Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
È STATA COSTRUITA UNA ‘TRIPLA CINTURA DIFENSIVA’. LA PRIMA È QUELLA DEI SUOI UOMINI: NEL BUNKER C’È UN’ATTENZIONE MANIACALE AL CIBO, ALL’ACQUA, ALLE MEDICINE, ALLA BIANCHERIA E PURE ALLE LENZUOLA, PER SCONGIURARE LA PRESENZA DI VELENI” – LA SECONDA E LA TERZA CINTURA SONO UNA CO-PRODUZIONE ANGLO-AMERICANA
Zelensky è la zeta che l’Occidente contrappone alla «Z» di Putin. Perciò tutelare la sua vita resta un imperativo per i leader di Europa e Stati Uniti, preoccupati per le sorti del presidente ucraino, costantemente minacciato da Putin.
Salvare il soldato Zelensky è una missione, perché l’uomo della resistenza di Kiev è considerato dai partner del Patto Atlantico «il punto di forza» nella lotta contro l’invasore, «ma anche il punto di debolezza». Senza di lui, verrebbe infatti compromessa gravemente la strategia nel conflitto, sia sul fronte militare sia sul fronte politico, per l’impatto che la notizia avrebbe sull’opinione pubblica internazionale. L’eventualità viene comunque valutata dall’Occidente, se è vero che — come racconta il Messaggero — nel caso in cui l’alleato fosse catturato o ucciso, il potenziale successore sarebbe il presidente del Parlamento ucraino.
Tuttavia Zelensky è ormai più di un simbolo in una guerra che somiglia a quelle del Novecento ma si combatte anche sui social: è l’ambasciatore privo di diplomazia che ottiene la parola nei Parlamenti democratici, che critica pubblicamente la lentezza dell’Europa nell’applicazione delle sanzioni alla Russia, che plaude quando vede che «finalmente iniziano a capire», che chiede insieme l’ingresso nella Ue e più armi per difendersi. È a Zelensky che si consente di respingere la visita del capo dello Stato tedesco per i suoi trascorsi filo-russi. È per Zelensky che Macron — come ha detto il presidente francese al Corriere — chiama Putin «ogni volta che Volodymyr me lo chiede».
Su di lui regge la forza quotidiana degli ucraini. Senza di lui si incrinerebbero le (titubanti) certezze di molti Paesi alleati.
Contro di lui Putin aveva inviato reparti scelti la notte dell’invasione, perché era e resta lui il principale obiettivo dell’«operazione speciale militare». Da allora Zelensky sarebbe scampato a vari attentati, braccato dai tagliagole ceceni e dai mercenari della Wagner al soldo del Cremlino. Da allora — rivela un autorevole ministro italiano — «è protetto dalla solidarietà degli alleati».
Secondo fonti dell’intelligence, attorno al presidente dell’Ucraina è stata costruita una «tripla cintura difensiva». La prima è quella dei suoi uomini: nel bunker c’è un’attenzione maniacale al cibo, all’acqua, alle medicine, alla biancheria e pure alle lenzuola, per scongiurare la presenza di veleni. La seconda e la terza cintura sono «una co-produzione anglo-americana»: una fisica, «posizionata sul terreno a debita distanza», un’altra «da remoto». Il dispositivo di sicurezza fa uso di satelliti e di strumenti elettronici pronti ad «accecare comunicazioni ritenute ostili». Al resto contribuiscono le informazioni delle agenzie europee.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
IL PUNTO DELL’ANALISTA MILITARE RUSSO LUZIN
Vladimir Putin, al di là dei suoi proclami, non sta raggiungendo gli obiettivi di guerra che si era prefissato. Né ha nuove armi con cui spaventare l’Occidente: il missile intercontinentale Sarmat, appena esibito al mondo, è “un prodotto degli anni ’80 appena rimodernato”. Mentre l’ esaurimento degli ordigni più sofisticati incombe sulle forze russe: già utilizzati “tra l’80 e il 90% dei missili a medio e lungo raggio disponibili”.
Nell’immediato,“l’alternativa è tra un cessate il fuoco temporaneo o una escalation”, che potrebbe coinvolgere “depositi bellici in paesi Nato come la Polonia e l’Estonia”. Una mobilitazione militare della Russia, però, “è irrealizzabile”. Pavel Luzin, tra i più ascoltati analisti delle forze armate di Putin, parla a Fanpage.it da Perm, ai piedi degli Urali.
Come va la guerra? Putin proclama la vittoria a Mariupol. Ma sta davvero vincendo?
No, perché comunque Mariupol non è più una città. È solo un ammasso di rovine. Con tanti morti e tantissimi rifugiati che probabilmente non torneranno mai. Ci saranno ben pochi abitanti, nella Mariupol conquistata. Possono anche chiamarla vittoria ma è solo un disastro.
L’obbiettivo del controllo del Donbass e dell’Ucraina meridionale potrebbe però essere alla portata.
E anche se fosse raggiunto questo obbiettivo militare, il Cremlino non avrebbe raggiunto alcun obbiettivo politico concreto. Sta solo estendendo la devastazione. E il suo controllo sui territori devastati. Dove non c’è più una popolazione né un’ economia. Solo deserto. Questo non è vincere una guerra. E viene ottenuto a costo di distruggere la reputazione internazionale della Russia, e a costo della sua crescita economica.
