Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
L’INESISTENTE GENOCIDIO NEL DONBASS E LE ORIGINI DELL’UCRAINA
Nel corso dell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina, nel quale la disinformazione cerca di avere il sopravvento, il discorso alla nazione del Presidente russo Vladimir Putin del 21 febbraio 2022 non è esente da bufale e da forzature di carattere storico. Uno dei punti di forza nel sostenere l’intervento russo nelle aree del Donbass è quello di un inesistente genocidio ad opera degli ucraini, così come il continuo sostenere che l’Ucraina moderna sia una creazione della Russia bolscevica, quando il nazionalismo ucraino risulta essere di gran lunga precedente a quello attribuito al secolo scorso.
L’inesistente genocidio
Putin accusa l’Occidente di non accorgersi di un «genocidio» a cui sarebbero sottoposte 4 milioni di persone. Un numero che combacia con i presunti abitanti che risiedono nei soli territori controllati dai separatisti, ossia quelli delle autoproclamate Repubbliche di Donetsk (circa 2 milioni e trecento mila di abitanti) e Luhansk (circa 1 milione e mezzo), non di entrambe le regioni ucraine.
Non è la prima volta che utilizza il termine «genocidio», alimentando tale convinzione nei suoi sostenitori. Partiamo dalla definizione: «Sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe, una razza o una comunità religiosa». Nel sito delle Nazioni Unite (ONU) è presente un’area dedicata per la definizione di genocidio con il riferimento all’articolo 2 della “Convenzione sulla prevenzione e la repressione del reato di genocidio“: «l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso».
Secondo un documento delle Nazioni Unite, pubblicato il 27 gennaio 2022, dal 2014 a fine 2021 il numero delle vittime si aggira tra i 14.200 e i 14.400: almeno 3.404 civili, circa 4.400 membri delle forze ucraine e circa 6.500 membri dei gruppi armati.
Le Nazioni Unite non ritengono che vi sia in atto un genocidio o un tentato genocidio da parte dell’Ucraina nei territori contestati.
Nel territorio ucraino – e non solo – è stato riconosciuto da diversi Paesi un caso di genocidio tra il 1932 e il 1933, quello noto con il nome di Holodomor o della “Grande fame”. Al contrario di altri, non venne incluso dalla formulazione dalla Convenzione del 1948 sul genocidio delle Nazioni Unite a causa delle pressioni dell’Unione Sovietica, in quanto accusata di averlo causato.
Il primo a denunciare l’accaduto fu un giornalista gallese, Gareth Jones, che visitò l’Ucraina sovietica durante la carestia.
L’Ucraina è un’invenzione della Russia?
Putin sostiene che l’Ucraina moderna sia stata interamente «creata dalla Russia, precisamente dai bolscevichi, dalla Russia comunista». Il processo di creazione sarebbe iniziato – sempre secondo Putin – nel lontano 1917 attraverso «Lenin e i suoi collaboratori», in «modo molto rude nei confronti della Russia stessa», strappando «parte dei suoi territori storici» (l’Ucraina, ndr). In questo breve racconto, Putin conclude così: «Naturalmente, nessuno ha chiesto alcunché ai milioni di persone che vivevano nella zona».
Putin addossa tutte le colpe a Lenin, il quale avrebbe concesso troppo ai nazionalisti ucraini dell’epoca. «Perché è stato necessario soddisfare le ambizioni nazionaliste in continuo aumento nella periferia dell’ex impero?», quesito che il Presidente russo ripropone poco dopo: «Perché è stato necessario fare doni così generosi, che nemmeno i nazionalisti più ardenti non si sarebbero mai sognati prima, dando persino alle repubbliche il diritto di separarsi dallo stato unito senza alcuna condizione?». Tutto questo viene definito da Putin in questo modo: «una semplice follia».
