Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
L’ATTIVITA’ PREVALENTE E’ ORMAI LA FOTO PER IL PROFILO INSTAGRAM
Gli applausi scroscianti riservati a Sergio Mattarella ed ai suoi 37 minuti di
discorso sono certamente l’omaggio ad un uomo serio ed al Capo dello Stato appena eletto per la seconda volta, ma non sono soltanto questo.
Essi sono anche la rivendicazione di una scelta per il Quirinale che ha visto i parlamentari svincolarsi con una certa sfrontatezza alle indicazioni dei leader, ma non sono soltanto questo.
A mio avviso sono anche il segno tangibile di una manifesta impotenza, non priva di elementi di rassegnazione, che finisce per trovare sfogo in applausi nervosi ed insistiti su vari passaggi di un discorso che, per quanto importante, resta pur sempre un discorso. Riforme, giustizia, morti sul lavoro, mafie. Temi drammatici e quindi impegnativi al massimo livello dell’agenda nazionale, ma temi che attendono da gran tempo passi avanti significativi. Temi affrontati davanti a questo Parlamento oramai già in campagna elettorale però, un Parlamento che ha dato cattiva prova di sé come testimoniano tre fatti certi.
Primo, mai nella storia della Repubblica abbiamo avuto un’intera legislatura con governi guidati da persone (Conte, Draghi) del tutto estranee alla vita politica e parlamentare, persone che mai hanno partecipato direttamente alla campagna elettorale (caso unico su scala planetaria e totalmente incomprensibile agli occhi di un qualunque leader politico di stampo democratico).
Secondo, nella legislatura in corso il Parlamento ha votato la fiducia a governi tutti diversi (politicamente) e tutti in brutale contraddizione tra loro, elevando a regola una delle peggiori prassi disponibili: fare dopo la campagna elettorale l’esatto contrario di quanto promesso ai cittadini.
Terzo, Camera e Senato hanno ceduto quasi la totalità della funzione legislativa al governo, divenuto dominus assoluto (complice l’emergenza pandemica) in materia di scrittura delle norme ed anche in termini di loro approvazione, visto l’impressionate ricorso ai voti di fiducia.
Insomma quello che oggi applaude Mattarella è un Parlamento frammentato e impotente, nel quale l’attività prevalente è lo scatto fotografico ai fini del profilo Instagram, altro che il centro della vita repubblicana. In fondo l’applauso scrosciante è perfetto anche per i video. E così, tutti felici e contenti, sciamarono verso l’aperitivo a piazza di Pietra.
(da Huffingtonpost)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
LA REPLICA DEL MOVIMENTO: TRADITORE PER UNA POLTRONA
Personalismi legati al ruolo sempre più ingombrante del front man “ostiense” Luca Marsella e della compagna Carlotta Chiaraluce, camerati in ascesa che pure lui stesso aveva promosso, da semplici militanti, a “classe dirigente”.
Divergenze sulla linea politica venute a galla nell’ultimo anno, evidentemente non più sanabili: sia per quanto riguarda il posizionamento stesso del movimento (un tempo partito), sia per l’azione-collocazione nella complessa e tribolata stagione delle proteste contro lockdown, vaccini e Green pass.
Una stagione che ha visto in piazza anche CasaPound (con le “mascherine tricolori”), ma che ad un certo punto è stata letteralmente e plasticamente dominata da Forza Nuova con le sue manifestazioni violente ed infine eversive.
Poi, forse, aspetti legati ad ambizioni personali: perché di tutti i capi e capetti dei “fascisti del terzo millennio”, l’unico che, in quasi vent’anni di storia, è salito su un palco con i big del centrodestra (Salvini, Berlusconi, Meloni) è stato lui.
Simone Di Stefano, che a sorpresa – anche se qualcuno giura che nell’ambiente era ormai data per scontata – ha annunciato l’uscita da CasaPound. Un piccolo terremoto nella sigla egemone dell’ultradestra italiana. Che potrebbe avere gli effetti di un’implosione. E scissione, in qualche modo, lo è già. Lo vedremo tra poco.
Ex segretario nazionale, già vicepresidente di CPI. Comunque anima e, diciamo, testa politica di un movimento sotto inchiesta (a Bari) per tentata ricostituzione del partito fascista. Il tweet lapidario di Di Stefano è arrivato la sera del 1 febbraio: “Per libera e sofferta scelta, il mio percorso politico con CasaPound Italia termina oggi. Non tornerò mai più sull’argomento e non c’è necessità di discutere le motivazioni, che sono pochissime ed esclusivamente di natura politica”.
