Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
“CI SONO GENERALI CHE NON SONO CONTENTI PER COME È STATA GESTITA LA CAMPAGNA IN UCRAINA. QUATTRO SONO STATI ARRESTATI PERCHÉ SOSPETTATI DI UN TENTATIVO DI COLPO DI STATO”
La Russia sarebbe a un passo da un golpe militare.
Lo assicura lo scrittore italiano di origini russe Nicolai Lilin (l’autore di Educazione Siberiana), che ieri intervenendo all’Aria che tira di Myrta Merlino su La7 ha svelato il contenuto di una conversazione telefonica con un suo amico che lavora nei servizi segreti russi: «Mi ha raccontato che nell’esercito, soprattutto tra i ranghi alti, c’è un tumulto, ci sono generali che non sono contenti per come è stata gestita la campagna in Ucraina. Quattro generali sono stati arrestati perché sospettati di un tentativo di colpo di Stato. Me lo ha detto un agente dei servizi russi, è effettivo e serio e ho tutti i motivi per credergli».
Secondo Lilin l’esercito erede dell’Armata rossa è in una grave crisi di mezzi e di fiducia, anche perché «non ci sono state grandissime riforme nell’esercito russo dopo l’era sovietica, la gestione, i mezzi e l’organizzazione sono di eredità sovietica».
Lilin, che vive e lavora in Italia dal 2004 e ne ha acquisito la cittadinanza graze al matrimonio con una donna italiana, è convinto che il clima in Russia sia molto differente da quello descritto dalla prpaganda vicina al Cremlino.
«La popolazione russa può pensare quello che capita, c’è dissenso. Ma nel sistema autoritario quello che pensa la popolazione non conta. Se dissentono i generali è invece abbastanza grave. Se questa notizia che mi è stata data fosse vera ci sarebbe un cambio importante della situazione a Mosca. Quando cominciano ad arrestare i generali effettivi e operativi, tra l’altro due di questi erano alle operazioni speciali in Cecenia nella seconda campagna, è un qualcosa di importante e grave».
Le parole di Lilin trovano conferma da quando detto dal dissidente russo Vladimir Osechkin a Controcorrente su Rete4: «A Mosca è possibile che ci sia un golpe contro Putin».
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
DOCENTE DI COSE MILITARI, EX ALTO UFFICIALE DELL’ESERCITO SOVIETICO: “ENTRO DUE SETTIMANE L’UCRAINA IN GRADO DI CONTRATTACCARE”
L’analisi dell’ex alto ufficiale Oleg Zhdanov, considerato tra i commentatori più esperti a Kiev: “Colpire con due missili Neptune e sostanzialmente mettere fuori gioco l’incrociatore lanciamissili Moskva, la nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero, significa danneggiare fortemente la marina militare di Putin e l’intero apparato d’attacco contro l’Ucraina”.
Prima alto ufficiale dell’esercito sovietico, quindi ucraino, docente di cose militari parla con il Corriere della Sera prima dell’affondamento del Moskva. E racconta di come sia un grande successo per gli ucraini.
“La nave si trovava a circa 25 km al largo di Odessa con oltre 500 marinai a bordo. Sappiamo che i due missili sono stati sparati da una base vicino a Odessa, hanno fatto esplodere la Santa Barbara e la nave è sbandata, pare stia affondando. Il mare era agitato al momento, c’erano unità turche che incrociavano non troppo lontano e pare abbiano salvato una cinquantina di marinai, gli altri potrebbero essere morti”.
“I Neptune sono missili entrati in funzione solo all’inizio dell’anno, ne possediamo un numero limitato, hanno un raggio di circa 200 chilometri e una testata capace di portare 300 chili di esplosivo. Li producono le nostre industrie militari che sviluppano un vecchio modello sovietico”. E della fase due della guerra Oleg Zhdanov dice: Quando comincerà la seconda fase della guerra?