Putin espone un percorso che introduce la sua versione del recente passato, quello relativo alla fine all’Unione Sovietica, dove non attribuisce l’indipendenza dell’Ucraina al referendum del 1991 quanto piuttosto alle azioni dei suoi predecessori: «Ora sono i radicali e i nazionalisti, compreso e soprattutto quelli in Ucraina, che si attribuiscono il merito aver ottenuto l’indipendenza. Come possiamo vedere, non è affatto così». Secondo Putin sono tutti errori commessi dai leader bolscevichi, colpevoli di aver portato il crollo della «Russia storica».
Il punto di riferimento di Putin è la «Russia storica», ossia l’Impero Russo nato nel 1721 e guidato per l’ultima volta dallo Zar Nicola II fino al 1917. Non viene considerato il pregresso, soprattutto il fatto che Kiev fosse stata addirittura fondata ancor prima di Mosca, un elemento della storia che oggi gli viene rinfacciato anche in tono scherzoso.
C’è chi, infatti, ricorda a Putin e alla Russia che prima ancora i loro territori fossero stati sotto il controllo dei mongoli. C’è da dire che nel suo discorso, Putin fa riferimento all’attuale Ucraina («Ucraina moderna») e non a quella storicamente più antica di Kiev.
Putin sbaglia anche nel dare colpe a Lenin. Di fatto, il sentimento nazionale ucraino era già presente nel corso della metà del 1800, mentre si riscontrano ancor prima delle composizioni in lingua ucraina: nel 1794 venne pubblicata l’Eneide travestita, la prima opera letteraria in ucraino dello scrittore Ivan Petrovyč Kotljarevs’kyj.
Una situazione per niente tollerato dallo zar Nicola I, il quale mise sotto processo i principali protagonisti del sentimento ucraino. La storia dell’Ucraina, tuttavia, è ancora più antica e precedente a quella russa.
I territori del sud-ovest della “Russia antica
Durante il suo intervento, Putin parla dell’unione dei territori contesi alla Russia antica nel 17° secolo.
Nel 17° secolo l’area dell’Ucraina venne contesa tra il Gran principato di Mosca e la Polonia. Nella narrativa di Vladimir Putin rientra anche quella della cosiddetta «Novorossiya», o «Nuova Russia», al fine di sostenere che l’area fosse sempre appartenuta all’Impero russo, senza però riportare un fatto storico: prima ancora della nascita dell’Impero russo e del precedente Gran principato di Mosca, esisteva l’ex impero medievale noto con il nome Rus’ di Kiev guidato da Vladimir I detto il Grande (958-1015), considerato il padre fondatore dell’Ucraina. Se Rus’ di Kiev esisteva dal 882, il primo insediamento di Mosca risalirebbe intorno al 1147.
Tornando a Vladimir I, il Presidente russo Vladimir Putin fece costruire nel 2016 una statua a lui dedicata nei pressi del Cremlino, attribuendogli i meriti di aver posto le basi dell’attuale Russia. Questo gesto venne descritto come un’appropriazione indebita di quello che da sempre viene definito il fondatore dell’Ucraina, come già testimonia una sua statua eretta proprio a Kiev nel 1853.
La storia dei territori appartenenti all’ex Unione Sovietica e dell’Impero russo è molto più complessa rispetto a quella che Vladimir Putin riporta.
Volendo andare più indietro nella storia, basti considerare che i Rus’, nome della popolazione che diede origine alla Rus’ di Kiev e dal quale presero il nome le popolazioni russe, non rano propriamente “russi”, ma scandinavi.
(da Open)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
LA VEB E LA BANCA MILITARE
Scrive Domenico Di Cesare su Rainews24: “L’obiettivo per evitare un “conflitto su larga
scala” è colpire l’economia russa. Gli Usa intendono fare terra bruciata attorno all’entourage che sostiene Vladimir Putin. Una stretta che inevitabilmente ricadrà anche sui cittadini russi.
Le sanzioni riguardano le due maggiori istituzioni finanziarie: la Veb (la più grande corporation di Stato, con un patrimonio di 50 miliardi di dollari) e la banca militare (Promsvyazbank, riconducibile agli oligarchi Dmitry e Aleksey Ananyev).
