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“BAMBINI STUPRATI, TORTURATI E UCCISI” : FOSSE COMUNI, TORTURE, STUPRI, ESECUZIONI SOMMARIE, LA RITIRATA DEI RUSSI LASCIA DIETRO DI SE’ UNA SCIA DI BARBARIE E ORRORI INDICIBILI

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

A UN UOMO E’ STATA TAGLIATA UNA GUANCIA, UN ALTRO BRUCIATO CON IL LANCIAFIAMME… “BIMBI DI MENO DI 10 ANNI UCCISI CON SEGNI DI STUPRO TROVATI NELLA CITTÀ DI IRPIN”

Fosse comuni, torture, stupri, esecuzioni di civili. «Numerosi bambini stuprati e torturati a Irpin», denunciano gli ucraini. La ritirata dell’esercito di Putin dall’area attorno a Kiev sta lasciando dietro di sè una scia di dolore, atrocità e distruzione. I russi contestano, negano anche ciò che immagini e testimonianze dimostrano.
Ma una cosa è indubitabile: l’esercito di Putin dal 24 febbraio ha superato i confini dell’Ucraina, ha raggiunto le cittadine a ridosso di Kiev, le ha occupate, le ha bombardate.
Dove sono passati i soldati russi oggi ci sono cadaveri e macerie. Il padre di tutti i lapsus freudiani lo commette l’ambasciatore russo alle Nazioni unite, Vasily Nebenzya, che prende la parola e dice per negare le atrocità commesse dai suoi connazionali a Bucha: «I cadaveri che giacevano nelle strade non esistevano prima dell’arrivo delle truppe russe…». Si accorge di avere di fatto ammesso le responsabilità dell’esercito di Putin e subito si corregge: «Volevo dire prima che i soldati russi se ne andassero, scusate».
TESTIMONI
Gaffe a parte, la linea difensiva di Mosca è chiara: i cadaveri a Bucha sono stati messi dagli ucraini, è una mistificazione. Il problema – il tragico problema – è che le immagini ormai cominciano a essere troppo numerose e dettagliate, troppe le interviste raccolte dalle Tv di tutto il mondo corse nelle città degli orrori, per potere realisticamente pensare a una montatura.
E le immagini del satellite testimoniano come sulle strade i cadaveri fossero giù presenti l’11 marzo, mentre l’esercito russo ha abbandonato la città il 30. Il quotidiano britannico
The Telegraph ha raccontato una testimonianza: a Bucha a un uomo è stata tagliata una guancia, un altro è stato bruciato con il lanciafiamme, nei sotterranei di un ospedale pediatrico c’era una camera delle torture. Il video mostrato da Zelensky alle Nazioni unite mostra corpi carbonizzati sulle strade, alcuni sembrano bambini.
L’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina fa anche sapere: a Bucha le truppe occupanti hanno cercato di bruciare i corpi di sei civili per nascondere le tracce delle torture. E si aggiunge: «Durante l’occupazione, i militari delle forze armate della Federazione Russa, in violazione del diritto umanitario internazionale, hanno ucciso civili e dato fuoco ai loro corpi per coprire il crimine».
E purtroppo i racconti di atrocità commessi dagli occupanti stanno aumentando e spiegano anche perché 4 milioni tra donne e bambini sono fuggiti dall’Ucraina da quando è cominciata l’invasione ordinata da Vladimir Putin.
Scrive su Telegram il difensore civico ucraino Lyudmila Denisova: «Numerosi casi di tortura di civili si registrano nei territori liberati dagli occupanti. Bambini di meno di 10 anni uccisi con segni di stupro e tortura sono stati trovati nella città di Irpin. Nella regione di Kiev, il campo per bambini di Prolisok ha ospitato per tre settimane la base di un’unità dell’esercito razzista.
