Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
LE STOCCATE A FINI, AI COLONNELLI DI AN E ALLA MELONI… IL SI’ AL DIVORZIO, BERLUSCONI (“E’ UN GROSSO IMPRESARIO, MA E’ TROPPO SICURO DI SÉ”), CRAXI IL POLITICO CHE STIMAVA DI PIU’
Assunta Almirante è morta martedì 26 aprile. La vedova di Giorgio Almirante, leader storico del Movimento sociale, aveva compiuto 100 anni il 14 luglio scorso. Raffaela Stramandinoli (questo il nome da nubile), catanzarese di nascita, romana d’adozione, vedova dello storico segretario del Movimento Sociale italiano, è stata per la regina madre della destra italiana.
«Quando non ci sarò più, si dimenticheranno di me. E si dimenticheranno anche di voi». Ascoltandole dalla voce sofferente dell’amato Giorgio Almirante, queste parole, Donna Assunta si era commossa. Era l’inverno del 1988, il marito aveva lasciato la guida del Movimento Sociale Italiano al «delfino» Gianfranco Fini, la destra italiana era attesa a cambiamenti fin lì neanche immaginabili e lei, Donna Assunta, osservava da vicino un mondo, il suo mondo, che non sarebbe mai stato più quello che aveva conosciuto.
Raccontano che dopo la morte del consorte, arrivata il 22 maggio dello stesso anno, in piena primavera, a chiunque le ricordasse l’amara profezia sulla sorte da «dimenticato» del cognome Almirante – che valeva per la memoria del marito Giorgio e anche per lei, che era rimasta viva – Donna Assunta avrebbe risposto sfoderando quel ghigno beffardo che negli anni a venire avrebbe trasformato in una specie di marchio di fabbrica, unito al gesto delle corna e all’immancabile urletto con cui teneva alla larga le iatture: «Tie’!».
Si è spenta oggi dopo aver superato il secolo di vita e raggiunto quello che, in fondo, era diventato lo scopo della sua esistenza. Impedire che la polvere del nuovo – la nuova destra, i nuovi leader, il nuovo tutto – si depositasse su quello che era stato, cancellandolo per sempre; ma anche smentire la diceria antica secondo cui campa cent’anni solo chi si fa i fatti suoi.
Nata Raffaella Stramandinoli nel 1921 a Catanzaro, e diventata «Assunta» perché da bambina la chiamavano «Assuntina», Donna Assunta cent’anni li ha vissuti senza mai farseli, i fatti suoi. Sposata giovanissima al Marchese Federico de’ Medici, nel 1952 se ne separa per stare con Giorgio Almirante, il grande amore che nella vita – forse – bussa una sola volta. Le nozze arriveranno nel 1969, alla morte del marchese Federico, undici anni dopo la nascita della loro figlia Giuliana, che aveva preso il cognome de’ Medici.
Nel 1974, quando si avvicina il referendum sul divorzio, la condizione familiare degli Almirante diventa uno strumento di delegittimazione interna del segretario dell’Msi. A Donna Assunta importa poco o nulla. «Io voto a favore del divorzio», ripete in ogni occasione. Al marito toccherà il peso di difendere la ragione del partito e di fare la campagna «contro» insieme alla Dc, rinviando i conti con la propria coscienza al segreto dell’urna. «Almirante», avrebbe ricostruito lei anni dopo, «era favorevole al divorzio. Ma siccome l’esecutivo del partito lo aveva messo in minoranza, ha dovuto accettarne le decisioni. Anche io ero favorevole. Perché, girando il mondo, ci eravamo accorti che molti, soprattutto i meridionali, si erano rifatti una famiglia».
Morto Almirante, non c’è ragione di partito che separa il pensare di Donna Assunta dal dire e quindi dal fare.
Pur non essendo mai stata fascista – «Perché vengo da una famiglia antifascista» – diventa una specie di Cassazione della storia su quello che va fatto oppure no per difendere l’eredità politica del marito. Custode unica dell’ortodossia almirantiana, Donna Assunta sarà contraria alla svolta di Fiuggi impressa da Gianfranco Fini, suo antico «pupillo», e decisamente scettica sul berlusconismo.
