Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
I GUADAGNI DICHIARATI SONO RIDICOLI RISPETTO ALLO STILE DI VITA: UNO SCHIAFFO ALLA POVERTÀ IN UN PAESE IN CUI LO STIPENDIO DI UN CITTADINO SI AGGIRA INTORNO AI 480 EURO AL MESE
Ma quale yacht più grande del mondo, ma quali residenze da mille e una notte in Svizzera, sul Mar Nero o in qualunque località esotica. Il cittadino Vladimir Putin, ad esempio. Nel 2021 il presidente russo ha guadagnato appena 114 mila euro, dichiarando al fisco la proprietà di un appartamento di 77 metri quadri a Mosca, due auto di produzione locale, una utilitaria Volga e un fuoristrada Niva, più un carrello-rimorchio di quelli che si usano per le vacanze in campeggio.
Il suo primo ministro Mikhail Mishustin se la passa meglio, con un reddito da 18,3 milioni di rubli, qualcosa meno dell’anno precedente, che all’incerto cambio attuale fanno pur sempre 204 mila euro.§
Per fortuna può contare su sua moglie Vladlena Mishustina, che pur senza avere alcuna attività imprenditoriale riconosciuta, come denunciò nel 2020 quel cattivone del dissidente Alexej Navalny, ha portato a casa 64,5 milioni di rubli, 721 mila euro, così il bilancio familiare è salvo. Che dire poi dell’ex presidente e premier Dmitry Medvedev, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza, che guadagna soltanto 8,3 milioni di rubli, equivalenti a 94 mila morigerati euro, uno stipendio che passerebbe anche il vaglio dei 5 Stelle di una volta.§
Le dichiarazioni
E si potrebbe andare avanti all’infinito. Tutto il mondo è Paese, compresa la Russia. Fare le pulci alle dichiarazioni dei redditi degli uomini politici è un esercizio di stile non solo giornalistico diffuso ovunque. Lo era anche a Mosca, quando si poteva, anche se le inchieste sui guadagni di ministri e uomini di potere hanno sempre riguardato le loro proprietà all’estero.
Ma sono mesi che i media di tutto il mondo inseguono le ricchezze delle persone colpite dalle sanzioni decise da Stati Uniti, Regno Unito, Unione Europea. E i primi nomi dei destinatari di questi provvedimenti sono quasi sempre gli stessi, a iniziare dai tre appena citati. Così, il contrasto tra l’entità complessiva delle loro presunte fortune nascoste all’estero e i guadagni dichiarati al fisco del proprio Paese, appare ancora più stridente, almeno a occhi occidentali.
Gli alti funzionari
La bassa entità dei guadagni russi di Putin e dei suoi ministri non deve ingannare. I primi 32 alti funzionari del governo russo, quasi tutti deputati di Russia Unita, il partito del presidente, nel 2021 hanno comunque guadagnato oltre 65,7 milioni di rubli a testa, quasi 5,5 milioni di rubli al mese, che fanno 66 mila euro al mese al cambio odierno.
Questo in un Paese che ha uno dei redditi medi più bassi del mondo.§
Lo stipendio di un cittadino russo oggi si aggira intorno ai 40 mila rubli mensili, 480 euro.
La propensione dei vertici del Cremlino ad accumulare il proprio patrimonio all’estero crea un apparente paradosso. Fare il semplice peone di maggioranza al Parlamento russo sembra molto più conveniente che essere consigliere di Putin. I deputati guadagnano all’incirca 4,3 milioni di rubli, 110 volte lo stipendio medio di un russo, mentre i redditi dichiarati dai funzionari dello staff del Cremlino sono superiori di appena 28 volte.
Mogli e figli
A fidarsi delle dichiarazioni ufficiali, il più ricco di tutti risulta essere Vladimir Medinsky, l’ex ministro della Cultura, fedelissimo di Putin nonché capo della delegazione russa ai negoziati con Kiev, che guadagna 107 milioni di rubli, quasi un milione e 290 mila euro, comunque un discreto balzo in avanti rispetto al 2020 quando aveva intascato solo 17,6 milioni di rubli, ovvero 196 mila euro.