Mentre l’ex segretario nazionale cinguettava il suo addio più o meno sofferto i siti davano notizia dell’ultimo blitz delle tartarughe nere: adesivi sui bancomat di decine di città. Con lo slogan “da domani senza vaccino non potrai accedere al tuo conto”.
L’eco non proprio roboante degli adesivi appiccicati di notte dai militanti contro il governo Draghi ha lasciato spazio ai commenti e alle reazioni social sullo strappo dell’uomo che fu più volte candidato a sindaco di Roma, al parlamento italiano e a quello europeo: sempre senza fortuna.
Perché Di Stefano ha mollato il movimento neofascista? Come va interpretata, in prospettiva, la sua scelta, che i non estimatori attendevano da “mesi”, o da “più di un anno”, come ha scritto qualcuno nei commenti al tweet
Raccontano che da tempo il contributo operativo di Di Stefano si fosse ridimensionato. Al di là del ruolo formale – appunto, vicepresidente -, la presenza alle iniziative e alle manifestazioni in piazza di CasaPound era sempre meno frequente.
Al suo posto, in prima linea, il fratello Davide, già impegnato a coordinare la branca sportiva del movimento e “firma” della testata Primato Nazionale, l’house organ di CasaPound usata dai neofascisti per muovere attacchi contro i nemici di turno,
Ma insomma: Simone Di Stefano non lo si vedeva quasi più. Il riferimento dei militanti in piazza è diventato da mesi, e sempre di più, Luca Marsella. Il capetto di Ostia già fotografato insieme a un rappresentante del clan Spada.
Fu lo stesso co-fondatore di CPI Di Stefano, insieme al capo supremo Gianluca Iannone, a far crescere Marsella e a cucirgli addosso la veste di guida movimentista nelle iniziative dove i militanti sono convocati.
Ma raccontano che proprio il peso e la visibilità assunti da Marsella nel movimento, e il suo “asse” con Iannone abbiano, a un certo punto, spinto Di Stefano a fare alcune riflessioni “politiche”.
Di “motivazioni esclusivamente politiche” parla l’ex leader nel suo tweet di addio. Ma come sempre accade in politica, scelte, ideali e rapporti personali si fondono. La prova sta nel duro comunicato ufficiale con cui CasaPound ieri ha commentato l’uscita di Di Stefano.
Eccolo. “Ieri sera abbiamo appreso da Twitter e dalla stampa che Simone Di Stefano ha definito conclusa la sua esperienza con CasaPound Italia. Ci teniamo a ribadire che fin dalla sua nascita, Cpi ha sempre ambito a rappresentare un movimento rivoluzionario e non intende retrocedere di un millimetro su questo. In uno scenario politico dove i partiti e la democrazia stessa stanno crollando su sé stessi, dove i leader politici si sono trasformati in influencer ossessionati esclusivamente da una spasmodica ricerca di like e consenso elettorale, noi abbiamo già deciso da tempo di essere altro. Il nostro obiettivo non sarà mai quello di scendere a compromessi e rinunciare a ciò che abbiamo scelto di essere per riuscire ad accedere a poltrone di un Parlamento dove non passa più nessuna decisione strategica per la nostra nazione, al solo scopo di conquistare degli scranni da dove esercitare una minuscola porzione di potere che ci verrebbe concessa barattando il nostro spirito rivoluzionario. Queste – prosegue la nota, ed ecco la stoccata a Di Stefano – sono le uniche motivazioni politiche che hanno portato alcuni ad abbandonare il nostro movimento e percorrere altre strade. Decisioni prese senza fornire spiegazioni, probabilmente per nascondere l’umiliazione che ne comporta, oltretutto nei giorni in cui le nostre sedi vengono sgomberate e i nostri militanti indagati, come atto di ritorsione per le proteste contro il governo”
Tradotto: il vecchio capo è accusato di avere abbandonato la nave nel momento di difficoltà (le tartarughe sentono la pressione degli sgomberi decisi dal Comune che, dopo il “circolo futurista” di Casal Bertone, potrebbero adesso allargarsi ad altri presìdi fino alla sede storica di via Napoleone III in zona Termini, sempre nella Capitale) .