L’offensiva continuerà fino al raggiungimento di quali obbiettivi politici?
Gli stessi del 2014 e del febbraio scorso: distruggere lo stato e la cultura dell’Ucraina. Il Cremlino non fermerà questa guerra. Possono accordarsi per un cessate il fuoco, ma dopo sei mesi, o dopo due anni, le ostilità riprenderanno. Fino a quando esisterà l’attuale sistema politico in Russia. Il problema non è solo Putin, ma l’intera élite politica.
Accennava alla possibilità di un cessate il fuoco. Ci si avvicina al terzo mese di conflitto, si comincia a sentire la fatica della guerra, da parte russa?
C’è molta stanchezza e poco ottimismo, nelle forze armate russe. Ogni eventuale entusiasmo iniziale se ne è andato.
Come stiamo ad armamenti? Sono state utilizzate parecchie munizioni…
Ritengo che tra l’80 e il 90% degli stoccaggi di missili siano già esauriti. Restano disponibili, e vengono infatti sempre più usati, soprattutto gli aria-terra a corto raggio dei cacciabombardieri. Ma anche in questo caso lo stoccaggio non è enorme. E per la stessa ragione si sta usando massicciamente l’artiglieria, come nel caso dei bombardamenti su Mykolaiv. Ma non si riesce più a colpire con forza la parte occidentale dell’Ucraina.
Per questo potrebbe esserci una tregua?
Putin cercherà di fare qualche tipo di accordo in questo senso. Ma non vuol certo far finire la guerra. La Russia non cercherà un trattato di pace. Nemmeno nei prossimi decenni, se non cambierà il suo sistema politico.
Nel breve termine, l’alternativa al cessate il fuoco è l’escalation?
È possibile, e probabilmente si sostanzierebbe nell’attacco sul territorio di un Paese Nato: un deposito di munizioni in Polonia, per esempio. O un’installazione analoga in Estonia.
Intanto Putin ha sbandierato il lancio di un nuovo missile balistico intercontinentale, il Sarmat: un avvertimento a chi, in Occidente, “cerca di minacciare il nostro Paese”, ha detto il presidente russo. Cambia qualcosa nei rapporti strategici tra Mosca e l’Occidente, dopo il test del Sarmat?
Il test non ha alcun significato specifico. Perché il Sarmat non è un nuovo missile. È un arma dell’era sovietica, con qualche modernizzazione nelle sue componenti elettroniche. Certamente i vecchi computer analogici son stati sostituiti con qualcosa di più sofisticato. Ma per il resto il missile è pressoché uguale al Voevoda R-36M2 a propellente liquido prodotto negli anni ’80 in Ucraina. Quello del Sarmat non è che un progetto di rilocalizzazione. Anni dopo la dissoluzione dell’Urss e lo smantellamento dei Voevoda, a Mosca ci si rese conto di non poterli rimpiazzare con gli Yars a propellente solido (i missili balistici noti in Occidente come SS-29): la capacità produttiva era insufficiente. Quindi si decise di tornare a fabbricare i Voevoda. Ma, naturalmente, in Russia.
Quindi in quel che ha detto Putin, ovvero che il Sarmat è praticamente invincibile perché può penetrare tutti i sistemi di difesa, non c’è niente di nuovo?
Anche il missile Voevoda aveva la capacità di superare le difese balistiche, con dieci testate e una quarantina di falsi bersagli a bordo. Bisogna tenere presente che, per il mantenimento delle capacità missilistiche sovietiche, sulle ragioni strettamente strategico-militari prevalgono quelle industriali di politica interna. Prima di tutto, si tratta di preservare l’industria della difesa. Senza il progetto Sarmat, la Russia avrebbe dovuto chiudere gli stabilimenti dell’azienda aerospaziale Makeyev nella regione di Chelyabinsk e a Krasnoyarsk. Dove prima si producevano i missili balistici Sineva utilizzati dai sottomarini della classe Delfin, che sono stati recentemente decommissionati.
E poi ci sono ragioni di politica interna, diceva?
Mosca non vuole che aziende come la Makeyev rimangano senza contratti e chiudano i loro stabilimenti provocando disoccupazione e problemi sociali. Più in generale, non vuole danneggiare la sua reputazione politica. Il Cremlino ha creato un mito secondo il quale negli anni ’90 il liberalismo economico ha distrutto la capacità militare della Russia, con la chiusura di molte fabbriche del settore difesa. I responsabili di allora sono da considerare traditori e criminali, secondo questo mito. Chiudere un’azienda missilistica renderebbe gli uomini del Cremlino vittime della loro stessa mitologia. Politica, insomma. Così nasce il proposito di mantenere intatto il numero di missili nell’arsenale strategico russo.
Nel caso di una escalation del conflitto, la Russia potrebbe ricorrere a una mobilitazione, alla chiamata di tutti gli “abili” alle armi. Come la prenderebbe la popolazione?
Non credo che ci sarà una mobilitazione. Una delle prime regole della politica è di non iniziare qualcosa che poi non puoi realizzare. La mobilitazione in Russia potrebbe forse essere proclamata o anche iniziata, ma non è realizzabile.
Perché?
