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LE SANZIONI ALLA RUSSIA FUNZIONANO O NO? IL DANNO ALLA SUA ECONOMIA VIENE COMPENSATO DALL’EXPORT DI IDROCARBURI DI CUI ITALIA E GERMANIA HANNO DRAMMATICAMENTE BISOGNO

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

DELLE 773 AZIENDE STRANIERE OPERATIVE IN RUSSIA, SE NE SONO RITIRATE SOLO 252 – E NON MANCANO TENTATIVI DI RAGGIRARE L’EMBARGO TRIANGOLANDO VERSO PAESI TERZI

Quanto pesano davvero su Mosca le sanzioni fatte scattare dal 24 febbraio, e per tappe, da Ue, Usa, Canada, Regno Unito, Svizzera, Islanda, Giappone, Corea del Sud, Singapore, Australia e Nuova Zelanda? Lo vediamo dopo avere consultato decine di database, statistiche, documenti dell’Ofac, l’Office of foreign assets control statunitense, della Commissione europea, e con l’aiuto dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e dell’Osservatorio conti pubblici italiani (Ocpi). I Paesi sanzionatori sono in totale 37, ma rappresentano il 59% del Pil mondiale. Fra i 193 che non applicano le sanzioni ci sono Cina, India, Emirati Arabi, Iran e Turchia.
È sospesa l’operatività con 10 banche russe su titoli, prestiti, investimenti, pagamento dei debiti e incasso dei crediti, che tutte insieme fanno all’incirca il 70% degli attivi del sistema bancario russo. Il Tesoro Usa stima che le banche russe effettuino transazioni in valuta estera per l’equivalente di circa 46 miliardi di dollari al giorno a livello globale, l’80% delle quali in dollari statunitensi, e che la stragrande maggioranza di quelle transazioni sia danneggiata dalle sanzioni.
Poi c’è il blocco dello Swift, ossia la stringa alfanumerica da 8 a 11 caratteri dov’è specificata la banca e il Paese di provenienza, usato per velocizzare i pagamenti sui mercati internazionali. Questo blocco colpisce Rossiya, più altre 6 banche già colpite dalla sospensione dell’operatività, mentre sono escluse Sberbank e Gazprombank, autorizzate ad incassare i pagamenti delle esportazioni di gas, petrolio, carbone (che consente quindi di far arrivare comunque quasi 1 miliardo di dollari al giorno).
Le sanzioni hanno scatenato corse agli sportelli, fughe di capitali e fatto crollare il rublo. In risposta la Banca Centrale russa ha alzato il costo del denaro e messo mano alle riserve ufficiali, che in un mese sono scese da 643 miliardi di dollari a 604. Poca roba, perché anche qui le sanzioni hanno congelato il 60% delle riserve, e cioè la quota denominata in euro, dollari, sterline, e yen, pari all’incirca 350 miliardi di dollari.
Dal 24 marzo gli Usa hanno imposto lo stop anche sui 133 miliardi di riserve in oro. La Russia però può disporre della quota di riserve nelle valute dei Paesi non sanzionatori, tra cui la Cina con 83 miliardi in yuan. Per stringere la corda, dal 5 aprile, il Tesoro americano ha vietato alla Russia i pagamenti del debito sovrano con i suoi dollari presenti nelle banche Usa. Vuol dire che già il 27 maggio alla scadenza di una cedola da 101 milioni potrebbe aprirsi la procedura di fallimento dello Stato.
L’embargo pesa anche sui Paesi sanzionatori che non possono più esportare in Russia tecnologia per uso civile, militare e telecomunicazioni, logistica e beni di lusso, come dispositivi elettronici di valore superiore a 750 euro, auto sopra i 50.000 euro, orologi e loro parti, oggetti d’arte. Vietato dall’Ue invece l’import di ferro, acciaio, carbone, legno, materiale per l’edilizia, gomma. Usa e Uk hanno bloccato le loro importazioni di petrolio e carbone, che in tutto valgono complessivamente poco più di 12 miliardi. Mentre il carbone Ue ne vale 4,3.
Dai calcoli dell’Ispi le sanzioni bloccano il 12% dell’import russo, che nel pre-pandemia valeva complessivamente 247 miliardi di dollari, e il 7% del suo export, equivalente a 427 miliardi di dollari. Da parte sua la Russia ha bloccato le forniture di grano, mais, fertilizzanti. L’impatto maggiore invece dovuto al mancato export ed import lo subiscono i Paesi della Ue, anche considerando che le stesse misure sono applicate alla Bielorussia, in quanto Paese fiancheggiatore, e al Donbass, poiché si ritiene che gli acquisti vadano a finanziare la guerra.