“Crediamo nei prossimi tre o quattro giorni, inizierà con forti bombardamenti. La nostra intelligence sostiene che sono pronti ormai, le formazioni d’attacco sono in posizione, vogliono cercare di accerchiare le nostre truppe a est di Kramatorsk”.
E su Mariupol precisa: «Non posso dire sia persa, combattono ancora, resistono. Ma se i russi intendono attendere la caduta totale di Mariupol prima di attaccare, allora potrebbero passare altre due o tre settimane. E intanto noi potremmo già organizzarci e contrattaccare per liberare Mariupol assieme a tutto il Sud del Paese».
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
«LE PEN VI RIPORTERÀ INDIETRO» E LA STACCA DI QUASI DIECI PUNTI
Il candidato rinfrancato dalla vittoria al primo turno corre a salutare la folla che lo aspetta dietro le transenne, sceglie di avvicinarsi subito a un uomo in sedia a rotelle che gli chiede cosa intenda fare contro le barriere architettoniche, «siamo andati avanti durante lo scorso mandato ma adesso dobbiamo accelerare», gli risponde, con una frase d’esordio che varrà per il resto della visita a Le Havre e per i 10 giorni che restano prima del voto decisivo del 24 aprile.
Emmanuel Macron promette di accelerare, in tutto: nell’ecologia – con lo sviluppo delle energie rinnovabili – e nel progetto di sbloccare e trasformare la società francese, il grande sogno dell’entusiasmante corsa all’Eliseo 2017 che si era un po’ perso.
Arrivato in campagna elettorale tardi, per gli impegni della guerra in Ucraina e per presunzione, il capo di Stato ora ha fretta: se vuole battere Marine Le Pen deve convincere tanti elettori di sinistra, e i giovani, che per lo più non amano il più giovane presidente della storia di Francia. Macron ha scelto Le Havre, il grande porto della Normandia dove il primo classificato domenica scorsa è stato l’eroe della gauche Jean-Luc Mélenchon (adorato dai 18-24enni), per esibire quel coraggio che finora non si era visto.
Lo accolgono «la catena dei container» (gigantesca scultura che celebra la fonte di ricchezza locale), il fumo nero di pneumatici dati alle fiamme dai portuali scontenti, ma anche il sorriso fedele di Edouard Philippe, il sindaco di Le Havre che da primo ministro è stato il co-protagonista della prima fase del macronismo per poi venire gentilmente scaricato, quando stava cominciando a diventare troppo autonomo e popolare.
A rivederli insieme ci si ricorda del momento di grazia di Macron, quel primo anno di governo nel quale l’ottimismo, la fiducia nelle competenze e nel futuro sembravano inarrestabili.
Una rivolta dei gilet gialli, una pandemia e una guerra in Europa dopo, la coppia Macron-Philippe si riforma per un giorno: le basette dell’uno e la barba dell’altro si sono imbiancate (come accadde ai capelli di Obama), ma entrambi danno la sensazione di crederci di nuovo.
Macron visita le gigantesche strutture del porto fondato 500 anni fa da re Francesco I, le macchine che scaricano dalle navi tre milioni di container l’anno e che sembrano uscite da Star Wars, e parte il primo attacco a Marine Le Pen: «Rimettere i dazi come vuole fare lei significa sconvolgere l’attività del porto. La sfida è raggiungere Anversa, non moltiplicare controlli che affosserebbero la competitività». Macron torna a vantare i meriti dell’apertura e della libertà commerciale, contro la chiusura e il protezionismo invocati da Marine Le Pen.
Il presidente alza il pollice salutando gli operai, sorride a tutti confidando in una benevolenza che qualche volta viene crudelmente a mancare: un professore di storia e geografia lo avvicina, lui gli tende la mano credendolo un fan, ma quello lo gela: «Ho un grande problema morale. C’è il fascismo, il petainismo (riferimento a Marine Le Pen, ndr ) ma non vedo perché dovrei votare per lei, non vedo la differenza».