Ma le apparenze eccome se ingannano. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov dichiara 12,6 milioni di rubli, 141 mila euro, con un aumento di 2,5 milioni rispetto all’anno precedente, che difficilmente colmerà l’esborso del 2016, quando a Polina Kovaleva, figlia ventunenne della sua compagna era stato acquistato in contanti un appartamento da 4,4 milioni di sterline (5,3 milioni di euro) nel quartiere londinese di South Kensington.
Anche Dmitrij Peskov, portavoce di Putin, è sotto il tiro delle sanzioni, anche se in patria si accontenta di uno stipendio da 14,5 milioni di rubli (162 mila euro), molto inferiore ai guadagni di sua moglie, l’ex campionessa olimpica di pattinaggio Tatiana Navka, autentica architrave della famiglia Peskov con i suoi 218,5 milioni, pari a 2,4 milioni di euro. Alla faccia del patriarcato russo.
(da il Corriere della Sera”)
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
“NON SIAMO ANCORA RIUSCITI A IDENTIFICARNE 300”
«A Bucha, nella regione di Kiev, sono stati trovati più di 420 cadaveri di cittadini». A riferirlo è il capo della polizia della regione ucraina Andry Nebytov su Facebook, citato dal sito di informazione Ukrinform. «Il lavoro della polizia della regione di Kiev non si ferma. Se prendiamo in considerazione soltanto Bucha, fino a sabato sera abbiamo trovato più di 420 corpi», ha spiegato Nebytov, «e non è finita qui. La gente torna a casa e trova tombe temporanee nei cortili, negli scantinati, nei pozzi».
Secondo quanto riferito dal capo della polizia Nebytov, solo parte delle vittime della strage è stata identificata.
«Ma più di 200 persone nella regione di Kiev attualmente risultano scomparse. Non siamo riusciti a identificare più di 300 corpi».
E ha spiegato: «Per tentare l’identificazione prendiamo sempre il Dna. Molti parenti denunciano la scomparsa di conoscenti o parenti, ma sono all’estero, per questo non è ancora possibile prelevare da loro campioni di Dna. La speranza è di riuscire a identificare il 100% di tutte le persone che sono state uccise dall’esercito russo nella regione di Kiev».
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
IL MATERIALE SANITARIO ERA INSUFFICIENTE RISPETTO ALLE ESIGENZE, E QUESTO ALIMENTA IL SOSPETTO CHE L’OBIETTIVO DEI RUSSI FOSSE L’ATTIVITÀ SPIONISTICA E NON L’AIUTO UMANITARIO
«Sono state preparate brigate mediche con impianti e attrezzature necessarie per prestare assistenza d’urgenza e curare gli ammalati. Si prevede di inviare i mezzi speciali per la disinfestazione di strutture e centri abitati nelle località infette».
Sono le 8.48 del 22 marzo 2020. Dalla Farnesina viene trasmessa una nota verbale inviata dall’ambasciata russa. Comunica ai funzionari del ministero, del governo e della Protezione civile il contenuto della missione in arrivo da Mosca.
E così svela che i russi avevano avvisato il governo italiano dell’intenzione di «bonificare» dal virus le strutture pubbliche ottenendo il via libera. Ma anche che l’Italia aveva accettato di sostenere tutte le spese per l’arrivo di 130 persone.
Le mail per l’accordo§Sono proprio le mail e gli altri documenti raccolti durante l’indagine del Copasir a rivelare nuovi e clamorosi retroscena di quella missione cominciata nel marzo del 2020, poche settimane dopo che l’Italia era entrata in pandemia e durata due mesi.
Svelando come i termini dell’accordo tra l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e quello della Federazione russa Vladimir Putin fossero ben diversi da quanto è stato poi rivelato.
Certamente il materiale sanitario era insufficiente rispetto alle esigenze e questo alimenta il sospetto che l’obiettivo dei russi fosse l’attività spionistica e non — come era stato dichiarato — l’aiuto umanitario.