Alle Europee del ’99, quando Fini vara il progetto dell’Elefantino insieme a Mariotto Segni, arriva a minacciare un voto per la sinistra; poi però alla fine non ce la fa, si fa accompagnare al seggio, ritira la scheda e la annulla con una scritta a caratteri cubitali: «Viva Almirante!».
Da lì in poi, tolto Francesco Storace, avrebbe messo in riga chiunque: da Fini, ai colonnelli di Alleanza Nazionale, a Giorgia Meloni. Gli amici, a destra, si fanno sempre meno. Il telefono smette presto di squillare e, quando squilla, dall’altra parte ci sono più quelli «dell’altra parte», dai coniugi Bertinotti agli eredi di Bettino Craxi passando per la vedova dell’ex ministro socialista Italo Vignanesi, che per il compleanno dei cent’anni – nel luglio scorso – gli ha fatto recapitare cento rose rosse.
Nel 2018, dopo le ultime elezioni politiche, sceglie insieme alla figlia Giuliana che è ora di lasciare le scene. Mai più interventi, mai più interviste, mai più parole pubbliche di quelle che un tempo erano capaci di provocare dei piccoli terremoti all’interno della destra. «Un ritiro alla Greta Garbo», si dicono mamma e figlia. Così sarà, da lì in poi, solo silenzio. Un silenzio però colorato, come il rosso acceso del suo rossetto, ostentato nella terrazza della sua casa ai Parioli anche nel giorno del suo ultimo compleanno, senza politici attorno.
(da il Corriere della Sera)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
L’ESITO DELLE ELEZIONI FRANCESI È UN OSTACOLO AL GRUPPO UNICO DEI SOVRANISTI AL PARLAMENTO EUROPEO, A CUI SI OPPONGONO GLI INFLUENTI POLACCHI DEL PIS, NON RESTA CHE SPERARE NEI POPOLARI
Ha indossato la maglietta di Putin e poi la mascherina di Trump, ha sostenuto fino all’ultimo Marine Le Pen e con lei si è congratulato per l’onorevole sconfitta: «Avanti insieme».
Le incursioni oltre frontiera di Matteo Salvini non sono state finora particolarmente fortunate. Ma il capo del Carroccio resta nel recinto di una destra sovranista e populista che i suoi alleati italiani hanno abbandonato.
Giorgia Meloni, capocantiere di un nuovo partito conservatore che mira ad affrancarsi dagli estremismi, ha detto per tempo che Le Pen non la rappresenta. Silvio Berlusconi non ha mai fatto mistero che tifava per Macron e infatti i suoi fedelissimi hanno subito manifestato entusiasmo per il bis del presidente francese.
L’esito della corsa all’Eliseo, se conferma le divisioni del centrodestra italiano, pone il leader della Lega in una condizione di isolamento. E davanti a un bivio.
Con Salvini ci sono Viktor Orban e appunto Le Pen: figure che, dopo la crisi della Destra europea provocata dalla guerra in Ucraina, nell’immaginario collettivo sono rimaste fra gli amici di Putin, in forza di consolidate e mai rinnegate simpatie per la causa russa.
Basti pensare che il premier ungherese, solo un mese fa, si è opposto al transito di armi della Nato verso Kiev. Facendo irritare gli altri partner del patto di Visegrad, punto di riferimento salviniano che ora barcolla anche per il rovescio, nelle elezioni slovene, del premier conservatore Janez Jansa.
In più, la Lega capeggia un gruppo, al Parlamento europeo, di cui continuano a far parte – oltre che il Rassemblement national di Le Pen – anche i tedeschi ultranazionalisti di Alternative fur Deutschland.
Un gruppo che, per inciso, nel corso della legislatura ha subito perdite rilevanti: sono andati via cinque eletti nella Lega e quattro del partito di Le Pen.
Salvini, anche di recente, ha tentato invano di rilanciare il progetto di un raggruppamento unico della Destra nel parlamento europeo: obiettivo ormai reso impossibile dalle divisioni provocate dalla crisi ucraina.
Gli influenti polacchi del Pis, che sono alleati con Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e che stanno senza indugi dalla parte di Zelensky, non hanno alcuna intenzione di legarsi a Orban e Le Pen.
L’ennesima sconfitta, pur non clamorosa, della portabandiera del Rassemblement national è un ulteriore ostacolo a questo progetto. A Salvini, a questo punto, non rimane che ripiegare su un’opzione moderata, costituita da un’alleanza con il Ppe che il responsabile del dipartimento Esteri della Lega, Lorenzo Fontana, ora auspica apertamente.
Ribaltando il tavolo e parlando di «crisi gravissima del Ppe, che è in difficoltà anche in Germania e in Italia». Per il vicesegretario della Lega bisognerebbe dialogare con i popolari europei «magari isolando gli estremisti veri. Credo – dice Fontana al Corriere – che questa riflessione nel Ppe sia in corso. Anche perché stanno perdendo tutte le elezioni, ovunque». Una proposta che viaggia di pari passo, in Italia, con quella di una federazione (se non di un partito unico) con Forza Italia, il partito italiano che è guida del Ppe.
Ma Antonio Tajani, che del Ppe è vicepresidente, gela gli alleati leghisti: «Se vogliono avvicinarsi a noi, ne siamo lieti. Ma certo non si può sostenere Marine Le Pen, sposare linee antieuropeiste, e pensare di fare accordi con noi. La federazione con la Lega? Negli incontri che hanno avuto ad Arcore, Berlusconi e Salvini non ne hanno mai parlato».
(da a Repubblica)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
“MARINE LE PEN È UN’AMICA DI PUTIN, HA PRESO SOLDI DALLA RUSSIA. PUTIN SE L’È COMPRATA”… “MACRON NON VIENE DA DESTRA, I SUOI RIFERIMENTI SONO DI SINISTRA”
Dal dodicesimo piano della sua casa di Montparnasse, e più ancora dall’alto dei suoi 97 anni ad agosto, si può spaziare per tutta Parigi – le chiese, la storia – e avere la sensazione che il mondo possa ancora essere studiato, pensato, forse capito.
Professor Alain Touraine, la vittoria di Macron è stata netta? O di risulta?
«Vittoria netta. Quasi venti punti: di cosa stiamo parlando? Un europeista che vince due volte in Francia al tempo di Brexit, Trump e della rivolta contro la globalizzazione è una pagina di storia politica».
Però l’estrema destra è al massimo storico.
«Certo. In Francia esiste un forte sentimento antieuropeo. Come esiste la xenofobia. Marine Le Pen ha fatto una campagna sociale di sinistra, su lavoro e salari. Ma i francesi non sono idioti: sanno che il fondo del suo pensiero resta xenofobo. E anche antisemita. Di estrema destra, appunto».
I partiti tradizionali sono stati travolti.
«All’apparenza, è impressionante: la candidata socialista Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, non arriva all’1,8%… In realtà, è del tutto normale».
Perché?
«Perché quando cambia il tipo di società, cambiano gli attori politici. Nel 1848 fecero irruzione nella storia gli operai: i moti di Parigi deposero l’ultimo re, Luigi Filippo. Cominciava la lotta di classe con i padroni, la storia del socialismo e della destra borghese. Ora quel mondo è finito».
Ma resta la frattura tra chi sta sopra e chi sotto, chi vive in città e chi in provincia, chi vota Macron e chi Le Pen.
«Vede, la Francia fu uno Stato prima di essere una società; e questo è un problema che non abbiamo ancora risolto. La Francia nasce dall’alleanza tra il re e la borghesia contro gli aristocratici: Il Re Sole e il gran borghese Colbert contro la Fronda. Ma ancora oggi l’alta amministrazione – il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti, le grandi scuole della capitale, insomma il mondo da cui viene Macron – è considerato dai francesi come la corte del re; quindi nemica del popolo».
Emmanuel Carrère ha detto al «Corriere» che, a differenza dei socialisti, la destra repubblicana esiste ancora; perché la destra repubblicana è Macron.
«La vera domanda dovrebbe essere: chi è Macron?».
Appunto: chi è? Lei ha scritto un libro su di lui. Ce lo dica.
«Macron non viene da destra. Il suo maestro è stato Paul Ricoeur, il più importante filosofo della propria generazione, cresciuto in contatto con i grandi che avevano pochi anni più di lui: Jean-Paul Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Simone de Beauvoir. Anche gli uomini che hanno inventato Macron sono di sinistra».
In che senso inventato?
«Macron ha fatto studi umanisti, letterari. Poi gli è stato spiegato che per fare politica occorreva denaro; per questo è entrato nella banca Rotschild. Prima ha distrutto il partito socialista, con un colpo di Stato non tanto contro il presidente Hollande quanto contro la sinistra interna. Poi dall’Eliseo ha distrutto il partito neogollista. Macron è un grande tattico. Ma quale sia il suo progetto politico, oltre a distruggere, non è chiaro».
L’Europa, no?
«Certo: gli Stati Uniti d’Europa, o almeno un nocciolo duro che comprenda Germania, Italia, Spagna. E l’Olanda, grande potenza finanziaria. Il momento è propizio perché la Germania non è troppo forte: la Merkel è uscita di scena, il suo bilancio è in discussione; e quando la parola tocca alle armi, come in Ucraina, la Germania è ancora debole».
La guerra ha influito sulle elezioni?
«Avrebbe potuto: Marine Le Pen è un’amica di Putin, ha preso soldi dalla Russia. Putin se l’è comprata».
Come mai allora i francesi le hanno dato oltre 13 milioni di voti?
«Perché rivendicano di poter scegliere il proprio presidente. Pensi del resto a quanti politici europei si sono comprati gli americani L’elezione non è stata decisa dalla guerra, ma dalla pandemia».
Perché?
«Nel 2021 stavo scrivendo un capitolo di un libro molto critico verso Macron, e mi sono fermato: pensavo ci fosse davvero il pericolo di una vittoria dell’estrema destra. Poi però il presidente ha fatto la mossa giusta. Ha rifiutato un secondo lockdown. Non ha dato retta alla comunità medico-scientifica, che chiedeva nuove restrizioni. Ha liberato i francesi. È stato allora che ha vinto le elezioni. Il resto l’ha fatto Marine Le Pen, che si è mostrata non all’altezza, non abbastanza colta».
La cultura è così importante?
«Non siamo mai stati una grande potenza industriale. Il nostro impero faceva ridere rispetto a quello inglese. Il nostro esercito da tempo non è più così potente. Il potere culturale, la lingua, la letteratura è l’unico motivo per cui la Francia resta un Paese importante nel mondo».
Però gli studenti della Sorbona scrivevano «né con Macron né con Le Pen».
«La Sorbona è da sempre una pessima università. Era buona nel XIII secolo, forse nel XIV. L’ultimo studente che ha imparato qualcosa alla Sorbona è stato Dante. Eppure è proprio nelle università che Macron può lasciare un segno di sé nella storia di Francia».
Perché?
«Ogni secolo ha la sua istituzione necessaria. L’Ottocento ha avuto le grandi banche commerciali: in Italia sono nate a Milano, che per questo è tuttora la capitale economica. Il Novecento ha avuto la grande industria. Questo è il secolo delle “research university”. Macron dovrebbe dare alla Francia grandi università di ricerca. Per realizzare il progetto del mio compagno all’École Normale, Michel Foucault».
Andava all’università con Foucault?
«Entrò un anno dopo di me. Diceva che l’università deve essere il luogo in cui si trasforma un giovane in un soggetto umano; vale a dire un dio».
Il mondo della scuola non ama Macron.
«Lo detesta. In particolare gli studenti della materie umanistiche. E i professori delle materie scientifiche: pagati troppo poco rispetto ai compagni di corso assunti dalle imprese private. Tutti costoro hanno votato Mélenchon. Come dice il giovane Piketty».
Piketty ha 52 anni.
«Appunto: giovanissimo. Piketty fa notare che la forza motrice della sinistra un tempo erano i militanti, gli operai; oggi è la gente dell’università».
La Francia è sull’orlo di una nuova rivolta sociale?
«Il pericolo c’è, e Macron farebbe bene a negoziare la sua riforma delle pensioni, anziché imporla. Ma il motivo per cui da vent’ anni esplodono le rivolte e si combattono le guerre non sono le pensioni, né l’economia».
Qual è allora?
«La religione. E religione, in uno Stato laico come la Francia, vuol dire Islam. Ricordo che con mia sorella più grande, Jeanne».
Quanti anni ha sua sorella?
«Cento. Andammo a vedere i leader mondiali venuti a sostenere la Francia dopo il Bataclan. Abbiamo avuto stragi terribili, da Charlie Hebdo al 14 luglio a Nizza. Eppure il Paese ha tenuto».
Nel dibattito con Marine Le Pen, Macron ha parlato di rischio di guerra civile.
«La guerra con l’Islam dura dai tempi delle crociate. Perché non possono intendersi i fedeli di una religione come il cristianesimo – per cui l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, e Dio si è fatto uomo – e l’Islam, per cui Dio è tutto e l’uomo è nulla».
Grazie professore, io e i lettori del «Corriere» la ascolteremmo ancora; ma il pomeriggio è finito, la pagina pure.
«Grazie a voi per avermi ascoltato parlare sulla società francese. Che, come spero abbiate capito, non esiste».
(da il Corriere della Sera)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
COME PREMIER VORREBBE UNA DONNA, POSSIBILMENTE UN SINDACO. IL NOME CHE CIRCOLA È QUELLO DI CAROLINE CAYEUX, PRIMA CITTADINA DI BEAUVAIS
Il più è fatto: Emmanuel Macron si è assicurato altri 5 anni all’Eliseo. Ma quello che è emerso dalle urne è un Paese politicamente in macerie, dove i partiti tradizionali sono scomparsi: fagocitati dai tre grandi blocchi emersi da queste elezioni.
I centristi di Lrem, appunto, che hanno preso il voto delle città e della popolazione adulta e media. La destra sovranista di Marine Le Pen forte in provincia e fra i ceti bassi. E la sinistra populista di Jean-Luc Mélenchon capace di pescare fra i giovani e nelle periferie.
Con le elezioni politiche alle porte, il voto di giugno per rinnovare la maggioranza all’Assemblea Nazionale, si pone però il problema di come trovare una maggioranza per governare fino al 2027
Ebbene, il presidente appena rieletto potrebbe aver svelato il suo piano ai francesi già due settimane fa: quando nel corso del discorso pronunciato al Parc des Expositions subito dopo i risultati del primo turno, ha annunciato l’intenzione di creare «un grande movimento politico di unità e di azione che lavori per il bene del Paese».
Ma, nota il quotidiano Libération, quella frase in buona parte sfuggita al grande pubblico ha subito messo in subbuglio gli ambienti politici francesi. Con parte dei macronisti che già la interpreta come volontà di trasformare il movimento in un partito, magari con caratteristiche simili a quello democratico americano: capace di coagulare le aspirazioni della sinistra liberale, accogliendo sia pulsioni conservatrici che socialdemocratiche.
Peccato, svela il settimanale L’Express, che l’idea di partito convince poco proprio chi dovrebbe aderire: Bayrou e pure Édouard Philippe, l’ex premier oggi a capo di Horizons. Perplesso sarebbe pure il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, convinto che la nascita di un partito unico finirebbe per rafforzare la retorica dei populisti avvantaggiandoli alle prossime elezioni. Meglio una federazione: unita da un contratto di governo, garantito da un premier scelto a maggioranza.
Macron è al lavoro, e il lavoro non è poco: comporre un nuovo governo possibilmente entro il primo maggio, condurre la battaglia per le elezioni legislative del 12-19 giugno che dovranno dargli una (non facile né scontata) maggioranza parlamentare per governare, e soprattutto dare prova di quella inventiva di quella necessità di reinventarsi, trovare quel segno di discontinuità che ha promesso già prima del ballottaggio di domenica, quando era chiaro che a portarlo all’Eliseo sarebbero stati molti francesi ostili a lui e al suo programma, ma pronti a compiere il loro dovere repubblicano di sbarrare il passo all’estrema destra di Le Pen.
Il primo compito è ora trovare un nome per sostituire Jean Castex alla guida del governo. Occorre un esecutivo che dia subito un segno di andare nella giusta direzione (cambiamento e presa in considerazione anche delle aspirazioni più sociali ed ecologiste di parte dell’elettorato che lo ha votato), ma anche un (o una) premier locomotiva in grado di condurre la battaglia per le legislative.
Circolano tanti nomi (dalla ministra del Lavoro Elisabeth Borne al ministro dell’Agricoltura e suo fedelissimo Julien Denormandie) ma come ha insegnato finora, Macron ha una certa allergia ai nomi che circolano e difficilmente sono quelli che poi tirerà fuori dal cappello.
Più possibile che il presidente volga lo sguardo verso qualche sindaco o, meglio ancora, sindaca. I politici sul campo, preferibilmente non parigini (come Castex d’altra parte), abituati a risolvere i problemi e al contatto con i cittadini, sono quelli che potrebbero avere i migliori requisiti.
Il profilo di Caroline Cayeux, sindaca di Beauvais, potrebbe corrispondere. Lei non smentisce del tutto, si limita a un frequente: «Io lavoro per Beauvais». Il nuovo governo potrebbe debuttare già il primo maggio. Solo 4 o cinque ministri sono più o meno sicuri di restare (tra questi Darmanin, ora agli Interni, o Le Maire all’Economia). Tra le prime mosse del Macron bis, ci sarà una visita a soldati francesi feriti e «una visita a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco», per dimostrare «l’importanza della relazione franco-tedesca», soprattutto in questo semestre di presidenza francese della Ue.
Una sorpresa potrebbe essere la scelta di un personaggio del mondo antico, come il centrista François Bayrou, leader del Modem e partner della prima ora dell’avventura macroniana.
In un’intervista al Figaro, lo stesso Bayrou ha dichiarato che «la preoccupazione profonda espressa dalla società francese esige una sensibilità, una visione, un entusiasmo, una capacità di allenamento politico».
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL BLOGGER
Cosa è successo «davvero» a Bucha? I molti che provano a negare il massacro avvenuto per mano delle truppe di Mosca nella città ucraina hanno avuto negli scorsi giorni una nuova arma a loro favore: la presunta testimonianza di un blogger ucraino che racconta di aver parlato con i soldati russi.
Il ragazzo racconta che i membri dell’esercito del Cremlino avrebbero rassicurato lui e i suoi concittadini sul fatto che «non avrebbero fatto del male a nessuno», fuorché ai nazisti. Scacco matto per i «creduloni» della strage? Non proprio.
In realtà la clip è stata tagliata e rimontata: originariamente, l’uomo che parla nel video non ha mai avuto intenzione di smentire quanto avvenuto a Bucha, anzi conferma di aver assistito ad episodi traumatici e violenti
Analisi
Un estratto della testimonianza del blogger Vladimir Sklyarov è stato condiviso su Facebook con il logo «ZTV», alludendo alla narrazione di area filo-russa. Il testo che accompagna il video ribadisce che ciò che racconta il blogger smentirebbe il resoconto delle autorità di Kiev su quanto avvenuto a Bucha. Ma Skylarov sembra essere molto amato dai complottisti, che rilanciano anche un secondo video in cui è protagonista: «L’esercito russo (a Bucha, ndr) si è comportato nel modo più educato possibile e certamente “nessuno ha torturato o ucciso nessuno”, come stanno cercando di far passare le autorità ufficiali di Kiev», scrive la pagina Facebook Russia-Press. Il video allegato a questa descrizione riprende quanto diffuso dal canale Telegram Readovka, che raccoglie oltre un milione di iscritti.
Stessa persona, stessa tesi, due video diversi. Entrambi decontestualizzati per sostenere una narrazione distorta.
A smentire tutto è lo stesso Skylarov, che in due post pubblicati sul suo canale YouTube racconta la sua versione dei fatti con un titolo abbastanza didascalico: «Come i propagandisti russi hanno distrutto e utilizzato il mio video».
Il blogger spiega come le «briciole di informazione» contenute nei suoi post siano state «distorte e presentate da una diversa angolazione». Spiega anche di essere semplicemente «un uomo che è stato solo fortunato a non imbattersi in mostri lacerati che hanno ucciso persone dall’altra parte di Bucha, al confine con Irpin»: dunque la sua immagine e le sue parole sarebbero state tagliate e montate sapientemente per stravolgere il suo racconto originario.
Che è di tutt’altro stampo: «Ho visto personalmente persone uccise da soldati russi che venivano trasportate nei carrelli della spesa dal supermercato al cimitero. E voi, tutti coloro che credono a questa ridicola confutazione, siete fetidi spazzini che non possono ammettere l’ovvio: non c’era nessun altro con le armi a Bucha, tranne l’esercito russo», conclude.
Se non dovesse bastare, Skylarov aggiunge: «Al momento della nostra partenza, il 10 marzo, Bucha era completamente occupata e abbiamo visto molte persone uccise da soldati russi che giacevano sulle strade, così come auto bruciate e automobili che sono state investite da un carro armato russo con persone all’interno. Abbiamo visto persone colpite da soldati russi che sono state portate in carriole dal supermercato al cimitero. Abbiamo sentito molte storie spaventose su Yablunskaya Street: le persone vengono uccise quando cercano di andare a Irpin vicino al centro commerciale Giraffe e quindi non hanno il coraggio di andarsene per così tanto tempo. E quando abbiamo camminato lungo questa strada il 10 marzo, i corpi che sono nei video erano già sdraiati su di essa. Ho dovuto chiudere gli occhi». Un racconto decisamente diverso, che Skylarov sostiene essere stato «stravolto dai fascisti russi».
Conclusioni
La testimonianza del blogger ucraino Skylarov è stata tagliata e ri-montata per sostenere che il massacro di Bucha non sia mai avvenuto, ma il protagonista dei video originale non ha mai dichiarato nulla di simile: a denunciare la manipolazione è lui stesso, sul suo canale YouTube.
(da Open)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
E’ INVECE UNA NEONAZISTA AMERICANA AMICA LORO
Durante il mese di marzo 2022, e successivamente nel mese di aprile, circola la fotografia di una donna mentre esprime il suo apprezzamento verso il nazismo.
Secondo gli utenti, la donna sarebbe Olena Zelenska, moglie del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, durante un evento pubblico non precisato organizzato da dei neonazisti.
Si tratta di un falso e di una bufala riciclata.
Viene diffusa la foto di una donna spacciata per la moglie di Zelensky, Olena Zelenska, per accusarla di essere nazista.
La stessa foto venne usata per accusare allo stesso modo la moglie dell’ex Presidente ucraino Viktor Yushchenko, Kateryna.
La foto risale al 2006, la donna ritratta è un’americana appartenente a un gruppo neonazista americano. Lo scatto riguarda una manifestazione contro l’immigrazione negli Stati Uniti.
La foto è uno scatto di Zuma Press che troviamo su Alamy. La descrizione è la seguente:
Apr 22, 2006; Lansing, MI, USA; The National Socialist Movement, a Neo-Nazi group, rallies in Lansing. Michigan, protesting against illegal immigrants which have allegedly contributed to dramatic job losses in the state. Security was very high with the Nazi group being bussed in from a remote location under heavy police escort. Some anti-racism protesters threatened to kill the N
Si tratta di una manifestazione organizzata a Lansing (Michigan) dal National Socialist Movement, un gruppo di suprematisti bianchi, contro l’immigrazione negli Stati Uniti
(da Open)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
LE CONFERME DELLE VIOLENZE DELLA FECCIA RUSSA AL GUARDIAN DA PARTE DEL TEAM DI MEDICI CHE OGNI GIORNO ESAMINA I CORPI DELLE PERSONE UCCISE IN UCRAINA
La conferma arriva dai medici legali che, in queste settimane, stanno effettuando esami sui corpi di donne nelle fosse comuni a nord di Kiev. Alcune di loro sarebbero state violentate prima di essere uccise dalle forze russe. Ci sono le prove.
A dirlo, come riporta il Guardian, è Vladyslav Perovskyi, medico legale ucraino che con il suo team ha eseguito decine e decine di autopsie sui residenti di Bucha, Irpin e Borodianka.
«Non possiamo fornire maggiori dettagli poiché i miei colleghi stanno ancora raccogliendo i dati e abbiamo ancora centinaia di corpi da esaminare», ha aggiunto.
I collaboratori di Vladyslav Perovskyi hanno esaminato circa 15 corpi al giorno. «Ci sono molti corpi bruciati e corpi pesantemente sfigurati che sono semplicemente impossibili da identificare», ha aggiunto. Alcuni volti «sono stati fatti a pezzi, non possono essere rimessi insieme, in altri casi non c’è nemmeno la testa».
Stupri di gruppo e davanti ai bambini
Oleh Tkalenko, un alto procuratore della regione di Kiev, ha detto che i dettagli dei presunti stupri sono stati già trasmessi al suo ufficio, che ha avviato le indagini.
«I casi di stupro sono una questione molto delicata. I medici legali hanno il compito specifico di controllare i genitali delle vittime femminili e cercare segni di stupro», ha spiegato.
Un medico legale che lavora a nord di Kiev e che ha chiesto di restare anonimo ha aggiunto che alcuni corpi «sono talmente in cattive condizioni che non è facile trovare segni di stupri e abusi sessuali. Ma stiamo raccogliendo prove su alcuni casi di donne che riteniamo siano state violentate prima di essere uccise».
Intanto gli investigatori stanno raccogliendo tutte le testimonianze di stupri di gruppo, aggressioni sotto la minaccia delle armi e persino casi di stupri commessi davanti ai bambini. Fatti che sarebbero stati commessi dai russi di Putin.
Donne tenute in uno scantinato e violentate
La commissaria ucraina per i diritti umani, Lyudmila Denisova, ha già documentato ufficialmente 25 casi di donne tenute in uno scantinato e sistematicamente violentate a Bucha. Anche il presidente ucraino Zelensky ha confermato che centinaia di donne sarebbero state violentate dai soldati russi.
Oleh Tkalenko ha evidenziato come le donne fossero scettiche nel denunciare gli atti di violenza sessuali: pensavano, infatti, che gli autori non sarebbero mai stati catturati. Ora, invece, stanno contattando psicologi e medici per chiedere aiuto. «Gli psicologi lavorano con le vittime di stupro e poi con gli investigatori», ha precisato Tkalenko.
La maggior parte delle prove raccolte dai pm ucraini verranno poi trasmesse alla Corte penale internazionale che ha avviato un’indagine sui possibili crimini di guerra e contro l’umanità in Ucraina.
(da Open)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
IL PATRIOTA EUROPEO ERA ANDATO A COMBATTERE PER LA LIBERTA’ DEL POPOLO UCRAINO
Ivan Luca Vavassori, l’ex calciatore che combatte con l’esercito ucraino, «è vivo. È in ospedale», dove è ricoverato con la febbre alta.
Lo ha detto al Tg1 il padre, l’imprenditore Pietro Vavassori, confermando quanto anticipato ieri sera sul suo profilo social.
Il 29enne è stato adottato da Pietro, titolare dell’Italsempione, e da Alessandra Sgarella, sequestrata dalla ‘ndrangheta nel 1996 e morta nel 2011.
Per tutta la giornata di ieri si è temuto che il giovane fosse rimasto coinvolto in un attacco a Mariupol.
Intanto il pool antiterrorismo della Procura di Milano, guidato da Alberto Nobili, ha aperto un’inchiesta conoscitiva, quindi senza titolo di reato né indagati, sulla vicenda.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2022 Riccardo Fucile
AVEVA 100 ANNI
All’età di 100 anni è morta Assunta Almirante, moglie di Giorgio Almirante, fondatore e leader storico del Movimento Sociale Italiano. Chiamata Donna Assunta e considerata la memoria storica della destra italiana, aveva compiuto il secolo di vita il 14 luglio 2021
Raffaela Stramandinoli, detta Assunta, era nata a Catanzaro ma era diventata romana d’adozione. Per decenni, anche dopo la morte di Almirante nel 1988, è stata la madre della destra italiana, dispensatrice di consigli ma anche di pesanti critiche.
Sponsorizzò Gianfranco Fini alla guida del Msi ma criticò la Svolta di Fiuggi del 1995, con la quale l’Msi-Dn diventò in larga parte Alleanza Nazionale.
(da agenzie)
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