Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
VINCE L’EUROPA, SCONFITTO PUTIN E I SERVI SOVRANISTI… MELENCHON DETERMINANTE ORA PUNTA A UNA NUOVA POLITICA SOCIALE
Emmanuel Macron è stato rieletto all’Eliseo. I francesi hanno così confermato la fiducia al presidente per altri 5 anni con una maggioranza schiacciante di oltre 17 punti.
Per le proiezioni il presidente uscente ha ottenuto il 58,6%, contro Marine Le Pen che si attesterebbe al 41,4%.
Macron, nel suo discorso della rielezione, ha promesso “una nuova era” in Francia che non sarà “il proseguimento dei 5 anni che si chiudono”: “Nessuno sarà lasciato indietro, dovremo rispondere alla rabbia del Paese”, ha promesso Macron, affermando di sperare che si possa “vivere più felici in Francia”.
Macron ha auspicato anche “l’invenzione collettiva di un nuovo metodo per 5 anni migliori al servizio del nostro Paese, dei nostri giovani”.
La vittoria di Macron è arrivata grazie anche ai voti di Jean Luc Melenchon, terzo arrivato al primo turno.
Secondo Ipsos, il 42% degli elettori che al primo turno hanno votato per Melenchon hanno scelto di appoggiare Macron, mentre il 17% ha appoggiato Marine Le Pen.
Macron è il quarto presidente della Repubblica francese a ottenere un secondo mandato.
Prima di lui sono stati rieletti il socialista François Mitterrand, nel 1988, e il gollista Jacques Chirac, nel 2002, quando al ballottaggio batté il padre di Marine Le Pen, Jean Marie.
Anche Charles De Gaulle fu eletto due volte alla presidenza, l’8 gennaio 1959 e l’8 gennaio 1966. De Gaulle non completò il secondo mandato e si dimise il 28 aprile del 1969.
Alla pubblicazione dei dati, in cui il vantaggio di Macron è fuori discussione, è scoppiata la gioia dei suoi sostenitori al comitato elettorale di Campo di Marte, mentre fischi e delusione hanno invaso la sede del quartier generale di Le Pen.
Ai piedi dello Champ-de-Mars, sotto alla Tour Eiffel, oltre a tanti militanti pro-Macron, tre suoi ministri, Clément Beaune (Affari europei), Eric Dupont-Moretti (Giustizia) e Jean-Yves Le Drian (Affari Esteri).
Nei prossimi giorni, come prassi e come confermato dallo stesso interessato, il premier in carica, Jean Castex, si dimetterà in attesa delle elezioni legislative del 12 e del 19 giugno. Se Mélenchon riuscirà nell’impresa di coagulare i reduci della sinistra e ottenerne l’appoggio (“eleggetemi premier”, ha detto dopo la chiusura delle urne), la prospettiva è quella di una coabitazione – presidente centrista e liberal con premier di sinistra radicale
Se Macron darà vita al suo nuovo movimento politico ed ottenesse la maggioranza anche alle legislative, partirebbe il toto-premier: escluso un ritorno di Edouard Philippe, in pole position per il dopo-Macron nel 2027, si fa il nome dell’attuale ministro dell’Agricoltura, Julien Denormandie.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
A MOSCA ANCHE L’HOTEL PIÙ FAMOSO È STATO COSTRETTO A CAMBIARE DENOMINAZIONE: L’UCRAINOFOBIA DILAGA
A Mosca non c’è più l’Ucraina. O meglio, c’è, e si vede anche da mezza città, essendo alto ben 206 metri, e si può entrare dentro e prendere una stanza, ma è sparito dai cartelli stradali.
Le autorità della capitale russa hanno smantellato il cartello che segnalava la svolta verso l’albergo Ucraina dal ponte Novoarbatsky. Al suo posto è stato montato un pannello che invita genericamente a “osservare le regole di parcheggio”.
Il nome “Ucraina” è sparito dai cartelli, forse perché poteva venire notato da qualche sguardo altolocato: dal ponte scendono a velocità supersonica cortei governativi, imboccando la prospettiva Kutuzovsky che porta alle dacie dei più ricchi e potenti, incluso Vladimir Putin.
Non è chiaro chi, al municipio, abbia avuto questa idea assurda: anche se ufficialmente il grattacielo affacciato sul Moscova si chiama oggi Radisson Collection Hotel Moscow, per tutti – inclusi i suoi proprietari che lo chiamano così sul sito – resta l’albergo Ucraina, entrato in tutte le enciclopedie di architettura come il più proporzionato ed elegante dei sette grattacieli staliniani dello skyline moscovita.