Nel seminterrato sono stati trovati cinque cadaveri di uomini con le mani legate dietro la schiena. Sono stati torturati e poi uccisi a sangue freddo. Una delle vittime aveva il cranio schiacciato.
Altri uomini sono stati uccisi con un colpo alla parte posteriore della testa o del torace». Irpin è a Nord-ovest di Kiev, a 30 chilometri.
Nel villaggio di Viktorivka, nella regione di Chernihiv, «hanno tenuto la gente in ostaggio nei sotterranei, compresi anziani e neonati.
I residenti venivano scortati anche per raccogliere un secchio d’acqua. Non venivano fornite cure, nemmeno a quelli la cui vita dipendeva da trattamenti medici». Secondo la commissaria agli Affari Interni della Unione europea, Ylva Johansson, «l’esercito russo ha ucciso 158 bambini e feriti tanti altri.
Questi crimini non possono restare impuniti». In serata nuovo bilancio del procuratore ucraino: i minori uccisi sono 165. Proprio ieri, dall’altra parte del mondo, è giunta la notizia dal Mali che mercenari russi della brigata Wagner in Africa hanno partecipato a un’operazione che ha causato 300 morti tra i civili.
A Bucha sono stati trovati almeno 350 corpi. Ci sono le fosse comuni, ma anche le immagini, che probabilmente saranno ricordate a lungo anche in futuro quando si parlerà dell’invasione russa in Ucraina nei libri di storia, dei cadaveri con le mani legate sul ciglio della strada, a volte giustiziati con un colpo alla testa.
Ma è in tutta l’area attorno a Kiev, quella a lungo occupata dall’esercito russo, che sono segnalati di atrocità.
Secondo Zelensky a Borodjanka, a 25 chilometri da Bucha, il bilancio delle vittime potrebbe essere anche peggiore. I bombardamenti degli aerei russi hanno distrutto quasi tutti i palazzi, tra le macerie ci sono decine di corpi. Su un cadavere, trovato con le mani legate, i segni di torture.
Racconta all’Ansa il sindaco della cittadina, Georgiy Erko: «Ci sono i corpi di circa 200 civili sotto le macerie dei palazzi colpiti a Borodjanka dalle bombe dei russi. Il 24 febbraio siamo stati la prima città ad essere bombardata. Stiamo cominciando adesso a portare via i cadaveri perché i russi non ce lo hanno permesso fino a quando c’è stata l’occupazione. Ci hanno detto che potevamo evacuare, ma sparavano a chiunque uscisse in strada, affiggendo cartelli affinché restassimo in casa e disegnando il simbolo dell’occupazione ovunque».
Il procuratore generale Iryna Venediktova: «Siamo convinti che il numero delle vittime a Borodjanka sarà più alto di quello di Bucha». A Motyzhyn, quarantacinque chilometri a Ovest della Capitale, le autorità ucraine parlano del ritrovamento di cinque cadaveri, con le mani legate.
Tra di loro la sindaca Olga Suchenko, il marito e il figlio. «Hanno torturato e ucciso l’intera famiglia». Più a Èst, a 280 chilometri da Kiev, c’è una città di 90mila abitanti, Konotop. Siamo nella regione di Sumy il cui governatore, Dmytro Zhyvytsky, ha raccontato: sono stati trovati i corpi di tre civili uccisi e torturati.
Tutte le verifiche indipendenti, che hanno passato al setaccio i video, hanno dimostrato che sono credibili, mentre le immagini satellitari dimostrano che nel caso più importante di Bucha i cadaveri per strada c’erano anche prima della ritirata dell’esercito di Putin.
Secondo gli ucraini ora Mosca sta preparando una massiccia operazione di mistificazione, una campagna di disinformazione «per nascondere la loro colpa per le uccisioni di massa di civili a Mariupol». Secondo Zelensky «cercheranno di nascondere le tracce dei loro crimini
(da agenzie)