Anche perché sin dalla prima mail la loro condizione era ultimativa: «Attendiamo risposte alle domande entro tre ore sui canali diplomatici a Roma o a Mosca». Risposte che sono state evidentemente affermative, visto che poi sono atterrati in Italia i primi 11 velivoli militari.
E l’Italia ha fornito un programma così come era stato concordato sin dall’inizio visto che nel testo si sottolinea come «per programmare il volo e svolgere i lavori umanitari servono le informazioni sugli aeroporti di arrivo e le località in cui saranno inviati gli specialisti russi».
I voli pianificati
Il documento trasmesso per via diplomatica rivela dettagli di un’operazione impossibile da pianificare in poche ore. Viene infatti specificato che «secondo le intese raggiunte durante il colloquio telefonico tra il presidente della Federazione russa Vladimir Putin e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ai fini di prestare aiuto nella lotta contro il coronavirus, la parte russa pianifica di effettuare quotidianamente dal 22 marzo al 15 aprile sulla rotta Soci-Pratica di Mare-Soci i seguenti voli speciali».
Viene indicato l’elenco degli aerei e il nome dei comandanti. Poi si specifica che «gli aerei trasportano il personale medico, i dispositivi di protezione, l’attrezzatura medica e i mezzi per la lotta contro il coronavirus» evidenziando anche che «i voli sono quotidiani dal 22 marzo al 15 aprile 2020».
E ancora: «Il decollo del primo aereo è programmato per le ore 14 di Mosca poi a seguire a distanza di un’ora altri quattro aerei. Attualmente si stanno preparando alla partenza 123 persone e 7 mezzi. Fra gli specialisti russi ci saranno 12 interpreti di lingua italiana per poter assicurare la comunicazione immediata con gli esperti italiani».
La lista della spesa
Ufficialmente l’operazione era stata accettata per ottenere mascherine e ventilatori, all’epoca introvabili in Italia. Una missione umanitaria, secondo la versione fornita all’epoca dal governo italiano. Il testo dell’accordo rivela invece che sin dall’inizio l’Italia sapeva di dover pagare tutte le spese.
Un conto, si è scoperto adesso, di oltre tre milioni di euro. Scrivono i russi: «L’ambasciata sarà grata a codesto ministero se vorrà provvedere ad ottenere dell’autorità competenti italiane l’autorizzazione per il sorvolo del territorio italiano e lo scalo sull’aeroporto di Pratica di Mare.
Si prega altresì di provvedere al servizio terrestre aeroportuale nonché al refueling fino a 50 tonnellate di combustibile a titolo di cortesia. Contiamo sul rifornimento gratuito degli aerei russi presso gli aeroporti italiani per il volo di ritorno e sull’esenzione dalle tasse di aeronavigazione, pagamento del parcheggio e altri servizi aeroportuali».
Non solo. Nell’accordo viene specificato che anche tutte le altre spese relative alla permanenza dei russi nel nostro Paese saranno a carico del governo italiano. Nella lettera all’ambasciata se ne parla come un auspicio, ma il tono non lascia adito ad altre opzioni: «Ci auguriamo che le questioni di vitto alloggio e supporto alla vita dei medici russi siano risolte dalla parte italiana, come pure la messa a disposizione di materiali consumabili necessari, per esempio per il funzionamento degli apparecchi di ventilazione artificiale dei polmoni che saranno portate dalla Russia».
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
“È PIÙ BASSO, NON HA IL FISICO, DEVE AGGIUNGERE UNO SFORZO MENTALE, O È LEADER O NON È NESSUNO”… “IL PUNTO DEBOLE? I GIOVANI: NON LO CAPISCONO E LUI NON LI CAPISCE”
Che significano questi tatuaggi? Nicolai Lilin copre il dorso delle mani dove si allungano magnifiche arborescenze nere: «Parlarne sarebbe come mettersi a nudo».
A 42 anni, 16 dei quali passati in Italia, il maestro tatuatore che ha scritto romanzi di culto come Educazione siberiana conserva un suo residuo esotico, un alone d’indecifrabile fissità nello sguardo, forse per le troppe cose viste da quando è nato in Transnistria, regione moldava un tempo parte dell’impero sovietico.
