Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
ERA IN SELLA AL COLOSSO DEL PETROLIO RUSSO DA OLTRE 30 ANNI… NON AVEVA NASCOSTO CRITICHE A PUTIN PER L’AGGRESSIONE ALL’UCRAINA
La galassia degli oligarchi vicini al Cremlino perde uno dei suo pezzi più pregiati.
Il numero uno del colosso petrolifero russo Lukoil Vagit Alekperov si è dimesso oggi dalla guida della società. L’oligarca russo, che ha un patrimonio netto stimato di quasi 23 miliardi di dollari secondo il Billionaires Index di Bloomberg, è stato sanzionato dal Regno Unito il 13 aprile, quando ha introdotto 178 nuove misure contro Mosca e i cittadini russi vicini al Cremlino.
Il nome di Alekperov non è nelle liste delle sanzioni dell’Unione europea e degli Stati Uniti. Alekperov non è azionista di controllo di Lukoil, si precisa nella nota che annuncia le dimissioni: al 31 marzo possiede con diritto di voto il 3,11% delle azioni di Lukoil ed è anche beneficiario (anche attraverso trust famigliari o fondi comuni) del 5,3% delle azioni di Lukoil senza diritto di voto.
Le dimissioni arrivano ad una settimana dall’inserimento di Alekperov nella nuova lista di personalità russe sanzionate dal Regno Unito anche se l’oligarca al momento non è nelle liste delle sanzioni dell’Unione europea e degli Stati Uniti.
A inizio marzo Lukoil con una nota aveva chiesto una “rapida fine” della guerra in Ucraina. “Sosteniamo una rapida fine del conflitto armato e sosteniamo pienamente la sua risoluzione attraverso un processo di negoziazione e mezzi diplomatici”, aveva detto il consiglio di amministrazione di Lukoil in una dichiarazione.
Nato nel 1950 a Baku, in Azerbaigian, e figlio di un operaio operaio addetto ai pozzi di petrolio del Mar Caspio, si laurea nel 1974 in ingegneria per tecnologie e meccanizzazione dei giacimenti di petrolio e gas e nel 1979 di traferisce in Siberia Occidentale, terra ricchissima di giacimenti.
Nel 1990 diventa il primo viceministro dell’industria di gas e petrolio dell’Unione Sovietica, il più giovane a ricoprire un incairco di questo tipo.
Dopo il crollo dell’Urss diventa artefice della foirmazione di Lukoil, che prende l’eredità di Langepas-Uray-Kogalymneft, la prima grande compagnia energetica statale. Dalk 1993 assume la carica di presdinte, incorico ricoperto per quasi 30 anni, fino alle dimissioni annunciate oggi.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
“STIAMO FACENDO PIÙ DEL MASSIMO PER GARANTIRE LA FORNITURA DI ARMI AL NOSTRO ESERCITO E PER ACCELERARE LA CONSEGNA DEGLI AIUTI”
“Sono molto lieto di dire, con cauto ottimismo, che i nostri partner hanno iniziato a capire meglio le nostre esigenze. A capire di cosa abbiamo esattamente bisogno. E di quando esattamente ne abbiamo bisogno: non tra settimane o tra un mese, ma immediatamente, in questo momento, mentre la Russia sta cercando di intensificare i suoi attacchi”.
Lo ha detto nel suo ultimo videomessaggio il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in merito all’invio di armi a Kiev da parte dell’Occidente.
“Stiamo facendo più del massimo per garantire la fornitura di armi al nostro esercito. Ogni giorno tutti i nostri diplomatici, tutti i nostri rappresentanti e io personalmente lavoriamo 24 ore su 24, sette giorni su sette e attraverso tutti i canali possibili, ufficiali e non, per accelerare la consegna degli aiuti”, ha affermato Zelensky citato dall’agenzia Ukrinform.
Il presidente ucraino ha annunciato anche di aver firmato un decreto con cui “203 militari delle forze armate ucraine hanno ricevuto riconoscimenti statali, 49 dei quali postumi”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
“NON È VERO CHE I RAGAZZI BARACCATI NON FREQUENTINO LE AULE DELL’OBBLIGO. UNA FETTA DI POPOLAZIONE ROM LAVORA REGOLARMENTE NELLE IMPRESE DI PULIZIA, NELLE STAZIONI DI LAVAGGIO AUTOMOBILI E IN ALTRI SETTORI DOVE L’OCCUPAZIONE SI TROVA NON PER VIE UFFICIALI”
Sono convinto che tutti noi in qualche modo e in qualche circostanza abbiamo avuto contatti, magari casuali, con alcuni rom e non ne abbiamo ricavato una buona impressione.