I più colpiti dal mancato import di siderurgia e gomma da Bielorussia e Donbass sono soprattutto Italia e Spagna, molto meno Francia e Germania. Non mancano tentativi di raggirare l’embargo triangolando verso Paesi terzi: i dati doganali registrano ad esempio un improvviso aumento di export verso Armenia e Kazakistan proprio dei beni vietati. Si possono invece esportare in Russia tutti gli altri beni, da alimentari alla manifattura, ma l’economia di guerra ha ridotto la domanda, con un impatto globale stimato in 30 miliardi (circa il 20%).
Dal database di Yale risulta che a oggi su 773 aziende operative in Russia, se ne sono ritirate 252, fra cui colossi internazionali come Apple H&M, Ikea McDonald’s, Microsoft e Netflix e le quattro italiane Assicurazioni Generali, Eni, Ferragamo, Yoox. Hanno sospeso le attività in 237, fra cui le compagnie internazionali di container MSC, Maersk e CMA, e le italiane Ferrari, Iveco, Leonardo, Moncler e Prada. Hanno ridotto l’attività in 62, tra cui Enel, Ferrero e Pirelli. In 91 prendono tempo, come Barilla e Maire Tecnimont. Restano in 131: Acer, Auchan-Retail, Lenovo, e le 11 italiane Buzzi Unichem, Calzedonia, Campari, Cremonini Group, De Cecco, Delonghi, Geox, Intesa Sanpaolo, Menarini Group, UniCredit, Zegna Group.
Le liste dei miliardari a cui congelare le proprietà sono disallineate. L’Ue ha stilato un elenco di 1.110 nomi, la Gran Bretagna di 989, gli Usa di 407. E quindi succede che fra i 20 oligarchi e funzionari più ricchi della Russia sanzionati da Ue e Regno Unito, ma non dagli Usa, ci sono l’industriale di fertilizzanti Andrey Igorevich Melnichenko, Roman Abramovich, il fondatore di Alfa-Bank Mikhail Fridman, il produttore di acciaio Viktor Rashnikov.
Sanzionato invece da Usa e Uk, ma non dall’Ue, c’è il produttore di materie prime Victor Vekselberg. Mentre nessuno dei tre ha sanzionato il presidente e principale azionista della società russa del gas Novatek Leonid Mikhelson, e il magnate dell’acciaio Vladimir Lisin. Nessuna sanzione neanche per il presidente del gigante petrolifero Lukoil Vagit Alekperov, considerato meno vicino a Putin del presidente di Rosneft Igor Sechin che mira a prendersi Lukoil per diventare il padrone assoluto del petrolio russo (sanzionato invece sia da Ue e Uk che dagli Usa).
Fra gli intoccati c’è infine il magnate dei metalli Vladimir Potanin, considerato dagli Stati Uniti tra i 210 individui strettamente associati al presidente russo. La scelta di sanzionare alcuni e non altri è frutto di valutazioni politiche ed economiche dei singoli Paesi, poiché, secondo quanto riportato da Forbes , il «predominio della Russia nelle esportazioni di petrolio, gas e materie prime ha collegato il destino dei produttori e delle imprese occidentali con quello delle imprese russe e dei loro proprietari, ovvero gli oligarchi». Atlantic Council stima che oligarchi e funzionari nascondano circa 1 trilione di dollari (tanti quanti ne possiede l’intera popolazione russa) nei paradisi fiscali, per cui scovare le loro proprietà non è facile. Nella Ue, ad oggi, sono stati congelati asset per 29 miliardi.
Sanzioni anche per il mondo dello sport e della cultura. Fuori atleti e squadre dalle gare olimpiche, di tennis, dal mondiale di calcio, dalla Coppa del mondo di sci e mondiali juniores di nuoto. Si terranno fuori dalla Russia la finale di Champions League e il circuito del gran premio di Formula 1. Fuori dall’Eurovision 2022, e Warner Bros, Disney e Sony hanno sospeso l’uscita dei film nelle sale russe.
Tirando le somme: le sanzioni nel loro complesso stanno isolando Mosca e provocando qualche danno alla sua economia, ma ampiamente compensato dall’export di idrocarburi di cui Italia e Germania hanno drammaticamente bisogno. La partita cruciale alla fine può giocarla l’Unione europea decidendo se ci fa più paura la barbarie e la fine dello stato di diritto, o un periodo di forte austerità. Nella risposta la soluzione.
(da il Corriere della Sera)