Con l’inizio della guerra in Ucraina è stato ripubblicato con una nuova prefazione Putin – L’ultimo zar (Piemme, 218 pagine, 13 euro), documentata biografia dell’uomo che l’ha scatenata: «Un enigma che qui fatichiamo a penetrare. Come una chiave che non s’incastra nella serratura».
«Non arriva dalla nomenklatura sovietica, i suoi bisnonni erano servi della gleba. Conosce le periferie del Paese dove vive il 70 per cento della popolazione. È cresciuto nel vicolo Baskov di Leningrado, lì dovevi lottare. Picchiare chi ti aveva offeso perché senno picchiava te».§
L’apprendistato di tanti, perché per lui è così utile?
«Perché capisce meglio le regole: la lealtà verso il tuo gruppo, la freddezza, il silenzio di cui ha bisogno il potere. È più basso, non ha il fisico, deve aggiungere uno sforzo mentale, deve deciderlo: perché o è leader o non è nessuno. Infatti già da bambino sogna di entrare nel Kgb».
Che qualità mette in campo?
«Diventa curatore degli agenti esterni: uno che per allargare la rete delle spie recluta persone qualunque. Occorre essere un abile psicologo: devi capirne la struttura mentale, cogliere i punti deboli, rimodulare l’offerta. Putin lavora in Germania Est: coltiva rapporti con i terroristi dell’Ovest in lotta contro il capitalismo. E soprattutto, con la criminalità organizzata, due realtà strettamente connesse».
Che traccia rimane della spia nella sua attività politica?
«Il Putin pubblico esordisce nel 1991 quando l’Urss collassa. Di ritorno da Dresda, vive in una casa di 27 metri quadri, non ha soldi. Anatoly Sobchak, sindaco di San Pietroburgo, lo chiama per curare i rapporti con la nuova élite democratica: ovvero oligarchi e delinquenti. Lo stesso lavoro nel Kgb. L’oligarca è chi sa il costo delle cose: materie prime e fabbriche, perché viene dalla struttura statale. La criminalità sa come venderle, magari in Occidente. Si spartiscono il Paese e diventano miliardari».
Ma la conquista delle masse?
«Va capita una cosa: l’apocalisse degli anni Novanta. Il sistema che per settant’anni ha dato sicurezza è liquefatto. La classe media è annichilita. Non esiste legalità. Putin è un reshala, si direbbe nel gergo criminale: uno che risolve problemi e riporta almeno l’illusione dell’ordine. Nel 1999 la sua minaccia ai terroristi ceceni fa furore: “Li ammazzeremo anche nel cesso”».
olo ordine contro disordine?
«No, è uno che risponde di quello che fa. Le cito un episodio. Quando il 12 agosto del 2000 affonda il sottomarino nucleare Kursk e muoiono 107 marinai, lui decide di entrare nella gabbia dei leoni: incontra i familiari, inferociti col governo che non ha fatto abbastanza. Loro sono pronti a strapparne la carne a pezzi. E invece: li fissa negli occhi, uno a uno. Lo sguardo non vaga nell’aria, non si rifugia sul pavimento. Merita l’Oscar, esce tra gli applausi».
Punti deboli?
«I giovani che non hanno vissuto lo sfascio sovietico: non lo capiscono e lui non li capisce. Detesta internet, legge su carta, appartiene al passato».
Che idea si è fatto della sua sfera privata?
«Da scrittore preferisco immaginarla, perché si sa poco: la fIne del matrimonio con Ljudmila e le due figlie protette dal segreto, poi la storia con Mina Kabaeva, ex olimpionica di ginnastica, madre degli ultimi figli, che sta a Lugano. Credo che Putin sia un personaggio da tragedia greca. Una specie di Minotauro. Nel corso del tempo non riuscivano più a coesistergli dentro il pubblico e il privato, la bestia e l’umano. Uno dei due doveva prevalere: il Minotauro ha preso possesso. E ora si aggira nel suo labirinto».