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LE SPIE VENUTE DAL FREDDO, CHI SONO I 30 DIPLOMATICI RUSSI ESPULSI DALL’ITALIA: ALMENO 25 SONO CONSIDERATI AGGREGATI AI SERVIZI SEGRETI RUSSI

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

LA REGOLA ‘TECNICA’ VUOLE CHE UNA VOLTA IDENTIFICATO UN DIPLOMATICO CHE SVOLGE IL RUOLO DI SPIA NON LO SI COMUNICHI AL GOVERNO STRANIERO MA SI LASCI AL SUO POSTO. IN QUESTO CASO PERÒ È PREVALSA LA SCELTA POLITICA

Una decisione «legata alla nostra sicurezza nazionale», ha spiegato il ministro degli Esteri Lugi Di Maio, ma all’origine della maxi-espulsione c’è una scelta politica fatta con altri Paesi europei: un taglio di 30 titolari di passaporto diplomatico (all’incirca il 20 per cento dell’intera rappresentanza moscovita in Italia), che corrispondono ai 40 mandati via dalla Germania, 35 dalla Francia, 25 dalla Spagna, 15 dalla Danimarca e così via.
Ma al momento di identificare le «persone non gradite» da rimpatriare entro 72 ore è entrato in campo il controspionaggio affidato all’Aisi, l’Agenzia di informazioni e sicurezza interna che ha stilato un elenco di persone già individuate con certezza (o quasi certezza) come agenti segreti in cerca di informazioni o potenziali reclutatori di spie.
Sono tutte persone accreditate presso l’ambasciata di Mosca a Roma, con incarichi e compiti diversi: primi e secondi segretari, consiglieri, rappresentanti commerciali, addetti militari delle varie Armi, semplici impiegati dediti al disbrigo di pratiche ordinarie.
Distribuiti nei tre settori in cui si dividono le attività: difesa, commerciale e amministrativo. Dei 30 nomi, almeno 25 sono considerati aggregati a una delle tre sigle in cui si dividono servizi segreti russi: Svr, Fsb e Gru, che si occupano rispettivamente di spionaggio all’estero, di sicurezza interna e di intelligence militare
Per loro gli incarichi dichiarati al momento della richesta di accredito presso il ministero degli Esteri italiano sarebbero stati niente più che una copertura; per l’Aisi erano 007 incaricati di muoversi in ambiti istituzionali italiani o di altre rappresentanze diplomatiche (ad esempio le cerimonie uficiali indette per le feste nazionali dei vari Paesi), con l’obiettivo di carpire informazioni o agganciare persone che potessero fornire notizie utili alla causa della Madrepatria.
Oppure responsabili o delegati ad attività commerciali che si muovevano nel campo delle imprese, o di settori particolari. Tutte persone individuate da tempo, seguite e monitorate dal controspionaggio che le aveva già catalogate come agenti segreti (nella maggior parte dei casi) e ne stava seguendo le mosse.
Il provvedimento di espulsione, adottato come una sorta di ulteriore sanzione nei confronti del regime di Putin, ha svelato l’attività di controllo, che altrimenti sarebbe continuata sottotraccia.
La regola «tecnica» vuole che una volta identificato un diplomatico che svolge il ruolo di spia non lo si comunichi al governo straniero ma si lasci al suo posto: meglio tenersi in casa chi ormai è conosciuto e dal quale si sa che cosa aspettarsi piuttosto che mandarlo via e aprire la strada a una sostituzione porterebbe sul suolo nazionale un’altra persona sulla quale bisognerebbe ricominciare daccapo l’azione di monitoraggio. In questo caso però è prevalsa la scelta politica.
Così come un anno fa, a seguito dell’arresto dell’ufficiale della Marina italiana Walter Biot accusato di aver ceduto ai russi notizie coperte dal segreto militare, furono espulsi i suoi due reclutatori: l’addetto navale e aeronautico dell’ambasciata a Roma, Alexey Nemudrov, e l’impegato di quel’ufficio Dmitri Ostroukhov, sorpreso a ricevere da Biot le fotografie di documenti riservati in cambio di poche migliaio di euro nascoste in una confezione di medicinali.
Il processo a Biot è cominciato ed è stato subito rinviato, in attesa che si decida sul conflitto di giurisdizione fra tribunale ordinario e tribunale militare sollevato dalla difesa, ma la presidenza del Consiglio e il ministero della Difesa si sono già costituti pare civile contro l’imputato. Questi sono i casi in cui il lavoro di spionaggio e controspionaggio viene alla luce, ma il più delle volte tutto resta sottotraccia. Anche perché a un’azione diplomatica così forte da un lato corrisponde sempre una reazione dall’altro.
Dopo l’espulsione dei due russi legati al caso Biot, Mosca ha rimpatriato l’addetto militare dell’ambasciata italiana, ed è pressoché certo che a seguito del provvedimento comunicato ieri la Russia faccia altrettanto con una nutrita schiera di rappresentanti italiani e degli altri Paesi europei che hanno decretato gli allontanamenti. Atri tempi rispetto a quando, nemmeno due anni fa, il ministro della Giustizia italiano Alfonso Bonafede rimandò a casa Alexander Korshunov, il manager arrestato a Napoli nel 2019 perché accusato dagli Stati Uniti di spionaggio industriale, negando l’estradizione nello Stato dell’Ohio.
(da agenzie)

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BERLUSCONI, GRILLO E SALVINI, NIENTE DA DIRE SU PUTIN?