Normalmente i cosiddetti nomadi indossano abiti sdruciti, abbastanza sporchi, cosicché il loro aspetto non è rassicurante e genera il sospetto in molti cittadini di trovarsi di fronte a uomini, donne e perfino bambini per nulla affidabili.
Questi pregiudizi ormai si sono affrancati, anche perché una minoranza di zingari, essendo ridotta in miseria, si dedica ad attività illecite, borseggi, furti in appartamenti, addirittura spaccio di stupefacenti.
In pratica si fa di ogni erba un fascio: se in una comunità di poveracci c’è un ladro, chissà per quale ragione coloro che condividono con lui l’indigenza sono considerati tutti ladri.
I campi rom in Italia si assomigliano in toto, costituiscono ammassi di catapecchie, roulotte sgangherate, la cura e l’igiene non rappresentano regole rispettate. Non pochi osservatori distratti della realtà sono così portati a ritenere che gli zingari abbiano dato vita a bande di farabutti intente soltanto a commettere reati. In verità, la tendenza a delinquere si registra in ogni categoria sociale, come si evince esaminando le carte giudiziarie.
E poiché i nomadi hanno le stigmate dei poveracci sono sospettati di essere più furfanti di altri abitanti della penisola che pure realizzano abusi benché prediligano il doppiopetto di sartoria.
Se consultiamo le statistiche ci rendiamo conto che in molti ghetti trionfano usanze un po’ tribali che si spiegano col fatto che coloro i quali dimorano nelle baracche sono distanti culturalmente da chi risiede nei quartieri alti, e anche bassi, delle metropoli.
È ovvio che l’isolamento produca fenomeni di arroccamento pure delle peggiori tradizioni, che impediscono l’evoluzione dei costumi. Tuttavia risultati del genere non si evidenziano solamente nell’ambiente zingaresco. Prendiamo l’istruzione scolastica.
Non è vero che i bambini e i ragazzi baraccati non frequentino in assoluto le aule dell’obbligo. Una grande quantità di questi si presenta, magari malconcia, negli istituti delle primarie e spesso delle secondarie.
Eppure, in questo settore, non disponiamo di una elaborazione statistica, in quanto manca il numero base, e cioè quanti siano in Italia i rom e i loro eredi. Questo rende impossibile una analisi accurata della questione legata all’educazione.
In passato, senza dubbio, i rom erano ostili a qualunque tipo di scolarizzazione in quanto temevano che le loro abitudini arcaiche venissero contaminate dalla modernità. Ma oggi le cose sono cambiate radicalmente.
Si dà il caso che vari zingari campino ancora di espedienti, per necessità, il recupero dei ferri vecchi, per esempio, e altresì il furto non sono estranei alle loro “imprese”. Tuttavia una fetta di popolazione rom lavora regolarmente nelle imprese di pulizia, nelle stazioni di lavaggio automobili e in altri settori dove l’occupazione si trova non per vie ufficiali, sindacali. Ciò avviene perché il rom, essendo spesso riconoscibile dall’aspetto, non gradisce essere giudicato “speciale”. Il vero dramma è un altro.
I campi di concentramento zingari sono ancora numerosi purtroppo perché nessuno della pubblica amministrazione se ne interessa fornendo a questa gente alternative decenti. La quale è oggetto non solamente di discriminazione ma addirittura di razzismo.
Non è sempre stato così. Diciamo pure che la situazione è involuta e non di poco. Circa cinquant’anni orsono, quando scrivevo per la Notte di Nino Nutrizio, fui inviato al cimitero di Trescore Balneario (provincia di Bergamo) per descrivere un settore del camposanto riservato agli zingari. Osservando le tombe rimasi di stucco. Era una più ricca e curata dell’altra.
La più importante e sontuosa era quella del re degli zingari, sulla quale troneggiava la gigantografia del monarca. Quale sia lo status quo oggi è difficile dire, ma non è arduo informarsi per avere le idee chiare.
È sufficiente infatti leggere un libro uscito di recente, Editore Carocci, firmato da un genio: Sergio Bontempelli, studioso del ramo emarginazioni. Titolo: I rom. Una storia. Da cui ho rubato tante informazioni.