Congelati beni di cinque banche russe coinvolte nel finanziamento dell’occupazione dell’Ucraina. Tra queste Bank Rossiya, Black Sea Bank for Development and Reconstruction, IS Bank, Genbank e appunto Promsvyazbank, la banca sulla quale fa affidamento il settore della difesa russo.
Sanzioni penalizzano il debito sovrano con la Russia che sarà tagliata fuori dai finanziamenti dell’Occidente e non potrà accedere al mercato europeo per finanziare il suo debito.
Tra gli oligarchi sanzionati ci sono Gennady Nikolayevich Timchenko, Boris e Igor Rotenberg, ritenuti amici e collaboratori di Putin nonché finanziatori della politica aggressiva di Mosca nei confronti dell’Ucraina.
Timchenko, azionista della Rossiya Bank, era già stato colpito dalle sanzioni per l’annessione della Crimea nel 2014. Secondo il governo britannico è stato uno dei “protagonisti” dietro le quinte a spingere per il processo di annessione della Crimea alla Russia nel 2014. Timchenko, 69 anni, nato a San Pietroburgo come Putin, è suo amico fin dagli anni Novanta.
Disporrebbe, secondo Forbes, di un patrimonio stimato in 20,7 miliardi di euro distribuiti tra la compagnia del gas Novatek, la petrolchimica Sibur e la proprietà di una holding che investe in energia, infrastrutture e trasporti.
Boris Rotenberg, amico d’infanzia di Putin, disporrebbe di un patrimonio stimato, sempre da Forbes, in oltre 1 miliardo di euro. I due si conoscono da bambini e da sempre condividono la passione per il Judo.
Con il fratello Arkadij, Boris possiede SMP Bank che, secondo il governo di Londra, avrebbe beneficiato di contratti miliardari con Gazprom e con le Olimpiadi invernali di Sochi. Anche Boris era già stato colpito da sanzioni in seguito all’annessione della Crimea. Nell’elenco delle sanzioni c’è Igor Rotenberg, nipote di Boris e figlio di Arkadij, che controlla la compagnia di estrazione petrolifera Gazprom Bureniye (Azienda stimata in oltre un miliardo di euro). Il 48enne è anche presidente della National Telematic Systems, azienda azionista di RT-Invest Transport Systems (Rtits).
A detta degli analisti, società strategiche per Putin.
Tra le altre persone raggiunte da sanzioni ci sono il capo degli 007 russi legato alla morte di un ex agente, il vice responsabile dello staff del presidente russo, accusato di aver tentato di avvelenare un dissidente, e il presidente di una banca di Stato: Alexander Bortnikov, Sergey Kirienko e Petr Fradkov. In particolare Bortnikov, che ha militato nel Kgb e poi nella Fsb, il Federal Security Service, è ritenuto responsabile dell’operazione che portò all’avvelenamento di Aleksandr Litvinenko, l’ex 007 russo ucciso a Londra nel 2006. Originario di Perm’, ex Unione Sovietica, condivide con Putin l’adorazione per Iosif Stalin”.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
QUELLE PAROLE PRONUNCIATE A STRASBURGO: ”CEDO DUE MATTARELLA IN CAMBIO DI MEZZO PUTIN”
Abbiamo già parlato delle continue giravolte di Matteo Salvini (e del suo partito) attorno al nome e alla figura di Vladimir Putin. Il leader della Lega ha più volte espresso ammirazione attraverso dichiarazioni e post social. Poi la crisi in Ucraina e il nuovo posizionamento del Carroccio nei confronti del numero uno del Cremlino. E questa mattina l’incontro tra il leghista e il Capo dello Stato Sergio Mattarella anche per parlare di quel che sta succedendo nel Donbass. Ma nel 2015, quando era europarlamentare, ecco cosa scriveva e cosa indossava.