Macron scandalizzato prova a convincerlo, poi si arrende: «Lei è insegnante, dovrebbe interessarsi di più ai fatti», e passa a stringere altre mani. Il corteo del presidente-candidato si sposta poi in un’altra zona del porto, nel grande impianto Siemens Gamesa, «l’unico al mondo che produce sia le pale sia la navetta delle centrali eoliche», spiega fiero il capo stabilimento.
Dopo l’omaggio ai container che fanno parte del paesaggio di Le Havre da cinquant’ anni, ecco il futuro rappresentato dalle energie rinnovabili «che uniscono ecologia e economia», dice Macron.
Se l’invasione russa dell’Ucraina aggrava la crisi energetica e fa salire le bollette dei francesi, il presidente cerca di tenere insieme tutto, potere d’acquisto, accordi di Parigi sul clima e innovazione tecnologica, per promettere un avvenire di sviluppo.
Marine Le Pen vuole smantellare le centrali eoliche già esistenti, Macron la tratta da donna del passato e dice che «sarebbe un controsenso, non solo non smantelliamo nulla ma costruiremo altri 50 parchi eolici marini».
Il presidente vuole accelerare tornando ai suoi fondamentali: fiducia nel progresso, nell’Europa e nell’innovazione, e la sfidante gli dà una mano assicurando che «se vinco, mio padre Jean-Marie sarà all’Eliseo». L’ultimo sondaggio Ipsos sembra premiarlo: 55% dei voti contro il 45% di Marine Le Pen, dieci punti di distacco che solo una settimana fa sembravano appartenere a un’epoca lontana.
(da il Corriere della Sera)
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Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
GLI AGENTI SONO RIUSCITI A RINTRACCIARE IL PROPRIETARIO, CHE HA RECUPERATO LA MERCE SMARRITA E INCONTRATO IL 30ENNE DANDOGLI UNA RICOMPENSA
Un marocchino disoccupato si è rivolto alla polizia consegnando agli agenti uno zaino, che aveva trovato abbandonato, con dentro un portafogli contenente 1.300 euro, un tablet di valore ed effetti personali di pregio. Il legittimo proprietario è stato poi rintracciato, recuperando quando aveva creduto di aver perso.
Lo straniero, di circa trent’anni, originario del Marocco, privo di un lavoro fisso e costretto dalle vicissitudini della vita a chiedere aiuto alla «Caritas» e ad altre associazioni benefiche per «sbarcare il lunario», si è imbattuto nello zainetto camminando per la piazza nel centro di Rovigo. Lo ha raccolto e poi aperto, cercando un documento per identificarne il proprietario. Con stupore ha trovato all’interno cose di valore: contanti per circa 1300 euro, un nuovo tablet della marca più prestigiosa e molti altri oggetti di elevato valore commerciale.
Senza indugi, il marocchino si è diretto in questura consegnando lo zainetto agli agenti che sono risaliti al proprietario, un giovane e noto imprenditore rodigino che nel frattempo, come ha riferito, aveva già perso ogni speranza di trovare quanto da lui stesso smarrito, tra cui importanti documenti che riguardavano il suo lavoro.
L’imprenditore ha così recuperato la merce smarrita e incontrato il 30enne dandogli una giusta ricompensa.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
IL DIVERSIVO DEL DRONE, LA CONTRAEREA CHE NON FUNZIONA: LA FINE DELL’ARMATA ROTTA
Di certo c’è che l’incrociatore lanciamissili russo Moskva, entrato in servizio nel 1983 e costruito a Mykolaiv in Ucraina, è affondato. Ufficialmente, secondo la Russia, perché «ha perso stabilità mentre veniva rimorchiato durante una tempesta». §
L’incrociatore Moskva era un gigante da 12.500 tonnellate e 750 milioni di dollari e rappresentava un pezzo importante della credibilità delle forze armate di Vladimir Putin.