P.s.: Vorrei sottoporre alla generale disattenzione un piccolo grande elemento, ossia che i campi di sterminio nazisti erano gremiti di zingari, ma di queste vittime – chissà per quale oscuro motivo – non ci rammentiamo mai, quasi come se non fossero degne di nota. Un’ultima considerazione abbastanza curiosa. Nella comunità rom non si registrano femminicidi. Sarà proprio un caso?
Vittorio Feltri
(da “Libero Quotidiano”)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
“LA SUA DIALETTICA SINUOSA FUNZIONA COSI’: IO DETESTO PUTIN, NESSUNO PIU’ DI ME, MA E’ MEGLIO DARGLI RAGIONE”
Noi orsiniani della prima ora siamo affascinati dalla dialettica sinuosa del professor Orsini, che, depurata dall’uso ossessivo di «Signori miei» e «Il punto fondamentale è», funziona più o meno così.
Io detesto Putin, nessuno lo detesta quanto me, ma lui è dominante e sta sventrando l’Ucraina Io sono un amante degli Stati Uniti, nessuno è più atlantista di me, però, come ho più volte dimostrato, è tutta colpa della Nato Io mi sento europeo, lasciatemi dire che nessuno apprezza l’Europa più di me, ma l’Italia farebbe meglio a uscire momentaneamente dalla Ue per trattare coi russi
E gli ucraini? Io soffro per gli ucraini, nessuno soffre per loro quanto me, però devono accettare di perdere un pezzo del Paese pur di evitare altro sangue (Non è chiara la ragione per cui i tagliagole ceceni al servizio di Putin, rimasti padroni del terreno, dovrebbero rinunciare a infierire sugli ucraini, come non è chiaro chi concretamente potrebbe loro impedire di farlo: forse Orsini medesimo). Io sono per l’autodeterminazione dei popoli, nessuno eccetera eccetera, ma è più importante salvare i bambini, come mi chiedono le mamme di Mariupol (che dai bunker vedono la tv italiana e hanno la mail di Orsini).
Io sono antifascista, nessuno è più antifascista di me, eppure mio nonno durante il fascismo ha avuto una vita felice Adoro questo modo di argomentare e voglio subito farlo mio: io sono un fan dell’Orsinese, nessuno lo è più di me, però penso che il professor Orsini sia un gran paraculo.
(da il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO È TUTELARE PEDONI E CICLISTI E FAR SPEGNERE IL MOTORE E RIDURRE L’INQUINAMENTO, NEL CASO DI LUNGHE SOSTE
Dopo 12 anni di gestazione e cinque dall’inizio delle sperimentazioni, arriva l’obbligo di installare i semafori con il conto alla rovescia.
Un traguardo raggiunto dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, che ha ultimato l’allegato tecnico e che farà l’ultimo passaggio in Commissione Europea prima del via.
La rivoluzione che inizieremo a trovare in tanti incroci nei prossimi mesi, con l’apposizione del conto alla rovescia in molti semafori esistenti e nei nuovi impianti, nasce sulla spinta di tantissime amministrazioni comunali e comandi di polizia locale per cercare di tutelare gli utenti più deboli come pedoni e ciclisti.
«Gli attraversamenti pedonali semaforizzati» spiega al Messaggero, Luigi Altamura, Comandante del corpo di Polizia Municipale di Verona che ha appena pubblicato sulla rivista Il Centauro, l’allegato tecnico che regolerà questi countdown, «dovrebbe essere uno dei luoghi più sicuri della strada e invece avvengono tantissimi incidenti anche gravi soprattutto ai danni degli utenti più deboli.
E nonostante questo comporti una decurtazione di ben otto punti dalla patente. Un’anomalia italiana perché in altri paesi come ad esempio in Austria e Germania dove mi reco spesso, le strisce pedonali sono considerate sacre».
Dopo l’ultima Conferenza Stato-città ed autonomie locali dello scorso 9 febbraio, quando il viceministro del MIMS Alessandro Morelli annunciò che era stata «raggiunta l’intesa sullo schema di decreto che definisce le caratteristiche per l’omologazione e l’installazione dei dispositivi countdown ai semafori degli attraversamenti pedonali e ciclabili» e che «il provvedimento dispone anche l’obbligatorietà della collocazione dei dispositivi in corrispondenza degli incroci semaforizzati più pericolosi», a breve si parte.
