Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
EFFETTO DIBATTITO: MACRON VOLA AL 57,5%, LE PEN CALA AL 42,5%
La sera di mercoledì 20 aprile è andato in onda Le Débat il confronto tv tra i candidati alla carica di Presidente della Repubblica francese.
Il dibattito, a giudicare dai sondaggi, sembra aver aumentato il gradimento del pubblico nei confronti del presidente uscente Emmanuel Macron: secondo il barometro quotidiano dell’istituto di sondaggi IPSOS, Macron avrebbe infatti consolidato il proprio vantaggio sulla sfidante Marine Le Pen, salendo di 1,5 punti percentuali in vista del ballottaggio in programma il 24 aprile.
Se prima di ieri sera le intenzioni di voto si indirizzavano verso il leader de La République En Marche per il 56%, adesso la percentuale è salita al 57,5%. Le Pen, invece, è passata dal 44% al 42,5%.
Secondo un sondaggio dell’istituto Elabe, Macron avrebbe dominato la serata. E i numeri di oggi sembrano dimostrarlo.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
E’ ACCADUTO A ZAPORIZHZHIA, I TRE MILITARI RUSSI VOLEVANO SMETTERE DI COMBATTERE PER NON AVER RICEVUTO LO STIPENDIO
Nel distretto di Pologovsky, a Zaporizhzhia, tre soldati russi sono stati uccisi dai militari ceceni perché avevano deciso di deporre le armi.
Ivan Arefyev, portavoce dell’amministrazione militare regionale di Zaporizhzhia, ha spiegato quanto accaduto in una dichiarazione su Telegram nella giornata di ieri, citata dal Daily Beast: “Secondo i servizi segreti ucraini, ieri nel distretto di Pologovsky le truppe russe hanno iniziato a ribellarsi: i soldati russi non volevano combattere perché non hanno ricevuto i pagamenti promessi. Gli uomini di Kadyrov (il presidente ceceno, ndr) hanno brutalmente ucciso tre degli istigatori della rivolta che erano pronti a deporre le armi e tornare a casa”.
Sebbene non siano mai stati inviati a combattere nei luoghi cruciali della guerra, i ceceni hanno affiancato fin dai primissimi giorni i militari russi nel conflitto in Ucraina.
Le condizioni dell’esercito russo inviato oltre il confine sono apparse presto disperate: nei primi giorni dopo la guerra circolavano diversi video di reclute che denunciavano di aver ricevuto poche razioni di cibo, perlopiù scadute, mentre alcune telecamere di sorveglianza hanno ripreso giovani soldati che cercavano di rubare pollame nei giardini dei civili ucraini.
I soldati di Mosca combattono per pochi rubli al mese, ma possono razziare le case dei territori occupati con la violenza.
Le autorità nella vicina città di Dnipro hanno segnalato casi simili di ribellioni delle truppe russe: in una dichiarazione di ieri il consiglio comunale ha affermato che alcune telefonate intercettate hanno rivelato che le truppe di Vladimir Putin stanno complottando per sparare ai propri comandanti.
Una registrazione audio di accompagnamento rilasciata dal servizio di sicurezza ucraino mostra un uomo che si presume essere un soldato russo che si lamenta con un amico che i comandanti hanno dato l’ordine di sparare ai civili e hanno minacciato l’accusa di diserzione se le truppe non rispettano il comando. “Al nostro comando, hanno fatto provviste: sigarette, cibo… Sai cosa hanno fatto? I nostri capi si sono fottuti e hanno scaricato tutti. Non so nemmeno dove siano”, ha detto. “Beh, cazzo, spara loro e basta”, ha risposto il suo amico.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
SI CERCANO “SOLUZIONI” PER DARE A ZELENSKY GLI AEREI PER LA BATTAGLIA NEL DONBASS
Dal gradualismo alla frenesia. Nel giro di venti giorni la strategia di Joe Biden è mutata radicalmente, con una nuova parola d’ordine: «Putin può essere sconfitto sul campo». Il 24 febbraio, il giorno dell’attacco, nessun leader occidentale ci avrebbe creduto, neppure lo stesso Volodymyr Zelensky. Adesso anche una figura da sempre prudente come il belga Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ieri si è presentato a Kiev e ha detto al presidente ucraino: «Vogliamo la vostra vittoria e faremo tutto ciò che è necessario».