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TUTTO SI DECIDE NEL DONBASS: I RUSSI VOGLIONO CONQUISTARLO, ANNETTERLO E POI TRATTARE, GLI UCRAINI PUNTANO A SCONFIGGERE I SOLDATI DI PUTIN E POI NEGOZIARE CON MOSCA

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

PER VINCERE, L’UCRAINA HA BISOGNO DI ARMI: BORIS JOHNSON LE HA ASSICURATE, JOSEPH BORRELL LE HA PROMESSE E ANCHE GLI STATI UNITI HANNO DATO LA LORO DISPONIBILITÀ

Sconfiggere i russi nel Donbass, e poi negoziare: è questa la linea della leadership ucraina maturata dopo i massacri di Bucha e Kramatorsk.
«L’Ucraina è pronta per grandi battaglie – ha detto ieri il consigliere del presidente ucraino Mikhaylo Podolyak – L’Ucraina deve vincerle, in particolare nel Donbass, e soltanto dopo, con una posizione negoziale più forte, potrà dettare alcune condizioni». La previsione è stimata in due-tre settimane di scontri, le prossime.
Il silenzio di Putin – che continua a tacere sulla direzione da dare alla sua guerra – è interpretato a Kiev come un arroccamento. «Putin capisce solo il linguaggio della forza – hanno detto fonti ucraine della delegazione negoziale – e dunque parleremo il suo linguaggio».
Una sfida secondo alcuni, un azzardo secondo altri, la più grande delle scommesse, e qui tutti concordano, per il futuro dell’Ucraina. «Più è forte la nostra posizione a Mariupol, più sarà forte la nostra posizione nell’est del Paese, più sarà forte la nostra opposizione nelle operazioni. E se siamo più forti, il tavolo dei negoziati diventa più vicino, e otterremo vantaggi nel dialogo con la Federazione russa», ha sintetizzato ieri il comandante in capo Zelensky in un’intervista ad Ap.
Per vincere, l’Ucraina ha bisogno di armi: Boris Johnson le ha assicurate, Joseph Borrell le ha promesse (provocando una certa confusione nei tavoli tecnici, che erano al lavoro su un terzo pacchetto di forniture e si sono trovati costretti ad accelerare le pratiche di implementazione), e anche gli Stati Uniti hanno dato la loro disponibilità.
Il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, ieri alla Cbs, è stato molto chiaro: «Abbiamo la responsabilità di far arrivare armi e assistenza militare all’Ucraina in modo che abbiano gli strumenti di cui hanno bisogno per combattere in modo efficace. È notevole il fatto – ha aggiunto Sullivan – che gli ucraini abbiano vinto la battaglia a Kiev. La Russia ha perso Kiev (e qui facciamo notare che nessuno fino a questo momento aveva sottolineato il fatto con tanta chiarezza, ma è esattamente così, ndr) e l’ha persa perché gli Stati Uniti e i loro alleati hanno messo nelle mani delle forze ucraine armi avanzate che hanno contribuito a respingere i russi. Siamo orgogliosi di poter sostenere gli ucraini in questo momento», ha concluso.
Nell’attuale scenario, che a tutto prelude tranne che a una conferenza di pace, si inserisce anche la Nato, al lavoro per trasformare la sua presenza nei confini orientali in una forza capace di affrontare un esercito invasore: «Fino ad oggi siamo stati presenti in Europa dell’Est – ha detto il segretario generale Stoltenberg – con una forza “tripwire”, formazione agile relativamente piccola intesa a simboleggiare l’impegno dell’alleanza a difendersi da qualsiasi attacco. Ma la guerra della Russia contro l’Ucraina ha cambiato le cose».
All’intento di rafforzamento difensivo si aggiunge anche quello offensivo: Stoltenberg infatti ha sostenuto gli appelli dell’Ucraina agli alleati occidentali per eliminare la distinzione tra armi difensive e offensive (la capofila di chi non intende rifornire Kiev di armi offensive, ricordiamolo, è la Germania).
Non bastasse il fronte orientale, si fanno agitate anche le acque del Mar Nero, dove proprio dalla Nato è stata registrata la presenza di mine di fabbricazione russa. «Abbiamo il sospetto che le mine siano state introdotte deliberatamente – ha detto ieri il ministro della Difesa turco Akar – Forse sono state lanciate come parte di un piano per fare pressione su di noi al fine di lasciare che i dragamine della Nato entrino nel Mar Nero.
Ma ci impegniamo a rispettare le regole della Convenzione di Montreux – ha aggiunto – e non lasceremo che le navi da guerra attraversino il Bosforo, così come non permetteremo che il Mar Nero sia coinvolto in guerra». Unico a percorrere la sempre meno battuta via della diplomazia è il cancelliere austriaco Neehammer, che ha annunciato una sua visita a Putin, questa mattina a Mosca. Andrà, in rappresentanza delle istanze europee, a parlare di un cessate il fuoco, della necessità di istituire corridoi umanitari e di riprendere i negoziati di pace. Tutte questioni che di fronte al rullare dei tamburi di guerra difficilmente troveranno ascolto.
(da la Stampa”)