Una foto iconica, con una maglietta indossata anche in altre occasioni. Immagini e pensieri condivisi sui social per attirare l’attenzione mediatica (all’epoca dei fatti le percentuali della Lega si contavano sulle dita di una mano, massimo due) e rimarcare la sua vicinanza alla politica di Vladimir Putin che – sorpresa delle sorprese – non è mai cambiata.
La crisi in Ucraina e l’atteggiamento nei confronti del Donbass (come già accade per la Georgia e per la Crimea) è sempre stata la stessa. Ma Salvini sembra essersene reso conto solamente negli ultimi giorni. Tanto è vero che nel 2015 scriveva su Facebook:
“Qui Strasburgo. È appena intervenuto il Presidente Mattarella, che ha detto che chiudere e controllare le frontiere europee non serve. No, certo, facciamo entrare altri milioni di immigrati. Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!”
Oggi, invece, abbraccia Mattarella. Un nuovo cambiamento, una nuova giravolta del leader della Lega che non segue alcun ideale, ma pensa solo prendere la forma del contenitore che lo contiene. Come scrisse Bauman nella sua “Modernità Liquida”, dove la realtà è un fluido che per sua natura prende la forma del contesto.
(da NetQuotidiano)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
”AVEVA UNA PISTOLA, UNA SERA CENAMMO CON L’ARMA SUL TAVOLO IN UN’ATMOSFERA DI TERRORE. LA SERA DELL’OMICIDIO LUI ANDÒ A CASA DEI RAGAZZI”
«Quando ho saputo che cosa avvenne quella sera del 10 agosto 2020? Qualche ora dopo,
in piena notte. Mi telefonò un’amica: “Laura, il tuo ex marito è morto. È rimasto ucciso dopo una lite con i ragazzi. Non è chiaro cosa sia successo”. Trasecolai e pensai che mai avrei immaginato un epilogo così, semmai potevo ipotizzare il contrario: e cioè che Pasquale potesse uccidere i nostri figli. Tanto che averli lasciati soli per sette mesi mi stava straziando. Quando mi avvertirono, stavo lavorando: assistevo un anziano. E finito il turno, alle sette, ho lasciato la Sardegna per correre a Genova, dai ragazzi».
Laura , 56 anni, un diploma di segretaria d’azienda e un impiego da colf, è una donna energica. È la mamma di Alessio e Simone Scalamandré, di 30 e 22 anni, condannati lunedì dalla Corte d’Assise di Genova per aver ucciso il padre a martellate.
Il reato contestato è di omicidio volontario in concorso , aggravato dal vincolo di parentela.
Laura, si aspettava questa pena di 21 anni per il più grande e di 14 per il piccolo?
«No. E sono devastata. Ho atteso a casa l’esito della sentenza nel corso di una mattinata interminabile. Non pensavo a una condanna. Immaginavo che sarebbero state riconosciute le motivazioni che hanno indotto Alessio a difendersi dall’aggressione del padre. Eppure confido che la verità trionfi in Appello. Alessio e Simone nel mio cuore sono innocenti, sono vittime di mio marito esattamente come me».
Facciamo un passo indietro. Com’ è stata la vita con suo marito?
«Semplicemente un inferno. Ero vessata, umiliata, minacciata, insultata e picchiata anche davanti ai ragazzi, costretti più volte a intervenire per fermare la sua furia».
Lui aveva una pistola?
«Sì. E quando gli accennavo che le cose tra me e lui avrebbero dovuto cambiare, andava a prenderla, estraendola dalla cassaforte a muro in cui era custodita. Una sera la poggiò sul tavolo, e cenammo tutti e quattro in un’atmosfera di terrore, con la rivoltella davanti agli occhi. Altre volte erano stati Alessio e Simone a fermare il padre, disarmandolo quasi fisicamente con infinite suppliche: “Papà ma cosa fai? Non puoi risolvere le cose così…”. Allora Pasquale si calmava, i ragazzi gli volevano bene e lui lo sapeva».
Quando ha denunciato suo marito?