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

IL CAV HA CONDANNATO “L’AGGRESSIONE INACCETTABILE DELL’UCRAINA” SENZA CITARE ‘MAD VLAD’… ASSORDANTE SILENZIO DA PARTE DI GRILLO, NESSUNA DICHIARAZIONE DI SALVINI SULLO ZAR, MA LANCIA SPEZZATA CONTRO L’ESPULSIONE DEI DIPLOMATICI RUSSI

Cinque lettere, tre consonanti, due vocali. Nessuna difficoltà nella pronuncia. Eppure le parole circumnavigano. E le frasi, ellittiche del soggetto, zoppicano, traballano, incespicano, ruzzolano. Come è difficile dire: Putin.
Una strana forma di afasia, limitata all’impossibilità di sillabare un solo nome. Colpisce maestri dell’eloquio, principi della retorica, oratori infaticabili, capaci di parlare per ore ed ore senza il soccorso di un goccio d’acqua. Quattro per tutti, come i moschettieri: Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Beppe Grillo, Giuseppe Conte.
A voler usare un altro parolone, o a voler esser buoni, si tratta di paraprassìa, che secondo il dizionario Treccani, in psicologia e in psichiatria, configura un movimento, un’azione o espressione verbale inadeguati, errati o involontariamente omessi, e come tali interpretabili secondo il concetto psicanalitico di “atto mancato”.
A voler pensar male, prepara invece il terreno del domani, quando una pace ancora lontana magari arriverà e potranno sbiadire, almeno nella mente di chi è capace di rimuovere ferite indelebili, le bombe, le stragi, la paura, gli stupri, i bambini strappati all’infanzia. E si potrà finalmente tornare a parlare con l’amico ritrovato, quello di mille lodi e centomila affari: Vladimir Putin.
La lunga attesa «Abbiamo un duplice dovere: quello di lavorare per la pace e quello di fare la nostra parte con l’Alleanza Atlantica, con l’Occidente, con l’Europa, per porre fine a un’aggressione militare inaccettabile». La frase di Silvio Berlusconi, seppure pronunciata solo dopo trentotto giorni di guerra, è oggettivamente ineccepibile.
Oddìo, a voler essere impietosi, un dubbio si potrebbe sollevare: perché un duplice dovere? Fare la nostra parte con l’Europa non è già lavorare per la pace? Ma, anche a voler tacere quella che in tempo di invasioni potrebbe essere considerata lana caprina, come dimenticare Putin? Non è lui l’uomo che ha costretto un suo importante collaboratore a vergognarsi per sempre per aver balbettato senza opporsi all’annessione del Donbass?
Certo era lui quello con cui Berlusconi sorrideva colbacco contro colbacco o che definiva «il numero uno tra i leader mondiali», nella convinzione che blandire un dittatore potesse trasformarlo in un governante illuminato.
Per quanto riguarda il Commodoro dei Cinque Stelle, Beppe Grillo, fa scuola quello che ha scritto Alessandro Trocino sul Corriere . Settimane di assordante silenzio. O meglio, giorni e giorni di passeggiate nell’iperuranio.
Non una parola su Putin, ma sproloqui (o eloqui) sull’energia solare, sulla blue economy, e poi sulle particelle di plastica, sulla realtà aumentata, sul reddito universale, sul metaverso, sui robot archeologici.
Eppure era Grillo quello che sentenziava: «Putin è l’uomo che dice le cose più sensate in politica estera». Si passi pure come ingenua speranza la frase secondo la quale «Se Trump ha voglia di convergere con Putin, di rimettere le cose sulla giusta strada, non può che avere il nostro appoggio. Due giganti come loro che dialogano: è il sogno di tutto il mondo!».
Ma allora perché non parlare ora perlomeno di speranza tradita? Perché impantanarsi sul metaverso?
La sindrome Bisogna riconoscere a Matteo Salvini di averci provato e riprovato: ha votato a favore delle sanzioni e per il sostegno militare all’Ucraina invasa. Ma alla fine la sindrome di Stranamore ha spinto per emergere. L’occasione l’ha data l’ennesima vittoria elettorale di Orbán in Ungheria. «Bravo Viktor! Da solo contro tutti, attaccato dai sinistri fanatici del pensiero unico, denigrato da chi vorrebbe sradicare i valori legati a famiglia, sicurezza, merito, sviluppo, solidarietà, sovranità e libertà, hai vinto anche stavolta».
E poco importa se Orbán ha rivendicato di aver vinto anche contro Zelensky, frantumando per altro il fronte di Visegràd.
Silenzio su Putin, che resta pur sempre quello per cui avrebbe dato via due Mattarella, pur di averne una metà, ma lancia spezzata contro l’espulsione dei diplomatici russi. Non si dica che Giuseppe Conte non ha mai nominato Putin.
«Ho parlato con lui per un’ora e mezza sugli accordi di Minsk. Putin, molto puntualmente, contestava la mancata attuazione e io cercavo di controbattere sulle violazioni russe. È una personalità molto pragmatica e ovviamente impregnata di un forte sistema ideologico. Ma non ho mai percepito il rischio di un’invasione dell’Ucraina».
Un po’ pochino? Ma va capito, c’è un fronte elettorale prossimo venturo, e un fronte interno. Bisognerà pure diversificarsi un po’ da Luigi Di Maio, che almeno ora ha rotto i vecchi ponti con la Russia.
Dimentica Putin anche il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, che chiede una commissione d’inchiesta neutrale sul massacro di Bucha: «Con quasi ogni certezza sono stati i russi. Ma ci deve essere un processo prima di una condanna».
È di ieri la notizia che la comunità ebraica non parteciperà neanche quest’ anno al corteo organizzato dall’Anpi a Roma per il 25 aprile.
(da agenzie)