Biden ha iniziato a cambiare passo subito dopo il vertice straordinario della Nato, il 24 marzo scorso a Bruxellex. Finora il presidente americano ha seguito lo schema obamiano «leading from behind», cioè orientare le decisioni rimanendo nelle retrovie. Sul piano militare Biden sembra pronto ad accogliere la proposta di quattro parlamentari che chiedono al presidente di nominare uno «zar» per gestire la consegna di armi e per «coordinarsi» con gli alleati. Un concetto che per i governi americani di qualsiasi colore significa solo una cosa: dettare la linea, come è accaduto negli ultimi summit tra Usa e Paesi europei. Tecnicamente, lo «zar» si dovrebbe chiamare «Ukraine Security Assistance Coordinator».
Biden non si fermerà. Alle sue spalle cresce la spinta dell’opinione pubblica, largamente favorevole, con medie del 70% nei sondaggi, a «fare di più» per l’Ucraina. Il Congresso ha fiutato il clima ed è sempre più tetragono: democratici e repubblicani premono perché il presidente «pensi in grande». Persino Donald Trump ha dovuto cambiare posizione, dopo essersi accorto di essere l’unico a viaggiare contromano. Era partito elogiando Putin («è intelligente») e ha finito con l’accordarsi a Biden, accusando i russi di «genocidio».
Gli Stati Uniti stanno praticamente stanziando circa 800 milioni di dollari alla settimana per aiutare la resistenza ucraina. E la Casa Bianca ha fatto sapere che tra oggi e domani Biden annuncerà un’altra spedizione di armi: ancora da 800 milioni di dollari. A quel punto il governo americano avrà speso, dall’inizio della guerra, 3,4 miliardi di dollari, divisi in otto tranche.
L’Unione europea è, complessivamente, a 1,6 miliardi di dollari, mentre il Regno Unito, da solo, è a quota 550 milioni di dollari. Sul versante occidentale, dunque, la reazione all’attacco putiniano è già costato almeno 5,5 miliardi di dollari. La distinzione tra armi «difensive» e «offensive» è di fatto saltata. Nell’ultimo pacchetto erano inseriti pezzi di artiglieria pesante e 11 elicotteri, per non citare i 300 droni-kamikaze «Switchblade». Il prossimo si spingerà ancora più in là, con missili a lunga gittata, sistemi anti-aerei, altri droni.
La Casa Bianca è sempre contraria a presidiare i cieli dell’Ucraina con i propri aerei.
Ma nel concreto la «no fly zone» non è più un tabù. Il Segretario di Stato Antony Blinken sta lavorando assiduamente con i partner dell’Est Europa, in particolare con la Polonia. L’8 marzo il Pentagono aveva bloccato il governo di Varsavia che voleva inviare 28 Mig-29, jet di fabbricazione sovietica, a Zelensky, ma passando per la base Usa di Ramstein in Germania. Adesso si stanno cercando, senza fare rumore, altre soluzioni. Zelensky avrà gli aerei per la battaglia nel Donbass. […]
All’inizio della crisi, Washington aveva deciso di condividere persino con i media le informazioni più sensibili, per esempio la posizione delle truppe russe al confine con l’Ucraina. Ora la diffusione delle notizie si è drasticamente ridotta. Per […] proteggere i Paesi che forniscono armi da possibili rappresaglie di Putin. In definitiva Biden si sta assumendo rischi in un primo tempo scartati, come mandare istruttori militari per addestrare gli ucraini.
(da il “Corriere della Sera”)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
UN ALTRO CAMPIONE DELLA FAMIGLIA TRADIZIONALE E DEI VALORI SPIRITUALI
Bomba al veleno su Sergey Lavrov, il potentissimo ministro degli Esteri russo, la lunga mano di Vladimir Putin nelle trattative, sempre più difficili, con l’Occidente sulla guerra in Ucraina.
L’americano New Lines Magazine, sito specializzato in politica estera (Medio Oriente e Asia in particolare) rilancia una foto del 2018 che ritrae il ministro a Tokyo in compagnia dell’oligarca russo Oleg Deripaska, sanzionato perché molto vicino al Cremlino, Svetlana Polyakova che è l’amante e compagna-ombra di Lavrov e la giovane Ekaterina Lobanova.