«Dopo il Capodanno 2019. Andammo a un veglione con amici. A mezzanotte lui provò a baciarmi, io mi scostai e s’ infuriò… Mi fu chiaro che dovevo salvarmi: e mi rivolsi al centro anti-violenze Mascherona e all’avvocata Nadia Calafato che ora difende Simone (mentre Alessio è assistito da Luca Rinaldi, ndr )».
Poi?
«Dopo il divieto di avvicinamento cambiai quattro volte domicilio, informando le forze dell’ordine. I ragazzi mi coprivano, ma lui mi ha sempre ritrovato, pedinando e minacciando le mie amiche. Così nel febbraio 2020 fui trasferita in un centro protetto in Sardegna».
Torniamo al 10 agosto…
«Pasquale andò a casa dei ragazzi, voleva sapere dove fossi e voleva obbligare Alessio a modificare le deposizioni contro di lui in vista del processo per maltrattamenti. Lo pressava… Al suo rifiuto, il padre è diventato una belva e Alessio si è difeso. Ripeto: i miei figli hanno visto anni di violenze, sono vittime come me».
(da il Corriere della Sera)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA CHE FA TREMARE I VERTICI DI VIALE MAZZINI
Una nuova inchiesta fa tremare i manager della Rai. Scoperte gare d’appalto truccate e un giro di mazzette e corruzione.
L’indagine, – si legge su Repubblica- è nata tra le bancarelle del mercato ortofrutticolo di Milano e ha già portato all’arresto dell’ex capo della Direzione acquisti della Tv di Stato, Gianluca Ronchetti. A cui apparterrebbero le buste zeppe di contanti per oltre 194 mila euro e decine di anelli, bracciali, pepite d’oro e Cartier rinvenuti il 31 gennaio nella casa della madre, nascosti dentro i vasi del piccolo giardino all’Aurelio.
Gli inquirenti – prosegue Repubblica – parlano di “un sistema diffuso di irregolarità attuate da dipendenti Rai per favorire l’aggiudicazione di appalti ad alcuni operatori del settore dei servizi di facchinaggio e manovalanza per gli allestimenti scenici nei centri di produzione di Milano e Roma», si legge nell’ordinanza. Tra i vari regali spiccano: due Rolex Daytona, suite all’Hotel Yard di Milano in occasione della partita Roma-Inter, viaggi a Saint Tropez. Persino la chat di gruppo aveva un nome da B-movie: “Martedì…gnocchi”. “Dal 2014 al 2017 sono stati spesi sempre importi maggiori rispetto a quelli che la Rai ha investito per i medesimi servizi nel 2013″, scrivono gli inquirenti.
(affaritaliani.it)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
DUE SINDACI DELLA LEGA, SEI ASSESSORI DI LEGA E FDI, DIECI CONSIGLIERI COMUNALI DI CENTRODESTRA
Sono stati ben 65 gli arresti compiuti la settimana scorsa dai carabinieri nell’ambito di
un’inchiesta dell’Antimafia di Roma, ipotizzando che ad Anzio e Nettuno sia stata costituita una pericolosissima locale di ‘ndrangheta, che faceva ricchi affari con il narcotraffico e con gli appalti pubblici, condizionando la stessa vita politica nelle due città. Un sistema, secondo gli inquirenti, fatto di appoggi in campagna elettorale in cambio di assegnazioni di lavori.
Diciotto i politici che, per la Dda, avrebbero avuto rapporti opachi con la presunta organizzazione criminale e il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, ha deciso di inviare due commissioni d’accesso nei due Comuni per valutare se scioglierli per mafia.
A difendere però il sindaco leghista di Anzio, Candido De Angelis, ex senatore del Pdl, e la sua giunta è subito intervenuto l’ex sottosegretario e coordinatore regionale del Carroccio, Claudio Durigon
Per la Direzione distrettuale antimafia di Roma, alle ultime elezioni nei due centri del litorale romano la presunta associazione mafiosa, con a capo il pregiudicato Giacomo Madaffari e composta da esponenti delle famiglie criminali Gallace, Tedesco e Perronace, avrebbe fatto campagna elettorale per il sindaco leghista De Angelis e per il sindaco civico di centrodestra di Nettuno, Alessandro Coppola.