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
OVVIAMENTE SONO ELETTORI SOVRANISTI E DEL M5S
Un sondaggio realizzato da Demos & Pi e commentato oggi da Ilvo Diamanti su Repubblica sostiene che il 25% degli italiani non crede ai media sulla guerra in Ucraina.
E la differenza è più radicata tra gli elettori del centrodestra. Secondo i risultati della rilevazione quasi metà degli italiani (il 46%) ritiene l’informazione sul tema distorta e pilotata.
Mentre un quarto degli italiani esprime un approccio negazionista. Ritiene cioè che le notizie e le immagini dei massacri siano false o falsificate, amplificate o costruite ad arte dal governo ucraino. E ispirate da Zelensky per delegittimare Putin e criminalizzare l’esercito russo.
In particolare, tra gli elettori di Fratelli d’Italia il 60% è d’accordo con l’affermazione “sulla guerra in Ucraina la maggior parte dell’informazione è distorta e pilotata” e secondo il 29% “le notizie e le immagini dei presunti crimini sono una montatura del governo ucraino”. Le percentuali scendono di poco per gli elettori della Lega (55% e 28%) e del M5s (51% e 29%). Segue Forza Italia con il 48% e il 23% mentre l’ultimo partito è il Pd con 29% e 12%.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
AVEVA PERSO IL MARITO NEI PRIMI GIORNI DI GUERRA, HA MESSO IN SALVO IL FIGLIO POCHI GIORNI FA E POI E’ TORNATA A COMBATTERE FINO ALL’ESTREMO SACRIFICIO
Aveva perso suo marito nei primi giorni dell’invasione della Russia, ma questo non aveva intaccato la sua forza e la sua perseveranza di rimanere lì, a Mariupol, per difendere la sua città.
Poi, solo pochi giorni fa, era riuscita a mettere in salvo suo figlio facendolo evacuare da quella cittadina nel Sud-Est dell’Ucraina diventata uno dei teatri degli orrori di questa guerra.
Ma lei è sempre rimasta lì, su quel fronte tra i palazzi distrutti, gli ospedali devastati e quelle poche strutture rimaste in piedi dopo gli attacchi missilistici. Fino al giorno di Pasqua, quando Olena Kushnir è morta sotto i colpi dell’esercito russo.
La storia di Olena Kushnir è il simbolo di questa guerra. Lei, medica della Guardia Nazionale Ucraina, aveva già patito sulla sua pelle tutti gli orrori di questa invasione e di questa guerra. Il marito era morto durante una delle prime offensive militari russe nel Sud-Est dell’Ucraina. E, nonostante il dolore per quella perdita, lei non è mai indietreggiata. Nel mese di marzo aveva registrato e pubblicato un video da uno dei bunker improvvisati nella città di Mariupol.
Chiedeva al mondo di non fare film o scrivere libri su questa tragedia chiamata “guerra”, ma di concentrare tutti gli sforzi nell’aiuto dei civili innocenti che sono stati costretti (i più fortunati) a lasciare il loro Paese per fuggire dalle bombe e dalle crudeltà del conflitto:
“Non compatitemi, sono un medico, una combattente, sono ucraina, faccio il mio dovere. A Mariupol ci sono ancora persone, sono nelle cantine, sono sotto terra, hanno bisogno di tutto. Se non volete salvare Mariupol, salvate i suoi cittadini, vi prego. Non vogliamo essere eroi e martiri, non potrete dire che non sapevate, perché sapevate e potevate agire”.
Pochi giorni prima di Pasqua, era riuscita a mettere in salvo suo figlio, facendolo evacuare dalle polveri di quella città fantasma che è diventata Mariupol.
Quel piccolo che ora è rimasto solo dopo la morte sul campo prima del papà soldato e poi della mamma che faceva parte delle 100 donne che stanno combattendo per non far cadere quella città del Sud-Est dell’Ucraina nella mani dell’esercito russo.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
I FIGLI DI PUTTIN PERO’ NON VANNO A VIVERE A MOSCA DOVE NOTORIAMENTE POTREBBERO SCRIVERE E INSULTARE LIBERAMENTE IL POTERE
Uno spettacolo tra musica e politica. Questo è stato il rock dei Måneskin sul palco del festival musicale di Coachella in California e una loro canzone è diventata un inno contro la guerra in Ucraina. E il brano, sta facendo il giro dei social di Kiev. E non solo.