L’agenzia di stampa Ansa ha scritto che si teme possa essere finita negli abissi anche una testata nucleare che, secondo voci non confermate, avrebbe fatto parte del suo arsenale.
Secondo Forbes aveva un valore di 750 milioni di dollari. L’hanno costruita in Ucraina ai tempi dell’Urss per finire in mare all’inizio degli anni Ottanta. Era poi tornata per gran parte degli anni Novanta in cantiere proprio a Mykolaiv. Dove era stata rimessa a nuovo per poi essere utilizzata nella crisi georgiana del 2008. I russi l’hanno schierata nel conflitto siriano dove ha fornito protezione navale alle truppe russe. Per poi passare all’operazione di annessione della Crimea e finire infine dispiegata al largo di Odessa in vista dell’offensiva finale contro l’Ucraina.
L’incrociatore, di classe Slava, era la terza nave più grande della flotta attiva russa. Trasportava, oltre a due cannoni, missili antinave Vulkan, una serie di armi anti-sottomarino e siluri.
Ieri alla Bbc l’esperto navale Jonathan Bentham dell’Istituto internazionale per gli studi strategici ha spiegato che la Moskva era dotata di un sistema di difesa aerea a tre livelli. Oltre alle difese a medio e corto raggio, era equipaggiata con sei sistemi d’arma ravvicinati a corto raggio (CIWS) come ultima risorsa.
«La Moskva dovrebbe avere una copertura di difesa antiaerea a 360 gradi. Il sistema CIWS può sparare 5.000 colpi in un minuto. Crea essenzialmente un muro antiproiettile attorno all’incrociatore, la sua ultima linea di difesa», ha spiegato Bentham.
Secondo il Comando operativo meridionale ucraino, l’incrociatore Moskva è stato colpito da due missili “Sea Neptune”, che hanno una gittata di circa 300 km.
Una delle ipotesi, spiega oggi Repubblica, è che un drone Tb2 di fabbricazione turca possa aver distratto le difese del Moskva per favorire l’attacco. Secondo fonti militari non confermate citate nell’articolo di Paolo Brera gli ucraini avrebbero fatto alzare uno dei droni turchi in dotazione, i micidiali Bayractar, mandandolo a girare attorno all’incrociatore per attirare l’attenzione.
Poi i missili avrebbero centrato l’obiettivo.
In un post su Facebook pubblicato prima che la nave affondasse e citato dalla Bbc i funzionari ucraini hanno affermato che il maltempo e l’esplosione delle munizioni hanno ostacolato i soccorsi russi. Il quotidiano spiega che dopo la fine della nave il comando di Zelensky ha due opzioni sul tavolo. La prima è quella di usare le forze di Odessa per rinvigorire il contrattacco verso Cherson, l’unica città occupata sulla riva occidentale del fiume Dnepr. Oppure il raggruppamento di Odessa può spostarsi fino al Donbass.
Oleg Zhdanov, ex alto ufficiale prima dell’esercito sovietico e poi di quello ucraino, in un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera sostiene la tesi del bombardamento.
«Sappiamo che i due missili sono stati sparati da una base vicino a Odessa, hanno fatto esplodere la Santa Barbara e la nave è sbandata, pare stia affondando, comunque non sarà più utilizzabile. Il mare era agitato al momento, c’erano unità turche che incrociavano non troppo lontano e pare abbiano salvato una cinquantina di marinai, gli altri potrebbero essere morti», dice oggi a Lorenzo Cremonesi.
L’ufficiale sostiene anche che il sistema antimissili dell’incrociatore fosse obsoleto e per questo non sia scattato: «Il Moskva è stato varato nel 1982, venne poi modificato e aggiornato nel 2001, ma rimane un modello obsoleto. Le sue difese non sono state in grado di intercettare i Neptune, armi modernissime che volano sul pelo dell’acqua».