Completato nel 1957, è stato battezzato dal successore di Stalin, Nikita Krusciov, che tre anni prima aveva celebrato i 300 anni dell’ingresso dell’Ucraina nell’impero russo. Uno dei simboli della capitale russa, oggi è uno dei suoi alberghi più lussuosi, e una metà ambita di visite guidate per appassionati di architettura sovietica.
La parola “Ucraina” è diventata impronunciabile, e sui social si ironizza che Vladimir Putin potrebbe sfogare la sua frustrazione bombardando l’albergo invece del Paese di cui porta il nome. Tutta la zona dell’albergo è un omaggio al popolo ex fratello: ci sono il boulevard Ucrainsky e la stazione Kievsky, con annesse due stazioni della metropolitana omonime, tra le più riccamente decorate, con mosaici e pitture raffiguranti l’amicizia russo-ucraina.
Una profusione di spighe di grano e fanciulle in abiti folcloristici, l’apice della leziosa iconografia sovietica che assegnava all’Ucraina un look rurale e ruspante, una cugina di campagna benestante e bonaria, da guardare con condiscendenza. Oggi, l’Ucraina è uno Stato nemico, e anche il monumento al poeta nazionale ucraino Taras Shevshenko, che guarda tristemente il Moscova davanti all’albergo, rischia di diventare una vittima della “cancel culture” russa.
Del resto, «il concetto di ucrainità è un fake», ha stabilito l’ex presidente e premier russo Dmitry Medvedev, e la propaganda torna a parlare di “Novorossiya”, la nuova Russia, il termine usato dai tempi di Caterina per le terre strappate ai turchi intorno al Mar Nero.
Il ministero della Difesa russo annuncia che l’obiettivo della “operazione militare speciale” è la “liberazione” di tutto il Sud ucraino, fino al confine con la Moldova, e il leader del partito Russia Giusta Sergey Mironov reagisce invocando appunto la “Novorossiya”, mentre il deputato della Duma Dmitry Belik dichiara che i territori occupati andranno a formare il “distretto federale della Crimea”, quindi verranno annessi direttamente alla Russia.
L’Ucraina deve sparire, come nazione e come concetto, come da nuove indicazioni alla casa editrice Prosveschenie, il gigante dei manuali scolastici dì proprietà dell’oligarca Arcady Rotenberg, amico di antica darà di Putin: secondo le indiscrezioni raccolte da Mediazzona, il Paese vicino deve essere menzionato il meno possibile, e perfino la Rus’ di Kiev, lo Stato dalla cui costola nacque secoli dopo la Moscovia, deve essere raccontata semplicemente come Rus’.
La “cancel culture” fa scattare in Russia la caccia a tutto quello che può ricordare l’Ucraina. La città dì Murmansk ha cambiato i colori del suo stemma, blu e giallo, e a Yakutsk hanno smontato gli spalti dello stadio locale, perché i sedili avevano i della bandiera del Paese ormai nemico.
Da Pskov arrivano le immagini surreali dì una staccionata “sbagliata” riverniciata frettolosamente da squadre di impiegati comunali. A Mosca è stato arrestato un passante che sfoggiava scarpe da ginnastica degli stessi colori: è stato accusato di “manifestazione non autorizzata”. La dissidente Natasha Tyshkevich ha scontato 15 giorni di carcere per aver postato lo stemma ucraino del tridente su un blog.
Avere parenti in Ucraina sta diventando un aggravante, come è successo alla pittrice Sasha Skolichenko, incarcerata per aver sostituito i cartellini dei prezzi di un supermercato di Pietroburgo con volantini contro la guerra: la giudice non le ha concesso i domiciliari per via di familiari dall’altra parte del confine.
Ma il caso più inquietante riguarda il 61 enne oppositore Mikhail Kavun, arrestato per presunti «finanziamenti a nazionalisti ucraini»: è stato mostrato alla televisione di Asktrakhan come testimonianza del «nazismo ucraino appoggiato dagli ebrei» come Zelensky. La sua colpa è di aver visitato più volte «un Paese estero» – l’Ucraina ormai non viene nemmeno menzionata per nome – e di essersi fotografato su Facebook con una t-shirt che in realtà prendeva in giro i nazionalisti. Rischia otto anni di carcere.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
I MISTERIOSI INCENDI NEI LUOGHI STRATEGICI DELLA DIFESA E DELL’ECONOMIA DELLA RUSSIA SAREBBERO OPERA DI SAPIENTI SABOTATORI CHE HANNO PROVOCATO DA REMOTO CORTOCIRCUITI AD ARTE… L’ESERCITO DI PIRATI INFORMATICI SI CHIAMA DISTRIBUTED DENIAL OF SECRETS
I misteriosi incendi nei luoghi strategici della Difesa e dell’economia della Russia, sarebbero opera di sapienti sabotatori, forse cyber criminali, che hanno provocato da remoto cortocircuiti ad arte.