Perché dal punto di vista istituzionale le forze armate russe non hanno la capacità di implementare una mobilitazione. Non ci sono abbastanza ufficiali, né abbastanza munizioni, né abbastanza fiducia tra i militari. Per non parlare della fiducia fra le forze armate e il Cremlino. Una mobilitazione darebbe più potere ai generali. Putin non darà mai più potere ai generali. E poi nelle forze armate mancano i quadri in grado di esercitare un leadership su chi sarebbe costretto a prendere le armi: rivolte e diserzioni sarebbero inevitabili. Inoltre, una decisione del genere colpirebbe ancor di più la già provata economia russa. Mi sembra proprio un’ipotesi non praticabile.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
L’OPERAZIONE E’ DURATA SETTE ORE… IL CHIRURGO: “UNO DEGLI INTERVENTI PIU’ DIFFICILI DELLA MIA CARRIERA”
Un’operazione al cuore di 7 ore ha salvato la vita a Kirill, un bambino ucraino con una scheggia di mortaio nel petto, che ha perso mamma e fratello durante il bombardamento. L’intervento è stato condotto dal chirurgo Vladimiro VIda, dell’ospedale di Padova.
“È stato uno degli interventi più complicati della mia carriera – ha detto Vladimiro Vida, il direttore della cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale di Padova e a capo dell’equipe intervenuta sul piccolo. – Abbiamo dovuto ripristinare la funzionalità di arterie e vene, ridurre un aneurisma importante e poi con la massima delicatezza togliere la scheggia metallica. Abbiamo operato in cinque chirurghi, con l’assistenza di numeroso personale infermieristico. Fortunatamente è andato tutto per il meglio”.
Le schegge e i pericoli della guerra per Kirill, dunque, sono finiti solo all’ospedale di Padova, dove è stato salvato: la scheggia di mortaio che aveva vicino al cuore ne metteva a rischio la vita.
A portare Kirill in questo viaggio della speranza verso l’Italia era stato il padre, anche lui superstite del bombardamento. L’uomo rientrando a casa aveva trovato l’abitazione distrutta, la moglie e il secondo figlio morti, e, in mezzo alle macerie, il piccolo Kirill.
L’uomo e il figlio erano giunti a Padova il 18 aprile, grazie all’immediata disponibilità data dall’azienda ospedaliera patavina e dalla Regione Veneto.
Il genitore era riuscito dapprima a raggiungere un ospedale da campo ucraino, dove erano state prestate le prime cure; poi, con un aeromobile della guardia costiera, padre e figlio erano arrivati in Veneto, portati da un’ambulanza del Suem 118 all’ospedale di Padova.
La scheggia, hanno appurato gli accertamenti diagnostici, era penetrata nel collo del bimbo, tranciando alcuni vasi, fermandosi nei pressi del cuore. Quattro giorni dopo il ricovero, è arrivato il momento dell’operazione, complessa, durata oltre 7 ore, conclusa dall’equipe di Vladimiro Vida in tarda serata.
Il bambino, al termine dell’intervento, è stato trasferito nella terapia intensiva dell’ospedale padovano dove i medici hanno provveduto a ridurre la sedazione e a estubare il paziente. Le condizioni di Kirill sono apparse buone e il piccolo ha potuto parlare anche con il papà.
(da Globalist)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
DA ORBAN A VUCIC, DAI BALCANI AI PARTITI SOVRANISTI EUROPEI
L’inchiesta di Globalist parte dall’Europa. E dalle recenti elezioni che hanno riguardato l’Ungheria e la Serbia. Ad accompagnarci in questo viaggio nel “putinismo” europeo è Harun Karcic, giornalista e analista politico che vive a Sarajevo e si occupa di influenze straniere nei Balcani.
Scrive Karcic su Haaretz: “I leader europei più favorevoli al Cremlino hanno appena vinto un’estensione del loro dominio. Nelle recenti elezioni in Ungheria e Serbia, il primo ministro Viktor Orban e il presidente serbo Aleksandar Vučic si sono assicurati un altro mandato – e in mezzo alla distruzione e alle atrocità che la sua guerra all’Ucraina sta perpetrando, le loro rielezioni, entrambe segnate da irregolarità, da media in gran parte prigionieri e da un ambiente democratico in deterioramento, devono aver messo un ampio sorriso sul volto del presidente russo Vladimir Putin.
“Abbiamo ottenuto una grande vittoria – una vittoria così grande che si può forse vedere dalla luna e certamente da Bruxelles”, ha detto Orban.
Nel suo discorso di vittoria, ha prontamente individuato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky come una parte fondamentale della “forza schiacciante” che ha sconfitto, insieme alla sinistra, l’UE, i media internazionali e “l’impero Soros con tutti i suoi soldi”.
Negli ultimi 12 anni, l’Ungheria si è allontanata molto dallo stato di diritto e dai diritti umani su cui tanto insiste l’UE. Orban è riuscito a riscrivere la costituzione e a rinnovare il sistema elettorale a suo vantaggio, ma si è anche preventivamente isolato da possibili procedimenti giudiziari riempiendo le massime cariche giudiziarie di fedelissimi. L’Ungheria è rimasta largamente impunita, anche perché un’azione significativa richiederebbe l’impresa impossibile di tutti gli stati membri dell’UE di agire all’unisono.
Giocando secondo lo stesso manuale, un altro feudo europeo – la Serbia – ha visto il suo uomo forte in carica Aleksandar Vučic assicurarsi la sua presa sul potere per i prossimi cinque anni. Il presidente Vučic ha espresso la sua soddisfazione per il fatto che “un gran numero di persone ha votato e ha dimostrato la natura democratica della società serba” e ha immediatamente confermato che la Serbia manterrà relazioni amichevoli con la Russia.