“I Måneskin hanno eseguito una canzone dedicata all’Ucraina – si legge su Ukraine now – Il 17 aprile la band italiana ha chiuso la sua esibizione con un nuovo brano Gasoline. In un altro post si sottolinea che “la band italiana Maneskin ha rifiutato un tour in Russia in solidarietà con l’Ucraina”.
Ma l’esibizione non è piaciuta a tutti: “Damiano dei Måneskin urla ‘Fuck Putin!’ dal palco. Ma la domanda è: Chi è Damiano dei Måneskin?”, scrive sabrina F.
“So’ ragazzi, plagiabili, ricattabili, non sanno che c… dicono!!si fanno trasportare dall’onda! E.. come tutti i ragazzi si sentono onnipotenti, forza della gioventù! non si rendono conto fino a quando non ci sbattono” il muso! “..” Sono le cattive compagnie!!”, aggiunge in un altro post Kuky.C’è poi chi, come Andrea, punta ancora più in alto e ritira in ballo la polemica contro i vaccini: “Il governo ha stanziato milioni perché la stampa (tutta) facesse propaganda per i vaccini. Damiano è ottimo medium per influenzare gli stessi giovani che si sono punti solo per tornare a bere spritz”
E c’è pure chi li paragona a “servitori di Satana”, come fa un attivissimo Actarus Z, (nome che è già tutto un programma), che lancia anche un appello a Putin. “Ora capite perchè queste nullità sono arrivate dove sono arrivate ? Forza Putin liberaci da Satana e dai suoi servitori”
Ma sembra che alla maggioranza degli utenti social sia piaciuta la loro Were gonna dance on gasoline, con la quale Damiano, Victoria, Thomas e Ethan hanno aderito alla campagna del Global Citizen #StandUpForUkraine (come molti altri artisti).
E, in particolare, hanno colpito nel segno le parole del frontman della band romana che ha citato il discorso di Charlie Chaplin da Il grande dittatore e, il suo conclusivo “Free Ukrain, fuck Putin!”.
Il frontman Damiano ha citato un discorso di Charlie Chaplin da Il grande dittatore e, prima di lasciare il palco, ha esclamato: ‘Free Ukrain, fuck Putin!'”
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
CHI SI E’ RIFIUTATO DI ALZARSI PER LASCIARE IL POSTO PRENOTATO AI 27 DISABILI ANDAVA DENUNCIATO: 30 SECONDI DI TEMPO PER TOGLIERSI DAI COGLIONI E POI GIU’ DAL TRENO A CALCI IN CULO
L’episodio lo abbiamo raccontato nell’articolo de “la Stampa” che riporta correttamente lo sconcio avvenuto a bordo del treno regionale.
1) Possibile che piu’ vagoni vengano vandalizzati e nessuno intervenga, bloccando il treno e facendo intervenire le forze dell’ordine?
2) Possibile che quando interviene la Polfer per far alzare gli abusivi e far sedere i 27 disabili che avevano pronotato il posto, una trentina di soggetti se me freghino e tornino tranquillamente a casa, mentre i disabili devono scendere dal treno? Ma in che Paese siamo?
3) Non è certo il personale di Trenitalia che deve far alzare chi con disprezzo e arroganza viola la legge, ma la Questura di Genova. Hanno mandato il reparto mobile per una contestazione di tifosi il giorno prima e non lo mandano per un treno fermo in stazione?
4) Ora si deve andare a cercare i video per identificare quella teppa quando bastava impacchettarli al momento e caricarli sui cellulari con una bella denuncia che avrebbe loro raddrizzato la schiena.
E quando si oppone resistenza, esistono i manganelli per rieducare la fogna.
Non ce ne sarebbe stato bisogno, si sarebbe alzati, state tranquilli. Se qualcuno avesse fatto applicare la legge.