Chi è? Si tratta di una “sex worker” molto famosa in Russia, che conta una “prolifica” carriera nel mondo delle foto erotiche su siti come Naked.me e Peasex.com
La foto, verificata, risale al 20 o 21 marzo 2021, quando Lavrov e Deripaska erano “in missione” insieme a un altro importante magnate del settore energetico, Gennady Rovner, per incontrare Angelo Koo, il numero uno della China Development Foundation of Taiwan, «un Paese – sottolinea il magazine – con cui la Russia non ha relazioni ufficiali».
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
AD OGGI RITROVATI I CADAVERI DI OLTRE MILLE CIVILE UCCISI CON UN COLPO ALLA NUCA DAI CRIMINALI RUSSI
Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, arrivando a Kiev, ha dichiarato: «La storia non dimenticherà questi crimini». Crimini più volte denunciati da Andriy Nebitov, capo della polizia della regione e figura centrale anche nella sicurezza dello stesso presidente Zelensky.
Oltre al noto massacro di Bucha, ci sono ulteriori fatti di uguale gravità, da segnalare?
Gli eventi di Bucha, purtroppo, ci riserveranno nel tempo dettagli ulteriormente raccapriccianti. Non tutto è noto. A nord di Kiev, nel giorno della ritirata russa, sono stati trovati più di 900 cadaveri (ad oggi ben più di mille), uccisi con colpi di pistola alla testa, segno di un ordine giunto all’ultimo o di una ferocia esibita non tanto nei confronti della popolazione locale, ma del mondo, che invece, a sua volta, in quelle ore, notava il pantano in cui la Russia si è infilata.
Nella sola Bucha sono stati scoperti 420 corpi, ma altrettanti ne sono stati segnalati nei giorni seguenti in aree limitrofe e, in particolare, negli scantinati delle cittadina, dove anziani, donne e bambini avevano cercato rifugio. Sono stati massacrati lì, a freddo.
Brutali inoltre le scene dei corpi delle donne abusate trovate nell’area di Chernihiv, dove intorno sorgeva un poliambulatorio d’emergenza. Ulteriori dati in tal senso sono ancora in arrivo da Borodyanka.
Sembra quasi che Cherniv sia stata la cittadina che più si è sacrificata, proprio per proteggere Kiev e la sua storia, sbarrando la strada verso la capitale alle truppe russe È esattamente così. La piccola Cherniv ha resistito e ha fatto quasi da barriera per evitare il peggio alla capitale.
L’invasore di Mosca avrebbe voluto umiliare Kiev e non è accaduto; però, in quelle zone più periferiche, hanno perso la vita in tanti: ricordo i genitori di Danilo, di 12 anni, rimasto solo col suo gatto e con la casa distrutta; Darina, ferita alle gambe è ora in Israele.
Non solo: la bella biblioteca cittadina è stata totalmente rasa al suolo e, anche chi resta, è lì senza elettricità. Ci sono ancora diversi aspetti da chiarire: avete visto le terribili immagini del drone su Cherniv? La situazione, come stiamo capendo ora, era preoccupante già a inizi marzo e restano da chiarire le responsabilità, nei crimini, delle truppe provenienti dalla Bielorussia.
La situazione è più tesa nel sud costiero, ma come state riuscendo a garantire la sicurezza nei territori intorno a Kiev, in particolare con l’arrivo di alte cariche istituzionali?
La situazione è drammatica lì, ma l’allerta è rossa in tutto il Paese e il livello di sicurezza, a Kiev, è coordinato col ministro della Difesa. Non basta soltanto l’organizzazione della polizia, in particolare quando avvengono queste visite eccezionali, che, però, hanno necessariamente bisogno di alcune ore di preavviso, non divulgato ai media.
