiche con l’avversario, che fosse sovranista o nostalgico del fascismo e nazismo, oppure frugale del nord Europa. Lo faceva con un’arte tutta sua di imporsi senza attrarre odio. È un concetto un po’ diverso dalla concordia nazionale che passa sopra ai contenuti.
È il motivo per cui – diciamolo – la destra non lo avrebbe mai votato come presidente della Repubblica, fosse stato vivo, fosse stato candidato.
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 14th, 2022 Riccardo Fucile PER LA PROCURA IL TRIONFO ELETTORALE DI FDI DOVUTO IN PARTE AL VOTO DI SCAMBIO GRAZIE AI RAPPORTI CON UN CLAN ROM
Per la Procura di Latina, un pezzo della campagna elettorale a Terracina che ha
portato al trionfo di Fratelli d’Italia si appoggerebbe sul voto di scambio. In particolare, da una conversazione intercettata dagli investigatori poco prima delle elezioni comunali, l’attuale vicesindaco ed esponente del partito di Giorgia Meloni, Pierpaolo Marcuzzi, avrebbe detto a un interlocutore: “Gli ho detto metti sti due voti che famo uscì subito il permesso per la sanatoria”.
Per questo motivo, l’uomo si trova agli arresti domiciliari insieme a un esponente di una famiglia rom di giostrai, Emiliano Suffer, quello all’altro capo del telefono: per Marcuzzi l’accusa è di falso ideologico, tentata truffa aggravata e turbativa d’asta. Suffer deve rispondere di tentata estorsione aggravata e istigazione alla corruzione.
Il procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e il sostituto Antonio Sgarrella hanno chiesto e ottenuto l’arresto del vice-primo cittadino – come riporta Repubblica – ritenendolo protagonista di un “sistema” di rapporti illegittimi con la famiglia rom molto importante sul territorio, che ha avuto in gestione per lungo tempo un luna park, con presunte gare inquinate a favore di imprenditori amici. L’inchiesta complessiva riguarda venti persone, ed è durata circa due anni.
Un periodo di tempo nel quale Suffer aveva stretto rapporti con le istituzioni locali. In un’altra intercettazione con il presidente del consiglio comunale Gianni Percoco, mentre parla di alcuni problemi con i permessi per le attrazioni, lo si sente dire: “Viè n’attimo qua, viè n’attimo qua che qua succede un guaio oggi te lo dico…nun me va de fa casini però me devono fa lavorà…allora se vieni qua mi devono risolvere la pratica tu sei l’assessore nostro e devi sta qua… se no dimme che devo fa io, acchiappo e li butto giù dalla finestra e ci metto 5 minuti eh”.
“Il Marcuzzi – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – ha il totale controllo di ogni ufficio comunale che riesce a gestire in modo illecito per i propri interessi”.
Il giudice per le indagini preliminari che ha disposto i domiciliari parla di “uno scenario di promessa di utilità varie in cambio di voto”, aggiungendo che nel 2020 Marcuzzi “prometteva a terzi elettori direttamente e tramite interposta persona utilità consistenti in servizi e autorizzazioni amministrative del suo assessorato”.
(da NetQuotidiano)
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