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Aprile 19th, 2022 Riccardo Fucile
QUANDO SONO SALITI IL TRENO ERA GIÀ PIENO, E GLI ALTRI PASSEGGERI SI SONO RIFIUTATI DI FARE SPAZIO…ALLA STAZIONE DI SAVONA ERA STATO VANDALIZZATO DA ALCUNI TEPPISTI CHE SI SONO DIVERTITI A SPACCARE LE COLONNINE DI DISINFETTANTE
Non è stato un rientro a casa semplice per 27 disabili che, con i loro accompagnatori, ieri pomeriggio avrebbero dovuto prendere un treno dalla stazione di Genova Principe per tornare a Milano e invece hanno dovuto rientrare in pullman nel capoluogo lombardo.
I ragazzi sono saliti sul convoglio ma una volta a bordo hanno trovato i posti a loro riservati occupati da altri passeggeri (la maggior parte dei quali turisti di rientro dal fine settimana in Liguria) che, nonostante l’intervento di quattro addetti di Trenitalia e tre agenti della Polfer, hanno rifiutato di alzarsi e viaggiare in piedi costringendo così i ragazzi con i loro accompagnatori a scendere dal convoglio fermo in stazione.
I posti sul treno, per i 27 disabili, erano stati prenotati e riservati (con cartello ad hoc) come comitiva: sui treni regionali infatti non è possibile prenotare un posto a bordo, ma Trenitalia concede comunque la possibilità ai gruppi da venti o più persone di avere posti a sedere riservati.
A Principe, il treno regionale Albenga-Milano delle 14.10 ieri pomeriggio è arrivato in lieve ritardo perché vandalizzato alla stazione di Savona da alcuni teppisti che si sono divertita a scaricare l’estintore e a spaccare le colonnine di disinfettante per le mani, cosa che ha costretto Trenitalia ha sostituire il convoglio con un altro treno meno capiente che, assicurano da Trenitalia, avrebbe comunque permesso – tra posti in piedi e posti a sedere – di ospitare a bordo tutti gli utenti che avevano acquistato il biglietto
Trenitalia, ancora prima che il treno da Savona arrivasse a Genova, aveva già messo a disposizione dei passeggeri in attesa alla stazione di Principe alcuni pullman per consentire a chi difficilmente avrebbe trovato posto a sedere sul treno, di viaggiare seduto verso Milano tanto che sono stati due, oltre a quello dove ha viaggiato il gruppo di disabili, i pullman partiti da Genova alla volta di Milano con personale di Trenitalia che ha informato gli utenti dell’alternativa di viaggio prima dell’arrivo del convoglio a Principe.
«Quello che è accaduto su un treno diretto da Genova a Milano è vergognoso, un episodio da stigmatizzare. Segna la totale mancanza di rispetto e sensibilità verso le persone disabili. Nonostante siano intervenuti gli operatori di Trenitalia e gli agenti della Polfer non c’è stato niente da fare», hanno denunciato il governatore ligure Giovanni Toti e l’assessore regionale ai Trasporti, Gianni Berrino.
«Quello che è accaduto è un fatto doppiamente grave, non solo perché il treno è stato prima vandalizzato da ignoti passeggeri – ha aggiunto Berrino – ma soprattutto per quanto accaduto poi a Genova. Si tratta di un episodio inqualificabile che va condannato con fermezza».
Sul caso dei ragazzi disabili è intervenuta Assoutenti che ha annunciato la presentazione, oggi, di un esposto alle procure della Repubblica di Genova e di Milano con l’ipotesi di violenza privata.
«Si tratta di un episodio molto grave, un esempio di inciviltà e degrado morale che potrebbe realizzare un vero e proprio illecito di natura penale – ha spiegato il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi -. Chiediamo alla procura di Genova e a quella di Milano di identificare, anche attraverso l’ausilio delle telecamere di sicurezza, tutti i passeggeri che hanno costretto i ragazzi disabili a scendere dal treno, e di procedere nei loro confronti».
(da La Stampa)
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