Non posso scendere nei dettagli, ma ovviamente questa sfasatura di comunicazione, di poche ore, garantisce la sicurezza degli ospiti e del nostro stesso governo. Con questo monitoraggio, coordinato col ministro, si è resa possibile l’uscita all’esterno di Zelensky per accogliere le altre autorità in visita. È un buon segnale.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
IL LEGGENDARIO SERGEJ BUBKA, DOMINATORE DEL SALTO CON L’ASTA, RACCONTA LA FUGA DALLA SUA UCRAINA: ‘HO LASCIATO KIEV SU UN TRENO IN UNO SCOMPARTIMENTO PIENO DI BAMBINI. HO PAURA DI NON RIVEDERE PIÙ MIA MADRE ORA 85ENNE CHE SENTO SOLO PER TELEFONO”
Fuggito dalla guerra come un profugo, sul treno partito da Leopoli. Con la paura di «non rivedere più mia madre ora 85enne che sento solo per telefono», visto che è bloccata a Donetsk dopo un’operazione con il fratello maggiore.
Il nome di Sergej Bubka è inciso nella storia dello sport, oggi prova a scrivere una storia diversa, sostenendo la sua Ucraina (è nativo di Luhansk ma ora vive a Kiev dove tornerà presto, ndr) da presidente del Comitato olimpico. In lacrime e con il «cuore spezzato» per una guerra che «mai pensavo potesse capitare, è stato uno choc». Ma anche con una speranza, anzi una certezza per il futuro: «Ci vorrà tempo ma ricostruiremo tutto, anche lo sport, unico strumento che può riportare la pace».
Sta spendendo ogni energia per aiutare i suoi connazionali: «Mi occupo del coordinamento delle attività, di indirizzare le risorse che ci arrivano, di prendermi cura dei nostri atleti, è un lavoro incessante». Il ritorno a Roma trentotto anni dopo la gara spettacolo con il francese Vigneron nell’asta al Golden Gala dello stadio Olimpico è per fare visita – al Centro Onesti all’Acquacetosa – ad alcuni degli oltre 500 atleti del suo paese di venti federazioni ospitati in Italia.
Oltre che per ringraziare il collega Giovanni Malagò e il sottosegretario allo sport Vezzali per quanto il nostro paese sta facendo. «Interpretiamo la solidarietà olimpica, considerate questa la vostra seconda casa, troverete qui tutto quello che vi serve», così il numero uno del Coni agli atleti ucraini. Un milione e mezzo di euro sarà invece stanziato dal Dipartimento dello sport per quest’emergenza umanitaria.
A quasi due mesi dall’invasione russa, il futuro è ancora quanto mai incerto per l’Ucraina. «Sentiamo il supporto da molti Paesi e da molti Comitati olimpici nel mondo, a cominciare dall’Italia, e questo significa molto per noi. Se restiamo uniti vinceremo», ha sottolineato Bubka.
Intanto continuano le esclusioni degli atleti dalle manifestazioni sportive. «Oggi dico che farei il possibile per evitare qualsiasi forma di boicottaggio, perché significherebbe impedire a molti atleti di coronare il loro sogno», ha sottolineato l’ex primatista mondiale dell’asta, campione olimpico a Seul 1988 e per sei volte consecutive campione mondiale (dal 1983 al 1997) prima per l’Unione Sovietica, poi per l’Ucraina – Dovete capire la situazione internazionale: dal 2017 il Comitato olimpico internazionale non ha più rapporti con il governo della Russia. Dopo Sochi 2014 e lo scandalo doping, il comitato olimpico russo è stato multato e non può rappresentare il paese con inno e bandiera. Il Cio non è l’Onu, ma ha preso misure forti mai adottate prima e noi seguiamo le sue linee guida. Il Comitato russo dovrebbe schierarsi apertamente contro questa guerra».
Nei prossimi giorni Bubka, insieme al ministro della gioventù e dello sport Guttasait che lo sta accompagnando in questo giro europeo, sarà a Losanna dal presidente del Cio Bach per poi tornare in patria. Dove lo aspettano i familiari e tanti atleti che sperano in una pace ancora lontana.
(da il Giornale)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
“LE ALLEANZE SI FANNO SU VALORI COMUNI, NON PER CONVENIENZA”
Italia Viva perde pezzi. Isabella Conti, che l’anno scorso aveva sfidato alle primarie l’attuale sindaco di Bologna, ha annunciato l’addio al partito guidato da Matteo Renzi.