La sua vittoria non è stata una sorpresa. I critici lo hanno a lungo accusato di impedire elezioni libere ed eque, di frenare le libertà civili, di fare del suo meglio per convertire le emittenti pubbliche in megafoni di propaganda del suo partito.
Entrambi i paesi sono stati definiti “autocrazie elettorali”. E l’Ungheria e la Serbia hanno molto più in comune di quanto non sembri.
Vučic e Orban sono alleati e i loro paesi condividono interessi economici e politici vitali. I legami commerciali e gli investimenti sono ben sviluppati. Ma anche la corruzione e il nepotismo sono diffusi, così come il regresso democratico.
Il sinistro odio anti-musulmano di Orban ora minaccia vite in Bosnia. In entrambi i Paesi, i loro leader sono protetti da una cabala di oligarchi che si sono arricchiti oscenamente nel corso degli anni, mettendo insieme una rete intricata e impermeabile che comprende politici, uomini d’affari e persino membri del sottosuolo criminale.
Una recente inchiesta del Balkan Investigative Reporting Network ha rivelato che un gruppo di società che coinvolge stretti collaboratori di Orban e Vučic è arrivato a dominare l’oscuro ma lucrativo business dell’illuminazione stradale serba.
L’interesse politico strategico dell’Ungheria in Serbia ha molto a che fare con la considerevole minoranza etnica ungherese nel nord della Serbia, che è diventata un catalizzatore per il miglioramento delle relazioni tra i due paesi. Orban è anche un convinto sostenitore dell’ingresso della Serbia nell’Unione Europea, sia per consolidare l’influenza del suo Paese in Serbia, ma anche per migliorare l’immagine appannata dell’Ungheria a Bruxelles.
Ha ripetutamente affermato che la Serbia è la chiave per la stabilità della regione, e finché non sarà integrata nell’Unione Europea, i Balcani occidentali non saranno integrati.
Eppure ci sono differenze fondamentali. Orban governa un paese che per molti anni ha visto la Russia con grande diffidenza. Vale la pena ricordare che fu Mosca a mandare i carri armati nel 1956 per schiacciare brutalmente una rivolta anticomunista a Budapest. Alla fine degli anni ’80, Orban stesso era uno studente dissidente che si mise in luce chiedendo il ritiro delle truppe sovietiche in un infuocato discorso del 1989. È di nuovo un dissidente, questa volta rifiutando le istruzioni di Bruxelles di sanzionare la Russia.
D’altra parte, – un ministro dell’informazione sotto il famigerato presidente della Jugoslavia Slobodan Miloševic – ora gestisce un paese che ha rinvigorito la sua identità cristiana slava e ortodossa e vede sempre più Mosca come suo alleato fidato e protettore innato. Una versione raffinata di Miloševic, Vučic dice all’Occidente quello che vogliono sentire, mentre consolida il suo terreno politico in casa e rimane un fedele nazionalista serbo.
Da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina, Vučic si muove su una linea sottile, giocando un delicato equilibrio tra Russia, Cina, UE e Stati Uniti.
La Serbia ha votato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per una risoluzione non vincolante che chiedeva alla Russia di porre fine alla sua guerra in Ucraina. Ma nonostante abbia espresso il suo sostegno all’integrità territoriale dell’Ucraina, non è riuscito a chiudere lo spazio aereo della Serbia alle compagnie aeree russe o a imporre sanzioni a Mosca.
Infatti, dopo che ogni altro stato europeo ha chiuso il suo spazio aereo alle compagnie aeree russe, Air Serbia ha aumentato i suoi voli da Belgrado a Mosca fino a tre al giorno. I russi stanno ora usando la Serbia come una scappatoia, o una via di fuga, per evitare il divieto di volo in tutta l’UE.
Più sinistro è stato il messaggio di Orban dopo l’invasione dell’Ucraina. Pur rivendicando pubblicamente la neutralità, i media a lui vicini hanno ripetuto la giustificazione di Putin per l’invasione. Ha rifiutato di permettere che le armi della Nato fossero trasportate attraverso il suo territorio in Ucraina. Il rifiuto prepotente di Orban di schierarsi con l’Occidente ha persino infastidito la Polonia, un altro grande violatore dello stato di diritto nell’UE.
La rielezione di Orban e Vučic ha comunque gratificato Putin immensamente. La guerra in Ucraina ha giocato un ruolo importante nelle campagne pre-elettorali in entrambi i paesi e ha contribuito a mobilitare il sostegno per i candidati in carica. Entrambi sono stretti alleati di Mosca ed entrambi i paesi sono quasi interamente dipendenti dal gas russo.
L’esercito della Serbia mantiene inoltre relazioni molto strette con l’esercito russo e il ministero della difesa russo ha persino un ufficio di collegamento all’interno del ministero della difesa della Serbia. Vucic si è vantato dei suoi stretti legami personali con Putin, e cerca costantemente di ritrarsi come un garante della pace e della stabilità nei Balcani. Il ministro dell’Interno Aleksandar Vulin ha obbedientemente passato al Cremlino le trascrizioni di incontri intercettati a Belgrado di leader dell’opposizione russa, portando all’arresto di Andrei Pivovarov, ex direttore dell’organizzazione Open Russia.