Nessun politico al momento risulta indagato, ma sono stati indicati rapporti poco chiari tra quella che sarebbe stata una locale di ‘ndrangheta e 18 degli attuali amministratori, oltre a diversi candidati ed ex amministratori.
Nello specifico, l’Antimafia batte sui due sindaci, su sei degli attuali assessori e 10 consiglieri comunali. I contatti con la politica li avrebbe avuto soprattutto Davide Perronace, messo in carcere, figlio del defunto boss Nicola
La presunta associazione mafiosa avrebbe appoggiato cinque assessori di Anzio: l’assessore all’ambiente e sanità Gualtiero Di Carlo, che avrebbe anche rassicurato i Perronace quando si lamentavano di appalti poveri (“Devo parlà io co’ Candido), l’assessore alla scuola Laura Nolfi, di Fratelli d’Italia, il vicesindaco leghista Danilo Fontana, l’assessore alle politiche del territorio Gianluca Mazzi, e l’assessore alle attività produttive Valentina Salsedo.
Ad Anzio la presunta organizzazione criminale avrebbe inoltre fatto campagna elettorale per i consiglieri leghisti Cinzia Galasso, Giuseppina Piccolo e Aristodemo Lauri, per l’ex azzurro Marco Maranesi, che in passato avrebbe anche ricevuto un prestito di 20mila euro dallo stesso boss Madaffari, e per i consiglieri della civica De Angelis, Lucia Pascucci, Matteo Silani, e Flavio Vasoli.
Il consigliere Massimiliano Millaci, eletto con Forza Italia e passato all’Udc, già indagato per narcotraffico, sarebbe infine stato ingaggiato da Francesco Dionisi, ora arrestato, per recuperare un debito di droga da Emanuel Ottaviani, messo invece ai domiciliari, a cui Dionisi aveva consegnato mezzo chilo di cocaina senza ottenere la somma pattuita.
E a Nettuno gli indagati avrebbero fatto campagna elettorale per il sindaco, definito da Madaffari “un amico”, e per i consiglieri Luca Ranucci e Lucia De Zuani, eletta con la Lega e passata a Forza Italia.
L’assessore leghista alle politiche sociali di Nettuno, Maddalena Noce, è stata infine intercettata mentre chiedeva a Gabriele Perronace voti ad Anzio per Anna Sannini, moglie del funzionario comunale Aurelio Droghini.
Per il sindaco De Angelis però la città sta solo “subendo una mortificazione mediatica” e Durigon lo sostiene: “Confidiamo che questa vicenda non comprometterà l’impegno finora dimostrato dal sindaco nel segno della buona amministrazione”.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
SOVRANISTI PATETICI: SALVINI STA SUL VAGO, PER LA MELONI E’ ANCHE COLPA DI BIDEN… TRA UN PAIO DI GIORNI SARA’ COLPA DEGLI IMMIGRATI
Con l’invasione del Donbass da parte della Russia, saranno inevitabili le sanzioni da parte dell’occidente. Così davanti all’escalation russa, la crisi ucraina approda anche al Parlamento italiano che dovrà discutere su quali contromisure attivare.
Ma come sempre accade, la maggioranza è già spaccata con il fronte dei rigoristi, tra cui figurano Il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico, che chiedono immediate contromisure e quello composto da Forza Italia e Lega che predicano prudenza.
Se per il presidente pentastellato, Giuseppe Conte, la situazione è chiara e il via alle sanzioni “ci sta tutto” perché “l’iniziativa di Mosca segna un innalzamento del livello critico e dobbiamo scongiurare una guerra”, ben diversa è la posizione del Carroccio. La Lega ha condannando l’invasione ma, al contempo, sembra preoccuparsi più degli eventuali contraccolpi economici che subirà il Paese e, soprattutto, l’imprenditoria del Nord – già fortemente provata da anni di blocco delle esportazioni verso la Russia – a cui il partito è legato a doppio filo.