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LA UE BLOCCA 20 COMPAGNIE AEREE RUSSE

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

L’UNIONE EUROPEA AVEVA GIÀ CHIUSO LO SPAZIO AEREO ALLE COMPAGNIE DI MOSCA, LA DECISIONE DI OGGI LE DICHIARA ANCHE NON SICURE. SI ABBATTE LA MANNAIA SU AEROFLOT

Energia e trasporti, continua la stretta dell’Europa contro la Russia di Putin. La Commissione europea lavora ad nuovo pacchetto di sanzioni, il sesto, che intende includere anche interventi sul petrolio. Un lavorio che accoglie già il beneplacito di alcuni membri del Consiglio.
A Lussemburgo i ministri degli Esteri sono chiamati a discutere anche della spinosa questione di un eventuale embargo sulle fonti energetiche acquistate a oriente, me se il gas rimane un argomento estremamente sensibile per via delle forte dipendenze di alcuni Stati come Ungheria e Slovacchia, la minore dipendenza dal greggio potrebbe rendere possibile un accordo tra le varie anime dell’Europa degli Stati. Paesi Bassi e Lituania si sono detti d’accordo, così come Francia e Repubblica ceca forti del loro nucleare.
Mentre la Commissione europea lavora a questo nuovo set di misure restrittive su cui a Bruxelles non ci si sbottona in nome di lavori in corso, l’esecutivo comunitario inserisce in un solo colpo 20 compagnie aeree russe nella lista nera degli operatori dell’aria ritenuti non sicuri.
«Non si tratta di una nuova sanzione contro la Russia», cerca di chiarire la commissaria per i Trasporti, Adina Valean, poiché periodicamente Bruxelles esamina le linee aree dei Paesi terzi e la loro conformità agli standard a dodici stelle, e dunque l’azione non sembrerebbe legata all’invasione in Ucraina e alla risposta comunitaria a tale aggressione. Tuttavia la decisione presa dal team Von der Leyen non è che una conseguenza delle restrizioni già decretate.
Vietando l’esportazione di tutta una serie di beni e merci, è impossibile rifornire l’industria russa di pezzi di ricambio. Questo rende impossibile a Aurora Airlines, Aviacompany, Izhavia, Rusjet, Air Yakutia, Uvt Aero, Siberia Airlines, Smartvia Airlines, Iraero, Ural Airlines, Alrosa, Nordstar, Rusline, Jsc Yamal, Skol, Utair, Pobeda, Rossiya Airlines soddisfare i requisiti di sicurezza. Una mannaia che si abbatte anche su Aeroflot.
L’Ue aveva già chiuso lo spazio aereo alle compagnie aeree russe, ma con la decisione di oggi le dichiara anche non sicure. Una situazione che dunque renderà impossibile ai vettori delle Federazione russa riprendere attività anche qualora e quando l’Unione europea dovesse riaprire il proprio spazio aereo.
Adina Valean, commissaria per i Trasporti, conferma di fatto come la decisione sia legata alle conseguenze dello stop commerciale bilaterale. «L’Agenzia federale russa per il trasporto aereo ha consentito alle compagnie aeree russe di far operare centinaia di aeromobili di proprietà straniera senza un certificato di aeronavigabilità valida». Senza pezzi di ricambio utili alla manutenzione ottenere un nullaosta diventa difficile, e allora l’Ue stringe ancora di più le maglie. E i proprio cieli.
(da la Stampa”)

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COSA C’E’ DIETRO L’ ATTACCO DI BERLUSCONI A PUTIN? SEMBRA CHE “MAD VLAD” NON RISPONDA PIU’ AL TELEFONO E QUELL’UNICA VOLTA IN CUI GLIEL’HANNO PASSATO, LO HA LIQUIDATO CON SBRIGATIVA FREDDEZZA, COME SI FA CON LO SCOCCIATORE DI UN CALL CENTER CHE TI CHIAMA MENTRE STAI CENANDO