Gli anni di adorazione di Putin da parte di Vučic sono filtrati fino alla base serba, abilmente aiutata da piattaforme mediatiche localizzate finanziate da Mosca, come il portale di notizie Sputnik Srbija e la stazione radio che ritrae un’immagine degli affari mondiali che è ardentemente anti-occidentale.
Secondo un sondaggio del 2021, l’83% degli intervistati serbi vede Mosca come un “amico”. Putin ha ricevuto la cittadinanza onoraria da almeno una dozzina di città serbe.
Migliaia di serbi che sventolavano bandiere russe e portavano immagini di Putin hanno marciato attraverso Belgrado all’inizio dell’invasione della Russia in una dimostrazione di sostegno pubblico, con tabloid filogovernativi che vantavano titoli di propaganda capovolti come “L’Ucraina ha attaccato la Russia!”.
Nel frattempo in Ungheria, il Cremlino si è concentrato esclusivamente sulle élite politiche ungheresi e sulla sua oligarchia commerciale, per le quali gli accordi commerciali sostenuti dal governo con Mosca sono una lucrosa fonte di reddito. Mentre queste élite vedono il modello illiberale della Russia degno di essere emulato, non sono necessariamente d’accordo che Mosca debba servire come loro punto di riorientamento geopolitico.
Per quanto riguarda l’invasione russa dell’Ucraina, un sondaggio condotto nel marzo 2022 ha rivelato che il 72% degli ungheresi dice che il loro paese dovrebbe mantenere una distanza uguale sia dall’Ucraina che dalla Russia, mentre solo il 26% crede che il loro paese avrebbe dovuto fornire più sostegno all’Ucraina.
Le rielezioni di Orban e Vučic avranno anche effetti a catena sulla sicurezza della Bosnia ed Erzegovina.
Entrambi i leader hanno gettato il loro pieno sostegno dietro Milorad Dodik, il leader ultranazionalista serbo-bosniaco che per anni ha lavorato attivamente per smantellare la Bosnia e dichiarare il proprio staterello simile a Luhansk o Donetsk.
Dodik e Orban si sono avvicinati l’un l’altro per anni, scambiandosi una serie di visite di alto profilo. Nel 2021, Orban ha invitato Dodik a partecipare al quarto vertice demografico a Budapest, un incontro annuale di leader e attivisti di estrema destra.
Fu a quel vertice che Dodik disse infamemente: “Noi siamo cristiani… e per esperienza posso dire che i musulmani non abbandonano i loro valori” (non inteso come un complimento) – e chiese all’Europa di difendersi. Orban ha ricambiato qualche mese dopo, quando ha chiesto come l’Europa potrà mai essere sicura di coesistere con uno stato (la Bosnia) in cui vivono due milioni di musulmani.
Politicamente ed economicamente, è un’amicizia utile a Dodik. Quando l’UE ha pensato di imporre sanzioni a Dodik a causa delle sue politiche secessioniste, Orban ha promesso che avrebbe posto il veto a qualsiasi sanzione. Invece, ha offerto a Dodik 100 milioni di euro di assistenza.
D’altra parte, Vučic e Dodik si incontrano molto spesso e tengono sessioni di governo congiunte, con Belgrado che sostiene fortemente Dodik e, attraverso di lui, interferisce negli affari di stato della Bosnia. Un altro giocatore chiave è Aleksandar Vulin, l’ex ministro della difesa della Serbia e ministro degli interni in carica, che è stato la mente ideologica dietro il concetto di “mondo serbo”, un copia-incolla del concetto di “mondo russo”.
La Serbia considera oggi l’entità Republika Srpska in Bosnia come il suo bottino di guerra più prezioso e non ha alcuna intenzione di rinunciare ai suoi interessi acquisiti nel paese vicino. La Russia ha esplicitamente avvertito la Bosnia che qualsiasi decisione di unirsi alla Nato si tradurrebbe in una punizione “stile Ucraina” da parte di Mosca.
Per l’Ungheria e la Serbia, qualsiasi rapido cambiamento di rotta per quanto riguarda le sanzioni alla Russia sembra altamente improbabile. Sia Orban che Vucic hanno cercato a lungo di destreggiarsi tra diverse palle geopolitiche, e pur mantenendo stretti rapporti con la Russia e la Cina, entrambi hanno goduto del calore della Germania dell’ex cancelliere Angela Merkel. Tale politica continuerà molto probabilmente con il cancelliere Olaf Scholz. Sia Orban che Vučic probabilmente cementeranno le loro relazioni con i leader che la pensano come loro negli Emirati Arabi, in Azerbaijan e in Turchia.
I leader occidentali hanno a lungo stretto accordi faustiani con gli autocrati dei Balcani e dell’Europa orientale, sostenendo quella che viene definita una “stabilocrazia”: regimi semi-autoritari legittimati dagli Stati Uniti e dall’UE perché offrono una (falsa) promessa di stabilità. La guerra in Ucraina ha esposto quanto questo ragionamento sia sempre stato imperfetto, illusorio e insostenibile.
Con la solidarietà transatlantica ai massimi storici e l’opinione popolare fermamente critica nei confronti della Russia, i tempi sono maturi perché l’Occidente faccia pressione sui burattini di Putin nei Balcani e a Budapest per interrompere le loro relazioni con il Cremlino. Quello che è diventato un residuo impegno diplomatico degli Stati Uniti con i Balcani deve essere amplificato e aumentato con una potente forza militare.