Con quali conseguenze? “Non ci sarà nessuna scissione o frammentazione – spiegano i vertici del movimento neofascista -. CasaPound è una e indivisibile e tale resterà sempre. Il nostro è un movimento solido, che è sopravvissuto ad ogni genere di attacco e che da tempo ha capito l’inutilità di reclamare, puntando magari su slogan e battaglie populiste di retroguardia volte a un effimero e minimo consenso, posti oramai svuotati da ogni utilità, funzione e potere”.
L’affondo contro Di Stefano si consuma con queste parole: “Ci stupisce che chi da sempre è stato ai vertici decisionali della struttura politica di punto in bianco critichi quegli stessi assetti politici che ha contribuito a creare e che ne hanno determinato notorietà e visibilità. Gli uomini passano, le idee restano. E quell’idea che noi portiamo avanti ogni giorno, nel nome di chi è caduto per essa, sarà sempre la bussola che indica la strada da seguire. Ci troverete sempre in prima linea al fianco del nostro popolo, scudo e spada di una nazione e di un’idea che noi, non tradiremo mai. Per noi, conta solo chi resta.”. Già.
Le domande sono due, allora. La prima: dove proseguirà, se proseguirà, l’attività politica di Di Stefano? In via Napoleone III più d’uno prevede che “entrerà in Fratelli d’Italia”. Il co-fondatore di CPI è sempre stato l’uomo dei rapporti con la destra a quelli che i camerati considerano i livelli più alti.
Giorgia Meloni lo accoglierà nel suo partito, magari con un ruolo di play maker romano capace di attrarre giovani dalla galassia nera di cui è profondo conoscitore e di cui per anno è stato animatore?
Oppure Di Stefano guarda altrove (molto difficile che sia la Lega visti gli orizzonti moderati-“repubblicani” di cui parla l’ex capitano sovranista Salvini)?
Seconda domanda: chi resta, ai vertici di CasaPound? Anche se ufficialmente si negano “scissioni” e “frammentazioni”, sono già nei fatti. Per dire: che cosa farà, adesso, Davide Di Stefano, dopo l’addio “politico” del più noto fratello?
Gli effetti dell’abbandono del vecchio segretario nazionale (quando CPI era ancora un partito) inevitabilmente ridisegneranno gli equilibri.
Riguardano anche i due Antonini di CasaPound (uno ormai ex). Mauro Antonini, già coordinatore regionale del Lazio e candidato alle elezioni regionali. E Andrea Antonini, tuttora vicepresidente (indagato per violenza privata per avere minacciato alcuni giornalisti lo scorso 7 gennaio in occasione dell’anniversario della strage di Acca Larentia a Roma).
Il primo ha lasciato il movimento mesi fa passando con Salvini (in passato aveva lavorato per Mario Borghezio ed era stato uno degli anelli di congiunzione tra la Lega sovranista e CasaPound, un’”alleanza” durata dal 2014 al 2016, poi la Lega scippa a CPI lo slogan “Prima gli italiani”).
Il secondo, Andrea Antonini, è dato sempre più distante dal presidente Gianluca Iannone. Che a questo punto – insieme a Luca Marsella e a Carlotta Chiaraluce – avrebbe in mano le redini delle tartarughe nere, quantomeno nella Capitale.
Proprio Iannone e Marsella avrebbero “steso” il comunicato dove si dà del “traditore” a Di Stefano. Una resa dei conti che forse è solo all’inizio. Tra i “fascisti del terzo millennio” volano gli stracci. Restano le immagini seppiate del nucleo dirigente unito. Per esempio la fotografia del 2015: Iannone, i Di Stefano, gli Antonini e il dirigente-imprenditore-picchiatore Francesco Polacchi a tavola con Matteo Salvini.
La cena “sovranista”. Nella trattoria Da Angelino di proprietà della compagna di Iannone. Tempi andati. Quando ancora CasaPound contendeva la leadership dell’ultradestra a Forza Nuova. Dopo l’assalto squadrista alla Cgil del 9 ottobre scorso il partito di Fiore è di fatto imploso, falcidiato da arresti e inchieste giudiziarie. CasaPound ne ha approfittato cannibalizzando i resti di Forza Nuova. Ma poi è arrivata la mossa a sorpresa di Di Stefano.