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“I SOLDATI RUSSI LADRONI IN FILA PER SPEDIRE A CASA I BENI RUBATI AI MORTI IN UCRAINA“

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

TV, VESTITI, TAVOLI

Hajun Project, un gruppo di volontari bielorussi anonimi, ha pubblicato sul suo sito un video che mostra una fila di soldati russi negli uffici del servizio di consegna CDEK a Minsk.
I militari sono lì perché vogliono spedire cose ai loro familiari in Russia. E secondo il collettivo tra questi ci sono anche i beni che i soldati russi hanno razziato a Bucha.
La ripresa è stata effettuata da una telecamera di servizio.
Secondo il racconto di Hajun Project il 2 aprile i soldati delle Forze armate russe hanno consegnato per la spedizione all’ufficio del servizio di consegna espresso russo CDEK in via Kuibysheva, 32 a Mazyr (Bielorussia) più di 2 tonnellate di beni, di cui una parte significativa appare rubata.
Il collettivo ha pubblicato i nomi, i numeri di telefono e il contenuto dei pacchi di quei soldati che hanno inviato pacchi di 50-450 chilogrammi in Russia.
Repubblica spiega oggi in un articolo a firma di Daniele Ranieri che in questo modo i razziatori di case ucraine compilano da soli davanti alla telecamera un registro delle loro ruberie.
“Kovalenko Yevgeny Yevgenievich manda 450 chilogrammi di attrezzi, casse audio, un tavolo, una tenda e altro” a casa sua a Rubtsovsk.
“Serdtsev Andrei Nikolayevich manda 150 chilogrammi di attrezzi, vestiti e un televisore” anche lui a casa sua, di nuovo a Rubtsovsk.
Nella lista ci sono sedici nomi di soldati russi, ma è lecito supporre che la stessa scena si sia ripetuta altrove.
(da agenzie)

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SE ANCHE I RUSSI SAPESSERO DELLE VIOLENZE PENSEREBBERO CHE MOSCA HA RAGIONE?

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

NESSUN PROBLEMA, VUOL DIRE CHE SONO DEGNI DEL LORO REGIME CRIMINALE E COME TALI VANNO CONSIDERATI

Alexey Levinson è il direttore del dipartimento socioculturale del Levada Center, ultimo istituto demoscopico indipendente in Russia e perciò inserito dal governo, nel 2016, tra gli «agenti stranieri».
In un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera spiega che nonostante le stragi e gli orrori della guerra in Ucraina attualmente il consenso di Vladimir Putin viaggia intorno all’83%.
E c’è di più: il 53% sostiene «decisamente» la guerra in Ucraina, il 28% «abbastanza»; per il 43% la guerra serve a «proteggere i russi delle repubbliche autonome», per il 25% è una «guerra di difesa», per il 21% «combatte il nazionalismo».
I sondaggisti non usano la parola «guerra», vietata per legge, «ma i russi lo sanno ormai benissimo che si sta combattendo», spiega Levinson a Irene Soave.
Secondo Levinson il problema però non è l’informazione russa: dei crimini di guerra i cittadini sono «totalmente ignari.
Un’altra legge impedisce di diffondere foto come quelle di Bucha, che stanno sconvolgendo l’Occidente, perché sarebbero “vilipendio alle forze armate”.
Ma anche se lo sapessero, penserebbero che la Russia ha ragione di comportarsi così». E questo perché «quando ci sono pressioni governative sulle opinioni, come oggi in Russia, aumentano le risposte “non sa, non risponde”, che in genere significa “risponderei, ma ho paura”. In questo caso no.
Molte persone sembrano aver aderito convintamente alla versione diffusa dalla propaganda, e rispondono orgogliose a favore della “operazione militare”».
(da agenzie)