Questo non è più urgente che in Bosnia-Erzegovina, il cui sistema etnico a base libanese è più incline all’influenza maligna e alla destabilizzazione della Russia, una vulnerabilità di cui Putin e i suoi alleati locali sono fin troppo consapevoli e disposti, e capaci, di sfruttare”.
Un rapporto illuminante
L’impennata del populismo in Europa ha fornito alla Russia “un’ampia offerta di partiti politici solidali in tutto il continente”, sosteneva, nel 2016, un rapporto dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr). Lo studio censiva i partiti, “per lo più di estrema destra, ma anche di estrema sinistra”, che stavano portando avanti politiche e prendendo posizioni che promuovevano l’agenda russa in Europa.
Tendono ad essere partiti anti-establishment -alcuni ai margini estremi dello spettro politico- che sfidano l’ordine liberale tradizionale in Europa». Questa dell’Ecfr, che è stata la prima indagine completa sui partiti “ribelli” in Europa, identificava 45 partiti filo-russi.
L’estrema destra europea, dunque, ha accolto con entusiasmo la spinta conservatrice del regime di Putin per una serie di ragioni che vanno dal presentarsi come l’uomo forte che difende il conservatorismo e la radice cristiana dell’Europa, fino alla sua sfida agli Stati Uniti e all’Europa.
Da qui i forti legami con individui e gruppi di destra populista in Europa -come Matteo Salvini e la Lega, Marine le Pen e il Rassemblement National in Francia, l’Austrian Freedom Party (Fpö) e il premier ungherese Viktor Orban. “La Russia ha fornito a molti di questi gruppi supporto finanziario e informatico e addestramento paramilitare” afferma Robert Horvath, specialista in politica russa presso la LaTrobe University.
I 45 partiti identificati da Ecfr, erano “attratti dai valori socialmente conservatori della Russia, dalla sua difesa della sovranità nazionale e dal suo rifiuto dell’internazionalismo liberale e dell’interventismo.
A sinistra, molti sono attratti dall’antipatia della Russia nei confronti della globalizzazione e dalla sua sfida all’ordine capitalista internazionale dominato dagli Stati Uniti, nonché da un legame nostalgico con l’Unione Sovietica. Entrambe le frange tendono a vedere la Russia come una contrapposizione agli Stati Uniti”.
(da Globalist)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
CAMPI DI FILTRAGGIO PRIMA DI ESSERE EVACUATI, SIAMO TORNATI AI TEMPI DI STALIN
Il Sindaco di Mariupol Vadym Boichenko ha raccontato un altro drammatico episodio della quotidianità della sua città, tenuta in assedio dalle forze russe. A riportarlo è l’AdnKronos
“Stanno deportando i nostri cittadini in Siberia. Putin ha necessità di ripopolare quel territorio dove i russi non vogliono andare per risolvere una serie di problemi. Agiscono attraverso i campi di filtraggio, 4 in tutto a Mariupol, da cui per fuggire dalla città è necessario passare. Tentano di convincere chi è in età lavorativa a trasferirsi in Russia o altrimenti intervengono deportandoli in maniera forzata, senza possibilità di scelta. Non c’è differenza tra la Federazione russa di oggi e quella fascista della seconda guerra mondiale. Fanno firmare schede o documenti a persone in età lavorativa. E’ difficile per questa fascia di età andare verso i territori controllati dall’Ucraina”.
“A Mariupol – prosegue – ventimila persone attendono in fila di essere vivisezionate nei campi di filtraggio prima di essere evacuate. Ma i russi controllano non più di 10-20 persone al giorno. I tempi sono infiniti e le procedure mortificanti, vergognose soprattutto per gli amministratori comunali. Io – chiosa – sono il primo della lista.
Qualche giorno fa durante i controlli hanno scoperto che la figlia di un impiegato comunale lavora a Kiev nelle forze dell’ordine. Quindi hanno sequestrato l’altra figlia, una bambina di appena due anni con il pretesto di non farla crescere con i nazisti – racconta – E’ in atto attraverso l’uso dei campi di filtraggio una vera e propria deportazione selettiva forzata. Ed a rischio sono centomila cittadini ancora in città oltre a 50mila persone nei centri abitati limitrofi”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
E COSÌ “MAD VLAD”, CHE HA FATTO GUERRA PERCHÉ L’ALLEANZA ATLANTICA SI STAVA ALLARGANDO TROPPO, ORA SI TROVA CIRCONDATO
Il Parlamento finlandese ha votato a favore dell’adesione del paese alla Nato. Lo riportano diversi media, tra cui Ateo Breaking. Il ministro degli Esteri Pekka Haavisto aveva ribadito nei giorni scorsi quanto fosse importante che la Finlandia e la Svezia decidessero sull’adesione alla Nato più o mento in contemporanea, in riferimento a possibili reazioni della Russia.
Una scelta che non piace ovviamente a Mosca: con l’ingresso di Helsinki tra gli Alleati, ha minacciato nei giorni scorsi il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, “non sarà più possibile parlare di status non nucleare nel Baltico. L’equilibrio dovrà essere ripristinato”.
Da tempo si parlava del possibile ingresso della Finlandia nell’Alleanza atlantica. L’annuncio formale da parte della premier Sanna Marin è giunto sull’onda della preoccupazione che, fuori dalla Nato, quello che Mosca ha fatto con l’Ucraina possa ripetersi un’altra volta.