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

OGGI IL BERLUSCA CONFESSA DI ESSERE “PROFONDAMENTE DELUSO” DA PUTIN, E AMMETTE DI ESSERSI SBAGLIATO

Non gli risponde più al telefono, l’ingrato. E quell’unica volta in cui gliel’hanno passato, lo ha liquidato con sbrigativa freddezza, come si fa con lo scocciatore di un call center che ti chiama mentre stai cenando.
Così oggi Berlusconi confessa di essere «profondamente deluso» da Vladimir Putin, e ammette di essersi sbagliato: «Mi era sempre parso un uomo di pace. Peccato».
Tra gli effetti collaterali dell'”operazione militare speciale” tocca dunque annoverare anche la fine di un’amicizia che sembrava di ferro, a chi ricorda i toni idilliaci dei tempi d’oro.
Quelli delle cene a tu per tu in riva al mare di Sochi. Delle nuotate nelle acque della Costa Smeralda. Delle passeggiate col colbacco nell’inverno russo. Quelli in cui i due si chiamavano «caro Silvio» e «caro Volodia», e ognuno diceva dell’altro le più belle cose. «Putin è un dono della Provvidenza».
«Berlusconi è uno dei più grandi politici europei del dopoguerra». «Vladimir è il più grande leader del mondo». «Sono tutti invidiosi di Silvio». In un crescendo di dichiarazioni di amicizia, di stima reciproca, di affetto sincero («Voglio bene a Vladimir come a un fratello ») culminate una sera a Mosca con la dichiarazione di Berlusconi: «Non siamo più fidanzati, ormai siamo sposati».
Tutto era cominciato con una telefonata. Era la mattina del 3 luglio 2001 e Putin chiamò per la prima volta Berlusconi, appena tornato a Palazzo Chigi. «Signor presidente, volevo congratularmi con lei…» esordì, rispettando il galateo dei potenti. Ma subito scattò qualcosa, perché Berlusconi richiamò, e l’altro pure, e poi ancora, al punto che dopo qualche settimana il ministro Giuliano Urbani rivelò che «la frequenza dei contatti tra Berlusconi e Putin è molto alta, decisamente molto alta».
Presto arrivò il tempo di incontrarsi. In autunno Berlusconi riservò a Putin la sua prima visita ufficiale all’estero, e la primavera seguente Silvio fu il primo leader occidentale a essere ricevuto nella villa di Sochi. Si piacevano. L’ex tenente colonnello del Kgb e l’ex pioniere della tv commerciale parlavano la stessa lingua, e non era quella della diplomazia.
Cominciarono a vedersi ogni due o tre mesi, prima senza i ministri intorno e poi senza neanche i consiglieri diplomatici. Tra i due divampò un’amicizia spettacolare. Quando Berlusconi arrivava a Mosca, Putin gli faceva trovare una limousine Zil lunga sei metri e mezzo, organizzava uno spettacolo di danza del ventre o uno spettacolo di cosacchi, lo portava ad assistere a bordo ring a una sfida di arti marziali tra russi e americani, lo sfidava a pesca nel Valdaj, poi senza preavviso si metteva al volante di una Mercedes e, rompendo il protocollo, lo portava a cena in riva al mare.
Berlusconi, naturalmente, non era da meno. Invitava il «caro Volodia» a Villa Certosa e gli faceva trovare Andrea Bocelli che cantava “Tu ca’ nun chiagne”, lo portava sul suo yacht “Principessa Vaivia” a fare il bagno nel mare color turchese, lo faceva salire accanto a lui sul caddy dei golfisti per mostrargli le 400 specie di cactus scelte da lui stesso una per una, faceva partire i fuochi d’artificio e gli faceva vedere il suo Milan che giocava la finale di Supercoppa contro il Porto.
Cercando di non farsi impressionare più di tanto dalla scorta con cui l’amico russo si era presentato in Costa Smeralda: l’incrociatore lanciamissili Moskva, il cacciatorpediniere Smetlivy e la nave d’appoggio Bubnov.
Era come se ognuno dei due cercasse di conquistare l’altro.
Poi, certo, c’era la politica e c’erano gli affari. Ancora ieri Berlusconi si vantava di aver organizzato quello che vent’ anni fa chiamava «lo sposalizio di Pratica di Mare» tra la Russia e la Nato, pomposo accordo che produsse solo tre esercitazioni navali congiunte di search-and-rescue, innocue operazioni di salvataggio.
Ma sorvola sulla sua firma sotto l’accordo Italia-Russia per il raddoppio del gasdotto South Stream che avrebbe dovuto aggirare l’Ucraina, suscitando i sospetti che l’ambasciatore Usa a Roma comunicò a Washington in uno dei cablo cifrati svelati da Wikileaks: «Le strette relazioni personali (e, qualcuno sospetta, anche finanziarie) tra Berlusconi e Putin hanno portato il primo a sostenere senza riserve qualsiasi iniziativa del Cremlino».
Degli affari non è mai stata trovata nessuna prova, mentre l’amicizia sembrava inscalfibile. Il 7 ottobre di ogni anno, fino al 2019, Berlusconi andava a Sochi per il compleanno del presidente russo. E puntualmente il 31 dicembre scorso i due si erano sentiti per gli auguri di buon anno, ma anche – fece sapere l’ex Cavaliere – «per un confronto sui principali dossier di politica internazionale ».
Non sapeva che sarebbe stata la sua ultima telefonata con il «caro Volodia».
(da la Repubblica)