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L’ENI TAGLIA I FONDI A ORSINI

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

CACCI I SOLDI PUTIN PER FINANZIARE LA SUA PROPAGANDA

Prima l’università Luiss che prende le distanze dalle sue posizioni sulla guerra in Ucraina. Poi la Rai che gli cancella il contratto già firmato con il programma Cartabianca. E adesso anche l’Eni, pronta a tagliare i fondi al suo Osservatorio sulla Sicurezza internazionale.
Un’altra mazzata in arrivo, per il professor Alessandro Orsini, il sociologo del terrorismo diventato il personaggio più discusso dei salotti tv che parlano di guerra in Ucraina.
Una fonte qualificata interna a Eni ha riferito a TPI che l’azienda non ha intenzione di rinnovare il finanziamento che eroga dal 2016 all’Osservatorio interno alla Luiss diretto da Orsini, cifra il cui ammontare è coperto da riservatezza. Interpellata dal nostro giornale, la società ci fa sapere in via ufficiale che “non commenta l’indiscrezione”. Ma la decisione sembra ormai presa.
Non sono note le motivazioni all’origine della scelta, ma è logico pensare che abbiano avuto un peso le polemiche scaturite per le posizioni assunte dal professore sull’invasione russa dell’Ucraina e sulla strategia dell’Occidente rispetto al conflitto in corso. Interpellato da TPI, Orsini non ha voluto commentare la notizia.
L’Osservatorio sulla sicurezza internazionale, fondato dal docente sei anni fa, si occupa di ricerca, consulenza, organizzazione di eventi pubblici: la sua missione – si legge sul sito – è “creare ponti tra il mondo accademico e il pubblico, con l’obiettivo di consentire un processo decisionale informato sulle questioni di sicurezza internazionale”.
L’osservatorio edita anche il quotidiano online Sicurezza Internazionale, diretto dallo stesso professor Orsini e a cui lavorano una decina di giovani analisti.
Il finanziamento di Eni ha ad oggetto in particolare la realizzazione di un progetto intitolato “Geopolitica dell’energia”, dedicato – come viene spiegato in un vecchio comunicato stampa – alla “analisi dei fenomeni di natura sociale, politica e culturale che caratterizzano i Paesi dell’area Mediterranea e del Medio Oriente e del loro impatto sul business dell’energia”.
Eni specifica che il finanziamento non è erogato direttamente all’osservatorio di Orsini, bensì alla Luiss, che lo ha poi affidato al professore.
(da agenzie)

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CUPERLO RISPONDE A ORSINI: “LAVORARE PER LA PACE SIGNIFICA SOSTENERE LA RESISTENZA UCRAINA“

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

LA REPLICA AL TEORICO DELLA RESA AI RUSSI

“L’Ucraina è stata invasa e aggredita e il suo popolo ha scelto la via della resistenza”. Ospite del programma di Rai3, Carta Bianca, condotto da Bianca Berlinguer, Gianni Cuperlo è intervenuto parlando della necessità di sostenere attivamente l’Ucraina nel conflitto contro la Russia.
Membro del Partito Democratico e della Direzione Nazionale dei dem, Cuperlo ha dichiarato che in questo particolare momento storico “lavorare per la pace significa sostenere la resistenza ucraina”, invitando alla riflessione anche il prof. Orsini, nuovamente presente nello studio di Rai3 nonostante le polemiche delle scorse settimane.
“Il professor Orsini avrà letto, sono certo, le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana…”, ha esordito Cuperlo nel corso del programma.
“Erano ragazzi di vent’anni, anche meno, che per garantire al loro Paese un futuro di libertà e Democrazia andavano incontro a quel destino. L’Ucraina è stata invasa da un Paese straniero e tanti giovani hanno scelto di lottare per la propria nazione”, ha poi concluso
(da NeXtQuotidiano)