Lo sa bene Matteo Salvini che ha sempre strizzato l’occhio a Vladimir Putin, tanto che nel 2017 a La7 affermò che “è improprio definirlo un dittatore” e che credeva che lo zar assieme a Donald Trump e Marine Le Pen avrebbe giocato un ruolo nel futuro delle democrazie e della pace nel mondo, e ora viene smentito dai fatti.
Proprio per questo il Capitano è il più prudente dell’intero arco parlamentare tanto che ieri ha ribadito di “sperare che Draghi vada sia a Kiev che a Mosca”, sottolineando come le sanzioni “sono l’ultima delle soluzioni possibili”. Ma di alternative non sembra esserci traccia e infatti Salvini in queste ore si limita a dire: “Appoggio quello che sta facendo Draghi, e l’Italia mi sembra che a differenza di altri che sarebbero già in guerra domani, abbia una posizione prudente, equilibrata e dialogante”.
Salvini, il grande fan di Putin, una condanna netta sulla situazione in Ucraina non riesce a esprimerla. Il silenzio imbarazzante dietro cui si sta trincerando la Lega per evitare di pestare i piedi allo zar Putin è già stato oggetto di critiche, ma la risposta che ha dato Salvini, incalzato dai giornalisti, è un capolavoro di cerchiobottismo.
“Se condanno le azioni di Putin? Io condanno ogni lesione dei confini” dice Salvini, pur di non fare il nome di Putin. “I confini sono sacri, non si violano” continua Salvini “a me i carri armati non piacciono, di tutto abbiamo bisogno fuorché di guerra”.
Già oggi, Europa Verde aveva condannato il silenzio della Lega sull’argomento.
Meglio non fa Giorgia Meloni, che almeno riesce a riconoscere le responsabilità di Putin ma ci tiene a specificare che “è anche colpa di Biden”.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
VALERIE PECRESSE E ERIC ZEMMOUR PERDONO TERRENO
Sondaggi politici, in Francia Macron sempre avanti con grandi possibilità di riconferma
alla Presidenza della Repubblica per il prossimo mandato, visto che tutte le proiezioni lo danno vincente al ballottaggio.
Continua la discesa nei sondaggi di Valerie Pecresse.
Secondo un rilevamento Opinion 2022 condotto da Elabe, la candidata dei Republicains (Lr) alle presidenziali francesi di aprile ha perso altri 2,5 punti nelle intenzioni di voto al primo turno e otterrebbe l’11,5% dei suffragi.
Il presidente Emmanuel Macron, non ancora candidato ufficiale, si attesta sul 24,5% e avanza di mezzo punto, davanti a Marine Le Pen, che arriva al secondo posto con il 18%.
Il suo rivale nazionalista Eric Zemmour, ancora molto indietro, è dato al 13,5% al primo turno. Sulla sinistra, Jean-Luc Melenchon della France Insoumise otterrebbe l’11%
Seguono il verde Yannick Jadot con il 5,5% e il comunista Fabien Roussel con il 4%. Fanalini di coda, la candidata vincitrice delle “primarie popolari” Christiane Taubira con il 2,5%, lo stesso score della socialista Anne Hidalgo.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
IL RITO, PREVISTO A MARZO SARA’ UNA SORTA DI “MATRIMONIO MORGANATICO”: ALLA BADANTE DEL CAV ANDRA’ UNA RICCA DOTE MA NON CI SARA’ ALCUN VINCOLO NE’ DIRITTO EREDITARIO… I FIGLI DI VERONICA LARIO TREMANO ALL’IDEA CHE POSSA ESSERCI UNA NUOVA “MOGLIE” A SPARTIRE IL PATRIMONIO
La notizia arriva al mattino come una bomba, sfuggita al ferreo controllo dei guardiani di Arcore, forse per forzare su un evento che si voleva celebrare.