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L’ECONOMISTA JACQUES ATTALI: “I FRANCESI VOGLIONO QUALCOSA DI PIÙ A SINISTRA DI MACRON”

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

“MARINE LE PEN È LA NEGAZIONE DELL’IDENTITÀ FRANCESE“

Non vuole ammettere di essere rassicurato dai risultati di questo primo turno, che indicano uno scarto tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen più ampio di quello che era stato previsto dai sondaggi dei giorni precedenti
Jacques Attali vuole mettere le mani avanti, quasi scaramantico: «Tutto si giocherà fra due settimane». Ma al tempo stesso sorride e aggiunge: «È chiaro che il presidente attuale ha la possibilità di vincere. E, se si guarda ai risultati nel loro complesso, i francesi hanno detto che vogliono più protezione e giustizia sociali, ma non la Frexit, l’uscita dall’Unione europea, né il sostegno a Vladimir Putin, né una negazione dei diritti umani, che sono tutte aspirazioni solo del 30% dell’elettorato, quello di Le Pen e di Eric Zemmour».
Economista e pensatore, 78 anni, Attali iniziò a parlare all’orecchio di François Mitterrand e lo ha fatto anche per altri presidenti successivi, compreso oggi Macron.
Per lei Le Pen e Zemmour sono la stessa cosa?
«Hanno il medesimo programma, solo utilizzano in certi casi un vocabolario diverso. E poi lei adesso dice che non vuole più uscire dall’Ue, ma al tempo stesso afferma che il diritto nazionale primeggerà su quello europeo. Tutto questo equivale a un abbandono dell’Unione. Le Pen è la negazione dell’identità francese. Ma la sua politica sembra minoritaria, perché si può dire che il 70% dei francesi al primo turno ha votato contro di lei.
Tutti gli altri candidati, a parte Zemmour, e anche Mélenchon che non vuole che nessun voto vada all’estrema destra, sembrano appoggiare Macron.
Anche la leader della destra Valérie Pécresse voterà per Macron, la socialista Anne Hidalgo, il verde Yannick Jadot, il comunista Fabien Roussel. Spero che tutto questo serva a qualcosa».
Quindi, è davvero rassicurato rispetto all’esito del ballottaggio?
«No, perché bisogna vedere cosa succederà in questi 15 giorni e anche quello che avverrà in Ucraina e in Europa.
Nei giorni scorsi Macron è apparso particolarmente aggressivo nei confronti della rivale. Ha tacciato di “razzismo” il suo programma e ha rispolverato la vecchia accusa di antisemitismo per i Le Pen. Cosa ne pensa?
«Lei è chiaramente xenofoba, perché la sua politica riguardo agli stranieri è estrema. E sull’antisemitismo riesce a nascondere bene le cose Globalmente ha solo la fortuna di essersi ritrovata accanto qualcuno come Éric Zemmour, che l’ha fatta sembrare meno di estrema destra».
Ma Macron negli ultimi cinque anni quali errori ha fatto?
«Spero che vinca al ballottaggio. Non sarò io a criticarlo. Non è il momento».
E la campagna elettorale com’ è stata finora?
«Non c’è stata una vera campagna e per colpa di tutti, ma anche per l’attualità. Si è parlato di altro. Spero che in queste due settimane la musica cambierà».
Mélenchon ha realizzato una buona performance, la sinistra nel suo complesso mantiene un certo bacino elettorale
«Questo voto è chiaro. I francesi vogliono qualcosa di più a sinistra di Macron e il rispetto dei valori della Francia. In ogni caso, dal punto di vista europeo, secondo me gli italiani non devono preoccuparsi».
Macron vuole superare il divario tra destra e sinistra. Lei cosa ne pensa?
«Da un certo punto di vista lui è una sorta di extraterrestre della politica, perché è al tempo stesso di sinistra e di destra. Io ora lo sostengo ma resto di sinistra. e sarà rieletto, riprenderò il mio posto con gli altri intellettuali nello schieramento della gauche e nelle sue battaglie. Io ne sono convinto: in Francia la sinistra risorgerà, tanto, più che Mélenchon dovrebbe abbandonare la scena politica e lascerà spazio a una nuova generazione».
(da agenzie)