Un dietrofront attribuito alla poca “chiarezza sui valori nei quali Italia Viva si incardina e si riconosce”.
“Io mi riconosco in quelli del centrosinistra”, ha affermato invece la sindaca di San Lazzaro, che per adesso non tornerà nel Partito democratico, lasciato meno di tre anni fa per approdare nel nuovo partito centrista. “Avere la tessera di un partito ha a che fare con la nostra identità, con i valori in cui ci riconosciamo”, ha detto oggi in un’intervista con La Repubblica, in cui ha spiegato la sua decisione. “Per questo non ho rinnovato la tessera di Italia Viva”.
A contribuire alla rottura, secondo Conti, sarebbe stato il sostegno di Iv al candidato del centrodestra Marco Bucci, alle elezioni a Genova.
“Per me se si sta nel centrosinistra e si lavora per far crescere i riformisti nel centrosinistra, è un conto. Se invece si parla di un polo di centro che può intercettare un po’ di qua e un po’ di là, o addirittura di sostenere il centrodestra in alcuni contesti, allora vuol dire non avere una identità valoriale”, ha detto la sindaca, che solo un anno fa, era stata la principale avversaria dell’allora assessore alla Cultura Matteo Lepore nelle primarie di Bologna, in cui aveva raggiunto il 40 percento dei consensi.
“Non si possono fare le alleanze sulla base di una convenienza di governo”, ha detto nell’intervista. “Quello sì è “governismo purchessia””.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
“CON LA SCOMPARSA DEI VERI PARTIGIANI, L’ASSOCIAZIONE È DIVENTATA IL MEGAFONO DI UNA POLITICA ESTREMISTA E MINORITARIA. QUANDO IL PRESIDENTE PAGLIARULO PARLA, LO FA A NOME DI UNA CORRENTE PARTITICA. QUELLA DEI BERTINOTTI, DILIBERTO, RIZZO E COMPAGNIA”
Da vecchio iscritto all’Anpi, Sergio Staino è amareggiato e anche un po’ preoccupato. «L’Associazione nazionale partigiani sta subendo una metamorfosi politica che rischia di danneggiare le nobili ragioni per le quali è stata costituita», dice il giornalista e vignettista toscano.
Che tipo di metamorfosi?
«Se quella che doveva essere una istituzione di testimonianza, studio, conoscenza e approfondimento della Resistenza e della Liberazione – che sono la base della Costituzione e della nostra convivenza civile – viene usata come una struttura quasi di partito, in cui cioè si esprimono opinioni politiche sulla situazione dell’Europa e del governo, si esce parecchio fuori dal seminato».
Chi usa l’Anpi come struttura di partito e com’ è potuto succedere?
«Con la progressiva scomparsa dei veri partigiani, alcune frange della sinistra radicale che non erano d’accordo su una democratizzazione dell’Anpi hanno pensato di trasformarla in una piccola barricata per la difesa di alcuni principi messi a loro giudizio in discussione.
Ormai quando il presidente Pagliarulo parla, non lo fa a nome dell’Anpi, bensì di una corrente partitica. Quella dei Bertinotti, Diliberto, Rizzo e compagnia. Un tipo di gestione che sta portando l’Associazione a diventare il megafono di una politica estremista e minoritaria».
Sta dicendo che l’Anpi è ostaggio di una minoranza di estremisti?
«Più che ostaggio è un rifugio per posizioni che non mi sembrano maggioritarie nel Paese. Che la minoranza abbia voce va bene, però non deve rovinare l’Anpi, nata per difendere i valori della Resistenza e diffonderli nelle scuole, nella società, ma non con opinioni di parte».
Pagliarulo è stato però confermato a larga maggioranza.
«Mah, si sa come vanno i congressi, non mi pare ci sia stata una chiamata alla mobilitazione degli iscritti. Per questo a me piacerebbe che ora si aprisse un dibattito su cos’ è l’Anpi: io vorrei fosse considerata come una fondazione, tipo Istituto Gramsci, con un grande archivio e materiali storici per far rivivere nella società l’insegnamento partigiano».
Così non si rischia di farne una ridotta per nostalgici?