È la guerra ibrida combattuta da un esercito di hacker, che ha anche diffuso online oltre 6 milioni di documenti sottratti ad agenzie governative, compagnie petrolifere e del gas e a istituzioni finanziarie del Paese. E poi gli attentati messi in atto dalla gente comune: sono stati cinque dall’inizio della guerra contro l’Ucraina e in diverse regioni della Russia, con i roghi ai centri di arruolamento.
L’esercito di pirati informatici si chiama Distributed Denial of Secrets, il collettivo per la trasparenza che si ispira al motto latino Veritatem cognoscere ruat caelum et pereat mundus.
E dall’inizio della guerra il sito del gruppo ha diffuso milioni di documenti sottratti a società del gas, (anche Gazprom e Technotec, la società che dal 95 fornisce il servizio di deposito e i reagenti chimici utilizzati nella produzione e nel trasporto di petrolio ad aziende tra cui Rosneft e Gazprom Neft), amministrazioni e persino alla chiesa ortodossa russa. I dati vengono inviati al collettivo anche da anonimi e vengono resi disponibili al pubblico, per argomento, tramite BitTorrent: siamo a circa 6 milioni di file.
LE MOLOTOV
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina sono stati dati alle fiamme almeno cinque uffici di arruolamento militare russi. La notizia è stata diffusa da Moscow Time, il giornale indipendente russo.
L’ultimo episodio è venuto lunedì nella regione della Mordovia. Le bombe molotov hanno distrutto diversi computer e il database delle persone da arruolare nel distretto della città di Zubova Polyana. L’attentato ha determinato l’interruzione della campagna. Era già successo nelle regioni di Voronezh, Sverdlovsk e Ivanovo, dove i residenti avevano utilizzato le bombe molotov.
Per i fatti a Sverdlovsk e Ivanovo sono stati arrestati due giovani, che hanno ammesso di aver cercato di interrompere la campagna di reclutamento per protestare contro la guerra. Quattro giorni dopo l’ingresso delle truppe russe in Ucraina, un 21enne aveva appiccato il fuoco nell’ufficio di arruolamento nella città di Lukhovitsy, nella regione di Mosca. Voleva distruggere gli archivi per impedire la campagna di arruolamento. Adesso deve rispondere di pesanti accuse che vanno dal danneggiamento al tentato omicidio, al terrorismo.
I SABOTAGGI
Sugli incendi divampati all’Istituto Centrale di Ricerca del Ministero della Difesa a Tver, nella più grande compagnia di prodotti chimici e infine Korolyov, alle porte di Mosca, nel polo che ospita tra l’altro il Centro scientifico per lo sviluppo di razzi e veicoli spaziali, il sabotaggio, in questa guerra ibrida, fatta anche e soprattutto dall’intelligence, sembra l’ipotesi più probabile. Non è escluso che i cortocircuiti possano essere stati provocati da attacchi cyber.
Inoltre, secondo il Daily Mail, il Cremlino sarebbe accusato di avere coperto il reale bilancio delle vittime di Tver, dove venivano portati avanti anche alcuni progetti segreti. Un giornalista locale ha infatti affermato che i morti sarebbero almeno 25, inclusi alcuni scienziati, e non sette come riferito dai media ufficiali.
Dopo che le immagini dell’incendio nel centro del ministero della Difesa sono circolate, inoltre è stata avviata un’indagine Due giorni dopo l’incendio, è ancora in corso la ricerca dei sopravvissuti intrappolati sotto le macerie e almeno cinque persone sarebbero ricoverate in terapia intensiva. Ma ora si afferma che almeno 25 morirono, forse inclusi alcuni dei principali scienziati missilistici russi.