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CI MANCAVA IL COGLIONAZZO CHE FA IL SALUTO NAZISTA SUL PODIO

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

IL GIOVANE PILOTA RUSSO CORREVA PER L’ITALIA

Al termine della prima tappa del Campionato europeo di Karting nella città di Portimão, in Portogallo, il giovane pilota vincitore, il russo Artyom Severyukhin, ha sconvolto tutti con un gesto inaspettato.
Sul gradino più alto del podio, sotto la bandiera italiana – che lo rappresenta in conseguenza delle sanzioni imposte alla Russia dalla Fia – si è battuto due volte il petto per poi fare il saluto nazista, prima di lasciarsi scappare una risata.
In molti hanno chiesto alla Federazione una sua squalifica per il gesto vergognoso, cosa successa ad esempio ad altri atleti russi – soprattutto nella ginnastica – che avevano esibito sul podio oppure in gara la “Z” simbolo di supporto all’invasione dell’Ucraina.
Altri hanno fatto notare l’assurdità del discorso sulla “denazificazione” dell’Ucraina mentre i metodi e la simbologia adottati dal Cremlino ricordano proprio quelli di Hitler.
Gesto fatto mentre risuonava l’inno di Mameli perché Severyukhin corre con licenza italiana, viste le sanzioni imposte dalla FIA alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. La madre del ragazzo ha provato a giustificarlo: “Mio figlio stava soltanto rivolgendo il suo cuore al team, in segno d’affetto alla squadra che lo ha fatto vincere”. Spiegazione che però non ha convinto gli svedesi di Ward Racing, che hanno deciso di licenziare Severyukhin: “Ci vergogniamo profondamente per il suo comportamento – scive in una nota il team – le sue sono state azioni a titolo personale. Abbiamo deciso di porre termine al suo contratto, non ritenendo più possibile continuare la cooperazione con Severyukhin”.
(da agenzie)

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STUDENTE DI CAMBRIDGE TORNA IN UCRAINA PER COMBATTERE PUTIN

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

“FARO’ GLI ESAMI A DISTANZA“

​Era appena entrato a Cambridge ma la guerra in Ucraina ha cambiato i suoi piani. Così Nikolai Nizalov, matricola della famosissima università inglese, ha deciso di tornare nel suo Paese per unirsi a un plotone di nove volontari.
Lavorerà principalmente come medico, senza però rinunciare agli studi: il 19enne ha raccontato che continuerà a seguire le lezioni e sosterrà anche gli esami quando il semestre ricomincerà il prossimo mese. Nikolai, da nove anni ormai residente in Gran Bretagna, ha promesso di rimanere in Ucraina «finché non vinceremo la guerra».
La scelta di andare al fronte
Il gruppo di volontari ai quali si è unito è giovanissimo: hanno tutti massimo trent’anni e solo alcuni di loro hanno esperienza militare. Si sposteranno verso Kiev la prossima settimana e lì riceverà un fucile per difendersi, nonostante sia inesperto in quanto a combattimenti.
«Ma ho portato con me le lezioni da seguire e cercherò di stare al passo nel poco tempo libero che avrò – ha raccontato -. Potrei sostenere un esame a distanza a maggio. Dovrei tornare a ottobre per il secondo anno ma la verità è che ho intenzione di restare qui finché non vinceremo. Perché anche se non dovessi ottenere un ottimo voto quest’anno, potrò richiedere un permesso speciale per entrare nel secondo anno».
In Inghilterra stava vivendo la vita normale che si era guadagnato grazie ai suoi studi, ma l’invasione della Russia nella sua terra ha completamente cambiato le carte in tavola. «Quando ero a Cambridge era strano perché il mio Paese era in guerra e lì le persone continuavano le loro vite normali. Ho amici in prima linea e non sarei in grado di guardarli negli occhi se non li aiutassi in qualche modo. In Ucraina siamo tutti uniti e mi sento molto più in pace adesso».
Una scelta che ovviamente ha trovato in disaccordo i genitori: «Non volevano che andassi, ma hanno capito le mie ragioni. E poi non ho dato loro molta scelta».
Nikolai, originario di Mykolaiv, nell’Ucraina meridionale, vive attualmente a casa di un amico nella città occidentale di Lviv in attesa dello spostamento verso Kiev.
Per prepararsi ha raccontato di aver seguito un corso intensivo di medicina e ha previsto anche di usare un drone che lascerà rifornimenti umanitari (compresi i farmaci) a tutti coloro che non possono essere raggiunti a causa dei convogli russi.
E ha dato vita a una raccolta su un conto PayPal, sul quale ha già raccolto abbastanza aiuti per acquistare due veicoli 4×4 che aiuteranno il plotone di volontari a muoversi.
(da agenzie)

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MOLOTOV CONTRO LA VILLA DI UN MAGNATE RUSSO A CASTIGLIONCELLO

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

PRINCIPIO DI INCENDIO A VILLA PONTELLO

Indagini dei carabinieri per individuare i responsabili del lancio di una molotov che domenica sera a Castiglioncello (Livorno) ha causato un principio di incendio, con annerimento del portone di ingresso, a Villa Pontello, proprietà di una coppia di russi.
Il proprietario è un costruttore edile russo, 39enne, che ha ristrutturato la villa di Castiglioncello (Livorno), e che risiede saltuariamente in Italia con la moglie nei periodi di vacanza.
Sul motivo del gesto, al momento gli investigatori tengono aperte tutte le ipotesi senza escludere un gesto emulativo di atti simili già avvenuti in Italia contro proprietà di cittadini della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
Inoltre, secondo quanto si apprende la coppia non è in Italia e ieri sera a chiamare i vigili del fuoco e i carabinieri sono stati i vicini allarmati dalla fiammata provocata dal lancio della bottiglia incendiaria.
L’imprenditore russo, secondo quanto emerge, avrebbe diversi interessi nel nostro Paese, nel settore edilizio e immobiliare. Sempre a Castiglioncello sarebbe proprietario di un’altra villa da ristrutturare.
La villa porta il nome dei Pontello, famiglia di imprenditori edili di Firenze che furono proprietari della Fiorentina negli anni ’80 e ’90. I Pontello a inizio anni 2000 venderono la villa a un professionista di Firenze, quindi circa otto anni fa ci fu una nuova vendita, stavolta al costruttore russo che ne è attuale proprietario. Secondo le cronache dell’epoca fu pagata 7 mln di euro. Villa Pontello confina con Villa Godilonda, residenza marina che fu di Gabriele D’Annunzio.
(da agenzie)

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LA FOTO DEL BAMBINO CON LA TOMBA DELLA MAMMA

Aprile 11th, 2022 Riccardo Fucile

IL FOTOGRAFO DELL’AP RACCONTA LA STORIA

Il piccolo Wlad ha solamente dieci anni ed è stato costretto a piangere la propria madre per colpa della guerra. L’immagine del bambino di 10 anni che veglia sulla tomba della mamma è diventata una delle tante fotografie simbolo di quel che è successo a Bucha nel mese di marzo.
Ma dietro a quello scatto c’è una storia fatta di un passato felice, di un presente doloroso e di un futuro incerto.
La storia di questa immagine è stata raccontata dal fotografo dell’Associated Press, Rodrigo Abd, che ha immortalato il piccolo davanti a quella tomba nel sobborgo simbolo del massacro di innocenti civili ucraini
“Questo è un quartiere di Bucha, vicino alla strada dove sono passati i carri armati e ci sono stati i combattimenti più forti. Questo è Wlad, ha dieci anni e la tomba dietro di lui – vedete il suo sguardo, lui sta guardando i giornalisti che erano lì a documentare – è la tomba di Marina, 33 anni. Sua mamma. Wlad ha due fratelli e fortunatamente il loro papà è ancora in vita e sto cercando di ricostruire la loro storia”.
Il fotoreporter dell’Associated Press ha spiegato che, dopo lo scatto, ha iniziato a informarsi sulla storia di questa famiglia. Una delle tante devastate dalla guerra in Ucraina e dal massacro di civili di Bucha, quel sobborgo alle porte di Kyiv teatro di una delle scene più orribili di questo conflitto e di questa invasione militare.
“I giochi di Wlad sono in mezzo a tutte queste macerie, solo per ricordarci che la vita prosegue in questa convivenza tra la guerra e la vita. E Wlad è un bambino che sta giocando con i suoi amichetti proprio lì, come fanno tutti i bambini. Ma allo stesso tempo la sua famiglia e la società civile è stata completamente distrutta, sventrata. Ha perso la mamma e anche altre persone che vivono lì hanno perso altri membri della loro famiglia. Altri sono scappati. È davvero un disastro sociale che durerà per diverso tempo ancora”.
(da agenzie)

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