(da La Repubblica)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
“CINQUESTELLE SULLA VIA DEL DECLINO“
I sondaggi del post Quirinale sono la cartina al tornasole del sentimento degli
italiani circa i risultati del voto sul Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. I cosiddetti kingmaker principali perdono punti, mentre guadagna il partito dell’opposizione, Fratelli d’Italia.
“Salvini è certamente quello che ne è uscito sconfitto, poi i Cinque stelle, ormai sulla via del declino. Meloni tra i vincitori insieme a Berlusconi e Letta”. Così dichiara il sondaggista Renato Mannheimer interpellato sui vinti e vincitori della ‘partita’ del Quirinale.
“Salvini – dice – non è riuscito nel suo tentativo di kingmaker e ha perso in popolarità, molto. Sicuramente questo si ripercuoterà all’interno della Lega. Non dico che la sua leadership è in discussione perché come dicono i leghisti è lui che porta voti (ne ha persi ma ne ha ancora tanti), ma sicuramente lo scontro tra Salvini e la Lega del Nord, Giorgetti e Zaia, si fa più forte.
I cinque stelle ne escono divisi in mille rivoli, sono sulla strada del declino e andrà molto male alle prossime elezioni. Conte è ancora molto popolare nei sondaggi, il suo indice di popolarità è stato sorpassato dalla Meloni e ovviamente da Draghi. Tuttavia è ancora elevato quindi ha forza nel Movimento, ma bisognerà vedere cosa vorrà fare Di Maio”.
“Tra i vincitori – aggiunge – c’è Letta perché ha saputo gestire la situazione, anche per la spinta a confermare Mattarella che è avvenuta all’interno del Pd, proposta dal prof. Ceccanti. Giorgia Meloni e Berlusconi sono entrambi vincitori. La leader di Fratelli d’Italia perché è stata coerente e questo si vede anche nel suo grado di popolarità che ha sorpassato Salvini. La sua linea non porterà da nessuna parte però, rischia di fare la fine di Marine Le Pen. Berlusconi, invece, che era ai margini della vita politica, pur con tutti i problemi anche di salute è riuscito a ritornare al centro. Si è parlato solo di lui, soprattutto nella prima parte”.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
“IL MENO SCONFITTO E’ LETTA, LA MELONI E’ STATA COERENTE MA IN MANO NON SI RITROVA UN BEL NULLA”
Sondaggio politico dopo la votazione per il Quirinale: l’unico vincitore è Mattarella, nel senso che il sentiment degli italiani è molto negativo nei confronti di tutto quello che è successo: oltre il 50% degli italiani dice che la politica è uscita sconfitta, i partiti sono usciti sconfitti dall’elezione del Presidente della Repubblica perché non sono riusciti ad ‘impedire’ il ritorno di Mattarella che per senso del dovere ha dovuto accettare un secondo mandato. E secondo me se l’aspettava Mattarella”.
Lo ha detto il sondaggista Fabrizio Masia.
“Quello che probabilmente, in termini di immagine, ne esce meno sconfitto è Letta – aggiunge Masia – ma solo per la sua posizione attendista. Più che kingmaker è stato ‘Fabio Massimo il temporeggiatore’. Lo stesso Draghi perde consenso perché si è capito che si è giocato la partita, da un lato per salire al Colle, dall’altro la situazione al governo. Per il resto i cinque stelle sono spaccati, il rapporto Pd-M5S si è scollato in qualche modo, ci sono tutti i rigurgiti centristi quindi il quadro è complicato. La Meloni anche è sconfitta, perché comunque non ha la compattezza del centrodestra (ha detto che è da rifondare) e si ‘ritrova’ Mattarella. Sì, è stata coerente, ma in mano non si trova nulla”. “La gente è un po’ delusa. E’ chiaro che nei prossimi mesi ne vedremo delle belle: punti delicati le amministrative e la legge elettorale, ma anche il Pnrr”, spiega.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
IL CONSENSO DEI NO VAX VIENE PRIMA DEL BUON SENSO
Fratelli d’Italia sceglie di perseguire la strada della propaganda anche nel giorno
del giuramento del neo rieletto presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il partito capitanato da Giorgia Meloni, infatti, dopo aver depositato una proposta contro la rielezione del capo dello Stato in mattinata, ha anche scelto di non applaudire Mattarella nel passaggio del discorso d’insediamento in cui ha fatto riferimento alla grande utilità dei vaccini per uscire fuori dalla crisi pandemica.