Dal documento si evince che i countdown riguardano quasi esclusivamente la luce gialla, poche fattispecie di luce rossa e mai quella verde perché, continua Altamura, «avvertendo della fine del tempo di quest’ultima luce, si spingerebbero gli automobilisti ad accelerare mentre il codice prevede che all’incrocio bisogna sempre avvicinarsi in maniera prudente».
Per quanto riguarda il conto alla rovescia sul rosso invece, viste le poche previsioni, più che un pericolo di partenza sprint la sua ratio dovrebbe essere quella di far spegnere il motore e ridurre l’inquinamento, nel caso di lunghe soste.
Tra le principali fattispecie previste nel documento troviamo che i countdown diventano obbligatori in abbinamento alle lanterne pedonali o ciclopedonali di luce gialla, negli attraversamenti pedonali o ciclopedonali «collocati su rami di intersezione semaforizzate su strade che presentano, almeno in un senso di marcia, un numero di corsie veicolari maggiore a due, o che comunque richiedono per il completo attraversamento un tempo pari ad almeno 20 secondi» e in quelli isolati e semaforizzati, che richiedono per il completo attraversamento lo stesso tempo.
Se gli attraversamenti sono esclusivamente ciclabili l’obbligatorietà scatta quando per l’intero attraversamento ci vogliono almeno 10 secondi. Sarà obbligatorio invece installare il countdown in abbinamento al giallo del semaforo veicolare, quello tradizionale per le auto, «solo nelle intersezioni in ambito urbano, nelle quali sono installati sistemi di rilevamento delle infrazioni di passaggio con il semaforo rosso, quando la durata del giallo veicolare è impostata ad un tempo inferiore ai 5 secondi».
Un aiuto per evitare la multa agli automobilisti che possono essere traditi da un giallo troppo breve. Il countdown sarà obbligatorio in abbinamento alla lanterne veicolari normali di luce rossa invece, «solo nei sensi unici alternati, anche temporanei nel caso in cui la fase di rosso sia superiore a 120 secondi» oppure sia superiore a 90 secondi dall’istante di attivazione.
Tra le opzioni facoltative dove possono essere installati i countdown in abbinamento al giallo ci sono le intersezioni in cui siano presenti attraversamenti pedonali o ciclabili o ciclopedonali e quelle su strade regolate, anche temporaneamente, con senso unico alternato in abbinamento alle lanterne veicolari normali di luce rossa.
(da Il Messaggero)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
GLI ASSASSINI DI BAMBINI FESTEGGIANO IL GENOCIDIO
Le truppe russe hanno alzato una bandiera sovietica a Cherson, città occupata dall’esercito di Mosca.
A darne notizia è la Cnn, ma le immagini sono state diffuse anche dai media russi e sui canali ucraini.
Si tratta della bandiera commemorativa della vittoria dell’Armata rossa nella Seconda Guerra mondiale.
Il simbolo sta cominciando ad apparire in alcune zone occupate dell’Ucraina – sembrerebbe anche a Kreminna – in vista della celebrazione del 9 maggio, il cosiddetto Giorno della Vittoria, che in Russia è festa nazionale.
Storicamente, la bandiera venne fatta sventolare sopra il Reichstag di Berlino il 9 maggio del 1945, quando i nazisti si arresero ai sovietici.
La data è stata indicata dal presidente russo Vladimir Putin come un momento di svolta importante nell’ottica di una presunta denazificazione dell’Ucraina. In Ucraina sono banditi da tempo tutti i simboli sovietici: nel 2015, l’allora presidente Petro Oleksijovyč Porošenko aveva vietato tutti i simboli legati al passato Partito comunista, incluse statue di Lenin e bandiere sovietiche.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
SUL VESSILLO C’E’ SOLO L’ARCOBALENO E IL NOME DELL’ASSOCIAZIONE, MA PER L’OMOFOBO “E’ VISIBILE AI BAMBINI DEL PARCO GIOCHI”
Pretese assurde e dove trovarle. Quella linea a cavallo tra l’omofobia e le paradossali giustificazioni dietro richieste paradossali è stata scavalcata a Sanremo (Imperia), dove una persona si è presentata davanti alla sede dell’Arcigay per pretendere che l’associazione rimuovesse la sua bandiera (quella arcobaleno con il loro nome, senza alcun altro simbolo) dalla finestra della loro sede.