Il sistema missilistico lo hanno progettato gli ingegneri militari ucraini. In risposta alla crescente minaccia navale rappresentata dalla Russia nel Mar Nero dopo l’annessione della Crimea nel 2014.
Secondo il Kyiv Post la marina ucraina ha ricevuto la prima consegna dei missili Neptun con una portata di 300 km (186 miglia) solo nel marzo dello scorso anno.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
“I RUSSI SONO COSTRETTI A RIMANERE LONTANO DALLA COSTA”… “SE GLI UCRAINI DOVESSERO RIPRENDERE KHERSON CROLLEREBBE IL FRONTE RUSSO”
Il 50esimo giorno di guerra in Ucraina non sarà quello della svolta, ma può spostare gli equilibri del conflitto
“L’incrociatore Moskva rimane a galla“, recitava poche ore prima una nota del ministero della Difesa secondo cui l’ammiraglia russa nel Mar Nero sarebbe stata rimorchiata in porto. Così infine non è stato.
Ma l’incrociatore è innanzitutto “un simbolo“, spiega il responsabile geopolitica di Difesaonline, David Rossi.
Cambiano i possibili scenari, perché adesso “i russi sono costretti a modificare completamente l’approccio al blocco navale e stare il più lontano possibile dalla costa“. Se l’ipotesi di uno sbarco a Odessa diventa più remota, “è possibile che gli ucraini possano spostare una parte delle truppe di terra a Kherson”. È nella città a sud di Mykolaiv, alla foce del fiume Dnepr, dove secondo David Rossi va in scena la battaglia cruciale per indirizzare le sorti della guerra.
La perdita dell’incrociatore è “un danno tecnico importante”, sottolinea sempre Rossi. Lunga 186 metri, con un equipaggio di quasi 500 marinai l’incrociatore è l’orgoglio della Flotta russa nel Mar Nero. Varata negli anni Ottanta dall’allora Marina sovietica come Slava, la nave è stata ribattezzata Moskva nel 1995. Ha subito diverse ristrutturazioni in anni recenti, per rimanere efficiente nonostante i decenni di servizio. L’incrociatore è armato con missili antinave ed antiaereo, missili torpedo e di difesa missilistica. Secondo le agenzie russe, aveva a bordo 16 missili da crociera anti nave Vulkan che hanno una gittata di almeno 700 km.
Dall’inizio del conflitto ha avuto un ruolo chiave nel sancire la supremazia russa nel Mar Nero e in particolare al largo di Odessa: sotto l’ombrello protettivo della Moskva, le unità da sbarco hanno potuto avvicinarsi più volte al porto più grande dell’Ucraina e tenere la città costantemente sotto minaccia.
Ora invece “i russi sono costretti a stare il più lontano possibile dalla costa”, spiega Rossi. Secondo l’analista, adesso l’ipotesi di uno sbarco a Odessa non è più una possibilità concreta: “Non è che diventa impossibile perché manca una nave, ma adesso diventa evidente che gli ucraini possono affondare tutte le navi”.
E questo cambia lo scenario del conflitto: “Potrebbe aumentare la pressione su Kherson, perché è possibile che gli ucraini possano spostare lì una parte delle truppe di terra”. La controffensiva ucraina su Kherson “è molto più importante“, prosegue l’analista, perché se Kiev dovesse riprendere il controllo della città, “i russi che si trovano a nord di Kherson sarebbero costretti a precipitarsi a sud, lo stesso le truppe che si trovano a Enerhodar. Altrimenti rischierebbero di ritrovarsi gli ucraini alle spalle“.
In uno scenario del genere, quindi, “i russi si precipiterebbero a difesa della Crimea e il fronte sud-occidentale crollerebbe completamente”. Rossi precisa che si tratta appunto di uno scenario, “però adesso diventa un po’ più probabile“.
“Con il fronte sud-occidentale in queste condizioni, non è che sarebbe finita la guerra ma sarebbe una svolta importante“, spiega il responsabile geopolitica di Difesaonline. A suo avviso, Kherson diventa un luogo strategico anche più del Donbass, “dove le forze si equivalgono”.
In città “la resistenza popolare unita a un’attiva presenza delle forze ucraine a Mykolaiv sta dando dei buoni risultati”, analizza Rossi. Ricordando anche “gli attacchi all’aeroporto di Chornobaivka” e “il fatto che gli ucraini di recente abbiano di nuovo preso il controllo di 15 località in quella zona”. “Se dovesse crollare Kherson – conclude Rossi- a quel punto sarebbe sotto minaccia la Crimea e i russi dovrebbero dividere le loro forze”.
(da il Fatto Quotidiano)
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Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
INDIRIZZI DI CASA E FOTO DEI FAMILIARI, OLTRE CHE IL PASSAPORTO, LA CARTA D’IDENTITÀ E L’INDIRIZZO DEI COMANDANTI
L’intelligence ucraina ha diffuso i dati personali, compresi gli indirizzi di casa e la composizione della famiglia, di due comandanti russi, Valery Solodchuk e Alexander Dvornikov. Il primo ha guidato l’operazione delle truppe russe per catturare Kiev da ovest, il secondo “azioni criminali per distruggere Mariupol”.
L’intelligence lo ha annunciato su Facebook, citata da Ukrinform, che indica in particolare il link su cui sono disponibili i dati di Dvornikov: biografia, passaporto, carta d’identità militare, indirizzo di registrazione attuale, le foto dei familiari.
“Il ministero della Difesa ucraino ha ottenuto dati sui criminali di guerra russi appartenenti al più alto personale di comando, seguendo consapevolmente gli ordini del regime di Putin di distruggere lo stato ucraino”, si legge nella nota.
Solodchuk viene ritenuto direttamente coinvolto nell’invasione militare aperta dell’Ucraina, comanda unità della 36ma armata, assegnate al gruppo di truppe “Est”. Da febbraio ad aprile 2022, ha guidato l’operazione per catturare Kiev da ovest. “I militari di queste unità sono coinvolti in crimini di guerra contro la popolazione civile della regione di Kiev”.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2022 Riccardo Fucile
“PIANIFICAVANO ATTENTATI ESPLOSIVI”
Solo dalle prime perquisizioni della polizia tedesca in 9 Land sono state trovate armi, munizioni, denaro contante e addirittura lingotti d’oro. L’arsenale apparteneva a persone legate al network di estrema destra tedesco chiamato «Reichsbuerger», di cui farebbero parte anche i cinque indagati dalla procura di Coblenza, città della Germania centrale. Secondo gli inquirenti, gli indagati, tutti estremisti di destra e convinti No Vax, preparavano attentanti e rapimenti come azioni armate di protesta contro le restrizioni anti Covid del governo tedesco.
Nel gruppo Telegram particolarmente partecipato, scrive Die Welt, una decina di persone pianificava di provocare un blackout nazionale. I cinque indagati volevano andare oltre, progettando attentati esplosivi e il rapimento del ministro della Salute Karl Lauterbach.
Non è la prima volta che i No Vax di estrema destra tedeschi provano ad architettare attacchi armati attraverso le chat di Telegram: lo scorso 15 dicembre l’unità antiterrorismo della polizia della Sassonia aveva scoperto un canale con 103 iscritti che, oltre a condividere teorie complottiste legate al Coronavirus, si vantavano di possedere armi e balestre. Strumentazione che avevano in programma di utilizzare per colpire i ministri e il presidente Kretschme. Ma il loro piano sarebbe stato quello di spingersi anche oltre e uccidere il presidente della Sassonia, Michael Kretschme. La sua «colpa»? Aver espresso posizioni pro vaccino.
(da agenzie)
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