Si tratta di un evento impensabile fino all’anno scorso, come aveva già avuto modo di dire il Segretario Generale per gli Affari Esteri Matti Anttonen in un incontro con la stampa all’ambasciata di Finlandia di tre settimane fa. E’ uno sviluppo che segue il cambio di opinione nella maggior parte della popolazione dopo l’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina.
Per quanto riguarda la Svezia, Stoccolma presenterà la richiesta al vertice della Nato in programma per il 29 e 30 giugno a Madrid. L’obiettivo della premier Magdalena Andersson, scrive Svd, è che il Paese entri nell’Alleanza a giugno di quest’anno.+
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
26.000 POSTI DISPONIBILI, I DATI DELLA PROTEZIONE CIVILE
L’appello della Protezione civile era stato ufficializzato lo scorso 11 aprile: qualunque cittadino, azienda, ente del Terzo Settore e del Privato Sociale avesse voluto offrire aiuto alla popolazione ucraina avrebbe dovuto registrarsi sulla piattaforma #Offroaiuto e mettersi a disposizione per accogliere i profughi delle guerra.
A dieci giorni dall’inizio della raccolta, le offerte di aiuto registrate sono state 48 con un totale di 26.412 alloggi messi a disposizione. La raccolta di generosità si è conclusa il 22 aprile con la gratitudine del capo Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio: «Seppure con la cautela necessaria di fronte a dati ancora provvisori possiamo dire con soddisfazione che si è manifestata una straordinaria partecipazione, in soli dieci giorni, del Terzo settore e del Privato sociale», ha detto.
I dati raccolti sono provvisori e dovranno ora passare il vaglio della Commissione di valutazione per stabilire l’idoneità delle offerte.
La Commissione è stata istituita dal capo Dipartimento Curcio e composta da alcuni rappresentanti della Protezione Civile, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, della Conferenza delle Regioni e dall’Anci. «Gli esiti delle verifiche, che saranno pubblicati entro 10 giorni, permetteranno di avere il reale numero complessivo di posti da poter utilizzare», spiega la Protezione Civile, «e di sottoscrivere apposite convenzioni nazionali con gli Enti e le Associazioni individuate, convenzioni che regoleranno anche le modalità di accesso ai contributi per offrire alloggio, vitto, beni e servizi di prima necessità, accompagnamento all’integrazione e per gli aspetti amministrativi e gestionali dell’accoglienza».
La Campania la regione più generosa
I dati provvisori registrano il maggior numero di posti messi a disposizione nella regione Campania con il 16% del totale, e cioè 4.311 offerte di aiuto. A seguire c’è la Calabria con 4.043, il Lazio con il 15%, 4.023 posti e Sicilia, 3.055 alloggi.
Tra le tipologie di ospitalità offerta la maggior parte sono spazi in appartamento, il 61% del totale con 16.246 spazi offerte. I posti per l’ospitalità in famiglia sono 6.139, il 24% circa del totale. «Si tratta di numeri che testimoniano una grande attenzione sulle tematiche legate all’accoglienza e sulla bontà del percorso costruito dalle istituzioni con il mondo delle associazioni», ha continuato Curcio. «Un percorso che, sin da subito, consentirà di strutturare un’accoglienza diffusa e partecipata a chi fugge dalla guerra e che potrà rilevarsi utile anche nelle future emergenze».
Quasi 100mila profughi ucraini finora in Italia
«Sono 99.788 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina arrivate fino a oggi in Italia, delle quali 93.539 alla frontiera e 4.373 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia». A farlo sapere poche ore fa è stata una comunicazione ufficiale del Viminale, che ha fatto anche un resoconto delle categorie di popolazione riuscita a fuggire dalle zone di guerra. «Si tratta di 51.593 donne, 12.307 uomini e 35.888 minori. Le principali città di destinazione dichiarate all’ingresso nel nostro Paese restano Milano, Roma, Napoli e Bologna».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
I RITOCCHINI CHE HA FATTO AL VOLTO: È RICORSA ALLO STESSO CHIRURGO CHE HA GONFIATO DI BOTOX IL SUO AMATO ZAR?
La presunta amante di Vladimir Putin, Alina Kabaeva, è riapparsa a Mosca questa settimana ed è stata fotografata con indosso quella che sembra essere una fede nuziale, suscitando voci che la 38enne avrebbe sposato il presidente russo mentre era nascosta. Fino ad oggi le voci avevano ipotizzato che Alina si nascondesse in una lussuosa villa svizzera con i figli che avrebbe avuto proprio con Putin o che si fosse nascosta in un bunker sotterraneo in Siberia con lo zar e la sua cerchia ristretta.
Kabaeva è stata avvistata a una prova di ginnastica ritmica per ragazzi a Mosca, segnando la sua prima apparizione pubblica dopo settimane. L’allenatore Ekaterina Sirotina ha condiviso le foto dell’evento su Instagram, nonostante il divieto di immagini dall’interno delle prove da parte del Cremlino.
La fede
In Russia è consuetudine che le coppie sposate indossino le fedi nuziali al terzo dito della mano destra. In un’immagine, Kabaeva ha posato con le ginnaste e sul suo “anulare” destro è visibile una piccola fascia, che ha suscitato voci nei tabloid ucraini sul fatto che si sia sposata segretamente. In altre immagini, le sue mani sono in tasca.