Un episodio che dovrebbe far riflettere (soprattutto per le “scuse” utilizzate da questa persona) su quei sentimenti di odio e intolleranza reconditi nei confronti della comunità LGBTI+.
L’episodio è stato denunciata da Mia Arcigay Imperia ed è avvenuto nel giorno di Pasquetta.
La persona si è presentata davanti al portone della sede di Villa Peppina pretendendo, in modo brusco e insistente, che l’associazione rimuovesse quella bandiera esposta dalla finestra che dà su un parco. Il motivo di questa pretesa? “Perché visibile anche da parte di bambini e bambine che giocano nel parco della villa”.
L’associazione ha voluto denunciare questo episodio, sottolineando come quella stessa bandiera (oltre a esser rimasta lì esposta) sia stata utilizzata e mostrata per le vie di Imperia lo scorso 9 aprile in occasione del Sanremo Pride.
Inoltre – come si può evincere dalle immagini – il vessillo non contiene “simboli” che possano dare fastidio a un pubblico di bambini: si tratta, infatti, del classico arcobaleno tipico delle associazioni LGBTI+ e del nome dell’associazione.
E sono intervenute anche le forze dell’ordine per far allontanare la persona e tutelare il diritto dell’Arcigay Imperia di esporre quella bandiera dalla finestra della loro sede di Sanremo.
“Spiace enormemente subire un atto omofobico come questo proprio ad una settimana di distanza dalla bellissima parata del Sanremo Pride. Proprio quella occasione ha permesso in questa stessa città di far vedere quanto inclusive, colorate, libere e promotrici del rispetto di tutti e tutte siano le nostre rivendicazioni”.
Con queste parole Gianfranco Testa, presidente di Arcigay Imperia, ha voluto raccontare quel che è accaduto il lunedì di Pasquetta.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
IMBARAZZATO, NON PRENDE POSIZIONE E NON FA BELLA FIGURA
Una domanda piuttosto semplice, soprattutto per il leader di un partito che più volte ha rivolto il suo sguardo al centrosinistra aprendo a un fronte elettorale di opposizione rispetto alla Lega, a Forza Italia e a Fratelli d’Italia.
In tanti si aspettavano una risposta decisa, quasi dall’esito scontato, di fronte alla scelta sul chi sostenere in Francia: Emmanuel Macron o Marine Le Pen?
E, invece, Giuseppe Conte ha deciso di mantenere una posizione di equidistanza (e molto ambigua) indossando le vesti di un Ponzio Pilato che non prende posizione.§
Mercoledì sera, ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo” (La7), Giuseppe Conte è stato interrogato sul prossimo ballottaggio – in programma domenica 24 aprile – che porterà i francesi a decidere se far rimanere all’Eliseo il Presidente uscente Macron o svoltare verso l’estrema destra con la figura della leader del Rassemblement National Marine Le Pen. Ma la risposta, di fatto, non è arrivata.
“Se fossi un leader di un partito francese darei sicuramente un’indicazione di voto, ma sono il leader di un partito italiano”.
Una non risposta che provoca il malcontento in studio con Lilli Gruber che prova a incalzare il Presidente del MoVimento 5 Stelle che replica:
“Le nostre politiche sono distanti da quelle di Marine Le Pen, però nonostante la distanza dal partito della Le Pen io mi sono permesso di dire che delle questioni poste dalla Le Pen sono temi attuali”.
Non condivide, dunque, molte politiche dell’estrema destra francese, ma le reputa molte attuali. Il che provoca una situazione di stallo che porta Giuseppe Conte a non dare una sua indicazione e un suo parere sulle prossime elezioni in Francia.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 21st, 2022 Riccardo Fucile
RITENUTO PIU’ CREDIBILE DAL 59% DEI FRANCESI CONTRO IL 39% DELLA LE PEN
Secondo una prima rilevazione dell’istituto Elabe per Bfm-Tv, il presidente uscente ha dominato il duello televisivo di ieri sera contro la sfidante Marine Le Pen. È stato ritenuto più credibile dell’avversaria di estrema destra dal 59% dei francesi, chiamati domenica al ballottaggio presidenziale
Secondo il primo sondaggio pubblicato dopo il duello televisivo di ieri sera, realizzato dall’istituto Elabe per Bfm-Tv, è stato Emmanuel Macron a vincere con largo distacco il dibattito contro Marine Le Pen.