«Noi che apparteniamo alla seconda o terza generazione, conosciamo il limite educativo e culturale di quell’insegnamento che per ragioni anagrafiche ha perso la forza della testimonianza diretta, ma piegarlo al dibattito politico è un errore. Io sono un riformista anarchico, sono dentro l’Anpi e non mi sento rappresentato dalle posizioni di Pagliarulo, mi riconosco molto di più in quelle del presidente onorario Smuraglia che difende la Resistenza senza forzature né ambiguità. Una cosa è iscriversi all’Anpi, altra iscriversi a un partito».
A proposito dell’invasione russa, Pagliarulo ha detto che bisogna “capire il contesto e le cause che hanno prodotto la situazione attuale”. Le sembra equidistante?
«Trovo incredibile che si cerchino attenuanti a un’aggressione militare che sta massacrando migliaia di civili, con stupri e bambini rapiti. Pagliarulo fa trasparire la visione putiniana del conflitto: anche il dittatore russo sostiene di essere entrato in guerra per colpa della Nato. Ma tirare fuori questo argomento significa giustificare l’offensiva di Mosca, io mi rifiuto».
Anche sull’invio delle armi agli ucraini l’Anpi si è detta contraria.
«L’Anpi, in quanto associazione partigiana, deve schierarsi a fianco di qualunque popolo combatta per la sua libertà e indipendenza. Conosco l’obiezione: ma ci sono dei nazisti dentro. Non importa. Non devi guardare ai governi, ma all’autonomia di un popolo che si batte per difenderla».
Insisto, il discrimine per l’Anpi sono le armi. Lei da che parte sta?
«Ma scusi, gli ucraini stanno morendo, li stanno sterminando, e noi che facciamo? Rimaniamo fermi e chiediamo solo di fare delle trattative con chi peraltro non ha alcuna intenzione di cessare il fuoco finché non si sarà preso tutto?».
La Resistenza ucraina può essere equiparata alla Resistenza italiana?
«La Resistenza è resistenza sempre, a qualunque latitudine e in qualsiasi epoca. Vuol dire che uno mette in gioco la propria vita per l’indipendenza del suo Paese. Là dove la libertà e la democrazia sono aggredite, là c’è resistenza e bisogna sostenerla in ogni modo».
Anche lei è tra quelli che pensano che l’Europa stia facendo troppo poco per la pace?
«Che ci siano grosse contraddizioni, soprattutto nei confronti delle sanzioni alla Russia, è evidente: stiamo pagando l’arretratezza culturale e politica dell’Unione. Ma mi sembra che, anche a causa di questa guerra sciagurata, la voglia di un’Europa più unita e forte sia crescendo. Per la prima volta mi sento parte di un’Europa che si sta interrogando e sta cercando una strada. In Italia solo tre leader sembrano averlo capito: Draghi, Mattarella e Letta, che si stanno muovendo tutti in questa direzione».
(da “la Repubblica”)
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Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
SEGUONO CARTABIA, SPERANZA, GIORGETTI, GELMINI, LAMORGESE E CARFAGNA
I sondaggi politici premiano Dario Franceschini. E’ lui il ministro dell’attuale governo, guidato da Mario Draghi, che riscuote il maggior successo tra gli intervistati da Emg.
Secondo il sondaggio, il titolare del ministero dei Beni culturali ha la fiducia del 35% degli intervistati. Al secondo posto la ministra della Giustizia Marta Cartabia, con il 33%. Segue il titolare del dicastero della Salute, Roberto Speranza, con il 32%. E ancora, in ordine: Giorgetti e Gelmini (31%), Lamorgese e Carfagna (29%), Brunetta (28%), Orlando (26%).
Al decimo posto, poi, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (25%). Più in basso: Guerini e Colao (23%) e Cingolani e Patuanelli (22%). Il ministro dell’Economia Daniele Franco, fedelissimo del premier Draghi, è quindi in quindicesima posizione, tra gli ultimi, con la fiducia del 20% degli intervistati (solo uno su cinque).
Le ultime posizioni sono ricoperte da i ministri meno noti all’opinione pubblica: Garavaglia (20%), Giovannini (19%), Bonetti (18%), Bianchi (15%), D’inca’ (14%), Dadone (13%), Stefani (13%), Messa (10%).
(da agenzie)
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