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ORA ORSINI SOSTIENE CHE I BAMBINI POSSANO VIVERE FELICI SOTTO LA DITTATURA

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

CONTINUA IL DELIRIO A CARTABIANCA: “LA VITA UMANA VIENE PRIMA DELLA LIBERTA’ E DELLA DEMOCRAZIA“

Il direttore e fondatore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS Alessandro Orsini spiega ancor più nel dettaglio a Cartabianca la strategia che dovrebbe adottare il governo Draghi per cercare di fare “concretamente” pace con la Russia della quale ha scritto nell’ultimo editoriale per il Fatto Quotidiano. “Il governo italiano – sostiene Orsini – deve rendersi disponibile a guerra in corso al riconoscimento di Crimea e Donbass. Non vuol dire riconoscerle, ha un altro valore strategico”.
Poi una critica al presidente ucraino: “Io non affido la situazione a Zelenksy perché quest’uomo è totalmente incapace di gestirla, dobbiamo proteggerlo da se stesso, perché politicamente è un incapace totale”.
“Però il popolo riconosce Zelensky, non l’Italia, la Germania, la Francia o la Spagna”, gli fa notare Berlinguer. “È vero – replica il sociologo – ma se vogliono tirare dentro anche l’Italia in questa guerra devono accettare che possa dire la propria, anche che possa dire di essere disposta al riconoscimento dei territori indipendentisti. Io guardo da una prospettiva umanitaria, uno dei motivi per i quali vengo così poco compreso è perché i miei critici e detrattori ragionano in un’ottica politica, dicono sia più importante difendere la libertà, la democrazia, il liberalismo. Bisogna far arretrare Putin perché non possiamo permettere che in maniera arrogante si prenda ciò che vuole. Ma io non ragiono così”.
E in che modo, allora?. “Preferisco – spiega Orsini – che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che muoiano sotto le bombe in una democrazia. Anche perché un bambino può essere felice anche in una dittatura, perché può vivere dell’amore della famiglia”.
( da neXt Quotidiano)

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BAMBINI UCRAINI STUPRATI, TORTURATI E UCCISI A IRPIN E NON SOLO

Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile

TESTIMONIANZE TERRIBILI SUI CRIMINI RUSSI

Con la graduale liberazione della periferia Nord Ovest di Kyiv emergono sempre più le testimonianze degli orrori commessi dai soldati russi nei centri come Irpin, Bucha e le altre città sulla strada che porta dalla Capitale fino in Bielorussia: fosse comuni per civili uccisi in esecuzioni sommarie, stupri e torture, perfino sui bambini.
“Moltissimi sono stati seviziati a Irpin”, è la denuncia di chi ha vissuto con l’esercito di Mosca nel giardino di casa fino al 30 marzo, giorno della ritirata.
Su Telegram il difensore civico ucraino Lyudmila Denisova riporta: “Numerosi casi di tortura di civili si registrano nei territori liberati dagli occupanti. Bambini di meno di 10 anni uccisi con segni di stupro e tortura sono stati trovati nella città di Irpin. Nella regione di Kiev, il “campo per bambini di Prolisok” ha ospitato per tre settimane la base di un’unità dell’esercito razzista. Nel seminterrato sono stati trovati cinque cadaveri di uomini con le mani legate dietro la schiena. Sono stati torturati e poi uccisi a sangue freddo. Una delle vittime aveva il cranio schiacciato. Altri uomini sono stati uccisi con un colpo alla parte posteriore della testa o del torace”.
Su Repubblica c’è la testimonianza di una donna, Alina, che parla dei suoi vicini di casa: “I grandi sono stati fucilati dai russi. Sono rimasti un bambino e sua sorella, che sono stati violentati a lungo, poi uccisi. I corpi sono stati recuperati, e hanno fatto l’autopsia anche per raccogliere le tracce organiche degli stupratori”.
La donna ha anche raccontato come a una ragazza sia stata disegnata una Z sul ventre. Le denunce di crimini di guerra si susseguono mentre l’esercito ucraino libera le città cadute in mano russa: l’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina fa sapere che a Bucha “durante l’occupazione, i militari delle forze armate della Federazione Russa, in violazione del diritto umanitario internazionale, hanno ucciso civili e dato fuoco ai loro corpi per coprire il crimine”.
(da agenzie)

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