Quel che è certo è che l’indiscrezione pubblicata ieri sulla prima pagina di Libero, con l’ipotesi di un imminente matrimonio tra Silvio Berlusconi e la sua compagna, Marta Fascina, ha prima trovato conferme in Forza Italia – nonostante le bocche ufficialmente cucite -, poi nell’entourage dell’ex premier.
Ma a sera è stata smentita, dopo ore molto concitate. «Il rapporto di amore, di stima e di rispetto che mi lega alla signora Marta Fascina è così profondo e solido che non c’è alcun bisogno di formalizzarlo con un matrimonio – scrive il Cavaliere -. Le indiscrezioni comparse oggi sugli organi di stampa non rispondono dunque a verità».
Ma «proprio perché si tratta di un legame così profondo e così importante, assieme a lei sto progettando per un prossimo futuro di festeggiarlo come merita, con un appuntamento che coinvolgerà i miei figli e gli amici».
Non ci sarà nessun matrimonio tradizionale insomma, ma il cosiddetto «matrimonio simbolico», rito diffuso in America, che rappresenta la volontà di suggellare un’unione, con un rituale che non ha valore civile, né giuridico. Una sorta di fidanzamento ma senza necessario sbocco nel matrimonio.
Per il 19 marzo è previsto un «party all’americana», per il quale sono già stati contattati i fornitori, dove è ancora da stabilire.
Ma cosa è successo tra la pubblicazione dell’indiscrezione su Libero e la smentita serale? «Affari di famiglia», dicono i bene informati. Già, la grande, complessa, onnipresente, ramificata famiglia del Cavaliere, che ha avuto sempre un ruolo importante nelle sue scelte – perfino le più politiche – e figurarsi in questo passaggio della vita del fondatore di uno dei più grandi imperi economici europei.
L’ipotesi di un matrimonio vero e proprio è stato solo un fraintendimento? Difficile dirlo, considerando l’escalation di segnali negli ultimi mesi, dai servizi sui giornali di famiglia dalla Sardegna o la Svizzera, ai post su Instagram per festività, compleanni, San Valentino e perfino un bacio sotto gli occhi di Adriano Galliani nella tribuna dello stadio dell’amato Monza.
Però, il matrimonio di un uomo come Silvio Berlusconi prevede complesse conseguenze sul piano patrimoniale, non di facile soluzione.
A quanto risulta la giovane Fascina, nonostante i 53 anni che la separano dal compagno, viene apprezzata per il ruolo che ha saputo ritagliarsi e i limiti che ha scelto di porsi, in pubblico ma anche in privato.
Piace soprattutto, dicono, a Marina e Piersilvio, che la vedono come la donna giusta per dare tranquillità e serenità al padre. Ma un problema c’è. I tre figli di Veronica Lario – Barbara, Eleonora e Luigi – sono eredi dell’impero paterno così come lo sono i due figli del primo matrimonio, Marina e Piersilvio.
Se si celebrassero vere nozze, con i diritti che acquisirebbe la Fascina, la suddivisione cambierebbe, con la quota legittima che spetterebbe alla nuova moglie. Un passaggio delicatissimo. Quindi, ogni voce e accelerazione è stata bloccata.
Berlusconi resta impegnato sul fronte politico e intanto omaggia la sua compagna. Perché la vita per lui è quella che arriverà e non quella che già c’è stata.
Il matrimonio morganatico è una forma di matrimonio sviluppatasi già in età feudale, per la quale il marito concedeva una donazione (detta morganatica) alla moglie di secondo letto, subordinata al patto esplicito che a essa (e agli eventuali figli) non sarebbe spettato alcun diritto sui beni del marito in concorrenza con gli altri figli. Il matrimonio morganatico era utilizzato anche nell’unione di un nobile con una donna di rango inferiore, e garantiva che né lei né gli eventuali figli acquisissero la posizione giuridica del marito. Per la legge salica, i figli nati da matrimonio morganatico erano esclusi dai diritti di successione
(da il Corriere della Sera)
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