Evidentemente, la lotta per la leadership della coalizione di centrodestra è ritenuta da Meloni prioritaria rispetto alla più basilare grammatica istituzionale.
Dopo gli errori tattici commessi dal leader del Carroccio in occasione delle trattative con gli altri capi di partito, il ruolo di federatore sembra meno saldo nelle mani di Matteo Salvini. Anche gli ultimi sondaggi, che vedono Fratelli d’Italia balzare in testa nel gradimento degli elettori tra i partiti della coalizione, spingono la leader ad accelerare per prendere in mano il timone
Sembra questa, dunque, la logica che porta Giorgia Meloni ad assumere atteggiamenti e comportamenti netti e aggressivi. Il consenso prima di tutto, anche a scapito delle buone maniere.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
E’ ACCADUTO DURANTE IL CONSIGLIO COMUNALE DI MASSAROSA IN PROVINCIA DI LUCCA
È il 31 gennaio 2022 quando, in occasione della giornata della memoria da poco trascorsa, a Massarosa, piccola località in provincia di Lucca, il consiglio comunale si riunisce e viene trasmesso un breve video sulle leggi razziali e sul genocidio degli Ebrei.
Uno dopo l’altro i consiglieri si alzano in piedi per leggere i nomi delle vittime dell’Olocausto, la loro data di nascita e quella di morte, il luogo dove sono deceduti.
Sono tutti in piedi, tutti, tranne lei Michela dell’Innocenti, consigliera comunale di Fratelli d’Italia che – quando è arrivato il suo turno – ha risposto: “Io passo”, rifiutandosi di leggere i nomi dei deportati ad Auschwitz.
Un gesto che arriva pochi giorni di distanza dalle due aggressioni antisemite avvenute proprio in Toscana, a Campiglia Marittima in provincia di Livorno e a Firenze. A denunciare il fatto i gruppi di maggioranza del consiglio, che hanno assistito attoniti alla scena.
Come concordato in conferenza dei capigruppo, ogni consigliere ed assessore a turno si è alzato e ha letto a voce sostenuta il nome di un deportato seguito da data e luogo di nascita e data e luogo di morte. Quando è arrivato il turno della consigliera Dell’Innocenti la stessa alzando lo sguardo dal cellulare ha fatto sapere ‘io passo’”.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
DA BASSETTI A GALLI: “HA INTERPRETATO IL SENTIMENTO DEGLI ITALIANI”
«Divertente è dire poco»; «Quando guarderemo indietro, alcune azioni ci
sembreranno esagerate e potremmo avere anche la libertà di riderci sopra», hanno detto
Non solo Matteo Bassetti, ma anche Massimo Galli e Pier Luigi Lopalco e Roberto Burioni hanno apprezzato e applaudito l’esibizione di Checco Zalone a Sanremo 2022.
«Ha colto nel segno sulla divisione degli esperti. Per quel che mi riguarda io non avrò nessun problema a tornare a fare il mio lavoro, ne sarò felice lo stesso», ha detto il responsabile della clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova ad AdnKronos, specificando che lui non è un virologo.
Ieri Zalone, nei panni del virologo Oronzo Carrisi, di Capurso, ha avvertito che «la pacchia è finita» e, con un quadro epidemiologico che si fa meno grave, «la gente vogliono uscire, la gente si divertono».
«Zalone è fantastico, eccezionale. Io sono un grande estimatore è un numero uno e ho visto i suoi film. Ha colto nel segno. ‘Pandemia ora che vai via’ speriamo davvero che vada via e insomma ha colto questo anno dei virologi. Io mi sono sentito poco tirato in ballo perché non sono un virologo ma un infettivologo», ha esordito Bassetti.
«A parte questo, credo sia bello ridere anche su questo aspetto della comunicazione di questi due anni, i virologi che non devono parlare, devono stare zitti, non vanno d’accordo. Zalone ha colto questo aspetto. Ma speriamo che la canzone porti fortuna alla fine della pandemia. Io non ho nessun problema a tornare a fare il mio lavoro, anche se andrò meno in televisione sarò felice lo stesso. Ci saranno altri modi di comunicare le malattie infettive», ha concluso.