Il presidente francese è stato giudicato il più convincente dal 59% degli intervistati, la sfidante d’estrema destra dal 39%. Il 2% non si è pronunciato
Il faccia a faccia in tv è durato tre ore e mezzo, a 4 giorni dal ballottaggio per le presidenziali. Sin dalle prime battute, i ruoli sono sembrati simili a quelli che nel 2017 sancirono la vittoria di Macron contro Le Pen.
La sfidante, attesa all’offensiva contro i 5 anni di mandato del presidente, è rimasta incerta e non ha convinto, lasciando a Macron, che la guardava a volte con un sorriso ironico, altre a braccia conserte, gran parte dell’iniziativa.
Come quando il presidente l’ha attaccata sulla sua “dipendenza dalla Russia” e la sfidante è andata chiaramente in difficoltà.
Il presidente uscente è apparso più tranquillo e a proprio agio dall’inizio mentre l’avversaria è sembrata particolarmente a disagio nel primo quarto d’ora, forse ancora sotto l’influenza della pessima prestazione di 5 anni fa.
Il primo quotidiano a diffondere in serata la sua prima pagina è stato Libération, che ha proposto una grande foto di Marine Le Pen con il titolo “Ancora una volta non all’altezza”.
Le Parisien ha risposto con una prima dal titolo esplicito: “Macron all’attacco, Le Pen in difesa”.
Nell’attesissimo faccia a faccia su Tf1 e France 2, Le Pen cercava di sovvertire i sondaggi, che danno Macron al 56% contro Le Pen al 44%. Macron è stato il primo dei due contendenti ad arrivare, sorridente e cordiale quando è entrata l’avversaria: sorriso, stretta di mano e anche una mano sulla spalla della Le Pen.
“Perché lei pensa di essere un miglior presidente per i francesi?” è stata la prima domanda per entrambi i candidati.
“Io sarò la presidente del rinascimento democratico – ha esordito Le Pen – sarò anche la presidente del quotidiano. Sarò la presidente della concordia fra tutti i francesi, della giustizia, della fratellanza nazionale, della pace civile”.
Macron ha attaccato subito sull’ecologia e sull’Europa: “La Francia sarà più forte se saprà cogliere la questione ecologica. E ha promesso di “rendere più forte l’Europa” se sarà rieletto alla presidenza della Repubblica.
Ai primi scontri sul potere d’acquisto, tema preferito da Marine Le Pen per la sua campagna elettorale, la candidata della destra ha denunciato le prime incertezze. Soprattutto quando Macron ha attaccato: “Madame Le Pen, nel suo programma non appare nemmeno una volta la parola ‘disoccupazione'”.
Marine Le Pen ha reagito con la proposta del suo programma che prevede di “restituire fra 150 e 200 euro al mese per ogni nucleo familiare”.
Le prime vere scintille sono però arrivate quando si è cominciato a parlare della guerra in Ucraina e del ruolo della Francia. Soprattutto quando Macron ha accusato Marine Le Pen di essere “dipendente dal potere russo” per essersi presentata candidata grazie al prestito di una banca russa. E, di conseguenza, né lei né altri del suo partito possono essere credibili “quando ci fossero decisioni difficili da prendere”, ha aggiunto.
Marine Le Pen ha reagito accusando il presidente e il potere in genere di non aver previsto un meccanismo attraverso il quale i candidati possano ottenere prestiti dalle banche francesi.
È seguito lo scontro sull’Europa, con Marine Le Pen che ha ribadito la posizione del suo partito: “Non c’è un popolo europeo, non c’è una sovranità europea”. “Lei non lo dice – ha incalzato Macron – ma volete far uscire la Francia dall’Unione europea”.
Scontro acceso anche sull’ecologia, con Macron che ha definito l’avversaria “clima-scettica” e la Le Pen che ha ribattuto “lei è clima-ipocrita”.
Scuola e stipendi degli insegnanti, ospedali e disagio del personale sanitario sono stati temi sui quali le visioni dei candidati sono apparse molto distanti, a volte opposti.
E sulla sicurezza e sul divieto di velo islamico è stato l’ennesimo scontro, con la candidata di estrema destra a ribadire la sua intenzione di vietarlo nei luoghi pubblici. Macron l’ha accusata di fare “confusione” fra religione e ideologia, avvertendola che la sua proposta rischierebbe di provocare “una guerra civile”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »