Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
LA VIGNETTA IN CUI “DIMENTICA” CHI E’ L’AGGRESSORE E CHI L’AGGREDITO
Pioggia di critiche nei confronti del vignettista Vauro Senesi, che su Twitter ha condiviso il suo nuovo lavoro pubblicato sul Fatto Quotidiano del 23 aprile. Nel disegno ‘incriminato’ si vedono due militari: uno dice all’altro: “Ma chi di noi è l’aggressore e chi l’aggredito?”, con l’altro che replica: “E chi se ne ricorda”.
Una vignetta che, a ragione, ha scatenato un vero e proprio polverone sui social, con numerosi utenti che hanno risposto a Vauro che ricordano benissimo chi è l’aggressore e chi è l’aggredito.
Già qualche giorno fa, Vauro aveva rilasciato un’intervista all’Adnkronos, dove aveva definito le polemiche sull’Anpi strumentali e vergognose.
“La Nato quando c’è stata la Resistenza non esisteva quindi non si capisce perché l’Anpi dovrebbe sfilare con la bandiera della Nato. Inoltre vorrei ricordare che nell’articolo 11 della Costituzione c’è scritto che l’Italia ripudia la guerra e noi non siamo stati attaccati per cui non possiamo fornire armi”, aveva dichiarato.
E ancora, sulla resistenza in Ucraina, Vauro continuava: “Vogliamo dire che gli ucraini sono come i partigiani e fare la terza guerra mondiale? Spero di no! L’Ucraina ha un esercito regolare finanziato dagli americani e dagli inglesi dal 2014 e quindi non capisco cosa c’entra con la resistenza partigiana.”
Sarebbe opportuno ricordare a Vauro:
1) Nessuno ha chiesto all’Anpi di sfilare con le bandiere della Nato
2) Putin ha attaccato le democrazie occidentali non solo l’Ucraina, il Parlamento italiano italiano può fornire armi a chi gli pare.
3) La resistenza partigiana, piaccia o meno al compagno Vauro, è stata finanziata e appoggiata dagli Stati Uniti, come ampiamente documentato dagli storici. Altrimenti si sarebbe manifestata fin dal 1922 e negli anni del “consenso”, cosa che non è avvenuta.
4) L’Ucraina ha un esercito addestrato dagli Occidentali? Si chieda da chi è finanziato quello ceceno o bielorusso, che ci stanno a fare i battaglioni neonazisti di Wagner e i mercenari siriani e libici a fianco dello sbrindellato esercito russo. Poi ne riparliamo.
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
NON C’ERA UNA RAGIONE, SOLO LA VIOLENZA FINE A SE STESSA
Le protagoniste di questi episodi di violenza che, per più di un anno, hanno sconvolto Siena, sono dieci insospettabili ragazzine di buona famiglia di età compresa tra i 14 e i 15 anni: ora dovranno rispondere di atti persecutori, lesioni, minacce, pubblicazione e diffusione di materiale violento, in un caso anche il reato di atti persecutori aggravato dall’odio razziale per l’aggressione a una coetanea di origini straniere.
Le adolescenti sono state individuate dalla squadra mobile dopo una lunga indagine coordinata dalla procura minorile del capoluogo toscano. Tutte frequentano le scuole superiori della città e la maggior di loro non ha alle spalle contesti familiari difficili, un buon livello di agiatezza e di istruzione.
Gli inquirenti sono riusciti a identificarle passando al setaccio i social network, dove le giovani diffondevano i video delle loro imprese. Secondo gli investigatori, i filmati servivano a dare una sorta di perversa credibilità al gruppo, che nel tempo acquisiva sempre nuovi elementi. A dare il via alle indagini, a dicembre, è stata la denuncia di una coetanea, ma gli agenti hanno individuato almeno una decina di episodi – tra il 27 giugno del 2020 e il 19 febbraio scorso – e sono in corso le indagini per appurare se siano state commesse altre violenze.
La mattina, zainetti in spalla, frequentavano la stessa scuola come brave studentesse. Ma, al suono della campanella, dieci ragazzine tra i 14 e i 15 anni si trasformavano in spietate picchiatrici.