Galli: «Divertente è dire poco»
Grande entusiasmo anche da parte di Galli che ha spiegato che definire «divertentissimi» gli sketch di Zalone «è poco». Il direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano ha poi aggiunto: «Immagino che ieri abbia voluto raccogliere un sentimento generale degli italiani che non ne possono più della pandemia. Sorrido e basta, non starei a farci dei castelli di carta sopra».
Lopalco: «Avrei voluto duettare»
Addirittura Pier Luigi Lopalco avrebbe preferito un duetto col comico pugliese. «Ci sono rimasto male», ha detto l’epidemiologo, docente di igiene all’Università del Salento. «L’ironia è una chiave di lettura della realtà che va rispettata, ironizzare non è sminuire o derubricare – prosegue Lopalco – quando guarderemo indietro, a questi anni di pandemia, alcune azioni ci sembreranno esagerate e potremmo avere anche la liberà di riderci sopra».
Burioni: «Prima del virus non ci filava nessuno»
«Mi fa molto piacere essere oggetto della sua satira», ha detto Roberto Burioni intervenendo al DopoFestival di Lisa Noja e Luciano Nobili. «Quello che mi ha divertito molto di Zalone è che prima della pandemia noi virologi eravamo una sessantina in Italia. Non ci filava nessuno. Questo virus ha fatto in modo che noi aumentassimo in modo importante. Spero si torni alle origini, quando noi virologi eravamo in numero limitato», ha poi aggiunto il virologo e immunologo.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
“VOTO ON LINE? GLI ISCRITTI SARANNO COINVOLTI”
Dopo l’appello per una «resa dei conti» arrivato da Alessandro Di Battista, Giuseppe Conte torna sulle tensioni con Luigi Di Maio smentendo che si tratti di una questione personale.
«Non potrei accettare che fosse messa in questi termini. Una comunità come quella del Movimento 5 stelle, con questo nuovo corso che abbiamo tracciato, si basa sulla condivisione degli obiettivi e sul confronto», ha detto a L’aria che tira su La7.
L’ex premier chiede «un chiarimento pubblico». «Una comunità deve poter riflettere al suo interno con tutte le sue componenti, i gruppi e gli iscritti».
Su Tpi, Di Battista aveva detto che Di Maio e Conte «sembrano ai ferri corti. Non è la fine del mondo. La fine, non del mondo ma solo del Movimento, avverrebbe se, per un quieto vivere ipocrita e perbenista, si evitasse la resa dei conti».
«Noi siamo quelli del confronto e della democrazia diretta», dice Conte. «Non è una ruggine, per quanto mi riguarda, un caso personale, ma una vicenda che va a toccare i punti centrali dell’azione politica, dell’essere comunità, della condivisione, dell’appartenenza e del senso comune verso obiettivi comuni».
E sulla possibilità di un voto online, il leader pentastellato ha detto che non anticiperà nulla. «Sono cose delicate. Gli iscritti saranno coinvolti nella misura in cui vogliono capire cos’è il M5s, qual è la direzione di marcia, chi siamo, cosa stiamo diventando. Questa discussione va fatta, io credo che il ministro Di Maio abbia posto le questioni in questa prospettiva».
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2022 Riccardo Fucile
UNA PAROLA PRONUNCIATA 18 VOLTE: IL RICORDO DI LORENZO PARELLI, LE DONNE UCCISE. LE POVERTA’, I MIGRANTI, IL RAZZISMO, LE CARCERI, LA MAFIA
“La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le
diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita. Nostro compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli. Accanto alla dimensione sociale della dignità, c’è un suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società”. Il passaggio conclusivo del discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il giuramento di fronte al Parlamento riunito in seduta è interamente dedicato alla dignità, parola pronunciata 18 volte.
“Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ciascuno di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita. Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro. Quasi ogni giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere della nostra società.
Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla coscienza di ciascuno di noi.
Dignità è impedire la violenza sulle donne, profonda, inaccettabile piaga che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio.
La nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti la dignità umana degli altri.
È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani.
Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale. Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, privi di un ruolo che li coinvolga.
Dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone.
Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità.
Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza.
Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare, e capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita.
Dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, dalla complicità di chi fa finta di non vedere.
Dignità è garantire e assicurare il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente. La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile”.
(da agenzie)
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