Due giorni dopo l’incendio, è ancora in corso la ricerca dei sopravvissuti intrappolati sotto le macerie e almeno cinque persone sarebbero ricoverate in terapia intensiva.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
CONTE LO ESPELLE DAL MOVIMENTO: “STIAMO COMPLETANDO LA PROCEDURA. IL SUO ULTIMO TWEET È SEMPLICEMENTE VERGOGNOSO. CERTE PROVOCAZIONI SONO INQUALIFICABILI”
“Per domani buona festa della LiberaZione…”.
Il tweet di Vito Petrocelli alla vigilia della celebrazione del 25 aprile scatena la reazione delle forze politiche che tornano a chiedere un suo passo indietro.
Il presidente della Commissione Esteri del Senato scrive in maiuscolo la Z, la lettera che è diventata il simbolo dell’offensiva russa in Ucraina.
“Vito Petrocelli è fuori dal Movimento 5 Stelle”. Lo annuncia su twitter il leader pentastellato Giuseppe Conte. “Stiamo completando la procedura di espulsione. Il suo ultimo tweet è semplicemente vergognoso. Il 25 aprile è una ricorrenza seria. Certe provocazioni sono inqualificabili”, aggiunge ancora.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL CAPOGRUPPO: “APPARTENGONO AL PASSATO, PER LEGGEREZZA NON SONO STATE TOLTE”
Calendari con la foto del Duce affissi in un ufficio pubblico. Accade nella sede del gruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale a Napoli guidato dal capogruppo Giorgio Longobardi.
Per giunta alla vigilia della Festa della Liberazione, come testimonia una foto di Fanpage.
La presidente dell’assemblea, Enza Amato, insorge: “Ho appreso solo oggi della presenza di documenti e cimeli del ventennio fascista esposti all’interno della sede del gruppo consiliare di Fratelli d’ Italia a Via Verdi. Ho immediatamente contattato il consigliere Longobardi invitandolo a rimuovere questi materiali che non possono essere consentiti nella sede degli uffici pubblici del Consiglio Comunale. Ho ricevuto assicurazione che provvederà questa sera stessa in tal senso”, conclude Amato.
A Repubblica, Longobardi si giustifica: “Quella non è la mia stanza, non ci sono mai entrato. E’ un locale assegnato al nostro gruppo e destinato al personale di segreteria, ma io ne ho uno solo e non l’ho mai utilizzato. Quei calendari sono reliquie della passata consiliatura che per mia leggerezza non sono state tolte, ma provvederemo immediatamente”.
(da La Repubblica)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
“BATTIBECCARE SU CHI È IL PRIMO DI UNA COALIZIONE VINCENTE È LA RICETTA PERFETTA PER AVERE IN MANO UNA COALIZIONE PERDENTE. O UNA NON-COALIZIONE… “DUBITO CHE L’INCARICO DI FORMARE UN GOVERNO POSSA ESSERE ASSEGNATO A MELONI O A SALVINI”
Se si chiede a Giovanni Orsina, storico e direttore della Luiss School of Government, di ragionare sul centrodestra – prima coalizione secondo tutti i sondaggi, al governo nella maggioranza delle Regioni ma che se si votasse oggi rischierebbe seriamente di perdere perché al momento diviso – non usa mezzi termini: «È il paradosso di una situazione nella quale il risultato è stato dato un po’ per scontato. Un errore madornale. Perché il risultato non era neanche acquisito prima della pandemia: figuriamoci dopo la guerra in Ucraina…».
Professore, lo insegna lei: la politica è sempre più “fluida”.
«Già. Nessun risultato elettorale è predeterminato tre settimane prima. Figuriamoci tre anni prima. Cominciare quindi a battibeccare su chi è il primo di una coalizione vincente molto prima che si possa dire che quella coalizione è vincente è la ricetta perfetta per avere in mano una coalizione perdente. O una non-coalizione».
Fra gli elettori di centrodestra non si percepiscono idiosincrasie. Il blocco sociale è granitico. Eppure i leader non si parlano quasi più.
«Questo è un altro dei paradossi. Dal ’94 ad oggi la grande forza della destra italiana è stata da un lato la compattezza dell’elettorato, dall’altra parte la forza attrattiva di Berlusconi. Penso che questa unità elettorale ci sia ancora. Per questo dividere al vertice ciò che è unito alla base è la ricetta per una sconfitta. A meno che non ci siano in realtà delle strategie diverse che non passano per l’unità del centrodestra…»
È proprio il dubbio di Giorgia Meloni rivolto agli ex alleati: «Non so se vogliono un governo di centrodestra».
«Questa ipotesi c’è. Berlusconi è sempre stato molto convinto della necessità di tenere unita la destra e che il bipolarismo sia stato il suo più grande regalo all’Italia. Però è un signore di 86 anni e dentro FI sappiamo che ci sono sensibilità diverse: una parte è legata al progetto originario, un’altra invece guarda verso esiti neocentristi».
E Salvini?
«È difficile capire se abbia una strategia, e quale. È molto oscillante. Come da tradizione italiana, la strategia potrebbe essere quella di giocare sui proverbiali due forni – o a destra con Meloni, o verso una riedizione delle larghe intese -, riservandosi di scegliere più avanti secondo convenienza. Certo, bisognerà vedere se si cambierà il sistema elettorale: questa è la cartina di tornasole dell’ipotesi “larghe intese”. Ma lo scopriremo solo a fine anno, più a ridosso del voto».
Di questo passo alle Amministrative – e poi alle Regionali in Sicilia, ultimo appuntamento prima delle Politiche – si rischia l’harakiri.
«Un’altra sconfitta certamente creerebbe una spinta inerziale verso i sostenitori della transizione a un altro modello rispetto a quello dell’alleanza di centrodestra. Anche se la verità è che il centrodestra ci ha mostrato spesso di avere una sbalorditiva capacità di farsi del malissimo ma poi, due mesi prima delle Politiche, chiudere tutta la partita e rimettersi insieme».
Resta il nodo della leadership. Per Alessandro Sallusti uno dei problemi è che i due patriarchi non intendono cedere l’eventuale scettro alla leader di FdI.
«Un problema è sicuramente questo. Loro però risponderebbero: lei non lascia spazio. Ciascuno ha le proprie ragioni. Certamente Berlusconi è uno che non intende cedere lo scettro mai. Per Salvini, poi, cederlo sarebbe una tragedia. Perché a un certo punto – nel 2019 – ha avuto veramente il traguardo a portata di mano: per lui, anche psicologicamente, è particolarmente difficile. Detto questo, Meloni non è proprio un osso tenero: è una che i suoi spazi li difende con un certo puntiglio».
È il momento della pozione magica.
«Immaginare un percorso di convergenza serio, anche conservando i partiti separati, in cui si ripensi alle ragioni per le quali si sta insieme – e ce ne sono tante – con la volontà di tenere in piedi una coalizione nella quale la politica deve comunque prevalere sulle pur legittime ambizioni personali. Anche perché dubito fortemente che, pure se la destra dovesse vincere le elezioni, l’incarico di formare un governo possa essere assegnato a Meloni o a Salvini».
L’odioso vincolo esterno trionferà?
«Piaccia o no, i vincoli internazionali oggi più che mai sono strettissimi. E il Capo dello Stato, cui spetta nominare il Presidente del Consiglio, ne è il garante. Ciò significa che alla fine potrebbe comunque prevalere una figura terza: un tecnico d’area. Tuttavia, in un centrodestra vincente ci sarebbe spazio per tutti. Meglio essere il secondo di uno schieramento che vince che essere il primo di quello che perde, in definitiva».
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
“GLI AUTORI DELL’ATTACCO MISSILISTICO A ODESSA DOVE HANNO ASSASSINATO UN NEONATO DI TRE MESI SONO DEI BASTARDI”
«Lo Stato russo è diventato terrorista e non se ne vergogna» dice Volodymyr Zelensky nel video diffuso su Telegram alla vigilia della Pasqua ortodossa.
Il presidente ucraino commenta gli attacchi russi che hanno colpito in particolare Odessa, dove sono morte 8 persone, tra cui un neonato di tre mesi secondo fonti ucraine.
Un caso che secondo Zelensky riporta con urgenza la necessità che i Paesi occidentali riconoscano la Russia come Paese sponsor del terrorismo, una strada che già qualche giorno fa era stata frenata dalla Casa Bianca in un colloquio tra Zelensky e Joe Biden.
«Quello che hanno già fatto è sufficiente perché il mondo alla fine riconosca lo Stato russo come sponsor del terrorismo e l’esercito russo come organizzazione terroristica – dice Zelensky nel video – Continueremo a insistere su questo nei negoziati con i nostri partner».
A quelli che ieri in conferenza stampa aveva definito «bastardi», Zelensky lancia un avvertimento: «È solo questione di tempo prima che tutti gli assassini russi sentano quale sia una giusta risposta ai loro crimini. È solo questione di tempo prima di poter riportare a casa tutti gli ucraini deportati. È solo questione di tempo prima che tutto il nostro popolo in tutta l’Ucraina senta cos’è una pace forte».
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
NON SOLO “MAD VLAD” SEMBRA STRANAMENTE IN FORMA RISPETTO ALLE ULTIME USCITE, MA ANCHE IL COLORE DEL SUO VESTITO E LE INQUADRATURE NON TORNANO… IL FILMATO SAREBBE STATO PREREGISTATO NELLA CHIESA VUOTA E POI SAREBBE STATO MONTATO IN QUELLO DELLE CELEBRAZIONI
Nella giornata di ieri, sabato 23 aprile, la televisione di Stato russa ha diffuso un video per dare la notizia della partecipazione di Vladimir Putin alla messa della Pasqua ortodossa.
Impettito come non lo si vedeva da tempo, il presidente della Federazione russa avrebbe presenziato alla veglia presso la cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca, celebrata dal patriarca della Chiesa ortodossa di Russia, Kirill.
Eppure, ciò che è stato mandato in onda potrebbe essere un video artefatto in post produzione, come è stato fatto notare su Twitter dall’utente Igor Sushko in un thread diventato virale.
Secondo Sushko, l’intero video sarebbe in realtà un montaggio, nemmeno ben curato, di un insieme di immagini registrate in due momenti differenti. Stando alla sua ricostruzione, infatti, Vladimir Putin non sarebbe stato presente durante la veglia ma i momenti che lo ritraggono con la candela in mano e accanto al sindaco di Mosca sarebbero stati registrati precedentemente, in un tempo non ben definito che non sarebbe comunque recente. “I filmati preregistrati di Putin sono stati aggiunti e piuttosto male. Manca accanto al dipinto di una corona su un tavolo rosso sul muro”, scrive Sushko, che poi mostra un accostamento di due momenti della registrazione, in cui vuole dimostrare quanto dichiarato poco prima: “Questo patetico dittatore non ha nemmeno una controfigura per gli eventi pubblici”.
Ma è un altro il video che smonterebbe definitivamente la bugia sulla presenza di Vladimir Putin nella cattedrale del Cristo Salvatore. Igor Sushko, infatti, nel suo thread ha pubblicato un filmato catturato “durante la pre-registrazione di lui in una chiesa vuota, protetta dalle sue guardie del corpo.
Questo filmato è stato poi trasmesso come “live” sulla Tv di propaganda di Stato russa, inserito nel vero filmato delle celebrazioni pasquali”. Ma a quando risalirebbe il video? In tanti dubitano possa essere recente, soprattutto alla luce delle presunte condizioni di salute precaria di Vladimir Putin. Lo stesso Sushko ha fatto una supposizione in merito: “È possibile che il video pre-registrato sia dell’anno scorso, 2021”. Qualcuno è andato a recuperare un video della celebrazione pasquale dello scorso anno e, al netto delle correzioni fotografiche, viene supposto che possa trattarsi dello stesso periodo.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
“FRUTTUOSA COLLABORAZIONE TRA CHIESA E STATO”: CERTO, COME I CLAN MAFIOSI
Secondo l’ufficio stampa del Cremlino Vladimir Putin, insieme con Sergei Sobyanin, ha partecipato al servizio notturno di Pasqua presso la Cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca.
Due ex agenti del Kgb: non a caso sono diventati i punti di riferimento del sovranismo internazionale e – in chiave religiosa – di tutto quel cristianesimo (ortodosso, cattolico e protestante) che è alla ricerca di nuovi fondamentalismi e vuole combattere la modernità.
Il presidente russo Vladimir Putin, augurando buona Pasqua ortodossa al patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia, ha notato che la Chiesa sta sviluppando una “fruttuosa cooperazione con lo Stato”, “dando un enorme contributo alla promozione dei valori tradizionali spirituali e morali nella società, nella famiglia, nell’educazione delle giovani generazioni, in questo nostro momento difficile, si preoccupa di rafforzare l’armonia e la comprensione reciproca tra le persone”.
Secondo l’ufficio stampa del Cremlino Vladimir Putin, insieme con Sergei Sobyanin, ha partecipato al servizio notturno di Pasqua presso la Cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca. Il solenne servizio di preghiera è stato svolto dal patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kiril .
Putin il baciapile nuovo Zar dei sovranisti, che poi getta un po’ di fumo negli occhi facendo innalzare una statua di Lenin e sdogandando l’uso della bandiera sovietica.
Un modo per abbindolare un bel po’ di idioti che a sinistra vedono nello Zar il nuovo eroe del socialismo
(da agenzie)
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