La loro parola d’ordine era violenza. Da far esplodere ovunque, nel mondo reale e in quello virtuale. Scegliendo accuratamente i luoghi (alcuni ribattezzati ring), vicoli del centro storico, sottopassaggi, piccole piazzette periferiche, un’antica fortezza, nei quale adescare e aggredire le loro vittime. E poi c’era Internet, per diffondere i video dei loro blitz.
Non mancava la chat che la capo banda, 15 anni ancora da compiere, aveva battezzato «baby gang», una sorta di quartier generale per programmare i raid punitivi, decidere le prede da spaventare o picchiare e reclutare nuove bulle.
Lo scopo della «squadraccia»? La violenza fine a se stessa. «Non c’erano furti, nessuna di loro si appropriava delle cose degli altri. Quello che contava era la spettacolarizzazione delle aggressioni», raccontano gli investigatori della Mobile di Siena.
La gang aveva un’organizzazione quasi militare. Con una leader indiscussa ma anche ragazzine che avevano compiti ben precisi. C’era chi doveva scegliere i luoghi degli agguati, chi garantire la sicurezza, chi proporre quali coetanee aggredire.
E c’era persino l’addetta alle riprese video con lo smartphone, veri e propri trofei da visionare sulla chat e diffondere sui social. Una tecnica mediatica per umiliare le «prede» e dimostrare la potenza e la crudeltà della banda alla quale si doveva rispetto e ubbidienza. All’interno della banda sembra ci fosse anche una sorta d’improbabile tribunale che impartiva punizioni a chi, per esempio, decideva di abbandonare la banda.
La baby gang è stata sgominata dopo mesi di indagini dalla squadra mobile senese coordinata dalla Procura dei Minori diretta da Antonio Sangermano. Le indagini sono partite dalla denuncia di una delle vittime.
È stata lei, dopo essere stata aggredita per la seconda volta, a rompere il muro del silenzio per paura di altri agguati, e a presentare denuncia. Almeno una decina le aggressioni fino ad oggi accertate dalla polizia, molte delle quali nel centro di Siena, ma anche nelle aree periferiche dei comuni limitrofi. Quando gli agenti della mobile hanno perquisito le loro abitazioni, alcune ragazzine si sono messe a piangere.
Altre, compresa la capo banda, sono rimaste impassibili. Sono accusate di atti persecutori (in un caso aggravato dall’odio razziale), lesioni, minacce, pubblicazione e diffusione di materiale violento.
(da il Corriere della Sera)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
MA GLI AZZURRI GIÀ NICCHIANO: NON HA SENSO NON CORRERE CON IL PROPRIO NOME – A BATTEZZARE L’ASSOCIAZIONE CHE PRESENTERÀ IL SIMBOLO C’ERANO SOLO LEGHISTI
La «cosa» di Salvini è ormai in cantiere. Il nuovo soggetto politico che nasce per le amministrative siciliane, «Prima l’Italia», è stato «messo in cassaforte». Nel senso che è stata registrata l’associazione che presenterà il simbolo dopo che l’ingegneria costitutiva è stata messa a punto da Roberto Calderoli, il luciferino architetto di tutti gli statuti di ispirazione leghista.
«Prima l’Italia» è stato depositato nello studio del notaio romano Alfredo Becchetti, che per inciso è anche il coordinatore della Lega a Roma. Presenti, e dunque cofondatori dell’associazione politica, anche il tesoriere del partito Giulio Centemero e i due ultimi coordinatori siciliani: l’ex commissario Stefano Candiani e l’attuale responsabile Nino Minardo, colui che nell’isola sta conducendo le tribolate trattative con gli altri partiti. Perché come Salvini non si stanca di ripetere, «per la Sicilia decidono i siciliani».
Presente e futuro
Ora, si tratterà di capire se i risultati saranno all’altezza dell’ambizione con cui «Prima l’Italia» nasce. Se il sottolineare che tra i soci fondatori ci sono gli ultimi dirigenti del partito a accentuarne la vocazione territoriale, è vero che l’associazione potrebbe diventare l’incubatore della futura federazione del centrodestra di cui Salvini ha cominciato a parlare nel giugno dello scorso anno. Fin qui ha ricevuto il plauso soprattutto dell’Udc, ma i leghisti sottolineano il valore di laboratorio dell’esperimento siciliano.
Che dopo le Amministrative, potrebbe essere rilanciato anche per le Regionali. E in futuro, chissà, anche per un nuovo polo di centrodestra, in qualche modo (ma i leghisti respingono il paragone) con la vecchia Casa delle libertà berlusconiana. Di certo, Forza Italia al momento non ha alcuna intenzione di sciogliersi dentro alla nuova lista.
Anche perché la Sicilia resta uno dei vivai di consenso più significativi per il partito. I leghisti di certo non vogliono urtare suscettibilità interne, e dunque sottolineano con insistenza che alla registrazione del simbolo e dell’associazione erano presenti soltanto esponenti salviniani e nessun azzurro.
Al momento, insomma, la fondazione è derubricata a fatto esclusivamente burocratico. Un mettere in sicurezza nome e simbolo con la memoria che torna all’ormai remoto 2014.
Quando Roberto Maroni potè utilizzare il simbolo «Prima il nord» per le Regionali soltanto dopo un accordo con chi quel simbolo, annusando l’aria, lo aveva già registrato. E cioé, l’allora turbo berlusconiano Diego Volpe Pasini. La cosa fu risolta senza bisticci: la moglie dell’imprenditore friulano, Sara Papinutto, fu candidata al posto numero 2 della lista leghista in Emilia-Romagna. Con qualche amarezza interna al partito sia in Emilia-Romagna che in Friuli-Venezia Giulia.
Il test sull’Isola
Al momento, il valore aggiunto di «Prima l’Italia» potrebbe emergere soprattutto a Messina, una delle piazze più complicate dell’isola. Il sindaco uscente Cateno De Luca è in polemica con i partiti e soprattutto con i centristi. La confluenza del centrodestra sotto al nuovo simbolo potrebbe sgomberare la strada ad un accordo. Che cosa ci sia scritto nel documento fondativo del partito, non è dato sapere.
Di certo, è pensato per poter essere adeguato alle future esigenze e ai futuri compagni di strada, qualora l’esperimento funzionasse
(da il Corriere della Sera)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL RIMANE LA FELICITA’ PER LA NASCITA DELLA BAMBINA
Si chiamava Kira la neonata di tre mesi che con la madre Valeria Hlodan è morta ieri 23 aprile nel bombardamento russo a Odessa, dove sono state uccise almeno altre sei persone.
L’identità della piccola e della madre è stata confermata dalla giornalista della Bbc, Myroslava Petsa, che in un tweet sul suo profilo ha condiviso due foto della mamma con la figlia.
«La Russia ha tolto loro la vita – ha scritto ieri notte – quando un suo razzo ha colpito un edificio residenziale a Odessa».
Le foto erano state pubblicate dal marito Yuri. Alcune settimane fa Valeria aveva pubblicato un post con alcune foto della famiglia e una che la ritraeva incinta, scrivendo: «Quelle sono state le 40 settimane più belle della mia vita. La nostra bambina ormai ha un mese, e il suo papà le ha regalato i primi fiori».
La foto è stata poi ripresa sia dalla giornalista Olga Rudenko, del Kiev Indipendent, che dall’account twitter del Parlamento ucraino che ha scritto: «Le loro vite sono state tolte dalla Russia quando un missile ha colpito un edificio residenziale a Odessa. Riposate in pace, angeli nostri».
Il marito Yuri ha salutato pubblicamente la moglie e la figlia in un tweet: «Mie care il regno dei cieli è vostro, rimanete nei nostri cuori».
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
“PRONTI A SCHIERARE LE TRUPPE NATO AL CONFINE”
Zuzana Caputova, 48 anni, è la prima donna eletta alla presidenza della Slovacchia. Contro l’offensiva russa in Ucraina insiste perché l’Ue e la Nato continui a fornire a Kiev aiuti militari e sostiene l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione
Prima donna eletta alla presidenza della Repubblica slovacca, Zuzana Caputova, 48 anni, in visita ufficiale in Italia, parla dello shock vissuto dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
La memoria è tornata subito al 1968 quando l’Unione Sovietica irruppe in Cecoslovacchia senza possibilità di scampo.
«Se Putin raggiungerà i suoi obiettivi nessun Paese vicino sarà più al sicuro», ha detto a Repubblica, definendo l’Unione europea e la Nato come i soli porti sicuri in questo momento. Avvocato, ambientalista ed europeista è la più giovane presidente eletta nel suo Paese e ora sceglie di assumere un ruolo di primo piano per contrastare le azioni guerrafondaie di Vladimir Putin ospitando nella propria terra le truppe Nato.
La minaccia russa alle porte
Uno degli obiettivi del presidente russo potrebbe essere quello di conquistare altri Paesi oltre all’Ucraina. La regione del Sud sarebbe la strada principale per poter accedere alla regione separatista moldava, la Transnistria. È anche per queste ragioni che Caputova sembra non essere disposta a stare con le mani in mano.
«Le mosse sempre più aggressive della Russia hanno innescato un cambiamento nei miei connazionali, finora riluttanti ad avere truppe straniere sul territorio», ha spiegato la presidente. «Ormai è chiaro che dobbiamo rafforzare difesa e deterrenza. La guerra ha aperto gli occhi a molti: oggi il 64% degli slovacchi crede che Putin miri a ricostituire una Grande Russia. Non abbastanza: purtroppo siamo stati a lungo oggetto di gravi campagne di disinformazione da parte di Mosca».
«Pronti a dare altre armi»
Secondo la presidente la guerra da fare contro Putin è in primis attraverso le leggi. «Non solo interne ma a livello Ue prendendo decisioni più specifiche ed esigendo maggiore responsabilità dalle piattaforme social». Ma sanzioni e leggi non sono l’unica arma che la Cecoslovacchia ha intenzione di promuovere. Di recente il Paese di Caputova ha fornito sistemi missilistici S-300 a Kiev ricevendo in cambio missili Patriot da Washington. A questo proposito la presidente non esclude che in futuro scambi del genere non possano ripetersi. «Stiamo valutando. L’Ucraina sta combattendo una guerra difensiva giusta, ha il diritto di difendersi ed è nostro dovere aiutarla. Le democrazie devono avere un approccio pratico: sanzioni e aiuti militari».
Nel sostegno all’Ucraina rientrerebbe anche l’appoggio per un’entrata immediata in Ue. «Ci sembra importante concederle lo status di candidato avviando i negoziati sull’adesione. Non accadrà in una notte, ci sono criteri da soddisfare. Ma speriamo sia una prospettiva reale», spiega Caputova. «Quando toccò a noi, già solo l’avvio dei colloqui di adesione ebbe un grande impatto sullo spirito della gente».
«L’Ue ci aiuti con i profughi»
La Slovacchia ha già accolto oltre 300 mila profughi ucraini in fuga dalla guerra. Il triplo dell’Italia e che attualmente corrisponde al 5% di tutta la popolazione slovacca. «La solidarietà dei miei connazionali verso gli ucraini mi riempie di orgoglio. Stanno dimostrando empatia e umanità aprendo cuori e case: spero continuino», ha dichiarato Caputova, sottolineando come la generosità dei singoli Paesi non possa realmente servire senza un piano comune. «CI vogliono soluzioni più ampie a livello Ue», spiega. «Ora è necessario ridurre l’impatto socioeconomico sulle popolazioni, evitando che i cittadini si sentano traditi e abbandonati».
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
AVEVA IMPRONTATO LA SUA CAMPAGNA ELETTORALE SUI PRINCIPI CRISTIANI TRADIZIONALISTI… AVEVA RIVELATO CHE ALCUNI DEPUTATI REPUBBLICANI LO AVEVANO INVITATO A DELLE ORGE
Il giovane deputato della Carolina del Nord, Madison Cawthorn, è stato immortalato mentre indossava lingerie femminile, grandi orecchini a cerchio e molte donne attorno.
Dopo essere circolate tra i suoi avversari politici, Politico ha pubblicato le foto. Il giornale ha fatto sapere di averle ricevute da una fonte precedentemente vicina al deputato e alla sua compagna. Un’altra fonte vicina a Cawthorn avrebbe confermato le immagini. Il deputato si è sempre definito repubblicano, trumpiano, tradizionalista e machista.
A poche settimane dalle primarie in North Carolina, previste per il 17 maggio, il deputato ha dichiarato che si tratta di foto risalenti a un gioco fatto durante una vacanza in crociera, precedente alla sua candidatura al Congresso.
Cawthorn, 26 anni e originario della North Carolina, è membro della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Da sempre ha improntato la sua campagna elettorale su principi cristiani tradizionalisti accusando la società odierna di «de-mascolinizzare i giovani uomini».
In un podcast del 2021 affermò: «Penso che abbiamo allevato una generazione di uomini morbidi e quella generazione ha creato molti problemi nella nostra società e nella nostra cultura». Lui stesso aveva recentemente accusato alcuni deputati del Partito Repubblicano di averlo invitato a delle orge, rivelando così i party a base di sesso e droghe di Washington.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2022 Riccardo Fucile
“NON HA UOMINI A SUFFICIENZA PER CONTROLLARLI, RICORRERA’ A DEPORTAZIONI DI MASSA E SOPPRESSIONE DELLE LIBERTA’ CIVILI”… “ALL’AZOVSTAL MARINAI E AZOV POSSONO RESISTERE ANCORA A LUNGO”
Mariupol è ancora il bersaglio grosso delle bombe e dei colpi d’artiglieria, il fantasma di cemento armato dell’Azovstal aleggia sui negoziati e nel frattempo il fronte si allarga.
Mosca ha esplicitato gli obiettivi della cosiddetta “fase due”: l’intenzione ora è prendersi mezza Ucraina e attaccare la Moldavia. Che questo piano riesca o meno, allontanerà la fine della guerra cui va messa in conto l’incognita che, anche in caso di successo, Putin riesca poi a controllare i territori che il suo esercito conquista. E che potrebbe animare un conflitto che si trascina per generazioni.
Oggi sembra un tema lontano e secondario, un giorno sarà “il tema”, visto che la guerra in corso è la prosecuzione con ben altri mezzi e intensità di un conflitto che si trascina irrisolto da otto anni.
Ne parla al fattoquotidano.it David Rossi, tra i primi a sostenere – proprio su questo giornale – che l’acciaieria era “un fortino inespugnabile”, quando tutti sostenevano la caduta fosse questione di ore, tra i pochi a non credere affatto alle dichiarazioni ufficiali del Cremlino sulla volontà di “accontentarsi del Donbass”.
Il responsabile geopolitica di Difensa Online ritiene che Putin non abbia risparmiato il simbolo della tragica resistenza ucraina per interessi economici, negoziali o umanitari ma perché “quella massa tentacolare di tunnel e officine sotterranei, sparsi su quattro miglia quadrate, era impenetrabile anche per le soverchianti forze appositamente dislocate nella zona”.
Aggiunge ora che i 1300 tra militari e civili che resistono da quasi due mesi possono continuare per molti altri ma soprattutto quel contingente potrebbe – in caso di controffensiva da parte delle forze ucraine sostenute da nuove armi – liberare nel cuore dell’area occupata un contingente armato e disperato, capace di infliggere ingenti danni al contingente lasciato da Putin a presidiare l’area.
Questo, in effetti potrebbe spiegare perché il ministro della Difesa russo Shoigu, nel famoso faccia-a-faccia con lo stesso Putin, avesse insistito sull’assedio al motto “ci vorranno 3-4 giorni per finire il lavoro”.
E perché la risposta è stata un perentorio: “non attaccate”. Alla fine lo stesso Vladimir Putin ha definito “impraticabile” un piano per penetrare nel complesso, chiedendo dunque e il blocco dell’area “in modo che non possa passare neanche una mosca”.
E allora, meglio risparmiare gli uomini per dispiegarli altrove. Esattamente dove lo si è scoperto ieri, grazie a fonti ufficiali di Mosca. Il vicecomandante del Distretto militare centrale della Federazione russa, il generale Rustam Minnekaev, ha esplicitato così gli obiettivi della cosiddetta “seconda fase” dell’invasione: “Stabilire il pieno controllo del Donbass e dell’Ucraina meridionale, questo assicurerà un corridoio terrestre per la Crimea l controllo sull’Ucraina meridionale che consentirà anche l’accesso alla Transnistria, il territorio separatista filorusso della Moldova, dove pure sono stati osservati casi di oppressione della popolazione di lingua russa”.
In pratica – sottolinea Rossi – “vogliono collegare la Transnistria alla Russia e bloccare l’accesso dell’Ucraina al Mar Nero, ai suoi prodotti agricoli e metallurgici, creando un danno economico enorme. Crolla così la residua illusione sul fatto che Putin dica il vero quando dichiara di volere il controllo del Donbass. Giornali e politici occidentali per giorni han dato credito a questa dichiarazione perché ci faceva dormire più tranquilli”.
Una versione accomodante per un fronte trasversale che anche in Italia vede di buon occhio una resa ucraina nel Donbass, in cambio di un cessate il fuoco a stretto giro di posta. “Ma il fuoco continuerà lo stesso – ribatte l’esperto – . e la conferma ora è arrivata anche da autorevoli fonti russe. Se poi non riescono neppure questi obiettivi, metteranno in atto un terzo piano per riprovare”. Insomma, il tempo della guerra si dilata.
C’è un aspetto poi di cui ancora poco si parla: quel che Putin intende conquistare sarà in grado anche di mantenerlo?
Il leader del Cremlino ora giubila per la “vittoria” su Mariupol e l’avanzata nel Donbass, per quanto dubbia e negata dal fronte occidentale. La farà anche pesare alla famosa parata del 9 maggio nella Piazza Rossa.
Ma cosa succederà nei mesi e negli anni a venire? Non solo in campo militare, sul quale già nei primi mesi di guerra l’esercito ucraino ha ripreso posizioni e città. Il problema si ripropone più forte una volta abbassate le armi sul “fronte civile”.
“E’ un aspetto alquanto trascurato ma non secondario – sottolinea Rossi – Il territorio che i russi dichiarano di voler prendere è grande come l’Italia, parliamo di circa 300mila chilometri quadrati. Faccio un paragone grossolano, per farmi capire: il nostro paese ha seri problemi di criminalità ma non invasori sul proprio territorio, per garantire l’ordine pubblico impiega 300mila tra poliziotti e carabinieri., vale a dire più del doppio delle forze che Mosca ha dispiegato finora”.
E come potrebbe immaginare Putin di gestirlo “dopo”? “Tradizionalmente ci sono due modi. Il primo è intensivo, che significa dislocare una quantità importante di militari e civili sul territorio per impedire che a un certo punto ti trovi decine di migliaia persone che scendono in strada e protestano (come accaduto col Maidan del 2014, ndr). Se non le controlli la situazione si fa ingestibile. Ma Mosca tutti questi uomini non li ha. Il secondo metodo è “estensivo”: si tratta di sminare dissensi, proteste e rappresaglie della popolazione che ha un atteggiamento ostile all’invasore e destabilizza i territori occupati a suon di deportazioni. Non è la prima volta che viene fatto: lo hanno fatto i turchi con gli armeni, i russi coi circassi, Stalin su tutti. Lo possono fare. Hanno le leggi per farlo. Le hanno approvate prima d’invadere l’Ucraina. Tra impiegare mezzo milione di uomini che non hanno, opteranno per sparpagliare militari e civili in modo che non si possano difendere, né esercitare diritti civili e politici. La guerra, spento il conflitto, potrebbe continuare per anni con queste armi. E trascinarsi per generazioni”.
(da il Fatto Quotidiano)
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