Le foto hanno anche suscitato speculazioni sul fatto che avesse usato lo stesso chirurgo estetico di Putin. I tabloid in lingua russa hanno anche evidenziato che il volto di Kabaeva era cambiato.
Il nascondiglio
Si ritiene che Kabaeva detenga un certo numero di passaporti con nomi diversi. I suoi movimenti hanno continuato a essere altamente speculati poiché il governo svizzero ha dovuto far fronte alle richieste di aggiungerla all’elenco delle persone sanzionate. Più di 60 parlamentari ucraini hanno firmato un appello a Claude Wild, l’ambasciatore della Confederazione Svizzera in Ucraina, chiedendo di spingere il suo governo ad aggiungere Kabaeva a un elenco di individui russi sanzionati.
La politologa Valery Solovey ha precedentemente ipotizzato che potrebbe trovarsi in una “città sotterranea dotata delle ultime scienze e tecnologie” in Siberia insieme a Putin.
Solovey ha dichiarato in una recente intervista: “Dubito fortemente che Alina Kabaeva si nascondesse in Svizzera. “Secondo le mie informazioni, è stata nella Federazione Russa, in un luogo assolutamente sicuro. Non ho dubbi che il presidente russo farà tutto il possibile e persino impossibile per proteggere la sua famiglia.
Secondo quanto riferito, gli amici dell’ex parlamentare russa l’hanno anche implorata di tornare a Mosca per convincere Putin a porre fine alla guerra, aggiungendo ulteriori speculazioni sul fatto che non sia in Russia. Kabaeva si vede raramente in pubblico, ma a dicembre è stata ripresa in video mentre ballava a Mosca. Nell’agosto 2021, è andata alla TV di stato per denunciare i giudici di Tokyo 2020 dopo che la star russa Dina Averina non è riuscita a vincere una medaglia d’oro nella ginnastica ritmica.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 23rd, 2022 Riccardo Fucile
“PIANGEVA E MI HA DETTO CHE TRE MISSILI AVEVANO COLPITO IL PONTE, UCCIDENDO CHI ERA LÌ IN QUEL MOMENTO. HA VISTO FERITI CON ARTI MOZZATI. STAVANO ANDANDO A ODESSA PER LO SBARCO”
«Mamma, hai capito cos’ è successo? Ci hanno sparato contro tre razzi». Voci dalla tolda del Moskva, i marinai dell’incrociatore affondato nel Mar Nero stanno sgretolando la versione del Cremlino sulla disastrosa ultima missione della loro nave ammiraglia, che avrebbe dovuto guidare l’arrembaggio e lo sbarco ad Odessa.
Il team di giornalismo investigativo di Radio Svoboda sta cercando le famiglie dei marinai imbarcati sul vascello affondato e ieri ha pubblicato la versione di una mamma che smentisce radicalmente la tesi dell’incendio scoppiato a bordo. Secondo il Cremlino si sarebbe esteso agli armamenti provocando l’affondamento nel mare in tempesta.
Il ministero della Difesa russo annunciò la «completa evacuazione» dell’equipaggio, e sui media russi spuntarono le immagini dei marinai passati in rassegna dall’ammiraglio su un pontile di Sebastopoli, in Crimea. Immagini d’archivio, si scoprì.
E arrivarono invece i video della nave in fiamme: per le forze armate di Kiev, che annunciarono per prime la notizia, fu l’esito di un attacco con «due missili Nettuno» di produzione locale, ucraina. Il soldato di leva alla mamma ha detto che i missili erano tre, non due.
E dice – con tutto il panico di una recluta di Marina spedita al fronte senza saperlo e viva per miracolo – che i morti a bordo ci furono eccome: sarebbero quaranta, più un numero imprecisato di dispersi.
La telefonata tra il marinaio e la mamma, di cui i giornalisti non fanno i nomi per proteggerli, sarebbe avvenuta il 14 aprile, il giorno dopo l’attacco e il giorno stesso in cui il ministero della Difesa russo ammise l’affondamento.
«Alcuni dei ragazzi sono stati evacuati sulla fregata Makarov. Tutti i sopravvissuti – ha detto la donna a radio Svoboda – sono stati portati a Sebastopoli. Gli hanno dato i telefoni per chiamare casa perché erano in pantaloncini e canottiera. Hanno lasciato tutto a bordo, anche i documenti. Sono senza tutto».
Quando ha chiamato la madre, la notizia era già sui televisori di tutto il mondo.
Anche sul suo: «Gli ho chiesto dell’incendio a bordo, e lui mi ha detto: “No, mamma, non è vero. Non è stato un incendio”. Piangeva», dice.
Ora lei non ha dubbi: «Non è una barca di legno che prenderebbe fuoco. Nessuno ci spiega niente. Non capisco perché i radar non abbiano visto arrivare questi missili Nettuno».
La donna dice che a bordo c’erano circa 510 persone, e che secondo il figlio «sono morti tutti quelli che erano sul ponte, in cabina o di guardia, perché i missili hanno colpito proprio il ponte… Ci sono feriti con arti mozzati»,
E dice che il figlio le ha spiegato che «dovevano andare a Odessa per lo sbarco», un’operazione che non sarebbe mai dovuta toccare a un marinaio di leva.
(da la Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »